RELAZIONE sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la comunità andina e i suoi paesi membri, le Repubbliche di Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e la Repubblica bolivariana di Venezuela, dall'altra
(COM(2003) 0695 – C5‑0657/2003 – 2003/0268(CNS))

26 febbraio 2004 - *

Commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa
Relatore: José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra

Procedura : 2003/0268(NLE)
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A5-0119/2004
Testi presentati :
A5-0119/2004
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PAGINA REGOLAMENTARE

Con lettera del 22 dicembre 2003 il Consiglio ha consultato il Parlamento, a norma dell'articolo 300, paragrafo 3, primo comma, del trattato CE, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la comunità andina e i suoi paesi membri, le Repubbliche di Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e la Repubblica bolivariana di Venezuela, dall'altra (COM(2003) 0695 – 2003/0268(CNS)).

Nella seduta del 12 gennaio 2004 il Presidente del Parlamento ha comunicato di aver deferito tale proposta alla commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa per l'esame di merito e, per parere, alla commissione per lo sviluppo e la cooperazione e alla commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia (C5‑0657/2003).

Nella riunione del 26 novembre 2003 la commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa aveva nominato relatore José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra.

Nella riunione del 21 gennaio e 19 febbraio 2004 ha esaminato la proposta di decisione del Consiglio e il progetto di relazione.

Nell'ultima riunione indicata ha approvato il progetto di risoluzione legislativa all'unanimità.

Erano presenti al momento della votazione Elmar Brok (presidente), Baroness Nicholson of Winterbourne (primo vicepresidente), Geoffrey Van Orden (secondo vicepresidente), Christos Zacharakis (terzo vicepresidente), José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (ponente), Per-Arne Arvidsson, Ole Andreasen, Bastiaan Belder, Michael Cashman (in sostituzione di Richard Howitt), John Walls Cushnahan, Véronique De Keyser, Gianfranco Dell'Alba (in sostituzione di Emma Bonino, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Rosa M. Díez González, Andrew Nicholas Duff (in sostituzione di Joan Vallvé), Hélène Flautre (in sostituzione di Per Gahrton), José María Gil-Robles Gil-Delgado (in sostituzione di Armin Laschet, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Alfred Gomolka, Giorgos Katiforis (in sostituzione di Alexandros Baltas), Catherine Lalumière, Jules Maaten (in sostituzione di Bob van den Bos), Minerva Melpomeni Malliori (in sostituzione di Hannes Swoboda, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Cecilia Malmström, Helmuth Markov (in sostituzione di André Brie, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Emilio Menéndez del Valle, Hans Modrow (in sostituzione di Pedro Marset Campos), Raimon Obiols i Germà, Arie M. Oostlander, Jacques F. Poos, Jannis Sakellariou, Jürgen Schröder, Elisabeth Schroedter, Ioannis Souladakis, The Earl of Stockton (in sostituzione di David Sumberg), Charles Tannock, Paavo Väyrynen, Demetrio Volcic, Peder Wachtmeister (in sostituzione di Michael Gahler, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento)), Karl von Wogau e Jan Marinus Wiersma.

I pareri della commissione per lo sviluppo e la cooperazione e della commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia sono allegati.

La relazione è stata depositata il 26 febbraio 2004.

PROGETTO DI RISOLUZIONE LEGISLATIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la comunità andina e i suoi paesi membri, le Repubbliche di Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e la Repubblica bolivariana di Venezuela, dall'altra

(COM(2003) 0695 – C5‑0657/2003 – 2003/0268(CNS))

(Procedura di consultazione)

Il Parlamento europeo,

–   vista la proposta di decisione del Consiglio (COM(2003) 0695)[1],

–   visto il combinato disposto dell'articolo 181 del trattato CE e dell'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase,

–   visto l'articolo 300, paragrafo 3, primo comma, del trattato CE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C5‑0657/2003),

–   visti l'articolo 67 e l'articolo 97, paragrafo 7, del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa e i pareri della commissione per lo sviluppo e la cooperazione e della commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia (A5‑0119/2004),

1.   approva la conclusione dell'accordo;

2.   incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e alla comunità andina e i suoi Stati membri, le Repubbliche di Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e la Repubblica bolivariana di Venezuela.

  • [1] Non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale.

MOTIVAZIONE

1.   Bilancio dell'Accordo nel contesto dell'associazione strategica biregionale nella presente legislatura

La legislatura che volge al termine è stata caratterizzata da un relativo disaccordo tra la posizione della Commissione europea e quella del Parlamento per quanto si riferisce alle relazioni UE-America latina. Lungi dal concepire iniziative, programmi e visioni strategiche all'altezza di quelli che durante decadi hanno caratterizzato e improntato queste relazioni, la Commissione europea si è dedicata appena alla gestione delle programmazioni strategiche elaborate dalle Commissioni anteriori (come la conclusione dell'Accordo di associazione UE-Cile). Di fatto, nel corso di questo periodo non è stata adottata una sola iniziativa innovativa importante e la Commissione ha esercitato un ruolo frenante invece che d'impulso, per l'associazione strategica biregionale, dissociandosi dall'altra istituzione - il Parlamento europeo - che avrebbe dovuto invece continuare ad essere il suo alleato tradizionale nella formulazione della politica dell'Unione verso il subcontinente. Come spiegare altrimenti i tagli che la Commissione esecutiva ha introdotto, anno dopo anno, nelle sue iniziative di bilancio in favore dell'America latina e che il Parlamento è riuscito a rettificare verso l'alto soltanto dopo grandi sforzi? Come giustificare il frequente ricorso della Commissione a stanziamenti d'impegno ancora da liquidare (RAL) al momento di chiudere il bilancio comunitario annuale, stornando dalla voce America latina i fondi tanto faticosamente assegnati? E ciò, non tanto per la pretesa mancanza delle capacità di assorbimento quanto per la demotivazione, la mancanza di idee e di progetti strategici degni di nota per una regione frequentemente sottoposta a riduzioni e trattamenti arbitrari in favore di altri interessi e di altre aree? La proposta del Parlamento, secondo ramo dell'autorità di bilancio, di istituire un fondo di solidarietà biregionale non è stata nemmeno degnata di un esame attento fin dalla sua presentazione nel novembre del 2001. E ciò quantunque il suo ruolo di mobilizzatore di risorse, che non implicava spese di bilancio addizionali ma al contrario avrebbe prodotto un effetto moltiplicatore capace di sostituire - almeno in parte - la diminuzione di aiuti pubblici allo sviluppo che l'America latina subisce dal 2000, per non parlare poi del suo possibile contributo alla prevenzione e alla soluzione di crisi come quella che negli anni scorsi ha colpito Bolivia, Ecuador, Messico e Argentina, che gli avrebbe guadagnato un credito sostanziale. Nemmeno nelle sue iniziative legislative la Commissione ha cercato la sintonia con il Parlamento o ha tentato di condividere le tesi del Consiglio, come si è visto tanto con l'inclusione del Pakistan nel sistema delle preferenze generalizzate droga nonostante le avvertenze degli andini, dei centroamericani e del Parlamento stesso, quanto per il suo atteggiamento prepotente di fronte alla proposta del PE, esplicitata già nel 2001, e soprattutto dei paesi beneficiari latinoamericani, di dedicare un regolamento specifico alla cooperazione della Comunità con i paesi dell'America latina, in flagrante disprezzo, perfino, del ruolo di colegislatore del Parlamento in un campo soggetto alla codecisione. Infine, nemmeno in materia di cooperazione allo sviluppo la situazione è stata gestita differentemente, nonostante l'Unione europea - Commissione e Stati membri - continuasse ad essere il primo donatore di aiuti pubblici allo sviluppo in favore del continente latinoamericano (fino all'anno 2000 incluso, 45% degli stessi) tali aiuti pubblici allo sviluppo sono stati drasticamente ridotti (del 29%, dai 2.580 milioni di dollari del 1981 ai 1.820 alla fine del 2000). Inoltre, niente è stato fatto per favorire un avvicinamento, nella misura del possibile, alla dotazione prevista, per esempio nell'ambito dell'Accordo di Cotonu per i paesi ACP di 13.500 milioni di euro entro il 2005. Questo in un contesto in cui, secondo i dati della commissione economica per l'America latina, la povertà in America latina (fino a 2 dollari di reddito al giorno) si elevava al 43% nel 2001 e la povertà estrema (fino a 1 dollaro) al 18,6%, mentre gli indici negativi come la concentrazione della ricchezza e la diminuzione dell'impiego stabile aumentavano drammaticamente. Infine, questa tendenza si è manifestata evidente nelle iniziative presentate pomposamente come uno dei grandi contributi del Vertice, quali il programma di borse di studio dell'Unione europea all'America latina (ALBAN) che nel suo primo anno concede appena 300 borse delle 800 annunciate, l'80% delle quali sono per di più assegnate ai 9 paesi con maggiore sviluppo e solo il 20% ai restanti paesi con il minor tasso di sviluppo relativo.

2.   Nuovo accordo di dialogo politico di cooperazione UE-comunità andina come preparazione alla futura associazione

L'intensificarsi delle relazioni tra l'Unione europea e i paesi andini ha sofferto un innecessario ritardo anche durante l'attuale periodo. Contrariamente ai desideri espressi dal Parlamento nella sua risoluzione del 15 novembre 2001, e nonostante gli sforzi della nostra istituzione, della Presidenza di turno, di alcune delle delegazioni del Consiglio e malgrado le pressanti richieste dei partner andini, il II Vertice Unione europea-consiglio America latina - tenutosi a Madrid il 17 maggio del 2002 - rinunciò a presentare direttive di negoziato volti a concludere nel medio termine accordi di associazione UE-comunità andina e UE-centro America. Infatti, data la posizione decisamente contraria a questa richiesta sostenuta dalla Commissione europea e da alcune delegazioni del Consiglio, si è ottenuto soltanto, come soluzione di compromesso, l'iniziativa di negoziare singoli accordi di dialogo politico e di cooperazione "così come la decisione di rafforzare la cooperazione in materia di commercio, investimenti e relazioni economiche. Il conseguimento degli obiettivi di detti accordi e il rafforzamento della cooperazione dovrebbero promuovere le condizioni per cui, sulla base dei risultati del programma di lavoro di Doha che ci siamo impegnati a concludere al più tardi entro il 2004, sarebbe possibile negoziare accordi di associazione credibili e reciprocamente favorevoli, tra l'Unione europea e l'America centrale da una parte, e tra l'Unione europea e la comunità andina dall'altra, che includano zone di libero scambio". Questo è stato infatti l'unico accordo possibile formulato nel paragrafo 17 della Dichiarazione politica di Madrid che prevede i 33 impegni assunti dal II Vertice nei settori politico, economico, della cooperazione in ambito culturale, dell'istruzione, scientifico, tecnologico, sociale ed umano.

Il II Vertice non ha potuto promuovere un salto qualitativo in quanto non stabilisce le date per il negoziato diretto di un accordo di associazione che possa segnare una tappa nelle relazioni Unione europea - comunità andina. Come era prevedibile i presidenti andini hanno approfittato della riunione di Madrid (18 maggio) per lanciare un doppio segnale: da un lato, di chiara frustrazione, esprimendo grande preoccupazione per le tendenze protezioniste in materia commerciale, e insistendo sulla necessità di approfondire e accelerare accordi con l'Unione europea diretti all'associazione politica, economica e commerciale con la comunità andina e altre associazioni regionali di integrazione; dall'altro, di diversificazione, chiedendo l'urgente approvazione del Congresso degli Stati Uniti degli atti di preferenze doganali andine, interpretando l'esortazione del presidente Bush come segnale chiaro di accordo nella lotta contro il narcotraffico e il terrorismo. Inoltre, si è subito passati ai fatti: da un lato, l'UE e la maggior parte dei paesi andini uniti in seno al gruppo dei 22 in qualità di controparti nell'ambito degli infruttuosi negoziati di Cancun; dall'altro, il rafforzamento ancora in corso delle relazioni Unione europea-comunità andina ha acquisito un interesse particolare, nella misura in cui si intensificavano gli sforzi di costituire l'area denominata zona di libero scambio delle Americhe (ALCA). Perché non si può dubitare dell'interesse che riveste per i paesi andini l'istituzione di una zona emisferica di libero commercio (che si possa, o meno, realizzare per il 2005, come previsto e a condizione che sia risolto il problema degli attuali disaccordi sulle sovvenzioni agricole, la proprietà intellettuale e la questione sociale di una tale zona). E altresì, perché il rimandare una tale iniziativa potrebbe essere pregiudiziale anche per i partner andini, nella misura in cui molti di essi si vedrebbero forzati a concludere accordi commerciali bilaterali con gli Stati Uniti - che non hanno mai nascosto la loro predilezione per questo strumento anche prima che l'iniziativa attuale fosse lanciata - in condizioni di inferiorità negoziale. Infatti, in questa luce è da interpretare il processo negoziale parallelamente avviato lo scorso18 novembre dagli Stati Uniti, che annunciano l'apertura di negoziati bilaterali con quattro paesi andini (Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia) e Panama.

Alla luce di quanto precede, ci si attende una reazione immediata e costruttiva della Commissione e del Consiglio dell'Unione ai fini della definizione della data dei negoziati al più tardi in occasione del III Vertice del Messico, con accordi singoli di associazione con la comunità andina e con i paesi del centro America simili, "mutatis mutandis", a quelli stipulati con il Messico e con il Cile e in corso di negoziato con il Mercosur, preludio alla firma ulteriore di un accordo globale interregionale che permetta la creazione di una zona euro-latinoamericana di libero scambio come contraltare all'ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe), al più tardi per l'anno 2010, come è stato richiesto dal Parlamento nella sua già citata risoluzione del 15 novembre del 2001.

Nel frattempo, il nuovo accordo di dialogo politico e di cooperazione è centrato unicamente in questi due ambiti; anche se vorrebbe andare al di là dell'Accordo quadro di cooperazione 1993 e della Dichiarazione di Roma del 1996, non include tuttavia un volet commerciale. Gli obiettivi principali, dichiarati dalla Commissione sono due: a) consolidare le relazioni tra l'Unione europea e la comunità andina mediante lo sviluppo del dialogo politico e l'intensificazione della cooperazione e b) creare condizioni che permettano negoziati sulla base dei risultati del programma di lavoro di Doha, un accordo di associazione "realistico e reciprocamente favorevole" (sic), compreso un accordo di libero scambio. Nell'ambito politico, il merito quasi unico del nuovo accordo è di istituzionalizzare (la pratica dirà in che misura intensificarlo realmente) il dialogo politico finora basato sui termini più informali della Dichiarazione di Roma del 1996. La clausola del rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e dei principi dello stato di diritto si configura di nuovo come un elemento essenziale del nuovo accordo, come già succedeva con l'Accordo del 1993. L'agenda del dialogo politico si è notevolmente ampliata, i meccanismi di dialogo prevedono vertici a livello di capi di Stato e di governo (su accordo di entrambe le parti) e riunioni ministeriali di alti funzionari e dei servizi competenti. Per quanto riguarda l'ambito parlamentare, l'articolo 52, paragrafo 4, prevede un invito scontato al Parlamento e al Parlandino "a creare una commissione interparlamentare per regolamentare le pratiche anteriori", come se gli incontri regolari che hanno continuato a tenersi nel contesto delle conferenze interparlamentari a partire dal 1974 non risultassero già più che sufficienti ai fini del monitoraggio degli effetti limitati del nuovo accordo. Come si ricorderà, la proposta del Parlamento e dell'ultima di queste conferenze per il secondo Vertice era già molto più specifica e si riferiva alla costituzione di un'assemblea transatlantica euro-latinoamericana (cfr. il paragrafo 9 e seguenti della sua risoluzione del 15 novembre 2001). Nell'ambito politico la novità più grande del nuovo Accordo è la proposta di cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza che prevede come unico strumento l'eventuale coordinamento di posizioni e l'adozione di iniziative congiunte in Fori internazionali adeguati. Nell'ambito della cooperazione il nuovo accordo consolida e estende a nuovi settori la cooperazione già prevista nell'Accordo quadro del 1993; il nuovo Accordo include così disposizioni sulla cooperazione in materia di diritti umani, democrazia, buon governo, prevenzione dei conflitti, modernizzazione dell'amministrazione statale e pubblica, integrazione regionale, cooperazione regionale, commerciale, in materia di servizi, proprietà intellettuale, appalti pubblici, politica di concorrenza, cooperazione doganale etc. Una menzione speciale meritano le disposizioni relative alla cooperazione nella lotta contro le droghe, il riciclaggio del denaro sporco e la criminalità organizzata coalizzata, così come in materia di emigrazione. Ancora su richiesta dell'Unione europea, il nuovo Accordo include, all'articolo 50, disposizioni in materia di cooperazione nella lotta contro il terrorismo. In generale, sono da considerarsi pertinenti i temi inclusi nel progetto di nuovo Accordo e si auspica che siano ripresi e convenientemente ampliati nel futuro Accordo di associazione, che dovrà anche includere un accordo di libero scambio da negoziare al più presto.

3.   Conclusioni

1)   L'Accordo politico e di cooperazione UE-comunità andina concluso al II Vertice di Madrid che, in principio, poteva aspirare a costituire poco più che una semplice ricostituzione e un aggiornamento delle attuali disposizioni che regolano le relazioni bilaterali tra le due regioni - l'Accordo quadro di cooperazione del 1993 e la Dichiarazione politica del 1996 - ora segna soprattutto una tappa di transizione e di preparazione a un accordo di associazione che includa la liberalizzazione progressiva e reciproca degli scambi bilaterali, aspirazione dei soci andini, in accordo per di più con gli interessi politici, economici, commerciali e sociali in senso ampio dell'Unione.

2)   Il III Vertice del Messico del maggio 2004 dovrà almeno dimostrare una capacità di reazione agli ultimi eventi nel contesto dei negoziati di Cancun, fissando infine una data per l'avvio dei negoziati di singoli accordi di associazione con la comunità andina e con i paesi centroamericani analoghi, "mutatis mutandis", a quelli conclusi con Messico e Cile e in corso di negoziato con Mercosur, preludio alla firma ulteriore di un accordo globale interregionale che permetta la creazione di una zone euro-latinoamericana di libero scambio, entro il 2010.

3)   Questi accordi devono prevedere un modello di associazione efficace e reciprocamente vantaggioso, che implichi una vera e propria associazione politica, economica e di sviluppo, che includa un accordo di libero scambio con ambedue le regioni, eliminando in particolare qualunque subordinazione tacita o espressa, che ne condizioni la condotta alla conclusione dei negoziati della organizzazione mondiale del commercio (OMC), senza escludere che vi si possano un giorno incorporare i risultati del programma di lavoro di Doha, compatibili con l'obiettivo ultimo dell'associazione UE-CAN e UE-centro America.

4)   Il tema della migrazione deve costituire un elemento fondamentale al momento dell'approvazione dei programmi di cooperazione previsti in questi e in futuri accordi, prendendo in considerazione particolarmente la problematica delle fasce di popolazione più vulnerabili, come le donne, i bambini e le popolazioni indigene, nel rispetto delle norme internazionali in vigore.

5)   Le disposizioni del nuovo Accordo devono soprattutto disporre di fondi sufficienti, e in ogni caso essere complementari con le attività del Fondo di solidarietà biregionale invocato da questo Parlamento nella sua risoluzione del 15 novembre 2001, contribuire sostanzialmente al meccanismo di solidarietà finanziaria destinato a garantire lo stato di diritto, al superamento della povertà, come proposto nella Dichiarazione di Guayaquil del luglio 2002 nel quadro della seconda riunione dei presidenti dell'America del Sud, e reiterato nell'Accordo di Cusco del maggio 2003 dai capi di Stato e di governo dei paesi del Meccanismo permanente di consultazione e concertazione politica, durante il XVII Vertice del Gruppo di Rio.

6)   In accordo con la raccomandazione precedente di estendere il dialogo politico e parlamentare ai settori sociale, imprenditoriale, sindacale e alla comunità accademica e scientifica, si appoggia la costituzione del Comitato consultivo congiunto, previsto nell'articolo 52 dell'Accordo, per aiutare la commissione mista a promuovere il dialogo con la società civile; al contempo si esorta a definire – in conformità con l'articolo 43 dell'Accordo in cui si riconosce il ruolo e il contributo potenziale della società civile organizzata nel processo di cooperazione e si decide di promuovere un dialogo efficace con la stessa – formule volte a determinarne la partecipazione alla definizione delle strategie di cooperazione tra le due regioni.

7)   Provvisoriamente, e fino a quando non entreranno in vigore i nuovi Accordi, gli andini e i centroamericani dovranno continuare a usufruire dei vantaggi commerciali dei quali godono nel sistema delle preferenze generalizzate "regime speciale droghe".

PARERE DELLA COMMISSIONE PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE

3 febbraio 2004

destinato alla commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa

sulle firma di un accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Comunità andina e i suoi paesi membri, le Repubbliche di Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e la Repubblica bolivariana di Venezuela, dall'altra

(COM(2003) 695 – C5-0657/2003 - 2003/0268(CNS))

Relatore per parere: Hans Modrow

PROCEDURA

Nella riunione del 2 dicembre 2003 la commissione per lo sviluppo e la cooperazione ha nominato relatore per parere Hans Modrow.

Nella riunione del 13 gennaio 2004 ha esaminato il progetto di parere.

Nella riunione del 20 gennaio 2004 ha approvato i suggerimenti in appresso all'unanimità.

Erano presenti al momento della votazione Margrietus J. van den Berg (presidente f.f.), Marieke Sanders-ten Holte (vicepresidente), Anders Wijkman (vicepresidente), Hans Modrow (relatore per parere), Niall Andrews (in sostituzione di Isabelle Caullery), Jean-Pierre Bebear, John Bowis, John Alexander Corrie, Nirj Deva, Colette Flesch, Michael Gahler (in sostituzione di Karsten Knolle), Karin Junker, Bashir Khanbhai (in sostituzione di Luigi Cesaro), Glenys Kinnock, Miguel Angel Martínez Martínez, Linda McAvan,Ulla Margrethe Sandbæk, Karin Scheele (in sostituzione di Wolfgang Kreissl-Dörfler), Maj Britt Theorin e Jürgen Zimmerling.

BREVE GIUSTIFICAZIONE

Il presente progetto di accordo ha come oggetto il dialogo politico e la cooperazione, ma non riguarda gli scambi commerciali. Si tratta di un semplice accordo quadro per sostituire l'accordo quadro di cooperazione del 1993. Non sono state accolte le ripetute richieste del Parlamento europeo di concludere un accordo di associazione. Il Parlamento europeo è soltanto consultato sulla proposta a norma dell'articolo 300 del trattato CE.

Va in ogni caso deplorato che l'accordo sia orientato soprattutto a preparare un quadro politico e regolamentare per un accordo di libero scambio, mentre trascura del tutto una strategia socioeconomica integrata, mirata soprattutto a lottare contro la povertà. In primo piano troviamo questioni il cui esame è stato respinto dai paesi in via di sviluppo nel corso dell'ultima riunione dell'OMC a Cancun e che puntano a ridimensionare ampiamente i diritti di sovranità nazionale in materia di direzione dell'economia e di sviluppo. La proposta di accordo tiene in scarsa considerazione la circostanza che in tutti i paesi interessati ampie maggioranze della popolazione conducono una lotta tenace per mantenere la sovranità nazionale sulle fonti energetiche e sulle materie prime e sul relativo sfruttamento, per cui si sono già verificati gravi moti di disagio sociale e politico e ne risulta minacciata la governabilità dei paesi stessi. Un accordo improntato alla partnership in materia di cooperazione con la regione andina dovrebbe contribuire a influenzare in senso distensivo l'esplosiva situazione socioeconomica della regione.

Viste le prestazioni preliminari che i paesi della Comunità andina devono realizzare per un successivo accordo di associazione o di libero scambio, l'UE viene a sua volta sollecitata a varare le misure necessarie per rendere possibile relazioni di libero scambio con vantaggio reciproco, per esempio la revoca di sovvenzioni all'agricoltura. Per esempio all'articolo 3, paragrafo 2, sono indicate le iniziative da attuare in tutta l'America latina contro il traffico di armi, il riciclaggio dei capitali, il contrabbando di droghe e il traffico di precursori chimici per la produzione di droghe, ma non si precisano le misure omologhe in Europa, che sono altrettanto necessarie. In particolare manca un riferimento al fatto che l'UE esprime comprensione per la necessità di misure selettive di protezione dell'industria e dell'agricoltura nazionale dei paesi andini e accetta dette misure. Non si contemplano nemmeno il problema dell'indebitamento dei paesi, all'origine di un costante ed elevato deflusso di risorse, né le eventuali iniziative dell'UE per alleviare l'indebitamento.

Secondo la classifica del programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNPD), i cinque paesi in questione, in termini di sviluppo, sono considerati paesi emergenti, anche se sussistono notevoli differenze tra i singoli paesi. In termini di sviluppo la Colombia e il Venezuela si collocano ai primi posti, la Bolivia all'ultimo. Tale classificazione come "paesi emergenti" trascura tuttavia la circostanza che una gran parte della popolazione vive come prima in estrema povertà. In Colombia il 26,5% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, in Perù tale percentuale è pari al 32%, in Venezuela al 34,3%, in Bolivia al 41,4% e in Ecuador addirittura al 52,3%. In Colombia il divario di reddito è massimo, nel 1996 al 10% della popolazione più povera corrispondeva l'1,1% dei consumi nazionali, mentre al 10% dei più ricchi spettava il 46,1% dei consumi.

L'accesso all'assistenza sanitaria è limitato e molto differenziato tra i diversi strati della popolazione. Anche se i cinque paesi interessati dall'accordo negli ultimi dieci anni hanno compiuto notevoli progressi nella riduzione della mortalità neonatale, il relativo tasso resta tuttora molto elevato in Bolivia. A quanto pare, l'HIV/AIDS è più diffuso che in altre regioni del mondo; tuttavia sarebbero necessarie statistiche affidabili per poter valutare le reali dimensioni del fenomeno.

Nei cinque paesi l'istruzione di base può essere ritenuta soddisfacente con un tasso di alfabetizzazione di oltre il 95% tra i 15 e i 24 anni di età.

Nei paesi all'esame le società sono marcate da conflitti, guerre e violenza, che sono altrettanti sintomi delle carenze nello sviluppo della democrazia e delle possibilità di partecipazione della società civile, della discriminazione etnica, dell'inasprimento della questione agricola, delle problematiche del traffico e della coltivazione di droga. Ne soffrono soprattutto gli strati più deboli della popolazione, specialmente i gruppi etnici autoctoni. Per esempio in Colombia negli ultimi 15 anni la guerra civile ha provocato la deportazione di oltre 2 milioni di persone e creato enormi necessità umanitarie. Occorre assolutamente operare con il massimo impegno per superare i conflitti armati tramite mezzi politici e per ripristinare la pace nella giustizia sociale. Al riguardo va assicurato, in termini giuridici e politici, il regolare reinserimento civile degli ex combattenti, con conseguente punizione dei crimini di violazione dei diritti dell'uomo e cessazione dell'impunità per i reati commessi o favoriti da rappresentanti degli organi statali.

Sono sorte situazioni di emergenza umanitaria anche in seguito a catastrofi naturali come eruzioni vulcaniche, frequenti nella regione. Per quanto riguarda sia le catastrofi naturali e le relative conseguenze, sia i conflitti interni, l'attenzione va concentrata su misure preventive.

Nella regione l'Unione europea e i suoi Stati membri sono i principali donatori. Il programma indicativo regionale e i cinque programmi indicativi nazionali sono stati approvati nel maggio 2002 per il periodo 2002-2006. Per detto periodo l'Unione europea prevede di erogare un aiuto finanziario pari a 420 milioni di euro. La cooperazione riguarda specialmente la lotta contro la povertà, il rafforzamento dell'amministrazione pubblica, la lotta contro le droghe e il sostegno all'integrazione regionale. Dei 420 milioni previsti, 30 sono destinati all'amministrazione pubblica e 50 alla cooperazione economica. L'aiuto complessivo per la lotta contro le droghe è pari a 100 milioni di euro. Un sostegno potenziato tramite i programmi di cooperazione dell'UE va concentrato su progetti degli enti locali per la limitazione volontaria della coltivazione di droga onde contrastare l'irrorazione, sollecitata dagli USA, con sostanze chimiche e biologiche, che hanno conseguenze devastanti per gli uomini e l'ambiente.

Nelle sue conclusioni il relatore per parere giudica con sostanziale favore il progetto di accordo, critica però le carenze sopra esposte, specialmente alla luce della richiesta del Parlamento europeo di procedere alla conclusione di un accordo di cooperazione. Inoltre va deplorato che la Commissione e il Consiglio non abbiano finora adottato un approccio globale per la cooperazione allo sviluppo con l'America meridionale.

SUGGERIMENTI

La commissione per lo sviluppo e la cooperazione invita la commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.   condivide sostanzialmente il contenuto del progetto di Accordo di dialogo politico, pur deplorando che non sia stata accolta la richiesta del Parlamento europeo di perfezionare un accordo di associazione volto a rafforzare maggiormente la cooperazione tra i partner per una strategia integrale di sviluppo sostenibile e per approfondire l'integrazione economica, sociale e culturale delle società interessate; chiede ai capi di Stato e di governo, che parteciperanno al vertice che si terrà nella primavera del 2004 in Messico, di impegnarsi a favore di un accordo di associazione, in conformità delle richieste del Parlamento europeo;

2.   deplora che la Commissione e il Consiglio non abbiano adottato un approccio globale per la cooperazione allo sviluppo con l'America meridionale; sollecita la Commissione e il Consiglio a sostenere l'integrazione del continente sudamericano sulla base degli sforzi autonomi e costruttivi dei paesi in questione;

3.   deplora l'assenza di un riferimento ai parlamenti e alla società civile nei meccanismi del dialogo politico di cui all'articolo 4 del progetto di accordo e chiede al Consiglio e alla Commissione di inserirli debitamente nel successivo processo di applicazione dell'accordo;

4.   chiede alla Commissione di coinvolgere maggiormente, nel contesto della politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea, la società civile indipendente, organizzazioni sindacali comprese, nell'attuazione dei programmi indicativi nazionali, in modo da contribuire così al rispetto dei diritti dell'uomo e al rafforzamento della democrazia;

5.   sottolinea l'importanza del dialogo politico tra l'UE e la regione andina e mette in rilievo che va assegnato un ruolo più incisivo alla prevenzione e alla soluzione politica dei conflitti nella regione, alla riduzione delle spese militari e al rispetto dei diritti dell'uomo;

6.   ritiene che la disposizione all'articolo 3, paragrafo 2, sia troppo ristretta e che il dialogo politico dovrebbe comprendere questioni geopolitiche e militari, compresa la questione della presenza militare di Stati terzi nella regione;

7.   ritiene necessario mettere in evidenza che la cooperazione dell'UE con i paesi della comunità andina nella lotta alla droga non segue la strategia delle irrorazioni chimiche e della militarizzazione, bensì è orientata a programmi alternativi sostenibili a carattere socioeconomico per i piccoli coltivatori, che prevedono anche l'impegno sociale delle amministrazioni comunali per l'emancipazione volontaria dalla coltivazione di droga; a tale riguardo, sottolinea la necessità di ampliare, nella misura del possibile, il ventaglio di prodotti compresi nel Sistema di preferenze generalizzate, progettato per aprire il mercato europeo ai prodotti di paesi terzi e che riveste particolare importanza nel quadro degli interscambi tra l'Unione e la Comunità andina, al fine di potenziarlo come elemento chiave nella lotta contro la produzione di stupefacenti;

8.   evidenzia che nei paesi andini, pur considerati paesi emergenti in termini di sviluppo, sussistono ancora gravi problemi per quanto riguarda la coesione sociale e la distribuzione delle risorse e che un'ampia maggioranza della popolazione vive tuttora in condizioni di estrema povertà; deplora che nell'accordo non sia affrontata la questione della giustizia sociale; chiede in detto contesto al Consiglio e alla Commissione di proseguire gli sforzi per annullare il debito di questi paesi onde rendere disponibili mezzi per la lotta alla povertà;

9.   deplora l'orientamento economico troppo unilaterale impresso alla cooperazione prevista nell'accordo nel settore del turismo e il fatto che ad aspetti come lo scambio culturale e la comprensione tra i popoli non sia stata riservata maggiore rilevanza;

10.   accoglie con favore il fatto che nel progetto di accordo siano riconosciute le specifiche esigenze della popolazione autoctona e la circostanza che dette comunità sono particolarmente esposte alla povertà; ricorda che i recenti sviluppi in Bolivia dipendono in primo luogo dal fatto che ampi settori della società boliviana, per esempio gli indios Aymara e Quechua, sono esclusi dalla vita politica e economica; accoglie con favore, in modo particolare, l'impegno assunto dalle parti di integrare la situazione specifica dei gruppi indigeni come elemento trasversale chiave nell'elaborazione delle proprie politiche di cooperazione, così come il riferimento all'importanza di contribuire alla creazione di associazioni con le popolazioni indigene, nel contesto della promozione degli obiettivi di sradicamento della povertà, gestione sostenibile delle risorse naturali e rispetto dei diritti umani e della democrazia;

11.   invita l'Unione europea ad insistere sull'attuazione degli impegni assunti dal governo colombiano in occasione della Conferenza internazionale di Londra del 2003, quanto alla ricerca di una soluzione per il conflitto nel paese, all'attuazione delle raccomandazioni dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo e alla protezione degli attivisti che si battono per i diritti dell'uomo;

12.   esprime, inoltre, la sua preoccupazione per la sicurezza delle comunità Cacarica in Colombia;

13.   sollecita le parti a rafforzare il capitolo dell'Accordo che tratta della cooperazione nel settore delle catastrofi naturali - a integrazione dell'attività di ECHO nel campo dell'aiuto umanitario e di DIPECHO nel campo della prevenzione delle catastrofi - in modo da essere meglio equipaggiati per affrontare eventi catastrofici come l'eruzione del vulcano El Reventador in Ecuador nel novembre 2002;

14.   ritiene, in merito all'articolo 49, paragrafo 3, dell'Accordo, concernente l'immigrazione illegale, che l'aiuto allo sviluppo non possa in nessun caso essere vincolato all'obbligo di riammissione di migranti illegali;

15.   invita la Commissione ad esaminare le misure necessarie per garantire che gli enormi flussi finanziari costituiti dalle rimesse degli immigrati che vivono e lavorano nel territorio dell'Unione Europea contribuiscano allo sviluppo dei paesi di origine e non siano soggetti a condizioni bancarie abusive;

16.   invita il Consiglio e la Commissione ad avvalersi delle possibilità di influenza dell'UE per sostenere i processi di pace e di riconciliazione nella regione e a incoraggiare l'adozione di misure adeguate in campo politico, giuridico e sociale volte al reinserimento degli ex combattenti nella vita civile, esercitando nel contempo pressioni per una decisa azione di repressione penale dei crimini legati a violazioni dei diritti dell'uomo in quanto premessa per la riconciliazione e il rafforzamento della democrazia;

17.   invita il Consiglio e la Commissione ad aumentare la pressione a tutti i livelli e ad utilizzare tutti i mezzi a propria disposizione per esigere la liberazione della ex candidata alle elezioni presidenziali colombiane Ingrid Betancourt, prigioniera delle Forze armate rivoluzionarie di Colombia (FARC) dal 23 febbraio 2002, in aperta sfida allo stato di diritto e al principio del pluralismo democratico;

18.   accoglie con favore l'obiettivo definito all'articolo 50 del progetto di accordo, ossia la lotta al terrorismo; segnala tuttavia il rischio che si abusi del concetto di "gruppo terroristico", utilizzandolo contro l'opposizione politica o contro organizzazioni sindacali, e osserva che la salvaguardia dei diritti politici e sociali fondamentali e l'indipendenza della magistratura, nonché il rispetto dei principi democratici, restano elementi irrinunciabili.

PARERE DELLA COMMISSIONE PER L'INDUSTRIA, IL COMMERCIO ESTERO, LA RICERCA E L'ENERGIA

18 febbraio 2004

destinato alla commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa

sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Comunità andina e i suoi paesi membri, le Repubbliche di Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e la Repubblica bolivariana di Venezuela, dall'altra

(COM(2003) 695 - C5-0657/2003 - 2003/0268(CNS))

Relatrice per parere: Ana Miranda le Lage

PROCEDURA

Nella riunione del 16 dicembre 2003 la commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia ha nominato relatrice per parere Ana Miranda le Lage.

Nelle riunioni del 20 gennaio 2004, 26 gennaio 2004 e 18 febbraio 2004 ha esaminato il progetto di parere.

Nell'ultima riunione indicata ha approvato i suggerimenti in appresso con 35 voti favorevoli ed 2 contrari.

Erano presenti al momento della votazione Luis Berenguer Fuster (presidente), Peter Michael Mombaur (vicepresidente), Jaime Valdivielso de Cué (vicepresidente), Ana Miranda de Lage (relatrice per parere), Gordon J. Adam (in sostituzione di Imelda Mary Read), Per-Arne Arvidsson (in sostituzione di Bashir Khanbhai), Sir Robert Atkins, Guido Bodrato, Felipe Camisón Asensio (in sostituzione di Concepció Ferrer), Marie-Françoise Duthu (in sostituzione di Claude Turmes, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Giles Bryan Chichester, Nicholas Clegg, Francesco Fiori (in sostituzione di Paolo Pastorelli), Neena Gill (in sostituzione di Gary Titley), Michel Hansenne, Hans Karlsson, Bernd Lange (in sostituzione di Norbert Glante), Rolf Linkohr, Eryl Margaret McNally, Erika Mann, Elizabeth Montfort, Bill Newton Dunn (in sostituzione di Willy C.E.H. De Clercq), Angelika Niebler, Giuseppe Nisticò (in sostituzione di Umberto Scapagnini), Seán Ó Neachtain, Reino Paasilinna, Fernando Pérez Royo (in sostituzione di Harlem Désir, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Elly Plooij-van Gorsel, Godelieve Quisthoudt-Rowohl, Alexander Radwan (in sostituzione di Paul Rübig), Konrad K. Schwaiger, Esko Olavi Seppänen, W.G. van Velzen, Alejo Vidal-Quadras Roca, Myrsini Zorba e Olga Zrihen Zaari .

La commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia invita la commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa, competente per il merito, ad approvare la conclusione dell'accordo.

MOTIVAZIONE

L'accordo di dialogo politico e di cooperazione tra l'Unione europea e i paesi del Patto andino, oggetto del presente parere, comporta un salto qualitativo nelle relazioni tra le due parti, attualmente basate su due pilastri: l'accordo quadro di cooperazione firmato nel 1993 e in vigore nel 1998 e l'SPG-Droga, che prevede vantaggi tariffari in aggiunta a quelli contemplati nel regime generale, con il fine di agevolare la sostituzione della coltivazione di cocaina e ampliare la gamma di prodotti agricoli destinati all'esportazione.

Anche se il Vertice di Madrid del maggio 2002 ha rifiutato il mandato di negoziato per un accordo di associazione, con grande delusione dei suddetti paesi, è sta aperta una porta con la decisione di promuovere nuove relazioni i cui principi e obiettivi si riassumono con chiarezza nell'articolo 2, paragrafo 2, del testo in questione. In tale paragrafo si sottolinea che l'obiettivo dell'accordo è "di creare le condizioni per negoziare un accordo di associazione realistico e reciprocamente vantaggioso, che comprenda un accordo di libero scambio, sulla base dei risultati del programma di lavoro di Doha", che ci si è impegnati a completare entro il 2004. Di conseguenza l'obiettivo, anche se con un calendario più lungo, viene mantenuto.

Questo accordo deve quindi contribuire a creare condizioni che consentano di pervenire all'associazione. Pertanto propone nuovi e necessari strumenti volti da un lato a favorire l'integrazione regionale e dall'altro a consolidare le relazioni tra le parti.

L'Unione europea è il secondo partner commerciale dell'insieme dei paesi dell'area latinoamericana, anche se i flussi commerciali continuano a essere per il momento molto modesti. Attualmente rappresentano solo il 6% delle nostre esportazioni e il 5% delle importazioni. Per quanto riguarda i paesi andini, la percentuale è dello 0,8% per le importazioni e dello 0,7% per le esportazioni nell'anno 2000 (fonte Eurostat). Per quanto riguarda i prodotti, il 19% delle esportazioni è costituito da petrolio, l'11% da carbone e il 12% da prodotti ortofrutticoli.

L'accordo si propone, come già detto, di favorire, mediante diversi strumenti, l'integrazione regionale, consolidando altresì lo stato di diritto. Non si può dimenticare che molti di questi paesi escono da conflitti gravi e di lunga durata e che la Colombia, che è probabilmente il più ricco dei paesi andini, attraversa un periodo di gravissime difficoltà. Pertanto, la riduzione della povertà e il ripristino del dialogo politico dovranno avere carattere prioritario.

A medio termine, i processi di integrazione regionale sembrano essere lo strumento migliore per migliorare le prospettive di crescita. Come si può dedurre dalle cifre indicate in precedenza, l'asimmetria fra le economie, anche se enorme, non è irreparabile, come dimostrato nel caso del Cile. Il consolidamento dell'integrazione e di un'unione doganale nell'area promuoveranno in modo più vantaggioso accordi bilaterali e multilaterali di associazione.

Di fatto, i paesi centroamericani già prevedono relazioni bilaterali, per esempio con gli Stati Uniti, secondo la linea attualmente seguita dal Cile. Questa realtà può influire positivamente sulla posizione attuale dell'UE, in modo da consentire il raggiungimento dell'obiettivo finale dell'associazione entro un termine ragionevole.

Per quanto riguarda gli ambiti di cooperazione che hanno una relazione più diretta con la nostra commissione, vanno sottolineati quelli concernenti la cooperazione commerciale, la politica di concorrenza, la cooperazione industriale e lo sviluppo della piccola e media impresa, previsti dagli articoli 11-21 e dall'articolo 36 sulla cooperazione scientifica e tecnica e sulla ricerca.

Resta, infine, la questione sempre spinosa dei fondi e dei mezzi di finanziamento che potrebbero essere utilizzati per gli obiettivi dell'accordo, in quanto non esiste una scheda finanziaria specifica. Sia la BEI che la BIRS nell'ultimo decennio hanno concesso crediti a imprese e progetti d'investimento pubblici. Se l'obiettivo è l'integrazione regionale, si dovrebbe dare priorità alle richieste per progetti di carattere regionale, come il miglioramento di infrastrutture e servizi pubblici, le strade e l'energia, in aggiunta all'istruzione, alla sanità e alle nuove tecnologie.

CONCLUSIONI

1.   La conclusione di un nuovo accordo politico e di cooperazione fra la Comunità europea e la Comunità andina costituisce uno strumento valido in vista dell'instaurazione di una futura associazione che amplierà quelle attualmente esistenti nel subcontinente, in Cile e Messico sino alla realizzazione, entro l'anno 2010, di una zona euro-latino-americana di libero scambio.

2.   Il III Vertice UE-America Latina e Caraibi, che si svolgerà a Guadalajara, Messico, nel prossimo mese di maggio costituisce una splendida opportunità per approfondire le relazioni con l'insieme dei nostri partner e definire un calendario per la negoziazione di un accordo di associazione, come previsto dall'articolo 2, paragrafo 1 dell'accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Comunità andina e i suoi paesi membri dall'altra.

3.   La commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia del Parlamento europeo accoglie favorevolmente il regolamento (CE) n. 2211/2003 del Consiglio, del 15 dicembre 2003 che proroga fino al 31 dicembre 2005 l'SPG-Droga e chiede che nessuno degli attuali beneficiari ne sia escluso, anche nel caso in cui alcuni di essi superino i parametri in virtù dei quali è stata decisa la loro inclusione. Essa ritiene che l'uscita dal sistema provocherebbe immediatamente distorsioni della capacità di esportazione del paese o dei paesi espulsi per la loro buona condotta, beneficiando quelli meno rigorosi o che hanno maggiori difficoltà a rispettare i propri impegni nella lotta contro il traffico di droga.

4.   Si chiede alla DG Commercio della Commissione europea di pronunciarsi sulle date, vista la situazione di ritardo nei negoziati dell'agenda Doha per lo sviluppo. L'obiettivo del nuovo accordo è quello di consolidare le relazioni tra l'Unione europea e i paesi andini. L'inclusione della clausola di condizionalità e l'ampliamento del dialogo politico sono due elementi essenziali; tuttavia, la tranquillità civica o l'assenza di conflitti non sono ancora una realtà nella regione. La povertà non diminuisce, e anche questa realtà costituisce una minaccia per la democrazia. Una relazione più intensa tra le due regioni, associata ad un clima di maggiore tranquillità e sicurezza nella regione andina favorirà gli investimenti e la diversificazione produttiva. Il mantenimento degli stanziamenti destinati alle piccole e medie imprese può inoltre costituire un fattore di stabilità sociale grazie alla creazione di occupazione da parte di questo tipo di iniziative imprenditoriali.

5.   Raccomanda che la decisione relativa alla negoziazione di un accordo di libero scambio UE-Paesi andini non sia subordinata alla conclusione dei negoziati del round dell'OMC.