RELAZIONE sulla situazione attuale nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future
9.12.2005 - (2004/2220(INI))
Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
Relatrice: Maria Carlshamre
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sulla situazione attuale nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future
Il Parlamento europeo,
– visti gli strumenti giuridici delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne, quali la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e il relativo protocollo, la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti,
– visti gli altri strumenti dell'ONU in materia di violenza contro le donne, quali la Dichiarazione e il programma d'azione di Vienna, adottati dalla Conferenza Mondiale sui Diritti Umani, la Dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne del 20 dicembre 1993[1], la Risoluzione sull'eliminazione della violenza domestica contro le donne[2], la Risoluzione sull'eliminazione dei delitti contro le donne commessi in nome dell'onore[3], la Risoluzione sulle misure in materia di prevenzione dei reati e di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne[4], le relazioni dei Relatori speciali dell'ONU sulla violenza contro le donne, la raccomandazione generale n. 19 della commissione CEDAW,
– viste la piattaforma d'azione adottata alla quarta Conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino il 15 settembre 1995, e la sua risoluzione del 18 maggio 2000 sul seguito dato alla piattaforma d'azione di Pechino[5],
– vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000[6],
– vista la sua risoluzione del 16 luglio 1997 sulla necessità di organizzare una campagna a livello dell'Unione europea per la totale intransigenza nei confronti della violenza contro le donne (commissione per i diritti della donna)[7],
– vista la sua risoluzione del 10 marzo 2005 sul seguito della Quarta Conferenza mondiale sulla piattaforma d'azione per le donne (Pechino+10)[8],
– vista la sua risoluzione del 20 settembre 2001 sulle mutilazioni genitali femminili[9],
– visto l'articolo 45 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A6‑0404/2005),
A. considerando che, secondo l'articolo VI della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne, nessuna disposizione della suddetta Dichiarazione pregiudica le disposizioni della legislazione di un altro Stato o di una convenzione, di un trattato o di un altro strumento internazionale in vigore in uno Stato che permetterebbero di eliminare più efficacemente la violenza nei confronti delle donne,
B. considerando che la violenza degli uomini contro le donne costituisce non solo un reato ma anche un grave problema per la società; che la violenza degli uomini contro le donne costituisce una violazione generale dei diritti umani — i diritti alla vita, alla sicurezza, alla dignità e all'integrità fisica e mentale — ed è pertanto un ostacolo allo sviluppo di una società democratica,
C. considerando che la violenza degli uomini contro le donne può riguardare donne di ogni età, indipendentemente dall'istruzione, dal reddito e dalla posizione sociale; che da studi di prevalenza condotti su vasta scala in Svezia, Germania e Finlandia risulta che almeno il 30-35% delle donne di età compresa tra i 16 e i 67 anni sono state vittime almeno una volta di violenza fisica o sessuale[10]; che, se si include la violenza psicologica, si arriva al 45-50%,
D. considerando che la violenza degli uomini contro le donne è un fenomeno universale collegato all'iniqua distribuzione del potere tra i generi che ancora caratterizza la nostra società; considerando che la mancanza di parità è anche una delle cause per cui questo tipo di reato non è sufficientemente messo in evidenza e perseguito,
E. considerando che il tipo di violenza che colpisce le donne è in genere perpetrato da parenti stretti o conviventi,
F. considerando che, oltre all'adozione di misure a favore delle vittime della violenza, sono altresì necessarie strategie proattive e preventive indirizzate ai perpetratori degli atti di violenza e a quelli a rischio di divenirlo, unitamente a sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive,
G. considerando che l'iniqua distribuzione di potere tra i generi è alla radice di ogni tipo di violenza contro le donne; che i tipi di violenza contro le donne possono variare a seconda delle tradizioni culturali e dell'origine etnica e sociale; che la mutilazione genitale femminile e i cosiddetti delitti d'onore nonché i matrimoni forzati ora sono una realtà anche nell'Unione europea,
H. considerando che la violenza degli uomini ai danni delle donne viene spesso perpetrata di nascosto, nel contesto domestico, e che tale situazione può sussistere per la mancanza di sanzioni adeguate da parte della società; che norme storiche e culturali profondamente radicate contribuiscono sovente a legittimare la violenza degli uomini contro le donne,
I. considerando che solo un numero ristretto di Stati membri ha raccolto e redatto statistiche relative alla prevalenza di diverse forme di violenza degli uomini contro le donne e che risulta pertanto difficile capire la reale portata di tale violenza e di conseguenza rispondervi in modo efficace a livello istituzionale,
J. considerando che a livello dell'UE non è stato condotto alcuno studio dettagliato sui costi e sulle conseguenze sociali e umane della violenza degli uomini contro le donne, cosa che è fondamentale per la visibilità del fenomeno e la lotta contro questa grave violazione dei diritti umani,
K. considerando che la violenza degli uomini ai danni delle donne è un fattore importante nel contesto del traffico di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale o di altro tipo e della prostituzione, di cui divengono vittime donne e ragazze; che da studi risulta che nel 65-90% dei casi le donne che si prostituiscono sono state vittime già nell'infanzia o successivamente di aggressioni sessuali,
L. considerando che la violenza degli uomini contro le donne è un ostacolo alla partecipazione delle donne alla società e al mercato del lavoro e può condurre a emarginazione e povertà,
M. considerando che da un gran numero di studi risulta che le donne sono maggiormente esposte al rischio di grave violenza da parte del (precedente) consorte durante o subito dopo la separazione,
N. considerando che la violenza contro le donne in quanto madri colpisce direttamente e indirettamente i figli delle vittime ed esercita sulla salute emotiva e mentale di questi ultimi effetti negativi persistenti, dando anche luogo a un ciclo di violenze e abusi perpetuato per generazioni,
O. considerando che, oltre alla situazione di dipendenza economica in cui molte di esse si trovano, un motivo importante per cui le donne non denunciano di essere vittime di violenza, soprattutto domestica o sessuale, è il mito tenace nella società che vede le donne responsabili della violenza o considera la questione di natura privata, nonché il desiderio di preservare il rapporto coniugale e la famiglia; che un'altra ragione per cui le donne non denunciano gli atti di violenza è la mancanza di fiducia nella polizia, nella giustizia e nei servizi sociali,
P. considerando che il rischio che gli uomini commettano atti di violenza contro le donne aumenta in una società che non vi si oppone in modo sufficientemente forte e chiaro; che la legislazione e la sua applicazione pratica sono strumenti importanti per contrastare la violenza,
Q. considerando che nella comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo, che istituisce per il periodo 2007-2013 il programma quadro "Diritti fondamentali e giustizia" (COM (2005)0122), la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, dei bambini e dei giovani ha un ruolo molto importante nel tentativo di creare un'autentica area di libertà, sicurezza e giustizia,
R. ricordando che, come asserito dal Vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini nel suo discorso al Parlamento europeo il 21 giugno 2005, è stato valutato che almeno 700-900 donne muoiono in Europa ogni anno a causa della violenza dei loro partner e che anche tale cifra è da considerarsi sottovalutata,
A) Violenza contro le donne
1. raccomanda, per quanto concerne la violenza degli uomini contro le donne, alla Commissione e agli Stati membri:
a) di considerare la violenza una violazione dei diritti umani che riflette gli iniqui rapporti di potere tra i sessi nella nostra società e di adottare in sede di definizione delle politiche un approccio che tenga conto di tutte le sfaccettature che caratterizzano questo fenomeno, compresi efficaci metodi di prevenzione e di repressione;
b) di considerare la violenza contro le donne come un fenomeno strutturale e una barriera fondamentale agli sforzi volti a superare le ineguaglianze tra donne e uomini;
c) di adottare un approccio intransigente nei confronti di tutte le forme di violenza contro le donne;
d) di adottare un quadro di cooperazione tra organizzazioni governative e non governative allo scopo di sviluppare politiche e pratiche per combattere il fenomeno della violenza domestica;
e) di stabilire metodologie, definizioni e criteri armonizzati, in cooperazione con Eurostat, l'Agenzia per i diritti fondamentali e il futuro Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, al fine di raccogliere dati comparabili e compatibili in tutta l'Unione europea, concernenti la violenza degli uomini contro le donne, in particolare studi di prevalenza esaustivi;
f) di nominare relatori nazionali incaricati di raccogliere, scambiarsi ed elaborare informazioni e statistiche sulla violenza degli uomini contro le donne, incluse informazioni sui bambini che crescono in un ambiente violento, e promuovere lo scambio di pratiche migliori tra gli Stati membri e i paesi in via di adesione e candidati;
g) di evidenziare in tutto il lavoro che riguarda la violenza degli uomini contro le donne in che modo tale violenza influisce sui bambini;
h) di stabilire un sistema unico di registrazione dei casi di maltrattamento, da parte di tutte le autorità competenti, quali le autorità giudiziarie e di polizia, gli ospedali e i servizi sociali, in modo da garantire una registrazione comune dei dati e migliorare le possibilità di utilizzarli;
i) di fornire l'istruzione e la formazione appropriate ai professionisti incaricati della registrazione dei casi e dei dati relativi alla violenza domestica affinché compiano le loro mansioni con la scrupolosità richiesta;
j) di destinare fondi per calcolare i costi della violenza degli uomini ai danni delle donne nell'UE;
k) di predisporre i mezzi necessari per seguire l'attività e i progressi dei potenziali Stati membri relativamente al trattamento delle donne in tutti gli ambiti della società, e di includere tra i criteri di adesione la sicurezza e il trattamento delle donne;
l) di sviluppare programmi e ricerche destinati a donne appartenenti a comunità con specificità culturali o a gruppi etnici minoritari, allo scopo di ottenere un prospetto delle forme particolari di violenza che subiscono tali donne, prevedendo metodi adeguati di approccio;
B) Violenza domestica
2. chiede agli Stati membri di stabilire progetti di partenariato tra le autorità di polizia, le ONG, i centri di accoglienza delle vittime e tutte le altre autorità competenti, di intensificare la cooperazione allo scopo di assicurare un'applicazione efficace delle leggi volte a combattere la violenza degli uomini contro le donne e di sensibilizzare i funzionari a tutti i livelli su questioni riguardanti la violenza degli uomini contro le donne;
3. sollecita gli Stati membri ad adottare misure adeguate in materia di violenza degli uomini contro le donne nelle rispettive legislazioni nazionali, e in particolare a:
a) riconoscere come reato la violenza sessuale coniugale e rendere punibile lo stupro all'interno del matrimonio;
b) non accettare alcun riferimento a pratiche culturali quale circostanza attenuante in casi di violenza contro le donne, delitti d'onore e mutilazioni genitali;
c) cooperare e scambiare informazioni relative alle prassi migliori con le autorità dei paesi che hanno più esperienza in materia di delitti d'onore;
d) assicurare alla vittima il diritto ad un accesso sicuro alla giustizia e la sua effettiva applicazione, anche prevedendo indennizzi;
e) promuovere l'azione penale nei confronti di complici dei delitti d'onore, quali i membri della famiglia del perpetratore che hanno incoraggiato o ordinato il delitto d'onore, al fine di dichiarare con fermezza che tale comportamento è inaccettabile nella società;
f) considerare se i bambini che assistono a maltrattamenti a danni delle loro madri vanno considerati vittime e se devono quindi avere diritto al risarcimento dei danni, conformemente alla legislazione nazionale;
g) esaminare i rischi di affido congiunto col perpetratore della violenza e definire misure efficaci atte a garantire la sicurezza dei bambini al momento del cambio di affidamento in caso di separazione o divorzio;
h) non accettare alcun riferimento all'assunzione di sostanze alcoliche come circostanza attenuante in caso di violenza maschile contro le donne;
4. chiede agli Stati membri di adottare misure adeguate per assicurare una protezione e un'assistenza migliori alle vittime e a coloro che rischiano di divenire vittime della violenza contro le donne:
a) prevedendo una protezione qualificata e servizi e assistenza di tipo legale, medico, sociale e psicologico, inclusa la protezione da parte della polizia;
b) prevedendo una formazione adeguata, che includa la prospettiva del bambino, del personale in forza presso gli organi che si occupano di violenza degli uomini contro le donne, quali ufficiali delle forze dell'ordine, personale giudiziario, personale sanitario, educatori, animatori per la gioventù, assistenti sociali e personale penitenziario; nel caso di trattamento mediante terapia di dialogo, è particolarmente importante che lo psicologo o il terapeuta infantile abbia familiarità con il problema della violenza maschile contro le donne, affinché la violenza del padre nei confronti della madre e/o del bambino non sia sminuita o banalizzata;
c) riconoscendo l'importanza di offrire sostegno alle vittime, sia donne che bambini, per aiutarle a divenire finanziariamente e psicologicamente indipendenti dal perpetratore;
d) fornendo tutta l'assistenza necessaria, incluso un alloggio provvisorio, alle donne e ai loro bambini in caso di separazione o divorzio;
e) fornendo rifugi sicuri e risorse finanziarie sufficienti;
f) istituendo un reddito minimo per le donne che non dispongono di altri redditi, che permetterà loro di ricercare, beneficiando di una relativa sicurezza, forme di reintegrazione nella società nel suo complesso, sempre in cooperazione con i centri di consulenza;
g) esaminando la possibilità di istituire "multi-agenzie" ove le vittime possano mettersi in contatto con le autorità pertinenti, ossia rappresentanti delle forze dell'ordine, procuratore pubblico e servizi sociali e sanitari;
h) prevedendo servizi e centri di assistenza e di sostegno per i bambini delle donne vittime di violenze;
i) fornendo assistenza sociale e psicologica ai bambini testimoni di violenza domestica;
j) offrendo analisi gratuite per l'individuazione di malattie in caso di stupro;
k) assicurando che tutti i perpetratori ricevano un aiuto e un trattamento professionali;
l) fornendo protezione appropriata agli immigrati, in particolare alle madri sole e ai loro figli, che spesso non dispongono di mezzi adeguati di difesa o di una conoscenza delle risorse disponibili per contrastare la violenza domestica negli Stati membri;
5. invita gli Stati membri a fare uso del programma Daphne II per combattere i delitti d'onore negli Stati membri, costruire e sostenere più rifugi per le donne vittime di violenza in generale e di delitti d'onore in particolare, e formare esperti specializzati nel trattamento delle vittime di delitti d'onore;
6. invita l'Unione europea ad affrontare il problema dei delitti d'onore, che è divenuto un problema europeo con implicazioni transfrontaliere, e invita il Commissario Frattini a dare seguito alla sua promessa di organizzare una conferenza europea in materia;
7. invita gli Stati membri ad agire per sollevare il velo di segretezza che ancora circonda la violenza contro le donne nella società e in particolare le violenze domestiche e ad adottare misure volte a una sensibilizzazione collettiva e individuale sulla violenza degli uomini contro le donne;
8. invita gli Stati membri a sviluppare programmi di sensibilizzazione e di informazione del pubblico sulla violenza domestica e a ridurre gli stereotipi sociali sulla posizione delle donne nella società attraverso i sistemi di istruzione e i mezzi d'informazione;
9. invita gli Stati membri ad adottare misure adeguate per far cessare la mutilazione genitale femminile; sottolinea che la prevenzione e il divieto della mutilazione genitale femminile e l'incriminazione dei perpetratori devono divenire una priorità in tutte le politiche e i programmi pertinenti dell'UE; segnala che gli immigrati che risiedono nella Comunità dovrebbero essere consapevoli del fatto che la mutilazione genitale femminile è una grave aggressione alla salute delle donne e una violazione dei diritti umani; chiede a tal riguardo alla Commissione di concepire un approccio strategico complessivo a livello europeo per porre fine alla pratica della mutilazione genitale femminile nell'Unione europea;
10. esorta gli Stati membri a definire la mutilazione dei genitali femminili un atto illegale di violenza contro le donne, che costituisce una violazione dei loro diritti fondamentali e una grave aggressione alla loro integrità fisica; gli atti di questo tipo sono sempre illegali, in qualsiasi paese o luogo vengano compiuti nei confronti di cittadini o residenti dell'UE;
11. invita gli Stati membri ad applicare disposizioni legislative specifiche riguardanti la mutilazione genitale femminile o ad adottare tali leggi e citare in giudizio chiunque effettui mutilazioni genitali;
12. chiede che nei confronti dei medici che effettuano mutilazioni genitali su giovani donne e ragazze si proceda non solo all'incriminazione ma anche al ritiro dell'autorizzazione ad esercitare;
13. invita gli Stati membri ad assicurare che i genitori vengano considerati giuridicamente responsabili quando vengono praticate mutilazioni dei genitali nei confronti di minori;
14. chiede agli Stati membri di assicurare che la mutilazione dei genitali venga considerata un motivo legittimo per concedere l'asilo politico, al fine di proteggere la richiedente asilo da trattamenti inumani;
15. chiede alla Commissione di dichiarare un Anno europeo contro la violenza degli uomini ai danni delle donne, come ripetutamente richiesto dal Parlamento, e di elaborare un piano di lavoro allo scopo di permettere una maggiore visibilità del fenomeno e di denunciare l'attuale situazione;
16. invita la Commissione a istituire un programma "Lotta contro la violenza" quale parte separata del programma generale "Diritti fondamentali e giustizia" per il periodo 2007-2013;
17. considera della massima importanza l'esistenza di statistiche affidabili sulle denunce fatte dalle donne alle forze dell'ordine sui trattamenti brutali ed inumani subiti;
18. si rammarica del fatto che, poiché le suddette denunce non sono di solito verbalizzate se le autorità decidono di non darvi seguito, le statistiche sono inesatte e inaffidabili;
19. invita pertanto gli Stati membri ad assicurare che siano verbalizzate tutte le denunce fatte dalle donne sui trattamenti brutali e inumani subiti e che vengano registrate le percentuali dei casi in cui le autorità di polizia hanno ritenuto opportuno agire, precisando quali tipi di azioni sono stati avviati;
20. ricorda che l'onere della prova ricade spesso su donne che si trovano già in una situazione svantaggiata;
21. chiede alla Commissione di istituire un meccanismo con cui identificare gli Stati membri in cui le donne subiscono maggiori violenze;
22. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, agli organi professionali del settore sanitario e alle organizzazioni dei consumatori.
Traduzione esterna
- [1] Risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 48/104 del 20 dicembre 1993.
- [2] Risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 58/147 del 19 febbraio 2004.
- [3] Risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 57/179 del 30 gennaio 2003.
- [4] Risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU 52/86 del 2 febbraio 1998.
- [5] GU C 59 del 23.2.2001, pag. 258.
- [6] GU C 364/01 del 18.12.2000, pag. 1.
- [7] GU C 286 del 22.9.1997, pag. 247.
- [8] P6_TA(2005)0073.
- [9] GU C 77 E del 28.3.2002, pag. 126.
- [10] Heiskanen, M., Piispa, M. Faith, Hope, Battering. A Survey of Men’s Violence against Women in Finland, Statistikcentralen Finland, Justice 1998:20, Helsinki 1998.
Lundgren, E. et al, Captured Queen. Men's violence against women in 'equal' Sweden – a prevalence study, Università di Uppsala 2001.
Schröttle, M., et al. Health, well-being and personal safety of women in Germany, Ministero federale per la famiglia, gli anziani, le donne e i giovani, 2004.
MOTIVAZIONE
La violenza degli uomini contro le donne è un problema vasto e complesso. La presente relazione si limita essenzialmente a considerare i casi di violenza contro le donne nell’ambito delle relazioni intime e all’interno della UE. In primo luogo, occorre rispondere ad un interrogativo fondamentale. Fino a che punto le decisioni politiche riguardanti la violenza degli uomini contro le donne andrebbero prese a livello europeo?
Il punto di partenza della presente relazione è che esistono importanti ragioni che depongono a favore di un impegno serio per trovare orientamenti comuni e requisiti minimi anche a livello europeo. La ragione principale è che la violenza degli uomini contro le donne rappresenta una violazione dei diritti umani. In particolare, gli atti di violenza che di solito hanno come vittime le donne non sono così attivamente perseguiti come accade nei casi di violenza che normalmente colpiscono gli uomini.
Un requisito comune di tutti gli Stati membri della UE è l’obbligo di soddisfare i criteri fondamentali relativi allo Stato di diritto. Ovviamente in una società civilizzata non c’è spazio per la violenza. All’interno della UE esistono, naturalmente, differenze a livello nazionale e regionale per quanto attiene al diritto e alla giurisprudenza ma, per fare un esempio, un paese per il quale l’omicidio non è da considerarsi un reato penale non potrebbe divenire membro dell’Unione. Nel contesto dello Stato di diritto, uno dei principali doveri è proprio quello di proteggere dalla violenza la vita e la salute dei cittadini.
Tale concetto basilare è stato introdotto nel 1690 dal filosofo britannico John Locke nella sua opera fondamentale “Due trattati sul governo”. Il governo deve essere considerato come uno strumento a difesa dei diritti fondamentali; il più importante fra i diritti civili fondamentali è il diritto alla vita e all’incolumità fisica. Questa è la base normativa morale dello Stato e pertanto la sua ragion d’essere. I cittadini trasferiscono allo Stato il loro diritto di promulgare leggi e governare, ma ciò presuppone che, in cambio, lo Stato adempia all’obbligo fondamentale che gli compete, vale a dire proteggere la vita, la libertà e la proprietà dei suoi cittadini. Qualsiasi Stato che non riesca a far fronte a tale impegno, rompe il contratto. Sulla base di tale principio, è possibile dimostrare che la violenza degli uomini contro le donne rappresenta una minaccia per il contratto, di cui tutte le politiche comuni sono un'espressione. Qualsiasi forma di violenza è una minaccia per la nostra civiltà e per lo Stato di diritto, indipendentemente dall’identità della vittima o del carnefice.
In tale contesto, tuttavia, il punto essenziale è che all’interno della UE esiste una sistematica discrepanza riguardo alle modalità di trattamento e punizione dei reati di violenza, a seconda del sesso della vittima.
Gli atti di violenza a cui di solito sono esposti gli uomini avvengono in un contesto pubblico e sono commessi da conoscenti o estranei di sesso maschile. Le donne, invece, sono vittime di violenza in un contesto privato da parte di un uomo conosciuto dalla vittima, molto spesso un uomo con cui la donna intrattiene o ha intrattenuto una relazione sessuale. Può succedere che sia una donna a maltrattare un uomo con il quale intrattiene relazioni intime, ma la stragrande maggioranza dei casi, in tali contesti, riguarda episodi di violenza in cui il carnefice è l’uomo e la vittima la donna. Da un punto di vista politico, la differenza più rilevante è che la violenza privata contro le donne non è perseguita in modo così energico o attento come accade nel caso della violenza pubblica contro gli uomini.
Mentre la violenza nelle strade o in ambienti pubblici, che riguarda soprattutto gli uomini, è considerata un reato penale da secoli, è da tempi relativamente recenti che si è iniziato a considerare come reati penali i casi di violenza che accadono fra le mura domestiche e nell’ambito della vita privata, che colpiscono soprattutto le donne.
Ancora nel pieno del XX secolo, in Europa esistevano leggi che giustificavano in vari modi la violenza domestica degli uomini contro le donne e i bambini. In molti Stati membri, ad esempio, si è giunti a considerare gli atti di violenza degli uomini contro le donne fra le mura domestiche come un reato perseguibile penalmente solamente negli ultimi decenni del secolo, in alcuni paesi non prima degli anni ’90. Tracce di tale retaggio storico continuano a sopravvivere all’interno della UE; possiamo coglierle nell’ambito della giurisprudenza, negli atteggiamenti e nell’impressione che la violenza privata sia di per sé meno grave.
Verso la fine degli anni ’90, però, si è cominciato a cambiare parere sulle forme di violenza di cui sono vittime le donne. Documento fondante è la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, adottata nel 1993 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Si tratta della prima volta in cui un documento dell’ONU considera la violenza degli uomini contro le donne nella prospettiva del potere connesso alla specificità di genere; il documento, infatti, collega la violenza alla posizione dominante degli uomini e la condizione subordinata delle donne. Da questo punto di vista, la violenza è il risultato e il modo per mantenere la posizione di potere degli uomini:
La violenza contro le donne è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente squilibrate tra uomini e donne, che hanno condotto gli uomini a dominare e discriminare le donne e impedito il pieno avanzamento delle stesse […] la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali fondamentali tramite i quali alle donne viene imposta una posizione subordinata rispetto agli uomini (Nazioni Unite, 1993).
La violenza contro le donne non si limita semplicemente alla violenza fisica e scompare la separazione fra pubblico e privato. Sfortunatamente, tale divisione è tuttora fin troppo caratteristica del modo in cui nella pratica affrontiamo la questione della violenza degli uomini contro le donne, in particolare per quanto concerne l’idea che lo Stato non dovrebbe intromettersi nella vita privata dei suoi cittadini. Tale idea ha anche contribuito alle sistematiche carenze delle agenzie preposte all’applicazione della legge nel perseguire gli atti di violenza commessi dagli uomini contro le donne. Tale discriminazione è una violazione dei diritti democratici e umani fondamentali, questione di per sé molto grave.
L’entità del fenomeno della violenza degli uomini contro le donne rappresenta anche un importante problema sociale. Al momento non esistono ancora studi attendibili che diano esatta indicazione dell’estensione del problema a livello UE, ma i tre studi nazionali di prevalenza, condotti nel 1999 in Finlandia, nel 2001 in Svezia e nel 2004 in Germania, rilevano che le precedenti valutazioni hanno decisamente sottovalutato la portata della questione. Avendo come punto di riferimento la definizione data dall’ONU della violenza contro le donne, tali studi dimostrano che nei tre paesi sopramenzionati il 40-50% delle donne ha subito violenza da parte di un uomo in un momento della propria vita. Riportando tali percentuali alla UE nel suo insieme, si giungerebbe a cifre molto elevate: 80-100 milioni di donne. È evidente che per adottare misure efficaci, occorre basarsi su fatti e dati corretti ed è pertanto molto forte l’esigenza di elaborare studi simili per gli altri Stati membri. Non si conoscono neanche i costi di tale violenza nella UE in termini esclusivamente economici, per cui occorre anche un’analisi sostanziale in tale ambito.
Da marzo 2004, Amnesty International ha avviato una campagna globale per combattere la violenza contro le donne, che viene descritta come una delle più gravi violazioni dei diritti umani del nostro tempo. Amnesty sottolinea che numerosi Stati, che pure dispongono di una legislazione operativa in tale ambito, mostrano sistematiche carenze rispetto alla capacità di fare indagini e perseguire tali reati. A tale riguardo, la relatrice condivide il punto di vista di Amnesty.
La maggior parte degli uomini che impongono maltrattamenti hanno, a loro volta, visto i padri maltrattare le loro madri. Secondo Save the Children, nella sola Svezia vi sono fra i 100 000 e i 200 000 bambini che ascoltano o assistono a maltrattamenti fisici di tal genere. Riportando i dati alla UE nel suo insieme, si tratterebbe di 5-10 milioni di bambini. Secondo un vecchio assioma, i bambini non seguono le nostre parole ma il nostro esempio. È pertanto estremamente importante considerare approfonditamente il problema della violenza degli uomini contro le donne nell’ambito delle relazioni intime come una questione determinante per il futuro dell’Europa. Solo allora potremo mettere fine a tale barbara tradizione.
Alla luce di tale situazione, ne consegue che una delle più importanti funzioni di una politica comune europea basata sul rispetto dei diritti umani fondamentali sia quella di combattere tutte le forme di discriminazione riguardanti il trattamento a livello giudiziario di tali forme di violenza. La violenza contro le donne è un reato altrettanto grave quanto la violenza contro gli uomini. Questo deve essere il naturale punto di partenza, il requisito minimo richiesto a tutti gli Stati che sono, o intendono diventare, membri della UE.
PARERE della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (30.11.2005)
destinato alla commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
sulla situazione attuale nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future(2004/2220(INI))Relatrice per parere: Edith Mastenbroek
SUGGERIMENTI
La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni invita la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:
A. considerando che nella comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo, che istituisce per il periodo 2007/2013 il programma quadro "Diritti fondamentali e giustizia" (COM (2005)0122), la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, dei bambini e dei giovani ha un ruolo molto importante nel tentativo di creare un'autentica area di libertà, sicurezza e giustizia,
B. ricordando che, come asserito dal Vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini nel suo discorso al Parlamento europeo il 21 giugno 2005, è stato valutato che almeno 700-900 donne muoiono in Europa ogni anno a causa della violenza dei loro partner e che anche tale cifra è da considerarsi sottovalutata,
1. esorta gli Stati membri a definire la mutilazione dei genitali femminili un atto illegale di violenza contro le donne, che costituisce una violazione dei loro diritti fondamentali e una grave aggressione alla loro integrità fisica; gli atti di questo tipo sono sempre illegali in qualsiasi paese o luogo vengano compiuti nei confronti di cittadini o residenti dell'UE;
2. invita gli Stati membri ad assicurare che i genitori vengano considerati giuridicamente responsabili quando vengono praticate mutilazioni dei genitali nei confronti dei minori;
3. chiede agli Stati membri di assicurare che la mutilazione dei genitali venga considerata un motivo legittimo per concedere l'asilo politico, al fine di proteggere i rifugiati da trattamenti inumani;
4. considera della massima importanza l'esistenza di statistiche affidabili sulle denunce fatte dalle donne alle forze dell'ordine sui trattamenti brutali ed inumani subiti;
5. si rammarica del fatto che, poiché le suddette denunce non sono di solito verbalizzate se le autorità decidono di non darvi seguito, le statistiche sono inesatte e inaffidabili;
6. invita pertanto gli Stati membri ad assicurare che siano verbalizzate tutte le denunce fatte dalle donne sui trattamenti brutali e inumani subiti e che vengano registrate le percentuali dei casi in cui le autorità di polizia hanno ritenuto opportuno agire, precisando quali tipi di azioni sono stati avviati;
7. ricorda che l'onere della prova ricade spesso su donne che si trovano già in una situazione svantaggiata;
8. chiede alla Commissione di istituire un meccanismo con cui identificare gli Stati membri in cui le donne subiscono maggiori violenze.
PROCEDURA
Titolo |
Situazione attuale nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future | |||||
Riferimenti |
||||||
Commissione competente per il merito |
FEMM | |||||
Parere espresso da |
LIBE | |||||
Cooperazione rafforzata – annuncio in Aula |
| |||||
Relatore per parere |
Edith Mastenbroek | |||||
Relatore per parere sostituito |
| |||||
Esame in commissione |
14.11.2005 |
|
|
|
| |
Approvazione |
24.11.2005 | |||||
Esito della votazione finale |
+ : – : 0 : |
32 | ||||
Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Edit Bauer, Mihael Brejc, Kathalijne Maria Buitenweg, Michael Cashman, Charlotte Cederschiöld, Carlos Coelho, Agustín Díaz de Mera García Consuegra, Rosa Díez González, Kinga Gál, Patrick Gaubert, Adeline Hazan, Lívia Járóka, Ewa Klamt, Wolfgang Kreissl-Dörfler, Barbara Kudrycka, Stavros Lambrinidis, Sarah Ludford, Edith Mastenbroek, Martine Roure, Inger Segelström, Manfred Weber, Stefano Zappalà, Tatjana Ždanoka, Johannes Blokland e Giusto Catania | |||||
Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Gérard Deprez, Genowefa Grabowska, Jeanine Hennis-Plasschaert, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Bill Newton Dunn, Herbert Reul e Marie-Line Reynaud | |||||
Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Sharon Margaret Bowles e Othmar Karas | |||||
Osservazioni (disponibili in una sola lingua) |
| |||||
PROCEDURA
Titolo |
Situazione attuale nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future | ||||||||||
Numero di procedura |
|||||||||||
Base regolamentare |
art. 45 | ||||||||||
Commissione competente per il merito |
FEMM | ||||||||||
Commissione(i) competente(i) per parere |
LIBE 18.11.2004 | ||||||||||
Pareri non espressi |
|
|
|
|
| ||||||
Cooperazione rafforzata |
|
|
|
|
| ||||||
Relatore(i) |
Maria Carlshamre 25.11.2004 |
|
|
|
| ||||||
Relatore(i) sostituito(i) |
|
| |||||||||
Esame in commissione |
21.06.2005 |
24.11.2005 |
29.11.2005 |
|
| ||||||
Approvazione |
29.11.2005 |
|
|
|
| ||||||
|
| ||||||||||
Esito della votazione finale |
favorevoli: contrari: astensioni: |
29 0 0 | |||||||||
Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Edit Bauer, Hiltrud Breyer, Maria Carlshamre, Edite Estrela, Ilda Figueiredo, Věra Flasarová, Lissy Gröner, Zita Gurmai, María Esther Herranz García, Anneli Jäätteenmäki, Lívia Járóka, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Pia Elda Locatelli, Astrid Lulling, Angelika Niebler, Siiri Oviir, Teresa Riera Madurell, Raül Romeva i Rueda, Amalia Sartori, Eva-Britt Svensson, Anne Van Lancker, Corien Wortmann-Kool, Anna Záborská | ||||||||||
Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Mary Honeyball, Zita Pleštinská | ||||||||||
Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Thijs Berman, Marianne Mikko, Karin Scheele, Kathy Sinnott | ||||||||||
Deposito – A6 |
9.12.2005 A6-0404/2005 | ||||||||||