RELAZIONE sulla relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo 2005 e sulla politica dell'UE in materia

2.5.2006 - (2005/2203(INI))

Commissione per gli affari esteri
Relatore: Richard Howitt

Procedura : 2005/2203(INI)
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A6-0158/2006

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo 2005 e sulla politica dell'UE in materia

(2005/2203(INI))

Il Parlamento europeo,

–   vista la settima relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo (2005),

–   visti gli articoli 3, 6, 11, 13 e 19 del trattato sull'Unione europea e gli articoli 177 e 300 del trattato che istituisce la Comunità europea,

–   visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e tutti gli strumenti internazionali pertinenti in materia di diritti dell'uomo[1],

–   vista la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e il suo protocollo opzionale,

–   vista la Carta delle Nazioni Unite,

–   viste l'entrata in vigore, il 1º luglio 2002, dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI) e le proprie risoluzioni relative a tale Corte[2],

–   visti la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani e il piano d'azione 2005 sulla tratta degli esseri umani elaborato e adottato dal Consiglio e dalla Commissione in conformità del programma dell'Aia,

–   visto il Protocollo n. 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in ogni circostanza,

–   vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea[3],

–   visto l'accordo di partenariato ACP-UE e la sua recente revisione del 2005[4],

–   viste le sue precedenti risoluzioni sui diritti umani nel mondo,

–   vista la sua risoluzione del 24 febbraio 2005 sulle priorità e le raccomandazioni dell'Unione europea in vista della 61ª sessione della Commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite a Ginevra (14 marzo - 22 aprile 2005)[5],

–   vista la sua risoluzione del 14 febbraio 2006 sulla clausola relativa ai diritti umani e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea[6],

–   viste tutte le proprie risoluzioni d'urgenza in materia di diritti umani,

–   vista la comunicazione della Commissione "Decimo anniversario del partenariato euromediterraneo: Un programma di lavoro per far fronte alle sfide dei prossimi cinque anni" (COM(2005)0139),

–   viste le risoluzioni dell'Assemblea parlamentare euromediterranea, in particolare quella votata a Rabat il 21 novembre 2005,

–   vista la propria risoluzione del 17 novembre 2005 sulla sesta relazione annuale del Consiglio sul codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi[7],

–   viste le conclusioni del Forum di discussione dell'UE sui diritti dell'uomo tenutosi nel dicembre 2005,

–   vista la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0158/2006),

A. considerando che la relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo 2005 è una rassegna generale delle attività delle istituzioni dell'Unione europea riguardo ai diritti dell'uomo all'interno e all'esterno dell'Unione,

B.  considerando che la relazione annuale 2005 del Parlamento europeo si propone di esaminare, valutare e, se del caso, sottoporre a una critica costruttiva le attività della Commissione e del Consiglio nel campo dei diritti umani e le attività del Parlamento nel loro complesso,

1.  si rallegra del fatto che l'UE svolga un ruolo sempre più attivo sulla scena mondiale al fine di migliorare la situazione globale dei diritti umani; ritiene che l'ultimo allargamento dell'UE a 25 Stati membri e 455 milioni di abitanti (cui si deve aggiungere la prossima adesione di Bulgaria e Romania) abbia accresciuto l'importanza dell'UE a livello mondiale dotandola così di maggiore influenza nella politica internazionale in materia di diritti dell'uomo;

2.  ritiene che, malgrado le intense attività volte a propugnare la promozione dei diritti dell'uomo, tale impegno rimanga circoscritto in larga misura agli specialisti e a manifestazioni una tantum, e che in generale l'Unione europea non riesca ad affrontare in modo sistematico e continuo le questioni dei diritti umani riguardanti i paesi terzi e ad integrare la politica dei diritti umani nella sua politica commerciale, nella sua politica di sviluppo e nelle altre sue politiche esterne nei confronti di tali paesi;

3.  mette in risalto la necessità di una politica comune, coerente e trasparente attuata da tutti gli Stati membri dell'UE nelle loro relazioni bilaterali con paesi terzi in cui la situazione dei diritti umani non è buona, e invita gli Stati membri dell'UE a conformarsi alla posizione comune dell'Unione europea nei loro contatti bilaterali con tali paesi;

4.  reputa indispensabile che l'Unione europea crei una struttura integrata di norme e istituzioni che renda vincolante la Carta dei diritti fondamentali, assicuri l'adesione al sistema della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e costituisca la base di un fronte europeo unico di lotta per una cultura dei diritti nel mondo; chiede la mobilitazione delle istituzioni politiche europee per tali obiettivi;

La relazione annuale del Consiglio

5.  sottolinea l'importanza della "relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo" ai fini della visibilità dei problemi dei diritti umani in generale;

6.  saluta con grande soddisfazione la presentazione al pubblico della relazione 2005 che il Consiglio ha fatto in occasione della tornata di dicembre 2005 del Parlamento, in parallelo alla consegna da parte del Parlamento del suo annuale premio Sacharov per la libertà di pensiero, conferito in quest'occasione a tre covincitori, le Damas de Blanco, Reporter senza frontiere e Hauwa Ibrahim; sollecita la prosecuzione di tale prassi in futuro, in modo da fare della tornata plenaria di dicembre del Parlamento europeo un momento chiave delle attività dell'UE nel campo dei diritti dell'uomo;

7.  si compiace della maggiore chiarezza e concisione della relazione; chiede tuttavia al Consiglio di focalizzare ulteriormente l'attenzione sulla valutazione degli strumenti e delle iniziative dell'UE nei paesi terzi, di occuparsi dei risultati conseguiti in tale contesto e di inserire studi d'impatto delle attività oggetto della relazione, definendo nel contempo una chiara metodologia per tale lavoro, nonché analisi strategiche degli obiettivi fondamentali per l'anno prossimo;

8.  considera uno sviluppo positivo il fatto che questa relazione cerca per la prima volta di rendere giustizia alle attività del Parlamento europeo, ma invita la futura Presidenza finlandese, quando elaborerà l'ottava relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo, a consultarsi attivamente col Parlamento europeo, a riferire sul modo in cui il Consiglio e la Commissione avranno tenuto conto delle risoluzioni del Parlamento e a prevedere, quale elemento fondamentale, un ruolo per il Parlamento nell'elaborazione della relazione, in una forma adeguata, in modo che la versione finale sia rappresentativa dei punti di vista del Consiglio, della Commissione e del Parlamento;

9.  suggerisce che una priorità fondamentale per il Consiglio nelle future relazioni sui diritti dell'uomo sia rappresentata dall'analisi e dall'attuazione degli orientamenti dell'UE, nonché dall'effettuazione di valutazioni d'impatto per gli orientamenti relativi a ciascuna materia, al fine di vagliarne l'efficacia nel determinare il cambiamento nei paesi terzi;

10. chiede che le future relazioni annuali sui diritti dell'uomo analizzino in che modo i diritti umani sono trattati nell'ambito della dimensione esterna di altre politiche dell'UE, quali la politica di sviluppo e la politica commerciale, tra l'altro riferendo in che misura siano state utilizzate, nelle relazioni dell'UE con i paesi terzi, le clausole sui diritti umani e la democrazia; a tal proposito, chiede inoltre che le future relazioni annuali includano un esame dell'effettivo rispetto della clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea quale approvata dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 14 febbraio 2006;

Le attività dell'Unione europea durante le due Presidenze

11. si compiace dell'impostazione incentrata sulla cooperazione scelta dalle Presidenze del Lussemburgo e del Regno Unito e auspica vivamente che essa venga mantenuta durante le Presidenze austriaca e finlandese attraverso l'adozione di un programma annuale comune; ritiene che tale cooperazione dovrebbe far aumentare il coordinamento e la coerenza dell'azione dell'UE e spera che tale tendenza proseguirà e sarà ulteriormente rafforzata in futuro;

12. si compiace delle azioni e dell'impegno delle Presidenze del Lussemburgo e del Regno Unito per mettere a punto una metodologia e dei criteri per un'attuazione più efficace degli orientamenti dell'UE, ivi comprese iniziative nei confronti di paesi terzi su singoli casi e pubbliche dichiarazioni; mette in risalto l'importanza di creare un meccanismo speciale di rilevazione sistematica delle pratiche a livello locale da parte dei capi delle missioni dell'UE e delle delegazioni della Commissione, al fine di individuare esempi di "buone e cattive pratiche" di attuazione sul campo utili a consentire una valutazione dell'attuazione in loco;

13. plaude alle iniziative assunte dalla Presidenza lussemburghese per superare il problema delle risorse limitate attraverso la ripartizione degli oneri, negoziati tempestivi, la messa in comune delle risorse e troike informali con altri Stati membri su questioni specifiche; invita il Consiglio a sviluppare tale impostazione nel corso di altre Presidenze;

14. apprezza l'impostazione seguita dalla Presidenza del Regno Unito riguardo alla pena di morte, in linea con gli orientamenti dell'UE in materia, intraprendendo iniziative nei paesi in cui o vi è il rischio che la moratoria sulla pena di morte venga sospesa di diritto o di fatto o, al contrario, si stanno prendendo in considerazione provvedimenti interni per l'introduzione di una moratoria; chiede alla Presidenza austriaca e a tutte le Presidenze future di seguire tale esempio compiendo regolarmente passi presso i paesi che si trovino in tali situazioni; chiede a tutte le Presidenze di dare seguito, ove opportuno, ai passi compiuti in precedenza; chiede alla Commissione di dare istruzioni alle sue delegazioni nei paesi terzi in cui vige la pena di morte di appoggiare le iniziative del Consiglio volte a ottenere una moratoria nonché di raddoppiare gli sforzi nel caso di cittadini europei condannati alla pena di morte;, accoglie con favore la risoluzione adottata dall'Assemblea parlamentare euro-mediterranea a Rabat il 21 novembre 2005, che rivolge un invito ai paesi partner del processo di Barcellona a sostenere la moratoria sulla pena di morte;

15. approva il fatto che si sia data priorità al rispetto degli obblighi in materia di diritti umani nell'ambito dei passi compiuti durante la presidenza del Regno Unito per l'apertura dei negoziati di adesione con la Turchia e la Croazia, per la concessione dello status di paese candidato all'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e per l'apertura dei negoziati relativi agli accordi di stabilizzazione e associazione con la Serbia e Montenegro e con la Bosnia-Erzegovina; chiede alla Commissione di assicurare che i paesi candidati compiano reali progressi nel campo dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda la protezione delle minoranze, la libertà religiosa e la libertà di espressione, le popolazioni sfollate e rifugiate, le persone con problemi di salute mentale e/o disabilità intellettuali e la cooperazione con la giustizia internazionale, conformemente ai principi europei e all'acquis comunitario; sollecita ai Consiglio e la Commissione di inserire il rispetto delle convenzioni delle Nazioni Unite come aspetto chiave nelle relazioni contrattuali con i paesi candidati e con i paesi coinvolti nel processo di stabilizzazione e associazione; sottolinea l'importanza del processo di associazione e di adesione per dare impulso alle necessarie riforme in materia di diritti dell'uomo;

16. prende atto con soddisfazione del fatto che la lotta contro il traffico di esseri umani è considerata una priorità delle Presidenze del Consiglio; sollecita l'UE ad adottare un'impostazione integrata, incentrata sui diritti umani, nell'affrontare questo crescente fenomeno;

17. plaude alla scelta della libertà di espressione come uno dei temi principali in materia di diritti umani durante la Presidenza del Regno Unito; è preoccupato per l'alto numero di giornalisti condannati in tutto il mondo per presunta diffamazione di pubblici ufficiali o politici; chiede al Consiglio di propugnare come primo passo una moratoria mondiale di questi arresti di giornalisti; sottolinea tuttavia che la libertà di espressione non esclude il rispetto e la comprensione reciproci tra civiltà diverse;

18. esprime costernazione per la mancata organizzazione, da parte della Presidenza britannica, di una terza riunione della rete UE di punti di contatto (genocidi, crimini contro l'umanità e crimini di guerra) (decisione del Consiglio 2003/659/GAI del 18 giugno 2003[8]), che rappresenta uno strumento di enorme valore per rafforzare il coordinamento tra Stati membri dell'UE a livello di indagini e azioni penali in ambito nazionale per reati internazionali;

Risultati delle attività del Consiglio e della Commissione in materia di diritti umani nelle sedi internazionali

19. si rallegra dell'attiva partecipazione dell'UE e dei suoi Stati membri sulle questioni dei diritti umani, nel 2005, in varie sedi internazionali, tra cui la Commissione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il Consiglio ministeriale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), il Consiglio d'Europa e la Conferenza ministeriale dell'OMC;

20. apprezza l'impostazione orientata ai risultati della Presidenza dell'UE e del Consiglio alla 61ª sessione della Commissione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite (UNCHR); in tale contesto si compiace del ruolo fondamentale svolto dall'UE nell'assicurare l'adozione di risoluzioni critiche e costruttive sui diritti umani nella Repubblica democratica del Congo, in Nepal, nella Corea del Nord, in Sudan, in Uzbekistan e in Turkmenistan, nonché sui diritti umani e la lotta al terrorismo e la nomina di relatori speciali per sviluppare principi e orientamenti in merito alle discriminazioni basate sul lavoro e le origini; apprezza parimenti il sostegno dato alla nomina di un rappresentante speciale per contribuire a rafforzare le norme sui diritti umani nel lavoro;

21. ricorda tuttavia al Consiglio la propria risoluzione del 24 febbraio 2005 che invitava l'UE a presentare risoluzioni su un certo numero di questioni prioritarie; in particolare si rammarica del rifiuto dell'UE di patrocinare risoluzioni sulle violazioni dei diritti umani in Cina, Zimbabwe e Cecenia; ricorda al riguardo gli impegni assunti dal Consiglio nell'ambito degli orientamenti dell'UE sui dialoghi in materia di diritti umani, che affermano chiaramente che un dialogo in materia di diritti umani con un paese terzo non può impedire al Consiglio di patrocinare una risoluzione su tale paese specifico in seno al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani; in tale contesto tiene conto inoltre dell'affermazione contenuta nella relazione 2005 secondo la quale il gruppo africano in particolare non è stato cooperativo in occasione delle discussioni sulla situazione dei diritti dell'uomo in determinati paesi africani durante i lavori del Terzo Comitato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite; chiede quindi alla Commissione e al Consiglio di usare tutti gli strumenti a loro disposizione per convincere il gruppo africano a cooperare in futuro con l'Assemblea generale delle Nazioni Unite portando avanti il dialogo e fornendo informazioni sui paesi africani interessati, soprattutto quelli con cui la cooperazione ACP-UE è sospesa ai sensi dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou o con cui il dialogo politico è portato avanti ai sensi dell'articolo 8 di tale accordo; propone che il Parlamento europeo in futuro, nel presentare le sue proposte di risoluzione al Consiglio, si limiti a quelle relative ai principali paesi fonte di preoccupazione, e sostenga più fermamente l'attività del Consiglio al riguardo;

22. invita il Consiglio e la Commissione a compiere sforzi significativi per collegare in modo continuato le discussioni che portano avanti nelle sedi internazionali con i dialoghi politici bilaterali dell'Unione europea e con la sua politica di sviluppo e commerciale, nonché ad evitare l'attuale situazione in cui paesi che si oppongono alle iniziative dell'UE in materia di diritti umani in sedi internazionali possono farlo avendo ben poco da temere come ripercussioni negative a livello di relazioni bilaterali;

23. ricorda specificamente al Consiglio e alla Commissione che la maggior parte degli abusi in materia di diritti umani sarebbe impossibile in paesi con più forti tradizioni di libertà di parola e di stampa; invita quindi il Consiglio e la Commissione a sottolineare quanto più fermamente possibile questo punto sostanziale in tutti i dialoghi politici, come nel caso della politica di sviluppo e commerciale;

24. apprezza il sostegno che il Consiglio continua a dare all'istituzione di un Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite dotato di forza, capacità di persuasione ed efficacia e avente le seguenti caratteristiche essenziali: deve trattarsi di un organo permanente, con un numero sufficiente di sessioni di durata tale da consentirgli di svolgere adeguatamente il proprio mandato, dev'essere capace di reagire a situazioni d'urgenza, il sistema delle procedure speciali va mantenuto e il Comitato delle ONG va riformato in modo da consentire un forte livello di partecipazione delle ONG indipendenti; chiede al Consiglio di continuare ad operare per la fissazione di requisiti per la partecipazione al futuro Consiglio, comprese procedure elettorali che prevedano votazioni dirette e individuali a maggioranza assoluta dei membri, tali da garantire la credibilità e l'efficacia del futuro organismo; si rammarica del fatto che nel corso degli ultimi mesi del 2005 gli Stati membri dell'UE sembrano essere stati superati in strategia nei negoziati da un piccolo gruppo di membri dell'ONU composto di paesi che suscitano essi stessi dei sospetti per quanto riguarda la loro situazione dei diritti umani; ciononostante plaude all'accordo finale raggiunto a New York e si attende vivamente una forte ed efficace rappresentanza dell'UE in seno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite su cui si è raggiunto l'accordo;

25. invita il Consiglio e la Commissione ad opporsi sistematicamente al conferimento della presidenza del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a paesi che non rispettano tali diritti;

26. chiede che il Consiglio e la Commissione continuino ad appoggiare il rapido raggiungimento di un accordo sulla progettata convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità; si compiace del risultato della settima sessione del Comitato ad hoc, compreso l'accordo sul rafforzamento del progetto di testo in relazione alla violenza nei confronti dei disabili, ai diritti umani delle persone che presentano complesse forme di dipendenza e al diritto per i non udenti di usare la lingua dei segni; invita gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione a sostenere un ulteriore rafforzamento del progetto di testo esistente in relazione al trattamento involontario dei disabili e per quanto concerne la sua attuazione, chiede di appoggiare gli sforzi attualmente compiuti in materia di cooperazione internazionale per il sostegno ai disabili nei paesi in via di sviluppo e di mettere a punto un meccanismo forte e indipendente di monitoraggio e di applicazione, capace di ricevere e gestire le denunce individuali;

27. in generale ritiene che le attività dell'UE in seno alle Nazioni Unite in materia di diritti umani siano troppo rivolte verso l'interno; chiede al Consiglio di sforzarsi di accelerare il processo di consultazione in modo che ci sia più tempo per consultare i partner esterni all'UE; chiede al Consiglio di prendere in considerazione l'opportunità di fare in modo che il gruppo COHOM fornisca solo un quadro negoziale ai rappresentanti dell'UE presenti nelle sedi internazionali e di delegare a questi ultimi il potere di assumere se necessario decisioni ad hoc;

28. si rallegra del fatto che in generale, alle riunioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), l'UE assume una posizione vigorosa nelle discussioni sui diritti sindacali e gli altri diritti umani fondamentali dei lavoratori, e ciò anche sotto la Presidenza lussemburghese, allorché ad esempio l'UE ha assunto una posizione forte riguardo alle presunte violazioni dei diritti umani commesse contro sindacalisti colombiani, posizione che poi, in una dimostrazione di coerenza, si è tradotta in una vigorosa dichiarazione dell'UE alla sessione di giugno 2005 della Conferenza internazionale del lavoro; in tale contesto è sorpreso che un paese come la Bielorussia sia riuscito a farsi eleggere, nel giugno 2005, all'organo di governo dell'OIL, malgrado il fatto che la Bielorussia non sia una democrazia con sindacati liberi e che di tale organo siano membri permanenti quattro grandi paesi dell'UE; chiede al Consiglio di illustrare le sue iniziative diplomatiche precedenti tale elezione e di indicare se abbia preso in considerazione l'opportunità di opporsi all'ingresso della Bielorussia in tale organo; sostiene che è essenziale rafforzare i programmi speciali sostenuti dall'UE per proteggere settori vulnerabili in tali paesi;

29. si congratula con il Consiglio e con la Commissione per il ragguardevole successo diplomatico raggiunto col deferimento del caso del Darfur (Sudan) alla Corte penale internazionale (CPI) da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, come chiedeva una risoluzione del Parlamento europeo approvata il 16 settembre 2004[9]; tuttavia, preoccupato per il deteriorarsi della situazione della sicurezza nel Darfur, sollecita la comunità internazionale, le Nazioni Unite, il Consiglio e la Commissione ad agire immediatamente per porre fine alla violenza, fornendo un sostanziale sostegno all'Unione africana nonché un sufficiente livello di aiuto umanitario alla popolazione interessata; incoraggia rapidi progressi nelle azioni penali contro alti ufficiali dell'esercito o alti funzionari del governo sudanese per crimini commessi in questo ambito, in particolare il ricorso allo stupro quale arma di guerra; sollecita l'UE a sostenere attivamente la trasformazione dell'attuale missione dell'Unione africana in missione ONU a pieno titolo di mantenimento della pace, al fine di fornire maggiore sicurezza nella regione; sollecita l'UE a continuare a dare il suo sostegno all'attuazione dell'Accordo globale di pace tra le varie parti;

30. invita il Consiglio e la Commissione a continuare ad adoperarsi energicamente per promuovere la ratifica universale dello statuto di Roma e l'adozione della legislazione di attuazione della Corte penale internazionale, conformemente alla posizione comune dell'UE sulla CPI e al Piano d'azione; invita il Consiglio e la Commissione a raddoppiare i loro sforzi al riguardo nelle loro iniziative presso gli Stati Uniti, partner essenziale dell'UE, soprattutto nella guerra al terrorismo; chiede che ogni Presidenza dell'UE presenti al Parlamento una relazione concernente le azioni portate avanti ai sensi della posizione comune;

31. valuta positivamente il fatto che, in seguito alla recente revisione dell'accordo di Cotonou, fra gli obiettivi della cooperazione fra l'UE e i paesi ACP siano stati inseriti la promozione e il rafforzamento della pace e della giustizia internazionale, tenendo debito conto dello statuto di Roma[10]; si rammarica pertanto del mancato riferimento alla CPI nel documento finale delle Nazioni Unite sui risultati del settembre 2005; si compiace del fatto che riferimenti alla Corte penale internazionale siano stati inclusi in numerosi piani d'azione della politica europea di vicinato, in particolare quelli riguardanti l'Ucraina e la Moldavia, e nei progetti di piani d'azione concernenti l'Azerbaigian, il Libano, l'Armenia e la Georgia; invita i suoi Stati membri a riaffermare in ogni possibile occasione il loro sostegno alla CPI;

32. chiede al governo e al Congresso degli Stati Uniti di ratificare senza ulteriori ritardi lo "Statuto di Roma" che dà vita ala Corte tribunale penale internazionale; ricorda che nessuna eccezione giuridica deve essere accordata agli Stati Uniti su questo capitolo: condanna la sottoscrizione di "accordi bilaterali" da parte di alcuni paesi, compresi alcuni Stati membri dell'UE, con l'amministrazione americana, che accordano "de facto" l'impunità ai soldati USA;

33. reputa essenziali strette relazioni tra l'Unione europea e il Consiglio d'Europa, sottolineando le difficoltà tuttora esistenti al riguardo: cooperazione tecnica anziché cooperazione politica strutturata, deficit di comunicazione fra la Commissione europea e gli organi del Consiglio d'Europa, duplicazione degli sforzi, mancata chiarificazione delle sfere di azione; invita le Presidenze austriaca e finlandese ad assicurare che il memorandum d'intesa in preparazione serva a risolvere tali difficoltà; ricorda che il rapporto fra l'Unione europea e il Consiglio d'Europa costituisce un "luogo d'incontro" strategico anche nella relazione con paesi terzi aperti ad una cultura dei diritti umani, contribuendo al successo delle politiche di vicinato e di altri rapporti privilegiati fondati sul partenariato;

Vaglio delle consultazioni e dei dialoghi politici e in materia di diritti umani e del dialogo politico generale dell'UE con i paesi terzi

34. apprezza il fatto che la relazione annuale compie una valutazione equilibrata dell'efficacia dei dialoghi dell'UE in materia di diritti umani; prende atto della valutazione di tali dialoghi nel 2004 e rileva che il Consiglio sta prendendo le mosse per sviluppare un documento che passi in rassegna i dialoghi e le consultazioni in materia di diritti umani; resta in viva attesa di ricevere tale documento una volta approvato; chiede in particolare al Consiglio di associare strettamente il Parlamento europeo a questo lavoro nonché al processo di valutazione dei dialoghi; informa al riguardo il Consiglio che sarà elaborata una relazione d'iniziativa sulla valutazione dei dialoghi e delle consultazioni con i paesi terzi in materia di diritti umani;

35. sottolinea la necessità che l'Unione e ciascuno Stato membro operino, in materia di diritti umani, con coerenza e in conformità del Trattato, in modo da evitare contraddizioni che sminuirebbero l'autorità morale dell'Unione nel sistema internazionale;

36. prende atto della valutazione contenuta nella relazione annuale del Consiglio sul dialogo in materia di diritti umani con la Cina, caratterizzato da continue notizie in merito ad una lunga serie di violazioni, tra cui continue notizie di arresti per motivi politici soprattutto di membri delle minoranze, presunte torture, diffuso ricorso al lavoro forzato, frequente uso della pena di morte e repressione sistematica della libertà di religione, della libertà di parola e di espressione (anche nel contesto del trattamento imposto al popolo del Tibet) e della libertà dei media, compreso Internet; si duole che non sia stato compiuto alcun progresso sostanziale per quanto concerne la ratifica e l'attuazione de Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) o il rilascio dei prigionieri arrestati in relazione ai fatti di Tienanmen del 1989; considera tale dialogo un prezioso strumento e un importante elemento del dialogo strategico generale tra l'UE e la Cina,nel cui ambito i diritti umani devono essere trattati come aspetto prioritario; chiede al Consiglio e alla Commissione di compiere strenui sforzi, anche se essi potranno dare i loro frutti solo a medio termine; chiede alla Cina e al Consiglio di esaminare l'opportunità di migliorare il dialogo con la semplice decisione pratica di introdurre l'interpretazione simultanea; spera che innovazioni come quella di tenere il dialogo politico ad alto livello e il seminario legislativo l'uno subito dopo l'altro possano consentire maggiori sinergie; sottolinea che la possibilità di relazioni commerciali sempre più positive dev'essere subordinata alle riforme nel campo dei diritti umani; chiede al Consiglio di invitare deputati del Parlamento europeo allo stesso modo in cui sono stati invitati parlamentari cinesi;

37. condanna l'appello del Presidente iraniano a "cancellare Israele dalla Carta geografica"; esprime le sue preoccupazioni per la situazione dei diritti umani in Iran e per il fatto che il dialogo sui diritti umani con l'Iran - a causa della mancanza d'impegno dell'Iran - si è interrotto dopo l'ultima tornata di incontri del giugno 2004; invita l'Iran a riprendere il dialogo e, con la partecipazione dell'UE, a definire criteri al fine di raggiungere reali miglioramenti in questo campo; valuta positivamente la chiara affermazione in tal senso contenuta nelle conclusioni del Consiglio del 12 dicembre 2005; invita il Consiglio a continuare in particolare le sue iniziative nei confronti dell'Iran su singoli casi e apprezza al riguardo l'impegno della Presidenza austriaca[11]; esprime il suo rammarico riguardo al bilancio negativo in materia di diritti umani in Iran durante i primi sei mesi del mandato del Presidente Ahmedinejad, e invita la Commissione ad adottare tutte le misure necessarie nel quadro dell'iniziativa europea per i diritti umani in modo da intensificare i contatti e la cooperazione con la società civile iraniana e sostenere ulteriormente la democrazia e i diritti umani;

38. esprime preoccupazione per le gravi violazioni dei diritti umani in Iraq, comprese quelle nelle prigioni del paese; ciononostante approva il sostegno dato dall'UE al nuovo governo in Iraq; chiede un maggiore impegno dell'Unione per portare la stabilità nel paese e per rendere pienamente operativa la delegazione della Commissione, purché possano essere affrontati i problemi in materia di sicurezza;invita il Consiglio e la Commissione a sostenere i continui sforzi del ministero iracheno dei Diritti umani per il mantenimento di standard elevati;

39. si rallegra dell'avvio delle consultazioni dell'UE con la Russia in materia di diritti umani; appoggia il Consiglio nella sua intenzione di trasformare tali consultazioni in un franco e autentico dialogo UE-Russia sui diritti umani e chiede che il Parlamento europeo sia coinvolto in tale processo; invita il Consiglio a continuare a sollecitare la Russia affinché dia il suo accordo all'idea di associare alle consultazioni le ONG europee e russe, sull'esempio di altri dialoghi sulle questioni dei diritti umani; apprezza il fatto che il Consiglio riferisca alle ONG in merito alle consultazioni, rammaricandosi tuttavia della mancanza di consultazioni sistematiche con il Parlamento europeo; chiede al Consiglio di fare pressioni sulla Russia affinché accetti che tale dialogo si svolga in modo alterno anche in Russia, e non solo quando i vertici hanno luogo nell'UE; teme che la nuova legislazione Russa sulle ONG impedisca alle organizzazioni per i diritti umani di svolgere adeguatamente le loro attività ogni volta che è in gioco il rispetto dei diritti dell'uomo, o addirittura impedisca loro tout-court di funzionare; chiede alla Commissione e al Consiglio di sollevare costantemente tale questione con la Russia, anche nelle sedi internazionali e, in particolare, in seno al Consiglio d'Europa, la cui Presidenza nel maggio 2006 dovrà essere assunta dalla Russia; chiede alla Commissione e al Consiglio di sollevare la questione delle esecuzioni extragiudiziali, delle scomparse di persone e delle torture di detenuti in Cecenia, nonché degli attacchi cui sono esposti i difensori dei diritti dell'uomo impegnati nell'indagare e nel denunciare le violazioni di tali diritti in detta repubblica;

40. valuta positivamente il piano d'azione comune adottato al sesto Vertice India-UE, comprendente discussioni sulle questioni dei diritti umani basate sull'impegno a collaborare per sostenere tali diritti in uno spirito di uguaglianza e rispetto reciproco; si attende che tali discussioni includano i diritti delle minoranze; si attende che in tale contesto le due parti possano discutere anche la problematica situazione sociale dei dalit; invita il Consiglio e la Commissione ad avviare un simile dialogo con i governi di altri paesi in cui vige il sistema delle caste; apprezza il fatto che la Commissione e il Consiglio consultino regolarmente le ONG indiane nel quadro della Tavola rotonda della società civile UE-India; raccomanda che le discussioni in tale ambito regionale abbraccino anche la situazione dei diritti umani nel Kashmir;

41. prende atto delle conclusioni del Consiglio sulla Colombia adottate il 3 ottobre 2005; raccomanda che per le future conclusioni del Consiglio una priorità sia rappresentata dalla consultazione con la società civile e con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, e che si proceda anche a una discussione in seno al gruppo di lavoro del Consiglio "Diritti umani" (COHOM); chiede al Consiglio di monitorare l'impatto che la legge "pace e giustizia" sta avendo sui difensori dei diritti umani; osserva che detta legge si applica a tutti i gruppi armati illegali presenti in Colombia (non solo all'AUC, ma anche al FARC e all'ELN);

42. invita il Consiglio e la Commissione a fare costantemente presente, nell'ambito di tutti i dialoghi politici con paesi terzi, la necessità che tali paesi formulino inviti permanenti a tutti i meccanismi speciali, i relatori speciali e i rappresentanti speciali delle Nazioni Unite e presentino tutte le relazioni in sospeso agli organi previsti dai trattati delle Nazioni Unite;

43. prende atto dello strumento politico rappresentato dall'elenco ufficiale dell'UE dei "casi sensibili di prigionieri/detenuti" utilizzato nella politica verso un determinato paese, strumento menzionato nella relazione annuale del Consiglio; esorta la Commissione e il Consiglio a istituire un siffatto elenco ufficiale dell'UE per ogni paese terzo in cui vi sono problemi in materia di diritti umani e a presentarlo in occasione di ciascuna riunione del dialogo politico; chiede alla Commissione di informare il Parlamento in merito a tutti gli elenchi di questo tipo esistenti;

44. invita inoltre il Consiglio a valutare l'opportunità di adottare l'impostazione seguita dai governi di alcuni Stati membri e da talune ONG internazionali, individuando ogni anno nel contesto della sua relazione annuale un elenco di "Countries of Particular Concern" (paesi che destano particolare preoccupazione) per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani; propone che tali paesi siano messi in evidenza secondo criteri concreti e trasparenti, basati sui temi degli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani, sui trattati e gli impegni da essi sottoscritti e sulla scelta fatta dal Parlamento europeo nell'individuare i paesi su cui adottare risoluzioni d'urgenza, affinché venga prestata maggiore attenzione ai diritti dell'uomo nell'attuazione di tutte le politiche dell'UE nei confronti dei paesi inseriti nell'elenco, compresa l'imposizione di sanzioni commerciali e sugli aiuti se tali violazioni persistono; ritiene che criteri quali l'indipendenza del potere giudiziario e dei mezzi di comunicazione nonché lo statuto delle organizzazioni della società civile siano essenziali per valutare la situazione dei diritti umani;

45. si compiace del fatto che il Consiglio dei Ministri abbia mantenuto la sua posizione comune sulla Birmania/Myanmar nel 2005; prende atto in modo particolare della relazione Haval/Tutu del settembre 2005 in cui si chiede che gli interventi del Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo siano considerati un rischio per la sicurezza internazionale e che il regime sia quindi deferito al Consiglio di sicurezza dell'ONU; riconosce il sostegno dato dai paesi dell'UE alla riunione d'informazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulle violazioni in corso; rileva con preoccupazione che Daw Aung San Suu Kyi è tuttora agli arresti domiciliari e che al relatore speciale dell'ONU, il cui mandato scadrà quest'anno, dal 2003 viene negato l'ingresso nel paese; esorta l'UE a svolgere un ruolo più proattivo in tale paese (con particolare riferimento alla risoluzione d'urgenza sui diritti umani in Birmania/Myanmar approvata dal Parlamento europeo il 17 novembre 2005[12]);

46. apprezza il fatto che il Consiglio e la Commissione abbiano inserito le problematiche dei diritti dell'uomo, della democrazia, dello stato di diritto e del buon governo, con criteri di riferimento specifici, in tutti i piani d'azione nazionali elaborati nel quadro della politica europea di vicinato (ENP); riconosce che la forza dei piani d'azione sta nel fatto che costituiscono un impegno vincolante, ma sa che ciò rappresenta anche la loro debolezza, poiché devono essere negoziati con il paese partner; sollecita quindi il Consiglio ad adoperarsi affinché tali paesi rispettino i loro impegni e a prendere in considerazione le misure da adottare nell'eventualità che non li adempiano entro un termine concordato; richiama l'attenzione in modo specifico sulla debolezza degli impegni in materia di diritti umani stabiliti in tale contesto con Marocco e Sahara occidentale, Tunisia, Siria, Israele e Autorità Palestinese, Algeria ed Egitto, tenendo presente che i piani d'azione di questi ultimi due paesi sono ancora in corso di negoziazione; resta in attesa di poter esaminare le relazioni sul primo anno di attuazione dei primi sette piani d'azione e le priorità fissate per la ENP per il 2006; chiede,in quest'ottica, l'istituzione di sottocommissioni per i diritti umani che si occupino, tra l'altro, di singoli casi al fine di migliorare ulteriormente il dialogo sui diritti umani con tutti i paesi partner;

47. invita il Consiglio e la Commissione a integrare in tutte le loro azioni i diritti del bambino, al fine di combattere efficacemente il lavoro minorile, concentrando l'attenzione principalmente sull'insegnamento e sull'istruzione dei bambini, uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio;

Esame generale delle attività del Consiglio e della Commissione

48. prende atto dell'informazione secondo la quale nel corso della Presidenza del Regno Unito l'UE ha intrapreso iniziative su 26 singoli casi di diritti umani ed ha emesso 49 dichiarazioni su problemi di diritti umani;

49. si rende conto che, specialmente nel campo dei diritti umani, le attività dell'UE, quali le iniziative presso paesi terzi, devono essere talvolta riservate; ritiene tuttavia che un elenco di tali attività dovrebbe essere incluso nella relazione annuale;

50. chiede pertanto al Consiglio e alla Commissione di mettere a punto insieme al Parlamento un sistema riservato attraverso il quale membri scelti del Parlamento europeo possano essere tenuti al corrente delle iniziative effettuate dagli Stati membri, dalla Presidenza, dall'Alto rappresentante per la PESC, dal rappresentante personale per i diritti umani, dai rappresentanti speciali o dalla Commissione riguardo a singoli casi di diritti umani o a situazioni evocate in risoluzioni del Parlamento europeo; suggerisce la possibilità di organizzare tale sistema sul modello del sistema col quale membri scelti del Parlamento europeo vengono informati sul materiale classificato riguardante la sicurezza e la difesa;

51. si compiace del fatto che il Consiglio Affari generali del 12 dicembre 2005 abbia previsto che le schede informative dell'UE sui diritti umani elaborate e aggiornate dal Consiglio debbano essere messe a disposizione di tutte le istituzioni dell'UE e rimane in attesa di riceverne quanto prima possibile la versione attuale[13];

52. chiede al Consiglio di valutare l'opportunità di fare del COHOM un gruppo di lavoro composto di rappresentanti insediati a Bruxelles; ritiene che ciò darebbe al gruppo più tempo per le riunioni, un migliore coordinamento e quindi forse anche un miglior controllo delle politiche dell'UE in materia di diritti umani nel senso più ampio;

53. approva la costituzione di gruppi di lavoro sulla costruzione delle istituzioni, la riforma amministrativa, la governance e i diritti umani fra l'UE e, rispettivamente, il Bangladesh, il Laos e il Vietnam; subordinatamente ad una valutazione della loro efficacia, invita il Consiglio e la Commissione ad estendere tale impostazione ad altri paesi terzi, come Cambogia e Nepal;

54. sostiene fermamente che tutti gli strumenti, documenti e relazioni in materia di diritti umani, compresa la relazione annuale, devono affrontare esplicitamente i problemi della discriminazione, tra cui i problemi delle minoranze etniche, delle libertà religiose comprese le pratiche discriminatorie nei confronti delle religioni minoritarie, dei diritti umani delle donne, dei diritti dei bambini, dei diritti dei popoli indigeni, dei disabili, comprese le persone con disabilità intellettuali, e delle persone di ogni orientamento sessuale, con il pieno coinvolgimento delle loro organizzazioni, sia nell'UE che nei paesi terzi, ove opportuno;

55. in considerazione della discriminazione di genere, sostiene fermamente che la protezione e la promozione dei diritti delle donne deve costituire politica trasversale nell'agenda dell'Unione europea in materia di diritti umani;

I programmi di assistenza esterna della Commissione

L'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo (EIDHR)

56. invita la Commissione a prendere seriamente in considerazione la posizione del Parlamento europeo in merito ad uno strumento specifico per i diritti umani per il periodo 2007-2013; resta in attesa di ricevere una comunicazione della Commissione al riguardo;

57. sottolinea l'importanza dell'iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo, che è uno dei principali strumenti che l'UE ha a sua disposizione; mette in risalto in particolare il vantaggio derivante dal fatto che i programmi dell'EIDHR non hanno bisogno di approvazione governativa nel paese in cui vengono attuati e che la maggioranza dei finanziamenti dell'EIDHR è a disposizione delle organizzazioni della società civile;

58. sottolinea la propria posizione secondo la quale il sostegno ai diritti umani dev'essere integrato in tutti e quattro gli strumenti di finanziamento dell'azione esterna ed occorre creare un quinto strumento specifico per i diritti umani per completare la programmazione tematica;

59. chiede alla Commissione di garantire che l'attuale riforma del regolamento finanziario e delle norme di esecuzione che lo accompagnano sia sufficientemente ampia in modo da ridurre l'eccessivo onere amministrativo e la lentezza nella messa a disposizione dei finanziamenti che attualmente affliggono l'EIDHR, per facilitare alle piccole ONG a livello di base l'accesso e la gestione dei fondi ed aumentare così l'impatto dell'EIDHR;

60. accoglie con favore le conclusioni della relazione di valutazione della campagna contro il razzismo, la xenofobia e le discriminazioni, in cui si afferma che i progetti finanziati nel quadro dell'EIDHR sono indirizzati alle comunità più emarginate, non raggiunte dai governi, e mostrano risultati notevoli;

61. esprime soddisfazione per il fatto che nel 2005 la Commissione ha potuto contrarre impegni per oltre 125 milioni di euro, ma teme che non tutti i progetti appaltati nel 2005 possano trovare completa ed accurata attuazione;

62. prende atto del fatto che i fondi EIDHR utilizzati per le missioni UE di osservazione elettorale nel 2005 sono stati pari ad oltre un quinto del totale e che tali missioni si sono svolte in 12 paesi fra cui l'Afganistan, l'Etiopia, il Libano, la Liberia e la Palestina; loda la crescente efficacia delle attività di osservazione elettorale dell'UE, ma ritiene che tale risultato non debba essere raggiunto a spese dell'ammontare degli impegni di bilancio per progetti relativi ai diritti umani da attuare a livello di base nei paesi di tutto il mondo;

63. chiede alla Commissione e al Consiglio di seguire sistematicamente le missioni di osservazione elettorale, di monitorare con attenzione la situazione postelettorale e, se necessario, di prendere misure politiche;

64. prende atto che un'ampia quota (50,9%) dei finanziamenti EIDHR complessivi per progetti appaltati nel 2005 è andata a grandi progetti organizzati per tema, mentre solo una piccola quota (27,68%) è stata destinata a microprogetti attuati dalle delegazioni CE; ripete che una quota significativa dovrebbe essere destinata a piccoli progetti a livello di base; invita la Commissione a prestare un'attenzione particolare alle ONG che svolgono un ruolo chiave nella promozione dei diritti umani nel proprio paese ma che non sono legalmente riconosciute dalle autorità del paese stesso; ritiene indispensabile che la Commissione proponga, a tale riguardo, una revisione del regolamento finanziario, compreso il finanziamento di queste ONG;

65. sostiene pienamente il contributo dell'UE alle organizzazioni intergovernative, poiché esse possono dare contributi fondamentali alla promozione della democrazia e dei diritti dell'uomo, ritiene tuttavia che tale contributo non dovrebbe andare a scapito delle ONG, ma piuttosto dovrebbe aver luogo attraverso partenariati strategici a lungo termine;

66. approva il fatto che la Commissione abbia modificato le sue procedure per quanto riguarda i nuovi inviti a presentare proposte per il 2006, nel senso che i nuovi inviti basati su "concept notes" (documenti preparatori) sembrano prediligere quale primo criterio importante una maggiore valutazione della qualità delle proposte di progetto;

67. chiede alla Commissione di mettere a disposizione del Parlamento tutte le relazioni di valutazione d'impatto redatte riguardo a progetti, prodotte da valutatori esterni o interni, al fine di assicurare un adeguato controllo parlamentare; chiede alla Commissione di rendere le valutazioni dell'impatto sui diritti umani parte integrante e pienamente attuata di tutta la gestione del ciclo dei progetti dell'Unione europea, sia ex-ante che ex-post, così che tali valutazioni d'impatto influenzino tanto le politiche e i programmi futuri che la valutazione dei programmi in corso;

Programmi d'assistenza in generale

68. ritiene necessario sviluppare una sostanziale integrazione delle questioni relative al rispetto dei diritti umani, dei principi democratici, dello stato di diritto e del buon governo (quali espressi nell'Accordo di Cotonou) nell'ambito delle azioni finanziate dal Fondo europeo di sviluppo; chiede alla Commissione di presentare una rassegna annuale di tutte le spese correlate del FES che attraversi tutta la programmazione geografica, regionale e tematica, in modo da accrescere la visibilità delle attività dell'UE in questo campo;

69. chiede alla Commissione di basare gli obiettivi, gli indicatori e i piani di sviluppo, nella sua programmazione delle politiche, su strumenti internazionali dei diritti dell'uomo universali e concordati, coinvolgendo pienamente le organizzazioni per i diritti umani a partire dal concepimento delle politiche e dei programmi fino alla loro attuazione, supervisione e valutazione;

70. chiede che sia dato un seguito al seminario del giugno 2005 sui diritti umani in relazione all'assistenza umanitaria dell'UE, anche destinando risorse dell'UE a questioni di giustizia conseguenti a

massacri e crimini contro l'umanità;

Esame dell'attuazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia

71. ricorda la sua risoluzione del 14 febbraio 2006 concernente la futura politica dell'UE in materia di applicazione delle clausole sui diritti dell'uomo in tutti gli accordi dell'UE, compresi la messa a punto di un meccanismo efficace per monitorare il rispetto dei diritti umani e il coinvolgimento rafforzato del Parlamento europeo nei processi di valutazione e consultazione relativi a tali clausole; attende con interesse che la Presidenza austriaca, insieme alla Commissione, risponda alle proposte del Parlamento;

72. prende atto del fatto che gli accordi di quarta generazione dell'UE con paesi terzi includono naturalmente il dialogo politico quale elemento essenziale dell'accordo, comprendente le questioni dei diritti umani e della democrazia; sottolinea la propria determinazione a rafforzare il controllo ex-ante della posizione più recente assunta di volta in volta nel quadro di tali dialoghi politici;

73. concorda con la posizione espressa nella relazione 2005 secondo la quale la clausola sui diritti umani costituisce una base per un impegno positivo sulle questioni dei diritti umani e della democrazia nelle relazioni con i paesi terzi; sottolinea tuttavia che tale posizione non può far escludere la possibilità della sospensione temporanea della cooperazione a causa di una violazione della clausola; rinnova la sua richiesta di una scala progressiva di misure e di un chiaro sistema di sanzioni da applicare per le violazioni della clausola sui diritti umani da parte dei paesi terzi, e invita il Consiglio a prendere in considerazione la possibilità di estendere il voto a maggioranza qualificata alla decisione di adottare provvedimenti restrittivi, quando ciò sarà opportuno; rinnova la sua richiesta di un migliore meccanismo di monitoraggio e consultazione su tale clausola e invita la Commissione e il Consiglio a riferire annualmente sulle violazioni delle clausole dei diritti umani, comprese quelle dell'Accordo di Cotonou, alla sottocommissione per i diritti dell'uomo del Parlamento europeo;

74. rinnova il suo sostegno alla decisione del Consiglio del 3 ottobre 2005 di imporre sanzioni all'Uzbekistan in seguito agli eventi di Andijan del 13 maggio 2005, allorché un alto numero di civili è stato colpito a morte da forze di sicurezza governative e molte persone sono state arrestate e successivamente sottoposte ad un processo non conforme agli standard internazionali per un equo processo, allo scopo di coprire la verità; considera tale decisione un esempio di provvedimento coerente dell'UE contro un governo che è vincolato da impegni in materia di diritti umani e democrazia in base ad un accordo di partenariato e cooperazione con l'UE[14]; si duole del fatto che nel caso dell'Uzbekistan ci siano voluti quattro mesi perchè le sanzioni fossero emanate; spera tuttavia che in tutti gli accordi la clausola sui diritti umani risulterà rafforzata da questo precedente; invita il Consiglio a stigmatizzare le violazioni dei diritti umani in Turkmenistan;

75. ribadisce la propria risoluzione del 15 dicembre 2005 sulla chiara violazione dei diritti umani e della libertà di stampa avvenuta in Tunisia nel contesto del Vertice mondiale sulla società dell'informazione svoltosi in tale paese;

76. valuta positivamente il monitoraggio e la revisione degli orientamenti sull'attuazione e la valutazione delle misure restrittive (sanzioni) nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell'UE[15];

77. si compiace del ruolo svolto dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE quale piattaforma per una discussione aperta e trasparente sulle questioni dei diritti dell'uomo e la incoraggia a continuare nel suo lavoro, contribuendo così al dialogo politico previsto all'articolo 8 dell'Accordo di Cotonou;

78. si rammarica che in presenza di casi flagranti di violazione dei diritti umani nei paesi ACP si faccia ben poco ricorso alla clausola sui diritti umani di cui all'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, ed insiste affinché sia intensificato il dialogo politico nello spirito dell'Accordo di Cotonou;

79. valuta favorevolmente, considerandole un esempio molto positivo, le attività dell'UE in termini di iniziative e dichiarazioni dopo la violenta repressione avvenuta in Etiopia nel giugno 2005; esprime preoccupazione per il fatto che, allorché violazioni analoghe dei diritti umani si sono verificate nel novembre 2005, l'UE non sembra aver dato sufficiente seguito alla sua precedente posizione; considerato l'elevato numero di leader dell'opposizione e di difensori dei diritti umani attualmente detenuti e che rischiano la pena di morte, ritiene che il governo dell'Etiopia non stia adempiendo gli obblighi ad esso incombenti a norma dell'articolo 8 dell'accordo di Cotonou, ed invita la Commissione e il Consiglio a rispondere alla richiesta del Parlamento europeo di adottare una posizione coordinata conformemente all'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, come richiesto nella sua risoluzione del 15 dicembre 2005;

80. esprime la sua preoccupazione per la mancata menzione dell'Eritrea nella relazione annuale 2005 del Consiglio sui diritti dell'uomo, nonostante le gravi violazioni dei diritti umani, fra cui detenzioni arbitrarie e la tortura di migliaia di detenuti; si duole che il Consiglio e la Commissione si siano ben pochi attivati al riguardo, nonostante che il Parlamento, nella sua risoluzione P6_TA(2004)0068, condanni la situazione dei diritti umani in Eritrea e chieda al Consiglio e alla Commissione di aprire una procedura di consultazione a norma dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou; invita il Consiglio e la Commissione ad avviare senza indugio la procedura di consultazione di cui all'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou con riferimento alla situazione dei diritti umani in Eritrea;

Integrazione della dimensione dei diritti umani    

81. prende atto del primo esame biennale dell'attuazione degli orientamenti dell'UE sui bambini e i conflitti armati effettuato sotto la presidenza del Regno Unito; approva in particolare il fatto che le schede informative dell'UE sui diritti umani, adottate nel luglio 2005, contengano una sezione sui diritti dei bambini e prevedano l'obbligo specifico di riferire, se del caso, secondo detti orientamenti; osserva che la consultazione delle parti interessate e delle ONG è stata esemplare durante l'elaborazione del predetto esame e delle raccomandazioni; si rammarica tuttavia che il Parlamento europeo non sia stato coinvolto nel processo di valutazione di tali orientamenti, che non si sia colta l'opportunità per un esame ad ampio raggio e che il documento che ne è scaturito sia risultato deludente per portata e ambizione; chiede pertanto al Consiglio di associare sistematicamente il Parlamento europeo all'esame biennale dell'attuazione di questi orientamenti, in modo da poter conoscere la posizione e le raccomandazioni del Parlamento in questo campo;

82. plaude all'impegno della Presidenza austriaca di continuare la prassi delle iniziative nei confronti di tutti i partner internazionali dell'UE riguardo alla ratifica delle convenzioni internazionali che vietano l'uso della tortura; chiede al Consiglio e alla Commissione di prendere in esame modi nuovi e innovativi per attuare gli orientamenti sulla tortura; sottolinea che, sebbene tali orientamenti fossero già adottati nel 2001, sono tra i più trascurati; viste le attuali minacce contro il divieto assoluto di praticare la tortura e i maltrattamenti nel contesto internazionale della lotta contro il terrorismo, invita il Consiglio a tale riguardo ad associarsi al Parlamento europeo nel futuro processo di valutazione di tali orientamenti; a tale riguardo informa il Consiglio che la sua sottocommissione per i diritti dell'uomo ha chiesto di studiare l'ottimizzazione dell'esecuzione degli orientamenti UE sulla tortura e il miglioramento dei mezzi previsti da tali orientamenti; raccomanda alla Presidenza austriaca e a quella finlandese di condurre iniziative sulla tortura in tutti i paesi che sono firmatari delle pertinenti convenzioni ma che non sembrano cooperare; pone l'accento sul fatto che la regolare presenza della Presidenza o del Segretariato del Consiglio in seno al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura potrebbe apportare un contributo materiale importante ad un'analisi strategica volta a stabilire i paesi presso i quali intraprendere iniziative e il momento in cui farlo; chiede al Consiglio di valutare se l'Unione europea non potrebbe agire in modo più energico e convincente di fronte ai paesi terzi se tutti gli Stati membri firmassero e ratificassero il Protocollo opzionale delle Nazioni Unite contro la tortura[16]; è anche preoccupato per le accuse di rilocalizzazione e di esternalizzazione della tortura in paesi terzi; invita l'UE a considerare la lotta contro la tortura come un aspetto della massima priorità della sua politica dei diritti dell'uomo, in particolare mediante una più rigorosa applicazione degli orientamenti UE e di tutti gli altri strumenti UE, come l'EIDHR;

83. sottolinea l'elevata priorità da dare alla piena attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani; invita il Consiglio a prendere iniziative per proteggere i difensori dei diritti umani; invita la Commissione e gli Stati membri ad organizzare attività di formazione del personale delle loro delegazioni, ambasciate e consolati riguardo all'applicazione di tali orientamenti; chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di mettere a disposizione fondi per coprire le spese di tale formazione; valuta positivamente l'elaborazione di un manuale da parte della Presidenza olandese dell'UE per l'attuazione degli orientamenti; si rammarica tuttavia del fatto che il Parlamento si sia visto rifiutare informazioni precise sul suo contenuto; invita il Consiglio e la Commissione a sollevare sistematicamente in tutti i dialoghi politici il problema della situazione dei difensori dei diritti umani; invita la Commissione ad organizzare, al livello delle delegazioni CE, seminari di informazione sugli orientamenti aperti a tutte le ONG locali che operano in questo settore; invita ancora una volta il Consiglio a informare il Parlamento europeo in merito all'attuazione di tali orientamenti sul terreno e a coinvolgerlo pienamente nel processo della loro valutazione;  

84. appoggia il Consiglio nel suo impegno volto ad integrare la dimensione dei diritti umani in tutta l'attività dell'UE, in particolare concentrandosi sulla revisione periodica e sull'attuazione di una determinata categoria di orientamenti dell'UE in materia di diritti umani;

Integrazione della dimensione dei diritti umani

85. apprezza il fatto che il Consiglio e la Commissione si stiano adoperando per rafforzare la coerenza fra la politica dell'UE in materia di diritti umani ed altre politiche internazionali dell'UE; considera essenziale, per il prosieguo di una politica credibile dell'UE nel campo dei diritti umani, che i legami tra queste diverse politiche siano rafforzati;  

86. mette in rilievo l'importanza della nomina di Michael Matthiessen a rappresentante personale per i diritti umani dell'Alto rappresentante dell'UE per la PESC, considerandolo un importante passo avanti nell'integrazione della dimensione dei diritti umani; plaude alle attività e all'impegno personale del titolare della nuova carica;

87. si rallegra del fatto che i gruppi di lavoro che si occupano delle operazioni civili e di polizia nell'ambito del pilastro PESC/PESD, nonché delle operazioni militari dell'UE, abbiano cominciato a discutere degli aspetti di tali operazioni riguardanti i diritti umani e ad integrare le preoccupazioni per tali diritti, compreso il ricorso alla violenza contro le donne, nelle istruzioni impartite al personale delle missioni dell'UE operante sul terreno; valuta positivamente il "documento generico sulle norme di comportamento per operazioni PESD" approvato dal Consiglio il 23-24 maggio 2005, che fornisce esaurienti istruzioni a tutte le categorie di personale che operano nel quadro di missioni PESD; richiama tuttavia l'attenzione sull'evidente necessità che tali norme siano regolarmente applicate nelle crescenti e ormai numerose operazioni militari e civili dell'UE all'estero; ritiene che agendo in tal modo l'UE possa prevenire i problemi che si sono verificati nel corso di missioni ONU di mantenimento della pace; chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di mettere a disposizione fondi per formare tutto il personale all'applicazione di queste norme;

88. plaude all'adozione, nel dicembre 2005, degli orientamenti dell'Unione europea per favorire l'osservanza del diritto internazionale umanitario; sollecita il Consiglio ad applicarli a tutte le dichiarazioni e le iniziative pertinenti;

89. invita la Banca europea per gli investimenti, in quanto uno degli organismi che attraverso il prestito attua le politiche di sviluppo dell'UE e essendo il maggiore istituto finanziario pubblico del mondo, ad inserire pienamente le questioni dei diritti umani in tutte le sue valutazioni di progetti e a assicurare una sufficiente capacità di integrazione dei diritti umani nelle sue operazioni; chiede in particolare l'introduzione di chiare procedure di salvaguardia, basate su standard internazionali, per valutare e mitigare l'impatto dei problemi dei diritti dell'uomo sui suoi progetti; chiede che vengano realizzate politiche di salvaguardia su questioni non coperte dalla legislazione UE affinché siano quantomeno pari a quelle descritte negli "Equator Principles"; invita la Banca a consultare il Parlamento europeo a tale riguardo;

90. approva il fatto che la Commissione prende regolarmente in esame l'opportunità di aggiungere altri paesi all'elenco dei paesi "SPG+" ai quali sono concesse le migliori tariffe doganali per l'importazione di merci nell'UE; chiede tuttavia che la Commissione, a fini di valutazione, verifichi tanto l'entrata in vigore degli obblighi internazionali quanto la loro effettiva attuazione e applicazione sul terreno;

91. invita la Commissione ad applicare criteri obiettivi alla concessione dei benefici SPG+ ai paesi che hanno dimostrato di avere gravi carenze in materia di applicazione delle otto Convenzioni OIL relative alle norme fondamentali del lavoro, in particolare a controllare il rispetto degli impegni assunti da Venezuela, Moldavia, El Salvador, Guatemala, Colombia e altri paesi specifici prima della decisione della Commissione del dicembre 2005; in generale, invita la Commissione a sottoporre regolarmente a revisione l'attuazione di tali convenzioni, applicando, se necessario, le clausole di salvaguardia contemplate dal regolamento;

92. chiede al Consiglio e alla Commissione di assicurare la compatibilità degli accordi commerciali con i trattati delle Nazioni Unite esistenti in materia di diritti umani sulla base della risoluzione del Parlamento del 14 febbraio 2006, di effettuare valutazioni indipendenti di sostenibilità precedentemente ai negoziati valutando specificamente l'impatto sui diritti dell'uomo e di controllare, rivedere ed invertire eventuali impatti negativi delle norme commerciali proposte sui diritti dell'uomo e sugli aspetti sociali e ambientali;

93. osserva che tutte le valutazioni della situazione dei diritti umani in paesi specifici dovrebbero includere un'analisi dei diritti fondamentali dei lavoratori, quali sanciti all'articolo 23 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 22 del Patto sui diritti civili e politici e all'articolo 8 del Patto sui diritti economici, sociali e culturali;

94. chiede alla Commissione di inserire il monitoraggio sistematico dei diritti umani in tutti i documenti di strategia per paese, i documenti strategici regionali, i programmi indicativi nazionali, i programmi indicativi regionali e i piani d'azione; le chiede inoltre di aggiornare regolarmente tali documenti in modo che rispecchino sempre la situazione attualizzata in materia di diritti umani, organizzando a tal fine consultazioni appropriate delle ONG;

95. chiede alla Commissione di riferire sul modo in cui ha attuato le sue proposte contenute nella comunicazione del maggio 2001 sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi[17], cui deve seguire una approfondita revisione;

96. chiede alla Commissione di sviluppare una strategia per promuovere l'applicazione di tutti gli orientamenti dell'UE in materia di diritti umani presso le società transnazionali, nel quadro dell'attuazione della sua recente comunicazione sulla responsabilità sociale delle imprese; invita la Commissione e il Consiglio a sollecitare il rappresentante speciale sui diritti umani e le corporazioni transnazionali ad analizzare in modo più approfondito i divari nella tutela dei diritti umani in situazioni in cui uno Stato ospitante non vuole o non può tutelare i diritti umani da violazioni che vedono coinvolte società commerciali;

97. ribadisce che le politiche interne dell'UE non devono essere semplicemente coerenti con il diritto internazionale in materia di diritti umani e col diritto internazionale umanitario, ma devono essere esemplari per la loro conformità a questi settori del diritto internazionale; esprime a tale riguardo la sua preoccupazione che le attuali misure di gestione delle migrazioni non sempre tutelino, nella pratica, l'accesso dei rifugiati alla protezione; invita il Consiglio e la Commissione ad assicurare che la gestione della migrazione non diventi una condizione per la cooperazione allo sviluppo con i paesi terzi e che i programmi pilota di protezione regionale rimangano orientati alla protezione, siano dotati di risorse adeguate e impostati a lungo termine, siano pienamente coordinati con le politiche umanitarie e di sviluppo dell'UE e siano fondati sul principio della solidarietà internazionale;

98. sottolinea che, nella lotta contro il traffico di esseri umani, occorre adottare una impostazione garantista nei confronti dei diritti delle vittime di tale traffico e a tale riguardo approva l'importanza attribuita alla protezione delle vittime nel programma del Consiglio sulla lotta e la prevenzione del traffico di esseri umani[18]; invita tutti gli Stati membri a ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di esseri umani;

99. insiste affinché il Consiglio e la Commissione definiscano criteri relativi a qualsiasi concertazione in ordine ai diritti umani onde migliorare la coerenza e il dialogo politico;

Efficacia degli interventi del Parlamento europeo in casi riguardanti i diritti umani

100.    si rallegra del crescente ruolo del Parlamento nell'ambito dei diritti umani e del suo crescente ruolo di salvaguardia degli impegni per il miglioramento della situazione dei diritti umani in tutto il mondo, svolto attraverso il vaglio delle attività di altre istituzioni e, in particolare, attraverso il premio Sacharov;

101.    valuta positivamente il primo anno di attività della sottocommissione per i diritti dell'uomo nell'ambito della commissione per gli affari esteri, la quale, basandosi sulle attività del Parlamento, ha creato un punto focale per le attività sui diritti dell'uomo che è mancato durante la scorsa legislatura, con relazioni regolari della Presidenza, della Commissione, del rappresentate personale per i diritti umani, dell'Alto Commissario ONU per i Rifugiati, dei relatori speciali ONU e del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, numerose audizioni, scambi di opinioni, consulenze e studi nonché contributi riguardanti i diritti umani ai lavori della commissione per gli affari esteri;

102.    sottolinea l'esigenza che i problemi dei diritti dell'uomo figurino nelle attività di tutte le commissioni e delegazioni parlamentari che si occupano di relazioni esterne del Parlamento europeo; a tale proposito, richiama particolare attenzione sull'attività svolta dalla commissione sviluppo nell'organizzare periodiche discussioni in materia di diritti dell'uomo ed invita la Commissione ed il Consiglio a seguire le conclusioni di queste e di altre discussioni in materia dei diritti dell'uomo organizzate nel Parlamento;

103.    evidenzia a questo proposito che la sottocommissione per i diritti dell'uomo ha concentrato le proprie attività del 2005 sull'applicazione degli strumenti UE in materia di diritti dell'uomo come gli orientamenti UE sulla protezione dei difensori dei diritti dell'uomo ed ha istituito, a tale riguardo, un sistema di coordinamento con i rappresentanti degli organismi delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo; ritiene prioritario continuare ad operare in stretta cooperazione con le Nazioni Unite e con i rappresentanti e gli organismi del Consiglio d'Europa, al fine di garantire più coerenza e coordinamento nel campo dei diritti dell'uomo;

104.    ritiene che l'efficacia del lavoro del Parlamento in materia di diritti dell'uomo potrebbe essere rafforzata in vari modi, ad esempio attraverso un vaglio più intenso delle attività del Consiglio e della Commissione nei confronti di paesi in cui vi sono problemi di diritti umani, una maggiore attenzione al seguito dato a tutte le dichiarazioni sui diritti umani contenute in risoluzioni del Parlamento e una valutazione di impatto tempestiva; suggerisce che la sottocommissione studi la possibilità di istituire piccoli gruppi informali di lavoro per seguire ogni serie di orientamenti in modo da poter seguire meglio i lavori del Consiglio a tale riguardo e presentare proposte in merito;

105.    chiede alla sottocommissione di verificare in maniera sistematica il seguito dato alle risoluzioni sui diritti umani approvate a norma dell'articolo 115 del regolamento del Parlamento e di intensificare il suo impegno volto ad occuparsi attivamente degli elementi relativi ai diritti umani all'esterno dell'Unione presenti in tutte le attività del Parlamento, compreso il lavoro delle altre commissioni e delle delegazioni parlamentari;

106.    ritiene che la sottocommissione potrebbe migliorare il suo impatto sulle scelte politiche e sulla programmazione seguendo più da vicino i programmi di lavoro del Consiglio e della Commissione e assistendo in particolare ai lavori del COHOM facendosi periodicamente invitare alle riunioni di tale organismo, e chiede che i deputati al Parlamento europeo siano sistematicamente invitati alle sedute informative, come quelle organizzate con le ONG, e alle riunioni di "de-briefing" concernenti i dialoghi in materia di diritti umani con i paesi terzi; resta in attesa dell'assicurazione che tali inviti verranno d'ora in poi costantemente formulati;

107.    chiede all'Ufficio di presidenza di Parlamento e alla Conferenza dei presidenti di prendere in esame la possibilità di adottare misure volte a rafforzare il sostegno politico fornito dai deputati in seduta plenaria in occasione delle votazioni su risoluzioni d'urgenza del Parlamento a norma dell'articolo 115 del regolamento, eventualmente spostando l'ora della votazione ad un momento più appropriato;  

108.    chiede un ruolo più costruttivo per la sottocommissione per i diritti dell'uomo nello sviluppo di criteri coerenti e trasparenti per la scelta degli argomenti urgenti, in modo da garantire che gli interventi parlamentari siano tempestivi ed esercitino il massimo impatto; chiede che i membri della sottocommissione condividano la loro esperienza in questo settore e svolgano un ruolo più attivo e decisivo nell'elaborazione delle risoluzioni di urgenza; propone la creazione di un gruppo di lavoro permanente di membri della sottocommissione a questo fine;

109.    valuta positivamente l'elaborazione di orientamenti per le delegazioni del Parlamento in visita in paesi terzi; chiede all'Ufficio di presidenza del Parlamento e alla Conferenza dei presidenti di esaminare la possibilità di misure volte ad accrescere la visibilità e l'utilizzazione sistematica di tali orientamenti; sottolinea che ogni missione in un paese terzo dovrebbe sistematicamente comprendere fra i suoi temi le problematiche dei diritti umani e che tutti i partecipanti dovrebbero ricevere un'informazione completa sulla situazione dei diritti umani prima e durante la visita;

110.    plaude al ruolo attivo svolto dalla sottocommissione, dalla commissione per gli affari esteri e dal Presidente del Parlamento nel battersi per casi di ingiustizia in tutto il mondo, in particolare mediante il Premio Sacharov; a tale riguardo, ricorda che la consegna del premio deve avvenire in pubblico, nel corso di una cerimonia, ai vincitori in persona;

111.    accoglie con favore l'impegno del Parlamento di affrontare il complesso problema di difendere i diritti umani nel corso della lotta contro il terrorismo internazionale; rileva che la coerenza dell'impostazione dell'UE nei confronti dei vari aspetti della problematica dei diritti umani è della massima importanza se l'Unione europea desidera essere credibile a livello internazionale;

112.    invita il Consiglio e la Commissione, in vista della Conferenza UE/USA che avrà luogo nel mese di giugno 2006, e in accordo con la relazione degli esperti della Commissione delle Nazioni unite per i diritti umani, a invitare il governo USA a chiudere immediatamente il centro di detenzione di Guantanamo, e insiste affinché a tutti i prigionieri venga accordato un trattamento compatibile con il diritto umanitario e affinché essi vengano processati senza indugio in un pubblico ed equo processo dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale;

113.    auspica di ricevere i risultati di uno studio d'impatto volto ad analizzare e valutare l'impatto delle attività del Parlamento nel settore dei diritti umani;

114.    prende atto delle proposte ancora in discussione sul rafforzamento del ruolo del Parlamento nella promozione della democrazia, che potrebbero sostenere il lavoro delle commissioni e delegazioni che hanno un ruolo chiave in materia, fornire un osservatorio degli sviluppi politici nei paesi interessati dalla politica di prossimità e al di là di essi, e migliorare la rete di informazione fra i parlamenti nazionali di tutta l'UE;

115.    prende atto delle proposte ancora in discussione volte a creare un Fondo europeo per la democrazia, che collaborerebbe con altre organizzazioni impegnate per il processo democratico quali il Consiglio d'Europa e l'OSCE, e ad esaminare le modalità per sviluppare un organismo per la promozione della democrazia e dei diritti umani a disposizione dell'UE;

Risorse destinate alle attività nel campo dei diritti dell'uomo, compreso il Segretariato del Consiglio

116.    chiede alla Commissione di designare in ciascuna delle delegazioni nei paesi terzi almeno un posto permanente che abbia la responsabilità di monitorare la situazione dei diritti umani nel paese in questione e di promuovere le norme internazionali sui diritti dell'uomo, e sia responsabile delle relazioni con la società civile, come le relazioni con i difensori dei diritti dell'uomo; chiede che a tale posto corrisponda un grado sufficientemente elevato per consentire di individuare e affrontare i problemi, ove necessario; chiede al riguardo che siano regolarmente rivolti inviti ufficiali a rappresentanti della società civile da parte delle delegazioni della Commissione, in modo da sostenere ulteriormente l'attività dei difensori dei diritti dell'uomo dei paesi terzi;

117.    chiede alla Commissione di rafforzare l'unità Diritti dell'uomo della sua direzione generale Relazioni esterne aumentandone la dotazione di personale per coprire tutte le questioni relative ai diritti umani, in modo da consentirle di assolvere la sua funzione supplementare di "unità di risorse"; chiede inoltre che un membro del personale di ciascuna unità geografica venga investito di una responsabilità aggiuntiva in materia di diritti umani;

118.    chiede un incremento dei fondi alla sottocommissione per i diritti dell'uomo onde facilitare il finanziamento di missioni in loco e visite da parte dei membri della commissione nei punti neri dei diritti dell'uomo nel mondo, affinché possano essere evidenziate le violazioni del diritto internazionale in materia di diritti dell'uomo;

119.    chiede al Consiglio di rafforzare l'unità Diritti dell'uomo del suo Segretariato generale e in particolare di aggiungere nuovi posti da coprire con esperti in materia di diritti dell'uomo e specialisti in materia di diritto umanitario internazionale incaricati di assistere il rappresentante personale per i diritti umani, consentendo una ragionevole divisione del lavoro nel suo ufficio, soprattutto alla luce delle sue accresciute responsabilità;

120.    raccomanda che a ciascuno dei rappresentanti speciali nominati dal Consiglio sia assegnato un esperto in diritti umani che operi esclusivamente nei loro Gabinetti; chiede a questi rappresentanti di sollevare sistematicamente le questioni dei diritti dell'uomo nel loro lavoro;

*

* *

121.    incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi di prossima adesione, alle Nazioni Unite, al Consiglio d'Europa, all'OSCE, ai governi dei paesi menzionati nella presente risoluzione e agli uffici delle principali ONG attive nel campo dei diritti umani aventi sede nell'UE.

Traduzione esterna

  • [1]  Cfr. allegato alla presente risoluzione
  • [2]  GU C 379 del 7.12.1998, pag. 265; GU C 262 del 18.9.2001, pag. 262; GU C 293 E del 28.11.2002, pag. 88; GU C 271 E del 12.11.2003, pag. 576.
  • [3]  GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1.
  • [4]  GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3, GU ...
  • [5]  GU C 304 E del 1°.12.2005, pag. 375.
  • [6]  Testi approvati, P6_TA(2006)0056.
  • [7]  Testi approvati, P6_TA(2005)0436.
  • [8]  GU L 245 del 29.9.2003, pag. 44.
  • [9]  GU C 140 E del 9.6.2005, pag. 153.
  • [10]  Decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'accordo che modifica l'accordo di partenariato firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (COM(2005)0185 definitivo del 3 maggio 2005).
  • [11]  Conclusioni del Consiglio sull'Iran adottate l'8 novembre 2005 e dichiarazione della Presidenza del 20 dicembre 2005.
  • [12]  Testi approvati, P6_TA(2005)0444.
  • [13]  Conclusioni del Consiglio del 12 dicembre 2005. 15293/1/05 REV 1, allegato, p. 14.
  • [14]  Orientamenti comuni del 28 ottobre 2005, 10910/05.
  • [15]  Il Consiglio ha approvato per la prima volta tali orientamenti nel dicembre 2003. Essi contengono formule standard e definizioni comuni che possono essere utilizzate negli strumenti giuridici di attuazione di sanzioni. La revisione è avvenuta nel dicembre 2005.
  • [16]  Al 23 gennaio 2006 la situazione delle firme e delle ratifiche fra i 25 Stati membri dell'UE era la seguente: solo 5 Stati membri avevano firmato e ratificato il Protocollo: Danimarca, Malta, Polonia, Svezia e Regno Unito (oltre a un paese candidato all'adesione, la Croazia); altri 11 Stati membri avevano firmato la convenzione: Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna (oltre a due paesi candidati, la Romania e la Turchia); 9 Stati membri non avevano né firmato né ratificato il Protocollo: Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Portogallo, Slovacchia e Slovenia (oltre a un paese candidato, la Bulgaria).
  • [17]  Comunicazione della Commissione sul ruolo dell'Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democratizzazione nei paesi terzi, COM (2001) 252 definitivo dell'8 maggio 2001, pagg. 12 e seg., 26 e seg.
  • [18]  GU C 311 del 9.12.2005, pag. 1.

MOTIVAZIONE

Introduzione

L'Unione europea rimane il più importante paladino dei diritti dell'uomo nel mondo, mentre il Parlamento europeo è fra le istituzioni UE quella che si batte con maggiore determinazione per la difesa di tali diritti. Tuttavia, l'Europa è più pronta ad emettere dichiarazioni che a darvi seguito concreto. Se l'opera svolta dall'Unione in materia di diritti umani è di elevata qualità, in molti casi essa omette curiosamente di inserire o integrare tale dimensione nelle sue altre politiche e programmi. Tale situazione va cambiata, almeno se vogliamo trattare con serietà i nostri valori.

La relazione annuale del Parlamento europeo sui diritti umani è stata finora un esempio illuminante di tali problemi: ha svolto spesso un'eccellente, seppur parziale, trattazione delle violazioni dei diritti dell'uomo nel mondo, ma non ha mai intrapreso il vero compito del Parlamento, che è quello di passare in rassegna le azioni dell'Unione europea che influiscono sul grado di osservanza dei diritti umani, e di chiederne conto.

La relazione di quest'anno adotta tale approccio, con il supporto di tutti i principali gruppi politici del Parlamento europeo.

Una risposta alla Relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo nel mondo nel 2005

Il punto di partenza non può che essere la relazione annuale del Consiglio, quest'anno intitolata "UE - Relazione annuale sui diritti dell'uomo". Questa relazione unica, elaborata in seguito a una più intensa attività di consultazione e presentata con maggiore autorevolezza e pubblicità, può rappresentare per l'Unione uno strumento con il quale far sentire più fortemente la propria voce sui diritti dell'uomo nel mondo.

Sono notevoli i miglioramenti qualitativi della relazione del Consiglio dalla prima edizione del 2000. La relazione di quest'anno comprende informazioni sulle attività della Commissione e del Parlamento nonché dello stesso Consiglio. La procedura mediante la quale è stata realizzata la sezione dedicata al Parlamento potrà il prossimo anno essere migliorata, con un auspicabile maggiore impegno del Consiglio a servirsi della relazione per rispondere e dar seguito alle risoluzioni del Parlamento europeo.

La relazione denota un grado insufficiente di analisi, non vi sono vere valutazioni di impatto e manca l'attività di monitoraggio. Ci si chiede quale sia stata l'incidenza delle azioni diplomatiche o delle clausole sui diritti umani. Nessuna questione spinosa è stata posta sul tappeto, e tanto meno si è cercata una risposta. Allo stesso modo, non si indica quali saranno le aree prioritarie del Consiglio per l'anno a venire.

Un'iniziativa che potrebbe contribuire alla definizione di priorità sarebbe l'inserimento in ogni relazione annua di un elenco di "Paesi che destano particolare preoccupazione" (Countries of Particular Concern, CPC). Il Consiglio già tiene delle watchlist, aggiornate ogni sei mesi, allo scopo di fornire informazioni brevi e succinte sui paesi in situazione di crisi potenziale o in atto, e di stimolare azioni congiunte in seno al Consiglio dei ministri, trasversali rispetto alle politiche estere degli Stati membri. Tali informazioni potrebbero essere impiegate per compilare elenchi di CPC meritevoli di attenzione, a condizione che tale pratica non precluda mai la possibilità di agire per paesi che non figurano sulla lista.

Una cosa è certa: c'è una grande necessità di migliorare la visibilità della relazione, soprattutto presso i giornalisti e i parlamenti nazionali.

La condotta delle due Presidenze

In generale, la presidenza lussemburghese (gennaio-giugno 2005) è stata un successo in termini di promozione e di difesa dei diritti dell'uomo, in particolare in occasione della 61a sessione della Commissione ONU per i diritti umani. Ciò è tanto più vero se si pensa alla limitatezza delle risorse disponibili, il che significa che la presidenza ha dovuto fare assegnamento sull'aiuto di alcuni Stati membri per espletare il carico di lavoro e per condurre tempestivamente le trattative con altri. Questo sistema di "équipe" di Stati membri assistenti - sorta di "troike informali" non dovrebbe limitarsi unicamente alle presidenze degli Stati minori. La generalizzazione di tale meccanismo permetterebbe infatti di aumentare il carico di lavoro che l'UE è in grado di svolgere e, in generale, di accrescere il coinvolgimento degli Stati membri nelle attività condotte dal Consiglio sui diritti umani.

Durante la presidenza britannica (luglio-dicembre 2005) sono state poste delle pietre miliari che hanno forti implicazioni per i diritti umani, soprattutto in relazione all'allargamento. La ventata riformista in Turchia sarà ancora più forte ora che i negoziati sono stati avviati e che la Commissione sottolinea l'importanza di monitorare il rispetto dei criteri in materia di diritti umani.

Durante la presidenza britannica è stata data priorità a un certo numero di azioni diplomatiche sulla pena di morte, soprattutto nei confronti di quei paesi che mostravano in quel momento di essere incerti sull'opportunità di proclamare una moratoria. Nell'anno trascorso si è avuta una lunga serie di iniziative diplomatiche nei confronti di ca. 40 paesi diversi. Per loro natura le iniziative diplomatiche non possono essere rese di pubblico dominio, ma occorre eseguire una valutazione di impatto e renderne pubblici i risultati. Si dovrebbe anche considerare la possibilità di condividere le informazioni riservate sulle iniziative intraprese, con un gruppo ristretto di deputati europei come già avviene per le informazioni sensibili riguardanti la politica di sicurezza.

La presidenza britannica ha compiuto progressi sui diritti dei sindacati esercitando pressioni su paesi quali l'Iran e la Cambogia, e ha mantenuto le sanzioni UE nei confronti della Birmania, intervenendo con successo presso il governo birmano affinché "saltasse" il proprio turno di presidenza dell'ASEAN nel 2006. Vi sono state importanti dichiarazioni sul Nepal, che sono migliorate notevolmente nel corso dell'anno per qualità ed equilibrio, in particolare nelle critiche rivolte al governo nepalese.

Tuttavia, durante la presidenza britannica, si sono registrati problemi di consultazione. Ne sono un esempio, le conclusioni del 3 ottobre del Consiglio Affari generali e Relazioni esterne sulla Colombia, emesse senza alcuna consultazione della società civile e senza aver mantenuto la promessa di invitare il Direttore dell'Ufficio dell'Alto Commissario ONU per i diritti umani in Colombia a parlare dinanzi al Consiglio prima dell'adozione delle conclusioni. Sussistono reali timori, confermati dall'ONU, che il riconoscimento della Legge sulla Giustizia e la Pace (lo strumento giuridico su cui si fonda la smobilitazione dei gruppi armati illegali) come passo avanti sulla via della pace in Colombia, comprometta la situazione di chi difende i diritti dell'uomo. Dopo l'adozione delle conclusioni, già si segnala l'uccisione di sette membri del Movimento nazionale delle vittime. Di questo non vi è traccia sull'agenda del gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti umani (COHOM), nonostante la diretta rilevanza del caso per i difensori dei diritti umani e per la promozione degli Orientamenti.

Sotto la presidenza britannica si è proceduto a una revisione degli Orientamenti relativi ai bambini e ai conflitti armati. Tuttavia, la posizione della presidenza secondo cui "il suo ruolo non è quello di dire ai suoi partner cosa fare" è apparsa preoccupante. Altro motivo di grande delusione è stato il non aver condotto alcuna analisi di impatto sull'infanzia tramite le Delegazioni o le ONG presenti in loco. Le delegazioni locali non sono state nemmeno consultate per detta revisione.

Occorre anche procedere a una revisione degli elenchi dei paesi qualificati come prioritari ai fini degli Orientamenti, in particolare se si considera che nel 2005 non si è registrata nei confronti di paesi non figuranti sull'elenco nemmeno un'iniziativa diplomatica sulla questione dei bambini e dei conflitti armati. Ad esempio non sono in elenco i Territori palestinesi, dove pure gli effetti dei conflitti armati sui bambini sono devastanti.

Gli Orientamenti sui difensori dei diritti umani, malgrado alcuni tentativi di compiere passi concreti in fatto di attuazione, risultano in generale poco noti. Per esempio, nel febbraio 2005, le ONG hanno cercato di organizzare una riunione per promuovere gli Orientamenti presso il personale locale delle ONG in Ruanda. Tuttavia, la delegazione della Commissione si è mostrata riluttante ad essere coinvolta, a causa del contesto politico. Nel Burundi, invece, è stato lo stesso ambasciatore a presentare gli Orientamenti durante la riunione. Sono stati presentati due documenti contenenti raccomandazioni e proposte dei difensori dei diritti umani di Ruanda e Burundi, ma non sembra esserci stato alcun seguito.

Appare chiara l'esigenza di condurre revisioni e valutazioni d'impatto formali e regolari su ciascuna serie di Orientamenti, considerando la possibilità di introdurre nuovi meccanismi per accrescerne l'efficacia, avvalendosi dei contributi e della competenza del Parlamento e servendosi delle "migliori prassi" ai fini dell'esecuzione.

Uno degli elementi chiave per un impegno più efficace del Consiglio sui problemi dei diritti umani è la gestione del COHOM. In termini pratici, occorre che gli ordini del giorno e la documentazione siano resi pubblici tempestivamente e in anticipo rispetto alle riunioni, in modo da rendere possibili contributi esterni. Ci sono anche buone ragioni per avere un COHOM permanente con sede a Bruxelles oppure, qualora ciò si rivelasse impraticabile, almeno un funzionario preposto ai diritti umani in ogni Rappresentanza permanente.

Lo stesso vale per le riunioni con i rappresentanti e per le visite nei paesi terzi, quali le visite della troika, le riunioni di vertice, i Consigli di associazione e le riunioni della Commissione. Gli ordini del giorno dovrebbero essere disponibili in anticipo per permettere le necessarie consultazioni, mentre i resoconti delle visite dovrebbero essere resi pubblici. A partire dalla presidenza lussemburghese, vengono redatte Schede sui diritti umani allo scopo fornire un migliore resoconto delle visite e delle riunioni con i paesi terzi. Tali Schede sono un'iniziativa altamente positiva; esse vengono tuttavia aggiornate solo una volta l'anno ed hanno attualmente carattere riservato.

Poiché le missioni PESC crescono in numero e rilevanza, diviene sempre più importante anche la salvaguardia dei diritti umani Il codice di comportamento per il personale civile e militare è stato pubblicato il 22 aprile 2005, ma non vi è alcuna indicazione circa il modo in cui tali principi sono stati applicati durante le missioni PESC varate nel 2005, con particolare con riguardo alla criminalità organizzata, alla corruzione, al traffico di esseri umani e all'abuso di minori. In questo settore si registra una chiara mancanza di "know-how". Ad esempio in occasione della missione nella Repubblica democratica del Congo non è stata impartita alcuna formazione sui diritti dell'infanzia e sugli Orientamenti. Ciò significa che quando il personale PESC incontra dei soldati bambini non sa assolutamente come comportarsi.

La performance del Consiglio e della Commissione nelle sedi internazionali

La relazione annuale parla del "forte impatto che l'UE può avere nel settore dei diritti umani quando si esprime in modo univoco", un principio particolarmente valido se si considera l'impatto dell'UE nei consessi internazionali.

Senonché, dopo aver partecipato alla 61a sessione della Commissione ONU per i diritti umani, il relatore ha concluso che gli Stati membri dell'UE spendono troppo tempo a discutere le questioni fra loro, dedicandone troppo poco per annodare legami con altri paesi o con quanti potrebbero essere persuasi a supportare le posizioni UE.

Si registra purtroppo il rifiuto di avallare una risoluzione sulla Cina e ancora una volta è mancata una risoluzione sullo Zimbabwe. Gli Stati membri dell'UE non sono riusciti a persuadere influenti governi dell'Africa e di altre parti del mondo della necessità di una presa di posizione più rigida nelle sedi internazionali, e ciò malgrado la ferma condanna delle deportazioni di massa in Zimbabwe e i tentativi di fornire aiuti umanitari per rimediare alla crisi. L'UE ha rifiutato anche di avallare una risoluzione sulla Cecenia, malgrado lo avesse fatto in anni precedenti e nonostante l'assenza di una soluzione al conflitto. Le associazioni locali di difesa dei diritti dell'uomo stimano che dall'inizio del conflitto (1999) siano "scomparse", dopo il loro arresto, fra le 3.000 e le 5.000 persone, tutte civili o disarmate. Si ignora quale sia stata la loro sorte o dove esse si trovino. Le autorità russe negano al riguardo ogni responsabilità. Ciò comunque indica che l'UE applica due pesi e due misure rispettivamente per i piccoli e per i grandi Stati, cosa difficilmente compatibile con il principio dell'universalità dei diritti umani.

Ciò indica anche che l'UE è incapace di negoziare e discutere posizioni comuni con i Paesi terzi durante tutto l'anno nel quadro di altri contatti bilaterali in materia politica, commerciale e di sviluppo, e opera invece una netta separazione a Ginevra.

In generale è indispensabile che l'iniziativa di riformare l'apparato ONU per i diritti umani abbia successo. L'Unione europea ha individuato nell'istituzione del Consiglio Diritti umani una priorità fondamentale, ma nel 2005 gli Stati membri dell'UE appaiono curiosamente lenti a spingere con sufficiente fermezza per questa riforma.

Nelle sedi internazionali l'UE ha continuato a sostenere il Tribunale penale internazionale (TPI), come stabilito dalla posizione comune dell'UE del giugno 2003, ed è stato fra l'altro questo supporto a determinare il 31 marzo 2005 il deferimento del caso del Darfur al TPI da parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Sfortunatamente il sostegno dell'UE non è bastato a salvare neanche parzialmente il testo sul TPI nel documento conclusivo ONU del settembre 2005 né l'UE ha emesso una dichiarazione sul TPI in occasione della Riunione di attuazione nel quadro della Dimensione umana dell'OSCE, come aveva fatto negli anni passati. L'UE e gli Stati membri devono continuare a riaffermare il loro impegno verso il TPI ogni qualvolta sia possibile, soprattutto se si considera che gli USA continuano a perseguire la stipula di accordi bilaterali di immunità con vari Stati del mondo.

Conformemente alla posizione costantemente espressa secondo cui i diritti dei disabili vanno considerati diritti dell'uomo, l'UE deve rafforzare il suo sostegno alla Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone disabili, tuttora in fase di trattativa. Ad esempio, attualmente l'UE non ritiene di dover sostenere un testo che consideri il rifiuto della "soluzione ragionevole" come forma di discriminazione. Ciò farebbe della "soluzione ragionevole" un esercizio volontario, contrariamente all'approccio seguito dalla direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione.

Come si osserva nella relazione annuale, l'UE riesce molto meglio a difendere una tematica all'estero quando dà il buon esempio a casa propria. E' il caso della firma, ratifica e attuazione degli strumenti in materia di diritti umani. Pertanto, se l'UE riesce a promuovere lo Statuto di Roma (TPI), è invece molto meno efficace quando si tratta di promuovere il Protocollo opzionale alla Convenzione ONU sulla tortura. Per essere credibile sulla scena internazionale, gli Stati membri dell'UE devono mostrarsi fermi nel fissare scadenze per la ratifica di tutte le principali convenzioni sui diritti umani e i relativi protocolli opzionali.

Analogamente, molte organizzazioni indicano che le attuali politiche dell'UE per risolvere il problema dell'immigrazione clandestina sono arrivate al punto da compromettere la possibilità per i richiedenti asilo di esercitare i propri diritti. Le nuove iniziative pilota relative ai Programmi di protezione regionale in paesi terzi come la Tanzania sono il vero banco di prova per stabilire se l'UE è davvero impegnata a rafforzare la protezione dei profughi oppure è motivata unicamente dal desiderio di diminuire il numero di profughi che cercano protezione in Europa.

Analisi del dialogo politico e in materia di diritti umani condotto dall'UE con i paesi terzi e in relazione ai Piani d'azione della Politica europea di vicinato

L'UE ha instaurato rapporti formali di dialogo sui diritti umani con tre paesi: Cina (dal 1996), Iran (dal 1992) e, da ultimo, Russia (con il 2005). Lo scopo è di promuovere il programma dell'Unione in quanto "forza di persuasione" anziché "forza coercitiva".

Il Consiglio è sincero circa gli effetti di questi dialoghi, visto che, come indicato nella relazione annuale "questi risultati hanno dato risultati eterogenei". E' positivo il fatto che vi sia una valutazione dei dialoghi condotti con la Cina e l'Iran nel 2005 conforme agli Orientamenti per i dialoghi in materia di diritti umani.

Il dialogo con la Cina è migliorato nell'ultimo decennio, soprattutto perché si concentra ora su temi specifici e sembra esservi una maggiore volontà di impegnarsi in un dibattito concreto, in una situazione che vede lo svolgimento contestuale di seminari delle ONG. Tuttavia, l'esistenza del dialogo sui diritti dell'uomo significa che le tematiche dei diritti umani sono spesso del tutto assenti dall'agenda delle riunioni di vertice. L'UE ha effettivamente proceduto ad ampie consultazioni prima dei dialoghi, ma sono state espresse preoccupazioni su particolari temi non sollevati in occasione degli stessi, come la questione dei profughi nord-coreani.

Il dialogo con la Russia, seppur recentissimo, non viene per il momento preso troppo sul serio. La Russia continua a rifiutare una sessione di dialogo in Russia, il che significa che è praticamente impossibile per tutta una serie di ONG nazionali essere presenti e portare avanti le proprie istanze. Vi sono reali preoccupazioni sui cambiamenti politici verificatisi in Russia dopo il massacro di Beslan del 2004 e si registrano costanti critiche sulla situazione in Cecenia.

Gli Stati membri dell'UE devono mantenere il proprio impegno ad indurre l'Iran ad accettare una data per il prossimo dialogo, nonostante le ovvie preoccupazioni generate dalle discussioni sul programma nucleare iraniano.

L'UE ha in passato trovato arduo adottare programmi corredati di precisi parametri ed obiettivi strategici per i dialoghi. Tale esercizio è fondamentale, se si vuole che i progressi ci siano e siano misurabili; inoltre, le informazioni relative alle riunioni, e all'esito delle stesse, devono avere una diffusione molto più ampia perché siano accessibili al sindacato parlamentare.

Occorre valutare l'efficienza di tutti i dialoghi politici, e non soltanto dei dialoghi strutturati sui diritti umani, e questo è impossibile in totale assenza di informazioni.

Tali discussioni sono potenzialmente uno strumento di grande rilevanza se gestite in modo proattivo. Il loro punto di riferimento deve essere il COHOM, in una prospettiva strategica.

La qualità della sezione dedicata ai diritti umani nei Piani d'azione della nuova Politica europea di vicinato varia molto a seconda del paese, dal momento che il piano deve essere negoziato e concordato con lo Stato interessato. Ad esempio, non vi è praticamente alcuna menzione di diritti umani nei piani d'azione per Israele e l'Egitto, perché risulterebbero inaccettabili per questi paesi.

La possibilità di favorire tali dialoghi sui diritti dell'uomo, sia formali che informali, è legata all'ampliamento delle sottocommissioni dei Consigli di partenariato, che è già una realtà nel Sud-est asiatico.

Analisi dell'attuazione della clausola in materia di diritti umani e democrazia

Un importante precedente è stato creato nell'ottobre 2005 quando l'UE, per la prima volta nella storia, ha sospeso parzialmente un accordo di partenariato e cooperazione causa il mancato rispetto della clausola in materia di diritti umani e democrazia. Si trattava dell'Uzbekistan. Sfortunatamente la Germania ha concesso al ministro dell'interno un visto per ricevere cure mediche in Germania, bellamente ignorando il provvedimento alcuni giorni prima della sua pubblicazione.

Si tratta certamente di un precedente molto importante, ma il fatto che sia occorso tanto tempo perché la clausola sortisse effetti reali, è anche tristemente sintomatico della scarsa serietà con cui sono state considerate in passato le clausole sui diritti umani di altri accordi.

Ad esempio, l'UE continua a vedere le relazioni con il Medio Oriente e con i vicini Stati nord-africani soprattutto come rapporti di assistenza commerciale ed economica, anche se gli accordi EuroMed contengono clausole sui diritti umani. Nel caso dell'accordo di associazione UE-Egitto, entrato in vigore nel giugno 2004, la clausola sui diritti umani deve essere ancora richiesta, nonostante la gravità delle violazioni registratesi nel 2005, come la pratica costante della tortura, il continuo stato di emergenza con detenzioni arbitrarie e processi dinanzi a tribunali militari e tribunali di sicurezza dello stato, e le ca. quindicimila persone in stato di detenzione protratta senza capo d'accusa. Stessa situazione, fra l'altro, per gli accordi dell'UE con la Tunisia (1999) e con Israele (2000). Per quanto riguarda la Tunisia l'UE, preoccupata per le restrizioni alla libertà di espressione e alle ONG, ha confermato il 30 settembre una dura dichiarazione dinanzi al Vertice mondiale sulla società dell'informazione svoltosi a Tunisi. Tuttavia l'accordo di associazione UE-Tunisia è rimasto in vigore, nonostante il mancato rispetto dei diritti umani e il provvedimento di blocco delle sovvenzioni UE alle ONG, fra cui la Lega tunisina per i diritti dell'uomo.

Il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione sulle clausole in materia di diritti umani con la relazione Agnolotto (INI 2005/2057), in cui si afferma chiaramente che le clausole vanno inserite in tutti gli accordi generali e settoriali conclusi con i paesi terzi, senza eccezione, e devono formare parte integrante di tutte le strategie nazionali e regionali. Occorre indubbiamente una "via di mezzo" ovvero una serie di opzioni che non porti l'UE da un estremo (l'inerzia) all'altro (la sospensione), che è la conseguenza di un sistema - quello attuale - che fa assegnamento sulla volontà degli Stati membri e della Commissione. Occorre una scala di provvedimenti graduati in funzione del livello di violazione dei diritti umani, che potrebbero includere dialogo politico, iniziative diplomatiche, pubbliche dichiarazioni, riassegnazioni di fondi, embargo sulle armi o altri tipi di embargo commerciale, sospensione di accordi, revoca dei programmi di cooperazione e sviluppo, congelamento dei finanziamenti o degli aiuti al bilancio, bando sui visti e congelamento dei beni.

E' chiara la necessità per l'UE di adoperarsi maggiormente per il mainstreaming, una politica delineata per la prima volta nella Comunicazione della Commissione nel 2001. La Commissione stessa non ha mai riferito sull'attuazione della Comunicazione e sarebbe giunto il momento di farlo. Avviene oggi troppo spesso che i diritti umani vengano messi da parte quando si scontrano con una dura opposizione o divengano negoziabili quando siano in conflitto con altri interessi.

Valutare l'efficacia degli interventi dello stesso Parlamento europeo in casi concernenti i diritti umani

La relazione annuale indica che il Parlamento "ha sempre considerato che la promozione e la protezione dei diritti umani, all'interno e all'esterno dell'UE, costituissero una sua essenziale funzione" e che "il Parlamento è frequentemente all'avanguardia nella promozione dei diritti umani e fa in modo che le altre istituzioni dell'UE accordino loro la massima attenzione".

A tale obiettivo ha grandemente contribuito la costituzione, dopo le elezioni europee del 2004, della sottocommissione per i diritti dell'uomo. Nell'arco del 2005, la sottocommissione si è fatta promotrice di numerose valide iniziative - quali l'elaborazione degli orientamenti per le visite ai paesi terzi - e di un certo numero di audizioni, come quella sui diritti umani in Vietnam, Cambogia e Laos, tenutasi nel mese di settembre. La sottocommissione si è inoltre mostrata particolarmente attiva nel condannare singoli casi di ingiustizia in tutto il mondo e lo stesso ha fatto il Presidente del Parlamento.

Occorre anche intensificare gli sforzi per seguire più da vicino i programmi di lavoro del Consiglio e della Commissione, in modo da poter influire maggiormente sulle politiche e i programmi e rafforzare in tal modo il ruolo di sindacato del Parlamento. A tal fine, la sottocommissione dovrebbe monitorare più strettamente l'attività del COHOM, anche partecipando alle riunioni di debriefing.

Il maggiore problema in termini di efficacia dell'azione del Parlamento consiste nella mancanza di follow-up e nella tendenza a non seguire un tema fino alla sua conclusione, una volta che esso si sia allontanato dai riflettori dei mass media. Per esempio, il caso del Sudan è rimasto alla ribalta dell'attenzione pubblica fino al suo deferimento al TPI nel marzo 2005; la questione Sudan sembra ora tuttavia aver perso interesse, nonostante il fatto che le violazioni dei diritti umani abbiano registrato una escalation. Questo esempio dimostra perché sarà tanto importante disporre dei risultati dell'analisi di impatto commissionata dalla sottocommissione, e che dovrà essere presentata nell'autunno 2006.

Risorse assegnate alle attività in materia di diritti umani

Non v'è dubbio che la nomina del Rappresentante personale per i diritti umani nel 2005, e il suo impegno personale verso una maggiore presa di coscienza, ha fortemente migliorato la visibilità e l'impegno per i diritti dell'uomo in tutte le attività del Consiglio. Tuttavia, poiché il Rappresentante personale è preposto anche ad altre funzioni (come i rapporti generali con il Parlamento) si teme che ciò possa ridurre il tempo e le risorse da destinare alla sua attività principale. C'è un reale bisogno di nuovo personale da assegnare al suo ufficio, per compiti inerenti esclusivamente ai diritti umani, e preferibilmente con un profilo professionale specializzato. L'ideale sarebbe di poter disporre di personale sufficiente a consentire a ciascun addetto di curare un particolare Orientamento, con una divisione dei compiti che rifletta quella della Policy Unit dell'Alto Rappresentante.

Su una nota più positiva, le conclusioni di dicembre del Consiglio Affari generali e Relazioni esterne affermano che ci sarà un membro del personale responsabile per i diritti umani in ciascun Ufficio del Rappresentante speciale. Trattasi di una decisione che merita plauso e che dovrebbe essere presa come modello dalla Commissione e dalle sue Delegazioni.

In seno alla Commissione, l'unità Diritti umani della DG Relazioni esterne registra una carenza di personale e di risorse al punto che non v'è personale sufficiente per coprire ogni tematica in fatto di diritti umani. Ciò significa che non si provvede abbastanza affinché altre unità si assumano pari responsabilità per tali questioni, che sono tanto importanti per le unità "geografiche". In ciascun desk geografico dovrebbe operare almeno un addetto con una job description che preveda una formazione specifica nel campo dei diritti umani. Anche l'Unità Sviluppo umano e sociale della DG Sviluppo dovrebbe essere rafforzata con risorse umane altamente specializzate in diritti umani e si dovrebbe considerare la costituzione di un gruppo inter-DG per i diritti dell'uomo.

La situazione è analoga nelle delegazioni aventi sede nei paesi terzi. E' incredibile che venga considerato "normale" che in ogni delegazione, soprattutto quelle situate in zone di conflitto, non operi almeno un membro del personale con almeno una job description che includa tale settore. Occorrerebbe istituire un obbligo di formazione per tutto il personale operante "sul campo", al fine di familiarizzarlo con gli strumenti specifici in materia di diritti umani.

Infine, è opportuno che giunga a conclusione il dibattito in corso fra Parlamento e Commissione in merito alla necessità di una base giuridica distinta che mantenga l'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo. Il relatore auspica che il Parlamento adotti una ferma presa di posizione che garantisca il mantenimento del sostegno alle comuni vittime di violazioni di diritti umani in vari paesi del mondo, indipendentemente dalla volontà dei governi interessati.

Conclusioni

La presente relazione delinea su base "sperimentale" il modo in cui la Relazione annuale del Parlamento può davvero affrontare la questione dell'efficacia dell'operato dell'Unione europea in fatto di promozione dei diritti umani. Il successo dell'esperimento dipenderà dalla volontà del Consiglio e della Commissione di cooperare sui numerosissimi e specifici punti necessariamente contenuti nelle nostre raccomandazioni, oltre che dall'impegno dei membri del Parlamento a seguire questo nuovo approccio. Per questo chiedo il vostro sostegno.

ALLEGATO I – SINGOLI CASI SOLLEVATI DAL PARLAMENTO EUROPEO

ANNEX I - INDIVIDUAL CASES RAISED BY THE EUROPEAN PARLIAMENT

UPDATED: APRIL 2006

(Annex: List of adopted resolutions)

FOLLOW-UP OF CASES RAISED BETWEEN 2000 AND 2003

PEOPLE RELEASED

Belarus

YURI BANDAZHEVSKY, released in August 2005.

The scientist was sentenced to 8 years' hard labour on 18 June 2001 for denouncing the health situation in Belarus after the explosion of the Chernobyl nuclear power plant. The European Parliament called on President Loukachenko to ensure that his case was reviewed by an independent commission and reiterated its call for his immediate release again in 2005.[1] On 31 January the Commission of the Penal Settlement voted unanimously for the refusal of parole to which he was entitled in accordance with article 90 of the penal code of the Belarus Republic (good conduct). In August 2005, however, Professor Bandazhevsky was conditionally released from prison. Restrictions for the next five years on travelling or holding senior political or managerial functions have been imposed, as well as regular reporting to the police. 

Dagestan

ARJAN ERKEL, set free on 11 April 2004.

After being kidnapped 12 August 2002, the head of the Médecins Sans Frontiers mission in Dagestan was freed during a raid by Russian secret service.

Eritrea

DAWIT ISAAK, released on 19 November 2005.

The proprietor of the former weekly Setit and Swedish citizen since the 1980s had been arrested on 23 September 2001 together with other journalists in a major police sweep five days after the suspension of all civil liberties in the country. Shortly before his detention he published a letter of fifteen reforms-minded cabinet members, who were unanimously demanding an investigation of the facts that lead to the war in Eritrea. Dawit Isaak was detained for more than four years without trial and completely cut off from the outside world. The Swedish authorities have on several occasions tried to visit him, but the Asmara government always refused to allow it. The European Parliament reiterated its call for immediate release of the detainees.[2]

Iran

Dr HASHEM AGHAJARI, released on 31 July 2004.

The head of the history department at the Tarbiat Moadres University, Teheran, a prominent member of the reformist movement was condemned to death for blasphemy in November 2002 after calling for a ‘religious renewal of Shiite Islam’ in which Muslims should not ‘blindly follow religious leaders'. The judgement sparked the largest student protests for years and legal battles with judges. The case was reviewed by Iran's Supreme Court, who quashed the death sentence in February 2003. On the occasion of a re-trial the regional court upheld its former death sentence enhanced by a 10 year ban on teaching, eight years in jail and 74 lashes. Finally he was sentenced to five years imprisonment, but released on bail by a Supreme Court ruling on 31 July 2004.

Kazakhstan

SERGEI DUVANOV, released on 16 August 2004.

The journalist and editor of a human rights bulletin was released because of "good conduct" after serving half of his three-and-a-half-year prison sentence. Most of his civil and political rights were restored. The leading independent journalist had been charged of sexual offences with a minor in 2001. According to Human Rights groups the case was a propaganda trial based on equivocal evidence in order to phase out an unwanted independent journalist, who published an online article about the president's murky banking transactions in Switzerland. With regards to the pressure by the OSCE, whose presidency Kazakhstan is aiming on in 2009 and the strong resolution of the European Parliament [3] the government of Kazakhstan seems to have given in to the international criticism.

Malaysia

ANWAR IBRAHIM, released on 2 September 2004.

The famous political opponent had spent 6 years in prison for "crime of sodomy".

Turkey

LEYLA ZANA, Sakharov Prize Laureate, released on 9 June 2004.

The former Kurdish MP and Sakharov Prize laureate of 1995, Leyla Zana and the 3 other Kurdish deputies of the banned DEP, Mr Hatip Dicle, Mr Orhan Dogan and Mr Selim Sadak had been sentenced to 15 years' imprisonment for their political activities in support of the fundamental rights of the Kurdish people. On 9 June 2004 they were released after having spent 10 years in prison. At the time when she was awarded the Sakharov Prize, she was already imprisoned. On 14 October 2004, she could finally address the plenary in person in a special "Sakharov Prize" ceremony.

In July 2001 the European Court of Human Rights had condemned Turkey for the way Leyla Zana's trial had been conducted. On 11 January 2005, Leyla Zana reached a "friendly settlement" at the European Court of Human Rights and received financial compensation from the Turkish state for the latter's violation of the applicants' right to free expression.

Vietnam

FATHER NGUYEN VAN LY, released in early 2005.

He was imprisoned since May 2001 for having expressed his religious faith peacefully.

Zimbabwe

ROY BENETT, released on 28 June 2005.

In the case of the opposition MP Roy Benett, who has been denunciated by Mugabe and his regime for years, the Parliament denounced a fifteen months prison sentence with three months suspended handed down on him on 28 October 2004.[4] He allegedly attacked Justice Minister Patrick Chinamasa in May 2004 during a parliamentary session. The sentence was decided by a parliamentary vote and was only the last stage of a vicious campaign against the main opposition party "Movement for Democratic Change" (MDC), whose leader Morgan Tsvangirai has constantly been harassed by the governmental regime.

MORGAN TSVANGIRAI, the state withdrew charges in August 2005.

On 11 August 2003, the Zimbabwean High Court ruled that opposition leader Morgan Tsvangirai should be tried for treason, because state lawyers demonstrated that he may have plotted to kill President Mugabe in 2001. On 15 October 2004, the High Court acquitted Mr Tsvangirai. Similarly he was faced with treason charges in 2005, but in August 2005 the state withdrew charges before plea.

DEATH SENTENCE COMMUTED TO LIFE IMPRISONMENT

Tibet

TENZIN DELEG RINPONCHE, Buddhist lama.

His execution was suspended for two years and commuted to life imprisonment on 26 January 2005.

On 2 December 2002, the Intermediate People's Court of Ganzi Tibetan Autonomous Prefecture sentenced the influential Buddhist lama and his attendant, Lobsang Dhondup, (who was executed on 26 January 2003), to death for alleged 'action against the security of the State'.

On several occasions, the European Parliament urged the Chinese Government to commute Tenzin's death penalty to life imprisonment according to its own statement to which anyone sentenced to death who commits no crime of intent during the period of suspension shall have their punishment commuted to life imprisonment on the expiration of the two-year period.[5] The Parliament has adopted further resolutions in which it expressed its concerns on Tenzin's imprisonment conditions and called for his immediate release.[6]

The EU, although it welcomed the decision, remained very concerned about the persistent doubts surrounding the impartiality of Tenzin Deleg Rinpoche's trial, and asked the Chinese authorities to continue to brief it on developments in this case.[7]

Turkey

ABDULLAH ÖCALAN, leader of the outlawed Kurdistan Worker's Party PKK.

Following the abolition of the death penalty in Turkey in August 2002, the death sentence was commuted to life imprisonment in September 2002.

The European Court of Human Rights had already convicted Turkey in 2003 in particular denouncing the lack of an independent and impartial tribunal, the long delay in bringing the case to court and the restricted access to the case file. Moreover the Court stated that the imposition of the death sentence following an unfair trial amounted to inhuman treatment in violation of Article 3 of the European Convention on Human Rights. In July 2003 the case was referred to the grand chamber. On 12 May 2005, the Grand Chamber of the ECHR confirmed that his trial was 'unfair'. The Court did not directly call for a retrial but said retrying or reopening the case would be an appropriate way of redressing the violation.

STILL IMPRISONED

Burma (Myanmar)

DAW AUNG SAN SUU KYI, Sakharov Prize laureate of 1990, remains under house arrest since 31 May 2003.

In December 2004, while 9.000 prisoners were allegedly released by the military government, the measures on Suu Kyi were tightened restricting access by her doctor and the withdrawal of some of her party members, securing her compound. On 16 January, however, the roadblock outside San Suu Kyi's house was removed. Suy Kyi has spent 10 of the last 16 years in detention. Under Myanmar law, a person can be detained without trial for up to five years. Suu Kyi has never been tried. In December 2005, the NLD submitted an appeal to the junta claiming her house arrest was legally flawed. On 28 February 2006 the Olof Palme prize was presented to Kyi for being "an outstanding example of the efforts to attain democracy by the people of Burma, where respect for human rights, ethnic unity, and a life in peace remain only a dream", the organisers said in a statement.

The European Parliament continued to urge release and full freedom and movement and expression for Suu Kyi and other leading NLD members as well as other political prisoners held by the ruling junta.[8] Heavy pressure from the European Union and the US government lead to reopening constitutional talks in February 2005 which are supposed to draw up a new constitution as the first step in the self-proclaimed "road map" to democracy in Burma/Myanmar. In January 2006, the military rulers adjourned the talks until later this year. The talks have been condemned internationally for failing to include Aung San Suu Kyi's National League for Democracy. The NLD has boycotted the talks to demand the release of their leader and of other political prisoners. South-East Asian countries have spoken out critically against the junta and demanded the release of Aung San Suu Kyi.

Indonesia/Aceh

MUHAMMAD NAZAR, internationally recognised human rights activist.

The head of the Aceh Referendum Information Centre remains to be imprisoned after having been sentenced to a five-year prison term on 1 July 2003 on the grounds of spreading hatred against the government following his participation in peaceful pro-independence meetings. Aceh is one of the regions that have been hit hardest by the Tsunami disaster on 26 December 2004. Several human rights activist groups called for human rights to be at the centre of relief and reconstruction efforts.

Laos

PA FUE KHANG and THAO MOUA, local escorts of a journalist team.

The Belgian journalist, Mr Thierry Falise, and the French cameraman, Mr Vincent Reynaud, were arrested together with their Laotian escorts while producing a report on the Hmong ethnicity who were allied to the US during the Vietnam war and have a long history of resistance and aspirations to independence vis-à-vis the Laotian government.

After the Western reporters were released on 9 July 2003, their escorts underwent a collective trial, whose outcome was predetermined and did not allow for legal representation. Pa Fue Khang and Thao Moua face a 15 and 12 years imprisonment respectively in Samkhe prison, one of Laos´ severest jails. The third guide arrested managed to flee the inhumane conditions.

Vietnam

Venerable THICH HUYEN QUANG, Venerable THICH QUANG DO, PHAM MINH TRI, NGUYEN DUC VINH, NGO QUANG VINH

Freedom of expression and religion in Vietnam is a constant concern of the European Parliament. Parliament strongly condemns the repression of the Unified Buddhist Church of Vietnam, the Christian Montanards and the Hoa Hao Buddhist Church. Parliament is particularly concerned about the continuing isolation of the Patriarch of the UBCV, the Venerable Thich Huyen Quang, who has been living under conditions resembling house arrest since 1982, and of the Venerable Thich Quang Do, the UBCV's second-ranking leader, who has been confined to his living quarters under guard since June 2001, for having launched an appeal for democracy in Vietnam.

The European Parliament has also expressed its concern about the dramatic conditions endured by prisoners in the Z30A camp in Xuan Loc, in particular the Roman Catholic priests, Pham Minh Tri and Nguyen Duc Vinh, who have been held for more than 18 years, and a member of the Buddhist Hoa Hao sect, Ngo Quang Vinh, aged 87.[9]

NEW CASES RAISED BETWEEN JANUARY 2004 - APRIL 2006

ALGERIA

 · 

· Mohamed BENCHICOU, editor of “La Matin”, sentenced to two years imprisonment on 14 June 2004, for infringement of the law concerning exchange control and capital movements, while his newspaper went into compulsory liquidation in June 2004.

 · 

· Ahmed BENAOUM, head of the Erraï Elarm press group, imprisoned on 28 June 2004. He was acquitted by a court in Oran on 19 June 2005[10].

 · 

· Journalists working for privately owned French language newspapers sentenced for violating of press laws: Farid ALILAT (sentenced on 28.6.2005); Fouad BOUGHANEM and Haakim LAÂLAM (both sentenced on 17.5.2005); Abla CHEÉRIF, Hassane ZERROUKY, Youssef REZZOUG and Yasmine FERROUKHI (all sentenced on 20.4.2005); Hafnaoui GHOUL (detained on 24.5.2004 and released on 25.11.2004).

Parliament called on the Algerian authorities to release without delay the JOURNALISTS sentenced to imprisonment for libel, to end judicial persecution of the Algerian private media for their opinions and halt the legal proceedings initiated against the Algerian private media.[11]

BELARUS

Parliament strongly condemned the Belarus regime’s indiscriminate attacks on the MEDIA, JOURNALISTS, MEMBERS OF THE OPPOSITION, HUMAN RIGHTS ACTIVISTS, and any person who attempt freely to voice criticism of the President and the regime.[12]

· Vieronika CHERKASOVA, stabbed to death in her home in Minsk on 20 October 2004.

In its resolution of 28 October 2004 the Parliament urged the Belarusian authorities to investigate thoroughly the murder of Cherkasova who had been working as an independent journalist for the Sokidarnost trade union newspaper when carrying out an investigation on illegal arm sales between the Belarusian government and Iraq. [13]

· Paval MAZEKA and Mikola MARKIEVIC, journalists from the newspaper “Pahonia”; Viktar IVASKIEVIC, journalist from the newspaper “Rabočy”; all sentenced to between 6 and 9 months in prison.[14]

Over the past few years more than 20 independent mass media entities have been closed for “technical reasons”, while it was clear that the regime wanted to undermine the free press and media in the country.

The European Parliament again passed strong-worded resolutions on the deteriorating situation of MEMBERS OF THE POLITICAL OPPOSITION in Belarus and their legitimate right to peaceful protest against President Lukashenko and his government. In connection with both the referendum and the parliamentary elections on 17 October 2004 and the presidential elections on 19 March 2006, the European Parliament registered massive repression and politically motivated persecution against opposition candidates who peacefully demonstrated the days following the election.[15]

· Valery LEVONESKY and Alexander VASILYEV, sentenced to two years imprisonment.

Valery Levonevsky and Alexander Vasilyev promoter of a demonstration on 1 May 2004, were sentenced for defamation and insult of the president in a satirical leaflet. Both were about to run as candidates in the 2004 general elections, but have been struck off the list due to their criminal record. The Parliament called on the Belarus authorities to immediately release them and all other imprisoned political opponents of the regime.[16]

· Mikhail MARYNICH, a prominent opposition activist, former Minister for External Economic Relations, Ambassador and presidential candidate in 2001, released on parole on 14 April 2006 after almost two years’ imprisonment.

Parliament followed closely the case of Mikhail Marynich who was detained in April 2004 and convicted in December that year of "embezzlement by means of abuse of his official position executed on a large scale". He was sentenced to 5 years' imprisonment (which on 18 February 2005 was reduced to 3 years and 6 months on appeal) in a hard labour colony with confiscation of property. Parliament considered that he had in fact been convicted for political reasons rather than having committed a crime.[17]

· Anatoly LEBEDKO, leader of the Union Party, beaten up in a public restaurant in Minsk.

· Mikola STATKEVIC, leader of the Belarusian Social Democratic Party, and Paval SEVIARYNEC, leader of the Malady Front, sentenced to three years of corrective labour on 31 May 2005 (later on reduced to two years).

Both political leaders were arrested together with some 40 or 50 other demonstrators and freed after harsh criticism on behalf of the European Parliament already on 1 and 4 November 2004 respectively. But, on 23 March 2005, formally charged for the “organisation of group actions disturbing public peace or active participation in them”, they were sentenced to three years. As a result of an amnesty declared in connection with the 60th anniversary of the Second World War their sentences were automatically reduced to two years. The European Parliament reiterated its call on the Belarus authorities for their immediate release[18].

· Yuri ZAKHARENKO, former Minister of the Interior, disappeared.

· Victor GONCHAN, former Vice-President of the Parliament of Belarus, disappeared.

· Dmitry ZAVADSKI, cameraman of Russian Television Channel ORT, disappeared.

· Anatoly KRASOVSKY, a business man, disappeared.

The European Parliament called for an independent investigation on their disappearance. [19]

BURMA (Myanmar)

· Hkun HTUN OO, Chairman of the Shan Nationalities League for Democracy, held in prison since February 2005 and sentenced to 90 years.

· General Hso HTEN, President of the Shan State Peace Council, held in prison since February 2005 and sentenced to 109 years.

Parliament demanded the immediate release and full freedom of movement and expression of all political prisoners held by the State Peace and Development Council.[20]

On 6 July 2005, the Junta released 249 prisoners, most of them political prisoners, among them Sein Hla Oo, ex-journalist and member of the NLD party. The liberations were seen as a result of a massive international mobilisation against the Burma regime and for the release of political prisoners; numbers of releases had doubled on the occasion of Aung San Suu Kyi's 60th birthday, on 28 June 2005.

CAMBODIA

The European Parliament reiterated its strong condemnation of the human rights situation in Cambodia, where during recent years HUMAN RIGHTS ACTIVISTS, JOURNALISTS, TRADE UNIONISTS AND OPPOSITION SUPPORTERS have been intimidated, arrested and killed, creating a climate of political violence in the country.[21]

On 3 February 2006, government lawyers officially withdrew criminal complaints[22] against

· Kem SOKHA, President of the Cambodian Centre for Human Rights (CCHR),

· Pa NGUON TEANG, Acting Director of the Cambodian Centre for Human Rights and Radio Director,

· Rong CHHUNG, President of the Cambodian Independent Teachers´ Association,

· Mam SONANDO, Director of the Beehive Radio,

· Prince SISOWATH THOMICO, secretary to former King Sihanouk,

· Chea MONY, President of the Free Trade Union of Workers,

Criminal charges filed by the courts in response to the complaints remain pending[23] against

· Ea CHANNA, Deputy Secretary General of the Student’s Movement for Democracy,

Men NATH, President of the Cambodian Independent Civil Servant’s Association,

Say BORY, advisor to former King Sihanouk.

In its resolution of 10 March 2005 the European Parliament focused on the case of three parliamentarians who belong to the liberal Sam Rainsy Party and whose immunity was lifted on 3 February 2005 by the National Assembly of Cambodia. The Parliament called upon the government of Cambodia for the immediate and unconditional release of Cheam Chany and re-imposition of the opposition parties’ member immunity. [24]

 · 

· Sam RAINSY pardoned by King Norodom on 5 February 2006, returned to Cambodia on 10 February 2006.

· Cheam CHANNY, pardoned by King Norodom on 5 February 2006, released on 6 February 2006.[25]

· Chea POCH returned home in August 2005; he is said to be hiding, but his true fate remains unknown.

Being a member of Prince Ranaridh’s Funcinpec Party, Sam Rainsy lost his parliament seat due to a vote of no confidence in 1994. This in turn prompted the foundation of the Khmer National Party which was changed later into Sam Rainsy Party. The party constantly faced severe hostility from its political opponents which eventually culminated in an attack, allegedly carried out by supporters of the leading Cambodian People’s Party (CCP) on Mr Sam Rainsy in 1997, leaving 16 people dead. After the elections in 2003, the party was excluded from entering the government through a coalition of the Funcipec Party with the CCP. Having accused Mr Sam Rainsy of libel and slander, the National Assembly overturned the immunity of three of its members belonging to Sam Rainsy´s party. In December 2005 Sam Rainsy was sentenced in absentia to 18 months’ imprisonment on defamation charges brought by the Prime Minister and the President of the National Assembly.

Sam Rainsy and Chea Poch went to exile.

Cheam Channy was taken into custody charging him of plotting against the CCP-led government. In August 2005 he was sentenced to seven years’ imprisonment.

CHINA

Parliament demanded the unconditional release of all CHINESE CATHOLICS incarcerated on account of their religious convictions and the immediate cessation of all kinds of violence towards them.[26] The resolution included disappeared and arrested clergy:

· Mgr James Su ZHIMIN (bishop of the diocese of Baoding, Hebei), 72;

· Mgr Francis An SHUXIN (auxiliary bishop of the diocese of Baoding, Hebei), 54;

· Mgr Han DINGXIAN (diocese of Yongnian/Handan, Hebei), 66;

· Mgr Cosma Shi ENXIANG (diocese of Yixian, Hebei), 83;

· Mgr Philip Zhao ZHENDONG, (diocese of Xuanhua, Hebei), 84;

· Fr Paul Huo JUNLONG, (administrator of the diocese of Baoding), 50;

· Mgr Shi ENXIANG (diocese of Yixian Hebei province), 83;

· Zhang ZHENQUAN and Ma WUYONG (diocese of Baoding, Hebei);

· Fr Li WENFENG, Fr Liu HENG, and Fr Dou SHENGXIA (diocese of Shijiazhuang, Hebei);

· Fr Chi HUITIAN (diocese of Baoding, Hebei);

· Fr Kang FULIANG, Chen GUOZHEN, Pang GUANGZHAO, Yin RUOSE, and Li SHUNJUN (diocese of Baoding, Hebei);

· Fr Lu XIAOZHOU (diocese of Wenzhou, Zhejiang);

· Fr Lin DAOMING (diocese of Fuzhou, Fujian);

· Fr Zheng RUIPIN (diocese of Fuzhou, Fujian);

· Fr Pang YONGXING, Fr Ma SHUNBAO, and Fr Wang LIMAO (diocese of Baoding, Hebei);

· Fr Li JIANBO (diocese of Baoding, Hebei);

· Fr Liu DELI;

· Pastor Zhang RONGLIANG, 53, one of the founders of the China for Christ Church.

CUBA

· Oscar Espinsa CHEPE, political prisoner, released on 30 November 2004.

· Paul RIVERO, political prisoner, poet, released on 30 November 2004.

· Edel Jose GARCIA, political prisoner, journalist, released on 30 November 2004.

The imprisonment of DISSIDENTS in Cuba gave special rise of concern to the Parliament, which has ever since sharply denounced the ongoing breach of fundamental rights by the local regime.[27] Particular concerns were expressed regarding Oscar Espinsa Chepe, who suffered from a serious illness. On 30 November 2004 six dissidents were released by the Cuban authorities, among them Oscar Espinosa Chepe as well as Paul Rivero and Edel Jose Garcia.

· Oswaldo PAYA SARDINAS, Sakharov Prize laureate in 2002.

Since the Sakharov Prize award ceremony in 2002, Oswaldo Payá Sardinas, author of the Manifesto ‘Todos Unidos’ which is the origin of the Varela Project calling for a referendum on open elections, freedom of speech, freedom for political prisoners and free enterprise, has been systematically denied the freedom to leave Cuba again and to accept the invitations issued by the Parliament and by other European Union bodies. With the adoption of various resolutions, Parliament renewed its invitation to Oswaldo Payá and reiterated its call on the Cuban authorities to permit him to travel to Europe to appear before the Community institutions. [28]

· LADIES IN WHITE (Damas de Blanco), Sakharov Prize laureate in 2005.

Parliament condemned the fact that the Ladies in White were refused by the Cuban authorities permission to travel to the seat of the European Parliament on the occasion of the award ceremony. Parliament highlighted that the travel ban violates one of the basic human rights, namely the right to freely leave and return to one’s own country, as enshrined in the Universal declaration of Human Rights.[29] With the award of the Sakharov Prize to the group of wives, mothers and daughters of the political prisoners, the European Parliament drew the attention to the continuing detention of most of the 75 political dissidents, mainly supporters of the Varela Project, who were arrested in March 2003.

EGYPT

· Dr Ayman NOUR, a former journalist and lawyer, now leader of Al-Ghad Party and member of the Egyptian Parliament, was sentenced to 5 years’ imprisonment on 24 December 2005.

On 29 January 2005 Ayman Nour was stripped of his immunity and on the same day immediately arrested when leaving the parliament building in Cairo. He was accused of forging more than 2,000 signatures in an effort to obtain formal party status for his Al-Ghad camp, which intended to stand in the run-off for the parliamentary elections in 2006. The detention was followed by some dissident demonstrations protesting against the 24 years continuous rule of Hosni Mubarak. On 31 January 2005 the authorities extended Ayman Nour´s arrest, during which he allegedly was mistreated, for another 45 days. Following the protests by the European Parliament [30] and other international institutions he was released on bail on 11 March 2005 and ten days later formally charged for forging signatures. On 24 December 2005, Ayman Nour was sentenced to 5 years’ imprisonment for allegedly falsifying some of the 50 signatures needed to register his party for the 2006 elections.

Parliament strongly urged the Egyptian authorities to ensure that Ayman Nour is not subjected to torture or other forms of ill-treatment and that he is given prompt, regular and unrestricted access to his lawyers, doctors (as he is diabetic) and family.[31] The EU Presidency declared that “this verdict send negative signals about democratic political reform in Egypt. The EU expects that any appeal application by Mr Nour will be looked at fairly by the Egyptian Courts.” [32]

In its resolution of 6 April 2006, the Parliament renewed its demand to release Dr Ayman Nour. The Parliament also expressed its concern in respect of the Dr Nour’s trial before the Court of Cassation on 18 May considering the fact that the judge who was chosen to head the tribunal is the same one who confirmed the forgery of the election process last November. Furthermore the Parliament proposed an ad hoc delegation to visit Ayman Nour if he remains in prison following the court hearing. [33]

ETHIOPIA

· Professor Mesfin WOLDEMARIAM, founder and former President of the “Ethiopian Human Rights Council”, the country’s first independent human rights organisation, arrested in May 2005.

· Dr Berhanu NEGA, a well-known economist and the leader of the main opposition Coalition for Unity and Democracy (CUD) party, arrested in May 2005.

The Parliament raised the cases of eminent HUMAN RIGHTS ACTIVISTS AND POLITICAL PRISONERS in Ethiopia and focused on the cases of Mesfin Woldemariam and Berhanu Nega.[34] Having been harassed on several occasions, they were arrested together with more that 100 people, following the protests after the elections in May 2005. Their demand for bail was denied on 4 January 2006, and the trial will resume in February 2006. Under Ethiopian law, the possible sentence ranges from three years’ imprisonment to the death penalty.

IRAN

In its resolution of 28 October 2004 [35] the Parliament denounced two CASES OF MINORS SENTENCED TO DEATH and urged the Iranian authorities to respect the provisions as laid down in the International Covenant on the Rights of the Child, which Iran is party to, and to prevent any further application of the death penalty to minors. In the same resolution the European Parliament called on the Iranian authorities to immediately halt all stoning penalties and to give evidence that they were willing to implement their publicly declared moratorium on stoning. [36]

· Ateqeh RAJABI, a 16-year-old girl, was said to have been publicly hanged in the city of Neka, Northern Iran.

Despite an alleged mental illness and after refusal of access to a lawyer Ateqeh Rajabi was convicted by a Court for acts that were seen “incompatible with chastity.” It is reported that during the proceedings the judge, a conservative cleric, who handed down the death sentence, harshly criticized her dress. The decision was upheld by a Supreme Court ruling shortly before her execution, where it was allegedly the judge of first instance who put the noose around her neck. The same night her body was said to be removed out of the grave. Despite an international ID card proving her age to be 16, the officials regarded her to be 22 years old.

· Zhila IZADI, a 13-year-old girl, initially convicted to death by stoning, later on sentenced to 55 lashes.

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· Bakhtiar IZADI, her 15-year-old brother, convicted to 150 lashes, later on reduced to 55 lashes.

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· Brother and sister were said to have had sexual relations with each other. After pressure from in and outside Iran, both were sentenced to 55 lashes each and released. Zhila Izadi reportedly received her punishment only a few days before giving birth to a child, which was immediately taken away from her. She is still in very poor physical and mental condition and called international human rights agencies for assistance. Due to her social and cultural environment (it was her father who brought up the case to the courts) she has to live under constant pressure, as incest between minors is seen as a massive shame for the family.

· Leyla MOAFI, aged about 20, charged with acts contrary to chastity; stay of execution.

Leyla Moafi was arrested in early 2004 and charged with "contrary to chastity". On 27 March 2005 the Supreme Court overturned the death sentence, but upheld the sentence of flogging and of three and a half years imprisonment. The judge also ordered that following the completion of her prison sentence, she should reside for eight months in a women's rehabilitation centre. Leyla Mafi is known to have had her sentence of 99 lashes inflicted in February 2006. Afterwards she was moved to a women's rehabilitation centre in Teheran.[37]

Parliament welcomed the stay of execution of Leyla Moafi, whose case was referred to forensic psychiatrists to examine her mental condition. Parliament insisted however that the alleged crimes are not an internationally recognisable criminal offence and their persecution does not comply with international human rights standards.[38]

The European Parliament repeatedly expressed its concerns on the situation concerning fundamental rights of JOURNALISTS in Iran.[39]

In its resolutions of 28 October 2004 and 13 January 2005 it demanded that the Iranian Parliament should repeal all criminal provisions dealing with the peaceful expression of opinions, including the press and called upon the authorities to release all prisoners prosecuted or sentenced for press- and opinion-related offences.

· Omid MEMARIAM, Masoud GHREYSHI, Javad Ghoam TAMAYOMI, Reza VATANIKHA, Mehdi DERAYATI, Sharam RAFIHZADEH, Hanif MAZROOI and Rozbeh EBRAHIMI. Hanif Mazroi was released on 11 November 2004 and Rozbeh Ebrahimi on 26 November 2004[40].

Parliament called in particular for the release of these eight online journalists who allegedly contributed to reformist orientated Internet sites. They were detained without having been formally charged whereas at the same time access to lawyers and family members was refused.

· Emadeddin BAGHI, journalist under travel ban.

The case reflects the current situation for journalists in Iran: Authorities prevented him from leaving the country as he intended to make a trip to Europe and Northern America for the promotion of human rights in his country. The Parliament thus urged the authorities in its resolution of 28 October 2004 to lift the travel ban immediately. In December 2005 he was still not allowed to leave the country.

· Hassan Yuseffi ESHKEVARI, Hossein GHAZIAN, Abbas ABDI, Reza ALIDJANI, Taghi RAHMANI, Hoda REZAZADEH-SABER, Iraj JAMSHIDI, Ensalfali HEYDAYAT, imprisoned.

Parliament recalled the ongoing imprisonment of these prominent journalists, which would stand in clear contrast with the right to freedom of expression. [41]

· Akbar GANJI, journalist, sentenced to six years' imprisonment in July 2001, released on 17 March 2006.

Akbar Ganji was arrested in April 2000, together with 17 other Iranian journalists and intellectuals who had taken part in a cultural conference in Berlin. He was sentenced to 10 years’ imprisonment, which was reduced on appeal to six months, for “taking part in an attempt against national security” and “propaganda against the Islamic system”. In July 2001 he was tried on charges of “collecting confidential state documents to jeopardize state security” and “spreading propaganda” and sentenced to six years’ imprisonment.

Both, President Borrell as well as the chair of the Delegation for Relations with Iran sent a letter to the Ambassador of Iran concerning the situation of Ganji. During its visit to Tehran on 21-24 April 2005, the Bureau of the EP Delegation was not allowed to visit him. Akbar Ganji was released on 17 March 2006 with no other pending charges against him[42].

IRAQ

Indiscriminate violence and in particular widespread terrorist attacks against civilians, religious minorities, police forces and soldiers of the multinational force, the taking of hostages, including journalists and NGO personnel and atrocious unpunished murders remain a notorious and constant concern of the European Parliament. It has been extremely worried about the constant threat of ABDUCTION OF AID WORKERS AND JOURNALISTS. [43]

· Simona TORRETTA and Simona PARI, Italian aid workers, released on 16 September 2004.

· Christian CHESNOT and Georges MALBRUNOT, kidnapped on 20 August 2004, released in December 2004.

The hostages were released after unprecedented protests by the media and public.

KAZAKHSTAN

· Altynbeck SARSENBAYEV, a prominent politician and the co-chairman of the True Ak Zhol opposition party, murdered on 13 February 2006, together with his bodyguard and driver.

In its resolution of 16 March 2006 [44] the Parliament condemned the killings and expressed its great concerns on the jailing of opposition activists and journalists for holding a rally on 26 February 2006 in memory of Altynbeck Sarsenbayev. The Parliament called on the Kazakhstan authorities to carry out the ongoing investigation into the circumstances of his death in a full, independent and transparent manner.

· Nurkadilov ZAMANBEK, opposition leader, was found shot dead in unexplained circumstances on 12 November 2005.

Nurkadilov Zamanbeck died after he had accused the government of corruption. The official investigation concluded that he had committed suicide.

MALDIVES

The European Parliament sharply criticised the large-scale detention incommunicado in the Maldives and demanded the release of pro-democracy reformers, while at the same time calling for reforms to give way to democratisation and the respect of human rights.[45]

Following demonstrations on 12 and 13 August 2004 in the capital Male, which were directed against the slow pace of political reforms of president Gayoom´s government, at least 69 people were detained. On 22 August the government allegedly released 62 detainees, while hundreds remain to be detained. According to Amnesty International the exact numbers of POLITICAL PRISONERS are difficult to assess. An EU delegation visiting the Maldives was denied access.

Parliament's resolution mentioned the names of prominent LEADERS OF THE MADLIVES DEMOCRATIC PARTY detained in August 2004 such as

· Dr Mohamed MUNAVVAR MP (former Attorney General),

· Ali FAIZ MP,

· Ilyas HUSSEIN MP,

· Ahmed SHAFEEQ MP,

· Ahmed ADIL MP,

· Dr Hussein Rasheed HASSAN MP (member of the National Human Rights Commission),

· Ibrahim Hussain ZAKI (the widely respected diplomat and former secretary-general of the South Asian Association for Regional Cooperation (SAARC),

· Ibrahim ISMAIL MP,

· Mohammed NASEEM MP,

· Ahmed ATHIF MP,

· Gasim IBRAHIM MP, (former President of the SAARC Chamber of Commerce and the pro-reform candidate for the post of Speaker in the Maldivian Parliament).

At the same time hundreds of other people were said to be held incommunicado some of them being subject to torture, among them public figures such as

· Husnoo ALSNOOD (lawyer and member of the National Human Rights Commission),

· Fathimeen NISREEN,

· Mohammed NIYAZ,

· Ahmed Ibrahim DIDI,

· Mohamed ZAKI,

· Ibrahim ZAKI,

· Maria MANIKE,

· Jennifer LATHEEF,

· Aminath NAJEEB,

· Mohammed NASEEM,

· Asad WHAEED.

PAKISTAN

· Javed HASHMI, leader of the opposition Alliance for the Restoration of Democracy, sentenced to 23-years in prison in April 2004.

Javed Hashmi, leader of the Alliance aiming at restoring democracy and the rule of law in Pakistan since its foundation in 1999, was convicted on seven counts for having allegedly forged a critical letter on behalf of irked military staff. The Alliance supporters reckon the verdict to be politically motivated.

The European Parliament continued to express its concerns on the detention of Javed Hashmi. It called on his immediate release and stressed that politically motivated trials and sentences cannot be accepted. [46]

PHILIPPINES

· Francisco LARRANGA, European citizen, sentenced to death for rape and murder of two sisters.

Parliament asked the President of the Philippines to exercise her power by granting an absolute pardon to Francisco Larranaga and securing his immediate release from prison. Parliament called also for a review of the legal procedure in this case and asked for a fair trial to be held on the basis of respect for all legal, penal and jurisdictional guarantees. Parliament also asked to commute the death penalty of the prisoners on death row, particularly the 18 child offenders.[47]

Francisco Larranga's death sentence was confirmed in July 2005 without further possibilities for appeal. But on 21 November 2005, the Spanish Defence Minister José Bono said he had received assurances from Philippine President Gloria Macapagal-Arroyo that Larrañaga would not be executed while she remained in power[48].

RUSSIA

· Stanislav DMITRIYEVSKY, chief executive for the Russian-Chechen Friendship Society and editor in chief for the Nizhni Novgorod newspaper “Pravo-zaschita” (“Human Rights Activism”), sentenced to a two-year suspended jail term.

On 19 January 2006, Parliament called for the dropping of all charges against Stanislav Dmitriyevsky who has been sentenced for having published in his newspaper Aslan Mashkado´s appeal for peace in Chechnya. [49]

Parliament urged the Russian authorities to respect the freedom of the media and journalists which recalled its precedent calls on Russia to protect human rights defenders, who are increasingly coming under attack, and to grant access to Chechnya to UN Special Rapporteurs and other international human rights monitors, independent media and international humanitarian organisations providing where possible, all the necessary security conditions for carrying out their work.[50]

SUDAN

· Dr Mudawi Ibrahim ADAM, the Chairperson of the Sudan Social Development Organisazion (SUDO), released on 16 May 2006 after two weeks of detention. [51]

Dr Adam was arrested together with his colleague Yasir Salim and driver Abdalla Taha, shortly before he was due to travel to Ireland to receive Front Line Human Rights Defender award from the President of Ireland.

Parliament condemned the arrests and called the Sudanese authorities to release all without delay.[52]

· Amouna Mohamed AHMED (17), Fayza Ismail ABAKER (16), Houda Ismail Abdel RAHMAN (17) and Zahra Adam ABDELA (17) charged of murder.

The four girls were attacked on 6 March 2006 outside Al Shareif camp. The aggression lead the death of the attacker: whereas the police referred the case of the four girls to the Prosecution Attorney on charges of murder. In its resolution on 6 April 2006 the Parliament called on the Government of Sudan to release the girls while their case was investigated. Parliament also considered that the girls should be given appropriate care as victim of attempted rape.[53]

SYRIA

On 8 September 2005, Parliament passed a resolution on several individual cases in Syria [54], among them

· Riad SEIF, parliamentarian, released in January 2006 after having served three quarters of his prison sentence.

 · 

· Mamoun AL-HOMSI, parliamentarian, released in January 2006 after having served three quarters of his prison sentence.

 · 

According to informed sources in Damascus, both parliamentarians were interim detained again in 15 February 2006 because of “statements that violate limits” and “contacting the outside”.[55] Mamoun Al-Homsi, disappeared after having been requested again for interrogation. He remains still unseen.

· Hasan ZEINO, civil activist.

· Yassin al-HAMWI, civil activist, released on 27 September 2006.

· Muhammad Ali al-ABDULLAH, civil activist, released on 27 September 2006.

Yassin al-Hamwi and Muhammed Ali al-Abdullah were found not guilty of “establishing and belonging to a secret society” by the Military Court on September 27, but guilty of “defamation of the public administration”. They were sentenced to 10 days’ imprisonment, which they had already spent in custody, and released immediately.[56]

· Haytham AL-HAMWI, Yassin al-Hamwi’s son, arrested in 2003, sentenced to four years imprisonment.

 · 

· According to authoritative sources, Haytham Al-Hamwi was ill-treated in custody and sentenced after an allegedly unfair trail.

 · 

 · 

· Riad AL-HAMOOD, a Kurdish civil society activists, Arab language teacher and active member of the Committee for Rival of Civil Society, arrested on 4 June 2005.

 · 

· Riad Al-Hamood was arrested after a speech at the funeral of an Islamic scholar who had died in custody under mysterious circumstances. Riad al-Hamood, whilst in solitary confinement, is at serious risk of ill-treatment.

TUNISIA

· Maître Mohammed ABBOU, a well-known lawyer and human rights defender, sentenced to three-and-a-half years in jail on 28 April 2005.

Parliament condemned the conviction of Maître Abbou who has been sentenced for publishing critical articles causing “diffamation of the judiciary” and “public disorder”.[57] His lawyers have reportedly been denied permission on several occasions to visit him in prison.[58]

ALLEGATO II - ELENCO DI RISOLUZIONI

ANNEX II - LIST OF RESOLUTIONS

List of resolutions adopted by the European Parliament between July 1999 and April 2006, and relating directly or indirectly to human rights violations in the world

(http://www.europarl.europa.eu/comparl/afet/droi/others/default.htm)

Country

Date of adoption of resolution

 

AFRICA

 

 

ALGERIA

18.01.2001 / 17.05.2001 /30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 09.06.2005 / 16.02.2006

ANGOLA

17.02.2000 / 15.03.2001 /14.06.2001 / 06.09.2001 / 11.04.2002 / 04.07.2002

BURUNDI

18.11.1999 / 17.02.2000 (UNCHR) / 07.09.2000 / 07.02.2002 (UNCHR) / 23.10.2003 / 30.01.2003 (UNCHR) / 15.01.2004 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

CAMEROON

20.01.2000 / 17.05.2001 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

CENTRAL AFRICAN REPUBLIC

14.06.2001 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

CHAD

20.01.2000 / 14.06.2001 / 24.02.2005 (UNCHR) / 15.03.2006

COTE D'IVOIRE

20.01.2000 / 16.11.2000 / 14.12.2000 / 10.10.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) 10.02.2004 (UNCHR) / 18.11.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

CONGO (BRAZZAVILLE)

30.01.2003 (UNCHR)

DEMOCRATIC REPUBLIC OF CONGO

17.02.2000 (UNCHR)/ 18.01.2001 (UNCHR) / 15.02.2001 / 13.12.2001 / 07.02.2002 / 07.02.2002 (UNCHR) / 13.06.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) /15.05.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 16.12.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

DJIBOUTI

16.12.1999

EQUATORIAL GUINEA

18.05.2000 / 13.06.2002 / 16.01.2003

ERITREA

07.02.2002 / 18.11.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

ETHIOPIA

17.05.2001 / 07.07.2005 / 15.12.2005

GUINEA

15.02.2001

LIBERIA

04.09.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

LIBYA

10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 14.04.2005

MADAGASCAR

07.02.2002 / 16.05.2002

MAURITANIA

06.09.2001 / 24.02.2005 (UNCHR)

MOROCCO

10.02.2004 (UNCHR)

MOZAMBIQUE

14.12.2000

NAMIBIA

05.04.2001

NIGERIA

15.02.2001 / 15.11.2001 / 07.02.2002 (UNCHR) / 11.04.2002 / 05.09.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 13.03.2003 / 05.06.2003 / 22.04.2004

RWANDA

18.11.1999 / 17.02.2000 (UNCHR)

SENEGAL

17.11.2005

SIERRA LEONE

16.12.1999 / 17.02.2000 (UNCHR) / 18.05.2000 / 07.09.2000 / 18.01.2001 (UNCHR) / 24.02.2005

SOMALIA

05.04.2001 / 04.07.2002 / 24.02.2005 (UNCHR)

SOUTH AFRICA

05.07.2001

SUDAN

17.02.2000 (UNCHR) / 18.01.2001(UNCHR) / 21.11.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 16.09.2004 / 24.02.2005 (UNCHR) / 12.05.2005 / 06.04.2006

TANZANIA

05.07.2001

TOGO

16.09.1999 / 06.09.2001 / 13.12.2001 / 08.04.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 24.02.2005 / 12.05.2005

TUNISIA

15.06.2000 / 14.12.2000 / 14.03.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 29.09.2005 / 15.12.2005

UGANDA

17.02.2000 (UNCHR) / 06.07.2000 / 03.07.2003

WESTERN SAHARA

16.03.2000 / 14.04.2005 / 27.10.2005

ZIMBABWE

13.04.2000 / 18.05.2000 / 06.07.2000 / 15.03.2001 / 06.09.2001 / 13.12.2001 / 07.02.2002 (UNCHR) /14.03.2002 / 16.05.2002 / 04.07.2002 / 05.09.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 13.02.2003 / 05.06.2003 / 15.01.2004 / 10.02.2004 (UNCHR) / 16.12.2004 / 24.02.2005 (UNCHR) / 07.07.2005

ASIA

 

 

AFGHANISTAN

16.12.1999 / 17.02.2000 (UNCHR)/ 05.10.2000 / 18.01.2001 (UNCHR) / 14.06.2001 / 13.12.2001 / 05.09.2002 / 12.02.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

AZERBAIJAN

09.06.2005 / 27.10.2005 / 16.02.2006

BANGLADESH

21.11.2002 / 14.04.2005

BURMA (MYANMAR)

16.09.1999 / 18.05.2000 / 07.09.2000 / 16.11.2000 / 18.01.2001 (UNCHR) / 04.10.2001 / 13.12.2001 / 07.02.2002 (UNCHR) / 11.04.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 13.03.2003 / 05.06.2003 / 04.09.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 11.03.2004 / 16.09.2004 / 24.02.2005 (UNCHR) / 12.05.2005 / 17.11.2005

CAMBODIA

17.12.2000 / 18.01.2001 / 06.09.2001 / 07.02.2002 / 11.04.2002 / 13.03.2003 / 03.07.2003 / 12.02.2004 / 13.01.2005 / 24.02.2005 (UNCHR) / 10.03.2005 / 01.12.2005 / 19.01.2006

CHINA

 

 

 

 

 

 

20.01.2000 / 17.02.2000 (UNCHR) / 18.01.2001 (UNCHR) / 15.02.2001 / 05.04.2001 (UNCHR) / 07.02.2002(UNCHR)/ 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 07.07.2005 / 08.09.2005

BEIJING'S APPLICATION TO HOST THE 2008 OLYMPIC GAMES

05.07.2001

EAST TIMOR

16.09.1999 / 18.11.1999 / 17.02.2000 (UNCHR)/ 18.01.2001 (UNCHR) / 04.10.2001 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

FIJI

06.07.2000

GEORGIA

18.12.2003

HONGKONG

19.12.2002 / 15.12.2005

INDIA

16.03.2000 / 07.02.2002 / 16.05.2002 / 10.02.2004 (UNCHR) / 16.12.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

INDONESIA

16.12.1999 / 18.01.2001 (UNCHR) / 13.12.2001 / 07.02.2002 (UNCHR) / 16.05.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 05.06.2003 / 20.11.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

KALIMANTAN

15.03.2001

MOLUCCAN ISLANDS

07.10.1999 / 20.01.2000 / 06.07.2000

KASHMIR

16.03.2000 / 17.11.2005

KAZAKHSTAN

13.02.2003 / 23.10.2003 / 16.03.2006

KYRGYZSTAN

14.03.2002 / 23.10.2003 / 12.05.2005

LAOS

15.02.2001 / 15.11.2001 / 03.07.2003 / 01.12.2005

MALAYSIA

14.06.2001 / 13.06.2002

MONGOLIA

07.02.2002 (UNCHR)

MALDIVES

16.04.2004

NEPAL

07.09.2000 / 14.06.2001 / 13.12.2001 / 13.06.2002 / 24.10.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 23.10.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 24.02.2005 / 29.09.2005

NORTHERN KOREA

07.02.2002 (UNCHR) / 16.01.2003 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

PAKISTAN

18.11.1999 / 15.02.2001 / 05.04.2001 / 10.02.2004 (UNCHR) / 12.02.2004 / 22.04.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

PHILIPPINES

18.05.2000 / 18.12.2003 / 17.11.2005

SOLOMON ISLANDS

06.07.2000

SOUTHERN CAUCASUS

(Armenia, Azerbaijan and Georgia )

04.10.2001

SRI LANKA

18.05.2000 / 14.03.2002 / 20.11.2003

TAIWAN

13.04.2000 / 15.05.2003 / 07.07.2005

TAJIKISTAN

23.10.2003

TIBET

17.02.2000 (UNCHR) / 13.04.2000 / 06.07.2000 / 18.01.2001 (UNCHR) / 07.02.2002 (UNCHR) / 19.12.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004(UNCHR) / 18.11.2004 / 13.01.2005 / 24.02.2005 (UNCHR) / 15.12.2005

TURKMENISTAN and CENTRAL ASIA

15.03.2001 / 23.10.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

UZBEKISTAN

04.10.2001 / 23.10.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 09.06.2005 / 27.10.2005

VIETNAM

16.11.2000 / 05.07.2001 / 04.10.2001 / 11.04.2002 / 15.05.2003 / 20.11.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 01.12.2005

AUSTRALIA

 

 

AFGHAN REFUGEES / ASYLUM

06.09.2001

EUROPE

 

 

BELARUS

07.10.1999 / 05.07.2001 / 13.06.2002 / 04.07.2002 / 10.02.2004 (UNCHR) / 28.10.2004 / 24.02.2005 (UNCHR) / 10.03.2005 / 07.07.2005 / 29.09.2005 / 16.02.2006 / 06.04.2006

BULGARIA

15.12.2005

BOSNIA-HERZEGOVINA (Banja Luca)

17.05.2001

CYPRUS

05.04.2001

FEDERAL REPUBLIC OF YUGOSLAVIA

17.02.2000 (UNCHR) / 16.03.2000 / 15.06.2000 / 14.12.2000

FORMER YUGOSLAV REPUBLIC OF MACEDONIA (FYROM)

05.10.2000

IRELAND (Immigration)

13.12.2001

KOSOVO

22.07.1999 / 16.09.1999 / 07.10.1999 / 18.11.1999 / 17.02.2000 (UNCHR) / 17.02.2000 / 15.06.2000 / 15.02.2001 / 01.04.2004

MALTA (Refugees camps)

06.04.2006

MOLDOVA

14.03.2002 / 11.04.2002 / 18.12.2003 / 24.02.2005 / 16.03.2006

ROMANIA

15.12.2005

RUSSIA

18.11.1999 / 17.02.2000 (UNCHR) / 18.01.2001 (UNCHR) / 18.01.2001 / 07.02.2002 / 07.02.2002 (UNCHR) / 04.07.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 26.05.2005 / 15.12.2005

RUSSIAN REPUBLIC OF CHECHNYA

07.10.1999 / 18.11.1999 / 20.1.2000 / 17.02.2000 / 17.02.2000 (UNCHR) / 16.03.2000 / 13.04.2000 / 18.01.2001 (UNCHR) / 15.02.2001 / 07.02.2002 (UNCHR) / 16.01.2003 / 30.01.2003 (UNCHR) / 03.07.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 19.01.2006

RUSSIAN REPUBLIC OF DAGESTAN

16.09.1999

RUSSIAN REPUBLIC OF MARI EL

12.05.2005

SERBIA AND MONTENEGRO

16.09.2004 / 07.07.2005 / 29.09.2005

TURKEY

22.07.1999 / 13.04.2000 / 07.09.2000 / 18.01.2001 / 13.12.2001 / 15.05.2003 / 22.04.2004 / 28.09.2005 / 16.02.2006

UKRAINE

11.03.2004 / 28.10.2004 / 02.12.2004 / 13.01.2005 / 06.04.2006

AMERICA

 

 

ARGENTINA

04.07.2002

BOLIVIA

23.10.2003 / 09.06.2005

CENTRAL AMERICA

16.11.2000

CHILE

14.12.2000

COLOMBIA

07.09.2000 / 18.01.2001 (UNCHR) / 04.10.2001 / 07.02.2002 (UNCHR) / 14.03.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

CUBA

30.01.2003 (UNCHR) / 10.04.2003 / 04.09.2003 / 10.02.2004 (UNCHR) / 22.04.2004 / 17.11.2004 / 24.02.2005 (UNCHR) / 02.02.2006

GUATEMALA

18.05.2000 / 14.06.2001 / 11.04.2002 / 10.04.2003 / 07.07.2005

HAITI

15.01.2004 / 10.02.2004 (UNCHR) / 11.03.2004 / 24.02.2005 (UNCHR)

MEXICO

05.04.2001

NICARAGUA

16.12.1999

PARAGUAY

15.06.2000

PERU

16.03.2000 / 15.06.2000 / 05.10.2000 / 19.01.2006

UNITED STATES

17.02.2000 / 13.04.2000 / 06.07.2000 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) 22.04.2004 / 15.12.2005 / 16.02.2006

VENEZUELA

13.02.2003 / 11.03.2004

MIDDLE EAST

 

 

EGYPT

20.01.2000 / 14.06.2001 / 04.07.2002 / 05.09.2002 / 10.04.2003 / 19.01.2006 / 16.02.2006 / 06.04.2006

IRAN

16.09.1999 / 17.02.2000 (UNCHR) / 13.04.2000 / 18.05.2000 / 07.02.2002 (UNCHR) / 24.10.2002 / 21.11.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 12.02.2004 / 28.10.2004 / 13.01.2005 / 24.02.2005 (UNCHR) / 15.02.2006

IRAQ

20.01.2000 / 13.04.2000 / 06.07.2000 / 07.02.2002 (UNCHR) / 30.01.2003 (UNCHR)/ 10.02.2004 (UNCHR) / 16.09.2004 / 24.02.2005 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 06.04.2006

ISRAEL

19.12.2002 / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR)

JORDAN

 

KUWAIT

16.12.1999

LEBANON

10.03.2005

SAUDI ARABIA

17.02.2000 (UNCHR) / 18.01.2001 (UNCHR) / 07.02.2002 (UNCHR) / 30.01.2003 (UNCHR) / 10.02.2004 (UNCHR) / 24.02.2005 (UNCHR) / 10.03.2005

SYRIA

13.06.2002 / 08.09.2005

MISCELLANEOUS

 

 

UNITED NATIONS

 

EU's rights, priorities and recommendations for the session of the UN Commission on Human Rights in Geneva

17.02.2000 (56th) / 18.01.2001 (57th)/ 07.02.2002 (58th)/ 30.01.2003 (59th) / 10.02.2004 (60th) / 24.02.2005 (61st) /

UN Outcome of the negotiations on the Human Rights Council and on the 62nd session of the UNCHR

16.03.2006

UN World Food Summit

16.05.2002

UN World Day to Overcome Extreme Poverty

04.10.2001

UN Conference on Least Developed Countries

05.04.2001

Reform of the UN

09.06.2005

Reform of the UN, Millennium Development Goals

29.09.2005

Small arms and lights weapons (UN prepcom)

26.05.2005

DEATH PENALTY

 

Death Penalty in the World

 

07.10.1999 / 18.11.1999 / 16.12.1999 /

13.04.2000 / 06.07.2000 / 26.10.2000 /

05.07.2001

Abolition of Death Penalty in Japan, South Korea and Taiwan

13.06.2002

INTERNATIONAL

CRIMINAL COURT

16.12.1999 / 18.01.2001 / 28.02.2002 /

04.07.2002 / 26.09.2002 / 24.10.2002

CHILDREN

 

Trafficking in Children and Child Soldiers

 

03.07.2003

Forced Child Labour (Africa)

 

17.05.2001 / 17.11.2005

Child Labour in the Production of Sports Equipment

13.06.2002

EU Position for the Session of the UN GA on the Rights of Child

 

11.04.2002

 

UN GA Special Session on the Rights of Child

05.07.2001

 

 

European Parliament resolution on the 10th Anniversary of the UN Convention on the Rights of the Child

18.11.1999

Children kidnapped by their parents

15.03.2001

RACISM AND XENOPHOBIA

17.02.2000 / 16.03.2000 (European Union) / 16.03.2000 (Candidate Countries) / 06.07.2000 / 03.10.2001 (World Conference against Racism)

PRESS FREEDOM

17.05.2001

COMBATTING TERRORISM

24.10.2002

Detainees in Guantanamo Bay

07.02.2002 / 10.03.2004/ 28.10.2004 / 16.02.2006

MINES AND BOMBS

 

Review of Ottawa Treaty on anti-personnel mines

22.04.2004

Cluster Bombs

13.12.2001

Landmines

07.07.2005

REFUGEES

 

Refugees - Channel Tunnel

11.04.2002

Refugees (Lampedusa and Western Sahara)

14.04.2005

WOMEN

 

Women in South-East Europe

22.04.2004

Female Genital Mutilation

20.09.2001

Harassment at the Workplace

20.09.2001

Violence towards Catholic Nuns

05.04.2001

FREEDOM OF EXPRESSION, RESPECT OF RELIGIOUS BELIEFS

16.02.2006

Homophobia

19.01.2006

Aung San Suu Kyi and Leyla Zana

(Sakharov Prize Laureates)

13.12.2001

Sport products for the Olympic games

22.04.2004

Mediterranean

20.11.2003 / 12.02.2004 / 23.02.2005

ALLEGATO III - TESTI BASE

ANNEX III - BASIC TEXTS

 

INTERNATIONAL HUMAN RIGHTS INSTRUMENTS

DATE

OF

ADOPTION

UNITED NATIONS

http://www.un.org

http://www.unhchr.ch/udhr/index.htm

Charter of the United Nations

Universal Declaration on Human Rights

24 October 1945

10 December 1948

 

 

International Covenant on Civil and Political Rights

16 December 1966

 

Optional Protocol to the International Covenant on Civil and Political Rights

16 December 1966

 

Second Optional Protocol to the International Covenant on Civil and Political Rights, aiming at the abolition of the death penalty

15 December 1989

 

International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights

16 December 1966

 

International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination

21 December 1965

 

Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women

18 December 1979

 

Optional Protocol to the Convention on the Elimination of Discrimination against Women

6 October 1999

 

Convention on the Rights of the Child

20 November 1989

 

Optional Protocol to the Convention on the Rights of the Child on the involvement of children in armed conflicts

25 May 2000

 

Optional Protocol to the Convention on the Rights of the Child on the sale of children, child prostitution and child pornography

25 May 2000

 

Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment

10 December 1984

 

Optional Protocol to the Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment

18 December 2002

 

UN Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and Discrimination Based on Religion or Belief

25 November 1981

 

UN Declaration on the Right and Responsibility of Individuals, Groups and Organs of Society to Promote and Protect Universally Recognised Human Rights and Fundamental Freedoms

9 December 1998

 

UN Declaration on Human Rights Defenders

9 December 1998

 

United Nations Millennium Declaration

8 September 2000

 

UNITED NATIONS CONFERENCES

World Conference on Human Rights (Vienna)

Declaration and Programme of Action

25 June 1993

 

World Conference on Women and Development (Beijing)

Declaration and Platform for Action

September 1995

 

World Conference against Racism, Racial Discrimination, Xenophobia and Related Intolerance (Durban)

Declaration and Programme of Action

8 September 2001

 

ROME STATUTE OF THE INTERNATIONAL CRIMINAL COURT

http://www.ohchr.org/english/law/criminalcourt.htm

1 July 2002

 

INTERNATIONAL LABOUR ORGANISATION

http://ilolex.ilo.ch

 

 

Minimum Age Convention

26 June 1973

 

Convention on Indigenous and Tribal Peoples

27 June 1989

 

Convention to eliminate the Worst Forms of Child Labour

17 June 1999

 

EUROPEAN PARLIAMENT

http://www.europarl.europa.eu/comparl/afet/droi/others/default.htm

Annual Human Rights Reports

1983 - 2005

 

Resolution on the communication from the Commission to the Council and the European Parliament on the European Union's role in promoting human rights and democratisation in third countries (COM (2001) 252)

25 April 2002

 

Resolution on the Commission communication on EU election assistance and observation (COM (2000) 191 - C5-0259/2000)

15 March 2001

 

Resolution on countering racism and xenophobia in the European Union, on the Commission communication: "Countering racism, xenophobia and anti-Semitism in the candidate countries" (COM (1999) 256 – C5-0094/1999), and on the World Conference against Racism

16 March 2000

 

Resolution on the communication from the Commission to the Council and the European Parliament on “The European Union and the external dimension of human rights policy: from Rome to Maastricht and beyond” (COM (1995) 567 – C4-0568/1995)

17 December 1998

 

Resolution on the report from the Commission on the implementation of measures intended to promote observance of human rights and democratic principles (for 1995) (COM (1996) 672 - C4-0095/1997)

19 December 1997

 

Resolution on setting up a single co-ordinating structure within the Commission, responsible for human rights and democratisation

19 December 1997

 

Resolution on the communication from the Commission on the inclusion of respect for democratic principles and human rights in agreements between the Community and third countries (COM (1995) 216 – C4-0197/1995)

20 September 1996

 

 

Charter of Fundamental Rights of the European Union

 

 

European Parliament resolution on the human rights and democracy clause in European Union agreements

14 February 2006

 

COUNCIL

 

http://ue.eu.int/cms3_fo/showPage.asp?id=822&lang=en&mode=g

http://www.europa.eu.int/pol/rights/index_de.htm

Guidelines for EU policy towards third countries on the death penalty of 29 June 1998

29 June 1998

 

Regulations (EC) No 975/1999 and (EC) No 976/1999 on the development and consolidation of democracy and the rule of law and respect for human rights and fundamental freedoms

Official Journal L 120 , 08/05/1999 P. 0001 - 0014

29 April 1999

 

Cotonou Agreement

23 June 2000

 

Guidelines for EU policy towards third countries on torture and other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment

9 April 2001

 

Conclusions on the communication from the Commission to the Council and the European Parliament on the European Union's role in promoting human rights and democratisation in third countries (COM (2001) 252)

25 June 2001

 

EU guidelines on Human rights dialogues

13 December 2001

 

Action Plan to follow-up on the Common Position of 22 January 2001 on the International Criminal Court

27 May 2002

 

Common Position amending Common Position of 22 January 2001 on the International Criminal Court

20 June 2002

 

Conclusions on human rights and democratisation in third countries, together with practical measures endorsed for the implementation of the Council's conclusions of 25 June 2001

10 December 2002

 

EU Common Position on the International Criminal Court

16 June 2003

 

EU Guidelines on Children in Armed Conflicts

8 December 2003

 

EU Guidelines on Promoting Compliance with International Humanitarian Law

23 December 2005

 

COMMISSION

http://europa.eu.int/comm/external_relations/human_rights/doc/eidhr02_04.htm

COUNCIL OF EUROPE

http://conventions.coe.int

 

 

Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms

Protocol No. 13 to the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms, concerning the abolition of the death penalty in all circumstances

4 November 1950

3 May 2002

 

PARERE della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (23.2.2006)

destinato alla commissione per gli affari esteri

sulla relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo 2005 e sulla politica dell'Unione europea in materia
(2005/2203(INI))

Relatore per parere: Raül Romeva i Rueda

SUGGERIMENTI

La commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere invita la commissione per gli affari esteri, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

–    vista la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e il suo protocollo opzionale,

–    viste la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla protezione delle donne e dei fanciulli nelle situazioni di emergenza e di conflitto armato e la risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di Sicurezza,

–    vista la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne,

–    visto il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali,

–    visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici,

–    visti gli orientamenti dell'UE sulla protezione dei difensori dei diritti umani, adottati nel giugno 2004,

A.  considerando che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e non può essere giustificata da alcuna ragione politica, religiosa o culturale,

B.   considerando che l'UE è pienamente impegnata a promuovere i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali nella propria politica estera,

C.  considerando che le norme giuridiche internazionali a sostegno e protezione dei diritti delle donne dovrebbero diventare il fondamento sistematico di ogni relazione bilaterale, soprattutto per quanto riguarda i paesi terzi con i quali l'UE ha siglato accordi di associazione e cooperazione,

D.  considerando che continuano ad aumentare le notizie sulla sterilizzazione forzata di donne rom negli Stati membri, come si evince ad esempio dalla recente relazione del dicembre 2005 del pubblico difensore dei diritti ceco, in cui si indaga su presunti casi di sterilizzazione forzata di donne rom nella Repubblica ceca; che negli Stati membri esiste ancora questo problema della sterilizzazione forzata per ragioni razziali;

E.   considerando che oltre 500 profughi rom sono ospitati nei campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Cablare, nella regione di Mitrovica nel Kosovo, campi che si trovano su un terreno altamente contaminato da piombo, come riferito dall'Ufficio del procuratore pubblico del Kosovo nell'agosto 2005; che è stata data notizia di varie patologie, come quella di un traduttore diciottenne che ha lavorato in tutti e tre i campi ed è stato colpito da paralisi per avvelenamento da piombo, e che da studi effettuati è risultato che le concentrazioni di piombo nel sangue di tutti i bambini e di molti adulti presenti nei campi raggiungono livelli straordinariamente pericolosi per la salute,

F.   considerando che in vari Stati membri si oppone ancora resistenza al pluralismo e alla diversità e che questa tendenza minaccia i diritti dell'uomo e i diritti di cittadinanza dei gruppi minoritari e contribuisce alla loro costante emarginazione attraverso il negato accesso all'istruzione, all'alloggio, all'assistenza sanitaria, all'acquisizione di competenze e alla formazione professionale nonché alla partecipazione politica,

G.  considerando che le donne e le ragazze sono normalmente le principali vittime dei conflitti armati mentre svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione della pace postbellica, tra l'altro per quanto riguarda la risoluzione e la gestione dei conflitti, il processo di riconciliazione e ripristino, la definizione di norme e sanzioni appropriate e la ricostruzione di società disgregate; che il Consiglio è deciso ad inserire sistematicamente una prospettiva di genere nella politica europea di sicurezza e difesa nonché ad includere le donne in tutte le sue missioni, sia militari che non militari (polizia),

1.   è sconvolto per il fatto che ogni 3,06 secondi una persona muore di fame, che nei paesi in via di sviluppo il 10% dei bambini muore per questa causa prima di avere raggiunto i 5 anni di età, che il 20% della popolazione mondiale vive con meno di un dollaro al giorno, che nell'UE 55 milioni di persone – il 15% della popolazione – vivono in povertà, che il 55% delle 16.000 persone contagiate ogni giorno dal virus dell'HIV/Aids è rappresentato da donne e che 6.000 bambini muoiono ogni giorno a causa di malattie che potrebbero essere evitate migliorando la qualità dell'acqua e dell'igiene; è inoltre profondamente turbato dinanzi alle dimensioni della violenza rivelate dalle statistiche di Amnesty International, secondo le quali nel 2005 in Africa ogni giorno 6.000 donne sono state sottoposte a mutilazione genitale (in totale 135 milioni di donne), in Cina 15.000 donne sono state vendute come schiave sessuali, in India 7.000 donne sono state assassinate nell'ambito di liti per la dote matrimoniale, e nel mondo un numero di donne compreso tra 600.000 e 800.000, di cui oltre 100.000 in Europa, è stato vittima della tratta;

2.   invita la Commissione a prendere in considerazione e a seguire sistematicamente, nel quadro degli accordi di cooperazione e di associazione con paesi terzi, della fornitura di aiuti umanitari e della politica di vicinato, la ratifica e l'applicazione delle convenzioni internazionali in relazione al rispetto dei diritti fondamentali e alla posizione giuridica della donna, nonché l'integrazione dell'uguaglianza di genere in tutte le politiche e le prestazioni di servizi destinate alle società di tali paesi;

3.   è inorridito per il fenomeno delle donne brutalmente torturate e uccise (feminicidios) in America Latina, fenomeno che presenta la maggiore incidenza in Messico e in Guatemala; invita la Commissione ad includere tale questione nei dialoghi bilaterali e a presentare raccomandazioni che valgano come requisito indispensabile per il progresso delle relazioni bilaterali;

4.   invita la Commissione a monitorare regolarmente, nel quadro degli accordi di cooperazione, associazione o partenariato con paesi terzi, il rispetto da parte di questi ultimi della "clausola sui diritti dell'uomo" contenuta in tali accordi e, in particolare, la lotta contro perniciose pratiche tradizionali che violano i diritti delle donne o dei bambini, nonché ad adottare tutte le misure appropriate in caso di violazione di tali disposizioni;

5.   insiste sul fatto che la Commissione, il Consiglio e i governi nazionali devono verificare anche negli accordi commerciali il rispetto dei diritti umani delle donne sanciti dal Patto sui diritti economici e sociali delle Nazioni Unite nonché, nella loro forma concreta, dalle rispettive convenzioni OIL;

6.   invita il Consiglio e la Commissione a garantire l'effettiva attuazione della Dichiarazione e Piattaforma d'azione di Pechino al fine di conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio e a prendere in considerazione l'eliminazione di tutte le riserve alla CEDAW e alla ratifica del suo protocollo opzionale da parte di tutti gli Stati partner; sollecita il Consiglio e la Commissione ad incoraggiare ulteriormente i paesi terzi a prevedere nella loro legislazione norme esplicite sui diritti delle donne e a garantire il rispetto di questi diritti, nonché ad attuare politiche sensibili alle questioni di genere e meccanismi volti a rafforzare la partecipazione delle donne ai processi decisionali della vita economica, sociale e politica;

7.   ricorda che le politiche economiche e commerciali non sono neutre sotto il profilo del genere e che si fa ricorso a pratiche discriminatorie nel settore della produzione di beni e servizi per ottenere profitti; ricorda inoltre che la politica commerciale dell'UE e i suoi strumenti politici nei confronti dei paesi terzi, come l'accesso ai mercati e la promozione degli scambi, sono soggetti alla clausola dei diritti dell'uomo e devono quindi in ogni caso evitare di fornire un contributo alle pratiche discriminatorie;

8.   invita la Commissione a dedicare particolare attenzione agli investimenti UE nelle zone di trasformazione per l'esportazione (EPZ, export processing zones), al fine di vietare pratiche come il controllo delle gravidanze nelle imprese di proprietà UE, e a promuovere l'eliminazione dei controlli di gravidanza nelle imprese subappaltanti nonché nelle imprese non UE, e invita le autorità nazionali interessate a tutelare debitamente i diritti delle donne;

9.   ritiene che la promozione e la protezione dei diritti delle donne debbano essere esplicitamente e sistematicamente incluse nel dialogo politico dell'UE con i paesi terzi con i quali sono stati siglati accordi di cooperazione o associazione; evidenzia al riguardo la necessità di istituire un meccanismo di controllo trasparente sulla clausola dei diritti dell'uomo contenuta negli accordi, che tenga conto dei diritti delle donne;

10. si compiace del fatto che la protezione dei difensori dei diritti dell'uomo sia stata individuata come priorità in una delle quattro campagne che saranno svolte dall'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo (EIDHR); sottolinea l'importanza del ruolo delle missioni e delle delegazioni CE nel monitoraggio della situazione dei difensori dei diritti dell'uomo nei paesi terzi; invita il Consiglio e gli Stati membri ad assumere iniziative per proteggere i difensori dei diritti umani, in particolare se donne, nel quadro degli orientamenti dell'UE sulla protezione dei difensori dei diritti umani;

11. sollecita la Commissione, il Consiglio e la comunità internazionale nel suo insieme a riservare maggiore attenzione all'impatto delle situazioni di conflitto sulle categorie più vulnerabili della società, soprattutto donne e bambini, e in particolare su coloro che appartengono a minoranze etniche, linguistiche e/o religiose; condanna l'uso di migliaia di bambini soldato e sottolinea la particolare vulnerabilità delle ragazze alla violenza e allo sfruttamento sessuale nei loro ruoli di schiave forzate del sesso e/o mogli forzate;

12. condanna l'uso dello stupro come strumento di guerra e sollecita la Commissione e la comunità internazionale nel suo insieme a continuare ad insistere sul fatto che l'uso dello stupro in guerra costituisce una violazione del diritto umanitario internazionale e delle convenzioni internazionali; riconosce l'impatto degli stupri di massa sulla vulnerabilità delle donne al rischio di contrarre l'HIV/AIDS;

13. sollecita la Commissione a riconoscere il ruolo primario svolto dalle donne nei processi postbellici di costruzione della pace, a sostenere le iniziative delle donne volte a porre fine ai conflitti armati e a contribuire alla risoluzione e gestione dei conflitti, e a focalizzare i suoi strumenti di cooperazione sulla protezione di attività quali quelle della "Ruta Pacífica de las Mujeres" in Colombia e del movimento delle donne del Darfur;

14. accoglie con soddisfazione le attività sviluppate nell'ambito della campagna internazionale "STOP alla mutilazione genitale femminile", finanziata dall'EIDHR, ed incoraggia la Commissione a sfruttare ulteriormente il potenziale dell'EIDHR per affrontare altre forme di violenza nei confronti delle donne, in particolare la tratta, nonché approntare misure volte a rafforzare i diritti delle donne e la loro posizione nella società;

15. invita la Commissione a concludere quanto prima la valutazione dell'applicazione da parte degli Stati membri della legislazione UE in materia di tratta di esseri umani; incoraggia la Commissione e il Consiglio a migliorare ed intensificare la collaborazione con le organizzazioni europee ed internazionali che partecipano alla lotta contro il traffico e lo sfruttamento degli esseri umani;

16. invita la Commissione a prendere iniziative contro la fame, che mina la dignità umana e i diritti dell'uomo, in particolare alla luce dei dati allarmanti secondo cui, in mancanza di investimenti supplementari immediati, nel 2015 600 milioni di persone, in maggioranza donne e bambini, patiranno la fame;

17. invita gli Stati membri individuati come luoghi in cui notoriamente si pratica la sterilizzazione sessuale forzata ad eliminare questa pratica attraverso uno sforzo di applicazione della legge e a mettere a punto regimi di indennizzo;

18. esige un'adeguata risistemazione in alloggi più sicuri per i 500 rifugiati rom che si trovano nella zona altamente contaminata da piombo della regione di Mitrovica in Kosovo; richiama l'attenzione sulla sede provvisoria e recentemente rinnovata del campo della KFOR francese ad Osterode, che potrebbe fungere da soluzione temporanea; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri interessati a fornire risorse finanziarie sufficienti per una risistemazione nel luogo d'origine; sottolinea la necessità di far rispettare i diritti umani portando avanti nel contempo il Processo di stabilizzazione e associazione;

19. invita la Commissione a introdurre un metodo di valutazione per garantire un'efficace protezione giuridica attraverso le direttive del Consiglio 2000/43/CE del 29 giugno 2000[1] e 2000/78/CE del 27 novembre 2000[2] in quanto strumenti per garantire i diritti dell'uomo e i diritti di cittadinanza delle minoranze, assicurare l'accesso all'istruzione, all'alloggio, all'assistenza sanitaria, alla formazione professionale e alla partecipazione politica, ed imporre l'applicazione della legislazione antidiscriminazione.

EXPLANATORY STATEMENT

Introduction

Violence against women has many faces and places. Violation of women's rights is one of its multiple aspects. Be it an attack on the integrity of the person; be it women's exclusion from society's benefits through systematic lack of access to school and education; be it a lack of political rights where women are not allowed to vote, to drive cars or to accede to certain positions; be it war and finally discrimination as an outflow of the economic system - in each of the cases the state violates its obligation to protect women according to the two International Covenants of Human Rights, Humanitarian Law and other International Conventions.

The EU strongly supports the work made by the United Nations with regard to the promotion of women's rights. In this regard, Council and the Commission must set up as priorities the lifting of all reservations to the Convention on the Elimination of all forms of Discrimination against women (CEDAW) and the ratification of the CEDAW's optional protocol by all partner states

Violation of women's rights

Violence against women is one of the most widespread and pervasive human rights violations. It cuts across cultural, regional, religious and human rights boundaries.

Between 600,000 and 800,000 women are victims of trafficking throughout the world each year.Women are recruited on false pretenses, coerced, transported, and bought and sold for a range of exploitative purposes including sex tourism and forced marriage. Women who are trafficked for sexual exploitation are often sexually abused and raped to break them mentally and emotionally, in order to force them into sex work. Despite the risks of HIV/AIDS, women are often punished for refusing unprotected sex. Trafficking and forced prostitution is internationally recognized as a human rights violation, with the Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women specifically requiring to "suppress all forms of traffic in women and exploitation of prostitution of women".

Thousands of girls are targeted for mutilation each day. Two million girls a year are at risk - approximately 6,000 per day. Although it is predominantly practiced in twenty-eight North-African countries, FGM is not inherent to any nation or religion. Genital mutilation is a practice that compounds unspeakable violence against women and young girls with discrimination, repression and inequality.

Violation of Women's Rights in social and economic spheres

Women have a higher incidence of poverty than men; their poverty is more severe than that of men; and increasing numbers of women are poor. While globalization has opened up opportunities for women, it has also had negative effects. It has left more and more women trapped on the margins of society.

Salary differences and abuse of unskilled, traditionally non- unionised and often very young female workforce as a factor for maximising profits is common practice in export processing zones (EPZ). The EU should pay particular attention to the establishment and use of EPZ in its foreign trade policy in general and particularly in its bilateral trade agreements. The high record of mainly young women tortured and killed in areas of EPZ, such as in Mexico and Guatemala, without any serious police investigation and judicial persecution should quickly lead to discussion and the adoption of mandatory recommendations at the level of established political dialogues and Joint Councils between the EU and the concerned third countries.

Women in armed conflict and peace promotion

Wars are fought by men but in every armed conflict women are the worst victims. Not only that they loose their husbands, children and everything, they are systematically considered as 'tools of war' and for that reason the victim of rape and forced prostitution. Such actions should not only be considered as a human rights violation but as a war crime to be sanctioned heavily and put to an end.

Nevertheless, women have been and are also actors in the efforts to prevent and end war and come to reconciliation, rehabilitation, the end of impunity, and rebuilding disrupted societies. The women of Colombia, as well as the women in the Balkan, all over Africa, in the Philippines and many more regions of our planet demonstrate the value of women and female values to promote peace. In Europe women have always played and are playing a remarkable role in peace movements both in numbers as well as in quality to protest and end wars. From their stories the males of this world are forced to learn in the end and give up their guns and rifles. Their is strong evidence that wherever women take over political, economical and intellectual roles which thus far were monopolised by their fellow men, the culture of endless violent can be transformed more successfully into a long lasting culture of peace, dialogue and co-operation. For that reason all efforts of the Commission must be strengthened which recognise these values and support women's groups wherever they enter the peace-process. It must also be welcomed that recently the Council has courageously recognised that a gender perspective must systematically be made part of the EU Security and Defence Policy (ESDP) and that in all missions women must act as leaders as well as participants.

PROCEDURA

Titolo

Relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo 2005 e politica dell'Unione europea in materia

Riferimenti

2005/2203(INI)

Commissione competente per il merito

AFET

Parere espresso da
  Annuncio in Aula

FEMM
19.1.2006

Cooperazione rafforzata – annuncio in Aula

 

Relatore per parere
  Nomina

Raül Romeva i Rueda
23.11.2005

Relatore per parere sostituito

 

Esame in commissione

21.2.2006

 

 

 

 

Approvazione

21.2.2006

Esito della votazione finale

+ :

– :

0 :

21
0
1

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Edit Bauer, Emine Bozkurt, Věra Flasarová, Claire Gibault, Lissy Gröner, María Esther Herranz García, Lívia Járóka, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Urszula Krupa, Astrid Lulling, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Raül Romeva i Rueda, Amalia Sartori, Eva-Britt Svensson, Anna Záborská

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Iratxe García Pérez, Anna Hedh, Mary Honeyball, Christa Klaß, Karin Resetarits, Heide Rühle, Marta Vincenzi

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

Osservazioni (disponibili in una sola lingua)

 

  • [1]  GU L 180 del 12.7.2000, pag. 22.
  • [2]  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

PROCEDURA

Titolo

Relazione annuale sui diritti dell'uomo nel mondo 2005 e politica dell'UE in materia

Numero di procedura

2005/2203(INI)

Commissione competente per il merito
  Annuncio in Aula dell'autorizzazione

AFET
17.11.2005

Commissione(i) competente(i) per parere
  Annuncio in Aula

FEMM
19.1.2006


 

 

 

Pareri non espressi
  Decisione


 

 

 

 

Cooperazione rafforzata
  Annuncio in Aula


 

 

 

 

Relatore(i)
  Nomina

Richard Howitt
28.10.2005

 

Relatore(i) sostituito(i)

 

 

Esame in commissione

20.2.2006

13.3.2006

19.4.2006

 

 

Approvazione

20.04.2006

Esito della votazione finale

+

-

0

53

4

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Angelika Beer, Panagiotis Beglitis, Bastiaan Belder, Monika Beňová, André Brie, Elmar Brok, Paul Marie Coûteaux, Giorgos Dimitrakopoulos, Camiel Eurlings, Ana Maria Gomes, Richard Howitt, Jana Hybášková, Jelko Kacin, Helmut Kuhne, Vytautas Landsbergis, Cecilia Malmström, Francisco José Millán Mon, Philippe Morillon, Pasqualina Napoletano, Annemie Neyts-Uyttebroeck, Baroness Nicholson of Winterbourne, Raimon Obiols i Germà, Alojz Peterle, Tobias Pflüger, João de Deus Pinheiro, Mirosław Mariusz Piotrowski, Hubert Pirker, Paweł Bartłomiej Piskorski, Michel Rocard, Raül Romeva i Rueda, Libor Rouček, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Jacek Emil Saryusz-Wolski, György Schöpflin, Gitte Seeberg, István Szent-Iványi, Konrad Szymański, Antonio Tajani, Paavo Väyrynen, Ari Vatanen, Karl von Wogau, Luis Yañez-Barnuevo García, Josef Zieleniec

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Laima Liucija Andrikienė, Irena Belohorská, Carlos Carnero González, Alexandra Dobolyi, Hélène Flautre, Michael Gahler, Kinga Gál, Milan Horáček, Tunne Kelam, Eija-Riitta Korhola, Ģirts Valdis Kristovskis, Miguel Angel Martínez Martínez, Athanasios Pafilis, Inger Segelström

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

Deposito

2.5.2006

Osservazioni (disponibili in una sola lingua)