RELAZIONE su una nuova strategia quadro per il multilinguismo
23.10.2006 - (2006/2083(INI))
Commissione per la cultura e l'istruzione
Relatore: Bernat Joan i Marí
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
su una nuova strategia quadro per il multilinguismo
Il Parlamento europeo,
– visto l'articolo 192, secondo comma del trattato CE,
– visti gli articoli 149, 151 e 308 del trattato CE,
– visti gli articoli 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– vista la sua risoluzione del 14 gennaio 2003 sul mantenimento e sulla promozione della diversità culturale: il ruolo delle regioni europee e delle organizzazioni internazionali quali l'UNESCO e il Consiglio d'Europa[1], ove fa riferimento alla diversità linguistica in Europa,
– vista la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1934/2000/CE, del 17 luglio 2000, che istituisce l'anno europeo delle lingue 2001[2],
– vista la risoluzione del Consiglio, del 14 febbraio 2002, relativa alla promozione della diversità linguistica e dell'apprendimento delle lingue nel quadro dell'attuazione degli obiettivi dell'Anno europeo delle lingue 2001[3],
– vista la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie del Consiglio d'Europa, entrata in vigore il 1° marzo 1998,
– vista la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali, entrata in vigore il 1° febbraio 1998,
– vista la sua risoluzione del 4 settembre 2003 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle lingue europee regionali e meno diffuse — le lingue delle minoranze nell'UE — in considerazione dell'allargamento e della pluralità culturale[4],
– visto l'articolo 45 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per la cultura e l'istruzione (A6‑0372/2003),
A. considerando che il rispetto della diversità linguistica e culturale costituisce un principio fondamentale dell'Unione europea, riconosciuto dall'articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il quale recita "L'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica",
B. considerando che, oltre ad essere una componente essenziale della cultura europea, il multilinguismo è una specificità che fa dell'Unione europea un chiaro esempio,
C. considerando che, nella sua summenzionata risoluzione del 14 gennaio 2003, il Parlamento europeo aveva proposto di aggiungere al trattato CE il seguente nuovo articolo: "Nell'ambito dei suoi settori di competenza, la Comunità rispetta e promuove la diversità linguistica in Europa, comprese le lingue regionali o minoritarie quali espressione di detta diversità, incoraggiando la cooperazione tra Stati membri e utilizzando altri idonei strumenti per favorire questo obiettivo";
D. considerando che la promozione del multilinguismo in un'Europa pluralista è un fattore essenziale dell'integrazione culturale, economica e sociale e che il multilinguismo rafforza in particolare le qualifiche dei cittadini e ne facilita la mobilità,
E. considerando che alcune lingue europee sono parlate anche in numerosi paesi terzi e costituiscono un importante collegamento tra popoli e nazioni di diverse regioni del mondo,
F. considerando che alcune lingue europee hanno una peculiare capacità di stabilire una comunicazione immediata e diretta con altre parti del mondo,
G. considerando che la diversità linguistica può rappresentare un elemento di coesione sociale ed una fonte di tolleranza, di accettazione delle differenze, di identificazione e di comprensione reciproca tra i popoli,
H. considerando che il multilinguismo deve anche mirare a favorire il rispetto della diversità e della tolleranza, per evitare l'insorgere di eventuali conflitti attivi o passivi tra le diverse comunità linguistiche negli Stati membri,
I. considerando che tutte le lingue, in quanto strumento primario per l'accesso ad una cultura, rappresentano un modo distinto di percepire e di descrivere la realtà, e devono quindi poter beneficiare delle condizioni necessarie al loro sviluppo,
J. considerando che, per favorire l'apprendimento di altre lingue e rispondere in tal modo all'obiettivo "lingua madre + 2", occorre conoscere i principi che presiedono all'apprendimento della parola e alla formulazione e all'acquisizione dei concetti di base fin dalla più tenera età, in quanto questi principi sono i fondamenti della lingua materna,
K. considerando che le lingue regionali e minoritarie costituiscono un’enorme fonte di ricchezza culturale e dovrebbero essere maggiormente sostenute in quanto patrimonio culturale comune,
L. considerando che il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni si sono pronunciati in numerose occasioni sull'importanza delle lingue meno diffuse e che attualmente non esistono, a livello comunitario, disposizioni legislative relative alle lingue regionali e minoritarie europee,
M. considerando che si dovrebbe prestare un'attenzione particolare alle persone svantaggiate o in difficoltà e ai portatori di handicap, onde favorirne l'accesso all'apprendimento delle lingue straniere,
Commenti specifici alla strategia quadro
1. accoglie positivamente l'impegno preso dalla Commissione, in particolare nell’ambito della nuova strategia quadro, di promuovere la conoscenza delle lingue per trarne beneficio sul piano sia culturale che socio-economico;
2. ritiene che, per conseguire gli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona, sia indispensabile migliorare la qualità, l'efficacia e l'accessibilità dei sistemi di istruzione e di formazione dell'Unione europea, favorendo l'apprendimento delle lingue straniere;
3. riconosce l'importanza strategica delle lingue mondiali europee quali veicolo di comunicazione e strumento di solidarietà, cooperazione ed investimenti economici e, pertanto, quali uno dei principali orientamenti della politica europea in materia di multilinguismo;
4. accoglie favorevolmente l'obiettivo a lungo termine della Commissione di migliorare le competenze linguistiche individuali, con riferimento all'obiettivo fissato al Consiglio europeo di Barcellona del 2002 di far sì che ogni cittadino apprenda almeno due lingue straniere oltre alla propria madrelingua;
5. ricorda in proposito agli Stati membri dell'Unione europea la necessità di promuovere un'effettiva politica di apprendimento delle lingue straniere mediante misure appropriate; riafferma inoltre che l'apprendimento precoce delle lingue è molto importante e deve basarsi su metodi efficaci secondo le migliori tecniche disponibili;
6. ritiene che manchino dati precisi ed affidabili, nonché indicatori adeguati, per quanto concerne l'attuale situazione delle competenze nel campo delle lingue straniere negli Stati membri; accoglie pertanto con interesse la proposta di introdurre un indicatore europeo di competenza linguistica, che dovrebbe tenere conto di tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea e che, se la procedura lo consente, potrebbe essere esteso, al di là delle cinque lingue maggiormente parlate, anche alle altre lingue dell'UE, al fine di fornire un quadro fedele della situazione delle competenze linguistiche;
7. ritiene che le proposte relative al multilinguismo non debbano essere limitate alle principali lingue ufficiali/degli Stati membri;
8. accoglie favorevolmente l'impegno della Commissione di fornire ai cittadini accesso alla legislazione, alle procedure e all'informazione comunitarie nella propria lingua, ma ritiene che questo approccio debba comprendere il maggior numero possibile di lingue degli Stati membri che sono utilizzate dai cittadini dell'UE; ritiene che in tal modo si concretizzi la dichiarazione della Commissione secondo cui il cittadino ha diritto di accedere all'UE utilizzando la propria lingua e senza incontrare ostacoli; considera che questo approccio costituirebbe un importante passo avanti per ridurre la distanza tra l'Unione europea e molti suoi cittadini, il che costituisce l'obiettivo principale del piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito;
9. ritiene che, conformemente alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo riguardante l'utilizzazione delle lingue per l'informazione dei consumatori nella Comunità (COM(93)456), l’Unione europea deve rispettare il principio di sussidiarietà nella politica linguistica, per cui non deve modificare, nell’attuazione del proprio regime linguistico o attraverso la legislazione settoriale, le normative in materia linguistica vigenti nel territorio o parte del territorio di ciascuno Stato membro;
10. invita la Commissione e le altre istituzioni europee ad avvalersi meglio dei nuovi strumenti informatici e tecnologici di traduzione nei rispettivi siti Internet, onde consentire ai cittadini europei di accedere a Internet e di ricevere attraverso quest'ultima informazioni sull'Europa nelle loro proprie lingue;
11. ritiene che occorra fornire agli immigranti le più ampie opportunità di apprendimento della o delle lingue del paese ospitante, quali definite dall'ordinamento interno di questo paese, in vista della loro integrazione sociale e culturale nella misura in cui ciò si riveli necessario, sulla base di metodi rivelatisi efficaci per l'apprendimento delle lingue e per l'integrazione dei cittadini immigrati e di dar loro la possibilità di seguire gli studi nella propria madrelingua per mantenere i legami con il paese di origine;
12. riconosce la necessità di una programmazione linguistica a livello degli Stati membri, per cui accoglie favorevolmente l’idea di stimolare gli Stati membri ad elaborare piani nazionali; ritiene che tali piani possano migliorare la situazione di molte lingue meno diffuse e rafforzare la sensibilizzazione in merito all’importanza della diversità linguistica; reputa che i piani degli Stati membri debbano includere le lingue meno diffuse, esaminare i modi in cui gli adulti interessati possano apprenderle ed includere tali progetti quali esempi delle migliori pratiche;
13. appoggia le iniziative per migliorare la formazione degli insegnanti, compresi quelli di materie non linguistiche e quelli che si occupano di formazione professionale, ed aggiunge che il ventaglio di lingue insegnate dentro e fuori la scuola deve essere ampliato, onde consentire ai futuri insegnanti di apprendere, e in seguito di insegnare, una gamma più ampia di lingue a parità di condizioni, sempre che vi sia una manifestazione di interesse in tal senso; ricorda, in proposito, che la formazione linguistica è essenziale per promuovere e facilitare non soltanto la mobilità degli studenti, ma anche quella di tutti i lavoratori alla ricerca di un'attività professionale in uno degli Stati membri;
14. insiste affinché si presti un'attenzione particolare all'apprendimento delle lingue straniere da parte delle persone svantaggiate o in difficoltà e dei portatori di handicap;
15. accoglie favorevolmente il maggiore ricorso all’apprendimento integrato di lingua e contenuto (content and language integrated learning, CLIL), nel quale gli studenti imparano una materia esposta in una lingua straniera, e invita gli Stati membri a dar vita a una rete di migliori prassi analizzando, in particolare, i risultati ottenuti con i corsi di immersione linguistica nei paesi multilingui;
16. si rallegra del fatto che gli istituti di istruzione superiore svolgano un ruolo più attivo nel promuovere il multilinguismo, non solo tra gli studenti e il personale, ma anche presso la più ampia comunità locale; ritiene che occorra pertanto promuovere le relazioni tra le università, le autorità nazionali, regionali e locali e le imprese;
17. ritiene che nel quadro dei corsi Erasmus la lingua d'insegnamento dovrebbe essere la lingua ufficiale del sistema d’istruzione del paese o della regione ospitante e che occorre assicurare che gli studenti Erasmus acquisiscano un livello di competenza in tale lingua tale da permettere loro di seguire adeguatamente i corsi;
18. accoglie favorevolmente l’attenzione rivolta alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico sulle tecnologie dell’informazione connesse alle lingue nell’ambito del settimo programma quadro di ricerca, al fine di rafforzare il multilinguismo attraverso le nuove tecnologie dell’informazione;
19. appoggia le proposte a favore del multilinguismo nella società dell’informazione, nonché la creazione e la circolazione di contenuti e conoscenze multilingui; ritiene che vi sia una gamma sempre più ampia di tecnologie che favorirà un uso rafforzato di tutte le lingue, incluse quelle meno diffuse; ritiene che la tecnologia offra il più ampio potenziale per assicurare uno spazio sociolinguistico a tutte le lingue europee;
20. appoggia la proposta di sviluppare le professioni e le industrie del settore linguistico; ritiene che tutte le lingue europee dovranno ricorrere a nuove tecnologie quali il trattamento della parola, il riconoscimento vocale etc, nonché il lavoro terminologico, lo sviluppo dell’apprendimento, della certificazione e degli esami linguistici, poiché altrimenti tali lingue perderanno terreno e il loro spazio sociolinguistico sarà occupato dalle lingue dominanti, soprattutto dall’inglese;
21. è favorevole ad uno standard europeo per i servizi di traduzione e ritiene che occorra attuare una politica dinamica per sviluppare i servizi di traduzione per le lingue meno diffuse;
22. accoglie favorevolmente la proposta di maggiore trasparenza nel campo dell’insegnamento e delle procedure di valutazione e di certificazione delle lingue attraverso la pubblicazione di un inventario dei sistemi attualmente disponibili;
Misure proposte
23. invita le istituzioni e gli organismi europei a fare progressi nella comunicazione con i cittadini nelle loro lingue nazionali, a prescindere da se tali lingue abbiano o meno uno status ufficiale, a livello dello Stato membro o dell’Unione europea;
24. chiede una pianificazione e una legislazione in materia linguistica chiara e coerente a livello dell’Unione europea; ritiene necessario adottare un atto legislativo comunitario sulle lingue, al fine di conferire una base giuridica ai diritti linguistici in termini sia collettivi che individuali; è dell’avviso che tale legislazione possa servire da fondamento per l’elaborazione di un piano linguistico comunitario volto ad assicurare la diversità e i diritti linguistici;
25. invita la Commissione a continuare a dare attuazione, nella misura della loro fattibilità, alle proposte contenute nella relazione Ebner, comunicando regolarmente al Parlamento i risultati ottenuti;
26. chiede alla Commissione di facilitare e favorire l'accesso all'informazione e al finanziamento degli organismi candidati che perseguono l'obiettivo di promuovere il multilinguismo attraverso reti e/o progetti finanziati dalla Commissione, a decorrere dal 2007;
o
o o
27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché agli Stati membri dell'Unione europea.
MOTIVAZIONE
Sintesi della comunicazione
La comunicazione ribadisce l’impegno della Commissione a favore del multilinguismo e propone alcune azioni specifiche. Si osserva che l’Unione europea è fondata sulla “unità nella diversità” e che oltre alle 21 lingue “ufficiali” dell’Unione esistono circa altre 60 lingue autoctone, oltre a numerose lingue parlate dagli immigranti. Questa diversità è considerata come una fonte di ricchezza, che porta a una solidarietà e comprensione reciproca maggiori.
Rifacendosi ad una definizione di multilinguismo che implica “la coesistenza di differenti comunità linguistiche in una determinata regione geografica”, la Commissione propone politiche volte a “promuovere un clima favorevole alla piena espressione di tutte le lingue, creando condizioni ottimali per l’insegnamento e l’apprendimento di diverse lingue”.
Per quanto riguarda le lingue meno diffuse, la Commissione osserva che la Comunità stanzia la maggior parte delle risorse finanziarie destinate all’Ufficio europeo per le lingue meno diffuse (EBLUL, European Bureau for Lesser Used Languages) e alle reti Mercator. Essa prende atto dello studio svolto sulla possibilità di istituire un’Agenzia per la diversità linguistica e l’apprendimento delle lingue, che aveva il pieno sostegno del Parlamento europeo, ma afferma di avere optato per una rete di centri per la diversità linguistica aggiungendo, in modo poco convincente, che “esaminerà inoltre la possibilità di finanziarla su una base pluriennale tramite il programma di apprendimento permanente”.[1]
Tra le varie proposte, la Commissione sottolinea che saranno necessari “piani nazionali” intesi a promuovere il multilinguismo; con scarso entusiasmo, precisa che “sarebbe inoltre opportuno prendere in considerazione anche l’insegnamento delle lingue regionali e minoritarie”.
Inoltre, la Commissione enumera una serie di misure da accogliere positivamente, tra cui il ricorso alle nuove tecnologie, la messa a punto di un nuovo indicatore europeo di competenza linguistica, uno studio delle migliori pratiche, attività di ricerca e un maggiore ricorso all’apprendimento integrato di lingua e contenuto (CLIL).
Nella sezione III, la Commissione esamina l’economia multilingue e il contributo delle competenze linguistiche alla competitività dell’Unione europea, riconoscendo che saper parlare la lingua dei propri clienti aiuta a fare buoni affari. Il testo sembra riferirsi alle “lingue ufficiali”.
La sezione IV tratta del multilinguismo nei rapporti della Commissione con i cittadini. Poiché l’Unione europea adotta atti legislativi direttamente vincolanti per i suoi cittadini, è un requisito per la legittimazione democratica e la trasparenza che i cittadini possano comunicare con le istituzioni comunitarie e leggere le leggi dell’Unione europea “nella propria lingua nazionale” (queste le parole della Commissione), in modo da partecipare al progetto europeo senza “incappare in barriere linguistiche”. Benché lodevole, questo approccio sembra riferirsi solo alle lingue “ufficiali”. È erroneo pretendere che tutti i cittadini abbiano un accesso universale al progetto comunitario, quando le lingue non di Stato o regionali, alcune delle quali hanno un numero di parlanti superiore a quello di lingue di Stati membri, sono di fatto escluse. È incredibile che, pur cercando di avvicinarsi ai suoi cittadini, l’Unione europea ne escluda sin dall’inizio il 10%[2] per l’assenza di una politica linguistica aperta a tutti.
Per il resto, le proposte illustrate sono positive, ma solo se includono le lingue “regionali” o minoritarie (LRM).
Considerazioni sul multilinguismo reale
La diversità linguistica è oggi ufficialmente riconosciuta (ad esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nel progetto di costituzione) e sostenuta in Europa (ad esempio nei criteri di Copenaghen del 1993); tuttavia, sul campo, molte lingue stanno perdendo parlanti, vi è una frattura nella trasmissione tra generazioni, l’insegnamento linguistico nelle scuole secondarie è insufficiente e molti parlanti non hanno il diritto di utilizzare la propria lingua in contesti ufficiali.
Inoltre, le ripercussioni del fallimento della costituzione europea, che conteneva diverse disposizioni che assicuravano sostegno alle lingue meno diffuse, non sono state analizzate a sufficienza per quanto concerne la promozione di tali lingue e la concretizzazione dei diritti ad utilizzarle. Venendo meno il progetto costituzionale, che avrebbe offerto una base giuridica adeguata per la promozione e il finanziamento delle lingue meno diffuse, è giunta l’ora di rivedere la tattica. Ciò implica, tra l’altro, che ONG quali l’EBLUL devono puntare ora su nuovi metodi per assicurare una diversità linguistica significativa.
Ciò che occorre, al di là dei trattati internazionali esistenti quali la Carta europea per le lingue regionali o minoritarie del Consiglio d’Europa e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranza nazionali, è una legislazione vincolante che sancisca i diritti dei parlanti delle lingue meno diffuse, a livello sia individuale che collettivo, di vivere utilizzando la propria lingua, di ricevere istruzione in tale lingua e di proteggerla dalle politiche ostili degli Stati membri che le minacciano e che cercano di assimilare le nazioni non statali e/o le minoranze nazionali.
Un recente studio dimostra che la presenza di una lingua meno diffusa è economicamente positiva per uno Stato. Considerando i benefici di un bilinguismo basato su una lingua meno diffusa e una lingua ufficiale, la ricerca mostra come le persone bilingue hanno maggiori talenti cognitivi e costituiscono una popolazione con capacità rafforzate. Investire nel bilinguismo e nel multilinguismo significa quindi investire nel capitale sociale.
La comunicazione, anche se piena di buone intenzioni e contenente numerose proposte innovative da accogliere favorevolmente, nel migliore dei casi rimane ambigua sulla questione delle lingue non ufficiali e, nel peggiore, ignora la gravità della situazione in cui si trovano numerose lingue europee a rischio. Inoltre, dal punto di vista della pianificazione e dello sviluppo linguistici, non compie un reale progresso per quanto concerne l’instaurazione di una reale diversità linguistica la quale, in quanto valore fondamentale dell’Unione europea, è essenziale se quest’ultima intende realizzare un reale multilinguismo.
Le attuali norme per ottenere finanziamenti europei sono strutturate in modo da escludere i gruppi parlanti lingue meno diffuse, che siano o meno lingue di Stati membri. La comunicazione sul multilinguismo, sulla falsariga del piano d’azione, rappresenta un taglio netto e definitivo con il concetto di finanziamenti riservati a progetti per le lingue meno diffuse, una prospettiva che contribuirà ad emarginare ulteriormente tali lingue, soprattutto quelle maggiormente a rischio. Le proposte della Commissione indicano un passaggio paradigmatico dalla precedente politica pre-2000 di sostegno diretto alle lingue meno diffuse (a titolo di linee B di bilancio) verso una politica nella quale le comunità parlanti lingue minoritarie devono competere sul “mercato aperto” con le lingue dominanti. Come possano farlo non è chiaro. Le grandi lingue dispongono di organizzazioni poderose, dotate di ingenti bilanci – ad esempio, nel 2005 il British Council ha potuto investire 750 milioni di euro per promuovere l’inglese, una somma incomparabilmente superiore a quanto disponibile per l’estone, lo svedese, il gallese o il gaelico scozzese.
Occorre realizzare una semplificazione amministrativa per quanto concerne le domande di finanziamento in proporzione all’importo dello stesso, attuare una politica dinamica a favore delle lingue meno diffuse nell’assegnazione delle risorse nonché ripristinare finanziamenti riservati diretti (inclusi prefinanziamenti) senza cofinanziamento. Inoltre, con gli sviluppi delle tecnologie dell’informazione, tutte le lingue meno diffuse sono svantaggiate sul piano dei finanziamenti, poiché l’accento viene posto sulle lingue maggiormente diffuse.
Se, come dichiara il Commissario Figel, “la lingua ci rende umani”, le lingue meno usate e i loro parlanti devono vedersi riconosciuto uno status adeguato. Se l’Unione europea crede nel motto dell’“unità nella diversità” e che tutte le lingue sono uguali, sono necessarie una politica e una legislazione comunitaria coerenti e significative in materia linguistica, che sanciscano i diritti linguistici in modo da assicurare che tutte le lingue europee siano protette e dispongano dello spazio sociolinguistico necessario a svilupparsi. Anche se esistono norme e regolamenti sulle lingue, manca sinora una politica linguistica coerente e giuridicamente vincolante per l’Unione europea, a livello sia delle istituzioni che degli Stati membri.
Le disposizioni in materia di diritti linguistici fondamentali sono disuguali nell’ambito dell’Unione europea. Quest’anomalia è ulteriormente aggravata dal fatto che i paesi aderenti devono soddisfare requisiti minimi per quanto riguarda le lingue meno diffuse e le minoranze nazionali. Malgrado ciò, vi sono alcuni “vecchi” Stati membri che, se dovessero chiedere di aderire all’Unione al giorno d’oggi, sarebbero assolutamente incapaci di soddisfare tali criteri. Questa anomalia è ingiusta nei confronti dei nuovi Stati membri così come nei confronti delle comunità parlanti lingue regionali o minoritarie; inoltre, essa rende manifesto che nell’Unione europea si applicano due pesi e due misure.
Per un maggiore multilinguismo sono necessarie politiche dinamiche a favore delle lingue europee meno diffuse, incluse lingue di Stato quali l’estone e il danese, nonché lingue nazionali quali il basco e il gallese.
Come la Commissione riconosce, non serve a molto che un maggior numero di persone sia multilingue quando la loro seconda o terza lingua è l’inglese. Ciò porta ad un ancora maggiore predominio e ad un rafforzamento dell’uso dell’inglese quale lingua franca dell’Unione. Ciò che andrebbe incoraggiato, ad esempio, è l’apprendimento di lingue appartenenti a diversi gruppi linguistici, ad esempio che i parlanti gallese apprendano il polacco. L’apprendimento dell’inglese è già un settore dinamico e proficuo; gli Stati nei quali l’inglese è la lingua materna (Inghilterra, Stati Uniti) già beneficiano di questa posizione e non hanno bisogno di ulteriore sostegno da parte dell’Unione europea.
Inoltre, occorre elaborare un elenco delle lingue europee a rischio, in modo da identificare le lingue che hanno maggiori bisogni e che possono ricevere il massimo aiuto mediante politiche dinamiche.
È necessario istituire un mediatore europeo per le problematiche linguistiche, sulla falsariga del commissario canadese per le lingue ufficiali. In Canada, il commissario per le lingue ufficiali promuove e sostiene gli obiettivi della legge canadese sulle lingue ufficiali, esamina i reclami relativi ai diritti linguistici, controlla le istituzioni del governo federale per assicurare che esse rispettino la normativa sulle lingue ufficiali, assicura che i diritti linguistici rimangano tra le preoccupazioni prioritarie dei leader politici e promuove l’uso delle due lingue ufficiali a livello sia di governo federale che nella società canadese[3].
Malgrado la Commissione abbia lasciato cadere l’idea di una Agenzia per la diversità linguistica e l’apprendimento delle lingue, vale la pena di insistere per la sua creazione, ribattezzandola piuttosto Agenzia per il multilinguismo. Parte dei suoi compiti consisterebbero nella creazione di una rete di centri specializzati nella ricerca e nella promozione della diversità linguistica.
Tutte le lingue europee dovrebbero diventare lingue ufficiali nell’Unione europea. Un tale obiettivo si iscriverebbe in un piano linguistico europeo e potrebbe essere realizzato riducendo il numero di lingue di lavoro a pieno titolo, riflettendo quella che è già la situazione di fatto. Utilizzare solo le lingue degli Stati membri è semplicemente inaccettabile. Lo status ufficiale di una lingua trasmette a tutti i cittadini dell’Unione europea il chiaro messaggio che essi sono trattati in modo equo, e può solo contribuire a migliorare le relazioni dell’Unione europea con i suoi cittadini. Circa il 10% (46 milioni) di cittadini europei parlanti lingue regionali o meno diffuse sono costretti ad utilizzare una lingua che non è la loro lingua materna nei loro rapporti con l’Unione europea.
La comunicazione della Commissione prevede che i cittadini devono poter comunicare con l’Unione europea “nella loro lingua nazionale” e partecipare al progetto comunitario “senza incappare in barriere linguistiche”, ma si contraddice subito dopo limitando tali lingue a quelle ufficiali degli Stati membri [4]. Circa il 10% della popolazione viene quindi escluso in un colpo solo. Il gallese è la lingua nazionale del Galles, il basco dei Paesi Baschi, ma queste lingue non possono essere usate. Per raggiungere una legittimazione democratica e la trasparenza, l’Unione europea deve essere accessibile a tutti i suoi cittadini in tutte le lingue europee. Questa dichiarazione solleva la questione di cosa intenda esattamente la Commissione quando parla di “multilinguismo”. Se si riferisce solo alle lingue ufficiali, questa definizione è inaccettabile.
- [1] Tuttavia, il discorso del Commissario Figel in occasione della recente conferenza sulle RML nell’istruzione lasciava ritenere che questa prospettiva è ora più probabile.
- [2] Vi sono più o meno 46 milioni di persone che parlano lingue regionali o minoritarie in Europa, cioè circa il 10% della popolazione.
- [3] Cfr. http://www.ocol-clo.gc.ca/rights_droits.asp?Lang=English , http://canadanline.about.com/cs/bilingualism/g/commol.htm
- [4] Le lingue utilizzate nell’Unione europea sono attualmente definite dal regolamento n. 1 del 1958 che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea.
PROCEDURA
Titolo |
Nuova strategia quadro per il multilinguismo |
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Riferimenti |
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Commissione competente per il merito |
CULT |
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Commissione(i) competente(i) per parere |
ITRE |
EMPL |
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Pareri non espressi |
ITRE |
EMPL 14.12.2005 |
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Cooperazione rafforzata |
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Relatore(i) |
Bernat Joan i Marí 23.1.2006 |
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Relatore(i) sostituito(i) |
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Esame in commissione |
20.6.20006 |
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Approvazione |
9.10.2006 |
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Esito della votazione finale |
+ - 0 |
26 3 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Maria Badia I Cutchet, Ivo Belet, Guy Bono, Marielle De Sarnez, Marie-Hélène Descamps, Jolanta Dičkutė, Hanna Foltyn-Kubicka, Milan Gaľa, Vasco Graça Moura, Lissy Gröner, Luis Herrero-Tejedor, Ruth Hieronymi, Bernat Joan i Marí, Manolis Mavrommatis, Ljudmila Novak, Doris Pack, Zdzisław Zbigniew Podkański, Pál Schmitt, Nikolaos Sifunakis, Thomas Wise |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Ignasi Guardans Cambó, Gyula Hegyi, Reino Paasilinna, Sérgio Sousa Pinto, Grażyna Staniszewska, Catherine Trautmann, Alejo Vidal-Quadras Roca |
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Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Harald Ettl, Gérard Onesta |
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Deposito |
23.10.2006 |
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Osservazioni (disponibili in una sola lingua) |
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