RELAZIONE sulle conseguenze per la salute pubblica dell’incidente di Thule del 1968 (Petizione 720/2002)
20.4.2007 - (2006/2012(INI))
Commissione per le petizioni
Relatrice: Diana Wallis
PR_INI_art192
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sulle conseguenze per la salute pubblica dell’incidente di Thule del 1968 (Petizione 720/2002)
Il Parlamento europeo,
– vista la petizione 720/2002,
– visto l'articolo 21 del trattato CE che attribuisce ad ogni cittadino dell'Unione il diritto di petizione dinanzi al Parlamento europeo, conformemente all'articolo 194,
– visti l'articolo 107, lettera c) del trattato CEEA e l'articolo 194 del trattato CE che conferisce ad ogni cittadino dell'Unione, nonché a ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, il diritto di presentare, individualmente o in associazione con altri cittadini o persone, una petizione al Parlamento europeo su una materia che rientra nel campo di attività delle Comunità e che lo(la) concerne direttamente,
– vista la direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti[1],
– viste le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 12 aprile 2005 e del 9 marzo 2006 nelle cause C-61/03 Commissione contro Regno Unito e C-65/04 Commissione contro Regno Unito,
– visto l'articolo 192, paragrafo 1, del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per le petizioni (A6‑0156/2007),
A. considerando le questioni sostanziali e i gravi problemi sollevati dal firmatario nonché l'importanza fondamentale dell'obiettivo di proteggere la salute della popolazione e l'ambiente dai pericoli connessi con l'uso dell'energia nucleare, come riconosciuto dalla Corte di giustizia,
B. considerando che dalla petizione risulta che lavoratori e membri del pubblico sono stati irradiati da plutonio estremamente pericoloso, destinato alla fabbricazione di armi nucleari, a seguito dello schianto a Thule, Groenlandia, nel 1968 di un velivolo militare statunitense B-52 che trasportava armi nucleari,
C. considerando che molti sopravvissuti all'incidente di Thule sono deceduti a seguito di malattie provocate dalle radiazioni a causa della mancanza di controlli medici e che i sopravvissuti ancora in vita rischiano di contrarre siffatte malattie fatali,
D. considerando che il monitoraggio della salute dei sopravvissuti di Thule faciliterebbe l'individuazione precoce di malattie causate dalle radiazioni e il relativo trattamento,
E. considerando che il governo danese ha comunicato la sua intenzione di promuovere la massima apertura in merito all'operazione di "pulizia" a seguito dell'incidente di Thule,
F. considerando che secondo l'articolo 2(b) del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica (CEEA) la Comunità deve "stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori e vigilare sulla loro applicazione",
G. considerando che la Corte di giustizia ha dichiarato che il Capo del trattato CEEA, intitolato La protezione sanitaria, forma "un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell'ambiente contro i rischi di contaminazione nucleare"[2]e che la Corte ha altresì sostenuto un'ampia interpretazione delle disposizioni di detto Capo al fine di "garantire una protezione sanitaria coerente ed efficace della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, a prescindere da quale sia la sorgente"[3],
H. considerando che la Commissione e il Regno di Danimarca hanno sempre rifiutato di riconoscere l'applicabilità del trattato CEEA e del diritto derivato adottato ai sensi di detto trattato alle conseguenze dell'incidente di Thule,
1. rileva che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, nuove norme del diritto comunitario si applicano, in via di principio, alle conseguenze future di situazioni verificatesi prima dell'entrata in vigore della nuova norma;
2. conclude che il trattato CEEA è stato immediatamente applicabile e ha avuto valore vincolante per il Regno di Danimarca a decorrere dalla data della sua adesione, con la conseguenza che si applicava alle conseguenze future di situazioni verificatesi prima dell'adesione del Regno di Danimarca alle Comunità;
3. osserva che il trattato CEEA si è applicato alla Groenlandia per dodici anni dall'adesione della Danimarca nel 1973 all'entrata in vigore, il 1° gennaio 1985, del trattato che modifica, per quanto riguarda la Groenlandia, i trattati che istituiscono le Comunità europee; è tuttavia dell’avviso che, dato che quest'ultimo trattato non ha alcun effetto retroattivo, il Regno di Danimarca rimane vincolato da qualsiasi obbligo giuridico esistente relativamente ad eventi verificatisi sul territorio della Groenlandia anteriormente al 1° gennaio 1985 e che, inoltre, le conseguenze per la salute umana dell'incidente del 1968 non sono limitate alla Groenlandia in quanto manifestamente molti lavoratori, compresi cittadini europei, si sono da allora trasferiti nella Danimarca continentale;
4. prende atto della recente giurisprudenza secondo cui "il trattato CEEA non è applicabile alle utilizzazioni dell'energia nucleare a fini militari"[4]; ciononostante è dell'avviso che la Corte di giustizia abbia chiaramente collegato la sua interpretazione restrittiva della portata del trattato CEEA alla necessità di tutelare gli interessi fondamentali degli Stati membri in materia di difesa nazionale;
5. insiste sulla necessità di non invocare la summenzionata limitazione relativamente alla portata del trattato CEEA per evitare l'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza in situazioni in cui il presunto obiettivo militare riguarda uno Stato terzo, l'uso dell'energia nucleare viola un accordo internazionale e l'unico eventuale legame esistente con un interesse di difesa di uno Stato membro è il rilascio di materiale nucleare sul suo territorio;
6. rileva che l'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 96/29/Euratom si applica ai casi di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza radiologica;
7. esorta il Regno di Danimarca, in stretta collaborazione con le autorità della Groenlandia, e conformemente all'articolo 38 della direttiva, a "promuovere misure di sorveglianza e intervento" in relazione alle persistenti conseguenze dell'incidente di Thule e, conformemente all'articolo 53 di detta direttiva, ad istituire "un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni" e ad attuare "interventi adeguati, tenuto conto delle caratteristiche reali della situazione";
8. considerando che i diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario e alla luce degli obblighi positivi derivanti dagli articoli 2 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, esorta gli Stati membri impegnati in attività pericolose che potrebbero avere conseguenze negative nascoste per la salute delle persone che partecipano a siffatte attività, a garantire che venga istituita una procedura efficace ed accessibile che consenta a siffatte persone di cercare tutte le informazioni pertinenti ed adeguate;
9. esorta gli Stati membri ad attuare e ad applicare tempestivamente la direttiva 96/29/Euratom ed invita la Commissione a perseguire energicamente qualsiasi mancato adempimento dei loro obblighi al riguardo;
10. dubita che il Regno di Danimarca abbia pienamente soddisfatto i suoi obblighi derivanti dalla direttiva 96/29/Euratom in relazione all'incidente di Thule e alle sue conseguenze;
11. esprime grande preoccupazione per l'attuale esistenza di una lacuna nella protezione della salute del pubblico in generale per quanto riguarda l'uso dell'energia nucleare per scopi militari;
12. esorta la Commissione a presentare una proposta riguardante le fondamentali implicazioni per l'ambiente e la salute pubblica dell'uso dell'energia nucleare per scopi militari, al fine di colmare tale lacuna;
13. è dell'avviso che le disposizioni fondamentali del trattato CEEA non siano state modificate in modo sostanziale dall'entrata in vigore del trattato e che sia necessario aggiornarle;
14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione nonché al governo e al parlamento del Regno di Danimarca.
Traduzione esterna
MOTIVAZIONE
1. Premessa della petizione presentata dal sig. J. Carswell (petizione 720/2002)
Il 21 gennaio 1968, un bombardiere B-52 statunitense recante numerosi ordigni nucleari a bordo si andò a schiantare nei pressi della base aerea di Thule nell’area nord-occidentale della Groenlandia, rilasciando nell’ambiente diversi chili di plutonio per uso militare. Sei dei sette membri dell’equipaggio furono in grado di lanciarsi dall’aereo senza conseguenze. Tuttavia, il plutonio contaminò la neve e il ghiaccio nella zona circostante allo schianto e fu trasportato dal forte vento e dall’acqua coprendo un’area di notevoli dimensioni. Circa un migliaio di civili di nazionalità danese erano impiegati nella base aerea per la manutenzione e la fornitura di altri servizi di natura non militare.
Il personale civile danese, i residenti locali e il personale statunitense si recarono immediatamente nel punto dello schianto per le operazioni di soccorso. Successivamente, gli Stati Uniti condussero delle operazioni di bonifica dalle radiazioni della zona, durante le quali i civili danesi si offrirono di collaborare con il personale statunitense per la rimozione del materiale contaminato. Nessuno dei volontari aveva esperienza di alcun tipo o ricevuto una formazione specifica per la gestione di materiali contaminati. Dopo le operazioni di bonifica, l’esercito statunitense ha eseguito dei regolari controlli medici sul personale delle forze aeree USA che prestavano servizio a Thule nel periodo dello schianto e successivamente. Il governo danese non ha invece sottoposto a controlli medici analoghi i civili danesi o i residenti locali, molti dei quali hanno continuato a lavorare alla base di Thule e a vivere in quella zona ancora per molti anni.
Al momento dello schianto, il firmatario era impiegato come dipendente civile (spedizioniere) presso la base di Thule e ha continuato a vivere e lavorare lì fino al 1971. Durante tale periodo, il firmatario ha visitato più volte l’area dello schianto ed è stato impiegato nell’organizzazione della rimozione dei detriti contaminati durante le operazioni di bonifica. Inoltre, come molti altri dipendenti della base di Thule, ha utilizzato il ghiaccio di un fiordo vicino per le bevande. Nel corso degli anni ‘80, il firmatario ha subito un grave deterioramento delle proprie condizioni di salute e gli fu successivamente diagnosticato un carcinoma all’esofago e allo stomaco. Il firmatario ha subito otto importanti interventi chirurgici ed è stato più volte ricoverato in ospedale in regime di day hospital. Di recente, gli è stata diagnosticata una disfunzione tiroidea.
Il firmatario denuncia che le autorità danesi non hanno evacuato quanti lavoravano in zona all’epoca, non li hanno avvisati o informati della portata delle radiazioni presenti né hanno proceduto alle necessarie visite mediche ed esami clinici successivamente all’incidente. Il firmatario sostiene che le sue condizioni di salute sono causate dall’esposizione al plutonio contenuto negli ordigni nucleari trasportati dall’aereo schiantatosi nel 1968. Il firmatario chiede pertanto di avere accesso ai dati esistenti in relazione all’incidente e alle sue implicazioni e che vengano eseguiti regolari controlli medici.
L’asserzione principale del firmatario nella petizione è che il governo danese non ha rispettato le disposizioni previste dalla direttiva 96/29/EURATOM del Consiglio del 13 maggio 1996 che definisce le norme fondamentali di sicurezza per la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU 1996 L 159, pag. 1; nel prosieguo “direttiva”).
Le prime relazioni scientifiche pubblicate dal governo danese, in cui si affermava che non vi erano rischi per la salute dell’uomo o per l’ambiente, sono state messe in discussione da relazioni mediche private e da una relazione preliminare del 2005 elaborata dal Dipartimento per le ricerche sulle radiazioni del Laboratorio nazionale danese RISO in riferimento alla contaminazione della zona di Thule. A causa del crescente numero di decessi e di carcinomi associati all’esposizione alle radiazioni riscontrati tra gli ex lavoratori di Thule, questi ultimi hanno creato un’associazione nel 1986, (Foreningen For Straaleramte Thulearbejdere) allo scopo di valutare i possibili effetti dello schianto del 1968 sulle loro condizioni di salute. Poiché i lavoratori non sono stati sottoposti individualmente a controlli per l’esposizione alle radiazioni a Thule, l’associazione chiede che il governo danese conceda loro l’accesso alla relativa documentazione di carattere ambientale. Sulla base di tale documentazione, essi intendono valutare il probabile dosaggio di radiazioni a cui sono stati esposti e le possibili conseguenze per la loro salute. Tuttavia, la documentazione non è mai stata consegnata loro, nonostante le ripetute richieste. Il firmatario sostiene che il governo danese aveva preso la decisione politica di non valutare i reclami dei sopravissuti di Thule dal punto di vista scientifico e di concedere loro invece un indennizzo ex gratia in denaro per i danni psicologici subiti. Tale risarcimento è stato concesso a tutte le persone che nel periodo dal 21 gennaio 1968 al 17 settembre 1968 si trovavano in prossimità della zona dello schianto contaminata dalle radiazioni o vi si erano recate, ad eccezione degli esperti inviati dal governo danese e del personale statunitense. Si calcola che 2400 persone abbiano ricevuto il risarcimento, che non faceva distinzioni tra coloro che avevano partecipato alle operazioni di bonifica e gli altri, come ad esempio i residenti locali o i viaggiatori che non vi avevano preso parte. Alla relatrice sono state fornite prove che in almeno due casi la richiesta dei pazienti di essere sottoposti ad un successivo trattamento in clinica è stata respinta sostenendo che il risarcimento aveva risolto definitivamente la questione.
La commissione per le petizioni ha giudicato ammissibile la petizione del sig. Carswell il 14 marzo 2003.
2. Applicazione temporale del diritto comunitario ai fatti presentati nella petizione
Può la direttiva essere applicata allo schianto del 1968, avvenuto prima dell’entrata in vigore della direttiva e prima dell’adesione del Regno di Danimarca al trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (nel prosieguo trattato CEEA)?
La Commissione ha asserito che la direttiva 96/29/EURATOM non può essere applicata alle conseguenze di un incidente avvenuto nel 1968, periodo in cui il Regno di Danimarca non era neppure uno Stato membro. Tuttavia, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, le nuove norme di diritto comunitario si applicano, in linea di principio, agli effetti successivi di situazioni avvenute prima che tali nuove norme entrassero in vigore. Ad esempio, la Corte di giustizia ha adottato tale principio per l’applicazione di una norma procedurale discriminatoria a fatti precedenti all’adesione dell’Austria all’UE.[1]
Tale interpretazione è stata rafforzata dal fatto che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha confermato la sua giurisdizione e l’applicabilità degli articoli 2 e 8 della CEDU agli effetti legati all’esposizione alle radiazioni, avvenuta prima dell’accettazione della giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo da parte di uno stato. Di conseguenza, la denuncia da parte di una figlia ammalata di un soldato della RAF, esposta a radiazioni nel 1958 sull’isola Christmas non era inammissibile in virtù del fatto che il Regno Unito ha riconosciuto la giurisdizione della Corte europea dei diritti dell’uomo soltanto nel 1966.[2]
Il trattato CEEA era immediatamente applicabile e vincolante nei confronti del Regno di Danimarca dalla data della sua adesione e pertanto andava applicato agli effetti successivi di situazioni venutesi a creare prima dell’adesione del Regno di Danimarca alle Comunità. Di conseguenza, non è rilevante se lo schianto sia avvenuto prima dell’adesione della Danimarca al trattato CEEA, fintanto che gli effetti dello schianto permangono. Visti gli effetti a lungo termine sulla salute prodotti dall’esposizione alle radiazioni (il periodo di latenza di carcinomi e patologie provocate dalle radiazioni va da 20 a 60 anni), tutti i sopravissuti sono a rischio e devono essere sottoposti a scrupolosi controlli clinici. Non vi sono dubbi, pertanto, che gli effetti provocati dallo schianto del 1968 permangono fino alla data in questione, ossia il 13 maggio 2000.[3]
3. Applicazione territoriale del trattato CEEA alla Groenlandia
Si tratta in questo caso si tratta di stabilire se la direttiva si possa applicare agli effetti successivi allo schianto in Groenlandia, per la quale il trattato CEEA non è stato applicato dal 1° gennaio 1985.
Al momento dello schianto, la Groenlandia faceva parte del territorio del Regno di Danimarca. Tuttavia, per quanto riguarda l’applicazione territoriale del trattato CEEA, va preso in considerazione il trattato che modifica i trattati che istituiscono le Comunità europee per quanto riguarda la Groenlandia (GU L 29, del 01/02/1985, pag. 1, nel prosieguo trattato sulla Groenlandia). L’articolo 5 di detto trattato ha introdotto la seguente modifica all’articolo 198 del trattato CEEA: "Il presente trattato non si applica alla Groenlandia". Poiché il trattato sulla Groenlandia è entrato in vigore il 1° gennaio 1985 (si veda l’articolo 6), ne consegue che il trattato CEEA non si applica alla Groenlandia dopo tale data.
Di conseguenza, il trattato CEEA è stato applicato alla Groenlandia per dodici anni, dall’adesione della Danimarca nel 1973 fino all’entrata in vigore del trattato sulla Groenlandia. Tuttavia, considerato che detto trattato non ha effetto retroattivo, il Regno di Danimarca rimane vincolato dagli obblighi giuridici vigenti per quanto riguarda i fatti avvenuti sul territorio della Groenlandia prima del 1° gennaio 1985. Inoltre, gli effetti sulla salute manifestatisi successivamente allo schianto del 1968 non sono limitati alla Groenlandia, poiché è evidente che molti lavoratori, inclusi cittadini europei, si sono poi trasferiti nella Danimarca continentale. Il Regno di Danimarca è pertanto tenuto a fornire la sorveglianza medica e le informazioni attinenti richieste alle persone le cui condizioni di salute sono tuttora condizionate dagli effetti a lungo termine dell’incidente di Thule, indipendentemente dall’esclusione della Groenlandia dall’ambito di applicazione territoriale del trattato CEEA. A questo proposito, va notato che le disposizioni della direttiva non obbligano necessariamente uno Stato membro a adottare misure di attuazione nello stesso luogo in cui si è verificata un’emergenza radiologica. In realtà, tali obblighi possono essere soddisfatti in un luogo diverso sul territorio dello Stato membro.
Deve essere pertanto stabilito se le disposizioni della direttiva obbligano il Regno di Danimarca a intraprendere le azioni richieste dal firmatario.
4. Applicabilità del trattato CEEA alle "attività militari"
La Commissione, nelle conclusioni orali presentate alla commissione per le petizioni, ha affermato che il trattato CEEA e il diritto derivato adottato nel quadro del trattato non sono applicabili ai fatti riportati dalla petizione, poiché "il trattato non è applicabile alle utilizzazioni dell’energia nucleare a fini militari".[4]
Nella causa C-61/03 "Reattore Jason ", l’avvocato generale e la Corte di giustizia sono stati concordi nell’affermare che nei negoziati che hanno condotto all’approvazione del trattato CEEA, la questione dell’applicazione all’energia nucleare utilizzata a fini era prevista ma è rimasta irrisolta. La Corte ha poi accettato le argomentazioni del Regno Unito e della Francia secondo cui il fatto che nel trattato CE vi fossero delle eccezioni legate alla sicurezza pubblica, mentre non ve ne sono nel trattato CEEA, significa che fosse implicito che il trattato CEEA non si applichi assolutamente all’energia nucleare utilizzata a fini militari.
"È tuttavia evidente che l’applicazione di tali disposizioni alle installazioni, ai programmi di ricerca ed alle altre attività militari potrebbe essere di natura tale da compromettere interessi essenziali della difesa nazionale degli Stati membri. Di conseguenza, come il Regno Unito e la Repubblica francese hanno giustamente sostenuto, l’assenza nel detto trattato di qualsiasi deroga che fissi le modalità secondo le quali gli Stati membri sarebbero autorizzati ad invocare ed a proteggere tali interessi essenziali permette di concludere che le attività che rientrano nel settore militare sfuggono all’ambito di applicazione del trattato."[5]
Tale interpretazione restrittiva dell’ambito di applicazione del trattato CEEA è stata confermata nella causa C-65/04 "HMS Tireless".[6]
Tuttavia, i fatti particolari riportati nella petizione vanno distinti dalle due sentenze summenzionate per diverse ragioni.
Appare chiaro nel punto 36 della causa "Reattore Jason" che la motivazione che conduce all’esclusione della sfera militare dall’ambito di applicazione del trattato CEEA sia la protezione degli "interessi ". Tale posizione è rafforzata dalla seconda frase dello stesso punto in cui si afferma che l’assenza di un’esclusione esplicita del trattato CEEA impedirebbe agli Stati membri di proteggere adeguatamente "tali interessi [essenziali della difesa nazionale]". Appare pertanto chiaro che la Corte collega la sua interpretazione restrittiva alla necessità di proteggere gli interessi essenziali di difesa nazionale degli Stati membri.
La causa "Reattore Jason " riguardava l’applicazione di determinati requisiti di informazione e obblighi di relazione EURATOM allo smaltimento di scorie radioattive da parte del Regno Unito, successivamente allo smantellamento di un reattore nucleare militare. Analogamente, la causa "HMS Tireless" riguardava l’applicazione degli obblighi di relazione al piano di emergenza del Regno Unito per l’evacuazione di Gibilterra in caso di emergenza radiologica durante i lavori di manutenzione e riparazione di un sottomarino militare dotato di reattore nucleare. Entrambi i casi riguardavano gli obblighi imposti ad uno Stato membro sull’impiego di energia nucleare a fini militari da parte, in questo caso, dello stesso Stato membro.
Appare insensato concludere che la motivazione per escludere l’energia nucleare utilizzata a fini militari fosse che gli interessi di difesa nazionale di un qualsiasi Stato membro potessero essere compromessi, senza un ulteriore elemento di collegamento a uno Stato membro. Non può dunque essere che tale esclusione riguardi l’impiego di energia nucleare da parte di un paese terzo nel caso in cui uno Stato membro non l’abbia autorizzato (ossia, abbia accettato e approvato tale impiego, assumendone in tal modo la proprietà), ma dove il rischio per la salute riguardi esclusivamente lo Stato membro. In tale scenario, gli interessi essenziali di difesa nazionale non vengono in alcun modo compromessi.
Di conseguenza, le disposizioni del trattato CEEA in materia di salute e sicurezza riguardano anche situazioni in cui gli interessi di difesa non hanno nulla a che vedere con lo Stato membro (o un qualsiasi altro Stato membro) e inoltre i casi in cui l’impiego dell’energia nucleare rappresenti una violazione degli accordi internazionali e in cui l’unico elemento di collegamento reale sia che il rilascio di materiale nucleare è avvenuto sul territorio dello Stato membro. Inoltre, tale interpretazione non intende imporre l’obbligo di valutare per ogni singolo caso se vi sia un interesse essenziale di difesa nazionale in gioco. Tale approccio, che era stato appoggiato dalla Commissione di fronte alla Corte di giustizia, è stato rifiutato.
Applicando tale analisi ai fatti presentati nella petizione, il Regno di Danimarca non ha mai avuto un programma nucleare, né a scopi civili né a scopi militari. Di conseguenza, (diversamente dal Regno Unito e dalla Francia), la Danimarca non svolge attività che riguardino l’impiego di energia nucleare a fini militari che la esonererebbero dall’obbligo di relazione o da altri obblighi previsti dal trattato EURATOM o dal diritto derivato. Non vi sono prove che colleghino tale controllo ad attuali attività di difesa da parte della Danimarca che prevedono l’impiego di energia nucleare.
L’incidente che ha provocato il rilascio di materiale radioattivo in questione è stato causato dagli Stati Uniti, un paese terzo, e non dalla Danimarca. Sebbene la Danimarca avesse un accordo di difesa con gli Stati Uniti all’epoca in cui è avvenuto lo schianto del B- 52, l’accordo impediva agli Stati Uniti di immagazzinare o dislocare ordigni nucleari in Groenlandia o di sorvolare lo spazio aereo danese con tali armi. Il governo danese ha confermato pubblicamente ai propri cittadini che l’autorizzazione a immagazzinare e dislocare armi nucleari o di sorvolare lo spazio aereo danese con tali armi, non era o non sarebbe stata concessa agli Stati Uniti e che non erano state apportate modifiche in tal senso all’accordo di difesa da parte del parlamento danese. Di conseguenza, il riferimento all’accordo bilaterale non è assolutamente determinante in questo caso. Il semplice fatto che ci fosse un accordo che riguardava determinate attività militari non significa che in virtù di tale accordo, qualsiasi attività militare svolta da un paese terzo nel territorio di uno Stato membro, sia de facto esclusa dall’ambito di applicazione del trattato CEEA. Tale conclusione sarebbe arbitraria e andrebbe contro il buonsenso.
5. Diritto primario pertinente e la sua interpretazione da parte della Corte di giustizia
L’articolo 2, lettera b) EA afferma che la Comunità, come disposto dal trattato CEEA, "deve stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori e vigilare sulla loro applicazione".
Il titolo II del trattato CEEA, dal titolo "Disposizioni intese a favorire il progresso nel campo dell'energia nucleare", include il capo 3 dal titolo "Protezione sanitaria", comprendente gli articoli da 30 a 39.
A tale proposito, il primo punto dell’articolo 30 EA prevede in particolare l’istituzione nella Comunità di "norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti". Come disposto nel secondo punto di detto articolo, l’espressione "norme fondamentali" significa:
"(a) le dosi massime ammissibili con un sufficiente margine di sicurezza;
(b) le esposizioni e contaminazioni massime ammissibili;
(c) i principi fondamentali di sorveglianza sanitaria dei lavoratori".
L’articolo 31 EA stabilisce la procedura per l’elaborazione e l’adozione di tali norme fondamentali, mentre il primo punto dell’articolo 32 EA stabilisce che le norme fondamentali possono essere rivedute o completate, su richiesta della Commissione o di uno Stato membro, secondo la procedura definita dall'articolo 31 EA.
La Corte di giustizia ha sostenuto che il capo III del trattato CEEA sulla Protezione sanitaria forma un "un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell' ambiente, contro i rischi di contaminazione nucleare".[7] La Corte ha inoltre sostenuto un’interpretazione ampia di tali disposizioni in modo da "garantire una protezione sanitaria coerente ed efficace della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, a prescindere da quale sia la sorgente".[8] Inoltre, la Corte ha asserito esplicitamente che tale ampia interpretazione si applica alla direttiva specifica discussa nella presente petizione.[9]
6. Campo di applicazione materiale della direttiva
La direttiva, adottata sulla base degli articoli 31 e 32 del trattato CEEA, si prefigge l’obiettivo di modificare le norme fondamentali vigenti[10] prendendo in considerazione lo sviluppo delle conoscenze scientifiche in merito alla protezione dalle radiazioni.
L’ambito di applicazione della direttiva viene definito nell’articolo 2 al titolo II "Campo di applicazione" ed è probabilmente più ampio delle direttive precedenti che ha sostituito, in particolare della direttiva 80/836 EURATOM del 15 luglio 1980.[11]
Come stabilito nel primo comma dell’articolo 2:
"La presente direttiva si applica a tutte le pratiche che implicano un rischio dovuto a radiazioni ionizzanti provenienti da una sorgente artificiale o da una sorgente di radiazione naturale nel caso in cui i radionuclidi naturali siano o siano stati trattati, per le loro proprietà radioattive, fissili o fertili, vale a dire:
(a) alla produzione, alla lavorazione, alla manipolazione, all’impiego, alla detenzione, all’immagazzinamento, al trasporto, all’importazione nella Comunità ed all’esportazione a partire dalla Comunità e allo smaltimento di sostanze radioattive;
(b) al funzionamento di qualunque attrezzatura elettrica che emetta radiazioni ionizzanti e contenga componenti funzionanti con una differenza di potenziale superiore a 5 kV;
(c) a ogni altra pratica designata dallo Stato membro."
Inoltre, il terzo comma dell’articolo 2 stabilisce quanto segue:
"Conformemente al titolo IX [la direttiva] si applica anche a qualsiasi intervento in caso di emergenza radiologica o di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un’emergenza radiologica oppure di una pratica o un’attività lavorativa passata o desueta." (sottolineatura aggiunta)
In questo senso, il riferimento a "casi di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un’emergenza radiologica oppure di una pratica o un’attività lavorativa passata o desueta" nel terzo comma dell’articolo 2 al titolo II "Campo di applicazione" costituisce un evidente ampliamento dell’ambito di applicazione della direttiva rispetto alla precedente legislazione.
Il capo III "Sorveglianza medica dei lavoratori esposti" definisce delle norme dettagliate sulla sorveglianza medica, che includono disposizioni che prevedono la possibilità di proseguire la sorveglianza medica dopo la cessazione del rapporto di lavoro, se ritenuto necessario per proteggere la salute del lavoratore interessato (articolo 31(3)) e l’obbligo di conservare il libretto sanitario fino a quando il lavoratore abbia o avrebbe compiuto i 75 anni e, comunque, per almeno 30 anni dalla cessazione dell’attività lavorativa implicante esposizione a radiazioni ionizzanti (articolo 34).
Inoltre, l’articolo 38, al capo IV "Compiti degli Stati membri in material di protezione dei lavoratori esposti", stabilisce quanto segue:
"1. Ogni Stato membro istituisce uno o più sistemi di ispezione al fine di far rispettare le norme emanate in conformità della presente direttiva e di promuovere le misure di sorveglianza e di intervento che si rivelino necessarie.
2. Ogni Stato membro dispone che i lavoratori abbiano accesso, a loro richiesta, ai risultati della sorveglianza individuale che li riguarda, compresi i risultati delle misurazioni eventualmente utilizzate per la loro valutazione o alle valutazioni delle dosi, ricavate dalle misurazioni sul luogo di lavoro.
(...)
5. Ogni Stato membro agevola lo scambio, tra autorità competenti o medici autorizzati di medicina del lavoro o esperti qualificati o servizi autorizzati di dosimetria all’interno della Comunità europea, di tutte le informazioni relative alle dosi assorbite in precedenza da un lavoratore, al fine di effettuare le visite mediche prima dell’assunzione o la classificazione come lavoratore della categoria A previsti dall’articolo 31 e controllare l’ulteriore esposizione dei lavoratori."
Per quanto riguarda gli interventi, l’articolo 53, incluso nella sezione II "Interventi in caso di esposizione prolungata" del titolo IX della direttiva stabilisce quanto segue:
"Gli Stati membri, allorché individuano una situazione comportante un’esposizione prolungata dovuta agli effetti di un’emergenza radiologica o di una pratica passata, garantiscono, in funzione delle necessità e del rischio di esposizione:
(a) la delimitazione dell’area interessata;
(b) l’istituzione di un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni;
(c) l’attuazione di interventi adeguati, tenuto conto delle caratteristiche reali della situazione;
(d) la regolamentazione dell’accesso ai terreni o agli edifici ubicati nell’area delimitata, o della loro utilizzazione."
7. Applicabilità della direttiva ai fatti presentati nella petizione
Per quanto riguarda il termine "lavoratori" al capo III della direttiva, può essere fatta un’analogia con l’interpretazione ampia del termine fornita nel trattato CE. Secondo la giurisprudenza costante della Corte si tratta di un concetto autonomo con una portata comunitaria, indipendentemente dall’etichetta data all’attività secondo la legislazione nazionale.[12] Di conseguenza, fin tanto che i criteri stabiliti dalla Corte di giustizia vengono rispettati, sarebbe arbitrario escludere una categoria di persone (per esempio le persone che hanno partecipato alle operazioni di bonifica) semplicemente perché non erano impiegate permanentemente alla base.
È inoltre importante il fatto che la direttiva contenga alcune disposizioni in merito alla necessità di intervenire molti anni dopo un evento accaduto in passato. Ad esempio, l’articolo 31(3) prevede la possibilità di continuare la sorveglianza medica dopo la cessazione del rapporto di lavoro, se ritenuto necessario per proteggere la salute del lavoratore interessato. L’articolo 34 stabilisce che venga conservato il libretto sanitario fino a quando il lavoratore abbia o avrebbe compiuto i 75 anni e, comunque, per almeno 30 anni dalla cessazione dell’attività lavorativa implicante esposizione a radiazioni ionizzanti.
Ai sensi dell’articolo 38 della direttiva il Regno di Danimarca è pertanto tenuto, quando necessario, a "promuovere le misure di sorveglianza e di intervento" in relazione agli effetti attuali dello schianto di Thule.
Inoltre, il Regno di Danimarca è tenuto ai sensi dell’articolo 53 a garantire "l’istituzione di un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni" e ad attuare "interventi adeguati (...) tenuto conto delle caratteristiche reali della situazione". Sebbene i trattini (a) e (d) si riferiscano rispettivamente a un’"area" e a un’"area delimitata", non vengono posti limiti geografici ai trattini (b) e (c).
In realtà, tutti gli Stati membri sono tenuti ad attuare e applicare senza indugio la direttiva in modo efficace e la Commissione, in quanto custode dei trattati, ha il dovere di perseguire fermamente il mancato rispetto di tali obblighi.
8. Eventuali obblighi secondo la Convenzione europea dei diritti dell’uomo
Secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, "i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali di diritto dei quali la corte garantisce l’osservanza. A tal fine la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito (v., in particolare, sentenza causa C-4/73 Nold contro Commissione [1974] ECR 491, punto 13). La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo riveste a questo proposito un particolare significato (v., in particolare causa C-222/84 Johnston contro Chief Constable of the Royal Ulster Constabulary [1986] ECR 1651, punto 18)."[13]
A tal riguardo, c’è una chiara giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo la quale l’articolo 2(1) CEDU intima allo Stato non solo di astenersi dal togliere la vita volontariamente e illegalmente, ma anche di adottare le misure necessarie per tutelare le vite di quanti si trovano nella sua giurisdizione.[14] Non è assolutamente chiaro se il Regno di Danimarca abbia compiuto ogni sforzo possibile al fine di impedire che la vita del firmatario fosse inevitabilmente messa in pericolo.
Inoltre, un obbligo in tal senso può venire dall’articolo 8 CEDU. Come ha affermato la Corte europea dei diritti dell’uomo: "nel caso in cui un governo svolga attività pericolose [come i test nucleari] che potrebbero nascondere degli effetti nocivi per la salute degli individui coinvolti in tali attività, il rispetto della vita privata e famigliare ai sensi dell’articolo 8 implica che venga stabilita una procedura efficace e accessibile che consenta a tali individui di accedere a tutte le informazioni attinenti ed appropriate" (sottolineatura aggiunta).[15] Inoltre, indipendentemente da tale procedura, è fondamentale salvaguardare il diritto del firmatario di sapere ciò che gli potrebbe accadere senza bisogno che lo chieda espressamente. Il firmatario aveva il diritto di essere informato di tutte le conseguenze legate alla sua presenza nell’area dello schianto.[16] Qualunque risarcimento concesso al firmatario non può giustificare l’ingerenza sproporzionata con i suoi diritti fondamentali e in particolare con il suo diritto alla vita e al rispetto della vita privata e familiare.
9. Salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente contro i pericoli risultanti dall’impiego dell’energia nucleare a scopi militari
Nelle sezioni precedenti è stato asserito che la direttiva si applica agli effetti dello schianto avvenuto a Thule. In una fase successiva, è essenziale che si ponga attenzione a una lacuna sottolineata nelle cause "Reattore Jason " e "HMS Tireless".
L’esclusione generalizzata dell’impiego dell’energia nucleare a scopi militari dal campo di applicazione del trattato CEEA può in talune circostanze costituire un’esenzione eccessiva a favore degli interessi nazionali di difesa che non cerca in alcun modo di bilanciare tali interessi rispetto alle questioni di carattere ambientale e sanitario. Ad esempio, in una situazione in cui l’interesse alla difesa fosse estremamente limitato e l’interesse alla salute particolarmente forte, l’interesse di sicurezza sarebbe in ogni caso preminente. Un interesse trascurabile di uno Stato membro prevale, senza possibili ulteriori considerazioni, su un imperativo di carattere ambientale o sanitario. In entrambe le recenti cause, l’avvocato generale Geelhoed non è riuscito a convincere la Corte ad adottare un approccio più elastico. Nel suo parere sulla causa "HMS Tireless", l’avvocato generale riconosce che "sussiste una lacuna nella protezione della sanità pubblica. Alla luce del tenore di tale sentenza appare evidente che la Corte ha accettato tale conseguenza." (sottolineatura aggiunta)
La dichiarazione incidentale della Corte in merito al fatto che gli Stati membri possono adottare delle misure di sicurezza e di protezione della salute che includano le attività militari secondo il trattato CE, riconoscendo allo stesso tempo l’importanza delle considerazioni di carattere sanitario e ambientale, trasferisce decisamente la questione al legislatore comunitario.
Le limitazioni poste dalla Corte al campo di applicazione del trattato CEEA "non diminuisce affatto l’importanza cruciale che riveste l’obiettivo di proteggere la salute delle popolazioni e dell’ambiente contro i pericoli connessi all’impiego dell’energia nucleare, compreso quello a fini militari. Nei limiti in cui il detto trattato CEEA non fornisce alla Comunità uno strumento specifico per perseguire questo obiettivo, non si può escludere che misure appropriate possano essere adottate sulla base delle disposizioni pertinenti del trattato CE[17]". (sottolineatura aggiunta)
La forma e il contenuto precisi di tale azione vengono lasciati alla discrezione del legislatore comunitario. Viene espressa preoccupazione in merito al fatto che quasi due anni dopo la prima sentenza della Corta che riconosceva determinati limiti all’ambito di applicazione materiale del trattato CEEA, la Commissione non ha ancora presentato un’iniziativa concreta. È cruciale che la lacuna individuata dalla Corte di giustizia venga colmata quanto prima possibile. Il Parlamento dovrebbe pertanto utilizzare i propri poteri ai sensi dell’articolo 192(2) CE per sollecitare la Commissione a presentare una proposta in merito alla questione.
La relatrice non intende proporre una specifica base giuridica per le azioni da intraprendere in questo campo. Tuttavia, si può affermare che la questione potrebbe rivelarsi problematica sotto diversi aspetti. Innanzi tutto, il capo III del trattato CEEA può essere considerato una lex specialis per proteggere la popolazione e l’ambiente dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Ciò sembrerebbe tuttavia in contraddizione con l’affermazione fatta dalla Corte in merito al fatto che il trattato CE fornisce una base giuridica sufficiente. In secondo luogo, l’articolo 305(2) CE stabilisce che "le disposizioni del trattato [CE] non derogano a quanto stipulato dal trattato che istituisce la Comunità europea per l’energia atomica". In terzo luogo, la CEEA ha una personalità giuridica diversa dalla CE e il trattato costituzionale nella sua forma attuale non modificherebbe tale situazione. Il mantenimento dello status quo è in una certa qual misura sorprendente, dato che la premessa per la fusione del trattato EURATOM è la stessa della fusione del TCE.[18] In effetti, cinque Stati membri hanno colto l’opportunità di far notare che "le disposizioni essenziali del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica non hanno subito modifiche sostanziali dall'entrata in vigore di tale trattato e devono essere aggiornate" e di chiedere la tempestiva convocazione di una Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri.[19] La relatrice è a favore di tale approccio che consentirebbe inoltre di garantire la coerenza dell’ordinamento giuridico comunitario e di intraprendere azioni correttive per quanto riguarda le lacune esistenti in merito alla protezione della salute pubblica e dell’ambiente.
- [1] Causa 122/96 Saldanha [1997] Racc. I-5325, punto 14.
- [2] Causa 14/1997/798/1001 L.C.B. contro Regno Unito, Sentenza del 9 giugno 1998, punti 30 - 41.
- [3] L’articolo 55 stabilisce che gli Stati membri mettano in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva prima del 13 maggio 2000.
- [4] Causa 61/03 Commissione contro Regno Unito "Reattore Jason", 12 aprile 2005, punto 44.
- [5] Punto 36 di C-61/03
- [6] Causa 65/04 Commissione contro Regno Unito, 9 marzo 2006.
- [7] Causa 187/87 Saarland [1988] ECR 5013, punto 11.
- [8] Causa 70/88 Parlamento europeo contro Consiglio delle Comunità europee [1991] ECR I-4529, punto 14.
- [9] Causa 29/99 Commissione europea contro Consiglio delle Comunità europee [2002] ECR I-11221, punto 81.
- [10] Come affermato nel preambolo della direttiva, la Comunità ha stabilito delle norme fondamentali per la prima volta nel 1959 ai sensi dell’articolo 218 del trattato. Tali norme sono state successivamente modificate in cinque occasioni (nel 1962, 1966, 1976, 1979 e nel 1984).
- [11] (GU. L246, del 17/09/1980, pag. 1-72). L’articolo 2 della direttiva 80/836 definisce il campo di applicazione come segue: "La presente direttiva si applica alla produzione, al trattamento, alla manipolazione, all’utilizzazione, alla detenzione, all’immagazzinamento, al trasporto e all’eliminazione di sostanze radioattive naturali e artificiali e a qualsiasi altra attività che comporti un rischio risultante dalla radiazioni ionizzanti."
- [12] Causa 53/81 Levin [1982] ECR 1035, punto 11; Causa 75/63 Hoekstra [1982] ECR 177
- [13] Causa C-260/89, ERT [1991] ECR I-2925, punto 41.
- [14] Si veda ad esempio la sentenza del 19 febbraio 1998, Guerra contro Italia, Racc. 1998-I, pag. 227, punto 58.
- [15] Sentenza 9 giugno 1998, McGinley e Egan contro Regno Unito, 10/1997/794/995-996.
- [16] Ibid, Opinione dissenziente comune dei giudici De Meyer, Valticos e Morenilla.
- [17] C-61/03, punto 44; C-65/04, punto 28.
- [18] Convenzione europea, Relazione, Relazione finale del gruppo di lavoro III sulla personalità giuridica, CONV 305/02, punto 15.
- [19] Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, dichiarazione n. 44 da parte di Germania, Irlanda, Ungheria, Austria e Svezia.
PROCEDURA
Titolo |
Conseguenze per la salute pubblica dell’incidente di Thule del 1968 (Petizione 720/2002) |
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Numero di procedura |
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Petizione(i) di base |
0720/2002 |
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Decisione di elaborare una relazione |
27.11.2006 |
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Annuncio in Aula dell'autorizzazione |
19.1.2006 |
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Commissione(i) competente(i) per parere |
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Pareri non espressi |
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Cooperazione rafforzata |
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Relatore(i) |
Diana Wallis |
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Relatore(i) sostituito(i) |
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Esame in commissione |
27.2.2007 |
27.3.2007 |
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Approvazione |
27.3.2007 |
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Esito della votazione finale |
+ - 0 |
16 1 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Robert Atkins, Margrete Auken, Simon Busuttil, Michael Cashman, Proinsias De Rossa, Janelly Fourtou, David Hammerstein Mintz, Carlos José Iturgaiz Angulo, Marcin Libicki, Maria Matsouka, Manolis Mavrommatis, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Luciana Sbarbati, Kathy Sinnott, Diana Wallis |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Thijs Berman |
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Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Jens-Peter Bonde |
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Deposito |
20.4.2007 |
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Osservazioni (disponibili in una sola lingua) |
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