Relazione - A6-0023/2008Relazione
A6-0023/2008

RELAZIONE sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale

29.1.2008 - (2007/2148(INI))

Commissione per lo sviluppo regionale
Relatore: Ambroise Guellec


Procedura : 2007/2148(INI)
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A6-0023/2008
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A6-0023/2008
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale

(2007/2148(INI))

Il Parlamento europeo,

–   vista la quarta relazione sulla coesione economica e sociale (COM(2007)0273) ("quarta relazione sulla coesione"),

–   vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni intitolata "Strategia per le regioni ultraperiferiche: realizzazioni e prospettive" (COM(2007)0507),

–   visti gli articoli 158, 159 e 299, paragrafo 2, del trattato che istituisce la Comunità europea,

–   vista l'Agenda territoriale dell'UE, la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili e il primo programma d'azione per l'attuazione dell'Agenda territoriale dell'Unione europea,

–   visto lo studio dell'Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ESPON) intitolato "Il futuro del territorio, scenari territoriali per l'Europa" e quello del Parlamento europeo dal titolo "Le disparità regionali e la coesione: quali strategie per il futuro?",

–   visto il parere del Comitato per le regioni (COTER-IV-011) del 28 novembre 2007 e quello del Comitato economico e sociale europeo (CESE 1712/2007) del 12 dicembre 2007 sulla quarta relazione sulla coesione,

–   visti gli articoli 45 e 112, paragrafo 2, del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per lo sviluppo regionale e i pareri della commissione per i bilanci della commissione per la pesca (A6‑0023/2008),

A. considerando che una politica di coesione europea globale continua ad essere indispensabile a motivo della persistenza di forti disparità e problemi strutturali specifici in numerose regioni europee, situazione aggravata dal recente allargamento dell'Unione,

B.  considerando che la politica di coesione dell'UE rimane pertanto un pilastro fondamentale nel processo di integrazione europea e svolge un ruolo attivo nella riduzione delle disparità e dei deficit di sviluppo,

C. considerando l'innegabile connessione tra l'aumento dell'euroscetticismo e la crescita delle disparità territoriali, il che evidenzia la necessità di una coesione economica, sociale e territoriale per rafforzare la convergenza e consolidare la legittimità dell'Unione europea, la qual cosa passa attraverso una politica regionale visibile sul territorio; considerando che alle autorità regionali e agli attori locali spetta un ruolo centrale nell'avvicinare le attività dell'UE ai cittadini e nell'attuare tale politica, i cui successi dovrebbero essere pubblicizzati in modo più efficace,

D. considerando che la politica di coesione offre a tutte le regioni la possibilità di ottenere benefici concreti in termini di occupazione a lungo termine e livelli di vita più elevati per le popolazioni locali, in particolare nelle regioni che presentano un ritardo di sviluppo e che contribuisce al rafforzamento della competitività e delle capacità amministrative e a una gestione decentrata; considerando che è opportuno, a tale riguardo, respingere ogni tentativo di rinazionalizzare tale politica,

E.  considerando che il trattato di Lisbona, approvato dai capi di Stato e di governo il 18 ottobre 2007 e firmato il 13 dicembre 2007, integra la coesione territoriale tra gli obiettivi fondamentali dell'Unione, oltre alla coesione economica e sociale,

F.  considerando che occorre garantire in futuro una maggiore dotazione finanziaria a favore della politica di coesione per affrontare le nuove sfide che si presenteranno, aventi un importante impatto territoriale, quali il cambiamento demografico, la concentrazione urbana, la segregazione, le ondate migratorie (che sono particolarmente problematiche per le aree rurali e periferiche), l'adeguamento alla globalizzazione, il mutamento climatico, l'approvvigionamento energetico e il lento processo di ripresa delle aree rurali; considerando che tali sfide potranno essere affrontate solo se si riconoscerà in futuro la grande importanza, a tale proposito, della politica di coesione;

Risultati contrastanti sullo stato della coesione nell'Unione europea a 27

1.  si compiace per la presente relazione, più dettagliata rispetto alle precedenti, che si basa su diversi indicatori e offre utili dati comparativi con altri paesi, quali gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina o l'India, il che rispecchia il contesto internazionale in cui operano le economie dell'UE;

2.  deplora tuttavia la mancanza di informazioni incrociate e dati comparabili di diversi livelli NUTS, che consentirebbero di valutare con maggiore precisione la durata della crescita e della convergenza; chiede pertanto di disporre di un migliore strumento statistico - come i nuovi indicatori (oltre al PIL procapite) che sono stati utilizzati con risultati positivi nella quarta relazione sulla coesione - per misurare sul campo con maggiore precisione il grado di coesione economica, sociale e territoriale nonché il contributo concreto delle azioni locali alla politica di coesione; ritiene necessario a tal fine un rafforzamento delle capacità di ESPON;

3.  fa presente i ritardi nell'assorbimento degli stanziamenti strutturali negli Stati membri e sollecita misure per migliorare tale situazione; rileva tuttavia che è troppo presto per valutare i risultati della politica di coesione nei nuovi Stati membri; plaude a tutti gli sforzi intesi ad accrescere l'efficacia della politica di coesione e a ridurre la burocrazia eccessiva e chiede una valutazione sistematica di tale politica;

4.  si compiace che gli ex paesi della coesione, ossia Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, abbiano registrato un notevole recupero e un marcato tasso di crescita nel periodo 2000-2006, ricorda però che nonostante la loro crescita, permangono grandi squilibri tra le loro regioni e profondi problemi strutturali irrisolti;

5.  si compiace per gli elevati tassi di crescita registrati nei nuovi Stati membri, ma osserva che è possibile mirare alla loro convergenza economica soltanto a medio o a lungo termine e che sarà un lungo processo, visto il PIL procapite assai ridotto in alcuni di questi paesi;

6.  si compiace del fatto che la Commissione abbia ribadito l'importante ruolo svolto dalla politica di coesione nel rafforzamento della capacità di tutti gli Stati membri di svilupparsi armoniosamente e di creare nuovi e affidabili posti di lavoro, come evidenziato dagli eccellenti risultati della politica di coesione in varie regioni di obiettivo 2;

7.  è preoccupato per il fatto che la convergenza tra i paesi può mascherare la crescita del divario tra le regioni e tra zone della stessa regione; nota che si osserva un aumento delle disparità regionali e intraregionali sotto diverse angolature, in termini di occupazione, di produttività, di reddito, di livello di istruzione e di capacità di innovazione; sottolinea altresì il ruolo della cooperazione territoriale per contribuire a superare tali problemi;

8.  sottolinea, ad esempio, che la competitività delle regioni è strettamente legata alla produttività, all'accessibilità dei mercati e ai livelli di qualificazione della manodopera, che variano decisamente in misura maggiore tra le regioni che tra gli Stati membri; rileva inoltre che i fattori istituzionali sono sempre più considerati come elementi fondamentali della competitività e che tali fattori comprendono la dotazione di capitale sociale sotto forma di cultura d'impresa e norme comportamentali condivise che facilitano la cooperazione e l'impresa nonché l'efficienza della pubblica amministrazione;

9.  constata a tale riguardo che talune regioni sviluppate e addirittura alcune regioni meno sviluppate iniziano ad accumulare diversi problemi che hanno un forte impatto territoriale in termini di potenziale di sviluppo: ridotti tassi di crescita economica, riduzione della produttività e dell'occupazione nonché invecchiamento della popolazione;

10. constata che, se tassi di crescita elevati hanno consentito ad alcuni Stati membri di arrivare alla piena occupazione e rafforzare il proprio PIL procapite, in altri paesi si sono approfondite le disparità tra singole categorie sociali, il che implica che i segmenti vulnerabili della popolazione necessitano ancora di integrazione sociale;

11. sottolinea una debole convergenza in termini di livelli di istruzione ed un reale divario educativo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, dove il 29% delle persone di età compresa tra i 25 e i 64 anni possiede un diploma universitario rispetto ad appena il 16% dell'Unione europea; rileva tuttavia che la percentuale di donne in possesso di un diploma di istruzione superiore aumenta più rapidamente rispetto alla percentuale degli uomini;

12. ricorda l'importanza di integrare la dimensione di genere, le pari opportunità e le speciali esigenze dei disabili e degli anziani in tutte le fasi di attuazione dei progetti concernenti la politica di coesione;

13. sottolinea l'effetto della polarizzazione nelle regioni capitali - fenomeno particolarmente presente nei nuovi Stati membri - le quali hanno generato in media il 32% del PIL del loro paese, pur rappresentando solo il 22% della popolazione; rileva che tale polarizzazione può comportare notevoli disparità nel tasso di disoccupazione nei centri città;

14. constata che l'urbanizzazione incontrollata crea squilibri demografici, economici, sociali, dei trasporti ed ambientali in uno spazio ristretto e comporta un effetto di suburbanizzazione e uno spopolamento delle zone rurali lontane dalle città; invita pertanto la Commissione ad affrontare tale problema specifico presentando proposte concrete;

15. sottolinea le disparità regionali in termini di accessibilità e di collegamento tra i centri e la periferia, quale risultato di svantaggi geografici e strutturali, di investimenti insufficienti nelle infrastrutture dei trasporti nonché della scarsa diversificazione dei potenziali di collegamento; sottolinea in particolare i notevoli ostacoli in termini di accessibilità per le regioni montane e insulari nonché per le regioni periferiche e ultraperiferiche situate molto lontano dal continente europeo; rileva la necessità di elaborare misure intese a potenziare il potenziale regionale, l'attrattiva e lo sviluppo sostenibile di tali aree;

16. esprime stupore per quanto si afferma nella quarta relazione sulla coesione della Commissione, secondo cui "l'insularità non sembra di per sé costituire un grosso ostacolo allo sviluppo" e rileva la forte delusione delle popolazioni delle regioni insulari, che sono quotidianamente alle prese con le difficoltà e gli svantaggi dell'insularità;

La politica regionale e la strategia di Lisbona

17. sottolinea le enormi differenze fra uno Stato e l'altro in termini di fondi investiti nella ricerca e nello sviluppo, e constata forti disparità regionali in materia di innovazione, che nella quarta relazione sulla coesione sono misurate secondo un utile indicatore di performance regionale dell'innovazione;

18. condivide il parere della Commissione sull'effetto leva della politica di coesione per la strategia di Lisbona, che consiste nell'orientare gli investimenti pubblici verso progetti che favoriscono la creazione di un tessuto economico dinamico, generatore di crescita e favorevole all'innovazione, fondato sulla sinergia risultante da un'armonizzazione più efficiente di politiche e programmi;

19. si rammarica che, nonostante la preassegnazione delle risorse, non si sia tenuto adeguatamente conto del potenziale innovativo delle piccole imprese, delle microimprese e delle imprese artigianali in sede di attuazione della politica di coesione; chiede pertanto che venga attuata una politica attiva di sostegno a tutte le forme di innovazione presso tali imprese e invita la Commissione a realizzare opportunità di cooperazione reciproca fra le aziende, il settore pubblico, le scuole e le università al fine di creare cluster regionali di innovazione, nello spirito della strategia di Lisbona;

20. ritiene che l'effetto leva del supporto strutturale possa essere accresciuto dal ricorso al cofinanziamento privato; chiede la rapida introduzione di regole trasparenti e di soluzioni standard per i partenariati pubblico-privato, che permettano alle regioni di apportare capitale privato per perseguire pubbliche finalità;

21. ricorda che il rispetto del principio del disimpegno automatico è essenziale per incoraggiare il finanziamento e la rapida realizzazione dei progetti da parte delle autorità di gestione; insiste sulla necessità di rispettare il principio della norma N + 2 (e N + 3 nei nuovi Stati membri durante i primi tre anni del quadro finanziario 2007-2013);

22. ricorda che i ritardi registrati nell'esecuzione della politica strutturale sono dovuti, tra l'altro, a procedure troppo rigide e che occorre quindi riflettere a una loro semplificazione, ripartendo in modo chiaro le responsabilità e le competenze tra l'UE e gli Stati membri;

23. osserva, per il periodo di programmazione 2007-2013, che il sistema di segnalazione degli stanziamenti orienterà il 64% delle risorse dell'Obiettivo 1 (convergenza) e l'80% di quelle dell'Obiettivo 2 (competitività regionale e occupazione) verso le spese per l'innovazione, vale a dire 55 000 milioni di euro in più rispetto al periodo precedente; osserva che il successo di questi stanziamenti è basato sulla capacità delle regioni meno sviluppate di gestire progetti di ricerca, sviluppo e innovazione in termini quantitativi e qualitativi sufficienti per portarli a termine, senza che finiscano per diventare investimenti a scarso valore aggiunto;

24. chiede di ampliare la strategia di Lisbona per integrarvi la dimensione territoriale, permettendo così di tener conto delle caratteristiche specifiche delle regioni e incoraggiando le sinergie e le cooperazioni transeuropee, dando un sostegno particolare alla creazione e all'attuazione di differenti forme di attività innovatrici;

25. chiede alla Commissione di valutare il sistema di segnalazione e il suo impatto sulla dinamica delle disparità regionali e di verificare se, nel definire le priorità, tale sistema non favorisca un approccio troppo centralizzato o di tipo "top down"; auspica che tale valutazione inizierà con la pubblicazione da parte della Commissione nel 2008 della Quinta relazione intermedia sulla coesione, che si concentrerà sui rapporti fra la politica di coesione e gli obiettivi prioritari di crescita e occupazione della strategia di Lisbona per tutte le regioni;

26. sottolinea che l'ambito della politica di coesione non può essere confinato al conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona; ritiene che il raggiungimento della coesione territoriale mediante iniziative nel quadro dell'obiettivo Convergenza sia una precondizione per la competitività a lungo termine delle regioni; ritiene pertanto che l'Obiettivo 1 (convergenza) e l'Obiettivo 2 (competitività regionale e occupazione) debbano in futuro essere considerati come complementari nonché essere considerati complementari anche con l'Obiettivo 3 (cooperazione territoriale europea);

La coesione territoriale: per un approccio integrato

27. invita la Commissione a includere una definizione di "coesione territoriale" nel prossimo libro verde sulla coesione territoriale (previsto in settembre 2008) al fine di conseguire ulteriori progressi in questa politica comunitaria;

28. sottolinea tuttavia che la politica di coesione non può privilegiare le regioni già dinamiche, cosa che accadrebbe con una rigorosa preassegnazione di fondi; ricorda che, con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, la politica di coesione comprenderà i tre obiettivi della coesione economica, sociale e territoriale, che vanno al di là della strategia di Lisbona;

29. sottolinea l'importanza di un effettivo partenariato e dell'attuazione di una reale governance a più livelli che associ ciascun livello - comunitario, nazionale, regionale e locale, in consultazione con le parti economiche e sociali - alla definizione e all'attuazione degli obiettivi dello sviluppo regionale, in ciò evitando che le priorità di intervento definite a livello europeo non vedano ridursi il loro ambito operativo in sede di attuazione a livello nazionale, regionale o locale ("bottom up approach") onde altresì evitare l'eventuale esclusione di agenti che concorrono allo sviluppo e alla coesione del territorio, come è spesso il caso della politica urbana;

30. propone di dare priorità alle politiche utili per un reale sviluppo policentrico dei territori al fine di ridurre la pressione sulle città capitali e favorire la nascita di poli secondari; reputa che, in tale contesto, non vada dimenticato il sostegno per le aree rurali e l'importante ruolo svolto dalle città di piccole e medie dimensioni site in tali aree;

31. chiede che siano intraprese azioni concrete volte a ridurre le disparità fra le regioni accessibili e quelle con deficit strutturali, in particolare le isole, le regioni montuose, le zone scarsamente abitate e le regioni periferiche e frontaliere, riconoscendo la posizione svantaggiata di queste ultime e adottando misure di assistenza speciali e permanenti, ribadisce l'importanza che annette alla necessità di tenere conto degli svantaggi specifici delle regioni ultraperiferiche;

32. raccomanda un'associazione più stretta tra le problematiche urbane e quelle rurali; sottolinea la necessità di coordinare lo sviluppo delle zone rurali con le azioni attuate nel quadro della politica regionale; esprime preoccupazione a tale riguardo in merito alla pertinenza di un approccio separato della coesione e dello sviluppo rurale (attraverso il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale); sollecita uno studio sulle conseguenze di un aumento dei fondi per lo sviluppo rurale attraverso il meccanismo della modulazione obbligatoria;

33. richiama l'attenzione sui pericoli della settorializzazione delle politiche e sostiene lo sviluppo di un approccio integrato che identifichi le possibili sinergie tra la politica di coesione e le principali politiche settoriali come i trasporti, l'agricoltura, la pesca, l'ambiente e l'energia, la ricerca e la tecnologia;

34. si attende che le discussioni sulla politica di coesione dopo il 2013 attribuiscano un'attenzione particolare alle regioni situate nei pressi delle frontiere esterne dell'UE, al fine di garantire stabilità e prosperità al di là delle frontiere, cosa che si tradurrà, in ultima analisi, non solo nello sviluppo delle regioni frontaliere dell'UE, ma anche in una maggiore coesione e competitività dell'Unione nel suo insieme;

35. evidenzia che per combattere fenomeni di "segregazione spaziale" e di esclusione sociale, puntando ad una crescita sostenibile ed equilibrata, è necessario il contributo di un'attenta politica abitativa, inquadrata in una più ampia strategia di sviluppo territoriale, di pianificazione urbana e di gestione dei servizi pubblici locali;

36. si compiace, a questo proposito, dell'adozione di un programma d'azione per la messa in atto dell'Agenda territoriale e della Carta di Lipsia in vista di una migliore integrazione della dimensione territoriale in tutte le politiche pubbliche, a livello comunitario, nazionale e locale e resta in attesa di sviluppi concreti; ritiene, in considerazione della prevista espansione della coesione economica e sociale volta ad includere una componente territoriale come parte del trattato di Lisbona, che sia necessario sviluppare indicatori adeguati per definire il contenuto della coesione territoriale;

37. si compiace dell'annuncio della Commissione di un futuro libro verde sulla coesione territoriale, la cui adozione è prevista nel settembre 2008, e chiede che vi figurino indicazioni concrete per l'attuazione dell'approccio integrato;

38. chiede alla Commissione di analizzare nelle sue prossime relazioni la misura in cui vari strumenti e politiche, compresa la politica di coesione, hanno contribuito ai progressi realizzati nel settore della coesione economica e sociale; ritiene che realizzazioni e problemi devono essere analizzati in tutti i settori importanti, in particolare in quello della strategia di Lisbona.

39. è consapevole dell'importanza che riveste una cooperazione regolare tra il Parlamento – attraverso la sua commissione per lo sviluppo regionale – e il Comitato delle regioni sul futuro della politica regionale;

Nuove sfide per la politica di coesione e il bilancio generale dell'Unione europea

40. ritiene che l'Unione dovrà affrontare in futuro sempre più spesso nuove sfide con un forte impatto territoriale che accentueranno gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo regionale, come i cambiamenti demografici, la concentrazione urbana, le ondate migratorie – che sono particolarmente problematiche per le zone rurali e lontane – l'approvvigionamento energetico e le questioni climatiche e l'adeguamento ai mutamenti derivanti dalla globalizzazione; sottolinea in proposito l'importanza di progetti pilota relativi all'adeguamento delle regioni a queste nuove sfide;

41. chiede che si proceda regolarmente ad analisi dei costi e delle implicazioni di politica strutturale degli allargamenti previsti prima che abbiano inizio i negoziati di qualsiasi nuova adesione e auspica di poter svolgere un ruolo maggiore nell'allargamento e nelle politiche di vicinato, partecipando alla definizione di strumenti di preadesione che siano vincolanti;

42. mette in evidenza la gravità del problema dello spopolamento in numerose zone dell'Unione europea, che comporta l'invecchiamento della popolazione, la perdita di capitale umano, la fuga di capitali, un aumento del costo dei servizi, ecc.;

43. ritiene che la dinamica demografica possa comportare un notevole impatto territoriale, come ad esempio lo spopolamento di talune zone, in particolare le zone rurali meno sviluppate, coniugato a una concentrazione urbana e all'invecchiamento della società, ovvero lo sviluppo dell'economia residenziale in altre, il che richiede lo sviluppo di specifiche strategie innovative per risolvere i loro problemi, compiendo uno sforzo particolare per mantenere servizi di interesse economico generale e garantire un alto livello dei servizi universali;

44. constata che il mutamento climatico avrà ripercussioni variabili, specie in termini di disastri naturali più frequenti e più violenti, quali incendi di foreste, siccità e inondazioni, che richiederanno risposte differenziate a seconda della regione europea in questione e a cui le regioni dovranno far fronte rivedendo e adeguando le loro strategie di sviluppo sostenibile per conseguire l'obiettivo dell'UE di riduzione delle emissioni di CO2; ritiene che la politica di coesione dell'UE dovrebbe essere rispettosa del clima, ma ricorda che le possibilità favorevoli alla politica di coesione in questo settore sono limitate; ritiene che la lotta contro il mutamento climatico andrebbe affrontata anche nel quadro di altre politiche comunitarie;

45. ricorda altresì, nel quadro dell'elaborazione di una politica globale efficace di protezione dalle catastrofi naturali, l'importanza di adottare la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (COM(2005)0108) il quale prevede una risposta più tempestiva e adeguata alle calamità naturali a livello regionale, spesso fonte di devastazione in talune regioni a motivo della loro situazione geografica;

46. ritiene che le questioni dell'approvvigionamento energetico e dell'aumento del prezzo dell'energia possano avere un significativo impatto spaziale sui territori, a causa della dipendenza energetica della maggior parte degli Stati membri, specie nelle regioni rurali e montane, nelle isole, nelle regioni molto lontane e ultraperiferiche a motivo della loro dipendenza dai trasporti i quali sono molto sensibili al costo dell'energia; sottolinea che lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e gli investimenti nell'efficacia energetica e nell'approvvigionamento decentralizzato potrebbero offrire grandi opportunità di sviluppo regionale e locale;

47. insiste sulla sua richiesta di riutilizzazione degli stanziamenti non spesi in applicazione delle regole N+2 o N+3 all'interno della politica di coesione, allo scopo di massimizzare le scarse risorse disponibili;

48. ritiene che il mantenimento della politica di coesione dopo il 2013 costituisce una risposta indispensabile a tali nuove sfide, che tale politica dovrà essere applicata, in maniera differenziata, su tutto il territorio dell'Unione; reputa che la politica di coesione dovrà restare una politica comunitaria a norma del trattato e del principio di solidarietà e respinge pertanto qualsiasi tentativo di rinazionalizzazione di tale politica;

49. ritiene che la politica di coesione vada ulteriormente rafforzata in futuro e che il suo valore aggiunto dovrebbe essere evidenziato con maggiore fermezza; chiede pertanto che siano destinate sufficienti risorse finanziarie alla politica di coesione a livello comunitario; chiede che la revisione del quadro finanziaro sia l'occasione per definire le risorse di bilancio necessarie per affrontare tutte le sfide territoriali dell'Unione;

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50. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

Traduzione esterna

MOTIVAZIONE

Introduzione

La coesione, che mira a ridurre le disparità economiche e sociali tra le regioni europee, è uno degli obiettivi fondamentali dell’Unione europea.

Sono quindi oltre vent’anni che la politica regionale tende allo sviluppo armonioso e sostenibile dell’insieme del territorio europeo. Più di vent’anni di programmi e adeguamenti strutturali per far convergere regioni sempre più diverse e per migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini d’Europa.

A seguito dell’ultimo allargamento che ha profondamente modificato il tessuto territoriale dell’UE, è quanto mai necessario imprimere nuovo vigore all’obiettivo della coesione territoriale, al fine di raggiungere l’integrazione ma anche di rispondere alla crisi di senso che sta attraversando l’Europa e di riconciliare i cittadini con il progetto europeo.

Il Parlamento accoglie pertanto con favore questa relazione sulla coesione, la prima dopo gli allargamenti del 2004 e del 2007.

Un bilancio mediocre dello stato della convergenza nell’UE-27

Secondo i dati della quarta relazione, nel periodo 2000-2006 si osservano alcuni risultati positivi in materia di convergenza a livello nazionale. I principali beneficiari della coesione, ossia Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo, hanno di fatto registrato un tasso di crescita impressionante.

Dal 2000 la crescita maggiore è stata osservata nei paesi in cui il rapporto PIL/abitante era più modesto in termini di potere d’acquisto, come nel caso della Grecia o del Portogallo, che hanno registrato una crescita rispettivamente del 2,8% e del 2% dei corrispondenti PIL tra il 2000 e il 2006. Il numero delle regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria è diminuito da 78 a 70.

Tuttavia, i nuovi Stati membri, essendo partiti da livelli di PIL per abitante molto bassi e malgrado tassi di crescita dinamici, presentano maggiori difficoltà rispetto ai vecchi membri. Sulla base dei tassi di crescita attuali, sembra tuttavia che la Polonia e, più in particolare, la Bulgaria e la Romania, impiegheranno più di 15 anni prima di raggiungere un PIL pro capite pari al 75% della media dell’UE-27.

Se il ravvicinamento tra gli Stati membri ha senza dubbio registrato progressi in questi ultimi anni, le differenze di sviluppo in seno agli Stati membri sono invece aumentate. L’acuirsi delle disparità regionali e infraregionali si osserva sotto vari aspetti quali l’occupazione, la produttività, i redditi, i livelli d’istruzione e la capacità d’innovazione.

Alcune delle regioni più sviluppate iniziano inoltre a evidenziare tassi di crescita molto modesti, se non negativi. Infatti, tra il 1995 e il 2004 si constata che la produttività è diminuita in 29 regioni dell’Italia, della Francia, della Spagna e della Germania, mentre l’occupazione è scesa in 16 regioni, soprattutto nella parte orientale della Germania, nel nord-est della Francia e nell’area settentrionale dell’Inghilterra. Queste regioni dovranno adeguarsi alle pressioni del commercio mondiale dando vita a economia d’innovazione e di alta tecnologia.

Non di rado tali regioni sono anche le più interessate dal cambiamento demografico e, in particolare, dall’invecchiamento della popolazione. Lo spopolamento accentua i problemi economici, in quanto il potere d’acquisto regionale diminuisce e, soprattutto, la mano d’opera qualificata emigra e abbandona queste zone. La politica di coesione deve rispondere a questa importante sfida al fine di mantenere l’equilibrio demografico e territoriale dell’UE.

La relazione procede anche a un interessante confronto tra i principali concorrenti mondiali. Risulta che le disparità regionali, calcolate in PIL pro capite, sono molto più marcate all’interno dell’UE-27 rispetto agli Stati Uniti o al Giappone: l’insieme degli Stati degli USA e 40 delle 47 regioni giapponesi presentano un PIL per abitante superiore alla media comunitaria. Questa situazione è imputabile in parte alla specificità territoriale dell’UE che concentra, su uno spazio ristretto, una grande diversità geografica, culturale e una peculiarità storica legata alla divisione del continente a seguito dei due conflitti mondiali.

In Cina, per contro, il PIL pro capite raggiunge a malapena un quinto della media comunitaria, mentre in India è pari a un ottavo.

Orientamento dei fondi 2007-2013 verso la strategia di Lisbona

È nell’ambito di un’Europa allargata a 27 che il 1° gennaio 2007 è stato ufficialmente lanciato il nuovo programma dei Fondi strutturali elaborato per il periodo 2007-2013. Se l’importo di bilancio è ancora definito all’insegna di una logica (308 Mrd EUR per l’Unione nel suo insieme), le esigenze dei nuovi Stati membri richiedono investimenti importanti che implicano, nei vecchi Stati membri, un riorientamento delle priorità di finanziamento con bilanci ridotti.

Al di là degli obiettivi di integrazione, la programmazione 2007-2013 si iscrive chiaramente nella promozione delle politiche d’innovazione e di competitività, in quanto l’Unione europea ha evidenziato il proprio auspicio di raggiungere le altre grandi potenze (Stati Uniti e Giappone) e di destinare il 3% del proprio PIL alla ricerca e allo sviluppo.

La quarta relazione di coesione dimostra che sussistono enormi disparità in materia di investimenti nel campo della ricerca e sviluppo: se, da un lato, 27 regioni superano l’obiettivo di Barcellona di spendere più del 3% del proprio PIL nelle attività di ricerca e sviluppo, dall’altro, in oltre 100 regioni le spese per la ricerca e lo sviluppo non raggiungono neppure l’1%. Occorre altresì osservare che le attività di ricerca e sviluppo si concentrano soprattutto nelle metropoli, ma che certe regioni, prive di agglomerati importanti, registrano risultati incoraggianti dimostrando che un tasso elevato di investimenti e di impiego nel settore della ricerca e sviluppo non è necessariamente legato a una forte concentrazione urbana di popolazione.

Nel quadro della nuova strategia di Lisbona è stato pertanto introdotto un sistema dell’assegnazione di stanziamenti (ovvero «earmarking») al fine di incanalare le sovvenzioni verso le spese collegate a questo approccio.

Sulla base dei programmi operativi già pervenuti, la relazione indica che in media il 64% delle risorse dell’obiettivo Convergenza e l’80% dell’obiettivo Competitività regionale e occupazione saranno destinati a investimenti che rientrano tra le spese del processo di Lisbona, il che corrisponde a circa 200 Mrd EUR, ossia un aumento di più di 55 Mrd EUR rispetto al periodo precedente.

È quindi indubbio che la politica di coesione attiva un reale effetto leva sulla competitività e la crescita di una zona, con, in particolare, lo sviluppo di partenariati pubblico-privato, le sinergie territoriali per l’occupazione, l’innovazione e la ricerca, un contesto in cui le PMI possono facilmente cooperare con le università e le strutture locali di sviluppo.

Ma se la politica di coesione deve apportare il proprio contributo al finanziamento dell’innovazione e della ricerca nel quadro della strategia di Lisbona, è necessario adottare un approccio morbido di orientamento dei fondi al fine di garantire uno sviluppo equilibrato dei territori. Considerare la politica di coesione come uno strumento finanziario della strategia di Lisbona non consentirebbe di conseguire gli obiettivi della stessa politica di coesione né quelli di Lisbona. La politica di coesione non può essere ritenuta un semplice mezzo per realizzare gli obiettivi di altre politiche settoriali, è una politica comunitaria a forte valore aggiunto europeo che ha la propria ragion d’essere, la coesione.

A fronte dei modesti risultati evidenziati dalla revisione intermedia, ma anche in considerazione del fatto che è fortemente limitata dal bilancio di un’Europa a 27, la politica di coesione non ha quale obiettivo prioritario far sì che l’Europa diventi l’economia della conoscenza più competitiva del mondo.

È uno dei motivi per cui le politiche strutturali non devono collocarsi in una prospettiva compartimentata e suddivisa per tematica, bensì inserirsi all’interno di un approccio integrato con le altre politiche dell’Unione e con le politiche pubbliche adottate dagli Stati membri.

L’adozione dell’Agenda territoriale e della Carta di Lipsia in occasione della riunione a livello ministeriale tenutasi il 24 e 25 maggio 2007 a Lipsia rappresenta un passo importante per promuovere l’approccio integrato. È auspicabile che i loro obiettivi si traducano nell’adozione di un programma d’azione concreto volto a una migliore integrazione della dimensione territoriale in tutte le politiche pubbliche, comunitarie e nazionali.

Mantenere la direzione della coesione territoriale

La politica di coesione si deve concentrare sull’obiettivo fondamentale della coesione territoriale e non può focalizzarsi (come impone un rigido orientamento degli stanziamenti) sulle regioni che presentano il maggiore potenziale di aumento di produttività e occupazione, rischiando quindi di emarginare le regioni con potenziale di crescita limitato, ma non più ammissibili all’obiettivo della convergenza.

La quarta relazione fa il punto per quanto riguarda la situazione della coesione territoriale nell’UE a 27 e osserva una forte concentrazione dell’attività economica nei centri urbani. Nel 2004, infatti, i centri urbani hanno generato in media il 32% del PIL dei rispettivi paesi, pur rappresentando il 22% della popolazione. Tale fenomeno è particolarmente evidente e registra i maggiori progressi nei nuovi Stati membri.

La relazione esamina le evoluzioni territoriali a livello locale, in cui l’accelerazione dell’aspetto urbano perturba gli equilibri demografici, con una forte tendenza alla suburbanizzazione delle città europee e uno spopolamento delle zone rurali. Se le politiche pubbliche restano immutate, queste disparità territoriali non possono che aumentare ulteriormente in futuro.

Lo studio condotto da ESPON dal titolo «Les devenirs du territoire»[1] è di grande pertinenza al riguardo.

Consente di operare un confronto da 2 scenari di sviluppo territoriale a lungo termine. Uno scenario orientato verso la sola competitività sarebbe tale da scatenare una crescita economica più forte e da generare nuove tecnologie, ma creerebbe costi ambientali e sociali più elevati che potrebbero consolidarsi a lungo termine e sfociare in controprestazioni economiche e sociali.

Per contro, da uno scenario orientato verso la coesione emerge un modello più diffuso per quanto attiene ai potenziali di attrazione e polarizzazione dei centri metropolitani. Diverse aree d’integrazione dai risultati positivi possono delinearsi al centro dell’Europa come nelle zone più o meno periferiche.

Questo modello di sviluppo policentrico si accompagna senza dubbio a una crescita economica più modesta rispetto al primo scenario, ma meglio ripartita in termini geografici, evitando una polarizzazione, in una zona limitata, dei conflitti di popolazione e delle pressioni sociali e ambientali.

Per questo motivo è essenziale orientare con efficacia ancora maggiore le spese verso progetti che definiscano l’attrattiva di tutti i territori. È doveroso non dimenticare che un grande fattore positivo dell’Europa, in termini di competitività, risiede nella sua diversità.

Uno sviluppo equilibrato e sostenibile, che tenga conto delle esigenze territoriali, debitamente individuate, non può ignorarlo. La politica regionale dell’Unione deve pertanto essere condotta in stretto partenariato con gli attori regionali e in coordinamento con le altre politiche nazionali ed europee. Occorrerà a tale proposito esaminare se l’architettura attuata dalla Commissione, ossia orientamenti strategici comunitari, quadro di riferimento strategico nazionale, programmi operativi, rappresenta l’approccio più adeguato per una reale governance a più livelli e una valida individuazione dei bisogni territoriali.

Nuove sfide territoriali e bilancio dell’UE

La quarta relazione osserva che le disparità regionali e interregionali sono nettamente più marcate nell’UE rispetto agli Stati Uniti o al Giappone. Anche se l’adesione quasi simultanea di 12 nuovi Stati membri ha in qualche modo scosso le statistiche, le sfide territoriali da affrontare suscitano comunque preoccupazione, a prescindere che si tratti di sviluppo economico e tecnologico, di accessibilità o di qualità della vita.

A questi aspetti se ne aggiungono di nuovi che si amplieranno nei prossimi anni: la concentrazione urbana, che comporta problemi di congestione e questioni d’integrazione socioculturali nelle città; i cambiamenti demografici che si traducono innanzitutto in un invecchiamento della popolazione; i flussi migratori; la continuazione della globalizzazione e la crescita della domanda di prodotti agricoli; i cambiamenti climatici che si traducono in una maggiore vulnerabilità alle catastrofi naturali in certe zone, e l’aumento dei prezzi dell’energia.

Queste nuove sfide apportano una dimensione nuova allo sviluppo territoriale, rendendo indispensabile il mantenimento di politiche strutturali dopo il 2013. È quindi fondamentale non concentrasi esclusivamente sui nuovi Stati membri, in quanto tali sfide sono altrettanto importanti per l’UE dei Quindici e implicano un approccio di più ampio respiro di quello della strategia di Lisbona.

Inoltre, le conclusioni della quarta relazione sulle future sfide della politica di coesione dimostrano che è imperativo elaborare nuovi indicatori, in aggiunta a quello del PIL pro capite, che permetteranno di tracciare con maggiore precisione le realtà territoriali di ciascuna regione e il grado di coesione sul campo.

È essenziale che le politiche strutturali integrino questi nuovi aspetti e destinino loro le risorse necessarie, in quanto il livello di coesione territoriale dipenderà sempre più dagli impatti territoriali che ne derivano e dal modo in cui saranno presi in considerazione dalle politiche pubbliche.

È interessante notare la nuova e crescente attenzione suscitata in paesi quali la Cina e la Russia dalla la politica di coesione dell’UE, quale strumento per garantire uno sviluppo regionale equilibrato.

La politica di coesione rappresenta al momento circa un terzo delle spese di bilancio dell’UE e nel 2008 ne diventerà la voce principale.

Tuttavia, nonostante l’allargamento e le nuove sfide territoriali, il volume dei fondi diminuisce rispetto al PIL dell’UE. Secondo le stime della Commissione, nel 2013 le spese legate alla coesione rappresenteranno solo lo 0,35% del PIL, dato corrispondente al livello dei primi anni ‘90.

È risaputo che la politica di coesione è esposta alle tentazioni di rinazionalizzazione, cui certi Stati membri sono particolarmente sensibili, in funzione di un approccio innanzitutto responsabile delle politiche comunitarie. Orbene, dalla quarta relazione sulla coesione emerge che il valore aggiunto dei programmi strutturali va al di là delle cifre.

In fase di verifica dello stato di salute del bilancio comunitario nel 2008-2009, la politica di coesione deve essere percepita soprattutto grazie al contributo che apporta all’integrazione europea e non alla stregua di un semplice strumento di redistribuzione, al fine di non correre il grande rischio di rimettere in causa la stessa costruzione europea.

A tale proposito, il relatore si felicita per l’adozione, lo scorso mese di maggio, dell’Agenda territoriale, che costituisce una tabella di marcia indispensabile per far emergere, a livello del Consiglio e di ciascuna Presidenza dell’UE, la priorità politica che riveste la coesione territoriale.

Conclusioni

In futuro, prima e, soprattutto, dopo il 2013, una politica regionale perenne e dinamica è necessaria nell’Unione europea al fine di:

-       portare a termine la convergenza dei nuovi Stati membri,

ma anche per garantire gli equilibri territoriali dell’intera Europa;

-       accompagnare efficacemente la strategia di Lisbona (e di Göteborg),

ma anche per fare da contrappeso a una «lisbonizzazione» eccessiva che scatenerebbe nuove disparità;

-       sostenere le politiche settoriali,

ma, innanzitutto, per garantire un approccio integrato delle politiche dell’Unione;

-       incoraggiare l’adesione degli europei alla costruzione dell’Unione europea

e anche per prevenire o contribuire alla gestione delle situazioni di crisi;

-       eliminare gli svantaggi strutturali più gravi in seno all’Unione (regioni ultraperiferiche, isole, zone di montagna, regioni del grande nord, e così via)

e anche per raccogliere le principali nuove sfide, quali clima, energia e sviluppo sostenibile, demografia, sviluppo urbano…;

-       promuovere la governance a più livelli, dall’Europa alle regioni,

e per sviluppare le cooperazioni interregionali, transnazionali e transfrontaliere e fare della coesione territoriale un obiettivo comunitario prioritario.

  • [1]  «Les devenirs du territoire en 2030. Scénarios territoriaux pour l’Europe», ESPON 2006.

PARERE della commissione per i bilanci (18.12.2007)

destinato alla commissione per lo sviluppo regionale

sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale
(2007/2148(INI))

Relatrice per parere: Nathalie Griesbeck

SUGGERIMENTI

La commissione per i bilanci invita la commissione per lo sviluppo regionale, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  nota che il 5 luglio 2007 gli impegni ancora da liquidare per la programmazione precedente ammontavano a 92.693 milioni di euro e che la maggior parte di essi (più di 65 miliardi di euro) riguardava progetti di cui all'obiettivo 1 (oltre il 70% degli stanziamenti di impegno);

2.  nota che la politica di coesione (FESR, Fondo di coesione e FSE) rappresenta ormai il 36% del quadro finanziario 2007-2013, pari a 347 miliardi di euro a prezzi correnti;

3.  sottolinea l'importanza dei ritardi nell'esecuzione dei pagamenti per le politiche iscritte alla rubrica 1B (Coesione), trattandosi di una priorità politica dell'Unione europea nel quadro finanziario del 2007-2013;

4.  deplora che gli importi da liquidare raggiungano ormai un livello inquietante che corrisponde a tre anni di impegni, laddove due anni sembrano costituire la soglia "normale" ammessa, e ritiene che sarebbe utile contrastare tale tendenza in vista della revisione del quadro finanziario;

5.  nota che nella sua relazione annuale per l'esercizio 2006 (capitolo 6, punto 6.39) la Corte dei conti solleva numerose critiche nei confronti dell'esecuzione dei fondi strutturali, soprattutto per quanto riguarda il tasso elevato di errori che corrisponde almeno al 12% dei cofinanziamenti accordati;

6.  deplora il considerevole ritardo accumulato dagli Stati membri e dalla Commissione nella convalida dei quadri strategici nazionali di riferimento e dei programmi operativi riguardanti il FESR, il FSE e il Fondo di coesione per la programmazione 2007-2013; ritiene che tale ritardo non dovrebbe causare perdite a livello di fondi per gli Stati membri e sollecita pertanto la Commissione a fornire agli Stati membri tutta l'assistenza necessaria; sottolinea che l'effettiva esecuzione alle fine di settembre 2007 della rubrica 1B rappresentava il 37% degli importi iscritti come impegni e il 59% degli importi iscritti come pagamenti;

7.  ricorda che il rispetto del principio del disimpegno automatico è essenziale per incoraggiare il finanziamento e la rapida realizzazione dei progetti da parte delle autorità di gestione; insiste sulla necessità di rispettare il principio della norma N + 2 (e N + 3 nei nuovi Stati membri durante i primi tre anni del quadro finanziario 2007-2013);

8.  ricorda che i ritardi registrati nell'esecuzione della politica strutturale sono dovuti, tra l'altro, a procedure troppo rigide e che occorre quindi riflettere a una loro semplificazione, ripartendo in modo chiaro le responsabilità e le competenze tra l'UE e gli Stati membri:

9.  ribadisce che gli Stati membri sono responsabili in materia di gestione dei fondi e ricorda che l'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 contiene una dichiarazione in proposito e che sarebbe auspicabile introdurre, al livello politico appropriato, una dichiarazione nazionale attinente ai fondi comunitari in gestione condivisa;

10. chiede alla Commissione e agli Stati membri di finalizzare il più rapidamente possibile gli ultimi programmi operativi non ancora approvati;

11. chiede alla Commissione di attuare urgentemente la nuova programmazione tenendo conto dei principi di sana gestione finanziaria, di redditività degli investimenti e di capacità di utilizzazione effettiva da parte degli Stati membri; sottolinea altresì il ruolo importante degli Stati membri e delle autorità di gestione nella presentazione puntuale e conforme delle richieste di pagamento;

12. ricorda l'impegno congiunto di Parlamento e Consiglio in materia di controllo del processo di approvazione dei programmi operativi e dei progetti e chiede alla Commissione di fornire strumenti di supervisione nel corso della procedura di bilancio, come richiesto nella dichiarazione congiunta del 13 luglio 2007;

13. reputa al tal fine opportuno attuare indicatori di risultato quanti-qualitativi comuni a tutti gli Stati membri e ricorda che la retribuzione dei lavoratori dipendenti, l'indicatore di povertà, la qualità della vita, l'aspettativa di vita, la competitività e le variazioni del livello di disoccupazione di lunga durata nonché i livelli dei servizi d'interesse generale nelle regioni potrebbero essere tenuti in debito conto quali indicatori qualitativi; chiede che venga effettuata dagli Stati e dalle regioni beneficiari dei fondi europei una comunicazione più chiara sul ruolo dell'Unione europea, affinché i cittadini sappiano che l'Unione europea contribuisce in ampia misura allo sviluppo dei loro territori e alla coesione;

14. chiede alla Commissione di analizzare nelle sue prossime relazioni la misura in cui vari strumenti e politiche, compresa la politica di coesione, hanno contribuito ai progressi realizzati nel settore della coesione economica e sociale; sottolinea che realizzazioni e problemi devono essere analizzati in tutti i settori importanti, in particolare in quello della Strategia di Lisbona.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

18.12.2007

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

30

1

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Laima Liucija Andrikienė, Reimer Böge, Konstantinos Botopoulos, Paulo Casaca, Daniel Dăianu, Valdis Dombrovskis, Brigitte Douay, Göran Färm, Szabolcs Fazakas, Ingeborg Gräßle, Louis Grech, Nathalie Griesbeck, Catherine Guy-Quint, Jutta Haug, Ville Itälä, Anne E. Jensen, Wiesław Stefan Kuc, Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk, Nils Lundgren, Vladimír Maňka, Cătălin-Ioan Nechifor, Gérard Onesta, Margaritis Schinas, Esko Seppänen, László Surján, Gary Titley, Kyösti Virrankoski, Ralf Walter

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Michael Gahler, Marusya Ivanova Lyubcheva, Paul Rübig

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

PARERE della commissione per la pesca (23.11.2007)

destinato alla commissione per lo sviluppo regionale

sulla quarta relazione sulla coesione economica e sociale
(2007/2148(INI))

Relatore per parere: Pedro Guerreiro

SUGGERIMENTI

La commissione per la pesca invita la commissione per lo sviluppo regionale, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  deplora la mancanza di dati e di una valutazione specifica riguardante il settore della pesca e lo strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP) nella quarta relazione sulla coesione economica e sociale nell'UE;

2.  ribadisce l'importanza della politica comune della pesca (PCP) ai fini della promozione della coesione socioeconomica delle comunità costiere, dello sviluppo locale e delle tradizioni culturali;

3.  segnala che negli ultimi dieci anni il settore della pesca ha subito una riduzione del numero di posti di lavoro (35%), delle imbarcazioni (20%) e delle catture (28%), con gravi conseguenze socioeconomiche proprio in regioni e comunità sfavorite;

4.  ricorda che, dopo il recente allargamento dell'UE, alcune regioni dell' obiettivo 1, caratterizzate da una importante attività nel settore della pesca, sono state ingiustamente penalizzate dal cosiddetto "effetto statistico", mentre non sono stati superati i gravi problemi strutturali che devono affrontare, né sono state eliminate le disparità esistenti;

5.  sollecita che la politica strutturale dell'UE per il settore della pesca promuova effettivamente la modernizzazione e lo sviluppo sostenibile del settore, la conservazione dei posti di lavoro, un reddito giusto e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei pescatori;

6.  deplora che gli stanziamenti del Fondo europeo per la pesca (FEP) nell'Unione a ventisette non siano sostanzialmente differenti dal bilancio per lo SFOP in una UE a 15 e pertanto ritiene che il FEP andrebbe potenziato a livello finanziario;

7.  ritiene che l'esistenza della PCP richieda la disponibilità di mezzi finanziari conseguenti e adeguati a livello comunitario per il settore della pesca, in particolare per la piccola pesca costiera e artigianale, per poter dare una risposta efficace alle esigenze e alle sfide che questo settore si trova di fronte;

8.  sottolinea l'indispensabile contributo del settore della pesca alla situazione socioeconomica delle comunità dipendenti dalla pesca nelle regioni di convergenza, o che presentano svantaggi geografici o naturali permanenti, come le regioni ultraperiferiche, ma anche nelle comunità povere dipendenti dalla pesca nelle regioni più prospere;

9.  deplora la persistenza e addirittura l'aggravamento delle asimmetrie regionali e delle disparità economiche e sociali tra i diversi Stati membri e all'interno di ognuno di loro; sottolinea che taluni Stati membri e alcune regioni si trovano attualmente in fase di divergenza all'interno dell'UE;

10. ritiene che la politica di coesione sia uno strumento essenziale per promuovere la riduzione delle asimmetrie regionali e delle disparità sociali, per favorire la convergenza reale e stimolare la crescita e l'occupazione come pure per ridistribuire e compensare i costi del mercato interno, in particolare per le regioni meno sviluppate; ritiene, pertanto, che vada potenziato il finanziamento comunitario e assicurata la sua piena applicazione;

11. respinge ogni tentativo volto a introdurre nuovi vincoli – in quanto criteri di disimpegno di politica economica – per quanto riguarda l'assegnazione di mezzi finanziari nel quadro della politica di coesione, tali da restringere ulteriormente l'accesso ad essa, segnatamente da parte delle regioni di convergenza; ritiene che il PIL pro capite debba continuare ad essere utilizzato come indicatore di base per l'ammissibilità alla politica di coesione dell'UE;

12. sottolinea, in vista della futura definizione di una "politica marittima" a livello dell'UE, il principio secondo cui alle nuove priorità dovranno corrispondere nuove e più consistenti dotazioni finanziarie e che, di conseguenza, lo SFOP non dovrà essere compromesso.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

22.11.2007

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

25

0

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Alfonso Andria, Stavros Arnaoutakis, Elspeth Attwooll, Iles Braghetto, Paulo Casaca, Zdzisław Kazimierz Chmielewski, Carmen Fraga Estévez, Duarte Freitas, Ioannis Gklavakis, Alfred Gomolka, Pedro Guerreiro, Heinz Kindermann, Rosa Miguélez Ramos, Philippe Morillon, James Nicholson, Willi Piecyk, Struan Stevenson, Catherine Stihler, Margie Sudre, Daniel Varela Suanzes-Carpegna, Cornelis Visser

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Ole Christensen, Josu Ortuondo Larrea, Carl Schlyter

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

23.1.2008

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

49

1

3

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Alfonso Andria, Emmanouil Angelakas, Stavros Arnaoutakis, Elspeth Attwooll, Jean Marie Beaupuy, Rolf Berend, Jana Bobošíková, Victor Boştinaru, Antonio De Blasio, Bairbre De Brún, Petru Filip, Gerardo Galeote, Iratxe García Pérez, Eugenijus Gentvilas, Ambroise Guellec, Pedro Guerreiro, Marian Harkin, Jim Higgins, Filiz Hakaeva Hyusmenova, Mieczysław Edmund Janowski, Gisela Kallenbach, Tunne Kelam, Evgeni Kirilov, Constanze Angela Krehl, Jamila Madeira, Mario Mantovani, Sérgio Marques, Miroslav Mikolášik, James Nicholson, Lambert van Nistelrooij, Jan Olbrycht, Maria Petre, Pierre Pribetich, Wojciech Roszkowski, Grażyna Staniszewska, Catherine Stihler, Margie Sudre, Oldřich Vlasák, Vladimír Železný

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Peter Baco, Jan Březina, Brigitte Douay, Den Dover, Jill Evans, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Dariusz Maciej Grabowski, Mirosław Mariusz Piotrowski, Francisca Pleguezuelos Aguilar, Christa Prets, Miloslav Ransdorf, Czesław Adam Siekierski, László Surján

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Vladimir Urutchev