RELAZIONE sul ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario europeo

4.6.2008 - (2007/2027(INI))

Commissione giuridica
Relatrice: Diana Wallis

Procedura : 2007/2027(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
A6-0224/2008
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A6-0224/2008
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sul ruolo del giudice nazionale nel sistema giudiziario europeo

(2007/2027(INI))

Il Parlamento europeo,

–   visto l'articolo 61 del trattato CE che stabilisce l'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, di sicurezza e giustizia comportante misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale,

–   visti il programma dell'Aia: "Rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell'Unione europea[1]", adottato dal Consiglio europeo di Bruxelles il 5 novembre 2004, e la comunicazione della Commissione del 10 maggio 2005 su "Il programma dell'Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni" (COM(2005)0184),

–   vista la dichiarazione del 14 e del 15 dicembre 2001, formulata dal Consiglio europeo di Laeken, che invita a creare rapidamente una rete europea per sostenere la formazione dei magistrati, onde incrementare la fiducia tra gli attori della cooperazione giudiziaria,

–   viste le sue risoluzioni del 10 settembre 1991 sull'istituzione di un'Accademia di diritto europeo per la Comunità europea[2] e del 24 settembre 2002 sull'istituzione di una rete europea di formazione giudiziaria[3],

–   viste le comunicazioni della Commissione, del 29 giugno 2006, sulla formazione giudiziaria nell'Unione europea (COM(2006)0356), del 5 settembre 2007, su un'Europa dei risultati - applicazione del diritto comunitario (COM(2007)0502), e del 4 febbraio 2008, relativa alla creazione di un forum di discussione sulle politiche e sulle prassi dell'UE nel settore della giustizia (COM(2008)0038),

–   viste la decisione del Consiglio, del 20 dicembre 2007, recante modifica del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia[4] (2008/79/CE, Euratom) e le modifiche allegate, apportate al regolamento di procedura della Corte di giustizia, che introducono un procedimento pregiudiziale d'urgenza,

–   visti l'articolo 81, paragrafo 2, lettera h) e l'articolo 82, paragrafo 1, lettera c), del futuro trattato sul funzionamento dell'Unione, quali aggiunti dal trattato di Lisbona, che prevedono una base giuridica per misure intese a sostenere la formazione dei giudici e del personale giudiziario,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione giuridica (A6‑0224/2008),

A. considerando che un'inchiesta effettuata dalla relatrice nel corso del secondo semestre del 2007, ai fini della presente risoluzione, mette in evidenza:

     -    disparità notevoli per quanto riguarda la conoscenza del diritto comunitario da parte      dei giudici nazionali[5] nell'insieme dell'Unione europea; talvolta tale conoscenza è   molto limitata,

-    l'urgente necessità di intensificare la conoscenza generale delle lingue straniere da parte dei giudici nazionali,

     -    le difficoltà incontrate dai giudici nazionali per accedere a informazioni specifiche e        aggiornate sul diritto comunitario,

     -    la necessità di migliorare e di rafforzare la formazione dei giudici nazionali in materia      di diritto comunitario, sia che nel caso della formazione iniziale che in quello della   formazione lungo tutto l'arco della vita,

     -    la relativa mancanza di familiarità dei giudici con il procedimento pregiudiziale    d'urgenza e la necessità di intensificare il dialogo fra i giudici nazionali e la Corte di   giustizia,

     -    il fatto che numerosi giudici percepiscano il diritto comunitario come troppo      complesso e opaco,

     -    la necessità di assicurare che il diritto comunitario si presti meglio ad essere applicato    dai giudici nazionali,

B.  considerando che la responsabilità essenziale della formazione giudiziaria, ivi compresa la sua dimensione europea, incombe agli Stati membri; considerando che il suddetto programma dell'Aia contiene una dichiarazione del Consiglio europeo secondo cui "si dovrebbe includere sistematicamente una componente UE nella formazione delle autorità giudiziarie"[6] e che la formazione dei giudici in ogni Stato membro è una questione d'interesse comune per le istituzioni dell'UE e per ciascuno Stato membro,

C. considerando che il diritto comunitario non deve essere percepito come un ambito riservato a una cerchia di specialisti e che le possibilità di formazione offerte in tale settore non devono essere limitate ai giudici dei tribunali superiori ma piuttosto estese anche ai giudici a tutti i livelli del sistema giudiziario,

D. considerando che taluni organismi sostenuti finanziariamente dalla Comunità incontrano un successo vieppiù crescente e impartiscono una formazione a una grande quantità giudici e pubblici ministeri,

E.  considerando che la conoscenza delle lingue straniere è indispensabile per garantire l'efficacia della cooperazione giudiziaria, in particolare in materia civile e commerciale, in ambiti in cui sono previsti contatti diretti fra giudici e per assicurare il successo dei programmi di scambio destinati ai giudici,

F.  considerando che la durata media del procedimento pregiudiziale d'urgenza continua a essere troppo lunga, nonostante gli sforzi costanti espletati dalla Corte di giustizia, e che ciò riduce notevolmente l'attrattiva di tale procedura agli occhi dei giudici nazionali,

G. considerando che, a giudizio della Corte di giustizia, spetta agli Stati membri stabilire un sistema di vie di ricorso e di procedure che garantisca il rispetto della protezione giuridica effettiva dei diritti derivati dal diritto comunitario[7],

H. considerando che nella presente risoluzione nulla dovrebbe essere ritenuto come recante pregiudizio all'indipendenza dei giudici e degli ordinamenti giuridici nazionali, ai sensi della raccomandazione n. R(94)12 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa e della Carta europea del 1998 sullo statuto dei giudici,

Il giudice nazionale, in qualità di primo giudice del diritto comunitario

1.  constata che la Comunità europea è una comunità di diritto[8]; constata che il diritto comunitario resta lettera morta, se non viene debitamente applicato negli Stati membri, anche dai giudici nazionali, i quali sono pertanto l'elemento centrale del sistema giudiziario dell'Unione europea e che svolgono un ruolo fondamentale e imprescindibile per la creazione di un ordinamento unico europeo, anche nell’ottica delle recenti realizzazioni del legislatore comunitario[9] nel senso di un maggiore coinvolgimento e di una maggiore responsabilizzazione dei giudici nazionali nell’attuazione del diritto comunitario;

2.  si compiace del fatto che la Commissione riconosca l'importanza del ruolo svolto dai giudici nazionali per garantire il rispetto del diritto comunitario, in particolare grazie ai principi della supremazia di tale diritto, dell'effetto diretto, della coerenza dell'interpretazione e della responsabilità dello Stato per le infrazioni del diritto comunitario; invita la Commissione a continuare i propri sforzi in tale senso, oltre alle attività settoriali già in corso; d'altronde, chiede alla Commissione di procedere senza indugi alla pubblicazione di una nota informativa sulle azioni di risarcimento del danno per violazione del diritto comunitario da parte delle autorità nazionali;

Questioni relative alla lingua

3.  ritiene che il linguaggio sia il principale strumento dei professionisti della giustizia; reputa che, nel caso dei giudizi nazionali, l'attuale livello di formazione in lingue straniere, unitamente al livello effettivo di conoscenza del diritto comunitario, limiti non solo le possibilità di cooperazione giudiziaria su questioni specifiche, ma anche lo sviluppo della fiducia reciproca, un'applicazione adeguata della dottrina dell'acte clair e la partecipazione a programmi di scambio; invita tutti gli attori che partecipano alla formazione giudiziaria ad accordare un'attenzione specifica alla formazione linguistica dei giudici;

4.  prende atto del fatto che l'applicazione del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali rappresenta una sfida complessa per i giudici nazionali e in particolare per quelli degli Stati membri che hanno aderito all'Unione europea nel maggio 2004 e successivamente a tale data, donde la necessità di intensificare i metodi di aiuto alla formazione professionale dei giudici di tali Stati membri;

5.  ritiene d'altronde che, applicando una serie di regolamenti che contengono norme di conflitto, la legislatura comunitaria abbia operato una scelta politica che implica l'eventuale ricorso, da parte dei giudici nazionali, a una normativa estera, fatto che potrebbe richiedere l'utilizzo di un approccio comparativo; ritiene che, nel loro insieme, questi elementi avvalorino le ragioni a favore di un miglioramento della formazione in lingue straniere;

6.  ritiene che rafforzare le competenze linguistiche dei giudici negli Stati membri avvantaggi l'interesse pubblico; invita pertanto gli Stati membri a far sì che tale formazione sia gratuita e di facile accesso e a studiare la possibilità che i giudici possano studiare una lingua straniera in uno Stato membro in cui viene parlata, ad esempio nell'ambito della partecipazione a uno scambio giudiziario;

7.  reputa che l'accesso alla letteratura accademica nella lingua materna del giudice sia importante per una migliore comprensione del diritto comunitario e constata l'evidente scarsità di letteratura specializzata nel diritto comunitario, in talune lingue ufficiali dell'UE, in particolare per quanto riguarda le questioni di diritto internazionale privato e le gravi conseguenze potenziali per l'istituzione di un ordine giuridico comune che rifletta una diversità di tradizioni giuridiche; invita pertanto la Commissione a favorire lo sviluppo di tale letteratura, in particolare nelle lingue ufficiali meno parlate;

Accesso alle fonti del diritto pertinenti

8.  constata che numerosi giudici nazionali non dispongono in modo sistematico e adeguato di informazioni complete e aggiornate sul diritto comunitario, che talvolta esso figura in modo inadeguato nelle gazzette ufficiali, nei codici, nei commenti, nei periodici e nei manuali e che i testi sono basati su traduzioni di qualità non uniforme; invita gli Stati membri a intensificare gli sforzi in tale ambito;

9.  reputa che un effettivo spazio giudiziario europeo, in cui possa aver luogo una cooperazione giudiziaria efficace, richieda non solo la conoscenza del diritto europeo, bensì anche una conoscenza reciproca generale dei sistemi giuridici degli altri Stati membri; sottolinea le contraddizioni nel trattamento del diritto estero, nell'insieme dell'Unione europea, e ritiene che si tratti di un'importante questione da esaminarsi nel futuro; prende a tal riguardo nota del prossimo studio orizzontale, effettuato dalla Commissione, sul trattamento del diritto straniero nelle questioni civili e commerciali, nonché degli studi in corso nel quadro della Conferenza dell'Aia sul diritto internazionale privato;

10. accoglie con favore l'intenzione della Commissione di incoraggiare un maggiore accesso alle banche dati nazionali sulle sentenze giudiziarie concernenti il diritto comunitario; reputa che tali banche dati dovrebbero essere quanto più possibile complete e rispettare l'utente; ritiene inoltre che le convenzioni e i regolamenti riguardanti la giurisdizione e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale costituiscano un argomento a favore della creazione di una banca dati europea, visto il loro frequente utilizzo da parte dei giudici nazionali;

11. ritiene che tutti i giudici nazionali debbano avere accesso alle banche dati contenenti riferimenti a procedimenti pregiudiziali in sospeso, emanati in tutti gli Stati membri; ritiene sia altresì utile che le decisioni delle corti d'appello che applicano un procedimento d'urgenza siano più mediatizzate, come propone la nota informativa della Corte di giustizia sui riferimenti provenienti dai tribunali nazionali e relativi a un procedimento pregiudiziale[10];

12. reputa, vista la grande quantità di informazioni sul diritto comunitario disponibile online, che la formazione dei giudici debba innanzitutto riguardare non solo la sostanza del diritto, ma anche le modalità di un accesso efficace alle fonti giuridiche aggiornate;

13. si compiace dell'impegno assunto dalla Commissione di pubblicare testi riepilogativi di atti giuridici comunitari, destinati ai cittadini, e ritiene che testi riepilogativi analoghi non giuridici aiuterebbero anche i professionisti del diritto ad accedere più rapidamente a informazioni pertinenti;

14. sostiene la messa a punto di strumenti di iniziative online nel campo dell'e-learning che, benché non rappresenti una risposta esaustiva alla questione della formazione, dovrebbe essere considerato come complementare nel contatto diretto fra giudici e formatori;

Verso un quadro più strutturato per la formazione giudiziaria nell'Unione europea

15. chiede che, nel quadro della formazione a livello nazionale di tutti i giudici, la dimensione europea

-    sia integrata sistematicamente nella formazione e nelle prove che permettono di accedere alle professioni giudiziarie,

     -    sia, fin dalla fase più precoce, ulteriormente rafforzata attribuendo maggiore      attenzione agli aspetti pratici,

     -    includa i metodi d'interpretazione e i principi giuridici che possono essere sconosciuti     all'ordine giuridico nazionale, ma che svolgono un importante ruolo nel diritto   comunitario;

16. constata il successo sempre più grande del programma di scambio destinato ai giudici; sostiene la rete di formazione giudiziaria europea affinché sia accessibile al maggior numero di giudici possibile e ad assicurare un'adeguata integrazione dei giudici provenienti da un contesto civile, commerciale e amministrativo; si compiace delle attività della rete nel campo della formazione linguistica e dell'estensione del programma di scambio alla Corte di giustizia, a Eurojust e alla Corte europea dei diritti dell'uomo;

17. reputa che la possibilità che i giudici nazionali hanno di partecipare a una formazione di base avanzata sia un'importante questione logistica e finanziaria per gli Stati membri; ritiene che, in teoria, i giudici non dovrebbero sostenere alcun costo imputabile alla formazione in diritto comunitario; chiede alla Commissione di fornire al Parlamento, per ciascuno Stato membro, una valutazione del costo della sostituzione temporanea dei giudici che partecipano a programmi di scambio;

18. prende nota della valutazione della Commissione, stando alla quale l'opzione più adeguata per favorire la formazione nel settore giuridico europeo è attualmente quella di sostenere finanziariamente vari organismi mediante il programma quadro "Diritti fondamentali e giustizia 2007-2013", e la questione di creare nuove strutture europee di formazione giuridica potrebbe essere nuovamente sollevata, una volta che il programma è giunto a termine;

19. chiede alla Commissione di procedere, tenendo conto della presente risoluzione, ad una rigorosa valutazione dei risultati di tale programma quadro e di formulare nuove proposte atte a sviluppare e diversificare i tipi di aiuto alla formazione professionale dei giudici;

20. ritiene tuttavia sia giunto il momento di trovare una soluzione istituzionale pragmatica per la questione della formazione giudiziaria a livello comunitario, che utilizzi pienamente le strutture esistenti, evitando al contempo un'inutile duplicazione di programmi e strutture; chiede pertanto l'istituzione di un'Accademia giudiziaria europea, composta dalla Rete europea di formazione giudiziaria; chiede che tale soluzione istituzionale tenga conto dell'esperienza acquisita grazie alla gestione del Collegio europeo di polizia;

21. ritiene che i giudici nazionali non possano adottare un atteggiamento passivo nei confronti del diritto comunitario, come dimostrato chiaramente dalla giurisprudenza della Corte di giustizia sui tribunali nazionali che, di propria sponte, sollevano questioni di diritto comunitario[11];

22. chiede che la formazione dei candidati alla magistratura sia rafforzata fin dalla primissima fase e per analogia con le succitate sezioni riguardanti i giudici nazionali;

Rafforzare il dialogo fra i giudici nazionali e la Corte di giustizia

23. reputa che il procedimento pregiudiziale d'urgenza rappresenti una garanzia essenziale per la coerenza dell'ordine giuridico comunitario e l'applicazione uniforme del diritto comunitario;

24. chiede alla Corte di giustizia e a tutte le parti interessate di ridurre ulteriormente la lunghezza media dei procedimenti pregiudiziali d'urgenza, rendendo così più attraente questa importantissima possibilità di dialogo, agli occhi dei giudici nazionali;

25. esorta la Commissione a condurre un'inchiesta per sapere se le regole di procedura nazionali rappresentino un ostacolo effettivo o potenziale per la possibilità che una corte o un tribunale di uno Stato membro hanno di avviare un procedimento pregiudiziale d'urgenza, ai sensi dell'articolo 234 del trattato CE, e a condannare con determinazione le infrazioni che questi ostacoli rappresentano;

26. reputa che i limiti alla giurisdizione della Corte di giustizia, in particolare quelli riguardanti il titolo IV del trattato CE, rechino inutilmente pregiudizio all'applicazione uniforme del diritto comunitario in tali ambiti e trasmettano un messaggio negativo alla grande maggioranza dei giudici che trattano tali questioni, mettendoli nell'impossibilità di instaurare un contatto diretto con la Corte di giustizia e provocando ritardi inutili;

27. deplora il fatto che, ai sensi dell'articolo 10 del protocollo sulle disposizioni transitorie allegato al trattato di Lisbona, le attribuzioni della Corte di giustizia in ordine agli atti nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona restino invariate rispetto all'attuale trattato UE per un periodo transitorio di cinque anni; valuta tuttavia positivamente la dichiarazione resa dalla Conferenza intergovernativa in merito a detto articolo del protocollo e sollecita pertanto il Consiglio e la Commissione ad unirsi al Parlamento per riadottare gli atti nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale che erano stati adottati prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona;

28. nella prospettiva dell'introduzione di un procedimento pregiudiziale d'urgenza, concorda con il Consiglio quand'esso ribadisce l'importanza del fatto che la Corte di giustizia fornisca orientamenti a cui i giudici nazionali possano fare riferimento allorché si tratta di decidere se chiedere o meno l'applicazione del procedimento pregiudiziale d'urgenza;

29. chiede alla Corte di giustizia di esaminare tutti i miglioramenti possibili del procedimento pregiudiziale d'urgenza, che consentirebbero una maggiore partecipazione del giudice remittente allo svolgimento del procedimento stesso, comprese maggiori possibilità di chiarire il procedimento e di partecipare al procedimento orale;

Leggi più adatte ad essere applicate dai giudici nazionali

30. prende atto della creazione di un forum di discussione sulle politiche e le prassi europee in materia di giustizia e invita la Commissione ad assicurare che il forum proceda a deliberare in modo trasparente; prende atto con soddisfazione dell'impegno assunto dalla Commissione di riferire a intervalli regolari al Parlamento e al Consiglio;

31. insiste sulla necessità che la legislazione comunitaria utilizzi un linguaggio più chiaro e che vi sia una maggiore coerenza terminologica fra gli strumenti giuridici; sostiene in particolare il progetto di quadro comune di riferimento per il diritto europeo dei contratti, in quanto si tratta di uno strumento che consente di legiferare meglio;

32. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e i documenti accompagnatori al Consiglio, alla Commissione, alla Corte di giustizia nonché al Mediatore europeo.

Traduzione esterna

  • [1]  GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
  • [2]  GU C 267 del 14.10.1991, pag. 33.
  • [3]  GU C 273 E del 14.11.2003, pag. 99.
  • [4]  GU L 24 del 29.1.2008, pag. 42.
  • [5]  Ai fini della presente risoluzione i riferimenti al diritto comunitario devono essere intesi come comprendenti anche il diritto dell'Unione.
  • [6]  GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1 a pag. 12.
  • [7]  Causa C-50/00 P UPA [2002] ECR I-6677, paragrafo 41.
  • [8]  Sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 1986, Causa 294/83, "Les Verts"/Parlamento europeo, Racc. 1986, pag. 1339, punto 23.
  • [9]  Cfr. il regolamento (CE) n. 1/2003 del 16 dicembre 2002 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, GU L 1 del 4.01.2003, pag. 1.
  • [10]  GU C 143 dell'11.6.2005, pag. 1, paragrafo 31.
  • [11]  Cause C-312/93 Peterbroeck [1995] ECR I-4599, C-473/00 Codifis [2002] ECR I-10875 e C-168/05 Mostaza Claro [2006] ECR I-10421.

MOTIVAZIONE

La relatrice ha cercato innanzi tutto di sentire il parere dei soggetti direttamente interessati alla presente relazione, vale a dire i giudici nazionali. L'11 giugno 2007, ha tenuto un'audizione presso la commissione giudica, durante la quale i giudici di Romania, Ungheria, Regno Unito e Germania hanno potuto parlare delle loro esperienze in tema di diritto comunitario. Nella seconda metà del 2007, è stato inviato un questionario dettagliato a tutti gli Stati membri, per sentire il parere del maggior numero possibile di giudici. Più di 2300 giudici hanno risposto al questionario e i primi risultati sono riassunti sotto forma di allegato al presente progetto di relazione. La relatrice ha inoltre partecipato a un'audizione relativa all'applicazione del diritto comunitario, organizzata il 3 maggio 2007 dall'onorevole Monica Frassoni, MdPE, alla quale ha partecipato anche un giudice francese, che ha messo in evidenza il legame che sussiste tra il ruolo dei giudici nazionali da un lato, e l'applicazione del diritto comunitario dall'altro.

In secondo luogo, il progetto di relazione si è soffermato sui soggetti europei il cui lavoro è attinente a quello dei giudici nazionali. Il 10 settembre, il segretario generale della Rete europea di formazione giudiziaria (REFG) è intervenuto alla commissione giuridica e ha risposto alle domande dei membri. Il 18 ottobre 2007, la relatrice si è recata in missione conoscitiva alla Corte di giustizia, dove ha incontrato vari giudici e avvocati generali per approfondire, in particolare, il ruolo dei giudici nazionali nel contesto della procedura di pronuncia pregiudiziale. Infine, è stata rappresentata a un incontro di esperti di formazione giudiziaria, organizzato dalla Commissione il 4 febbraio 2008, dove sono stati presentati interventi della Rete europea di formazione giudiziari, dell'Accademia europea del diritto, dell'Istituto europeo di amministrazione pubblica e di altri relatori. Il presente progetto di relazione giunge inoltre in un momento in cui il Parlamento sta riservando maggiore attenzione all'applicazione effettiva, anche da parte dei giudici nazionali, delle leggi che adotta insieme al Consiglio.

Il progetto di relazione attinge alle iniziative esistenti per proporre un quadro maggiormente strutturato della formazione giudiziaria nell'Unione europea, al fine di poter soddisfare ambizioni future. La prima condizione preliminare è un'attenzione molto più elevata nei confronti delle capacità linguistiche dei giudici. Il progetto di relazione propone inoltre una serie di raccomandazioni tese a garantire che i giudici nazionali svolgano un ruolo più incisivo nel sistema giudiziario dell'Unione europea. A parte la questione della lingua, affronta anche il problema del migliore accesso alle informazioni, della formazione giuridica, del ruolo dei giudici nazionali nella procedura di pronuncia pregiudiziale e, infine, di come il legislatore comunitario potrebbe agevolare il compito dei giudici nazionali attraverso il miglioramento delle modalità con cui legifera, in particolare garantendo una maggiore trasparenza al processo.

ALLEGATO: QUESTIONARIO INVIATO AI GIUDICI NAZIONALI

Sintesi e analisi delle risposte ricevute[1]

INDICE

1. Informazioni generali

(a) Equilibrio delle risposte tra "vecchi" e "nuovi" Stati membri

(b) Tipologie di tribunali interpellati

2. Accesso al diritto comunitario

(a) Conoscenza dell'accesso al diritto comunitario

(b) Barriere linguistiche

(i) Giurisprudenza di altri Stati membri

(ii) Problemi di traduzione

(iii)Raffronto tra versioni linguistiche diverse degli atti comunitari

(iv) Disponibilità di informazioni diverse dalla normativa o dalla giurisprudenza

(v) Oscurità della stessa normativa comunitaria

(c) Formazione linguistica in ambito giuridico

(i) Partecipazione alla formazione linguistica per Stato membro

(ii) Fornitori della formazione linguistica in ambito giuridico

3. Formazione in diritto comunitario

(a) Aspetti generali

(b) Corsi di formazione organizzati da organismi europei

4. La procedura della pronuncia pregiudiziale

(a) Familiarità con la procedura

(b) Esperienza pratica in merito al ricorso alla procedura

(c) Durata della procedura dinanzi alla CGE

(d)Riformulazione dei quesiti presentati

(e) Guida per presentare i quesiti alla CGE

(f) Effetti della pronuncia della CGE sulla causa nazionale

(g) Raccomandazioni per migliorare la procedura

(i) Maggiore formazione e migliore accesso alle informazioni

(ii) Accelerazione della procedura

(iii) Stile e contenuto delle sentenze della CGE

(iv) Coinvolgimento più intenso con il tribunale che presenta la domanda di pronuncia pregiudiziale

(v) Riforma delle strutture di lavoro della CGE

(vi) Limitazione del diritto di presentare domande di pronuncia pregiudiziale

(vii) Ampliamento della giurisdizione materiale della CGE

(viii) Assistenza specializzata

(ix) Attenuazione del rigore dei criteri dell'acte clair

(x) Miglioramento del diritto procedurale nazionale

5. Le parti fanno valere il diritto comunitario

(a) Frequenza

(b) Settori interessati

(c)Perché tali settori sono sottoposti all'attenzione dei giudici nazionali

6. Il giudice nazionale quale "primo giudice" del diritto comunitario

(a) Indicazione generale degli atteggiamenti dei giudici

(b) Quadro generale delle singole risposte

(i) Il diritto comunitario quale parte integrante del diritto nazionale e il giudice nazionale quale arbitro passivo            

(ii) Percezione del diritto comunitario come attinente esclusivamente alle situazioni transfrontaliere

(iii) Quantità e complessità degli atti normativi comunitari

(iv) Un onere aggiuntivo

(v) Ostilità nei confronti del diritto comunitario in sè

(vi) Un settore purtroppo riservato agli specialisti

(vii) Sfide generazionali

(viii) Un ruolo da sviluppare in futuro

(ix) Insicurezza

(x) Una realtà ovvia

(xi) Atteggiamento proattivo dei giudici

(xii) Cooperazione giudiziaria in materia civile

(xiii) Questioni attinenti ai consumatori

(xiv) Difficoltà nell'applicazione della dottrina dell'acte clair

7. Misure per garantire una migliore comprensione e applicazione del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali

(a) Sintesi dei suggerimenti

(b) Miglioramenti in tutti gli aspetti della formazione dei giudici in materia di diritto comunitario

(i) Maggiore formazione giuridica

(ii) Enfasi specifica sugli aspetti pratici della formazione

(iii) Scambi e contatti tra giudici di diversi Stati membri

(iv) Creazione di una cultura giudiziaria comune

(v) e-learning

(vi) Osservazioni specifiche in merito all'ERA

(vii) Una scuola europea per i giudici

(viii) Armonizzazione del modo in cui sono elaborate le sentenze

(c) Migliore accesso alle informazioni

(i) Maggiori informazioni in generale

(ii) Letteratura accademica o specializzata

(iii) Newsletter tematiche regolari

(iv) Database di sentenze

(v) Integrazione del diritto comunitario nei codici e nei libri di testo nazionali

(vi) Miglioramento della funzione di ricerca di Curia e Eur-lex

(vii) Maggiore consapevolezza e migliore visibilità del diritto comunitario

(viii) Interoperabilità dei database nazionali e comunitari

(d) Miglioramenti nelle modalità di elaborazione della legislazione comunitaria

(i) Legiferare meglio

(ii) Codificazione e compendi ufficiali di diritto comunitario

(iii) Migliore traduzione degli atti normativi e delle sentenze della CGE

(e) Miglioramento della conoscenza delle lingue straniere da parte dei giudici

(f) Miglioramenti da parte delle autorità nazionali e del sistema giudiziario

(i) Migliore recepimento e attuazione del diritto comunitario

(ii) Più tempo a disposizione per la formazione

(iii) Un organo all'intero del ministero per aiutare i giudici con le questioni legate al diritto comunitario

(iv) Giudici specializzati all'interno dei tribunali nazionali e giudici "di collegamento"

(v) e-Justice

(vi) Ruolo delle corti supreme nazionali

(g) L'UE deve "fare di meno e meglio"

(vii) Minore legiferazione, maggior ricorso alla sussidiarietà

(viii) Abolizione dell'applicabilità diretta

(h) Miglioramenti a livello di CGE

(i) Forma e stile delle sentenze

(ii) Contatti più stretti con i giudici nazionali

(i) Formazione degli avvocati

(j) Modifica delle caratteristiche fondamentali dell'Unione

8.Copia del questionario inviato ai giudici nazionali1. Informazioni generali

Il 18 luglio 2007 la relatrice ha inviato un questionario a tutte le rappresentanze permanenti, affinché lo distribuissero ai giudici nazionali. Il numero complessivo di risposte è stato superiore a 2300, in otto lingue comunitarie. Per motivi di carattere pratico, è stata effettuata una prima selezione sulla base della completezza delle risposte ricevute e al fine di riflettere il migliore equilibrio possibile tra Stati membri. Il numero totale di risposte elaborate nella prima fase è stato pari a 1160, mentre le restanti risposte e varie domande sono state tenute per l'analisi successiva. Le risposte provenivano da tutti e 27 gli Stati membri, con una prevalenza di risposte dalla Germania (44%), dalla Polonia (19%), dalla Francia (6%), dalla Bulgaria (6%), dalla Slovenia (5%) e dall'Austria (4%).

a) Equilibrio delle risposte tra "vecchi" e "nuovi" Stati membri

Un numero elevato di rispondenti proviene dagli Stati membri che hanno aderito all'Unione nel 2004 e nel 2007 (37%), pertanto emerge un corretto equilibrio tra queste risposte e quelle fornite dagli altri Stati membri (63%).

b) Tipologie di tribunali interpellati

Il sondaggio ha interessato una notevole varietà di tribunali, specializzati, in particolare, in ambito amministrativo, lavoristico, finanziario e sociale.

2. Accesso al diritto comunitario

a) Conoscenza dell'accesso al diritto comunitario

Una piccola percentuale di rispondenti (8%) ha affermato di non sapere affatto come poter accedere alle fonti del diritto comunitario. Tra colo che invece sapevano come avere accesso al diritto comunitario, il 18% ha consultato regolarmente la giurisprudenza della Corte di giustizia (di seguito CGE[2]) mentre la stragrande maggioranza (65%) lo ha fatto solo raramente e il 17% non lo ha mai fatto.

Sono emerse alcune discrepanze nelle conoscenze esistenti a livello dell'intera UE. La conoscenza dell'accesso al diritto comunitario è risultata carente, con maggiore frequenza, nei "vecchi" Stati membri (10%) rispetto ai "nuovi" Stati (5%). Tuttavia, tra i giudici che non sapevano come avere accesso al diritto comunitario, i giudici dei "vecchi" Stati membri hanno consultato la giurisprudenza della CGE con maggiore regolarità (cfr. grafico seguente).

Le risposte, inoltre, variano notevolmente in relazione all'ambito di intervento del tribunale nazionale. Per esempio, i giudici che si occupano di proprietà intellettuale, di questioni finanziarie o fiscali e i giudici amministrativi (rispettivamente il 75%, 60% e 46%) sono molto più propensi a consultare la giurisprudenza della CGE regolarmente rispetto ai loro colleghi che lavorano in tribunali che affrontano questioni legate al lavoro, o di natura sociale (rispettivamente 20% e 25%). Infine, non un solo giudice che ha risposto al questionario e che si occupa di diritto di famiglia o penale ha affermato di aver consultato regolarmente la giurisprudenza della CGE.

b) Barriere linguistiche

Il 39% dei rispondenti ritiene che le lingue straniere costituiscano un ostacolo a un'adeguata informazione in materia di diritto comunitario.

(i) Giurisprudenza di altri Stati membri

La lamentela principale riguarda l'accesso alle sentenze straniere, comprese, per esempio, quelle delle Supreme corti dei vari Stati membri. Vari giudici hanno menzionato il fatto che i termini tecnici sono particolarmente difficili da capire in una lingua straniera. Un giudice tedesco specializzato in questioni finanziarie afferma che la lettura delle pronunce dei tribunali di altri Stati membri è importante, ma talmente dispendiosa in termini di tempo da risultare pressoché impossibile, considerati i vincoli di tempo a cui sono soggetti i giudici. Un giudice francese dichiara di non consultare la giurisprudenza o i commentari esteri per il rischio di imprecisione o di incomprensione, che potrebbe avere gravi conseguenze per i singoli. Infine, un altro giudice ha avuto difficoltà reali nell'applicazione del diritto estero quando è stato necessario applicare la legge straniera, in ottemperanza alle norme pertinenti in materia di controversie.

(ii) Problemi di traduzione

Numerosi giudici dei "nuovi" Stati membri, in particolare di Polonia, Slovenia e Ungheria, si sono lamentati del fatto che non tutta la giurisprudenza della CGE anteriore all'adesione fosse stata tradotta nella loro lingua. Diversi giudici dei "nuovi" Stati Membri non sono a conoscenza dell'acquis né, in particolare, del fatto che la giurisprudenza della CGE esista nella loro lingua. Un numero elevato di giudici di numerosi Stati membri hanno commentato la domanda relativa alla traduzione delle sentenze. Molti giudici esprimono preoccupazione per il tempo necessario a rendere disponibili tutte le versioni linguistiche delle sentenze della CGE o dei pareri degli avvocati generali. Numerosi giudici ritengono inadeguata la qualità o l'affidabilità delle traduzioni degli atti o della giurisprudenza comunitari nella loro lingua. Un giudice tedesco rimarca inoltre alcune discrepanze tra le versioni linguistiche del medesimo atto comunitario.

(iii) Raffronto tra versioni linguistiche diverse degli atti comunitari

Vari giudici hanno notevoli difficoltà a raffrontare diverse versioni linguistiche di uno stesso atto comunitario a fini di interpretazione, per verificare se vi sia l'esigenza di domandare una pronuncia pregiudiziale. La completezza e la qualità di tale analisi comparativa dipende dalle capacità linguistiche del giudice. Diversi giudici hanno menzionato tale analisi, concludendo di non essere in grado di svolgerla in maniera adeguata (cfr., inoltre, la sezione 4, paragrafo g, punto ix), relativa a un aspetto attinente).

(iv) Disponibilità di informazioni diverse dalla legge o dalla giurisprudenza

Alcuni giudici menzionano, come aspetto problematico, l'indisponibilità di commentari accademici sul diritto comunitario nella loro lingua. Varie informazioni specifiche sono infine state utilizzate come riferimento, tra cui la newsletter di un'agenzia UE (l'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno - OHMI[3]) o le spiegazioni fornite dalla Commissione in merito alle proposte legislative.

(v) Oscurità della stessa normativa comunitaria

A parte i problemi di traduzione, molti giudici ritengono che l'aspetto che più di tutti rende difficoltoso l'accesso alla normativa comunitaria è la sua struttura. Un giudice afferma che la generale oscurità del diritto comunitario rende difficoltosa la sua applicazione nei tribunali nazionali. Un commento analogo è espresso con maggiore insistenza in riferimento allo stile delle sentenze della CGE e, in particolare, al ragionamento o alla motivazione, non sempre chiaramente compresi dai giudici nazionali (cfr. sezione 7 di seguito).

c) Formazione linguistica in ambito giuridico

In media, solo il 20% dei rispondenti ha partecipato ad almeno un corso di lingue che trattasse materie giuridiche. Tale cifra sembrerebbe celare alcune discrepanze tra Stati membri, mostrate nel grafico di seguito.

(i) Partecipazione alla formazione linguistica per Stato membro

Nel grafico precedente sono stati indicati undici Stati membri, dato che il numero di risposte degli altri Stati membri non è stato considerato sufficiente a fornire dati affidabili. Dai dati a disposizione emerge che le percentuali di partecipazione a tali corsi linguistici giuridici restano relativamente basse in tutti gli Stati membri (inferiori al 40%), che le percentuali sono basse in molti, ma non in tutti gli Stati membri che hanno aderito all'Unione nel 2004, e che la partecipazione è molto bassa (inferiore al 10%) in Romania e Bulgaria.

(ii) Fornitori della formazione linguistica in ambito giuridico

Il grafico precedente mostra che la stragrande maggioranza dei rispondenti che ha studiato terminologia giuridica straniera lo ha fatto all'università, di norma durante il corso di studi di legge. Una percentuale notevole di queste persone ha partecipato a detti corsi in un'università di uno Stato membro diverso dal proprio, per esempio nell'ambito del programma Erasmus oppure di un programma LLM. Una piccola minoranza (6%) ha partecipato a corsi non organizzati dall'università, dal ministero della Giustizia nazionale oppure da un organo di formazione giudiziaria. Questi "altri" corsi sono stati organizzati dal British Council, dal Goethe Institute, dall'Accademia del diritto europeo, dalla Rete europea di formazione giudiziaria, da PHARE o, in un caso, da un insegnante privato.

L'inglese è la lingua più richiesta (53%), seguita dal francese (37%). Alcuni giudici hanno partecipato a corsi di spagnolo e di tedesco (4% ciascuno), mentre le altre lingue appaiono solo molto raramente (cfr. di seguito).

3. Formazione in materia di diritto comunitario

a) Aspetti generali

Il 61% dei rispondenti non ha mai partecipato a un programma di formazione europeo, né a un programma nazionale in materia di diritto comunitario. Il 33% dei rispondenti ha partecipato a un programma di formazione in materia di diritto comunitario. Il 14% dei rispondenti ha partecipato a un programma organizzato da un organo europeo. Infine, il 10% dei rispondenti ha partecipato a corsi organizzati sia dalle autorità nazionali, sia da un organismo europeo.

È emerso un legame chiaro tra la partecipazione ai corsi di formazione nazionali ed europei. I giudici che hanno partecipato a un corso organizzato da un ente nazionale hanno maggiori probabilità di partecipare anche a corsi organizzati da organismi europei.

b) Corsi di formazione organizzati da organismi europei

I seminari e i corsi di formazione organizzati dall'Accademia del diritto europeo a Treviri sono stati i più citati. La Rete europea di formazione giudiziaria e i suoi programmi di scambio per giudici sono anch'essi menzionati frequentemente, mentre vari giudici dei "nuovi" Stati membri hanno partecipato a programmi TAIEX e PHARE (cfr. sotto). Diversi giudici hanno sollevato la questione del costo e una vasta maggioranza ritiene che tali corsi non debbano comportare alcun onere finanziario personale per i giudici interessati. Un giudice tedesco afferma che la copertura delle sole spese di viaggio e di alloggio è insufficiente e che il corso stesso è troppo costoso.

Nota: la presente classificazione è puramente indicativa, considerando che l'ERA ha organizzato numerosi seminari per conto di TAIEX e PHARE, per esempio per i "nuovi Stati membri.

4. La procedura della pronuncia pregiudiziale

a) Familiarità con la procedura

Una netta maggioranza dei giudici che hanno partecipato al sondaggio (54%) afferma di avere familiarità con la procedura di pronuncia pregiudiziale presso la Corte di giustizia europea. Tuttavia, emerge anche che la percentuale di rispondenti che hanno dichiarato di non avere familiarità con la procedura (32%), è doppia rispetto a chi ha affermato di avere molta familiarità con essa (14%).

Sono emerse profonde discrepanze tra i vari Stati membri. In Bulgaria, Belgio e Francia, per esempio, la stragrande maggioranza dei rispondenti (rispettivamente 84%, 87% e 94%) ha affermato di non avere familiarità con la procedura della pronuncia pregiudiziale. I rispondenti austriaci, cechi e tedeschi hanno affermato di avere quantomeno familiarità con la procedura (rispettivamente 12%, 13% e 18% di risposte di "mancanza di familiarità).

Emerge inoltre che gli Stati membri con la percentuale maggiore di giudici che hanno affermato di avere molta familiarità con la procedura sono Danimarca, Austria e Svezia, ossia Stati membri non fondatori (cfr. grafico di seguito).

Se si raffronta la familiarità con la procedura di pronuncia preliminare agli ambiti in cui operano i diversi tribunali, emerge che i giudici specializzati in diritto finanziario o tributario (per esempio IVA ecc.) avevano maggiore familiarità con la procedura (52% molta familiarità, 48% familiarità, 0% nessuna familiarità).

b) Esperienza pratica in merito al ricorso alla procedura

123 giudici che hanno partecipato al sondaggio hanno affermato di aver fatto ricorso almeno una volta alla procedura di rinvio pregiudiziale durante la loro carriera professionale. Ciò equivale a una percentuale lievemente superiore al 5% del numero complessivo di risposte. Tale cifra è ripartita in modo diseguale tra Stati membri, tanto che l'Ungheria è l'unico "nuovo" Stato membro rappresentato, con sei ricorsi alla procedura.

Vari giudici hanno considerato la possibilità di ricorrere a tale procedura e un giudice di un tribunale che si occupa di questioni sociali non vi ha fatto ricorso perché le parti erano preoccupate che allungasse eccessivamente i tempi della causa. Altri due giudici di un tribunale di primo grado avrebbero voluto adire la CGE per avere una pronuncia pregiudiziale, ma ciò non è stato possibile in ragione dei limiti imposti alla giurisdizione della CGE dal Titolo IV CE, in particolare con riferimento a questioni in materia di immigrazione.

La maggior parte dei rispondenti ha fornito risposte relativamente dettagliate su questo punto, come mostra il grafico seguente.

c) Durata della procedura dinanzi alla CGE

La durata media della procedura di pronuncia pregiudiziale è stata di 18,5 mesi. Non è possibile effettuare un raffronto tra tale dato e le statistiche della CGE indicate nelle sue relazioni annuali, perché alcune delle richieste di pronuncia indicate dai giudici nelle risposte al presente sondaggio risalgono agli anni Ottanta o prima. La media che scaturisce dai dati qui raccolti è inferiore di circa un mese e mezzo all'ultima media disponibile della CGE per cause complete (19,8 mesi nel 2006)[4]. Una pronuncia pregiudiziale ha richiesto più di 35 mesi, mentre in otto casi si è conclusa entro un anno.

Alla domanda se ritenessero che una parte specifica della procedura di pronuncia pregiudiziale fosse eccessivamente lunga, la maggior parte dei giudici (43%) ha risposto negativamente. Un numero elevato di giudici (36%) ritiene che la procedura nel suo complesso sia troppo lunga, mentre un giudice del Regno Unito afferma che la lunghezza della procedura poteva dipendere dall'eccessivo carico di lavoro a cui è soggetta la CGE. Un giudice svedese e uno tedesco si attendevano che la procedura fosse più lunga perché i quesiti che avevano sottoposto erano molto lunghi e complessi. Infine, due giudici ritengono che, nel loro caso, la procedura sia stata rapida, dato che una delle pronunce è stata resa dalla CGE senza procedimento orale o parere di un avvocato generale.

In merito alle risposte relative ad aspetti specifici della procedura, la parte più criticata è la procedura orale, messa in evidenza da un giudice finlandese e da uno tedesco. Un giudice amministrativo tedesco critica i tempi eccessivi entro i quali gli Stati membri possono presentare le loro osservazioni scritte. Infine, la richiesta di pronuncia pregiudiziale di un giudice rispondente ha subito ritardi per due variazioni consecutive nell'attribuzione della sua causa all'interno della struttura camerale della Corte di giustizia.

d) Riformulazione dei quesiti presentati

Solo una piccola minoranza di giudici (11%) che ha fatto ricorso alla procedura di pronuncia pregiudiziale afferma che i quesiti sottoposti sono stati riformulati in qualche misura dalla Corte di giustizia. I quesiti di due giudici sono stati completamente riformulati e un giudice del Regno Unito ha ritenuto tale riformulazione eccessiva. Quattro quesiti sono stati riformulati sono in minima parte e in un caso, il giudice ha ritenuto che il significato del quesito fosse valorizzato dalla riformulazione della CGE. In un altro caso, la CGE ha unito due quesiti in uno.

e) Guida per presentare i quesiti alla CGE

Il 60% dei giudici che hanno adito la CGE per ottenere una pronuncia pregiudiziale ritiene di aver avuto una guida all'atto della formulazione dei quesiti, mentre il 40% dichiara di non aver avuto alcuna guida. Tra questi ultimi, quattro giudici ritengono che non fosse né necessario, né appropriato avere una simile guida.

I giudici che hanno cercato di ottenere suggerimenti lo hanno fatto in vari modi. La forma di guida più popolare è quella di altri colleghi all'interno del loro stesso tribunale (29%). Il sito Web della Corte di giustizia e la comunicazione della Corte in materia (15%), la formazione (13%), i libri di testo e i saggi accademici (13%) sono tutti relativamente popolari. Ulteriori fonti citate sono la stessa giurisprudenza della CGE (10%), le istanze delle parti (6%), la giurisprudenza delle Supreme corti nazionali (4%), la precedente esperienza personale (4%), un giudice o un consulente specializzato nel tribunale (4%) e infine il ministero della Giustizia (2%). Un numero notevole di giudici ha cercato indicazioni attraverso una combinazione delle fonti summenzionate.

f) Effetti delle pronunce della CGE sulle cause nazionali

La stragrande maggioranza dei rispondenti (89%) trova la pronuncia della CGE immediatamente applicabile alla causa in discussione, consentendo in tal modo una conclusione senza problemi della procedura di pronuncia preliminare. Un giudice ha dichiarato che la pronuncia era talmente chiara che l'unica decisione ancora da prendere a livello nazionale è stata quella relativa alle spese.

Una minoranza (11%) ritiene che la pronuncia non consenta di prendere una decisione chiara a livello nazionale. Un giudice ritiene la risposta del tutto inutilizzabile e un altro afferma che un quesito cruciale ed esplicito è stato specificamente trascurato dalla CGE. Secondo un altro giudice, è meglio presentare alla CGE quesiti diretti (con risposte "sì/no") al fine di evitare risposte ambigue, che sarebbero di difficile applicazione al merito della causa.

In tre casi, la sentenza ha portato a una modifica o all'abrogazione della normativa nazionale, mentre in altri due casi, i giudici nazionali affermano che la loro corretta applicazione della pronuncia pregiudiziale è stata successivamente rovesciata in appello. Un giudice lo ritiene un "problema generazionale", che fa sì che le corti di appello o le corti supreme non riconoscano sufficientemente la preminenza del diritto comunitario.

In un altro caso, si è avuto una transazione stragiudiziale, che non ha richiesto l'applicazione della pronuncia in via preliminare. Infine, le parti di altre due cause hanno presentato fatti ulteriori dopo la decisione della CGE, tanto da renderla inapplicabile al merito della causa.

g) Raccomandazioni per migliorare la procedura

Questa sezione va distinta da quelle precedenti (4(b)-(f)). Infatti, in questo caso, è stato chiesto ai giudici rispondenti di suggerire miglioramenti alla procedura, indipendentemente dal fatto che vi abbiano fatto ricorso o meno.

Le 210 risposte ricevute sono state classificate in gruppi diversi, illustrati maggiormente nel dettaglio nel prosieguo. Come si può vedere nel grafico a pag. 19, i giudici hanno chiesto principalmente una maggiore formazione e migliore accesso alle informazioni sulla procedura (42%). Un numero molto elevato di rispondenti (24%) ha criticato i tempi eccessivi della procedura. Lo stile e il ragionamento delle sentenze della CGE sono stati criticati dal 10% dei rispondenti. Inoltre, numerosi giudici (6%) hanno suggerito varie riforme interne relativa alla CGE. Infine, un numero altrettanto elevato di giudici ha proposto di coinvolgere i giudici che ricorrono alla procedura pregiudiziale più strettamente nella procedura stessa.

(i) Maggiore formazione e migliore accesso alle informazioni

Il miglioramento suggerito con maggiore frequenza nell'ambito della procedura di pronuncia pregiudiziale (42%) ha riguardato la formazione dei giudici nazionali e un migliore accesso alle informazioni relative alla procedura. Un giudice francese afferma che una certa conoscenza dell'argomento e della procedura sono una condizione preliminare essenziale per poter anche solo pensare di adire la CGE per una pronuncia in via pregiudiziale. La prima serie di suggerimenti, pertanto, ha cercato di porre rimedio alla "paura dell'ignoto", come ha scritto un giudice tedesco. In tale ambito sono ricomprese le situazioni in cui i giudici non hanno neppure preso in considerazione l'idea di chiedere una pronuncia in via pregiudiziale a causa della mancanza di conoscenze, oppure i casi in cui il quesito non viene neppure presentato alla CGE per il timore che lo dichiari inammissibile. Tra le idee proposte si possono menzionale corsi di formazione specialistici in ambito giuridico e linguistico, con un accento particolare sugli aspetti concreti (per esempio i giudici lituani ed estoni sono stati alquanto numerosi a suggerire seminari pratici e cause simulate), pubblicazioni giuridiche e visite presso la Corte di giustizia.

Alcuni rispondenti hanno chiesto informazioni di base aggiornate, oppure una newsletter elettronica regolare sulle pronunce pregiudiziali concluse o ancora in corso. Molti hanno chiesto un modulo ufficiale, un modello oppure orientamenti sulle buone prassi, che possano servire all'atto della presentazione dei quesiti. Un giudice tedesco di primo grado raccomanda l'elaborazione di una guida per le pronunce in via pregiudiziale, in collaborazione con le autorità nazionali, analoga alla guida pratica utilizzata per la direttiva sull'assunzione dei mezzi di prova[5]. Un giudice commenta che si sentirebbe maggiormente a suo agio con la procedura se esistessero indicazioni chiare su come riassumere i fatti nel quesito. D'altro canto, due giudici, uno della Francia e uno del Portogallo, dichiarano di essere completamente soddisfatti degli orientamenti ufficiali forniti nel 2005 dai rispettivi ministeri e disponibili on line.

Un secondo aspetto molto comune è il timore di duplicare un quesito già precedentemente sottoposto alla CGE. A tale proposito, un giudice suggerisce l'idea di un atlante dei quesiti già sottoposti, organizzato per ambiti tematici lungo le linee guida tracciate dal modello sviluppato nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile.[6] Un'altra idea è quella di un meccanismo orizzontale, che informi regolarmente tutti i giudici dell'Unione delle richieste di pronuncia sottoposte alla CGE nel loro settore di attività. Un giudice bulgaro commenta che la procedura atta a verificare se i quesiti da sottoporre sono già stati presentati alla CGE andrebbe comunque verificata. Un giudice tedesco specializzato in brevetti ritiene che le informazioni sulle singole richieste di pronuncia pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea siano insufficienti e andrebbero completate.

Una terza tematica ricorrente è il desiderio di poter ottenere tutte le informazioni pertinenti tramite Internet. Un giudice polacco si spinge oltre e suggerisce la possibilità di poter sottoporre i quesiti elettronicamente.

(ii) Accelerazione della procedura

L'eccessiva durata della procedura è stata sottolineata con particolare enfasi nelle osservazioni dei giudici di sedici Stati membri. Si ritiene che tale durata eccessiva abbia l'effetto di congelare la consultazione. Molti giudici hanno affermato di conoscere la procedura, ma di non utilizzarla a causa dei ritardi che comporta. Per esempio, un giudice austriaco ritiene che tali ritardi siano completamente inaccettabili nel settore del diritto sociale. Un giudice tedesco di una corte superiore ha avuto particolari difficoltà a capire il motivo del tempo intercorso tra la fine del procedimento orale e l'elaborazione della pronuncia pregiudiziale e che analoghi ritardi in un contesto esclusivamente interno sarebbe probabilmente stati considerati abusivi o illegali. Vari giudici hanno inoltre invertito il ragionamento, per concludere che il potenziale ancora inesplorato dei giudici nazionali significa che la CGE rischierebbe di essere sommersa dalle domande di pronuncia pregiudiziale, qualora la durata del procedimento diminuisse.

Vari giudici chiedono una particolare accelerazione della procedura in alcuni casi urgenti, come nel settore del diritto di asilo. Un giudice ritiene che le domande di pronuncia pregiudiziale dovrebbero avere la priorità rispetto ad altri tipi di cause dinanzi alla CGE, mentre un altro auspica un'applicazione più frequente della procedura accelerata esistente[7].

Pochi giudici hanno effettivamente avanzato suggerimenti sulla durata media che dovrebbe avere la procedura. Tuttavia, un giudice finlandese propone 3-4 mesi e un giudice svedese suggerisce 7-8 mesi.

(iii) Stile e contenuto delle sentenze della CGE

Lo stile e il contenuto delle sentenze della CGE sono stati segnalati da numerosi giudici, in particolare, anche se non esclusivamente della Germania. La lamentela più frequente riguarda la chiarezza linguistica delle sentenze. Un'altra serie di risposte riguarda l'eccessiva lunghezza delle sentenze. Un giudice finlandese, per esempio, vorrebbe sentenze più brevi, più simili alle sentenze della Suprema corte amministrativa finlandese. Vari giudici ritengono che il ragionamento della CGE sia spesso troppo generale o astratto per poter essere idoneamente applicato alle cause nazionali. Altri giudici non si sentono a loro agio per il modo in cui CGE si occupa dei precedenti. Un giudice vorrebbe che le sentenze fossero più esplicite su come si ricollegano alla giurisprudenza precedente, mentre un altro preferisce un sistema basato prevalentemente sui principi, piuttosto che sui precedenti. Infine, un giudice suggerisce che la CGE faccia maggiore ricorso all'obiter dicta.

Tuttavia, non tutte le risposte relative a questa sezione sono lamentele. Un giudice definisce il dialogo della CGE con i tribunali nazionali "gradevolmente diverso" dal modo in cui i giudici sono trattati della Corte costituzionale nazionale.

(iv) Coinvolgimento più intenso con il tribunale che presenta la domanda di pronuncia pregiudiziale

Un notevole numero di giudici ha manifestato l'auspicio di un maggiore coinvolgimento del giudice che presenta la domanda di pronuncia pregiudiziale in tutte le fasi della procedura. Un giudice tedesco specializzato in ambito finanziario afferma che in seguito all'allargamento, il rischio che i giudici, gli avvocati generali o il personale della CGE coinvolto nelle varie fasi di una determinata procedura di pronuncia preliminare non abbiano familiarità con un ordinamento giuridico nazionale è più elevato di prima. Il giudice sottolinea il fatto che spesso tale aspetto diventa chiaro soltanto dopo il parere dell'avvocato generale e a quel punto è troppo tardi perché il giudice nazionale possa intervenire. Raccomanda pertanto di concedere al giudice remittente un'opportunità formale di presentare osservazioni, anche se si rende conto che tale aspetto vada in senso contrario rispetto all'accelerazione della procedura e dovrebbe quindi essere mantenuto entro limiti temporali ristretti. Vari rispondenti concordano in termini più generali.

Un giudice del lavoro raccomanda la consultazione obbligatoria del giudice remittente prima che la CGE possa riformulare una qualunque parte della domanda. Un altro giudice chiede il "dialogo" per riformulare i quesiti come opportuno. Un'ulteriore proposta avanzata da due rispondenti consiste nell'invitare il giudice remittente a partecipare alla procedura orale, per garantire che la pronuncia della CGE resti pertinente ai fini della causa nazionale pendente. Un giudice specializzato in ambito finanziario vorrebbe vedere una "sedia speciale" per i giudici remittenti che compiono lo sforzo di essere presenti alla CGE per l'audizione e la possibilità per loro di rispondere alle domande di tutte le parti e di porgere il saluto al juge rapporteur.

(v) Riforma delle strutture di lavoro della CGE

I rispondenti provenienti da una nutrita schiera di Stati membri hanno proposto modifiche strutturali alla CGE. La proposta più frequente è quella di incoraggiare la specializzazione dei giudici CGE e di creare competenze specializzate a tale scopo. In questo modo, è opinione dei rispondenti che le sentenze della CGE diventerebbero più accettabili per i giudici nazionali specializzati.

Un giudice danese suggerisce di trasferire la competenza di emettere le pronunce pregiudiziali al Tribunale di primo grado, in alcuni settori in cui la giurisprudenza della CGE è già consolidata. Un giudice tedesco di una corte suprema regionale propone un coinvolgimento più stretto degli avvocati generali nel procedimento nazionale che forma oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale. Un giudice austriaco si è spinto oltre e ha proposto tribunali comunitari di primo grado in tutti gli Stati membri. Un'altra idea è stata suggerita da un giudice tedesco, che vorrebbe che i giudici della CGE fossero eletti direttamente dai giudici nazionali, non nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri, come avviene attualmente a norma dell'articolo 223, paragrafo 1 CE.

Infine, due giudici di corti supreme di Stati membri diversi sono del parere che la CGE dovrebbe pronunciarsi soltanto sulle cause più importanti ai fini dell'ordinamento giuridico comunitario, offrendo in tal modo una forma di giurisdizione opzionale.

(vi) Limitazione del diritto di presentare domande di pronuncia pregiudiziale

Un piccolo numero di giudici tedeschi e danesi, in particolare dei tribunali di secondo grado, propone di limitare il diritto dei tribunali di primo grado di rimettere quesiti alla CGE. Un giudice ritiene che le corti inferiori dovrebbero consultare la corte superiore competente prima di potere rimettere un quesito alla CGE. Un altro afferma che i giudici di primo grado fanno affidamento sul meccanismo della pronuncia pregiudiziale per evitare di decidere cause difficili. Un rispondente propone di concedere alle parti il potere di bloccare la decisione di presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale.

(vii) Ampliamento della giurisdizione di merito della CGE

Vari giudici tedeschi sono favorevoli al pieno ampliamento della giurisdizione della CGE nei settori che rientrano nell'ambito di applicazione dei Titoli IV CE e VI UE, in particolare il diritto di asilo e l'immigrazione. Analogamente, due giudici polacchi invitano il loro Stato membro a fare una dichiarazione, nel significato di cui all'articolo 35, paragrafo 2 UE.

(viii) Assistenza specializzata

Numerose risposte, in particolare dai "nuovi" Stati membri, chiedono la creazione o il rafforzamento degli organi nazionali, o helpdesk pensati per fornire assistenza ai giudici che avessero intenzione di ricorrere alla procedura di rinvio pregiudiziale. Altri sostengono l'idea di disporre di assistenti specializzati all'interno di ogni tribunale, oppure nelle corti superiori. Infine, un magistrato di cassazione chiede l'istituzione di un servizio all'interno della Corte di giustizia, che i giudici nazionali possano contattare direttamente per orientare meglio i loro sforzi di ricerca.

(ix) Attenuazione del rigore dei criteri dell'acte clair

Vari rispondenti ritengono che i criteri di applicazione del cd. acte clair andrebbero resi meno rigidi, considerata l'applicazione sempre più ampia e frequente del diritto comunitario. Il giudice di una corte suprema osserva che qualora i tribunali nazionali applicassero l'articolo 234, paragrafo 3 CE in stretta conformità alla giurisprudenza della CGE[8], la CGE verrebbe sommersa di richieste delle corti superiori. Un giudice di primo grado ritiene che il concetto di giurisdizione "avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno" non sia chiaro.

(x) Miglioramento del diritto procedurale nazionale

Un giudice è preoccupato del fatto che il diritto procedurale tedesco consentirebbe l'accertamento dei fatti una seconda volta, in seguito alla domanda di pronuncia pregiudiziale avanzata dal tribunale di primo grado. Tale riesame dei fatti metterebbe a repentaglio l'utilizzo della pronuncia della CGE, considerato che si baserebbe su fatti obsoleti.

5. Le parti fanno valere il diritto comunitario

a) Frequenza

Con oltre mille risposte a questa domanda (1109) emerge alquanto chiaramente che la normativo comunitaria viene raramente fatta valere dalle parti dinanzi ai giudici nazionali (cfr. grafico di seguito).

Utilizzando un indicatore ponderato, il grafico seguente indica, da sinistra verso destra in ordine ascendente, gli Stati membri in cui i giudici rispondenti ritengono che le parti sollevino questioni di diritto comunitario con maggiore frequenza. Taluni Stati membri possono non essere stati inseriti nel grafico per mancanza di un numero sufficiente di risposte. A eccezione del Belgio e del Portogallo, emerge una tendenza relativamente chiara, dove la normativa comunitaria viene fatta valere con maggiore frequenza nei "vecchi" Stati membri. È degno di nota, per esempio, che in Bulgaria, in Polonia e nella Repubblica ceca il diritto comunitario non venga "mai" fatto valere dinanzi alla maggioranza dei giudici. In generale, il diritto comunitario viene fatto valere "raramente" dinanzi alla maggioranza dei giudici, a eccezione di Danimarca, Finlandia e Svezia, dove viene fatto valere con maggiore frequenza.

  

Con l'ausilio del medesimo indicatore ponderato, emerge inoltre che il diritto comunitario viene fatto valere con maggiore frequenza nei tribunali specializzati in proprietà intellettuale, finanza e questioni amministrative. Il 9% di tutti i rispondenti sottolinea che il diritto comunitario viene fatto valere "spesso" o "molto spesso" dinanzi a loro. Tuttavia, tale cifra sale al 41% per i tribunali finanziari, al 28% per i tribunali amministrativi e del 25% per i tribunali che si occupano di proprietà intellettuale.

Inoltre, le risposte indicano chiaramente che più è elevato il grado del tribunale, più è probabile che il diritto comunitario venga fatto valere. Questa tendenza diventa particolarmente chiara per le corti supreme e le corti di cassazione, come si può vedere nel grafico di seguito.

b) Settori interessati

Le 533 risposte analizzate riflettono il fatto che la normativa comunitaria permea numerosi e vari settori di attività a livello nazionale. Due settori citati molto frequentemente sono la protezione dei consumatori (9%) e il diritto civile e procedurale (11%). La politica di concorrenza (9%), la discriminazione sessuale (8%), l'occupazione (7%), le libertà fondamentali (6%), l'ambiente (5%), i dazi (4%) e l'IVA (2%) figurano con una certa evidenza tra le risposte. È inoltre degno di nota il fatto che molti giudici vi facciano riferimento relativamente alle domande in materia di asilo (3%).

I rispondenti che citano l'agricoltura fanno riferimento, in particolare, alle organizzazioni comuni dei mercati, compresi i prodotti caseari. I giudici che fanno riferimento alle libertà fondamentali citano in particolare i problemi legati alla libertà di circolazione delle persone (libertà di circolazione dei lavoratori e direttiva in materia di soggiorno[9]). Sono state sollevate numerose questioni, tra cui il distacco dei lavoratori, la portabilità delle pensioni e la sicurezza sociale. Sono inoltre stati fatti valere riferimenti alla libera circolazione delle merci, in particolare i prodotti farmaceutici, e alla libera circolazione dei servizi, in particolare i servizi sanitari e i servizi che possono essere forniti senza attraversare un confine (per esempio il gioco d'azzardo online). La libertà di stabilimento è stata menzionata in maniera preponderante nel contesto dei trasferimenti di aziende.

Sono stati menzionati vari aspetti della politica di concorrenza: i cartelli, le restrizioni verticali e gli aiuti di Stato. Si può dire lo stesso dei diritti di proprietà intellettuale (disegni, copyright, marchi, brevetti, direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale[10]).

Sono inoltri stati affrontati numerosi aspetti relativi alla protezione dei consumatori, compresi i pacchetti turistici, i contratti di vendita negoziati al di fuori dei locali commerciali, i messaggi abusivi che comunicano la vincita di premi e il risarcimento. Nel settore del diritto civile e procedurale, i giudici hanno fatto riferimento al riconoscimento, alla competenza giurisdizionale e all'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale[11], alla convenzione di Roma[12], ai periodi di prescrizione, al diritto dei contratti e alla normativa comunitaria in materia di notifica degli atti, all'assistenza legale[13] e all'assunzione dei mezzi di prova. Questo aspetto civilistico è stato inoltre evidente nei frequenti riferimenti al regolamento Bruxelles II "bis" [14] e al mantenimento nel contesto delle cause relative al diritto di famiglia.

Un piccolo gruppo di giudici, prevalentemente della Romania e Bulgaria, ha fatto riferimento alla Corte europea dei diritti dell'uomo e all'articolo 6 della CEDU.

c) Perché tali ambiti sono sottoposti all'attenzione dei giudici nazionali

43 giudici forniscono una giustificazione circa il motivo per cui taluni settori del diritto comunitario sono fatti valere dalle parti nei loro tribunali. La risposta fornita con maggiore frequenza (42%) riguarda l'apparente o potenziale incompatibilità tra le direttive e le misure attuative nazionali. Un giudice rumeno osserva che tale funzione giudiziaria è importante per l'applicazione del diritto comunitario nel concreto. A tale proposito, si è spesso fatto riferimento alle direttive nel settore della protezione dei consumatori, compresa la direttiva sulla vendita a distanza[15] e la questione del commercio elettronico. La normativa in materia di occupazione e di discriminazione è anch'essa menzionata da vari giudici in questo contesto. Un giudice finlandese afferma che il motivo per cui il diritto comunitario viene fatto valere nelle cause di discriminazione sessuale è perché le parti spesso presumono che garantisca loro diritti più ampi rispetto al diritto nazionale.

Il diritto comunitario viene inoltre considerato un ausilio per interpretare il diritto nazionale incompleto o assente. Un giudice tedesco di primo grado ritiene che, benché le direttive siano state generalmente recepite in modo soddisfacente, le persone spesso non si rendono conto che dietro a una misura nazionale si colloca il diritto comunitario e pertanto non notano casi di recepimento scorretto. Un altro giudice tedesco, questa volta di una corte superiore regionale, osserva che spesso il diritto nazionale accusa un ritardo rispetto al diritto comunitario.

Un aspetto spesso messo in luce dai rispondenti (14%) è che il diritto comunitario viene sollevato dalle parti in settori che per loro natura comportano un'attività transfrontaliera o l'interdipendenza tra gli Stati membri (per esempio le dogane, i trasporti, il diritto commerciale, l'insolvenza, la libertà di circolazione delle persone).

Numerosi giudici (14%) sottolineano il fatto che quando la Comunità ha legiferato intensamente in un dato settore, è più probabile che le parti lo sappiano e che vi facciano riferimento. A tale proposito sono stati menzionati i settori della normativa in materia di ambiente e di telecomunicazioni. Un aspetto analogo è rimarcato con riferimento all'esistenza di una copiosa giurisprudenza della CGE in un determinato settore, a cui si può fare facilmente riferimento, per esempio nell'ambito della legislazione sulla concorrenza, oppure del diritto civile o commerciale.

Per vari rispondenti (12%), il motivo principale per cui il diritto comunitario è invocato dipende dalla non comune conoscenza internazionale delle parti e dagli interessi finanziari in gioco. Tale osservazione è stata fatta con riferimento alla libera circolazione delle merci, ai diritti di proprietà intellettuale, alla concorrenza e al diritto societario.

In merito al diritto procedura civile, in particolare, il 9% dei rispondenti ritiene che a livello comunitario si siano intraprese azioni per agevolare l'accesso alla giustizia e semplificare il lavoro dei giudici e quindi le parti preferiscono fare affidamento direttamente su strumenti comunitari. Due giudici sloveni affermano che tali strumenti hanno rafforzato la certezza del diritto e la trasparenza. Altri giudici hanno fatto la medesima osservazione, con specifico riferimento alla delibazione e all'insolvenza.

Infine, vari giudici hanno spiegato il perché le parti non abbiano fatto riferimento al diritto comunitario, o perché le parti fossero di fatto reticenti a farvi riferimento. Le pubbliche autorità lo hanno fatto soltanto quando erano specializzate in un determinato settore. Lo stesso è stato detto di altre parti, per esempio nel settore della legislazione in materia di concorrenza, dove sono in gioco interessi importanti. Secondo un giudice, gli avvocati si sentono maggiormente sicuri con il diritto nazionale, meglio conosciuto e con un maggior grado di certezza giuridica. Un altro giudice di una corte superiore tedesca di una zona di confine osserva che il grado di conoscenza del diritto comunitario varia notevolmente tra le parti. È questo il fattore principale che determina la frequenza con cui viene fatto valere il diritto comunitario.

6. Il giudice nazionale quale "primo giudice" del diritto comunitario

853 giudici hanno risposto a questa domanda. Poiché le risposte differiscono notevolmente in termini di contenuto, si procederà innanzi tutto alla loro analisi sulla base di taluni indicatori e in secondo luogo sotto forma di panoramica tematica.

a) Indicazione generale degli atteggiamenti dei giudici

Il primo indicatore ha lo scopo di fornire un quadro generale dell'atteggiamento dei giudici nei confronti del fatto di rivestire un ruolo in seno all'ordinamento comunitario. La risposta più frequente rivela un impegno serio e un forte senso di responsabilità circa il fatto che il diritto comunitario costituisca parte integrante dell'ordinamento giuridico nazionale e che occorra applicarlo ove pertinente (48%). Una percentuale elevata di giudici (17%) ha espresso indifferenza in merito a tale ruolo. Numerosi rispondenti (13%) hanno manifestato apprensione circa il diritto comunitario e una piccola percentuale addirittura timore (2%). D'altro canto, l'8% dei rispondenti ha espresso la curiosità di apprendere di più circa il diritto comunitario e una percentuale identica è entusiasta del proprio ruolo. Una piccola minoranza di giudici (4%), incluso un giudice danese che ha conseguito una specializzazione universitaria in diritto europeo, esprime molta sicurezza al riguardo. Di fatto, un giudice bulgaro di un tribunale regionale si è detto "fiero" di poter applicare il diritto comunitario, benché sia un impegno aggiuntivo.

Il secondo indicatore vuole misurare la difficoltà che i giudici attribuiscono all'espletamento di questo ruolo. La stragrande maggioranza dei giudici nazionali ritiene questo compito difficile (52%) o molto difficile (23%). D'altro canto, una minoranza di rispondenti risponde che il compito è relativamente agevole (7%) o addirittura facile (18%).

Il terzo e ultimo indicatore cerca di accertare qual è l'importanza di questo ruolo per i rispondenti. In questo caso, le risposte sono state particolarmente chiare, con la stragrande maggioranza dei giudici che ritiene che il loro ruolo di primo giudice del diritto comunitario è totalmente irrilevante nel loro lavoro quotidiano (27%), quasi irrilevante (26%) o minimo (25%). Un ulteriore 4% non si sente attualmente interessato al diritto comunitario, ma auspica che ciò cambi con il tempo, considerata la recente adesione del suo Stato membro. Infine, una minoranza (14%) ritiene che questo ruolo sia importante e alcuni giudici (4%) lo considerano essenziale nelle loro attività quotidiane.

Pertanto, il profilo tipico di un giudice di primo grado si potrebbe sintetizzare, sulla base delle risposte a questa domanda, come segue:

     "Mi considero principalmente un giudice nazionale. Prendo seriamente il diritto comunitario, benché sia una grande responsabilità affrontare un corpus legislativo così complesso. Inoltre, lo affronto sporadicamente nella mia attività quotidiana perché le parti lo fanno valere di rado".

b) Quadro generale delle singole risposte

(i) Il diritto comunitario quale parte integrante del diritto nazionale e il giudice nazionale quale arbitro passivo

Un numero molto elevato di giudici ha risposto di non considerarsi come il primo giudice del diritto comunitario, né di vedere la propria attività quotidiana in tale ottica, poiché la legge nazionale ha già recepito il diritto comunitario. Infatti, molti rispondenti, in particolare della Polonia, affermano che quando il diritto nazionale recepisce correttamente la normativa comunitaria elimina completamente la necessità di ricorrere al principio dell'applicabilità diretta delle direttive. Pertanto la maggior parte dei giudici afferma che applicherebbe il diritto comunitario in modo diretto e indipendente da qualunque misura di recepimento soltanto se le parti lo chiedessero specificamente. Un giudice amministrativo tedesco si è definito un "apri porta" della CGE per le parti che intendono muoversi in tale direzione. Un giudice polacco ha descritto tale atteggiamento come "estremamente passivo" a tale proposito. Un'osservazione comune che è stata spesso avanzata è che né le parti, né gli avvocati hanno mai fatto valere il diritto comunitario in modo significativo. Di conseguenza, un giudice polacco osserva che l'adesione all'Unione europea non ha portato a cambiamenti tangibili nella sua attività quotidiana.

(ii) Percezione del diritto comunitario come attinente esclusivamente alle situazioni transfrontaliere

Un giudice francese di corte d'appello osserva che molti giudici non si rendono ancora conto che il diritto comunitario si applica al di là delle cause transfrontaliere.

(iii) Quantità e complessità degli atti normativi comunitari

Un giudice francese afferma di vedere il diritto comunitario "con timore" perché si tratta di un corpus legislativo sconosciuto a cui è difficile accedere e al quale gli avvocati accedono con difficoltà ancora maggiori rispetto ai giudici. Questa apprensione trova eco nell'affermazione di un giudice tedesco di secondo grado, che ritiene che la terminologia utilizzata nel diritto comunitaria sia "estranea" o "aliena". Un altro timore ricorrente è la stessa estensione della legislazione secondaria comunitaria e l'impressione che si evolva in continuazione e che aumenti in termini di quantità e complessità. Vari giudici, anche tra quelli che hanno mostrato notevole entusiasmo e interesse nei confronti del diritto comunitario, affermano che mantenersi aggiornati in settori specifici è particolarmente impegnativo.

(iv) Un onere aggiuntivo

I rispondenti esprimono costantemente preoccupazione circa il fatto che il loro carico di lavoro renda davvero molto difficile, se non addirittura impossibile, un esame approfondito dei problemi legati al diritto comunitario. Questo aspetto si aggiunge all'impressione che occorra investire una mole più significativa di tempo per acquisire una comprensione soddisfacente di un aspetto del diritto comunitario, rispetto al tempo necessario per un esame analogo della normativa nazionale.

(v) Ostilità nei confronti del diritto comunitario in sè

Vari giudici si sono mostrati ostili nei confronti dell'influenza del diritto comunitario sulla normativa nazionale. Un giudice tedesco di un tribunale specializzato in cause finanziarie è del parere che l'influenza del diritto comunitario aumenti il rischio di "cattive" sentenze e metta a repentaglio la certezza giuridica. Infine, un giudice del lavoro si è sentito alquanto "provocato" dal fatto di dover svolgere un ruolo nell'ordinamento giuridico comunitario.

(vi) Un settore purtroppo riservato agli specialisti

Un giudice tedesco critica il fatto che i giudici di primo raramente possiedano i mezzi tecnici per comprendere a fondo il diritto comunitario e che l'iniziativa venga presa spesso da avvocati altamente qualificati.

(vii) Sfide generazionali

Vari giudici che non hanno mai ricevuto una formazione in materia di diritto UE durante gli studi a causa dell'età, compreso un giudice francese di corte d'appello e un giudice tedesco di circa 65 anni, trovano l'ordinamento giuridico comunitario particolarmente impegnativo.

(viii) Un ruolo da sviluppare in futuro

Numerosi giudici dei "nuovi" Stati membri si proiettano molto nel futuro. Per esempio un giudice sloveno afferma che questo aspetto specifico del lavoro di un giudice crescerà spontaneamente con il trascorrere del tempo.

(ix) Insicurezza

Vari giudici si sentono insicuri quando applicano il diritto comunitario. La tradizione giuridica non è altrettanto familiare e i metodi interpretativi sono diversi da quelli seguiti normalmente. Un giudice amministrativo ritiene che il diritto comunitario abbia una dimensione che non è in grado di cogliere nell'attività lavorativa quotidiana.

(x) Una realtà ovvia

D'altro canto, una nutrita minoranza di giudici si sente chiaramente più a proprio agio con un contatto diretto con il diritto comunitario, ritenendo che si tratti di una "realtà ovvia". Un giudice afferma di essere ben consapevole delle implicazioni di essere il primo giudice del diritto comunitario, ma auspica soltanto che i colleghi di altri Stati membri condividano tale consapevolezza. Un altro rispondente afferma che, benché tale aspetto stia diventando sempre più evidente per i giudici, le parti e gli avvocati non necessariamente seguono la medesima tendenza. Un giudice austriaco, che ammette di essere stato inizialmente ostile al diritto comunitario, afferma che più lo applica, più "si chiarisce da sè". Un giudice amministrativo tedesco si è spinto oltre e ha affermato che il ruolo è "stimolante, ma difficile" perché il diritto comunitario è ancora relativamente nuovo e non accompagnato da una formazione idonea e da biblioteche adeguate.

Due tribunali amministrativi in Germania affermano che è positivo che la maggior parte dei quesiti relativi al diritto comunitario possano essere chiariti immediatamente in primo grado, senza appelli multipli. È controproducente valutare tali aspetti soltanto nelle corti superiori perché ciò prolunga inutilmente la durata delle cause. Un giudice commerciale francese afferma che i giudici di primo grado sono spesso in "prima linea" nel diritto comunitario e affrontano sovente l'opposizione delle corti superiori. Un altro giudice tedesco è costantemente "accompagnato" dal diritto comunitario. Benché non sempre sia in primo piano (im Vordergrund), è comunque sempre presente nella sua mente (im Hinterkopf).

(xi) Atteggiamento proattivo dei giudici

Un giudice francese afferma che bisogna sviluppare alcuni riflessi perché molte delle disposizioni del diritto comunitario devono essere fatte valere autonomamente dal giudice, invece di attendere che siano fatte valere dalle parti.

(xii) Cooperazione giudiziaria in materia civile

Vari rispondenti fanno specificamente riferimento agli strumenti che utilizzano nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile (articolo 61, paragrafo c) CE), in particolare il regolamento Bruxelles I, la direttiva sul gratuito patrocinio e il regolamento sulla notifica degli atti[16]. Un giudice di famiglia è interessato specificamente all'applicazione del regolamento Bruxelles II "bis", dato che apporta un "valore aggiunto" chiaro ai cittadini europei.

(xiii) Questioni attinenti ai consumatori

Un giudice ritiene che il diritto comunitario sia particolarmente vitale nel settore della protezione dei consumatori, ma che la maggior parte dei colleghi nazionali non coglie tale aspetto.

(xiv) Difficoltà nell'applicazione della dottrina dell'acte clair

Secondo due giudici appartenenti a supreme corti diverse, talora è difficile determinare se a un determinato caso si applica la dottrina dell'acte clair. Il motivo più evidente per tale situazione è che è difficile accertare se un tribunale nazionale di un altro Stato membro abbia preso in considerazione una questione analoga e quale sia stata la sua decisione.

7. Misure per garantire una migliore comprensione e applicazione del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali

a) Sintesi dei suggerimenti

790 rispondenti hanno inviato osservazioni o suggerimenti in merito a questa domanda aperta. Una formazione approfondita e continuativa in materia di diritto comunitario durante gli studi e la carriera lavorativa dei giudici è stata di gran lunga il suggerimento più popolare (51,1%) e in proposito sono stati sottoposti molti suggerimenti pratici (cfr. di seguito, sezione b). Al secondo posto si possono menzionare maggiori o migliori informazioni (21,5%) e proposte su come rendere disponibili tali informazioni. Sono stati fatti numerosi inviti a migliorare il processo legislativo a livello comunitario (9,4%). Per concludere, quattro categorie godono più e meno dello stesso grado di popolarità: la questione della formazione linguistica (4,4%), il modo in cui il diritto comunitario andrebbe affrontato a livello nazionale (4,3%), gli inviti all'Europa a fare meno, ma meglio (4,1%) e infine le questioni legate alla CGE e alle sue sentenze (3,7%). A pag. 44., al termine della sezione 7, è possibile consultare un grafico che mostra tali risultati.

b) Miglioramenti in tutti gli aspetti della formazione dei giudici in materia di diritto comunitario

(i) Maggiore formazione giuridica

La stragrande maggioranza dei rispondenti di questa categoria (75%) è favorevole a un aumento della formazione in materia di diritto comunitario a tutti i livelli. In primo luogo, alcuni giudici sono del parere che il diritto comunitario debba diventare un insegnamento essenziale o obbligatorio del corso di studi universitari di giurisprudenza, come avviene già in alcuni Stati membri. Un giudice francese ritiene che il diritto comunitario non sia sufficientemente integrato nei corsi di studi nazionali in settori in cui la competenza comunitaria è stata ampiamente esercitata. I rispondenti insistono ancora di più sull'importanza della formazione in materia di diritto comunitario, in particolare per quanto attiene alla procedura della pronuncia pregiudiziale, quando si parla di scuole nazionali per i futuri magistrati e giudici.

Vi sono vari suggerimenti ricorrenti in materia di formazione professionale per i giudici praticanti. Innanzi tutto, la formazione deve essere gratuita per i giudici. Un giudice afferma che tale formazione sia nel pubblico interesse e faccia parte del servizio offerto al pubblico. Il giudice di una corte tedesca del lavoro ritiene che esista una forte richiesta di tali corsi e che i posti siano limitati, oltre al fatto che spesso ai partecipanti viene chiesto un contributo finanziario. In secondo luogo, la formazione deve essere regolare o costante e alcuni giudici ritengono che sarebbe efficace soltanto se resa obbligatoria. In terzo luogo, la formazione generale in diritto comunitario viene ricercata principalmente a livello nazionale e quanto più vicino possibile al luogo di lavoro del rispondente. Esiste inoltre una richiesta notevole di corsi più specializzati e in questo caso è emersa una tendenza contraria, con giudici che talvolta chiedono che tali corsi specializzati siano organizzati a livello europeo, per esempio sotto forma di conferenze con partecipanti da altri Stati membri. Quarto, la formazione generale deve raggiungere il maggior numero possibile di giudici nazionali, in tribunali di ogni grado e ordine.

Infine, vari giudici indicano nella formazione un elemento importante: il diritto comunitario è costituito da un corpus legislativo arduo e i corsi potrebbero contribuire a superare alcuni dubbi in proposito.

(ii) Enfasi specifica sugli aspetti pratici della formazione

Un numero elevato di giudici, principalmente polacchi, ma anche ungheresi, sloveni, bulgari, rumeni e tedeschi, chiede che la formazione nazionale sia più pratica e meno incentrata sulla teoria. A tale proposito si dovrebbero includere studi di casi o seminari con esperti. Un numero notevole di giudici è inoltre interessato a far visita alle istituzioni UE, in particolare alla CGE.

(iii) Scambi e contatti tra giudici di diversi Stati membri

Numerosi rispondenti di un gruppo equilibrato di Stati membri sottolineano l'importanza dei programmi di scambio per giudici all'interno dell'UE. L'aspetto più importante è l'opportunità di discutere questioni di interesse comune con giudici di altri Stati membri e vedere come affrontano problemi analoghi in un contesto giudiziario diverso. Secondo un giudice tedesco, gli scambi sono essenziali per consentire ai giudici di "uscire dalla loro scatola nazionale" e ampliare in questo modo i loro orizzonti. Inoltre vari giudici olandesi, belgi, sloveni e tedeschi hanno manifestato interesse personale a tirocini presso la CGE.

È stata inoltre manifestata una certa frustrazione in merito alla carenza percepita di posti disponibili per la partecipazione a programmi di scambio. Per esempio, un giudice afferma che soltanto i giudici che lavorano al ministero della Giustizia possono partecipare, mentre un altro giudice ritiene che i programmi di scambio siano riservati a un'élite privilegiata, senza però aggiungere alcuna spiegazione particolare.

La presente sezione include, inoltre, le risposte che chiedevano maggiori contatti tra giudici nazionali, per esempio sotto forma di reti specializzate, senza però menzionare uno scambio effettivo. Un giudice tedesco sottolinea l'importanza di aver un legame personale, rispetto a uno anonimo, con i giudici di altri Stati membri. Il giudice di una suprema corte osserva che gli scambi di punti di vista tra giudici di tutta l'Unione europea sono essenziali per applicare la dottrina dell'acte clair, che richiede che il giudice nazionale verifichi a quali altri esiti sono giunti i tribunali nazionali e se la diversità degli esiti interpretativi raggiunti possa arrecare pregiudizio all'applicazione uniforme del diritto comunitario.

Un giudice italiano di primo grado raccomanda il finanziamento da parte dell'UE di forum online per discutere questioni di interesse comune e sottolinea inoltre che la conoscenza delle lingue straniere da parte dei singoli giudici è un fattore determinate e talora una barriera all'avvio di tale interazione a livello transnazionale. Infine, un giudice svedese insiste sul fatto che i programmi di scambio costituiscano un modo per attenuare la "paura" del diritto straniero, talvolta vissuta dai colleghi. Tuttavia, per tali scambi occorre un impegno personale e anche l'ispirazione.

Vari giudici tedeschi hanno fornito osservazioni specifiche in merito alla REFG. Un giudice che ha partecipato a uno scambio esprime particolare entusiasmo circa la scoperta di aspetti di un altro ordinamento giuridico e manifesta disponibilità a ulteriori iniziative. Gli altri due rispondenti sono soddisfatti di quanto offerto dalla REFG, ma ritengono che le opportunità disponibili siano insufficienti, oltre che non sufficientemente conosciute dai giudici nazionali.

(iv) Creazione di una cultura giudiziaria comune

Un numero elevato di giudici è favorevole a una maggiore promozione di una cultura giudiziaria comune in Europa, di cui il diritto comunitario costituisce parte integrante. Per esempio, un giudice commerciale francese di primo grado osserva che il diritto comunitario non deve essere considerato un ambito riservato a un'élite di specialisti, ma piuttosto un elemento della vita quotidiana dei giuristi e dei giudici. Analogamente un giudice amministrativo tedesco afferma che il diritto comunitario debba diventare naturale nella coscienza dei giudici e del pubblico. Un rispondente tedesco di un tribunale specializzato in cause finanziarie ritiene che, di fatto, il giudice abbia un'enorme responsabilità nei confronti del diritto comunitario. Nelle cause in cui entrano in gioco i diritti dei cittadini, questi possono contare su vari strumenti comunitari, tuttavia, nel caso in cui, per esempio, sia violata la direttiva "Habitat"[17], l'ambiente non può "far sentire la propria voce" in modo analogo e pertanto il giudice deve essere particolarmente vigile.

Un altro giudice ritiene che i punti di vista nazionali sul ruolo del sistema giudiziario debbano essere in qualche misura ravvicinati, dato che attualmente le differenze regionali sono notevolissime. Viene affermato che tale interpenetrazione sia avvenuta molto tempo fa per i giuristi. Un giudice francese afferma che una maggiore "osmosi" tra i tribunali nazionali e comunitario possa condurre alla creazione di una cultura giudiziaria comune in Europa.

(v) e-Learning

La questione dell'e-learning è emersa occasionalmente nelle risposte ricevute. Un giudice sloveno afferma che alcuni giudici più anziani non hanno familiarità con le nuove tecnologie e preferiscono la carta stampata. Vari giudici vedono comunque in Internet uno strumento potenzialmente utile per l'autoformazione. Viene inoltre sottolineato che tale strumento dovrebbe essere complementare rispetto ai contatti personali tra i giudici, non sostituirli.

(vi) Osservazioni specifiche in merito all'ERA

Vari giudici commentano specificamente i seminari offerti dall'ERA. Il feedback è che tali corsi siano buoni o essenziali, ma che occorre affrontare la questione del finanziamento della partecipazione a tali corsi, vale a dire il medesimo commento riferito in precedenza circa la formazione in generale.

(vii) Una scuola europea per i giudici

Tre giudici hanno ventilato l'idea di un'agenzia o organo europeo che abbia lo scopo di offrire corsi di formazione in diritto comunitario a livello europeo, senza sostituire il ruolo fondamentale delle autorità nazionali. Un rispondente portoghese chiede che tali corsi europei siano obbligatori e che gli organi di formazione nazionali prendano esempio dai corsi europei offerti. Il giudice di una suprema corte amministrativa ritiene che la creazione di tale organo sia essenziale per trasformare il diritto comunitario in "diritto vivente", vale a dire un diritto che sia applicato a livello nazionale. Il rispondente sottolinea che purtroppo gli esperti nazionali di diritto comunitario nelle amministrazioni e nei tribunali non sono, spesso, tra coloro che portano ad applicare il diritto comunitario nel concreto.

(viii) Armonizzazione del modo in cui sono elaborate le sentenze

Un giudice francese raccomanda di studiare (e in qualche misura di armonizzare) le tecniche di stesura delle sentenze utilizzate in ciascuno Stato membro.

c) Migliore accesso alle informazioni

(i) Maggiori informazioni in generale

Molti giudici chiedono maggiori informazioni sul diritto comunitario. Il timore generale è quello di non essere idoneamente informato in uno specifico settore, considerato che il diritto comunitario è un corpus legislativo in rapida evoluzione. Il pericolo di saturare i giudici è sottolineato anche da alcuni rispondenti, per i quali occorre trovare un equilibrio tra la mancanza cronica di informazioni da un lato, e una marea di documenti dall'altro. Un giudice austriaco, per esempio, ritiene che le informazioni relative al diritto comunitario disponibili su Internet siano presentate in maniera disordinata, non chiarendo se un determinato documento è l'ultima versione disponibile oppure se si tratti di un testo già obsoleto.

Le informazioni sono richieste nella lingua madre del giudice. Si fa spesso menzione di informazioni specifiche in merito alla procedura di rinvio pregiudiziale, oltre che circa gli ultimi sviluppi del diritto comunitario e in merito alla divisione delle competenze tra Stati membri e la Comunità.

(ii) Letteratura accademica o specializzata

Molti giudici, in particolare dai "nuovi" Stati membri (in ordine decrescente di frequenza: Polonia, Slovenia, Lituania, Ungheria), affrontano vari aspetti relativi al mondo accademico e alla ricerca. Un giudice di corte suprema sottolinea la difficoltà di accedere alle opere accademiche pubblicate in altri Stati membri. Un giudice finanziario in Germania si dichiara d'accordo e commenta la mancanza di collegamenti transfrontalieri nella ricerca nell'ambito del diritto comunitario. Inoltre, i libri sul diritto comunitario sono molto costosi e non facilmente reperibili da parte del pubblico. Un giudice polacco aggiunge che attualmente, il suo tribunale non può permettersi l'acquisto di tali libri considerato il loro prezzo.

I rispondenti sono decisamente del parere che qualunque commentario o libro accademico essenziale dovrebbe essere accessibile nella lingua del giudice, indipendentemente dalla diffusione di tale lingua. Un giudice chiede la traduzione, finanziata dalla Comunità, di una serie di pubblicazioni selezionate.

Infine, sia un magistrato che opera in qualità di consulente di una corte di cassazione, sia un giudice di primo grado sollecitano l'ulteriore sviluppo della letteratura accademica nel settore del diritto comunitario. Per esempio, il diritto comunitario non viene rappresentato a sufficienza nelle riviste giuridiche nazionali e spesso viene pubblicato troppo tardi.

(iii) Newsletter tematiche regolari

Un numero elevato di rispondenti chiede una newsletter periodica relativa a questioni di diritto comunitario, ma anche a sentenze pronunciate in altri Stati membri e che abbiano pertinenza ai fini del loro ambito di competenza. L'attenzione si è concentrata in particolare su una risorsa inviata via e-mail, anche se vari giudici manifestano una preferenza per le versioni cartacee. La newsletter deve essere inviata con regolarità (per esempio tre o quattro volte all'anno), in un formato leggero e compatto e soprattutto deve essere mirata in modo efficiente e quindi interamente pertinente per i giudici nazionali. Un giudice tedesco di secondo grado pena che una newsletter specializzata incoraggerebbe i giudici a mantenersi aggiornati nel loro settore specifico senza dover passare attraverso una massa di materiali prevalentemente irrilevanti.

(iv) Database di sentenze

Vari giudici commentano la carenza di informazioni sulla giurisprudenza degli Stati membri diversi dal loro. Menzionano l'idea di un database che raccolta le sentenze o le massime dei tribunali nazionali che attengono al diritto comunitario. Un giudice di corte suprema afferma che attualmente manca un database completo e che le informazioni sulle sentenze straniere dovrebbe comunque essere gratuite e accessibili nella lingua di origine e in inglese. Tra gli altri suggerimenti si possono menzionare una rete di database nazionali e una struttura che consenta ai giudici nazionali di tutti gli Stati membri di caricare le loro sentenze nel database europeo. Un giudice sottolinea gli sforzi dell'International Association of Refugee Law Judges il cui database ha incontrato molte difficoltà a causa della mancanza di finanziamenti[18]. Infine, un giudice tedesco ritiene che il database Jurifast, disponibile sul sito dell'Associazione dei consigli di Stato e delle supreme giurisdizioni amministrative dell'Unione europea[19], contenga informazioni adeguata circa le sentenze in altri Stati membri. Inoltre, fornisce un buon quadro di riferimento circa le richieste pendenti di pronuncia pregiudiziale e sull'applicazione delle pronunce pregiudiziali da parte dei tribunali nazionali.

(v) Integrazione del diritto comunitario nei codici e nei libri di testo nazionali

Numerosi rispondenti di tribunali di primo grado francesi e tedeschi chiedono che la normativa comunitaria e la relativa giurisprudenza sia integrata nei codici nazionali e nei libri di testo e commentari dei praticanti, considerato che finora ciò non è avvenuto adeguatamente. Il giudice di una suprema corte regionale tedesca è del parere che se il diritto comunitario fosse collegato in maniera più evidente al diritto nazionale in tali testi di riferimento, allora non verrebbe percepito come un ordinamento giuridico totalmente distinto da quello nazionale.

(vi) Miglioramento della funzione di ricerca di Curia e Eur-lex

Alcuni rispondenti chiedono funzioni di ricerca di più agevole utilizzo per accedere alla legislazione e alle sentenze della CGE. Vengono proposti vari suggerimenti in proposito, tra cui la ricerca per parole chiave all'interno delle sentenze, una ricerca maggiormente "legata ai problemi" e la modernizzazione della veste dei motori di ricerca.

Infine, un rispondente suggerisce di rendere le sentenze maggiormente interattive, consentendo ai lettori di fare clic sui riferimenti delle cause di tutte le sentenze e di potersi collegare direttamente a tale sentenza, piuttosto di dover eseguire una nuova ricerca. Un ulteriore suggerimento è quello di rendere disponibili vecchi pareri degli avvocati generali, che non sempre sono reperibili online.

(vii) Maggiore consapevolezza e migliore visibilità del diritto comunitario

Per vari rispondenti di Svezia, Cipro e Spagna è importante che il diritto comunitario sia maggiormente visibile sui mass media nazionali; occorre inoltre spiegare in che modo questo corpus legislativo interessa la vita quotidiana dei cittadini dell'Unione europea.

(viii) Interoperabilità dei database nazionali e comunitari

Invece della creazione di un database europeo, come proposto in precedenza alla sezione 7, paragrafo c, punto iv), due giudici propongono una migliore integrazione delle funzioni di ricerca del diritto comunitario all'interno dei database giuridici nazionali, ben conosciuti e utilizzati spesso, come il sistema informativo giuridico tedesco Juris.

d) Miglioramenti nelle modalità di elaborazione della legislazione comunitaria

(i) Legiferare meglio

Una percentuale molto elevata di rispondenti (71%) propone modifiche a livello comunitario circa le modalità di elaborazione delle leggi.

Una serie di risposte insiste sul fatto che il linguaggio e la struttura della legislazione deve essere più chiaro e più sistematico. Un giudice di primo grado della Bulgaria, al pari di molti altri rispondenti, esprime l'auspicio che si proceda a una maggiore semplificazione, a un'attenuazione delle ambiguità e a una maggiore precisione nella normativa. Un giudice di primo grado tedesco propone di evitare un eccessivo ricorso ai riferimenti incrociati con la normativa precedente. Un giudice francese di primo grado commenta che la complessità degli atti e delle formulazioni comunitari talora raggiunge livelli "surrealistici" e che il regolamento concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali[20] e il regolamento Bruxelles II "bis" ne costituiscono due esempi. Due rispondenti osservano che l'applicazione ratione temporis del regolamento e in particolare delle direttive è difficile da accertare e viene presentata in modo tale da non fornire nessun aiuto. Un giudice specializzato in ambito finanziario raccomanda, inoltre, di semplificare le denominazioni ufficiali delle direttive e dei regolamenti, considerati inadatti a essere utilizzati come riferimenti nelle sentenze. Un altro aspetto sottolineato con riferimento al linguaggio è che deve essere utilizzato in modo più coerente nei diversi strumenti legislativi. Tuttavia, in giudice tedesco ritiene che l'ambiguità e la complessità costituiscono un prodotto inevitabile della indisponibilità degli Stati membri ad armonizzare i rispettivi ordinamenti giuridici, anche in misura modesta.

Un giudice di ultima istanza specializzato in brevetti sottolinea il fatto che alcune disposizioni sono state inserite negli atti normativi comunitari all'ultimo minuto. Spetta comunque al legislatore comunitario accertarsi che tali aggiunte dell'ultimo minuto siano compatibili con l'acquis e che si integrino in un sistema normativo logico.

I lunghi preamboli di alcuni atti comunitari sono criticati come superflui da vari giudici.

Due giudici chiedono un ricorso più diffuso ai regolamenti rispetto alle direttive, per motivi di certezza del diritto e di chiarezza. Vari rispondenti chiedono maggiore trasparenza da parte del Consiglio e del Parlamento durante il processo legislativo al fine di aiutare l'interpretazione teleologica degli atti normativi, una volta adottati.

Infine, un giudice che ha partecipato, in qualità di esperto, alla rete del quadro comune di riferimento nel settore del diritto contrattuale europeo, ritiene che sia necessaria una consultazione più sistematica dei giudici da parte della Commissione prima di avanzare proposte legislative.

(ii) Codificazione e compendi ufficiali di diritto comunitario

L'idea di codificare il diritto comunitario, evitando in tal modo la necessità di fare riferimento a fonti multiple per risolvere un problema di diritto viene proposta frequentemente dai giudici francesi e tedeschi (22%). Molti giudici lo considerando un elemento di uno sforzo più vasto di semplificazione del diritto comunitario e di garanzia di un migliore accesso alle informazioni.

(iii) Migliore traduzione degli atti normativi e delle sentenze della CGE

Un piccolo numero di giudici polacchi e un giudice finlandese (complessivamente il 6% delle risposte legate a questo tema) vorrebbero una migliore traduzione degli atti normativi comunitari e delle sentenze.

e) Miglioramento della conoscenza delle lingue straniere da parte dei giudici

I giudici di un'ampia varietà di Stati membri, tra cui in particolare i "nuovi" Stati membri, sono favorevoli ad attribuire la priorità alla formazione linguistica dei giudici. Un numero elevato tra i rispondenti che avanzano altri suggerimenti menzionano questo aspetto come suggerimento ulteriore. Infatti, un giudice sloveno ritiene tale aspetto di estrema urgenza, mentre un giudice polacco osserva che la scarsa conoscenza di altre lingue costituisce un problema fondamentale, che impedisce i progressi su altri fronti.

Un giudice italiano osserva che la conoscenza della lingua costituisce una condizione preliminare ai contatti diretti tra giudici in vari Stati membri che, a sua volta, costituisce la base della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale. Un giudice tedesco fa riferimento a tale concetto per suggerire l'idea di un modello che indichi la conoscenza linguistica di tutti i giudici in un particolare settore, per agevolare la cooperazione transfrontaliera attraverso strumenti quali il regolamento sull'assunzione dei mezzi di prova.

Un giudice austriaco si chiede se i corsi di lingue debbano essere resi obbligatori per i giudici o i praticanti. Tutti i rispondenti concordano, in linea con le risposte precedenti relative alla formazione giuridica, che tali corsi debbano essere gratuiti per i partecipanti.

Infine, un giudice del Regno Unito lancia un monito contro l'insularità linguistica, ma ricorda anche i fondi limitati a disposizione dei giudici[21]. Mostra scarso interesse a utilizzare la sua varia esperienza linguistica e non approfondisce ulteriormente la questione, attenendosi alla legge nazionale.

f) Miglioramenti da parte delle autorità nazionali e del sistema giudiziario

(i) Migliore recepimento e attuazione del diritto comunitario

La risposta più popolare che attiene al ruolo delle autorità nazionali (42%) è la richiesta di un migliore recepimento e attuazione del diritto comunitario a livello nazionale. La trasposizione deve essere tempestiva e completa. Due giudici lanciano un monito contro i rischi del cd. "gold plating", vale a dire l'aggiunta di requisiti ulteriori nella misure di recepimento nazionali non contenuti nella direttiva originale. Vari giudici, incluso un giudice francese di corte d'appello ritengono sia essenziale pubblicare tabelle che indichino dove ciascuna parte di una data direttiva sia stata recepita nel diritto nazionale. Infine un giudice suggerisce di richiedere la pubblicazione della direttiva insieme all'atto o allo strumento nazionale con cui è stata recepita, al fine di sensibilizzare circa la fonte dell'atto normativo nazionale.

(ii) Più tempo a disposizione per la formazione

Molti giudici (31%) sottolineano che la creazione di opportunità di formazione è inefficace se il carico di lavoro dei giudici è tale da rendere impossibile trovare il tempo di partecipare a tale formazione. Vari rispondenti ritengono di avere un carico di lavoro eccessivo e di trovarsi in una situazione professionale ben poco invidiabile. Un giudice osserva che la formazione in tema di diritto comunitario non viene tenuta in considerazione le promozioni e le nomine e questo è un chiaro disincentivo ad apprendere di più circa il diritto comunitario.

(iii) Un organo all'intero del ministero per aiutare i giudici con le questioni legate al diritto comunitario

Una piccola minoranza di giudici ritiene che un organo specializzato, formato all'interno del loro ministero nazionale della Giustizia, si troverebbe nella posizione ideale per aiutarli. I giudici di ogni grado e ordine si potrebbero rivolgere a tale orano per domande specifiche circa le ricerche oppure per richieste urgenti.

(iv) Giudici specializzati all'interno dei tribunali nazionali e giudici "di collegamento"

Vari giudici svedesi di primo grado ritengono che sia buona prassi per qualunque giudice mantenersi aggiornato in un settore specifico (compreso il diritto comunitario) e rispondere alle domande attinenti rivolte dai loro colleghi. Un'altra idea è quella dei coordinatori per il diritto europeo all'interno dei tribunali, come avviene in Olanda.

Un giudice belga propone che il suo paese importi il ruolo del giudice di collegamento per agevolare la collaborazione tra i tribunali n caso di controversie transfrontaliere, per esempio legate al diritto di famiglia, come già avviene in alcuni Stati membri.

(v) e-Justice

Un rispondente di un tribunale polacco incoraggia lo sviluppo della "e-Justice" e, in particolare, un maggiore ricorso alla tecnologia informatica nel sistema giudiziario.

(vi) Ruolo delle corti supreme nazionali

Vari giudici di primo grado ritengono che le corti supreme nazionali dovrebbero compiere maggiori sforzi per allineare la loro giurisprudenza a quella della Corte di giustizia che, in alcuni casi, tutela meglio i consumatori.

g) L'UE deve "fare di meno e meglio"

(i) Minore legiferazione, maggior ricorso alla sussidiarietà

Un gran numero di giudici chiede che l'UE legiferi di meno e che la CGE sia meno attivista nella sua interpretazione dei trattati e del diritto derivato. Un eccesso di leggi viene considerato già di per sè "ingiusto" per i cittadini e alcuni giudici lo trovano fonte di timore. Qui la parola chiave è autolimitazione, in particolare a livello legislativo, attraverso un'applicazione più rigorosa del principio di sussidiarietà. I settori in cui l'attività giudiziaria viene considerata eccessiva includono le questioni sanitarie e l'imposta sui profitti non armonizzata.

(ii) Abolizione dell'applicabilità diretta

Solo pochi dei rispondenti ritengono sia difficile applicare il principio dell'applicabilità diretta. Per esempio, un giudice ritiene che sia estremamente difficile spiegare a una delle parti che ha perso la causa, benché abbia rispettato scrupolosamente la legislazione nazionale. Tali rispondenti raccomandano pertanto di tornare a un sistema strettamente dualistico, sulla base del quale il diritto comunitario produrrà effetti giuridici esclusivamente attraverso le leggi di recepimento nazionali. La procedura di violazione sarebbe l'unico strumento a disposizione della Commissione per assicurarsi che gli Stati membri abbiano adempiuto correttamente gli obblighi conferiti loro dai trattati, mentre i singoli cittadini non avrebbero alcun ruolo in questo processo internazionale.

h) Miglioramenti a livello di CGE

(i) Forma e stile delle sentenze

Molti giudici hanno difficoltà a capire le sentenze della CGE. Il punto più criticato dai giudici tedeschi è la mancanza di un ragionamento sistematico e di una coerenza interna ed esterna delle pronunce, benché un rispondente affermi che i giudici del suo paese se ne preoccupano eccessivamente. Molti lamentano il fatto che lo stile della CGE sia molto diverso dallo stile adottato a livello nazionale e ciò significa che lo studio delle sentenze della CGE richiede sforzi straordinari. Un giudice britannico ritiene inoltre che le sentenze della CGE siano talvolta poco trasparenti e ritiene che le pronunce della Corte sarebbero più facilmente applicabili a livello nazionale se adottassero uno stile più completo e più chiaro, come avviene nei pareri degli avvocati generali.

(ii) Contatti più stretti con i giudici nazionali

Vari giudici di ogni grado pensano che un maggior dialogo tra tribunali nazionali e comunitari sia essenziale per garantire una migliore applicazione del diritto comunitario da parte dei sistemi giudiziari nazionali. Ciò ripete essenzialmente il forte desiderio manifestato dai giudici nazionali di un maggiore coinvolgimento in tutte le fasi della procedura di pronuncia pregiudiziale (cfr. sezione 4, paragrafo g, punto iv)) e di intrattenere maggiori contatti con i giudici e i funzionari della CGE nel quadro della loro formazione.

Altri punti che riguardano il sito Web della CGE sono già stati affrontati alla sezione 7, paragrafo c, punto vi).

i) Formazione degli avvocati

Considerato il fatto che molti giudici fanno affidamento sulle parti affinché facciano valere aspetti attinenti al diritto comunitario (cfr. sezione 6, paragrafo b, punto i)), numerosi rispondenti (6%) ritengono naturale che occorrerebbe rivolgere maggiore attenzione alla formazione degli avvocati che alla loro. Se gli avvocati facessero valere maggiormente il diritto comunitario laddove fosse pertinente ai fini delle loro istanze, i giudici sarebbero portati più spesso a prendere in esame tali aspetti.

Tuttavia, resta ancora molto da fare. Secondo un giudice d'appello belga, la maggior parte degli avvocati non ha ancora assimilato l'esistenza dell'ordinamento giuridico comunitario e vede l'UE più come un apparato burocratico che come un legislatore. Il giudice di una suprema giurisdizione amministrativa sottolinea con disappunto che l'associazione nazionale degli avvocati ha smesso di offrire corsi in diritto comunitario perché la richiesta di tali corsi era insufficiente e pertanto eccessivamente costosa.

j) Modifica delle caratteristiche fondamentali dell'Unione

Una percentuale molto piccola di giudici suggerisce modifiche più radicali alla struttura costituzionale dell'Unione europea. Il candidato più popolare al cambiamento è il regime linguistico dell'Unione, con vari giudici che chiedono che l'inglese sia l'unica lingua di lavoro dell'Unione o persino l'unica lingua facente fede degli atti comunitari, al fine di agevolare le comunicazioni tra giudici ed eliminare qualunque problema legato alle traduzioni e all'interpretazione autentica. Infine, un giudice suggerisce di fondere i trattati CE e UE in un unico trattato, come proposto nel trattato costituzionale firmato nel 2004[22].

8. Copia del questionario inviato ai giudici nazionali

COMMITTEE ON LEGAL AFFAIRS

IL RUOLO DEL GIUDICE NAZIONALE NEL SISTEMA GIUDIZIARIO DELL'UNIONE EUROPEA

QUESTIONARIO

Si prega di cerchiare la risposta corretta e di fornire spiegazioni ove necessario.

Il questionario è anonimo.

I. Accesso al diritto comunitario

A. Sa come avere accesso al diritto comunitario? - No

In caso affermativo, come accede al diritto comunitario?

· accesso tramite Internet: EUR lex - CURIA - Altro: _______________________________

· informazioni fornite / formazione organizzata dalle autorità nazionali

· informazioni fornite / formazione organizzate da reti europee

· altro:____________________________________________________________

B. Con quale frequenza consulta la giurisprudenza della CGE?

· Regolarmente / raramente / mai

II. Informazioni e formazione

A. Ritiene che la lingua rappresenti una barriera che impedisce un'adeguata informazione in materia di diritto comunitario? - No

· Ritiene che sia particolarmente difficile avere accesso alle informazioni nella sua lingua? Fornisca dettagli: _____________________________________________

· Ha mai partecipato a un corso di lingue attinente a questioni giuridiche? - No. In caso affermativo, fornisca dettagli: ________________________________________

B. Ha mai partecipato a un programma di formazione europeo quale TAIEX/ REFG / ERA ecc.? - No

In caso affermativo, risponda alle seguenti domande:

· Nome del programma: ____________________________________________

· La sua partecipazione è stata finanziata? - No

o In caso affermativo, in quale percentuale? ____________ %

o Ritiene che il suo contributo finanziario sia stato dispendioso? - No

o Ritiene che la sua partecipazione alle sessioni di formazione debba essere gratuita? - No

· La partecipazione a tali sessioni di formazione era soggetta a condizioni? - No

o In caso affermativo, quali?: ______________________________________________

· Quante volte ha partecipato a tali sessioni di formazione? ____________x

C. Conosce qualche programma nazionale di formazione in materia di diritto comunitario? - No

In caso affermativo, quale?: ______________________________________________________

Ha mai partecipato a tali programmi nazionali? - No

In caso affermativo, risponda alle seguenti domande:

· Nome del programma: ____________________________________________

· La sua partecipazione è stata finanziata? - No

o  In caso affermativo, in quale percentuale? _______ __ %

o Ritiene che il suo contributo finanziario sia stato dispendioso? - No

o Ritiene che la sua partecipazione alle sessioni di formazione debba essere gratuita?? - No

· La partecipazione a tali sessioni di formazione era soggetta a condizioni? - No

o In caso affermativo, quali: _______________________________________________

· Quante volte ha partecipato a tali sessioni di formazione? ____________x

D. Esistono reti nazionali a livello giudiziario o ministeriale per informare i giudici circa:

· le richieste di pronuncia preliminare dei tribunali nazionali? - No

· la giurisprudenza pertinente dei tribunali di altri Stati membri? - No

· la giurisprudenza della CGE? - No

III. Pronuncia pregiudiziale

A. Qual è il suo grado di familiarità con la procedura di presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia europea?

· Molta familiarità / Familiarità / Nessuna familiarità

B. Ha mai presentato una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia europea? - No

In caso affermativo, risponda alle seguenti domande:

· Quanto tempo è stato necessario per la procedura (dalla domanda alla pronuncia della CGE)?

o Ritiene che una qualunque parte della procedura sia stata troppo lunga? In caso affermativo, fornisca maggiori dettagli: _________________________________________________

· I suoi quesiti sono stati sostanzialmente riformulati dalla Corte? - No

o In caso affermativo, in quale misura? __________________________________________

· Ha avuto un sostegno adeguato per formulare il quesito sottoposto? - No

o In caso affermativo, da dove? ____________________________________________

· In che modo la risposta della Corte di giustizia ha influenzato il procedimento nazionale; è stato facile applicarla ai fatti? ___________________________

C. Secondo il diritto nazionale, le parti di un processo che si svolge dinanzi a una corte di grado inferiore possono chiedere una pronuncia pregiudiziale alla CGE? - No

In caso affermativo,

· tale richiesta può essere respinta? - No

· il diniego deve essere motivato? - No

D. Un giudice nazionale del suo Stato membro può presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia europea di propria iniziativa (senza istanza di parte)? - No

· Nel suo Stato membro, la decisione di una corte inferiore di presentare autonomamente una richiesta di pronuncia pregiudiziale è soggetto ad appello? - No

o In caso affermativo, in quali circostanze? ________________________________

E. Nel suo Stato membro esistono organi specifici pensati per aiutare i giudici a presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia europea? - No

o In caso affermativo, specificare: __________________________________________

IV. Procedure nazionali

A. Nel suo Stato membro esistono disposizioni specifiche che riguardano l'applicazione della normativa comunitaria e dei principi generali del diritto comunitari, tra cui:

· l'interpretazione conforme al diritto comunitario? - No

o in caso affermativo, spiegare: ______________________________________

· il potere di disapplicare la legge nazionale contraria al diritto comunitario?

- No

o In caso affermativo, spiegare: ______________________________________

B. Secondo la sua esperienza, con quale frequenza il diritto comunitario viene fatto valere dalle parti?

· Molto spesso / Spesso / Occasionalmente / Raramente / Mai

In caso affermativo, quali sono i settori maggiormente interessati e perché?___________________

C. Un giudice nazionale del suo Stato membro può sollevare questioni di diritto comunitario di propria iniziativa (senza istanza di parte)? - No

In caso affermativo, in che misura ciò si verifica nella pratica (potrebbe fornire esempi concreti)?

V. Domande generali

A. Come considera il suo ruolo di "primo giudice del diritto comunitario" nell'ambito della sua attività lavorativa quotidiana?

B. Raccomanderebbe miglioramenti al meccanismo della pronuncia pregiudiziale?

C. Secondo lei cosa sarebbe d'aiuto per comprendere e applicare meglio il diritto comunitario?

D. Aggiunga pure tutti i commenti e i suggerimenti che desidera.

(FINE)

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

29.5.2008

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

22

0

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Carlo Casini, Bert Doorn, Monica Frassoni, Giuseppe Gargani, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Neena Gill, Piia-Noora Kauppi, Katalin Lévai, Antonio Masip Hidalgo, Hans-Peter Mayer, Manuel Medina Ortega, Aloyzas Sakalas, Francesco Enrico Speroni, Diana Wallis, Jaroslav Zvěřina, Tadeusz Zwiefka

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Sharon Bowles, Luis de Grandes Pascual, Sajjad Karim, Georgios Papastamkos, Gabriele Stauner, Jacques Toubon

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Mario Mauro

  • [1]  Il presente documento contiene l'analisi, effettuata dalla relatrice, delle singole risposte dei giudici, che hanno espresso il loro punto di vista personale e le loro esperienze con riferimento al diritto comunitario, in risposta a un questionario inviato nella seconda metà del 2007. L'analisi in questione non ha pertanto ambizioni di esaustività, né cerca di presentare fatti obiettivi o una "scheda di valutazione" analoga a quelle sviluppate dalla Commissione europea. Ai fini della presente relazione, i riferimenti al diritto comunitario ricomprendono anche la normativa dell'Unione europea.
  • [2]  Intesa nella sua accezione più ampia, comprensiva del Tribunale di primo grado e del Tribunale della funzione pubblica.
  • [3]  La newsletter è disponibile all'indirizzo http://oami.europa.eu/en/office/press/default.htm.
  • [4]  Corte di giustizia, relazione annuale 2006, tabella 8, pag. 87.
  • [5]  Regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale; la guida è disponibile all'indirizzo:
    http://ec.europa.eu/civiljustice/evidence/docs/evidence_ec_guide_it.pdf
  • [6]  L'Atlante giudiziario europeo in materia civile è consultabile all'indirizzo:
    http://ec.europa.eu/justice_home/judicialatlascivil/html/index_it.htm
  • [7]  La procedura accelerata è prevista all'articolo 104a del regolamento della CGE, mentre il nuovo articolo 104b introduce una procedura urgente e stabilisce le regole applicabili ad essa.
  • [8]  Cfr. per esempio C-283/81 CILFIT, ECR [1982] pag. 3415 ai paragrafi 16-20.
  • [9]  Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, GU L 229, 29.6.2004, pag. 35.
  • [10]  Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, GU L 157 del 30.4.2004, pag. 16.
  • [11]  Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, GU L 012 del 16.1.2001, pag.1.
  • [12]  Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (80/934/CEE), GU L 266 del 9.10.1980, pag. 1.
  • [13]  Direttiva 2003/8/CE del Consiglio intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie, GU L 26, 31.1.2003, pag. 41.
  • [14]  Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità parentale, GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1.
  • [15]  Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 1997 riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, GU L 144, 04.06.1997, pag. 19.
  • [16]  Regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000 relativo alla notifica e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale, GU L 160 del 30.6.2000, pag. 37.
  • [17]  Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7.
  • [18]  Il database è disponibile all'indirizzo: http://www.iarlj.nl/Database/searchform_English.htm
  • [19]  Il database è disponibile all'indirizzo: http://www.juradmin.eu/en/jurisprudence/jurifast/jurifast_en.php
  • [20]  Regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali, GU L 227 dell'1.9.1994, pag. 1.
  • [21]  Cfr. l'edizione 2006 della relazione Sistemi giudiziari europei della Commissione per l'efficacia della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d'Europa, p.17-44.
  • [22]  Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, GU C 310 del 16.10.2004, pag. 1