RELAZIONE recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini
10.10.2008 - (2008/2012(INI))
Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
Relatore: Edit Bauer
(Iniziativa – Articolo 39 del regolamento)
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini
Il Parlamento europeo,
– visto l'articolo 192, paragrafo 2, del trattato CE,
– visti gli articoli 2 e 141, paragrafo 3, del trattato CE,
– vista la comunicazione della Commissione "Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini" (COM(2007)0424),
– vista la relazione della rete di esperti giuridici della Commissione in materia di occupazione, affari sociali e parità tra donne e uomini,
– visto il patto europeo per la parità di genere, adottato dal Consiglio europeo di Bruxelles del 23 e 24 marzo 2006,
– vista la giurisprudenza della Corte di giustizia europea basata sull'articolo 141 del trattato CE,
– viste le disposizioni della Convenzione sul lavoro a tempo parziale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del 1994, che fa obbligo agli Stati di inserire nei loro contratti di appalti pubblici una clausola relativa al lavoro che includa la parità retributiva,
– visto l'articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre con la risoluzione 34/180,
– visto il quadro d'azione sulla parità di genere adottato dalle parti sociali europee,
– viste le sue risoluzioni del 13 marzo 2007 su una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010[1] e del 3 settembre 2008 sulla parità tra le donne e gli uomini – 2008[2],
– visti gli articoli 39 e 45 del regolamento,
– vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A6‑0389/2008),
A. considerando che nell'Unione europea le donne guadagnano in media il 15% in meno degli uomini e fino al 25% in meno nel settore privato; considerando che negli Stati membri il divario di retribuzione tra donne e uomini varia tra il 4% e più del 25% e che questo divario non tende a ridursi in modo significativo,
B. considerando che una donna deve lavorare fino al 22 febbraio (ossia 418 giorni di calendario) per guadagnare quanto un uomo guadagna in un anno,
C. considerando che l'applicazione del principio di parità retributiva per lo stesso lavoro e per un lavoro di pari valore è essenziale per conseguire la parità di genere,
D. considerando il perdurare del divario di retribuzione tra donne e uomini dimostrato dai dati esistenti, che indicano progressi assai lenti (con una riduzione dal 17% nel 1995 al 15% nel 2005), nonostante il ragguardevole corpus legislativo in vigore da più di trent'anni, i provvedimenti adottati e le risorse impiegate per cercare di ridurlo, il che comporta la necessità di analizzarne le cause e di presentare linee d'azione finalizzate al superamento di detto divario e della segregazione del mercato del lavoro femminile a cui esso si accompagna,
E. considerando che in tutti gli Stati membri le donne presentano tassi di successo scolastico superiori a quelli degli uomini e rappresentano la maggioranza dei laureati, senza tuttavia beneficiare di una riduzione comparabile del divario di retribuzione,
F. considerando che il divario di retribuzione è dovuto alla discriminazione diretta e indiretta, nonché a fattori sociali ed economici, alla segregazione del mercato del lavoro e alla struttura salariale nel suo complesso, e che è anche legato a un certo numero di elementi d'ordine sia giuridico, sia sociale o economico, che vanno ben oltre la sola questione della parità di retribuzione per uno stesso lavoro,
G. considerando che il divario di retribuzione non è semplicemente basato sui differenziali retributivi orari lordi, che dovrebbe tener conto anche di elementi quali le integrazioni retributive individuali, l'inquadramento professionale, l'organizzazione del lavoro, l'esperienza professionale e la produttività, da valutarsi in termini non solo quantitativi (ore di presenza fisica sul luogo di lavoro) ma anche qualitativi, nonché in termini di impatto sugli automatismi retributivi delle riduzioni dell'orario di lavoro, dei congedi e delle assenze per motivi di cura,
H. considerando che la riduzione del divario di retribuzione era uno degli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, che tuttavia la maggior parte degli Stati membri non ha affrontato adeguatamente,
I. considerando che un miglioramento del quadro giuridico comunitario dovrebbe consentire agli Stati membri e alle parti sociali di identificare meglio le cause alla base del perdurare del divario di retribuzione tra donne e uomini,
J. considerando che le professioni e le funzioni in prevalenza femminili tendono a essere meno valorizzate rispetto a quelle in prevalenza maschili, senza che questo sia necessariamente giustificato da criteri oggettivi,
K. considerando che esiste un divario digitale di genere che ha evidenti ripercussioni a livello retributivo,
L. considerando che il regime salariale che prevede il computo degli anni di servizio nella retribuzione penalizza le donne che devono interrompere (più volte) la loro carriera a causa di fattori esterni, come le interruzioni delle attività professionali per i figli, le scelte professionali diverse o il lavoro a tempo parziale, e le colloca in una posizione di svantaggio permanente e strutturale,
M. considerando che le qualifiche e l'esperienza acquisite dalle donne sono meno remunerate di quelle degli uomini; considerando che assieme all'applicazione del concetto di "parità retributiva per lavoro di pari valore", che non deve essere influenzato da un approccio di genere stereotipato, occorre conseguire anche un superamento dei ruoli nella società che finora hanno influenzato in modo determinante le scelte a livello formativo e professionale; considerando inoltre che il congedo di maternità e il congedo parentale non devono comportare discriminazioni nei confronti delle donne sul mercato del lavoro,
N. considerando che il divario di retribuzione ha un grave impatto sullo status della donna nella vita economica e sociale per tutto il corso della sua vita lavorativa e oltre; considerando altresì che le donne danno un contributo alla società in modo anche diverso da quello occupazionale, per esempio prendendosi cura dei bambini e degli anziani, e pertanto spesso sono maggiormente a rischio di povertà e sono meno indipendenti sotto l'aspetto economico,
O. considerando che il divario di retribuzione è ulteriormente aggravato tra le donne immigrate, le donne disabili, le donne appartenenti a minoranze e le donne non qualificate,
P. considerando che è fondamentale disporre di dati disaggregati per genere e di un nuovo quadro giuridico che includa la prospettiva di genere, in modo tale da poter affrontare le cause delle discriminazioni retributive,
Q. considerando che l'istruzione può e deve contribuire a eliminare gli stereotipi sociali di genere,
R. considerando che la Commissione è stata ripetutamente invitata dal Parlamento a prendere iniziative, inclusa una revisione della legislazione in vigore, per contribuire a contrastare il divario di retribuzione, a eliminare il rischio di povertà tra i pensionati e a garantire loro un tenore di vita dignitoso,
S. considerando che la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) afferma che il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore costituisce una parte essenziale e imprescindibile dell'acquis comunitario, ivi inclusa la giurisprudenza della Corte di giustizia, in materia di discriminazioni sessuali, e che è dunque opportuno adottare ulteriori provvedimenti per assicurarne l'attuazione,
T. considerando che l'attuazione da parte degli Stati membri, delle parti sociali e degli organismi per la parità di misure quali quelle individuate dal "Quadro d'azione sulla parità di genere", sottoscritto dalle parti sociali nel marzo del 2005, porterebbe a un effettivo superamento del divario di retribuzione attraverso un'efficace attuazione del dialogo sociale,
U. considerando che, se si vuole individuare una strategia per superare il divario di retribuzione, la segregazione orizzontale e verticale, nonché gli stereotipi sulle mansioni e sui settori tipicamente femminili, è necessario prevedere un quadro di azioni – legislative e non – ai diversi livelli, distinguendo tra discriminazioni retributive e differenziali retributivi basati su fattori diversi dalla discriminazione diretta e indiretta, poiché sulle prime incide direttamente la normativa mentre i secondi devono essere affrontati con politiche mirate e misure specifiche,
V. considerando che la Commissione, come annunciato nella summenzionata comunicazione "Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini", sta effettuando nel corso del 2008 un'analisi del quadro giuridico comunitario sulla parità retributiva che deve coinvolgere tutte le parti interessate, e considerando che all'esito di detta analisi dovrà essere data sufficiente visibilità,
W. considerando che tra gli obiettivi figura anche la parità tra il trattamento pensionistico degli uomini e delle donne, segnatamente per quanto riguarda l'età del pensionamento,
X. considerando che l'Istituto europeo per le questioni di genere può svolgere un ruolo fondamentale,
1. chiede alla Commissione di presentargli, entro il 31 dicembre 2009 e sulla base dell'articolo 141 del trattato CE, una proposta legislativa sulla revisione della normativa esistente relativa all'attuazione del principio di parità retributiva tra donne e uomini, in linea con le raccomandazioni particolareggiate in allegato[3];
2. conferma che le raccomandazioni rispettano il principio di sussidiarietà e i diritti fondamentali dei cittadini;
3. ritiene che la proposta richiesta non avrà implicazioni finanziarie;
4. è convinto della necessità di una migliore e più tempestiva attuazione delle disposizioni della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)[4], in relazione agli organismi per la parità e al dialogo sociale, per un effettivo superamento dei divari di retribuzione da raggiungere attraverso l'attuazione da parte degli Stati membri, delle parti sociali e degli organismi per la parità di misure quali quelle individuate dal "Quadro d'azione sulla parità di genere" sottoscritto dalle parti sociali nel marzo del 2005, prevedendo la diffusione di informazioni e di guide sugli strumenti pratici (in particolare per le PMI) su come superare il divario anche rispetto ai contratti collettivi nazionali o di settore;
5. invita la Commissione a trasmettere al Parlamento un'analisi sugli atti normativi a livello di Unione europea e/o nazionale potenzialmente in grado di contribuire in maniera significativa alla riduzione del divario di retribuzione;
6. sottolinea l'importanza del negoziato e della contrattazione collettiva nella lotta alla discriminazione nei confronti delle donne, segnatamente in materia di accesso al lavoro, di retribuzione, di condizioni di lavoro, di progressione della carriera e di formazione professionale;
7. invita le istituzioni europee a organizzare una Giornata europea della parità retributiva – giornata durante la quale le donne europee riceveranno (in media) la retribuzione percepita (in media) dagli uomini nel corso di un anno – al fine di contribuire a sensibilizzare alle disparità retributive esistenti e a stimolare tutte le parti interessate ad assumere le iniziative atte a eliminare tali disparità;
8. invita le parti sociali a elaborare di comune accordo uno strumento oggettivo di valutazione del lavoro al fine di ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini;
9. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le raccomandazioni particolareggiate in allegato alla Commissione, al Consiglio nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.
- [1] GU C 301 E, del 13.12.2007, pag. 56
- [2] Testi approvati, P6_TA(2008)0399.
- [3] La direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, 75/117/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio di parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, del 19.2.1975, pag. 19) è stata inserita nella direttiva 2006/54/CE. In base alle disposizioni della direttiva 2006/54/CE, la direttiva 75/117/CEE è abrogata dal 15 agosto 2009, data che è anche la scadenza stabilita per l'applicazione di questa direttiva.
- [4] GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.
ALLEGATO ALLA PROPOSTA DI RISOLUZIONE: RACCOMANDAZIONI PARTICOLAREGGIATE SUL CONTENUTO DELLA PROPOSTA RICHIESTA
Raccomandazione 1: DEFINIZIONI
La rifusione della direttiva 2006/54/CE contiene una definizione di parità retributiva che riprende le disposizioni della direttiva 75/117/CEE. Per disporre di categorie più precise di cui avvalersi per affrontare il problema del divario di retribuzione tra donne e uomini è importante definire più dettagliatamente i diversi concetti, ovvero:
– il divario di retribuzione tra donne e uomini, tenendo conto che la definizione non dovrà limitarsi ai differenziali retributivi orari lordi;
– la discriminazione retributiva diretta;
– la discriminazione retributiva indiretta;
– il divario di pensione – in diversi pilastri dei sistemi pensionistici, come ad esempio i regimi basati sul principio della ripartizione e le pensioni professionali (divario che rappresenta una prosecuzione di quello retributivo dopo il pensionamento).
Raccomandazione 2: ANALISI DELLA SITUAZIONE E TRASPARENZA DEI RISULTATI
2.1. La mancanza di informazioni e di sensibilizzazione fra i datori di lavoro e i lavoratori in merito all'esistenza o all'eventualità di divari di retribuzione in seno all'impresa pregiudica l'applicazione del principio sancito dal trattato e dalla legislazione in vigore.
2.2. Riconoscendo la mancanza di dati statistici precisi e l'esistenza di livelli retributivi inferiori per le donne, in particolare nelle professioni tradizionalmente in prevalenza femminili, gli Stati membri dovrebbero tenere pienamente conto del divario di retribuzione tra i generi nelle loro politiche sociali trattandolo come un problema grave.
2.3. È pertanto fondamentale che nelle imprese (ad esempio in quelle con almeno 20 dipendenti) siano resi obbligatori controlli regolari in materia di retribuzione e la pubblicazione dei relativi risultati. Lo stesso obbligo deve applicarsi anche all'informazione relativa alle indennità addizionali rispetto alla retribuzione.
2.4. I datori di lavoro dovrebbero fornire ai lavoratori e ai loro rappresentanti tali risultati sotto forma di statistiche sui salari disaggregate in base al genere. Questi dati devono essere compilati a livello settoriale e nazionale in ciascuno Stato membro.
2.5. Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero perfezionare le statistiche e inserirvi dati comparabili sul divario di retribuzione tra i generi per il lavoro a tempo parziale e il divario di pensione tra i generi.
2.6. Tali statistiche dovrebbero essere coerenti, comparabili e complete al fine di abolire gli elementi discriminatori nelle retribuzioni, connessi all'organizzazione e alla classificazione del lavoro.
Raccomandazione 3: VALUTAZIONE DEL LAVORO E CLASSIFICAZIONE DELLE PROFESSIONI
3.1. Il concetto di valore del lavoro deve fondarsi sulle competenze o sulle responsabilità interpersonali, valorizzando la qualità del lavoro al fine di garantire la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini, e non dovrebbe essere caratterizzato da un approccio stereotipato che non favorisce le donne, ponendo per esempio l'accento sulla forza fisica anziché sulle competenze o sulle responsabilità interpersonali. Per tale motivo le donne devono beneficiare di informazioni, assistenza e/o formazione in sede di negoziati salariali o per quanto riguarda la classificazione professionale e le griglie salariali. I comparti economici e le aziende devono essere invitati a valutare i loro sistemi di classificazione delle professioni, alla luce dell'obbligo di integrare la dimensione di genere, e ad apportarvi le necessarie correzioni.
3.2. L'iniziativa della Commissione dovrebbe invitare gli Stati membri ad introdurre classificazioni delle professioni conformi al principio della parità tra donne e uomini, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi. Resta importante rispettare le leggi e le tradizioni nazionali riguardanti i sistemi di relazioni industriali dei diversi Stati membri. Detti elementi di valutazione e di classificazione del lavoro devono inoltre essere trasparenti e resi noti a tutte le parti interessate, agli ispettorati del lavoro e agli organismi per la parità.
3.3. Gli Stati membri dovrebbero procedere a un'analisi approfondita incentrata sulle professioni svolte in prevalenza da donne e, in stretta cooperazione con le associazioni professionali e i datori di lavoro, definire un meccanismo inteso a migliorare la condizione finanziaria dei lavoratori.
3.4. Una valutazione professionale non discriminatoria deve basarsi su nuovi sistemi di classificazione, inquadramento del personale e organizzazione del lavoro, sull'esperienza professionale e la produttività, valutate soprattutto in termini qualitativi, da cui ricavare dati e griglie di valutazione in base ai quali determinare le retribuzioni, tenendo debitamente conto del concetto di comparabilità.
Raccomandazione 4: ORGANISMI PER LA PARITÀ
Gli organismi per la parità dovrebbero svolgere un ruolo più importante ai fini della riduzione del divario di retribuzione tra donne e uomini. Tali organismi dovrebbero avere la facoltà di monitorare, elaborare relazioni e, ove possibile, attuare con maggiore efficacia e autonomia la legislazione in materia di parità di genere. Una revisione dell'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE è necessaria al fine di rafforzare il loro mandato mediante l'inclusione dei seguenti elementi:
– sostegno e consulenza alle vittime di discriminazioni retributive;
– elaborazione di studi indipendenti sul divario di retribuzione;
– pubblicazione di relazioni indipendenti e formulazione di raccomandazioni su qualsiasi argomento relativo alla discriminazione retributiva (diretta e indiretta);
– conferimento della competenza giuridica di adire un tribunale nei casi di discriminazioni retributive;
– offerta di una formazione specifica destinata alle parti sociali, oltre che ad avvocati, magistrati e difensori civici, basata su un insieme di strumenti analitici e azioni mirate, utile sia al momento della contrattazione che al momento della verifica dell'attuazione delle normative e delle politiche pertinenti al divario retributivo.
Raccomandazione 5: IL DIALOGO SOCIALE
Sono necessari ulteriori controlli in merito ai contratti collettivi, ai livelli di retribuzione applicabili e ai sistemi di classificazione professionale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori a tempo parziale e di quelli con contratti di lavoro atipici o gli straordinari/bonus (che vengono più spesso accordati agli uomini che alle donne). Le predette misure non devono riguardare solo le condizioni di lavoro primarie bensì anche le condizioni secondarie e i regimi occupazionali di sicurezza sociale (regimi di congedo e pensionistici, veicoli di servizio, custodia dei bambini, orari di lavoro flessibili ecc.). Gli Stati membri, nel rispetto delle leggi, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali, devono invitare le parti sociali a introdurre classificazioni professionali non discriminatorie, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi.
Raccomandazione 6: PREVENZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE
Deve essere fatto specifico riferimento all'articolo 26 della direttiva 2006/54/CE relativo alla prevenzione della discriminazione, onde garantire che gli Stati membri, con il coinvolgimento delle parti sociali e gli organismi per la parità, adottino:
– azioni specifiche in materia di formazione e classificazione delle figure professionali, rivolte al sistema scolastico e della formazione professionale, finalizzate a evitare e rimuovere le discriminazioni nella formazione, nella classificazione e nella valutazione economica delle competenze;
– azioni specifiche per conciliare l'attività professionale e la vita familiare e personale, relative ai servizi di infanzia e di cura e alla flessibilità dell'organizzazione e dell'orario di lavoro, nonché dispositivi relativi ai congedi di maternità, paternità, parentali e familiari, prevedendo in modo specifico il congedo di paternità e la sua protezione e i congedi parentali con copertura economica per entrambi i genitori;
– misure concrete e positive (a norma dell'articolo 141, paragrafo 4, del trattato), per superare il divario di retribuzione e la segregazione, messe in atto dalle parti sociali e dagli organismi per la parità ai diversi livelli contrattuali e di settore, quali: la promozione di accordi salariali per combattere le discriminazioni retributive, indagini sistematiche sulla parità di trattamento salariale, fissazione di obiettivi qualitativi e quantitativi e di parametri di riferimento, scambio delle migliori prassi;
– l'inserimento nei contratti pubblici di una clausola relativa al rispetto della parità di genere e di retribuzione e l'introduzione di un labelling specifico, quale un "certificato di qualità delle politiche di genere e retributive", da attribuire alle imprese, che comporti vantaggi in termini di accesso a misure di sostegno e fondi pubblici nazionali, locali ed europei e di punteggio all'interno delle gare di appalto.
Raccomandazione 7: INTEGRAZIONE DELLA DIMENSIONE DI GENERE
L'integrazione della dimensione di genere dovrebbe essere rafforzata inserendo nell'articolo 29 della direttiva 2006/54/CE delle indicazioni precise per gli Stati membri riguardo al principio della parità di trattamento in materia di retribuzione e per il superamento dei differenziali retributivi tra uomini e donne. La Commissione si debba attrezzare a fornire assistenza agli Stati membri e alle parti interessate rispetto ad azioni concrete per superare il divario di retribuzione tra donne e uomini attraverso:
– la costruzione di schemi di rapporti finalizzati alla valutazione dei divari di retribuzione tra donne e uomini;
– la creazione di una banca dati sulle modifiche dei sistemi di classificazione e di inquadramento dei lavoratori;
– la raccolta e diffusione delle sperimentazioni sulle riforme dell'organizzazione del lavoro;
– la definizione di linee guida specifiche sul monitoraggio dei differenziali retributivi all'interno della contrattazione collettiva, da rendere disponibili su un sito internet tradotto in diverse lingue ed accessibile a tutti;
– la diffusione di informazioni e guide circa strumenti pratici (in particolare destinati alle piccole e medie imprese) su come superare il divario anche rispetto ai contratti collettivi nazionali o di settore.
Raccomandazione 8: SANZIONI
8.1. La normativa in questo campo è, per diverse ragioni, evidentemente meno efficace e, considerando che il problema nel complesso non si può risolvere con l'aiuto delle sole leggi, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero rafforzare la normativa in vigore con sanzioni appropriate.
8.2. È importante che gli Stati membri prendano i provvedimenti necessari per assicurare che la violazione del principio di parità retributiva per lavoro di pari valore comporti sanzioni adeguate, in conformità delle disposizioni legislative vigenti.
8.3. Si ricorda che, in base alla rifusione della direttiva 2006/54/CE, gli Stati membri sono già tenuti a prevedere un indennizzo o una riparazione (Titolo III, Disposizioni orizzontali, Capo 1, articolo 18), nonché sanzioni (Capo 3, Disposizioni orizzontali generali, articolo 25) che siano "effettive, proporzionate e dissuasive". Tuttavia, queste disposizioni non sono sufficienti a evitare la violazione del principio di parità retributiva. Per questo motivo si propone di realizzare uno studio sulla possibilità, l'efficacia e gli effetti di eventuali sanzioni quali:
– l'indennizzo o la riparazione, che non devono essere limitati determinando un massimale a priori;
– sanzioni, che devono includere anche il pagamento dell'indennizzo alla vittima;
– sanzioni amministrative pecuniarie, per esempio in caso di mancata notifica e consegna obbligatoria o indisponibilità delle analisi e valutazioni di statistiche salariali disaggregate per genere (in base alla Raccomandazione 2) richieste dagli ispettorati del lavoro o dai competenti organismi per la parità;
– l'esclusione dal beneficio di prestazioni e sovvenzioni pubbliche (anche da finanziamenti comunitari gestiti dagli Stati membri) e dalle procedure di appalti pubblici, come già previsto dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE riguardanti le procedure di appalto. Le procedure di aggiudicazione di appalti e/o di gara di appalto dovranno dunque comportare obbligatoriamente una clausola relativa alla parità retributiva;
– la pubblicazione dell'elenco dei trasgressori.
Raccomandazione 9: RAZIONALIZZAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLA POLITICA DELL'UNIONE EUROPEA
9.1. Un settore di azione urgente riguarda la circostanza che il lavoro a tempo parziale è apparentemente legato a una penalizzazione retributiva. Tale situazione esige una valutazione e un'eventuale revisione della direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES – Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, il quale prevede un trattamento uguale tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale nonché misure più mirate ed efficaci nei contratti collettivi di lavoro.
9.2. Un obiettivo concreto per ridurre il divario di retribuzione va introdotto rapidamente negli orientamenti in materia di occupazione, segnatamente per quanto riguarda l'accesso alla formazione professionale e al riconoscimento delle qualifiche e delle competenze delle donne.
MOTIVAZIONE
Il quadro giuridico dell'Unione in materia di parità retributiva è piuttosto esteso. L'impatto, tuttavia, dipende dall'efficacia dell'applicazione, che può risultare problematica.
I dati segnalano un persistente divario fra le retribuzioni degli uomini e quelle delle donne. Le cifre più recenti indicano una differenza del 15% nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne e del 25% nel settore privato. Spesso si tende a spiegare il divario di retribuzione (GPG) con differenze su base individuale come l'età, l'istruzione e l'esperienza. Si ha invece prova che tali differenze hanno un influsso relativamente secondario sul perdurare del GPG.
Poiché le differenze di carattere individuale si stanno riducendo in tutta l'Unione, anche se in alcuni paesi sono tuttora rilevanti, il GPG sembra essere legato più al livello della segregazione occupazionale e all'impatto della struttura salariale. La rigidità e la persistenza del GPG sottolineano la necessità di politiche diversificate e mirate all'applicazione della normativa e alla lotta alla segregazione del mercato del lavoro.
Gli esperti concordano che la palese discriminazione retributiva diretta basata sul genere è diminuita grazie alla normativa in vigore. La discriminazione indiretta sembra essere la conseguenza del divario di retribuzione in settori caratterizzati da segregazione occupazionale. A causa del divario di retribuzione dovuto alla segregazione economica, la normativa, che è più efficace nella lotta alla discriminazione diretta, rivela una minore efficacia. La valutazione del quadro legislativo mostra alcune differenze nella normativa in merito al GPG. La direttiva 75/117/CEE e la rifusione della direttiva 54/2006/CE evidenziano un profondo cambiamento nel principio del quadro: nel 1975 il GPG era considerato una questione di competitività economica, in quanto "parte integrante della creazione e del funzionamento del mercato comune", mentre la direttiva del 2006 fa affidamento sul "principio di pari trattamento e pari opportunità".
La normativa in senso stretto ha tuttavia lo stesso scopo: scoprire le cause della scarsa efficacia.
La relazione mira a consolidare la disposizione in vigore, tenendo conto del fatto che la segregazione economica difficilmente può essere influenzata da questo tipo di normativa.
Nella definizione di retribuzione, in base alle numerose sentenze della Corte di giustizia europea, si può rilevare un cambiamento radicale. Si è verificata un'evoluzione significativa relativamente alla procedura e ai rimedi possibili, anche grazie all'influenza di politiche antidiscriminatorie.
Oltre alla normativa, in linea di principio, le risposte della politica possono essere organizzate su 3 direttrici:
1) una politica di parità retributiva che combatta la discriminazione diretta e indiretta;
2) una politica di pari opportunità, mirata a conciliare la vita familiare e professionale e a determinare modelli di occupazione continuativa;
3) politiche salariali orientate verso la riduzione delle disuguaglianze salariali e una migliore remunerazione dei lavori mal retribuiti, nei quali la presenza delle donne è predominante.
L'efficacia di questa politica mista può dipendere da peculiarità nazionali e dalle cause profonde del divario di retribuzione tra donne e uomini.
Dalle relazioni nazionali richieste dalla Commissione emerge che, in diversi Stati membri, il divario di retribuzione tra donne e uomini rappresenta una questione di basso profilo, sia a livello di dibattito pubblico che di agenda politica. Uno dei problemi principali identificati era la mancanza di una concreta "assunzione di responsabilità" sulla questione, perché nessuno si sente davvero chiamato in causa per ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini[1].
Il decentramento in atto in relazione alla determinazione dei salari può aggravare le implicazioni future. La situazione può complicarsi ulteriormente negli Stati membri dove le parti sociali sono deboli, dove il ruolo dei sindacati si sta riducendo o dove non esiste una contrattazione salariale. Mantenere l'approccio individuale al contratto di lavoro senza fornire nessun tipo di dati relativi alla remunerazione di lavori analoghi potrebbe produrre l'effetto di accrescere il divario di retribuzione tra donne e uomini.
È chiaro che il solo fatto di migliorare la normativa in vigore non può risolvere la questione di tale divario. Solo con una valida politica mista che preveda una normativa migliore e più efficace, e una chiara determinazione delle responsabilità, si può affrontare uno dei problemi più costanti riscontrati nel campo dell'uguaglianza di genere. Una normativa varata più di trent'anni fa che non ha dato risultati soddisfacenti è indice di per se stessa della necessità di migliorare la legislazione rafforzandone innanzi tutto l'efficacia.
- [1] Il divario retributivo tra i sessi – Origini e risposte della politica. Uno studio comparativo di 30 Paesi europei, CE, 2006.
PARERE della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (10.9.2008)
destinato alla commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
raccomandazioni riguardanti l'attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di retribuzione
(2008/2012(INI))
Relatrice per parere: Donata Gottardi
SUGGERIMENTI
La commissione per l'occupazione e gli affari sociali invita la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, competente per il merito, a includere:
A) i seguenti suggerimenti nella sua proposta di risoluzione:
1. condivide l'obiettivo della Commissione di analizzare le cause del divario di retribuzione tra uomini e donne e di presentare delle linee di azione finalizzate al superamento del divario e della segregazione del mercato del lavoro femminile a cui questo si accompagna; sottolinea che molte analisi e dati sono già esistenti e indicano dei progressi lenti (dal 17% del 1995 al 15% del 2005);
2. attira l'attenzione sulla necessità di assicurare che le relative statistiche siano coerenti, comparabili, suddivise per genere, complete e attrezzate a far fronte ai nuovi sistemi di classificazione e inquadramento del personale e di riforma dell'organizzazione del lavoro e ritiene che il divario retributivo non debba essere semplicemente basato sui differenziali retributivi orari lordi ma deve tener conto anche di elementi quali le integrazioni retributive individuali, le qualifiche professionali, le attitudini e competenze personali, l'organizzazione del lavoro, l'esperienza professionale e la produttività, da valutarsi in termini non solo quantitativi (ore di presenza fisica sul luogo di lavoro) ma anche qualitativi e anche dell'impatto delle riduzioni dell'orario di lavoro, dei congedi e delle assenze per motivi di cura sugli automatismi retributivi;
3. insiste sulla necessità di introdurre e promuovere misure atte a favorire la crescita e lo sviluppo professionali e lavorativi in condizioni di effettiva parità tra uomini e donne;
4. ritiene prioritario diffondere e promuovere, sia nella sfera privata che nell'ambito professionale e lavorativo, una nuova cultura basata sul principio di corresponsabilità in grado di sostituire la tradizionale ripartizione dei ruoli tra uomo e donna;
5. reputa che se si vuole individuare una strategia per superare il divario salariale, la segregazione, orizzontale e verticale, e gli stereotipi sulle mansioni e sui settori tipicamente femminili, è necessario prevedere un quadro di azioni ai diversi livelli – legislative e non – distinguendo tra discriminazioni retributive e differenziali salariali basati su fattori diversi dalla discriminazione diretta e indiretta, poiché sulle prime incide direttamente la normativa mentre i secondi devono essere affrontati con politiche mirate e misure specifiche;
6. ritiene che gli interlocutori diretti dell'azione della Commissione – e responsabili della messa in atto della strategia per il superamento del divario retributivo tra donne e uomini – non debbano essere solo gli Stati membri e le parti sociali ma anche gli organismi per la parità, che potrebbero anche far fronte alle necessità di fornire formazione specifica in materia di genere e di divario di retribuzione tra donne e uomini alle stesse parti sociali, oltre che ad avvocati, magistrati e difensori civici;
7. ritiene che, ai fini del definitivo superamento del divario retributivo, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione misure specifiche da adottare nei confronti dei datori di lavoro che violano il principio della parità retributiva;
8. ritiene che le linee di azione per ridurre il divario retributivo, anche in considerazione degli interlocutori a cui sono destinate – Stati membri, parti sociali e organismi per la parità – devono organizzarsi sostanzialmente attorno a un mix adeguato di strategie innovative per lo sviluppo di politiche economiche, del lavoro e sociali che adottino l'approccio dell'integrazione della parità di genere e prevedano:
a) politiche specifiche per conciliare lavoro, studio, integrazione o reintegrazione nel processo di apprendimento permanente con la vita familiare e personale in relazione ai servizi all'infanzia e di cura (che siano finanziariamente e facilmente accessibili e indipendenti dallo status di lavoratore e dalla tipologia contrattuale), alla flessibilità del lavoro, ai congedi di maternità, paternità, parentali e familiari – in combinazione con la possibilità di una reintegrazione senza problemi nel mondo del lavoro,
b) politiche fiscali e previdenziali, ivi comprese misure volte ad eliminare le forti penalizzazioni in ambito pensionistico cui sono soggetti i genitori che hanno interrotto la carriera o hanno lavorato a tempo parziale per alcuni periodi nonché misure specifiche per il genere finalizzate a compensare ingiusti e ingiustificati divari salariali, a migliorare la qualità dell'occupazione femminile e a fornire servizi atipici nel settore della cura della famiglia o in ambiti affini,
c) azioni specifiche all'interno dei Piani nazionali attuativi delle linee guide integrate per il ciclo di Lisbona 2008/2010, declinate sulle specificità locali di ogni paese e volte ad esplorare le possibilità per promuovere la parità attraverso i Fondi europei e garantire un'attuazione puntuale della tabella di marcia per la parità 2006/2010,
d) misure concrete e precise (secondo l'articolo 141, paragrafo 4, del trattato) per superare il divario salariale e la segregazione, messe in atto dalle parti sociali e gli organismi per la parità, ai diversi livelli contrattuali e di settore quali: l'obbligo per le parti sociali di contrattare dei piani retributivi, lo svolgimento di indagini sistematiche sulla parità di trattamento salariale, l'attuazione di piani aziendali per la parità, la fissazione di target qualitativi e quantitativi e benchmarking, lo scambio delle migliori pratiche validate dalle parti interessate e corredate dall'indicazione degli ostacoli e delle difficoltà incontrate,
e) l'inserimento della clausola del rispetto della parità di genere e retributiva all'interno dei contratti pubblici e la previsione di un labelling specifico, quale un "certificato di qualità delle politiche di genere e retributive" da attribuire alle imprese che comporti dei vantaggi in termini di accesso a misure di sostegno e fondi pubblici nazionali, locali ed europei e di punteggio all'interno delle gare di appalto, nonché l'analisi della valorizzazione di tali politiche nell'ambito dell'assegnazione dei contratti pubblici,
f) l'adozione di iniziative finalizzate all'attuazione, da parte delle imprese, di una politica di parità del genere e retributiva nel contesto di maggiore responsabilità sociale in modo da promuovere la parità e misure volte ad eliminare i pregiudizi esistenti e le discriminazioni tra i generi per quanto riguarda la competitività delle donne e le possibilità del loro inserimento professionale, in particolar modo in posizioni dirigenziali;
B) i seguenti suggerimenti nell'allegato alla sua proposta di risoluzione:
1. considera necessario dare adeguata interpretazione e attuazione degli articoli 141.1 e 141.2 del Trattato ed intervenire sulla direttiva in materia – a livello di Unione europea e/o di trasposizione e attuazione a livello nazionale – con particolare riferimento:
a) alla nozione di retribuzione e di regimi professionali, prevedendo che la determinazione di questi si attagli in modo adeguato ai dati e alla valutazione ricavabili dai nuovi sistemi di classificazione professionale,
b) al divieto di discriminazione, con specifico riferimento al divario di retribuzione tra donne e uomini ed eventualmente all'introduzione di una definizione di quest'ultimo,
c) alla classificazione professionale, prevedendo nuovi sistemi di classificazione e inquadramento del personale e organizzazione del lavoro da cui ricavare dati e griglie di valutazione su cui determinare le retribuzioni, tenendo debitamente conto del concetto di comparabilità,
d) azioni specifiche in materia di formazione e classificazione delle figure professionali, rivolte al sistema scolastico, della formazione professionale e alle parti sociali, finalizzate a evitare e rimuovere le discriminazioni nella formazione, classificazione e nella valutazione economica delle competenze,
e) alla lista di esempi di discriminazione da integrare e completare con esempi specifici e più dettagliati sulla discriminazione retributiva,
f) ai dispositivi relativi ai congedi, prevedendo in modo specifico il congedo di paternità e la sua protezione e i congedi parentali con copertura economica per entrambi i genitori, sapendo che i congedi condivisi costituiscono un elemento centrale per superare la segregazione e gli stereotipi e per ridistribuire i ruoli evitando penalizzazioni sulla progressione di carriera,
g) alle funzioni degli organismi per la parità, prevedendo un ruolo accresciuto di questi ultimi accanto alle parti sociali,
h) alle informazioni fornite dai datori di lavoro sulla parità di trattamento tra uomini e donne nell'impresa, prevedendo indicazioni più specifiche e mirate rispetto alle differenze di remunerazione, con un coinvolgimento maggiore e un ruolo specifico delle parti sociali e degli organismi per la parità;
2. è convinta della necessità di una migliore e più puntuale attuazione delle disposizioni della direttiva in materia relative agli organismi per la parità e al dialogo sociale, per un effettivo superamento dei divari salariali da raggiungere attraverso la messa in atto da parte degli Stati membri, delle parti sociali e degli organismi per la parità di misure quali quelle individuate dal "Quadro d'azione sulla parità di genere" sottoscritto dalle parti sociali nel marzo del 2005, prevedendo:
a) diffusione di informazioni e guide su strumenti pratici (in particolare per PMI) su come superare il divario anche rispetto ai contratti collettivi nazionali o di settore,
b) sviluppo di dati statistici (ricavati da metodi comprensivi di un ampio numero di variabili) specifici per il genere, trasparenti ed accessibili, a livello nazionale, settoriale e di impresa,
c) sviluppo di schemi di valutazione del lavoro che siano trasparenti, neutri dal punto di vista del genere e sulla base dei quali si possa verificare, anche su base individuale, se le job descriptions e i criteri di retribuzione non siano discriminatori,
d) una formazione specifica destinata alle parti sociali, basata su un kit di strumenti analitici e azioni mirate, utile sia al momento della contrattazione che della verifica dell'attuazione delle normative e delle politiche pertinenti al divario retributivo;
3. invita la Commissione a trasmettere al Parlamento un'analisi sugli atti normativi a livello di Unione europea e/o nazionale potenzialmente in grado di contribuire in maniera significativa alla riduzione del divario di retribuzione.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
10.9.2008 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
45 1 1 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Jan Andersson, Edit Bauer, Iles Braghetto, Philip Bushill-Matthews, Milan Cabrnoch, Alejandro Cercas, Ole Christensen, Derek Roland Clark, Jean Louis Cottigny, Proinsias De Rossa, Harlem Désir, Harald Ettl, Richard Falbr, Carlo Fatuzzo, Ilda Figueiredo, Roger Helmer, Stephen Hughes, Karin Jöns, Ona Juknevičienė, Jean Lambert, Bernard Lehideux, Elizabeth Lynne, Thomas Mann, Jan Tadeusz Masiel, Maria Matsouka, Mary Lou McDonald, Elisabeth Morin, Juan Andrés Naranjo Escobar, Csaba Őry, Siiri Oviir, Pier Antonio Panzeri, Rovana Plumb, Jacek Protasiewicz, Bilyana Ilieva Raeva, Elisabeth Schroedter, José Albino Silva Peneda, Jean Spautz, Gabriele Stauner, Ewa Tomaszewska, Anne Van Lancker, Gabriele Zimmer |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Petru Filip, Donata Gottardi, Rumiana Jeleva, Sepp Kusstatscher, Claude Moraes, Roberto Musacchio, Csaba Sógor |
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ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
7.10.2008 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
17 0 11 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Edit Bauer, Emine Bozkurt, Ilda Figueiredo, Věra Flasarová, Claire Gibault, Lissy Gröner, Zita Gurmai, Esther Herranz García, Anneli Jäätteenmäki, Lívia Járóka, Piia-Noora Kauppi, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Roselyne Lefrançois, Siiri Oviir, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Zita Pleštinská, Christa Prets, Teresa Riera Madurell, Raül Romeva i Rueda, Eva-Britt Svensson, Britta Thomsen, Anne Van Lancker, Anna Záborská |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Donata Gottardi, Mary Honeyball, Marusya Ivanova Lyubcheva, Maria Petre, Petya Stavreva |
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Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Maria Martens |
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