RELAZIONE sul futuro dei regimi previdenziali e pensionistici: finanziamento e tendenza all’individualizzazione
15.10.2008 - (2007/2290(INI))
Commissione per l’occupazione e gli affari sociali
Relatrice: Gabriele Stauner
Relatrice per parere (*):
Astrid Lulling, commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere
(*) commissione associata, articolo 47 del regolamento
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sul futuro dei regimi previdenziali e pensionistici: finanziamento e tendenza all’individualizzazione
Il Parlamento europeo,
– vista la comunicazione della Commissione, del 12 ottobre 2006, sulla sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche nella UE (COM(2006)0574),
– visto l’articolo 99 del trattato UE,
– visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare il suo articolo 141,
– viste le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, segnatamente la sentenza della Corte del 17 maggio 1990 nella causa Douglas Harvey Barber contro Guardian Royal Exchange Assurance Group[1],
– vista la convenzione, giuridicamente vincolante, sull’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e in particolare l’articolo 11, paragrafo 1, lettere d) ed e) e paragrafo 2, lettera c),
– vista la comunicazione della Commissione del 1 marzo 2006 su una tabella di marcia 2006-2010 per la parità tra donne e uomini (COM(2006)0092),
– viste le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 13 e 14 marzo 2008,
– vista la comunicazione della Commissione del 17 ottobre 2007 “Ammodernare la protezione sociale per un rafforzamento della giustizia sociale e della coesione economica: portare avanti il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro” (COM(2007)0620),
– vista la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sulle norme minime di sicurezza sociale, approvata nel 1952,
– vista la comunicazione della Commissione dell’11 aprile 2008 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, per quanto concerne i regimi pensionistici professionali o interprofessionali integrativi, esistenti al di fuori dei regimi previdenziali nazionali previsti per legge (SEC(2008)0475),
– viste le raccomandazioni formulate dalle parti sociali europee nella relazione del 18 ottobre 2007 sulle principali sfide poste ai mercati del lavoro europei: analisi congiunta elaborata dalle parti sociali europee,
– visti il Libro verde della Commissione “Ammodernare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo” (COM(2006)0708) e la risoluzione del Parlamento dell’11 luglio 2007 in materia[2],
– viste la comunicazione della Commissione del 26 febbraio 2007 “Inventario della realtà sociale – Relazione intermedia al Consiglio europeo di primavera del 2007” (COM(2007)0063) e la risoluzione del Parlamento del 15 novembre 2007 sull’inventario della realtà sociale[3],
– viste la comunicazione della Commissione del 10 maggio 2007 “Promuovere la solidarietà tra le generazioni” (COM(2007)0244) e la risoluzione del Parlamento del 30 gennaio 2008 sul futuro demografico dell’Europa[4],
– visto l’articolo 45 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali nonché i pareri della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere e della commissione per i problemi economici e monetari (A6‑0409/2008),
A. considerando che la previdenza sociale
– è istituita, regolamentata, gestita e (di norma parzialmente) finanziata dallo Stato oltre che dalla collettività attraverso contributi o imposte a carico dell’assicurato e che lo Stato ha la responsabilità pubblica di coprire i bisogni previdenziali dei propri cittadini,
– è caratterizzata dall’obbligo di rendere conto e dal fatto di garantire un’adeguata copertura di base per tutti,
– si basa sul principio della solidarietà,
– copre nove settori della summenzionata convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro,
– intende garantire una copertura di base nei settori dell’occupazione (assicurazione contro la disoccupazione), del reddito (versamento di pensioni di anzianità) e della capacità lavorativa (assicurazione malattia),
B. considerando che la popolazione totale dell’Unione europea dovrebbe aumentare leggermente fino al 2025 per poi registrare una lieve diminuzione e divenire, entro il 2050, un po’ meno numerosa ma notevolmente più anziana,
C. considerando che se l’immigrazione resta ai livelli attuali, la popolazione attiva passerà da 227 milioni di persone nel 2005 a 183 milioni nel 2050, il tasso di occupazione salirà al 70% nel 2020, compiendo un balzo da ricondurre principalmente a tassi di occupazione femminile più elevati, il numero totale di occupati aumenterà di 20 milioni di unità entro il 2017 per poi ridursi di 30 milioni entro il 2050, mentre, secondo le proiezioni, il rapporto fra le persone con più di 65 anni e quelle in età lavorativa passerà da 1:4 del 2005 a 1:2 nel 2050,
D. considerando che un innalzamento generale dell’età pensionabile alla luce della diffusa tendenza al prolungamento dell’aspettativa di vita non tiene sufficientemente conto dell’esistenza di numerosi settori industriali nei quali l’aspettativa di vita dei lavoratori è nettamente inferiore,
E. considerando che le parti sociali, in generale, e quelle dei settori industriali caratterizzati da un’aspettativa di vita inferiore alla media, in particolare, hanno una grande responsabilità per quanto riguarda l’afflusso e il deflusso dei lavoratori e possono offrire un contributo fondamentale nel garantire l’efficacia di una politica del personale attenta agli aspetti legati all’età,
F. considerando che la diminuzione dei tassi di disoccupazione comporterà un calo della spesa destinata ai sussidi di disoccupazione pari a circa 0,6 punti percentuale del PIL entro il 2050, una flessione alquanto modesta che non compenserà l’aumento dei livelli di spesa in altri settori,
G. considerando che la spesa dell’Unione europea destinata alla protezione sociale ammonta al 27,2% del PIL (dati del 2008), la cui quota principale serve a finanziare le prestazioni di vecchiaia e le pensioni (46%),
H. considerando che il concetto di previdenza sociale non è inteso come rapporto costi-benefici, bensì come contratto sociale da cui derivano diritti e doveri sia per il cittadino che per lo Stato, e come tale dovrebbe essere trattato; considerando altresì che gli aspetti di bilancio della previdenza sociale non devono in alcun caso essere trascurati,
I. considerando che entro il 2050, qualora venissero portate avanti le politiche attuali, l’invecchiamento della popolazione dovrebbe condurre ad aumenti della spesa pubblica nella maggior parte degli Stati membri, essenzialmente sul fronte delle pensioni, dell’assistenza sanitaria e dell’assistenza a lungo termine con l’incremento maggiore nel periodo compreso fra il 2020 e il 2040,
J. considerando che gli obiettivi della strategia di Lisbona in materia di occupazione delle donne, dei giovani e delle persone anziane, e gli obiettivi di Barcellona in materia di servizi di custodia dei bambini sono essenziali per la sostenibilità dei sistemi pensionistici,
K. considerando che gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo del 2000, segnatamente l’obiettivo 3, presuppongono l’uguaglianza di genere,
L. considerando che, in generale, le donne tendono ad avere un percorso occupazionale meno omogeneo e caratterizzato da un andamento salariale più lento, mentre gli uomini tendono ad avere un percorso occupazionale continuo con un andamento salariale più sostenuto, il che implica uno scarto in termini di contribuzione al sistema pensionistico e un maggiore rischio di povertà per le donne, rischio che peraltro dura più a lungo essendo maggiore la loro speranza di vita,
Preoccupazioni di carattere generale
1. invita gli Stati membri, alla luce della strategia di Lisbona e della necessità di coprire i rischi sociali e di garantire la sostenibilità dei regimi pensionistici e di previdenza sociale, preservando l’essenza dei modelli sociali europei, ad adoperarsi ulteriormente nella ricerca di un equilibrio fra le spese sociali e l’attivazione sociale, nonché ad attrarre e mantenere un maggior numero di persone in posti di lavoro di qualità e sicuri, dotati di una sicurezza sociale obbligatoria, a promuovere la crescita e la creazione di posti di lavoro nonché l’accesso all’occupazione sulla base di una maggiore trasparenza del mercato, ad ammodernare i sistemi di protezione sociale (segnatamente tramite una maggiore differenziazione nelle formule delle prestazioni e nei meccanismi di finanziamento) nonché a incrementare gli investimenti nel capitale umano promuovendo la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione e mediante un’istruzione e una formazione di miglior livello nel contesto dell’apprendimento permanente per tutti;
2. chiede alla Commissione di seguire da vicino le riforme dei regimi pensionistici e previdenziali negli Stati membri, comparando le ripercussioni che hanno avuto finora sull’occupazione femminile e concentrandosi sulle migliori pratiche emerse, in particolare per ridurre gli scarti salariali fra i sessi e contribuire a conciliare meglio lavoro e famiglia;
3. sottolinea che le fonti di crescita economica subiranno delle variazioni in seguito ai cambiamenti demografici e che l'aumento della produttività e l’innovazione tecnologica diverranno fonti di crescita economica; riconosce che, per mantenere un livello di produttività più elevato, è indispensabile investire maggiormente nella ricerca e nello sviluppo nonché in migliori metodi gestionali, accordando un’elevata priorità alla sinergia fra innovazione sociale e tecnologica;
4. evidenzia, nel contesto delle attuali tendenze demografiche, economiche e sociali e della prevenzione di conflitti intergenerazionali e intersocietari, l’importanza di reperire nuovi metodi per una distribuzione efficace ed equa dei costi e dei benefici su una popolazione che sarà composta da un minor numero di persone economicamente attive e da un maggior numero di persone economicamente inattive; ritiene che a livello europeo e nazionale si debba mantenere l’equilibrio fra l’attuabilità economica dei sistemi previdenziali e di sicurezza sociale, da un lato, e la copertura dei rischi sociali, dall’altro;
5. rammenta la propria convinzione secondo cui, per promuovere un sistema di protezione sociale fattibile sotto il profilo economico, la normativa comunitaria sul lavoro dovrebbe potenziare i contratti di lavoro a tempo indeterminato come forma predominante di occupazione, garantendo un’adeguata tutela sociale e sanitaria nonché il rispetto dei diritti fondamentali; riconosce tuttavia che è altresì necessario tutelare i diritti dei lavoratori con altre forme di occupazione, compreso il diritto a una pensione che consenta loro di condurre una vita dignitosa;
6. rammenta che il fulcro dei modelli sociali europei risiede nel principio della solidarietà fra generazioni e gruppi sociali e che il relativo finanziamento deriva principalmente da entrate correlate ad attività lavorative, come i contributi di lavoratori e datori di lavoro e le imposte sul lavoro; rileva tuttavia che l’invecchiamento della popolazione metterà a dura prova la forza lavoro attiva e che la ricerca di soluzioni al cambiamento demografico dovrebbe costituire una priorità politica; ribadisce che, in caso contrario, il cambiamento demografico potrebbe compromettere il principio della solidarietà e conseguentemente i modelli sociali europei; sottolinea inoltre l’importanza fondamentale di rafforzare il principio della solidarietà, anche mediante un’equa compensazione finanziaria;
7. ricorda che, in virtù dell’articolo 141 del trattato CE, possono essere adottate azioni positive volte a realizzare la parità salariale e che la giurisprudenza comunitaria considera i contributi sociali alla stregua di un elemento salariale;
8. rileva che entro il 2030, per effetto dei cambiamenti demografici, il rapporto tra popolazione attiva e non attiva sarà presumibilmente di 2 a 1; esorta la Commissione e gli Stati membri a elaborare politiche volte a garantire che coloro che prestano assistenza, spesso costretti a ritirarsi dal mercato del lavoro a causa delle responsabilità familiari, non subiscano le conseguenze della precarietà relativa alla pensione;
9. segnala che la tendenza all’individualizzazione contribuisce all’ammodernamento del secondo e del terzo pilastro, senza mettere in questione il primo pilastro dei sistemi di sicurezza sociale, in modo da consentire alle persone, soprattutto le donne ed altri gruppi vulnerabili, di avere maggiore libertà di scelta e dunque di raggiungere una maggiore indipendenza e poter maturare diritti addizionali alla pensione;
10. chiede alla Commissione di approfondire le ricerche e gli studi riguardanti l’impatto dell’individualizzazione dei diritti sociali sulla parità di trattamento tra uomini e donne;
11. ritiene che la parità tra uomini e donne debba figurare tra gli obiettivi delle riforme dei regimi di sicurezza sociale e pensionistici, ma sottolinea che le disuguaglianze constatate al riguardo rappresentano essenzialmente delle disuguaglianze indirette, risultanti dalle disparità persistenti sul mercato del lavoro in termini di salari e di prospettive di carriera e dall’ineguale condivisione delle responsabilità familiari e domestiche, per cui si possono veramente correggere solo con misure più globali;
12. esorta la Commissione e gli Stati membri a sensibilizzare gli adulti (ancora giovani) in merito all’importanza di cominciare a maturare rapidamente i propri diritti pensionistici;
Popolazione attiva
13. ritiene che, se la situazione attuale perdura, il calo della popolazione attiva comporterà una riduzione del numero totale di ore lavorate; ritiene che, per invertire questa tendenza, occorra prendere delle misure per ridurre il tasso di disoccupazione e aumentare le assunzioni (unitamente alla formazione e all’aggiornamento professionale) anche delle persone con un elevato potenziale occupazionale come i disabili, le donne e gli anziani; sottolinea la necessità di consentire un pensionamento flessibile su base volontaria, di modificare l’organizzazione delle pratiche di lavoro e di fare un uso intelligente delle nuove tecnologie; ribadisce inoltre la necessità di migliorare i servizi di sostegno e i servizi di custodia dei bambini e di assistenza ai familiari non autosufficienti, così da ridurre il numero delle persone che lavorano a tempo parziale su base volontaria;
14. rammenta che tassi più elevati di occupazione dipendono in larga misura dall’esigenza di mantenere attivi tutti i gruppi, in particolare quelli esclusi dal mercato del lavoro, e sottolinea pertanto la necessità di lottare contro la discriminazione nel mercato del lavoro; sottolinea inoltre la necessità di prevedere dispositivi adeguati per agevolare l’assunzione di persone disabili o con gravi problemi di salute garantendo che i disabili e le persone affette da malattie mentali abbiano accesso all’occupazione;
15. insiste pertanto sulla necessità di disporre di politiche attive per l’occupazione femminile, dei giovani e delle persone anziane così da valorizzare adeguatamente i lavoratori e le possibilità imprenditoriali e assicurare anche che i contributi ai regimi pensionistici conferiscano ai pensionati il diritto a percepire una pensione dignitosa;
16. evidenzia che sarebbe necessario discutere a livello nazionale un innalzamento dell’età pensionabile prevista dalla legge; reputa necessario, indipendentemente dalle differenze esistenti tra Stati membri per quanto riguarda l’età pensionabile obbligatoria, che i lavoratori siano incoraggiati a continuare a svolgere la propria attività su base volontaria e finché le condizioni lo permettano, fino all’età legale o anche oltre;
17. esorta le parti sociali, anche sulla base dell’esperienza maturata in vari campi, a negoziare misure ad hoc per ciascun settore in relazione sia all’invecchiamento dei lavoratori sia a una politica del personale attenta agli aspetti legati all’età;
18. invita gli Stati membri a creare incentivi finanziari e sociali che stimolino i lavoratori a proseguire volontariamente l’attività lavorativa anche dopo il raggiungimento dell’età pensionabile prevista dalla legge;
19. invita gli Stati membri a portare avanti attivamente una politica finalizzata a migliorare le condizioni di sicurezza sul lavoro al fine di ridurre i rischi legati a determinate professioni ed evitare il prepensionamento di un’elevata percentuale di lavoratori specializzati;
20. rammenta che occorrerebbe integrare qualsiasi politica dinamica in materia di migrazione economica, indirizzata nello specifico a potenziali immigrati in età lavorativa e corredata di procedure di ammissione accelerate per i candidati altamente qualificati, mediante una migliore assimilazione dei beneficiari nel mondo del lavoro e nell'insieme della società; sottolinea come l'intensificarsi degli sforzi intesi ad accrescere l'immigrazione potrebbe provocare una fuga di cervelli dai paesi d’origine, con eventuali ripercussioni sullo sviluppo economico e sociale di tali paesi e il possibile inizio di una nuova ondata migratoria incontrollata;
21. riconosce che anche lo “spreco di cervelli” può rappresentare un problema, tanto per l’economia nel suo insieme quanto per le persone interessate: è il caso dei lavoratori migranti qualificati che vengono assunti per far fronte a una penuria di lavoratori poco qualificati; sottolinea che i lavoratori migranti devono poter beneficiare dei contributi versati al regime pensionistico;
22. esorta la Commissione a intraprendere le azioni necessarie affinché i cittadini dell’Unione europea che lavorano e risiedono in un altro Stato membro non perdano interamente o in parte i loro diritti in materia di previdenza sociale;
23. ritiene che l’impatto a lungo termine dell’immigrazione sull’invecchiamento della popolazione sia incerto, in quanto esso dipende dal comportamento dei flussi migratori, dai ricongiungimenti familiari e dal tasso di natalità dei migranti; ritiene che questi ultimi possano contribuire a raggiungere un maggiore equilibrio nei regimi di previdenza sociale purché siano assunti legalmente e contribuiscano pertanto al loro finanziamento;
Pensioni
24. richiama l’attenzione sulle discriminazioni esistenti ai danni di tutti i gruppi vulnerabili per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro e le condizioni lavorative, in particolare delle persone che esercitano un’attività senza l’obbligo di versare contributi previdenziali, il che comporta salari e tassi di occupazione inferiori e conseguentemente minori opportunità per tali gruppi di maturare pensioni adeguate; ribadisce l’esigenza di garantire pari opportunità per tutti, garantendo così tassi di occupazione più elevati, parità retributiva e adeguati diritti pensionistici;
25. riconosce che i regimi pensionistici pubblici rafforzano la solidarietà sociale e rientrano nella responsabilità degli Stati membri e che la salvaguardia di questi sistemi pensionistici dovrebbe costituire una priorità politica; ritiene che il maggior uso di alternative alle pensioni finanziate dallo Stato, come i regimi pensionistici complementari, potrebbero costituire un’alternativa attuabile; rileva che le pensioni private potrebbero includere regimi pensionistici professionali gestiti dai datori di lavoro o da altre organizzazioni e associazioni collettive, oppure quelli finanziati personalmente dai lavoratori; sottolinea che l’esistenza di pensioni private aumenterebbe la necessità di un’adeguata regolamentazione dei fondi pensionistici privati, della trasferibilità di tali pensioni e della promozione e del continuo ammodernamento (fra cui, più flessibilità) di queste alternative; in tale contesto ritiene che non si dovrebbe sottovalutare il rischio per le donne di perdere la copertura assicurativa cui hanno diritto nell’ambito del sistema pensionistico statale qualora la previdenza privata sostituisse il sistema pubblico, ma che tale rischio possa essere ridotto includendo nel computo dei diritti pensionistici i congedi di maternità e parentali e le interruzioni dell’attività lavorativa per motivi personali;
26. invita gli Stati membri a prendere in debita considerazione l’esigenza di procedere a un ripensamento degli schemi pensionistici tradizionali fondati su una valutazione sistematica del rischio e sul presupposto di una vita tipica standard e ad adattare i sistemi di sicurezza sociale alle riforme dei regimi pensionistici, dati i rapidi cambiamenti cui è soggetto il presunto andamento standard della vita e il fatto che le cosiddette “patchwork biographies” (percorsi di carriera che alternano diversi impieghi qualificati a fasi di disoccupazione) diventeranno sempre più comuni; ne conseguirebbe un nuovo rischio sociale legato a una maggiore imprevedibilità per molte persone e in particolare per i gruppi vulnerabili, nella fattispecie gli immigrati, la manodopera scarsamente qualificata, le famiglie monoparentali e le persone con responsabilità assistenziali; sottolinea che ciò può portare a un abbandono anticipato del mercato del lavoro o a una minore partecipazione al mondo del lavoro; rileva che è altresì necessaria una trasformazione dei sistemi pensionistici per conseguire un mercato del lavoro flessibile;
27. rileva che un regime pensionistico sostenibile deve essere adattato alla sfide demografiche ed economiche e sottolinea che, in presenza di un'ampia disponibilità, una struttura a tre pilastri costituisce un’opzione equilibrata; suggerisce che le pensioni obbligatorie (primo pilastro) siano affiancate da sistemi pensionistici professionali a finanziamento collettivo (secondo pilastro) e da prodotti complementari individuali (terzo pilastro); sottolinea il valore dei sistemi pensionistici che abbinano la solidarietà a rendimenti spesso elevati in virtù di strategie di investimento di ampio volume, di lungo periodo e prudenti, ma redditizie; invita la Commissione a elaborare un quadro adeguato e fattibile di regolamentazione e vigilanza dei prodotti pensionistici paneuropei; sottolinea che un mercato interno delle pensioni professionali e del terzo pilastro consentirebbe ai cittadini di usufruire della portabilità delle pensioni professionali, stimolerebbe la concorrenza e ridurrebbe il costo del risparmio per la pensione;
28. nota come siano in larga misura le donne ad accudire i figli e i familiari anziani, malati e disabili, volontariamente o meno, sotto l’influsso di atteggiamenti culturali e norme sociali, oppure a causa della scarsa qualità o dell’assenza di strutture per la custodia dei bambini e di altre strutture assistenziali (per l’assistenza a lungo termine), e ad avere pertanto più frequenti interruzioni dell'attività professionale; sottolinea la necessità di prevedere misure compensative per le donne e le persone dedite all’assistenza, che offrano loro scelte effettive nella decisione di avere figli e di prenderne cura, liberandole dai timori di possibili svantaggi finanziari o di ostacoli nell’avanzamento della carriera; plaude alle iniziative adottate dagli Stati membri per evitare questa situazione e rimediarvi, ad esempio abbonando il periodo consacrato ai figli o alla famiglia nel regime pensionistico obbligatorio;
29. invita gli Stati membri, le parti sociali e i rappresentanti delle organizzazioni femminili a continuare a prestare molta attenzione agli effetti possibili o reali delle riforme dei sistemi pensionistici sulla parità tra uomini e donne e a vigilare affinché siano previsti correttivi per garantire tale parità;
30. chiede che la Commissione e gli Stati membri prendano misure urgenti per proibire la discriminazione diretta nei regimi pensionistici professionali, compresa la pratica di basare il livello dei pagamenti e dei contributi su fattori attuariali basati sul sesso;
31. ricorda la sua risoluzione del 21 febbraio 1997 sulla situazione dei coniugi che partecipano alle attività dei lavoratori autonomi[5], in cui chiedeva tra l’altro di garantire un’affiliazione individuale obbligatoria del coniuge assistente all’assicurazione pensionistica;
32. ricorda la sua risoluzione del 12 marzo 2008 sulla situazione delle donne nelle zone rurali dell’Unione europea[6], in cui invita nuovamente la Commissione a presentare entro fine 2008 una versione rivista della direttiva 86/613/CEE dell’11 dicembre 1986 relativa all’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità[7], che preveda diritti previdenziali e pensionistici autonomi per le donne che aiutano il coniuge nelle aziende agricole;
33. ricorda la sua risoluzione dell’11 luglio 2007 sui servizi finanziari (2005/2010)[8] e sottolinea l’importanza di mettere a punto un mercato europeo dei sistemi pensionistici e di previdenza sociale che sia trasparente e flessibile, riducendo le barriere fiscali e gli ostacoli alla trasferibilità dei diritti pensionistici da uno Stato membro all’altro; esprime il parere che per la creazione di un mercato interno delle pensioni sia necessario un quadro europeo di regolamentazione dei prodotti pensionistici;
34. esorta la Commissione a procedere urgentemente a una revisione della direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali[9] in modo da creare un solido regime di solvibilità adattato a tali enti pensionistici professionali, sulla base del parere del Comitato delle autorità europee di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali e di una valutazione di impatto approfondita, per esaminare taluni aspetti relativi a pari condizioni di concorrenza risultanti da differenze di calcolo e le relative ipotesi di misura delle passività; sottolinea che tale regime potrebbe fondarsi su un’estensione di alcuni aspetti della proposta modificata della Commissione del 26 febbraio 2008 relativa a una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso alle attività di assicurazione e di riassicurazione e al loro esercizio (“Solvibilità II”)[10] ai fondi pensionistici, pur tenendo conto delle specificità degli enti pensionistici professionali, come ad esempio il carattere di lungo termine dei sistemi pensionistici che gestiscono e il tipo di copertura di rischio o di garanzie forniti dai fondi pensionistici; ritiene che tale regime speciale di solvibilità potrà rafforzare la stabilità finanziaria ed evitare gli arbitrati regolamentari;
35. rammenta che la Corte di giustizia si è pronunciata contro gli ostacoli alle esenzioni fiscali sul versamento di contributi pensionistici transfrontalieri; sottolinea che gli sgravi fiscali offrono i migliori incentivi per i risparmi a lungo termine e che può risultare necessario il raggiungimento di un livello più approfondito di armonizzazione al fine di rimuovere tutti gli ostacoli ai contributi transfrontalieri ai regimi pensionistici;
36. rileva la tendenza attuale verso il passaggio dai sistemi pensionistici su base retributiva a sistemi su base contributiva ed è preoccupato per il calo sul fronte dei contributi versati dai datori di lavoro, che evidentemente accompagna tale tendenza; sottolinea la necessità di rafforzare i livelli di partecipazione e di contribuzione dei lavoratori ai regimi pensionistici esistenti al fine di assicurare un reddito pensionistico adeguato agli interessati e sostiene la necessità da parte dei datori di lavoro di continuare a versare contributi sufficienti, in particolare ai regimi pensionistici contributivi; è preoccupato per il fatto che la prevista revisione del principio contabile internazionale (IAS) 19 concernente le prestazioni versate al lavoratore, come ad esempio nel caso della possibile abolizione del cosiddetto "approccio corridoio", potrebbe comportare modifiche significative dei regimi pensionistici che devono essere valutate attentamente, in particolare per quanto riguarda eventuali conseguenze negative sull’interesse che possono avere determinati regimi pensionistici;
37. fa notare che al fine di garantire condizioni di vita adeguate per le persone disabili ed evitare la "trappola degli aiuti" è necessario introdurre misure compensative per il costo della vita più elevato sostenuto dai disabili a causa della loro condizione e coordinarle con regimi pensionistici e misure politiche di integrazione sociale;
Sostenibilità finanziaria
38. sottolinea la necessità che gli Stati membri mantengano livelli adeguati di finanziamento dei sistemi pensionistici e di protezione sociale, che individuino solide basi imponibili alternative a fronte dell’aumento della concorrenza frutto della globalizzazione; enfatizza l’importanza di limitare il ricorso alle imposte sul lavoro al fine di aumentare la competitività delle economie degli Stati membri e di offrire ulteriori incentivi al lavoro; riconosce la complessità del passaggio a più significativi livelli di tassazione del capitale, data la ridotta base imponibile patrimoniale e la più accentuata mobilità del capitale; suggerisce di prendere in considerazione nuovi metodi fiscali e/o alternative per migliorare la sostenibilità finanziaria della spesa sociale, che potrebbero ridurre la pressione fiscale sulle persone con redditi inferiori; è convinto che i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro rappresentino un investimento in quanto contribuiscono all’incremento della produttività, come dimostra il fatto che i paesi con una spesa sociale elevata sono anche quelli più competitivi;
39. sottolinea la necessità che gli Stati membri si concentrino sugli obiettivi di medio e lungo termine del Patto di stabilità e crescita (PSC) e assicurino la sostenibilità delle finanze pubbliche in modo da far fronte alla crescente pressione esercitata dall’invecchiamento della popolazione; rileva che il Consiglio informale dei ministri dell’economia e delle finanze, tenutosi a Brdo il 5 aprile 2008, ha convenuto la necessità di spostare l’attenzione rivolta alla spesa sociale dal volume di spesa ai traguardi concreti e ai risultati; auspica che il Consiglio rifletta sull’opportunità di apportare ulteriori miglioramenti al PSC, permettendo ad esempio che gli investimenti a più lungo termine siano contabilizzati su un periodo di tempo più dilazionato;
40. sottolinea che gli Stati membri dovrebbero concepire le loro politiche finanziarie in modo sostenibile dividendo equamente gli oneri fiscali tra lavoratori, consumatori, imprese e redditi da capitale, e anche tra le generazioni;
41. ritiene che le norme del settore dovrebbero essere finalizzate a garantire la solvibilità e la tutela dei regimi pensionistici aziendali e occupazionali, non da ultimo nell’eventualità di un’acquisizione o di altri radicali cambiamenti nella proprietà o nella gestione;
42. sollecita gli Stati Membri a includere nei loro bilanci annuali un fondo per il pagamento delle pensioni future;
43. evidenzia la necessità di prendere in esame un graduale passaggio dai sistemi previdenziali a ripartizione ai sistemi previdenziali a capitalizzazione;
Assistenza sanitaria e assistenza di lunga durata
44. esprime la convinzione che le misure finalizzate al miglioramento dello stato di salute rappresentino un investimento e che contribuiscano a ridurre i costi legati all’invecchiamento della popolazione e a migliorare la solidità delle finanze pubbliche; insiste sull’importanza di preservare i valori e i principi che costituiscono il fondamento della totalità dei sistemi di assistenza sanitaria dell’Unione europea, fra cui: copertura universale, solidarietà nelle fonti di finanziamento, equità di accesso e fornitura di cure sanitarie di elevata qualità, ferma restando la necessità di un uso razionale di risorse limitate; sottolinea come, ottimizzando l’organizzazione e la prestazione dei servizi sanitari, conformemente al principio di sussidiarietà, esista il potenziale per migliorare sia la qualità che l’efficienza finanziaria dei servizi sanitari;
45. considerato l’aumento dei costi dell’assistenza sanitaria e delle cure continuative di lunga durata, reputa opportuno che gli Stati membri riflettano sui loro modelli di finanziamento e considerino che, in vista della probabile minore disponibilità di assistenza non professionale dovuta alla tendenza a famiglie meno numerose e alla maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro, l’aumento del ricorso all’assistenza di lunga durata può rivelarsi più consistente del previsto;
46. sottolinea l’esigenza di dedicare maggiore attenzione alle persone che necessitano di terapie mediche lunghe o costose, alle persone o ai gruppi con particolari problemi di integrazione come le minoranze etniche o le fasce di popolazione a basso reddito, all’assistenza nei confronti dei pazienti cronici e allo sviluppo di strutture di libero accesso per la riabilitazione, all’inclusione sociale e all’assistenza per le persone con disabilità fisiche o psichiche, oltre che per gli anziani, in modo da evitare i ricoveri in istituto e aiutarli a condurre una vita autonoma;
47. rileva che il finanziamento pubblico dell’assistenza sanitaria aiuta a proteggere dai rischi finanziari indipendentemente dal rischio personale di salute precaria contribuendo pertanto al principio dell’uguaglianza e alla sicurezza sociale, mentre, al contrario, i meccanismi basati sui contributi privati implicano un’aggregazione dei rischi limitata o assente e solitamente subordinano i pagamenti al rischio di problemi di salute e alla capacità di pagamento, pur garantendo un finanziamento sostenibile indipendentemente dai cambiamenti demografici;
48. riconosce sia l’importanza del finanziamento pubblico nel conseguimento dell’obiettivo di solidarietà sia le notevoli differenze nei livelli di finanziamento pubblico e privato del sistema sanitario negli Stati membri; raccomanda alla Commissione di effettuare studi volti a definire il livello e/o la portata del finanziamento pubblico che permettono di conseguire l’obiettivo di solidarietà sia per l’intero sistema sia per specifici settori dei servizi;
49. riconosce la crescente popolarità sia di soluzioni fondate su criteri di mercato sia della privatizzazione nel finanziamento dei servizi sanitari per porre rimedio all’esplosione dei costi, all’inefficienza e ai problemi di qualità dei servizi sanitari, soprattutto nei nuovi Stati membri; riconosce inoltre che sempre più elementi concreti dimostrano come la privatizzazione funzionale dei sistemi sanitari pubblici, l’orientamento al profitto e la concorrenza tra intermediari finanziari rendono generalmente più onerosa la gestione dei sistemi sanitari, mentre i vantaggi in termini di contenimento dei costi, efficienza e qualità dei servizi di assistenza restano discutibili; raccomanda pertanto ai governi degli Stati membri con un sistema a pagatore unico di mantenere tale modello;
50. osserva che i sistemi sanitari prevalentemente finanziati con l’ausilio di contributi sociali di natura professionale possono trarre beneficio dall’ampliamento della base di prelievo per includere i redditi non correlati al reddito da lavoro;
51. ritiene che, nell’ottica della libera prestazione dei servizi e del diritto degli assicurati a scegliere il medico o la struttura che desiderano, sia inammissibile che gli Stati membri rifiutino di rimborsare ai propri cittadini le cure ricevute all’estero, ma che gli Stati membri possono imporre massimali specifici (fissi) alle spese sostenute e non sono obbligati a rimborsare cure che i propri cittadini non avrebbero ricevuto in patria;
52. esorta gli Stati membri a evitare un approccio puramente finanziario nell’adozione di riforme politiche volte a ridisegnare il quadro giuridico dei rispettivi sistemi sanitari nazionali;
53. è fermamente convinto che il punto di partenza di qualsiasi riforma debba essere un’attenta analisi dell’attuale (finanziamento del) sistema sanitario al fine di identificarne le lacune e i settori problematici, unita alla comprensione dei fattori contestuali che potrebbero favorire od ostacolare il successo della riforma; auspica che gli Stati membri siano pienamente consapevoli del notevole impatto delle riforme della sanità sul funzionamento, la capacità e l’efficienza dei rispettivi sistemi sanitari, nonché dei rischi che riforme insufficienti o poco accurate potrebbero comportare per la qualità e la fruibilità dei servizi sanitari, per la salute dei cittadini e di conseguenza per le loro prospettive professionali;
54. esorta gli Stati membri a prendere in considerazione l’intero spettro delle funzioni e delle politiche di finanziamento del sistema sanitario, anziché concentrarsi esclusivamente sui meccanismi contributivi; è convinto che l’aumento del livello dei contributi basati sull’occupazione o l’incremento del contributo privato dei pazienti al costo dei servizi sanitari non siano la giusta soluzione, e che tali politiche potrebbero comportare gravi conseguenze in quanto limitano in modo inaccettabile l’accesso dei cittadini a basso reddito all’intera gamma dei servizi sanitari;
55. è convinto che l’accesso dei cittadini a basso reddito a servizi sanitari di buona qualità dovrebbe essere considerato un’evidente priorità, strettamente legata ai valori europei di solidarietà e parità dei diritti, e che esso costituisca un prerequisito per conseguire con successo l’obiettivo della piena occupazione previsto dalla strategia di Lisbona;
56. esorta la Commissione a prendere in considerazione gli aspetti della parità dei diritti di tutti i cittadini dell’Unione europea a sistemi sanitari di buona qualità e a introdurre le opportune garanzie contro la discriminazione dei cittadini per motivi finanziari nella revisione delle norme comunitarie antidiscriminazione o in un nuovo strumento legislativo relativo all’accesso ai servizi sanitari;
57. raccomanda agli Stati membri di contribuire all’efficienza e all’equità dei rispettivi sistemi sanitari riducendo il numero di pool di rischio o, meglio ancora, creando un singolo pool livello nazionale che faciliti l’orientamento e il coordinamento strategici dell’intero sistema sanitario;
58. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al comitato per l’occupazione, al comitato per la protezione sociale, nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati.
- [1] Causa C-262/88, Raccolta 1990, pag. I-1889.
- [2] Testi approvati, P6_TA(2007)0339.
- [3] Testi approvati, P6_TA(2007)0541.
- [4] Testi approvati, P6_TA(2008)0066.
- [5] GU C 85 del 17.3.1997, pag. 186.
- [6] Testi approvati in tale data, P6_TA(2008)0094.
- [7] GU L 359 del 19.12.1986, pag. 56.
- [8] Testi approvati, P6_TA(2007)0338
- [9] GU L 235 del 23.9.2003, pag. 10.
- [10] COM(2008) 119.
MOTIVAZIONE
Sviluppi demografici
Secondo quanto previsto, le tendenze demografiche in Europa condurranno a una diminuzione del numero degli abitanti e all’invecchiamento della popolazione. Le conseguenze di tale evoluzione saranno una popolazione leggermente meno numerosa e considerevolmente più anziana nel 2050, indotte da tassi di natalità al di sotto del tasso naturale di sostituzione della popolazione e da una più elevata aspettativa di vita che comporta un’inversione della piramide di età della popolazione, a fronte di un decremento nel numero dei giovani e di un ampliamento della quota degli ultrasessantacinquenni.
Il tasso medio di natalità nell’UE non rispecchia le scelte della popolazione femminile o le effettive aspirazioni dei cittadini europei di creare una famiglia e potrebbero essere correlate alla difficoltà di conciliare vita familiare e professionale (mancanza di infrastrutture di assistenza all’infanzia, di sostegno sociale ed economico alle famiglie e di posti di lavoro per le donne), il contesto sociale ansiogeno (situazione lavorativa incerta, alloggi costosi) e i timori legati al futuro (accesso tardivo all’occupazione per i giovani e insicurezza del posto di lavoro).
La richiesta di 90-100 milioni di lavoratori immigrati necessari a far fronte ai cambiamenti della forza lavoro, può comportare un’eterogeneità ben più profonda in termini etno-culturali e religiosi; la moltiplicazione degli sforzi volti ad accrescere la presenza migratoria di lavoratori altamente qualificati può inoltre causare una rilevante fuga di cervelli nei paesi d’origine, con la conseguente possibilità di seri effetti negativi sullo sviluppo economico e societario di tali regioni.
Sviluppi sociali
La relatrice ritiene che siano possibili notevoli passi avanti nella trasformazione del welfare state mediante il passaggio da una prospettiva di spesa sociale ad una prospettiva di investimento sociale.
Considerati la strategia di Lisbona e gli obiettivi in materia di occupazione convenuti a livello comunitario, si impone l’esigenza di attrarre e mantenere un maggior numero di persone in posti di lavoro di qualità, di accrescere l’offerta di manodopera e di ammodernare i sistemi di protezione sociale, di valorizzare l’adattabilità e la sicurezza dei lavoratori e delle imprese e di incrementare gli investimenti in capitale umano mediante un perfezionamento delle capacità e del livello di istruzione.
È ben nota l’esistenza di una varietà di modelli relazionali, osservabili in un calo nella percentuale dei matrimoni, un tasso più elevato di divorzi e un prolungamento del periodo antecedente la nascita del primo figlio, che comportano un’integrazione del modello, pur sempre prevalente, del matrimonio tradizionale attraverso forme alternative di convivenza.
La relatrice riconosce che un comportamento maggiormente improntato all’individualità altera la lealtà delle persone nei confronti delle istituzioni societarie quali i regimi previdenziali, e metterà a dura prova le discussioni dedicate a una ridefinizione della solidarietà e dell’equilibrio sociale.
Sviluppi finanziari
Si prevede che l’invecchiamento della popolazione produrrà un incremento della spesa pubblica nella maggior parte degli Stati membri entro il 2050, principalmente nel settore delle pensioni, dell’assistenza sanitaria e delle cure continuative di lunga durata, sulla base delle politiche attualmente perseguite. I potenziali risparmi compensativi in termini di spesa pubblica per l’istruzione saranno probabilmente limitati a causa dei maggiori investimenti a favore dell’apprendimento permanente.
La relatrice riconosce che l’esazione fiscale ha subito l’impatto di sviluppi strutturali e di sfide crescenti, quali la concorrenza globale più marcata e la maggiore mobilità dei fattori di produzione; sottolinea pertanto l’esigenza di reperire solide basi imponibili alternative.
Sviluppi economici
Oggigiorno il mondo è caratterizzato dalla globalizzazione, ovvero un’apertura accelerata degli scambi commerciali e rapidi progressi tecnologici che creano sensibili pressioni concorrenziali e richiedono una maggiore flessibilità da parte delle imprese in vista di un ampliamento del mercato. Secondo le stime, il tasso di crescita potenziale medio del PIL su base annua registrerà un calo nei prossimi decenni.
In futuro, le fonti di crescita economica subiranno variazioni: l’occupazione apporterà un contributo positivo alla crescita fino al 2010, che si trasformerà in negativo a partire dal 2030, mentre la produttività della manodopera verrà a costituire una fonte predominante, e talvolta esclusiva, di crescita. Da ciò discende la necessità impellente di procedere a investimenti più significativi in ricerca e sviluppo allo scopo di preservare maggiori livelli di produttività.
Il mutamento dei livelli di età della forza lavoro potrebbe alterare la struttura dei consumi e della domanda interna con un possibile ricorso ad una riassegnazione fra settori, che richiede un aumento della mobilità professionale al fine di evitare maggiori discrepanze all’interno del mercato del lavoro a fronte di tassi di occupazione più bassi.
Sviluppi sul fronte del mercato del lavoro
La globalizzazione si risolverà in cambiamenti strutturali sotto il profilo industriale e regionale e in modifiche dei modelli e dei livelli occupazionali nonché, conseguentemente, in politiche più sensibilmente improntate ad un connubio di flessibilità e sicurezza (la cosiddetta “flessicurezza”); sottolinea che la sfida cruciale risiede nel raggiungimento della flessibilità economica abbinata a migliori sistemi di protezione sociale, così da creare un contesto che consenta di utilizzare al meglio le opportunità; riconosce l’esigenza di una forza lavoro qualificata e adattabile, grazie ad una sintesi di politiche attive in materia di mercato del lavoro e investimenti a favore dell’apprendimento permanente rivolti ad una valorizzazione delle capacità di integrazione professionale.
Ciò si riflette altresì in un rafforzamento dell’istruzione e della formazione specialmente per la manodopera scarsamente qualificata.
Il mercato del lavoro rappresenta il fattore chiave degli adeguamenti sul piano politico poiché, in ultima analisi, è il rendimento economico di un paese a determinare la sua capacità di sostenere un welfare di qualità elevata.
A fronte di livelli costanti d’immigrazione, la forza lavoro subirà una flessione dai 227 milioni di unità del 2005 a 183 milioni nel 2050; il tasso di occupazione salirà al 70% nel 2020, un rialzo da ricondurre principalmente a tassi di occupazione femminile più elevati risultanti essenzialmente dal pensionamento di lavoratrici anziane, i cui tassi di occupazione erano esigui; il numero totale di occupati registrerà un incremento pari a 20 milioni di unità fino al 2017, cui farà seguito una flessione pari a 30 milioni fino al 2050.
Tali evoluzioni si tradurranno in percentuali più contenute di disoccupati, per cui la spesa destinata ai sussidi di disoccupazione registrerà un calo di circa 0,6 punti percentuali di PIL entro il 2050. Si tratta di una flessione alquanto esigua e particolarmente modesta, che non riuscirà a compensare l’aumento dei livelli di spesa registrato in altri settori.
Una forza lavoro in calo produrrà una riduzione del numero totale delle ore lavorate; a titolo compensativo, si renderà necessario un aumento delle ore complessive lavorate dai rimanenti lavoratori o la riduzione del numero delle persone impiegate a tempo parziale.
Tassi di occupazione più elevati dipendono in larga misura dall’attivazione di tutti i gruppi oggetto di discriminazioni nel mondo del lavoro. A tale proposito, si impone l’esigenza di equilibrare il ruolo economico svolto dalle donne, in maniera equa ed efficiente, con la realizzazione di cambiamenti nell’offerta di servizi destinati alle famiglie quali l’assistenza all’infanzia, in modo da permettere alle donne di conciliare vita lavorativa e vita familiare.
In tale ottica, è altresì importante prevedere sufficienti opportunità professionali per le persone più mature che dispongono di adeguate capacità lavorative. Su tale fronte è necessario contrastare le discriminazioni fondate sull’età, promuovere l’apprendimento permanente, prevedere percorsi di pensionamento flessibili e predisporre condizioni di lavoro rispettose della salute.
A modo di vedere della relatrice, sarebbe opportuno che gli Stati membri facessero uso degli sviluppi esposti come un’opportunità per perseguire le riforme strutturali.
Sviluppi legati all’invecchiamento
L’invecchiamento della popolazione si tradurrà in ulteriori pressioni sulla spesa pubblica e su alcune categorie di entrate fiscali mentre, al contempo, la globalizzazione renderà meno agevole l’esazione delle imposte da basi imponibili mobili.
Il previsto prolungamento dell’aspettativa di vita sarà essenzialmente il prodotto di tassi di mortalità senile più bassi e comporterà un mutamento del rapporto fra la durata del pensionamento e la durata della vita lavorativa.
È convinzione della relatrice che una delle principali sfide risiederà nell’elaborazione di politiche in materia di mercato del lavoro nonché di riforme dei regimi fiscali e di sicurezza sociale tese ad accrescere l’offerta di manodopera, accanto ad ulteriori riforme del welfare state che garantiscano la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche a fronte di una popolazione che invecchia.
Pensioni
Tale sviluppo demografico farà registrare un incremento della spesa per le pensioni pubbliche in tutti gli Stati membri, che potrà essere attenuato mediante un passaggio parziale del regime pubblico delle pensioni di anzianità a regimi a finanziamento privato. Tuttavia, una maggiore attenzione rivolta alle pensioni a finanziamento privato può dar vita a nuove sfide e a nuove forme di rischio, oltre alla necessità di normative apposite in materia di fondi pensione privati.
I regimi pensionistici degli Stati membri, benché in misura diversa, sono il frutto di un’evoluzione storica fondata sul modello dell’uomo-capofamiglia come unico percettore di introiti (il cosiddetto “male-breadwinner model”) e pertanto strettamente legati alla dimensione familiare.
Occorre prendere in debita considerazione un ripensamento degli schemi pensionistici tradizionali fondati su una valutazione sistematica del rischio e sulla presupposizione di una prospettiva di vita standard, data la tendenza attuale ad un rapido cambiamento del presupposto andamento standard delle fasi della vita e dato il fatto che le “patchwork biographies” diventeranno sempre più comuni e comporteranno il nuovo rischio sociale legato ad un incremento dell’incertezza del futuro per molti individui e in particolare per i gruppi più vulnerabili, nella fattispecie gli immigrati, la manodopera scarsamente qualificata e le famiglie monoparentali. Tali percorsi di carriera caratterizzati dall’instabilità influenzano in maniera preponderante la domanda di liquidazione della pensione e molto spesso tali interruzioni professionali si ripercuotono negativamente sui percorsi di carriera e sui livelli salariali.
Sono in larga misura le donne ad accudire i figli, volontariamente o meno, sotto l’influsso di atteggiamenti culturali e norme sociali, oppure a causa della scarsa qualità o dell’assenza di strutture di assistenza all’infanzia. Tale situazione è aggravata dalla definizione dei termini del congedo di maternità vigenti in molti Stati membri, secondo cui le donne sono tenute ad assentarsi per un periodo di tempo; sottolinea la necessità di sopperire a tale perdita di carriera lavorativa per le donne offrendo loro un’effettiva scelta di avere un figlio senza dover temere possibili svantaggi economici.
Sviluppi legati all’assistenza sanitaria
L’età di per sé non costituisce il fattore causale della spesa sanitaria e tuttavia l’invecchiamento della popolazione provocherà ulteriori pressioni al rialzo della spesa pubblica. Pertanto la spesa sanitaria salirà di 1,5 o 2 punti percentuali di PIL nella maggior parte degli Stati membri fino al 2050.
L’invecchiamento della popolazione sortirà notevoli effetti sulle cure di lunga durata, essenzialmente a causa dell’aumento del numero delle persone anziane e della richiesta di cure continuative per la non autosufficienza, che si tradurranno in un incremento pari a 0,5 o 1 punto percentuale del PIL.
Inoltre, si registrerà una diminuzione della disponibilità di forme di assistenza non professionale all’interno dei nuclei familiari a causa della tendenza verso famiglie meno numerose e di una maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro, per cui l’aumento del ricorso all’assistenza di lunga durata potrà rivelarsi più consistente del previsto in ragione della necessità di forme di assistenza più formali.
A fronte di una popolazione che invecchia, l’accesso universale all’assistenza sanitaria implicherà un aumento dei costi per la prestazione dei servizi forniti, che a sua volta, data l’inevitabilità di un aumento dei contributi, concorrerà ad accelerare la tendenza alla riduzione dei servizi di pubblico finanziamento ad un insieme minimo di servizi vitali, la cui ampiezza sarà oggetto di incessanti discussioni. Coloro che avranno la possibilità di non avvalersi dei sistemi solidali, abbandoneranno i regimi sanitari pubblici e opteranno per servizi maggiormente diversificati e di migliore qualità presso centri di assistenza sanitaria privata; tali scelte ricadranno ulteriormente sui finanziamenti alla sanità pubblica e si tradurranno in una riduzione dei servizi offerti e della loro qualità, a scapito della fiducia nella sanità pubblica e nella solidarietà.
Principali osservazioni della relatrice
Le pressioni demografiche, conseguenza dell’invecchiamento della popolazione nonché di strutture di popolazione variegate, abbinate a realtà fiscali più rigorose, porteranno gli Stati membri a ripensare una serie di elementi propri dei sistemi previdenziali tradizionali, quali i regimi pensionistici, i programmi da attuare sul mercato del lavoro e le politiche in materia di sanità e istruzione.
Una possibile soluzione volta ad attenuare tale sviluppo risiede in tassi più elevati di partecipazione alla forza lavoro, nella fattispecie per la fascia di età compresa fra i 55 e i 65 anni e per le donne, i cui tassi di occupazione sono al momento alquanto esigui. Per raggiungere tale obiettivo dovranno essere messe a punto delle soluzioni adeguate che consentano alle donne di conciliare vita familiare e lavorativa, in particolare strutture di assistenza all’infanzia e scuole a tempo pieno, accanto al miglioramento delle opportunità e delle condizioni lavorative per i disabili e ad ulteriori sforzi intesi a combattere l’esclusione sociale. A tal fine è necessario dare attuazione all’agenda di Lisbona premurandosi nello specifico di assicurare alle persone posti di lavoro, salari decorosi e altri incentivi al lavoro.
Allo scopo di assicurare al contempo la sostenibilità e l’adeguatezza dell’assistenza sanitaria e dei redditi pensionistici per la popolazione degli Stati membri nei prossimi decenni, si renderanno necessari interventi a tutti i livelli della società, del governo, dell’impresa e della famiglia.
PARERE della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di generE(*) (10.9.2008)
destinato alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali
sul futuro dei regimi di sicurezza sociale e pensionistici: loro finanziamento e tendenza all’individualizzazione
(2007/2290(INI))
Relatrice per parere(*): Astrid Lulling
(*) Commissione associata - articolo 47 del regolamento
SUGGERIMENTI
La commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere invita la commissione per l’occupazione e gli affari sociali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:
– visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare il suo articolo 141,
– vista la tabella di marcia 2006-2010 per la parità tra donne e uomini,
– viste le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, segnatamente la sentenza C-262/88 [1],
– vista la convenzione, giuridicamente vincolante, sull’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW 1979) in particolare l’articolo 11, paragrafo 1, lettere d) e paragrafo 2, lettera c),
A. considerando che gli obiettivi della strategia di Lisbona in materia di occupazione delle donne, dei giovani e delle persone anziane, e gli obiettivi di Barcellona in materia di servizi di custodia di minori sono essenziali per la sostenibilità dei sistemi pensionistici,
B. considerando che gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo del 2000, segnatamente l’obiettivo 3, riconoscono come principio la pari opportunità tra uomini e donne,
C. considerando che la situazione occupazionale in Europa non è in linea con la strategia di Lisbona che ha per obiettivo maggiori e migliori posti di lavoro, la piena occupazione e l’inclusione sociale soprattutto per le donne,
D. considerando che la dimensione di genere e quella delle relazioni tra le generazioni aggravano il rischio di vedere indebolita la posizione di taluni nel mercato del lavoro, poiché le donne e i lavoratori più anziani ma anche più giovani, assunti sulla base di contratti atipici, hanno minori possibilità di migliorare la propria posizione sul mercato del lavoro,
E. considerando che, in generale, le donne tendono ad avere un percorso occupazionale meno omogeneo e caratterizzato da un andamento salariale lento, mentre gli uomini tendono ad avere un percorso occupazionale continuo con un andamento salariale più sostenuto, il che implica uno scarto in termini di contribuzione al sistema pensionistico e un maggiore rischio di povertà per le donne, rischio che peraltro dura più a lungo essendo maggiore la loro speranza di vita,
1. ritiene che la parità tra uomini e donne debba figurare tra gli obiettivi delle riforme dei regimi di sicurezza sociale e pensionistici, ma sottolinea che le disuguaglianze constatate al riguardo rappresentano essenzialmente delle disuguaglianze indirette, risultanti dalle disparità persistenti sul mercato del lavoro in termini di salari e di prospettive di carriera e dall’ineguale condivisione delle responsabilità familiari e domestiche, per cui si possono veramente correggere solo con misure più globali;
2. insiste a tal fine sulla necessità di disporre di politiche attive per l’occupazione delle donne, dei giovani e delle persone anziane per valorizzare convenientemente la manodopera e le possibilità imprenditoriali e assicurare, sulla base delle contribuzioni ai regimi pensionistici, il diritto a una pensione decente;
3. ricorda che in virtù dell’articolo 141 del trattato CE possono essere adottate azioni positive volte a realizzare la parità salariale e che la giurisprudenza comunitaria considera i contributi sociali alla stregua di un elemento salariale;
4. chiede alla Commissione di approfondire le ricerche e i lavori riguardanti l’impatto dell’individualizzazione dei diritti sociali sulla parità di trattamento tra uomini e donne;
5. invita i governi, le parti sociali e i rappresentanti delle organizzazioni femminili a prestare maggiore attenzione agli effetti possibili o reali delle riforme dei sistemi pensionistici sulla parità tra uomini e donne e a vigilare affinché siano previsti correttivi per garantire tale parità;
6. chiede che la Commissione e gli Stati membri prendano misure urgenti per proibire la discriminazione diretta nei regimi pensionistici professionali, compresa la pratica di basare il livello dei pagamenti e dei contributi su fattori attuariali basati sul sesso;
7. ritiene che gli elementi correttivi seguenti potrebbero costituire elementi di salvaguardia o di promozione della parità tra uomini e donne nell’ambito delle riforme dei sistemi pensionistici, tenendo conto delle differenze di sistema tra gli Stati membri:
- il riconoscimento dei periodi dedicati a conciliare la vita professionale con quella familiare, come i congedi di maternità, i congedi parentali, i periodi dedicati a un congiunto dipendente, le responsabilità connesse con l’educazione, la formazione professionale e la formazione lungo tutto l’arco della vita, ad esempio sotto forma di maggiorazione dei periodi di assicurazione obbligatoria, onde completare i periodi di affiliazione richiesti per dare diritto alla pensione;
- la ripartizione dei diritti a pensione in caso di divorzio[2];
- il mantenimento o la creazione di diritti derivati per il coniuge superstite sotto forma di una pensione vedovile, in particolare per i coniugi che hanno ridotto o cessato l’attività professionale per assumere responsabilità familiari e domestiche;
- le possibilità di concedere una pensione minima nonostante un’affiliazione discontinua o basata su bassi salari;
- l’indicizzazione delle pensioni agli indici dei prezzi e dei salari onde assicurare il mantenimento del potere d’acquisto;
- l’instaurazione di sistemi che consentano la progressiva collocazione a riposo su base volontaria continuando un lavoro a tempo parziale prima e dopo il limite di età per la pensione;
8. ricorda la sua risoluzione del 21 febbraio 1997 sulla situazione dei coniugi che partecipano alle attività dei lavoratori autonomi[3] con cui chiedeva tra l’altro di garantire un’affiliazione individuale obbligatoria del coniuge assistente all’assicurazione pensionistica;
9. ricorda la sua risoluzione del 12 marzo 2008 sulla situazione delle donne nelle zone rurali dell’Unione europea[4], in cui si invita nuovamente la Commissione a presentare una versione rivista della direttiva 86/613/CEE[5] entro fine 2008, che preveda diritti previdenziali e pensionistici autonomi per le donne che aiutano il coniuge nelle aziende agricole;
10. chiede alla Commissione di seguire da vicino le riforme dei regimi pensionistici e previdenziali negli Stati membri, comparando le ripercussioni che hanno avuto finora sull’occupazione femminile e concentrandosi sulle buone pratiche eventualmente riscontrate, in particolare per ridurre gli scarti salariali fra i sessi e contribuire a conciliare meglio lavoro e famiglia.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
9.9.2008 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
17 0 4 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Edit Bauer, Emine Bozkurt, Ilda Figueiredo, Věra Flasarová, Lissy Gröner, Zita Gurmai, Anneli Jäätteenmäki, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Urszula Krupa, Astrid Lulling, Siiri Oviir, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Zita Pleštinská, Teresa Riera Madurell, Eva-Britt Svensson, Anna Záborská |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Gabriela Creţu, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, Mary Honeyball, Filiz Hakaeva Hyusmenova, Maria Petre |
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- [1] Sentenza del 17 maggio 1990 nella causa Barber, Raccolta 1990, pag. I-1889.
- [2] Risoluzione del 21 gennaio 1994 sulla ripartizione dei diritti a pensione a favore delle donne divorziate o separate dal coniuge negli Stati membri della Comunità (GU C 44 del 14.12.1994, pag. 218).
- [3] GU C 85 del 17.3.1997, pag. 186.
- [4] Testi approvati in tale data, P6_TA(2008)0094.
- [5] Direttiva 86/613/CEE del Consiglio dell'11 dicembre 1986 relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità (GU L 359 del 19.12.1986, pag. 56).
PARERE della commissione per i problemi economici e monetari (11.9.2008)
destinato alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali
sul futuro dei sistemi pensionistici e di previdenza sociale: fonti di finanziamento e tendenza all’individualizzazione
(2007/2290(INI))
Relatrice per parere: Ieke van den Burg
SUGGERIMENTI
La commissione per i problemi economici e monetari invita la commissione per l’occupazione e gli affari sociali, competente per il merito, ad includere i seguenti suggerimenti nella proposta di risoluzione:
1. sottolinea la necessità che gli Stati membri si concentrino sugli obiettivi di medio e lungo termine del Patto di stabilità e crescita (PSC) e assicurino la sostenibilità delle finanze pubbliche in modo da far fronte alla crescente pressione esercitata dall’invecchiamento della popolazione; rileva che in data 5 aprile 2008, il Consiglio ha stabilito la necessità di spostare l’attenzione rivolta alla spesa sociale dal volume di spesa ai traguardi concreti e ai risultati; auspica che il Consiglio rifletta sull’opportunità di apportare ulteriori miglioramenti al PSC, permettendo ad esempio che gli investimenti orientati ad una prospettiva di più lungo termine siano contabilizzati su un periodo di tempo maggiormente dilazionato;
2. sottolinea che gli Stati membri dovrebbero concepire le loro politiche finanziarie in modo sostenibile dividendo equamente gli oneri fiscali tra lavoratori, consumatori, imprese e redditi da capitali, e anche tra generazioni;
3. sottolinea che un regime pensionistico sostenibile deve essere adattato alla sfide demografiche ed economiche e sottolinea che, laddove vi sia una ampia disponibilità, una struttura a tre pilastri costituisce un’opzione equilibrata; suggerisce che le pensioni statutarie (primo pilastro) dovrebbero essere affiancate da sistemi pensionistici integrativi a finanziamento collettivo (secondo pilastro) e da fondi pensione individuali supplementari rientranti nel terzo pilastro; sottolinea il valore dei sistemi pensionistici a finanziamento collettivo, che abbinano la solidarietà a rendimenti spesso elevati in virtù di fattori quali di strategie di investimento di ampio volume, di lungo periodo e prudenti, ma redditizie; invita la Commissione a elaborare un quadro adeguato e fattibile di regolamentazione e vigilanza dei prodotti pensionistici paneuropei; sottolinea che un mercato interno delle pensioni integrative e del terzo pilastro consentirebbe ai cittadini di usufruire della portabilità delle pensioni integrative, stimolerebbe la concorrenza e ridurrebbe il costo dei risparmi per la pensione;
4. ricorda la sua risoluzione sui servizi finanziari (2005/2010)[1] e sottolinea l’importanza di mettere a punto un mercato europeo dei sistemi pensionistici e di previdenza sociale che sia trasparente e flessibile, riducendo le barriere fiscali e gli ostacoli alla trasferibilità dei diritti pensionistici da uno Stato membro all’altro; esprime il parere che per la creazione di un mercato interno delle pensioni è necessario un quadro europeo di regolamentazione dei prodotti pensionistici;
5. esorta la Commissione a procedere urgentemente ad una revisione della direttiva 2003/41/CE, sulla base del parere del Comitato delle autorità europee di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali e mediante un valutazione di impatto per esaminare gli aspetti relativi ai campi di condizioni omogenee tramite differenze di calcolo e ipotesi per misurare le passività; sottolinea come tale regime potrebbe fondarsi su un’estensione di ,alcuni aspetti di “Solvency II” ai fondi pensionistici pur tenendo conto delle specificità di tali istituzioni, come ad esempio il carattere di lungo termine dei sistemi pensionistici che gestiscono e il tipo di copertura di rischio o di garanzie forniti dai fondi pensionistici; ritiene che tale regime speciale di solvibilità potrà rafforzare la stabilità finanziaria ed evitare un arbitrato regolamentare;
6. rammenta che la Corte di giustizia si è pronunciata contro gli ostacoli alle esenzioni fiscali sul versamento di contributi pensionistici transfrontalieri; sottolinea che gli sgravi fiscali offrono i migliori incentivi per i risparmi a lungo termine e che può risultare necessario il raggiungimento di un livello più approfondito di armonizzazione al fine di rimuovere tutti gli ostacoli ai contributi transfrontalieri per i regimi pensionistici;
7. rileva la tendenza attuale verso il passaggio dai sistemi pensionistici su base retributiva a sistemi su base contributiva ed è preoccupato per il calo sul fronte dei contributi versati dai datori di lavoro, che accompagna tale tendenza; sottolinea la necessità di rafforzare i livelli di partecipazione e di contributi dei lavoratori nei regimi pensionistici esistenti per assicurare un reddito pensionistico adeguato agli interessati e sostiene la necessità da parte dei datori di lavoro di continuare a versare contributi sufficienti, in particolare ai regimi pensionistici contributivi; è preoccupato per il fatto che la prevista revisione dell’IAS 19, come ad esempio nel caso della possibile abolizione del cosiddetto "approccio corridoio", potrebbe comportare modifiche significative ai regimi pensionistici che devono essere valutate attentamente, in particolare per quanto riguarda eventuali conseguenze negative sull’interesse che possono avere determinati regimi pensionistici;
8. pone l’accento sui finanziamenti fondati sulla solidarietà quale elemento cruciale nei sistemi sanitari degli Stati membri; sottolinea che il potenziamento dei diritti di accesso ai servizi sanitari transfrontalieri non deve arrecare pregiudizio a tale solidarietà e deve tenere in debita considerazione la struttura e le peculiarità dei piani nazionali di finanziamento della sanità, così da garantire un accesso all’assistenza sanitaria sostenibile, equo e universale.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
9.9.2008 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
37 1 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Mariela Velichkova Baeva, Paolo Bartolozzi, Zsolt László Becsey, Pervenche Berès, Sebastian Valentin Bodu, Sharon Bowles, Udo Bullmann, Manuel António dos Santos, Christian Ehler, Elisa Ferreira, José Manuel García-Margallo y Marfil, Jean-Paul Gauzès, Robert Goebbels, Donata Gottardi, Gunnar Hökmark, Karsten Friedrich Hoppenstedt, Othmar Karas, Christoph Konrad, Guntars Krasts, Kurt Joachim Lauk, Andrea Losco, Astrid Lulling, Gay Mitchell, Sirpa Pietikäinen, John Purvis, Alexander Radwan, Bernhard Rapkay, Heide Rühle, Eoin Ryan, Antolín Sánchez Presedo, Olle Schmidt, Peter Skinner, Ieke van den Burg |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Harald Ettl, Piia-Noora Kauppi, Vladimír Maňka, Bilyana Ilieva Raeva, Margaritis Schinas |
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- [1] Testi adottati, P6_TA(2007)0338
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
7.10.2008 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
36 2 1 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Jan Andersson, Edit Bauer, Iles Braghetto, Philip Bushill-Matthews, Milan Cabrnoch, Alejandro Cercas, Ole Christensen, Derek Roland Clark, Luigi Cocilovo, Jean Louis Cottigny, Jan Cremers, Proinsias De Rossa, Harlem Désir, Richard Falbr, Ilda Figueiredo, Roger Helmer, Stephen Hughes, Karin Jöns, Ona Juknevičienė, Raymond Langendries, Elizabeth Lynne, Thomas Mann, Maria Matsouka, Elisabeth Morin, Juan Andrés Naranjo Escobar, Csaba Őry, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Rovana Plumb, Bilyana Ilieva Raeva, José Albino Silva Peneda, Jean Spautz, Gabriele Stauner, Ewa Tomaszewska, Anne Van Lancker |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Françoise Castex, Petru Filip, Richard Howitt, Jamila Madeira, Csaba Sógor |
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