RELAZIONE sulla situazione delle donne nei Balcani

11.11.2008 - (2008/2119 (INI))

Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere
Relatrice: Zita Gurmai

Procedura : 2008/2119(INI)
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A6-0435/2008
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A6-0435/2008
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla situazione delle donne nei Balcani

(2008/2119 (INI))

Il Parlamento europeo,

–   visti gli articoli 6 e 49 del trattato sull’Unione europea,

–   vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

–   vista la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979,

–   vista la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza del 2000,

–   visti i lavori della Conferenza di Vienna sui diritti umani del 1993, che ha affermato i diritti umani e condannato la violazione di tali diritti in nome della cultura o della tradizione,

–   vista la dichiarazione di Bruxelles sulla prevenzione e la lotta contro la tratta di esseri umani adottata il 20 settembre 2002,

–   viste le relazioni della Commissione del 2007 sui progressi compiuti dai paesi candidati e potenziali candidati,

–   vista la comunicazione della Commissione del 25 ottobre 2007 intitolata "Verso una risposta dell’Unione alle situazioni di fragilità – l’intervento in circostanze difficili per lo sviluppo sostenibile, la stabilità e la pace" (COM(2007)0643),

–   vista la comunicazione della Commissione del 5 marzo 2008 intitolata "Rafforzare la prospettiva europea dei Balcani occidentali" (COM(2008)0127),

–   viste le attività e la relazione sui progressi del Gruppo d’azione sulle pari opportunità che opera ai sensi del Patto di stabilità per l’Europa sud-orientale (2004),

–   visto lo studio "La situazione delle donne nei paesi balcanici: prospettiva comparativa" condotto da Marina Blagojević per conto del Parlamento europeo (Belgrado, febbraio 2003),

–   vista la sua risoluzione del 22 aprile 2004 sulle donne nell’Europa sud-orientale[1],

–   viste le sue risoluzioni del 6 luglio 2005[2] e del 13 febbraio 2007[3] sul ruolo delle donne in Turchia nella vita sociale, economica e politica,

–   vista la sua risoluzione del 1 giugno 2006 sulla situazione delle donne rom nell'Unione europea[4],

–   viste le conclusioni della conferenza internazionale "Le donne nella risoluzione di conflitti", svoltasi a Lubiana il 21 e 22 giugno 2008 presso l’Institutum Studiorum Humanitatis, la facoltà post lauream di scienze umanistiche di Lubiana,

–   vista la norma 45 del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (A6‑0435/2008),

1.  ritiene che la prosecuzione della stabilizzazione economica e la creazione di istituzioni democratiche nei paesi dei Balcani richieda la partecipazione attiva delle donne (dal momento che rappresentano poco più della metà della popolazione);

2.  nota con apprensione che le leggi sull'uguaglianza di genere e le relative pratiche (a livello istituzionale, finanziario e umano) non sono pienamente garantite nonostante esista una differenza fra i paesi che hanno avviato i negoziati di adesione e i paesi che non lo hanno fatto;

3.  sottolinea l'importanza delle pari opportunità per le donne e di una partecipazione paritaria al mercato del lavoro, condizioni indispensabili per l'indipendenza economica delle donne, per la crescita economica nazionale e per la lotta contro la povertà, alla quale le donne sono più esposte degli uomini;

4.  osserva che i tagli ai servizi sociali e alla spesa pubblica, ad esempio per l'assistenza sanitaria, l'assistenza all'infanzia e alle famiglie, hanno colpito le donne in maniera sproporzionata; rileva che questi benefici e servizi frangia precedentemente concessi consentivano alle donne di accedere al lavoro retribuito e conseguentemente di conciliare la vita lavorativa e familiare;

5.  rileva con preoccupazione che le donne, di norma meno rappresentate sul mercato del lavoro, sono invece presenti in sovrannumero in alcuni mestieri (tradizionalmente "femminili") laddove la loro situazione, soprattutto nelle aree rurali, è più precaria; a tal proposito richiede misure specifiche per scongiurare la femminilizzazione dei settori "scarsamente retribuiti"; esprime inoltre preoccupazione riguardo al fenomeno del cosiddetto "divario retributivo dovuto al genere" nonché al fatto che le donne incontrino difficoltà a fondare una propria impresa;

6.  invita i governi dei paesi nei Balcani a istituire un quadro giuridico che consenta una retribuzione uguale per entrambi i sessi, a sostenere le donne nel conciliare vita privata e professionale e a fornire a questo scopo istituti per l'assistenza all'infanzia e agli anziani di buona qualità, accessibili e dal costo sostenibile, nonché a rimuovere gli ostacoli all'imprenditoria femminile;

7.  sottolinea l'importanza della formazione al fine di sradicare gli stereotipi di ruolo, sia maschile che femminile, e culturali, ed evidenzia il fatto che il sistema formativo stesso dovrebbe evitare di promuovere percorsi stereotipati, compresa la scelta della carriera professionale;

8.  attira l’attenzione sulle condizioni nel complesso insufficienti dell’infrastruttura sanitaria, soprattutto nelle aree rurali, e invita i governi a garantire alle donne un monitoraggio regolare del tumore alla cervice uterina e al seno nonché dell’HIV/AIDS, al quale le donne sono più esposte degli uomini; evidenzia infine l’importanza della riabilitazione psicologica e medica delle donne vittime di guerra;

9.  ritiene che le donne nei Balcani, che hanno subito la guerra, non dovrebbero più essere considerate soltanto come vittime di guerra, quanto piuttosto come fautrici della stabilizzazione e risoluzione di conflitti; sottolinea il fatto che le donne nei Balcani in generale possono assumersi questo ruolo soltanto se sono rappresentate pariteticamente nel processo decisionale a livello politico ed economico; è favorevole alle quote e invita i paesi che non lo hanno ancora fatto a promuovere la rappresentanza femminile e ove necessario ad introdurre in maniera efficace quote femminili in seno ai partiti politici e alle assemblee nazionali, e incoraggia i paesi che lo stanno già facendo a continuare per garantire la partecipazione delle donne alla vita politica superando la loro sottorappresentazione e ad implementare azioni positive in vista di rimuovere il cosiddetto "glass ceiling" ("soffitto di vetro") affinché uomini e donne siano sensibilizzati sin dall'infanzia sul tema della cittadinanza e possano impegnarsi a tal proposito;

10. nota con preoccupazione che, nonostante il quadro legislativo recentemente instaurato nella maggior parte dei paesi balcanici, la violenza domestica e gli abusi verbali permangono; invita pertanto i paesi interessati ad adottare le misure necessarie per creare case di accoglienza per le vittime e garantire che le istituzioni incaricate dell’applicazione della legge, le autorità giuridiche e i funzionari pubblici diventino più sensibili a questo fenomeno;

11. sottolinea che la violenza domestica è ancor più diffusa rispetto a quanto emerga dai dati esistenti e che, anche negli Stati che dispongono di una legislazione specifica in materia, le statistiche e i dati a tal riguardo risultano frammentari, non sono standardizzati e sono raccolti in modo non soddisfacente;

12. sottolinea l’importanza delle campagne di sensibilizzazione nella lotta contro gli stereotipi, la discriminazione (basata su questioni inerenti il genere, la cultura o la religione) e la violenza domestica, e in favore dell’uguaglianza di genere nel suo complesso; rileva che tali campagne dovrebbero essere integrate dalla promozione di un’immagine positiva attraverso modelli femminili nei media e nella pubblicità, nei materiali didattici e in Internet;

13. accoglie favorevolmente la recente evoluzione del quadro legislativo e istituzionale che riflette un forte impegno volto a garantire pari opportunità tra uomini e donne nei paesi interessati; al contempo ribadisce che sono necessarie misure rigorose affinché queste disposizioni possano essere pienamente implementate nella pratica;

14. esorta i governi dei Balcani a intraprendere azioni per aprire la via all'attuazione di un approccio integrato in materia di parità di genere, a tutti i livelli e in tutti i settori della vita politica e sociale;

15. invita gli Stati membri ad approvare, qualora non l'abbiano ancora fatto, i piani nazionali relativi all'attuazione della risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ad attuarli nel momento in cui si occuperanno dei paesi dei Balcani;

16. nota con preoccupazione che i paesi dei Balcani sono paesi di transito nell'ambito della tratta degli esseri umani, e che generalmente le vittime di tale tratta sono le donne e i bambini; sottolinea che l'uguaglianza di genere, le campagne di sensibilizzazione, le iniziative contro la corruzione e la criminalità organizzata sono essenziali per prevenire nei Balcani fenomeni negativi come la prostituzione e la tratta e tutelare le potenziali vittime;

17. invita i paesi dei Balcani ad adottare misure urgenti volte a contrastare la prostituzione, in particolare la prostituzione e la pornografia infantili, a rafforzare le sanzioni previste per la coercizione o l'incitamento alla prostituzione e/o per aver preso parte alla realizzazione di materiale pornografico, rendendo la pedopornografia su Internet passibile di sanzioni penali;

18. sottolinea l'importanza delle ONG e delle organizzazioni femminili nell'individuare i problemi delle donne e trovarvi soluzioni adeguate, e in particolare del Gruppo d'azione sulle pari opportunità che opera ai sensi del Patto di stabilità per l'Europa sud-orientale nello sviluppare i processi democratici e la stabilità nella regione; incoraggia il lavoro di tali ONG e suggerisce di condividere le migliori pratiche in materia di uguaglianza di genere tra i paesi interessati, nonché con le reti di ONG europee;

19. invita la Commissione a stanziare fondi di preadesione volti a rafforzare i diritti delle donne nei Balcani, in particolare attraverso ONG ed organizzazioni femminili;

20. chiede alla Commissione di esercitare un attento monitoraggio e pressioni affinché siano soddisfatti i criteri di Copenaghen, soprattutto per quanto concerne le pari opportunità per donne e uomini e i diritti delle donne nei paesi candidati e potenziali candidati; invita inoltre i paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani ad armonizzare la loro legislazione in materia di lotta alla discriminazione e uguaglianza di genere con l’acquis communautaire, in vista di un possibile accesso futuro;

21. invita la Commissione a garantire che la politica definita nella suddetta comunicazione della Commissione del 5 marzo 2008, volta a rafforzare le ONG nei Balcani occidentali, sia orientata in particolar modo sulla garanzia di una partecipazione delle donne nella società civile;

22. sottolinea che le donne rom sono oggetto di diverse forme di discriminazione (razziale, etnica, di genere) e sono più esposte alla povertà e all'esclusione sociale, per cui occorrerebbe sviluppare un approccio olistico al fine di affrontare tali problemi; le donne rom in particolare sono vittima di pregiudizi in molti paesi e risentono della mancanza di cittadinanza, hanno un accesso limitato a un'istruzione di qualità, non riescono ad accedere ai servizi sanitari, le loro condizioni di vita sono inadeguate, il loro tasso di disoccupazione è elevato e il loro livello di partecipazione politica e pubblica nella società è minimo;

23. nota con preoccupazione la mancanza di informazioni e indicatori statistici aggiornati che possano contribuire a valutare la situazione delle donne nei Balcani;

24. invita i paesi candidati e potenziali candidati nei Balcani a fornire garanzie in merito alla completa eliminazione di tutte le forme di discriminazione e pregiudizio nei confronti delle donne che sono oggetto di diverse forme di discriminazione, in particolare le donne rom; invita i paesi dei Balcani a introdurre una strategia antidiscriminazione efficace e pratica, da attuare a tutti i livelli (nazionale e locale);

25. invita l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere anche a estendere i controlli relativi all'uguaglianza di genere ai paesi dei Balcani, prestando particolare attenzione ai paesi candidati;

26. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai Parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati e potenziali candidati in questione.

MOTIVAZIONE

La relazione si propone di esaminare le problematiche legate al genere e la situazione delle donne che abitano nei Balcani. Dal punto di vista geografico, la relazione si concentra sui paesi candidati all’accesso (Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia[1]) e sui paesi potenziali candidati: (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia, Kosovo ai sensi dell’UNSCR 1244).

Negli ultimi due decenni questi paesi hanno subito profonde trasformazioni. La relazione non prende in esame gli eventi del passato, bensì si concentra sui problemi attuali riguardanti la condizione delle donne; la situazione odierna dovrebbe tuttavia essere esaminata alla luce della storia, dal momento che è contrassegnata da guerre, conflitti etnici, trasformazioni politiche ed economiche, creazione di nuovi paesi (anche in tempi molto recenti), migrazione ecc.

Il processo di stabilizzazione democratica è in corso ma resta ancora molto da fare. A tal fine è necessaria la partecipazione delle donne, che possono giocare un ruolo di primo piano nel processo di democratizzazione e stabilizzazione della regione soltanto se sono loro garantite pari possibilità e opportunità. Purtroppo la situazione nei paesi summenzionati non sembra rispecchiare questo profilo.

È molto difficile valutare l’uguaglianza di genere in questi paesi, dal momento che non sono accessibili dati affidabili e aggiornati. Naturalmente esistono alcune eccezioni alla regola[2], ma nella maggior parte dei casi i dati disponibili sono obsoleti. La relazione copre le seguenti aree di interesse che risultano maggiormente problematiche per quanto concerne i diritti delle donne e i temi legati all’uguaglianza di genere.

Le donne sul mercato del lavoro

L’indipendenza economica delle donne è un fattore chiave ai fini dell’uguaglianza di genere. Le donne dovrebbero beneficiare di pari condizioni di accesso al mercato del lavoro e a lavori di qualità. In tutti i paesi summenzionati, il problema della disoccupazione riguarda più le donne che gli uomini. Ciò non significa che le donne non lavorino, al contrario: sono costrette a lavorare sul mercato del lavoro "informale" e a svolgere mansioni non dichiarate, ivi inclusi i lavori domestici, prendendosi cura degli anziani e dei bambini.

Inoltre, perfino le donne impiegate formalmente sono più esposte a cattive condizioni di lavoro e alla disoccupazione, poiché la loro presenza si concentra prevalentemente in settori tradizionalmente "femminili", che comportano una retribuzione minore e un livello di sicurezza inferiore. Inoltre, in ciascun segmento del mercato del lavoro esiste il fenomeno del "divario retributivo dovuto al genere", per cui le donne guadagnano meno dei loro colleghi maschi per lo stesso lavoro. (Il divario di retribuzione varia tra i singoli paesi, passando dal 9% in Slovenia – uno dei risultati migliori anche nella UE – a livelli molto più elevati nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia (FYROM) e in Serbia, ma i dati o non sono disponibili o non consentono raffronti.)

I governi dovrebbero garantire che la legislazione vigente in materia di lotta alle discriminazioni e/o di uguaglianza di genere assicuri pari opportunità alle donne e agli uomini per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro. Il solo quadro legislativo non è tuttavia sufficiente, e le leggi dovrebbero anche essere implementate e osservate e rispettate pienamente. La relatrice si compiace che in numerosi paesi della regione l’adozione di leggi in materia di uguaglianza di genere, contro la violenza e contro le discriminazioni[3] durante gli ultimi cinque anni rappresenti uno dei principali sviluppi positivi.

Un altro importante aspetto da prendere in considerazione per quanto riguarda le donne sul mercato del lavoro è la conciliazione tra vita privata e professionale. La custodia e l’educazione dei figli dovrebbero essere condivise tra uomini e donne, e gli uomini dovrebbero essere incoraggiati in tal senso. Inoltre, esiste un grande fabbisogno di strutture di assistenza all’infanzia di buona qualità, accessibili e dal costo sostenibile. La disponibilità di tali istituzioni varia da un paese all’altro. Nel complesso, la situazione risulta peggiore nelle aree rurali dove la limitata disponibilità di servizi sociali (inclusa l’assistenza all’infanzia) si traduce in un onere maggiore a carico delle donne. Il conseguimento degli obiettivi di Barcellona[4], base di buoni indicatori, è auspicabile, ma è necessario un impegno maggiore in questa direzione.

La lotta contro gli stereotipi

Oltre alle barriere legislative, sono gli stereotipi e l’immagine negativa delle donne ad impedire che queste ultime possano beneficiare di pari opportunità. Questa immagine è profondamente radicata nella società e a volte rafforzata da differenze culturali e discriminazioni di matrice etnica e/o razziale. Nella maggior parte di questi paesi, tale atteggiamento è diffuso nelle scuole (materiale didattico), nei media (televisione, libri, giornali, radio) e in Internet.

Sono necessarie campagne destinate ad accrescere la consapevolezza per forgiare una diversa opinione pubblica. Questo processo dovrebbe iniziare in giovane età: i materiali didattici nelle scuole dovrebbero promuovere un’immagine più positiva delle donne, ritraendole impegnate al lavoro, indipendenti e pari agli uomini. Ciò risulta di particolare importanza nel processo volto a sradicare gli stereotipi nei modelli di carriera e la femminilizzazione di alcuni mestieri.

Lo stesso percorso dovrebbe essere seguito nei media e in Internet. Un esempio positivo è quello offerto dalla FYROM, dove subito dopo l’adozione dell’attuale Strategia della società dell’informazione nazionale, è stato effettuato uno studio inteso ad incrementare la consapevolezza sulla dimensione del genere nell’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’analisi è stata commissionata e finanziata da Akcija Zdruzenska, un’ONG femminile della FYROM[5]. Sul piano dell’istruzione, un esempio di rilievo è stato fornito dall’Albania, dove l’Università di Tirana offre un curriculum universitario avanzato in materia di genere e sviluppo (dal 2006)[6].

La salute delle donne

Nella maggior parte dei paesi dei Balcani esaminati nella presente relazione, la transizione che ha interessato il sistema politico ed economico ha inciso negativamente sul sistema di prevenzione sanitaria statale e i servizi forniti. In molti casi ciò è imputabile a un’inadeguata privatizzazione.

Esistono patologie alle quali le donne sono particolarmente esposte (tumore cervicale dell'utero, tumore al seno) e che pertanto richiedono uno screening regolare. In alcuni paesi (per esempio la FYROM) questa esigenza è stata riconosciuta, ma mancano adeguati finanziamenti pubblici a favore di questi programmi (un esempio positivo è dato dalla Croazia che mette a disposizione vaccinazioni gratuite contro il tumore cervicale dell'utero). Si dovrebbero fornire maggiori informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili e si dovrebbe dedicare particolare attenzione alla riabilitazione psicologica e fisica delle donne che vittime di stupro e delle donne vittime di abusi durante le guerre o i conflitti etnici.

Le donne nei processi decisionali

Le donne non dovrebbero più essere viste soltanto come vittime di guerre e conflitti ma possono e devono avere il ruolo di fautrici di pace e stabilizzazione. Al fine di contribuire a questo processo devono rivestire posizioni decisionali a livello sia politico sia economico. Più specificatamente, l’obiettivo a livello politico dovrebbe essere la partecipazione e rappresentazione paritaria delle donne in seno ai partiti politici, alle assemblee nazionali e ai governi. Tale obiettivo dovrebbe essere conseguito mediante l’introduzione di apposite quote.

Nel settore privato l’applicazione delle suddette quote potrebbe non rivelarsi una soluzione praticabile. Tuttavia, il numero delle donne nelle posizioni di punta dovrebbe essere maggiore, e il loro ruolo non dovrebbero essere limitato alle posizioni manageriali. I governi devono garantire la corretta implementazione della legislazione esistente in materia e condannare il fenomeno dei cosiddetti "soffitti di vetro". Le donne non dovrebbero essere in nessun caso escluse da posizioni decisionali di responsabilità in campo economico. Alle donne dovrebbe inoltre essere offerta l’opportunità di rappresentare gli interessi delle donne a un livello superiore, dal momento che l’esperienza dimostra che le donne ai vertici aziendali riescono a comprendere meglio i problemi femminili e sono più disposte a proporre condizioni di lavoro flessibili che potrebbero aiutare le donne a conciliare vita professionale e domestica.

Violenza sulle donne

In materia di violenza sulle donne e violenza domestica dovrebbe essere adottata una politica di tolleranza zero, non circoscritta unicamente ad azioni legislative. Infatti, bisognerebbe implementare correttamente le leggi, organizzando campagne per accrescere la consapevolezza in materia e offrendo corsi di formazione dei funzionari pubblici e degli agenti di polizia per affrontare adeguatamente le situazioni di violenza contro le donne e la violenza domestica. La creazione di case rifugio per le vittime rappresenta un ulteriore elemento indispensabile.

Un esempio eccellente in questo senso è quello fornito dalla Campagna nazionale per la prevenzione della violenza basata sul genere lanciata dal CESI. Il Centro di formazione, consulenza e ricerca CESI, in collaborazione con l’Open Media Group (OMG), ha iniziato nel 2007 ad implementare la Campagna nazionale per la prevenzione della violenza basata sul genere, che si propone di sensibilizzare i giovani su questa problematica e di prevenire la violenza basata sul genere. Tale iniziativa comprende la ricerca sulla violenza basata sul genere nella popolazione adolescente, una campagna mediatica, seminari di formazione rivolti agli insegnanti delle scuole secondarie, dibattiti pubblici, presentazioni di opere create da giovani, attività di patrocinio e iniziative politiche pubbliche.[7]

Tratta di esseri umani

La tratta di esseri umani, soprattutto di donne e bambini, è un fenomeno globale. La lotta contro di esso dovrebbe concentrarsi da un lato sul crimine organizzato, dall’altro sull’eliminazione delle principali cause del fenomeno, anche garantendo i diritti delle donne e la loro indipendenza economica. Le donne prive di lavoro e di reddito fisso diventano facilmente vittime di tali tratte (prostituzione forzata, lavoro forzato o rimozione forzata di organi). Questo è il motivo per cui l’accesso paritario delle donne e la piena integrazione nel mercato del lavoro rivestono la massima importanza.

Al fine di migliorare la situazione delle donne nei Balcani e individuare soluzioni in merito, è fondamentale l’intervento dell’Unione europea. Un’ulteriore cooperazione e lo scambio di migliori prassi tra le organizzazioni femminili locali e le ONG internazionali potrebbero inoltre contribuire a migliorare la situazione. Nelle conclusioni della conferenza internazionale sul ruolo delle donne nella risoluzione di conflitti svoltasi a Lubiana il 21 e 22 giugno 2008 presso l’Institutum Studiorum Humanitatis, la facoltà post lauream di scienze umanistiche di Lubiana, si legge: "È emerso che i risultati migliori dell’implementazione della risoluzione 1325 sono stati ottenuti in Kosovo, dove le agenzie internazionali e il movimento nazionale delle donne hanno lavorato fianco a fianco nell’ambito di una strategia associata, riuscendo a emanare rigorose normative in materia di quote per le elezioni nazionali e locali, nonché a formare e sensibilizzare polizia ed esercito ai diritti umani delle donne e alle esigenze nella situazione post-conflitto."

È evidente che la possibilità di un futuro accesso all’Unione europea rappresenta una forte motivazione per i paesi candidati e per quelli che hanno lo status di potenziali candidati al fine di sviluppare politiche adeguate. Pertanto i diritti umani e i diritti delle donne rappresentano parametri fondamentali da adempiere in tutti questi paesi. Si dovrebbe predisporre un accurato monitoraggio durante il processo di negoziazione e ottenere risultati tangibili prima dell’adesione.

ALLEGATO

Tabella comparativa

Paese

Legge sulla parità di genere

Quota dei generi nell'assemblea nazionale1

Ente della parità di genere

Studi di genere

Altro

Albania

Si, legge sulla parità di genere del luglio, 20085, esauriente

Si, nessuna lista può avere oltre il 70% dei candidati dello stesso sesso (attualmente le donne sono il 7,2% )

Ministero del lavoro, Affari sociale e pari opportunità

Istituto degli studi di genere dell'Università di Tirana4

Strategia nazionale sulla parità di genere e la violenza domestica 2007-20103

Bosnia ed Erzegovina

Si, legge sulla parità di genere in Bosnia ed Erzegovina del 20036

Si, 1 candidato del sesso sottorappresentato deve essere incluso tra i primi 2 candidati di lista, 2 tra i primi 5 candidati, 3 tra i primi 8 candidati, almeno 1/3 del sesso sottorappresentato dovrebbe essere incluso sulle liste di partito (attualmente le donne sono il 13,3%)

Assemblea parlamentare - Commissione per la parità di genere, Ministero dei diritti umani e dei profughi di Bosnia e Erzegovina - Agenzia per la parità di genere, Centro di federazione BiH7

Programma di Master in studi di genere (2008-2010), Università di Sarajevo8

Piano d'azione di genere di Bosnia ed Erzegovina9

Croazia

Si, legge sulla parità di genere del 2008 e legge sull'antidiscriminazione del 200810

Non esiste una quota (attualmente le donne rappresentano il 20,9%)

Commissione parlamentare sulla parità di genere; Mediatrici per la parità di genere; Ufficio del governo per la parità di genere

Centro per gli studi sulle donne11

Terza politica nazionale per la promozione della parità di genere 2006-2008; • Programma nazionale per la prevenzione della tratta di esseri umani 2005-2008 12

FYROM13

Si, legge sulle pari opportunità di uomini e donne del 2006

Si, esiste ed è pari al 30% un risultato raggiunto (attualmente le donne rappresentano il 32%)

Commissione dell'assemblea nazionale sulla parità di genere

Programma di studi di genere all'Università di Stato: St. Cyril e Methodius Università di Skopje, Scienze sociali, Facoltà di filosofia iniziato nel 2007

Strategia nazionale per la protezione della violenza domestica 2008-2011, adottata nell'aprile 2008

Kosovo ai sensi dell' UNSCR 12442

Si, legge sulla parità di genere nel 2004

Si, la quota corrisponde al 30%

Ufficio del Kosovo sulla parità di genere, a livello nazionale presso il gabinetto del Primo Ministro

La creazione di una struttura (istituto/centro) per studi di genere è previsto nel programma della parità di genere

Programma del Kosovo per la parità di genere 2008-2013, preparato dal gabinetto del Primo Ministro

Repubblica di Moldova15

Si, sulla garanzia delle pari opportunità per le donne e gli uomini nel 200614

Non esiste una quota (attualmente le donne sono il 20,8%)

Ministero del lavoro, protezione sociale e della famiglia, Direzione generale pari opportunità e prevenzione delle violenze

Centro per studi comunitari di sociologia e di genere (CSCSG)

Primo Ministro donna, piano d'azione nazionale per promuovere la parità di genere

Montenegro17

Si, legge sulla parità di genere nel 200716

N.d. (attualmente le donne rappresentano l'11,1 %)

Ministero della salute, del lavoro e della sicurezza sociale e Ufficio per la parità di genere di Montenegro19

ANIMA - Centro per studi sulla pace e sulle donne Monenegro18

Strategia nazionale per la parità di genere; progetto per la parità di genere del Montenegro (2007-2009)20

Serbia

Non è stata ancora adottata nessuna legislazione, tranne la dichiarazione e la decisione sulla parità di genere dell'assemblea di AP Vojvodina 21

Esiste una quota, infatti nell'assemblea nazionale è prevista pari rappresentanza dei due generi e dei vari membri delle minoranze nazionali (attualmente le donne rappresentano il 21,6%)22

Consiglio per la parità di genere attualmente presieduto dal Ministero del lavoro, dell'occupazione della politica sociale; commissione dell'assemblea nazionale per la parità di genere; Centro di genere della Repubblica Srpska24

È necessaria una maggiore istituzionalizzazione

Piano d'azione nazionale in corso d'attuazione23

Fonti:

               1. http://www.quotaproject.org/

               2. Women for Women International, Kosova: www.womenforwomen.org

      3. http://www.mpcs.gov.al/dshb/content/view/74/5/lang,en/

               4. http://see.oneworldsee.org/article/view/143043/1/

               5. http://www.womankind.org.uk/albania.html

               6. http://www.arsbih.gov.ba/?PID=3&RID=71

               7. http://www.fgenderc.com.ba/en/o_gender_centru.html

               8. http://www.cps.edu.ba/CIPSdocs/call_for_applications_2008-18_July_2008.pdf

               9. http://gender.undp.ba/index.aspx?PID=3&RID=84

               10. http://www.balkaninsight.com/en/main/news/11835/

               11. http://www.zenstud.hr/

               12. http://www.undp.hr/show.jsp?page=62943 and http://www.stopvaw.org/sites/3f6d15f4-c12d-4515-8544-26b7a3a5a41e/uploads/CROATIA_VAW_FACT_SHEET_2006.pdf

               13. The Association for Emancipation, Solidarity and Equality of Women of the Republic of Macedonia and Ms. Susannah Petrie, Member of Advisory Body, Ministry of Foreign   Affaires, Republic of Macedonia

               14. http://www.stopvaw.org/Moldova_Law_on_Gender_Equality_Passed_February_9_2006.html

               15. http://www.gender-centru.md/en/situation.html

               16. http://www.legislationline.org/legislation.php?tid=99&lid=8315&less=false

               17. http://europeandcis.undp.org/environment/montenegro/show/B849CA14-F203-1EE9-B337BA74982D23A7

               18. http://www.gender.vlada.cg.yu/files/1216719484.ppt

               19. http://www.gender.vlada.cg.yu/files/1216719484.ppt

               20. http://www.gov.me/eng/gender/vijesti.php?akcija=rubrika&rubrika=105

               21. http://see.oneworldsee.org/article/view/147707/1/

               22. http://see.oneworldsee.org/article/view/151092/1/

               23. http://europeandcis.undp.org/gender/show/B861E39E-F203-1EE9-BB6A9B82C79B1E39 and http://www.eaea.org/news.php?aid=13515&k=2088&%20d=2007-05

               24. http://www.parlament.sr.gov.yu/content/eng/aktivnosti/skupstinske_detalji.asp?Id=1287&t=A

  • [1]  La Turchia andrebbe inserita in questo gruppo ma, dal momento che le relazioni della commissione FEMM (INI 2004/2215 e INI 2006/2214 a cura di Emine Bozkurt) hanno affrontato il tema in dettaglio, la relatrice non ha incluso questo paese nella presente rassegna.
  • [2]  Di seguito si forniscono alcuni esempi. Croazia: La qualità della vita in Croazia: i risultati chiave della ricerca nazionale http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2007/29/en/1/ef0729en.pdf; Bosnia ed Erzegovina: Comitato di Helsinki per i diritti umani in Bosnia ed Erzegovina: relazione sullo stato dei diritti umani in Bosnia ed Erzegovina, analisi relativa al periodo gennaio-dicembre 2007: http://www.bh-hchr.org/Reports/Report%20on%20the%20status%20of%20HR%20for%202007.doc; Repubblica di Croazia – Ufficio centrale di statistica: Donne e uomini in Croazia 2007; Donne e uomini nella Federazione di Bosnia and Erzegovina 2006; Montenegro: http://www.monstat.cg.yu/EngPublikacije.htm
  • [3]  Di seguito si forniscono alcuni esempi. FYROM: Legge del 2006 sulle pari opportunità tra donne e uomini, emendamenti al Codice penale relativi ai crimini contro la libertà sessuale del 2004, Piano d’azione in materia di genere 2007-2012; Montenegro: Legge del 2007 sull’uguaglianza di genere; Bosnia ed Erzegovina: Legge del 2003 sull’uguaglianza di genere, istituzione del Centro studi di genere nel 2005; Serbia: non esiste alcun regolamento in materia di uguaglianza di genere, ma è stato istituito un Centro di ricerca sul genere e l’etnicità; Croazia: nuova Legge sull’uguaglianza di genere adottata il 15 luglio 2008, creazione della posizione di Difensore civico per l’uguaglianza di genere nel 2003; Albania: Legge del 2004 sull’uguaglianza di genere.
  • [4]  Nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona ha riconosciuto l’importanza dei servizi all’infanzia in termini di crescita e di pari opportunità, invitando gli Stati membri a "rimuovere i disincentivi alla partecipazione femminile alla forza lavoro e a sforzarsi, tenuto conto della domanda di strutture per la custodia dei bambini e conformemente ai modelli nazionali in materia, di fornire un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni".
  • [5]  Fonte: http://see.oneworldsee.org/article/view/145292/1/
  • [6]  Per ulteriori informazioni: http://see.oneworldsee.org/article/view/143043/1/
  • [7]  Per ulteriori informazioni: http://see.oneworldsee.org/article/view/147167/1/

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

6.11.2008

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

29

0

1

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Emine Bozkurt, Ilda Figueiredo, Věra Flasarová, Claire Gibault, Lissy Gröner, Zita Gurmai, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Urszula Krupa, Roselyne Lefrançois, Astrid Lulling, Angelika Niebler, Siiri Oviir, Doris Pack, Marie Panayotopoulos-Cassiotou, Zita Pleštinská, Anni Podimata, Maria Robsahm, Raül Romeva i Rueda, Eva-Britt Svensson, Britta Thomsen, Anne Van Lancker, Anna Záborská, Iva Zanicchi

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Iratxe García Pérez, Donata Gottardi, Mary Honeyball, Elisabeth Jeggle, Ria Oomen-Ruijten, Maria Petre

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Inger Segelström