RELAZIONE sulla relazione inerente alle pratiche sleali delle società di compilazione degli annuari (petizioni 0045/2006, 1476/2006, 0079/2003, 0819/2003, 1010/2005, 0052/2007, 0306/2007, 0444/2007, 0562/2007 e altre)

13.11.2008 - (2008/2126(INI))

Commissione per le petizioni
Relatore: Simon Busuttil
PR_INI_art192

Procedura : 2008/2126(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
A6-0446/2008

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla relazione inerente alle pratiche sleali delle società di compilazione degli annuari (petizioni 0045/2006, 1476/2006, 0079/2003, 0819/2003, 1010/2005, 0052/2007, 0306/2007, 0444/2007, 0562/2007 e altre)

(2008/2126(INI))

Il Parlamento europeo,

–   viste le petizioni 0045/2006, 1476/2006, 0079/2003, 0819/2003, 1010/2005, 0052/2007, 0306/2007, 0444/2007, 0562/2007 e altre,

–   viste le precedenti deliberazioni della commissione per le petizioni in merito alla petizione n. 45/2006 e altre,

–   vista la direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata)[1], che sostituisce la direttiva 84/450/CEE[2] come modificata dalla direttiva 97/55/CE[3],

–   vista la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (direttiva sulle pratiche commerciali sleali)[4];

–   visto il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori (regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori)[5],

–   vista la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori[6],

   visto lo studio dal titolo "Pratiche ingannevoli delle 'società di compilazione degli elenchi' nel contesto della normativa presente e futura inerente al mercato interno volta a proteggere i consumatori e le PMI" (IP/A/IMCO/FWC/2006-058/LOT4/C1/SC6), commissionato dalla sua commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori,

–   visto l'articolo 192, paragrafo 1, del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per le petizioni e il parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (A6-0446/2008),

A. considerando che il Parlamento ha ricevuto più di 400 petizioni da piccole imprese (che rappresentano solo una frazione del numero totale) che affermano di essere state vittime di pubblicità ingannevole ad opera di società che curano la compilazione degli annuari commerciali, subendo di conseguenza stress psicologico, sensi di colpa, imbarazzo, frustrazione e perdite finanziarie,

B.  considerando che tali denunce sono il riflesso di una prassi diffusa e concertata relativa a pratiche commerciali ingannevoli da parte di taluni editori di annuari commerciali nei confronti di migliaia di aziende, aventi un’organizzazione transfrontaliera e quindi attive in due o più Stati membri all'interno e all'esterno dell'Unione europea, con un notevole impatto finanziario su tali aziende; che non esistono meccanismi amministrativi o strumenti legali che permettano alle autorità nazionali preposte all’applicazione della legge di collaborare a livello transfrontaliero in maniera efficace e efficiente,

C. considerando che il carattere ingannevole di tali pratiche risulta ancora più evidente con la comunicazione elettronica e la diffusione via internet (si veda la petizione n. 0079/2003),

D. considerando che la pratica commerciale denunciata consiste normalmente nel fatto che un'azienda viene contattata, di solito tramite posta, da una società che cura la compilazione degli annuari commerciali e viene invitata a completare o aggiornare i dati relativi alla propria ragione sociale e al proprio recapito, ricevendo l’impressione erronea che in tal modo verrà inserita a titolo gratuito in un annuario commerciale, salvo poi scoprire in seguito di avere in realtà involontariamente firmato un contratto, che di solito la vincola per un minimo di tre anni, e in base al quale verrà inserita in un annuario commerciale al costo di circa 1.000 EUR l’anno,

E.  considerando che i formulari utilizzati nell'ambito di tali pratiche sono spesso ambigui e di difficile comprensione, così da evocare l’idea errata di un inserimento gratuito nell’annuario commerciale, ma facendo in realtà cadere tali aziende nella trappola di contratti inserzionistici non richiesti,

F.  considerando che non esiste una normativa specifica, né a livello dell'UE né a livello degli Stati membri concernente le società di gestione degli annuari nelle transazioni tra imprese (business-to-business), e considerando che l’introduzione di una normativa organica e di ampia portata è a discrezione degli Stati membri;

G. considerando che la direttiva 2006/114/CE si applica anche alle transazioni fra imprese e definisce come “pubblicità ingannevole” “qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente”; considerando, tuttavia, che le differenti interpretazioni di ciò che è “ingannevole” sembrano essere il principale ostacolo pratico nella lotta a tali pratiche delle società di gestione degli annuari nelle transazioni tra imprese,

H. considerando che la direttiva 2005/29/CE proibisce la prassi di “includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che dia al consumatore l’impressione di aver già ordinato il prodotto in commercio mentre non lo ha fatto”; considerando, tuttavia, che la direttiva non si applica alle pratiche ingannevoli fra imprese e che pertanto non ci si può valere di tale strumento, nella sua forma attuale, per fornire assistenza ai firmatari delle petizioni; considerando tuttavia che la direttiva non preclude una normativa nazionale sulle prassi commerciali sleali, ugualmente applicabile in ogni circostanza a consumatori e imprese,

I.   considerando che la direttiva 2005/29/CE non preclude agli Stati membri la possibilità di estendere la sua applicazione anche alle imprese commerciali attraverso il diritto nazionale; considerando tuttavia che questo comporta differenti livelli di protezione nei vari Stati membri per le imprese vittime di pratiche ingannevoli da parte delle società di gestione degli annuari commerciali,

J.   considerando che il regolamento (CE) n. 2006/2004 stabilisce che per “infrazione intracomunitaria” s’intende “qualsiasi atto o omissione contrari alle norme sulla protezione degli interessi dei consumatori, […] che danneggi o possa danneggiare gli interessi collettivi dei consumatori che risiedono in uno o più Stati membri diversi dallo Stato membro in cui hanno avuto origine o si sono verificati l’atto o l’omissione in questione o in cui è stabilito il venditore o il fornitore responsabile o in cui si riscontrino elementi di prova o beni riconducibili all’atto o all’omissione”; considerando, tuttavia, che la direttiva non si applica alle pratiche ingannevoli fra imprese e che pertanto non ci si può neanche avvalere di tale strumento, nella sua forma attuale, per fornire assistenza ai firmatari delle petizioni,

K. considerando che la maggior parte dei firmatari delle petizioni cita l’annuario commerciale noto come “European City Guide” (le cui attività sono state oggetto di azioni a livello amministrativo e legale), ma che vengono anche menzionate altre società quali “Construct Data Verlag”, “Deutscher Adressdienst GmbH” e “NovaChannel”; considerando tuttavia che altre aziende operanti nel settore svolgono attività commerciali legittime,

L.  considerando che le vittime di tali pratiche commerciali ingannevoli sono per lo più imprese di piccole dimensioni, ma non mancano professionisti e persino organizzazioni senza scopo di lucro, quali organizzazioni non governative, associazioni caritative, scuole, biblioteche e centri ricreativi locali, fra cui gruppi musicali,

M. considerando che le società responsabili degli annuari commerciali hanno spesso la loro sede in uno Stato membro diverso da quello delle loro vittime, cosicché queste ultime hanno difficoltà a ottenere la protezione da parte delle autorità nazionali vista l’esistenza di interpretazioni differenti negli Stati membri di ciò che è considerato ingannevole; che le vittime spesso non ricevono alcun risarcimento dai dispositivi legislativi nazionali e dalle autorità per la tutela dei consumatori, poiché viene loro comunicato che la legge è intesa a proteggere i consumatori e non le imprese; che, trattandosi di piccole imprese, la maggior parte delle vittime spesso non ha le risorse per avvalersi di un efficace mezzo di ricorso giudiziario e che i meccanismi di autoregolamentazione per le società operanti nel campo degli annuari servono a ben poco in quanto vengono ignorati da quanti praticano pubblicità ingannevole,

N. considerando che le vittime di tali pratiche sono sistematicamente sollecitate a saldare i loro debiti dalle stesse aziende che le hanno ingannate oppure da agenzie di recupero crediti da queste assoldate; che le vittime lamentano di sentirsi in difficoltà e minacciate da tali contatti, cosicché molte di loro finiscono per pagare contro la propria volontà allo scopo di evitare altri fastidi,

O. considerando che le vittime che rifiutano di pagare – tranne rare eccezioni – non vengono quasi mai citate in giudizio,

P.  considerando che diversi Stati membri hanno adottato iniziative, segnatamente di sensibilizzazione, nei confronti delle società potenzialmente colpite, che includono condivisione di informazioni, consulenza, allertamento delle autorità di polizia e talvolta il mantenimento di un registro delle denunce per fronteggiare il problema,

Q. considerando che dal 2000 l'Austria ha modificato la legge nazionale sulle pratiche commerciali sleali, che adesso il paragrafo 28 bis stabilisce che è proibito pubblicizzare, nell’ambito di attività commerciali e a fini concorrenziali, la registrazione su annuari quali pagine gialle, elenchi telefonici o elenchi analoghi, tramite moduli di pagamento, bollettini di versamento, fatture, offerte di rettifica o modalità analoghe, oppure offrire tali registrazioni direttamente senza lasciare intendere in modo inequivocabile e anche attraverso mezzi grafici evidenti che tale pubblicità è esclusivamente un’offerta di contratto,

R.  considerando che tali pratiche vengono messe in atto da diversi anni, causando un numero elevato di vittime e danneggiando e distorcendo in maniera significativa il mercato interno,

1.  esprime la propria preoccupazione riguardo al problema sollevato dai firmatari delle petizioni, che risulta essere molto diffuso e di natura transfrontaliera e che ha un notevole impatto finanziario, in special modo sulle piccole imprese;

2.  è del parere che data la natura transfrontaliera del problema, le istituzioni comunitarie debbano assumersi la responsabilità di fornire adeguati mezzi di ricorso alle vittime, quali la possibilità concreta di impugnare la validità di un contratto stipulato sulla base di pubblicità ingannevole e di farlo annullare e di ottenere la restituzione del denaro versato;

3.  esorta le vittime a riferire alle autorità nazionali i casi di raggiri a loro danno e chiede agli Stati membri di fornire alle PMI il "know-how" necessario per sporgere denuncia alle autorità statali e non, assicurandosi che i canali di comunicazione siano aperti e che le vittime siano consapevoli che è disponibile un servizio di consulenza cui rivolgersi per chiedere una consulenza qualificata prima di versare il denaro loro richiesto dalle società responsabili degli annuari; sollecita gli Stati membri a creare e a mantenere una base dati centralizzata di tali denunce;

4.  si rammarica del fatto che, malgrado l'ampia diffusione di tali pratiche, la legislazione nazionale e comunitaria risulti inadeguata quando si tratta di fornire reali strumenti di protezione e mezzi di ricorso efficaci o non sia adeguatamente applicata a livello nazionale; si rammarica altresì che le autorità nazionali non sembrino in condizione di fornire un rimedio;

5.  accoglie con favore l’impegno messo in atto dalle organizzazioni aziendali europee e nazionali al fine di sensibilizzare i propri membri e le invita a intensificare gli sforzi in collaborazione con le organizzazioni sociali di base così da ridurre, in primo luogo, il numero delle vittime di tali pratiche ingannevoli in relazione agli annuari commerciali; rileva con preoccupazione che, come conseguenza di tali attività di sensibilizzazione, alcune di queste organizzazioni sono state citate in tribunale dalle società che gestiscono annuari commerciali ingannevoli per presunta diffamazione o sulla base di analoghe accuse;

6.  accoglie con favore le iniziative adottate da alcuni Stati membri, come l’Italia, la Spagna, i Paesi Bassi, il Belgio, il Regno Unito e in modo particolare l’Austria, nel tentativo di impedire alle società responsabili degli annuari commerciali di svolgere attività ingannevoli; ritiene, tuttavia, che tali sforzi siano ancora insufficienti e che permanga la necessità di un coordinamento delle attività di controllo a livello internazionale;

7.  invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare gli sforzi, in piena cooperazione con le organizzazioni di rappresentanza delle imprese a livello nazionale ed europeo, per fare opera di sensibilizzazione riguardo al problema, così da aumentare il numero delle persone informate e in grado di evitare la pubblicità ingannevole che le potrebbe attrarre verso contratti pubblicitari non richiesti;

8.  invita la Commissione ad affrontare il problema dei raggiri a danno delle imprese nel quadro della sua iniziativa “Atto sulle piccole imprese per l’Europa”, come proposto nella sua comunicazione dal titolo “Un mercato unico per l’Europa del XXI secolo”, e ad impegnarsi con la rete Enterprise Europe Network, la rete SOLVIT e i portali della DG interessata come ulteriore mezzo per fornire informazioni e assistenza riguardo tali problemi;

9.  si rammarica per il fatto che la direttiva 2006/114/CE[7], che si applica alle transazioni da impresa a impresa, come nel presente caso, risulti o inadatta a fornire un mezzo di ricorso efficace oppure venga applicata in modo inadeguato dagli Stati membri; chiede alla Commissione di riferire entro dicembre 2009 sulla realizzabilità e le possibili conseguenze di una modifica della direttiva 2006/114/CE volta ad includere una lista “nera” o “grigia” di pratiche da considerare ingannevoli;

10. ricorda che, sebbene la Commissione non abbia il potere di imporre direttamente la direttiva 2006/114/CE ai singoli o alle aziende, ha comunque il dovere, in qualità di custode dei trattati, di garantire la sua corretta ed efficace attuazione da parte degli Stati membri; pertanto invita la Commissione a garantire la piena ed efficace trasposizione da parte degli Stati membri della direttiva 2005/29/CE, in modo da garantire protezione in tutti gli Stati membri e da influenzare la definizione degli strumenti giuridici e procedurali disponibili, come nel caso della direttiva 84/450/CE che ha fornito strumenti giuridici ad Austria, Spagna e Paesi Bassi, compiendo in tal modo il suo dovere di custode dei trattati nel garantire protezione alle imprese assicurando al tempo stesso che il diritto di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi non vengano lesi;

11. invita la Commissione a intensificare i controlli sull'attuazione della direttiva 2006/114/CE, in special modo in quei paesi in cui hanno sede le società che gestiscono gli annuari commerciali in modo ingannevole, con particolare riferimento alla Spagna, dove ha sede l’azienda più di frequente citata dai firmatari delle petizioni, e alla Repubblica ceca e in Slovacchia, dove un tribunale ha emesso una sentenza sfavorevole alle vittime in una maniera che fa dubitare dell’attuazione della direttiva 2006/114/CE in tali paesi; invita la Commissione a riferire al Parlamento sui risultati dei suoi controlli;

12. si rammarica del fatto che la direttiva 2005/29/CE non riguardi le transazioni fra imprese e che gli Stati membri sembrino restii a estendere il suo campo d’applicazione; rileva, tuttavia, che gli Stati membri possono unilateralmente estendere il campo d’applicazione della loro legislazione nazionale in materia di protezione dei consumatori includendo anche le transazioni da impresa a impresa e incoraggia con vigore gli Stati membri a procedere in tal senso e a garantire la collaborazione tra le autorità degli Stati membri, come disposto dal regolamento (CE) n. 2006/2004, per rendere possibile l’individuazione di attività transfrontaliere di questo tipo ad opera di società di gestione degli annuari commerciali stabilite nell’UE o in paesi terzi; chiede inoltre alla Commissione di riferire entro dicembre 2009 sulla realizzabilità e le possibili conseguenze dell’estensione della portata della direttiva 2005/29/CE per inserirvi i contratti tra imprese, con particolare attenzione al punto 21 del suo allegato I;

13. si compiace dell’esempio offerto dall’Austria, che nell'ambito della propria legislazione nazionale, ha introdotto un divieto specifico riguardo agli annuari commerciali ingannevoli e invita la Commissione, alla luce della natura transfrontaliera di tale problema, a proporre una nuova iniziativa legislativa per estendere la portata della direttiva 2005/29/CE, sulla base del modello austriaco, in modo da vietare nello specifico la pubblicità sugli annuari commerciali a meno che i potenziali clienti non siano stati informati in modo inequivocabile e attraverso mezzi grafici chiari che tale pubblicità è esclusivamente un’offerta per un contratto a pagamento;

14. rileva che la legislazione nazionale spesso non è adeguata a offrire mezzi di ricorso nei confronti delle società di gestione degli annuari commerciali che hanno sede in un altro Stato membro e pertanto sollecita la Commissione ad agevolare una più attiva cooperazione a livello transfrontaliero fra le autorità nazionali, al fine di porle in condizione di offrire mezzi di ricorso più efficaci alle vittime;

15. si rammarica del fatto che il regolamento (CE) n. 2006/2004 non sia applicabile alle transazioni tra imprese e che quindi non vi si possa ricorrere come strumento per combattere gli annuari commerciali ingannevoli; invita la Commissione a proporre una nuova iniziativa legislativa per estendere la sua applicazione di conseguenza;

16. si compiace dell’esempio del Belgio, dove tutte le vittime di pratiche ingannevoli sono in grado di intentare azioni legali nel proprio paese di residenza;

17. nota che l’esperienza austriaca mostra che il diritto delle vittime a un’azione legale collettiva contro le compagnie che gestiscono annuari, intrapresa da associazioni professionali o simili organismi, sembra essere un rimedio efficace che potrebbe essere ripreso nel quadro delle iniziative attualmente contemplate dalla DG concorrenza della Commissione in merito alle azioni di risarcimento per violazione delle norme di concorrenza CE e dalla DG SANCO in relazione ai ricorsi collettivi a livello europeo per i consumatori;

18. sollecita gli Stati membri a garantire che le vittime della pubblicità ingannevole abbiano un’autorità nazionale chiaramente identificabile presso la quale sporgere denuncia e a cui chiedere una riparazione anche nei casi in cui, come quelli illustrati, le vittime della pubblicità ingannevole siano aziende;

19. invita la Commissione a elaborare orientamenti per le migliori pratiche destinati agli organismi nazionali preposti all’applicazione delle leggi, a cui possano fare riferimento quando i casi di pubblicità ingannevole vengono sottoposti alla loro attenzione;

20. invita la Commissione a intensificare la cooperazione internazionale con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali affinché gli annuari commerciali ingannevoli con sede nei paesi terzi non possano recare danno alle imprese situate all’interno dell’Unione europea;

21. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

  • [1]  GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21.
  • [2]  Direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di pubblicità ingannevole (GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17).
  • [3]  Direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 1997, che modifica la direttiva 84/450/CEE relativa alla pubblicità ingannevole al fine di includervi la pubblicità comparativa (GU L 290, del 23.10.1997, pag. 18).
  • [4]  GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22.
  • [5]  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.
  • [6]  GU L 166 del 11.6.1998, pag. 51.
  • [7]  GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21.

MOTIVAZIONE

Introduzione

Molte imprese, spesso di piccole dimensioni, sono vittime di truffe messe in atto attraverso forme di pubblicità ingannevole. Uno dei casi più comuni è quello in cui le vittime, senza volerlo, acquistano uno spazio pubblicitario su un annuario commerciale, dopo essere state indotte a credere di ottenere l’inserzione a titolo gratuito.

Di solito, le vittime ricevono dei formulari inviati dalle aziende che gestiscono in modo ingannevole la compilazione degli annuari commerciali, con l’invito a completare, correggere o aggiornare i dati relativi alla loro azienda. Spesso viene loro comunicato che l’aggiornamento dei dati avviene a titolo gratuito. Ciò le induce ad aggiornare i dati e a rinviare il formulario. Le vittime non si rendono conto, però, che firmando il formulario stanno anche firmando un contratto che le obbliga a pagare un'inserzione pubblicitaria sull’annuario per un periodo minimo di tre anni e al costo di circa 1.000 euro l’anno. Le vittime si accorgono della truffa nel momento in cui ricevono una lettera dalla società che gestisce l’annuario, che, informandole dell’inserzione, allega la fattura di pagamento a loro carico. Spesso chi non paga viene molestato e persino minacciato di essere citato in giudizio dalla società che gestisce l’annuario oppure dalla società di recupero crediti da questa assoldata. Molti finiscono semplicemente per arrendersi e pagare, onde evitare ulteriori fastidi.

La truffa ha interessato migliaia di aziende in tutta l’Unione europea. Tenuto conto che il contratto costa circa 1.000 euro l’anno e ha una durata minima di tre anni, l’impatto finanziario in tutta l’UE è considerato rilevante.

Per quanto risulti evidente la presenza di una componente riconducibile alle pratiche commerciali sleali, spesso illegali, non è del tutto chiaro se il diritto comunitario offra un rimedio giuridico e, in caso affermativo, se la normativa comunitaria di riferimento sia adeguatamente applicata a livello nazionale nei diversi Stati membri. Dunque, per mettere in atto la loro truffa, le società in questione spesso sfruttano le “zone grigie” delle normative oppure la loro poco efficace applicazione a livello nazionale. Un elemento comune è che la sede di questi annuari commerciali ingannevoli è spesso un paese diverso da quello della vittima. In tal modo le vittime hanno difficoltà a ricorrere al diritto nazionale e le autorità nazionali hanno altrettanta difficoltà a difendere gli interessi delle vittime in un altro Stato membro. Inoltre, spesso le aziende si rendono conto che le autorità nazionali competenti in materia di protezione dei consumatori tendono a non dare ascolto alle loro denunce per il fatto che il diritto in materia si applica ai consumatori e non alle imprese. Ciò le priva di un mezzo di ricorso efficace e favorisce il diffondersi di truffe di tale natura a danno delle imprese.

Non tutti gli annuari commerciali si basano sulla pubblicità ingannevole e molte società che ne curano la compilazione svolgono attività assolutamente legittime. In verità, talune società operano persino seguendo un codice di condotta, che stabilisce in modo inequivocabile che gli ordini devono essere chiaramente identificabili come tali e che la pubblicità gratuita non può essere confusa con la pubblicità a pagamento. Ciononostante, vi sono annuari che si basano su pratiche commerciali ingannevoli. La maggior parte delle denunce presentate a livello europeo fa riferimento a un annuario chiamato “European City Guide” con sede a Valencia, Spagna, ma non mancano altre segnalazioni riguardo a “Construct Data Verlag”, “Deutscher Adressdienst GmbH” e “NovaChannel”. Alcuni fra gli annuari ingannevoli vengono anche pubblicati in rete. Secondo quanto affermano i rappresentanti della European City Guide, questa società, da sola, distribuisce circa 6,5 milioni di formulari l’anno.

Obiettivi della presente relazione

La commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha ricevuto più di 400 petizioni da parte di piccole imprese di tutta l'Unione europea e persino di alcuni paesi terzi, che dichiarano di essere incappate in questo genere di truffe. Inoltre, molti deputati del Parlamento europeo hanno scritto alla Commissione in relazione a tali denuncie e hanno anche presentato una serie di interrogazioni scritte e orali. Da parte sua, il Parlamento europeo ha autorizzato l'elaborazione della presente relazione al fine di approfondire le indagini sulla questione e proporre eventuali soluzioni: Pertanto, con la presente relazione, il relatore intende:

o fare opera di sensibilizzazione sulla questione, in modo che diminuisca il numero delle aziende vittime dei raggiri;

o esortare i paesi dell’UE a inasprire le leggi nazionali e ad assicurare l’adeguata applicazione del diritto comunitario vigente in materia di pubblicità ingannevole e pratiche commerciali sleali;

o sollecitare la Commissione a intensificare i controlli sull’attuazione del diritto comunitario e a migliorare la vigente legislazione UE laddove risulti evidente l’incapacità delle attuali normative a porre fine a tali truffe una volta per sempre, e

o fornire assistenza e consulenza a chi è già caduto vittima di tali raggiri.

La legislazione UE

A livello comunitario, sono tre le normative UE che risultano maggiormente attinenti alla questione, vale a dire:

o la direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, che sostituisce la direttiva 84/450/CEE[1] come modificata dalla direttiva 97/55/CE[2]

o la direttiva 2005/29/CE[3] del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (direttiva sulle pratiche commerciali sleali);

o il regolamento (CE) n. 2006/2004[4] del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori (il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori);

Consultazioni antecedenti all’elaborazione della presente relazione

Prima di portare a termine la presente relazione, il relatore ha partecipato a diverse riunioni di consultazione, fra cui una riunione con il Commissario europeo per la protezione dei consumatori, Meglena Kuneva, e altri incontri con diversi membri del Parlamento europeo, interessati alla questione a causa delle numerose denunce ricevute dai loro elettori. Il relatore ha anche tenuto delle riunioni di consultazione con le organizzazioni di rappresentanza delle aziende, con particolare riferimento alle piccole imprese europee, come Eurochambres e UEAPME, come pure, con l’Associazione europea degli annuari commerciali, anch’essa vittima della situazione.

Giovedì 11 settembre 2008, la commissione per le petizioni ha organizzato nei locali del Parlamento europeo un seminario pubblico dal titolo “Stop the scam: Combating Misleading Business Directories”. In tale occasione i deputati del PE hanno avuto l'opportunità di ascoltare i firmatari delle petizioni, le organizzazioni di rappresentanza, i rappresentanti della Commissione nonché i rappresentanti dell’annuario European City Guide, la società più importante fra quelle citate nelle petizioni.

Risultati della relazione

Il relatore è del parere che i firmatari delle petizioni sollevino di fatto un problema grave, che risulta essere molto diffuso, di natura transfrontaliera e che ha un notevole impatto finanziario, in special modo sulle piccole imprese. Inoltre, il relatore ritiene che, data la natura transfrontaliera del problema, le istituzioni comunitarie debbano assumersi l’evidente responsabilità di fornire un’adeguata riparazione alle vittime. Ciò dovrebbe consentire alle vittime di impugnare la validità dei contratti stipulati sulla base di pubblicità ingannevole e offrire loro anche la possibilità di ottenere la restituzione del denaro versato a causa di pratiche ingannevoli.

Nella relazione si esprime rammarico per il fatto che le attuali autorità nazionali sembrano incapaci di offrire un rimedio efficace alle vittime, sottolineando altresì che malgrado l'ampia diffusione di tali pratiche commerciali ingannevoli, la legislazione nazionale e comunitaria non risulta in grado di fornire mezzi di ricorso efficaci oppure non viene adeguatamente applicata.

Assistenza alle vittime

La relazione esorta le vittime a riferire alle autorità nazionali i casi di truffa a loro danno e a chiedere un’adeguata consulenza prima di versare il denaro richiesto dalle società di gestione degli annuari che mettono in atto pratiche ingannevoli. Inoltre, le vittime dovrebbero segnalare i loro casi alle organizzazioni imprenditoriali e alle associazioni dei consumatori, oltre che ai loro rappresentanti al Parlamento europeo, così da rafforzare a livello europeo le iniziative di contrasto nei confronti degli annuari commerciali ingannevoli.

Azioni di sensibilizzazione

La relazione accoglie con favore l’impegno messo in atto dalle organizzazioni aziendali europee e nazionali al fine di sensibilizzare i propri membri e invitarli a intensificare gli sforzi così da ridurre, in primo luogo, il numero delle vittime di tali pratiche ingannevoli. Si compiace altresì delle iniziative adottate da alcuni Stati membri, come l’Italia, la Spagna, i Paesi Bassi, il Belgio, il Regno Unito e in modo particolare l’Austria, nel tentativo di impedire alle società responsabili degli annuari commerciali di svolgere attività ingannevoli. Nota, tuttavia, che tali sforzi sono ancora insufficienti.

Riguardo alle azioni di sensibilizzazione, la relazione invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare gli sforzi, in piena cooperazione con le organizzazioni di rappresentanza delle imprese a livello nazionale ed europeo, per fare opera di sensibilizzazione su tale problema, così da aumentare il numero delle persone informate e in grado di evitare la pubblicità ingannevole che le potrebbe attrarre verso contratti pubblicitari non richiesti.

La relazione invita, inoltre, la Commissione ad affrontare queste denunce nel quadro della sua iniziativa “Atto sulle piccole imprese”.

La direttiva 2006/114/CE[5] concernente la pubblicità ingannevole e comparativa

La relazione rileva che la direttiva 2006/114/CE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, si applica alle transazioni da impresa a impresa e pertanto riguarda il problema affrontato dalle vittime degli annuari commerciali ingannevoli. La direttiva è stata recepita in tutti gli Stati membri e prevede l'impiego di ordini di sospensione o altre azioni giudiziarie per proibire l'uso continuato della pubblicità ingannevole. Tuttavia, la direttiva risulta inadatta a fornire un mezzo di ricorso efficace oppure viene applicata in modo inadeguato dagli Stati membri.

La relazione, pertanto, invita la Commissione a intensificare i controlli sull’attuazione della direttiva 2006/114/CE, in special modo in quegli Stati membri dove hanno sede le società che gestiscono gli annuari commerciali in modo ingannevole, con particolare riferimento alla Spagna, dove ha sede l’azienda più di frequente citata dai firmatari delle petizioni. Un’attenzione particolare andrebbe, inoltre, rivolta alla Repubblica ceca, dove di recente un tribunale ha emesso una sentenza sfavorevole alle vittime in un modo che fa dubitare dell’efficacia con cui nel paese viene attuata la direttiva.

La relazione invita la Commissione a riferire al Parlamento sui risultati dei suoi controlli.

La direttiva 2005/29/CE[6] relativa alle pratiche commerciali sleali

La relazione nota con rammarico che la direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali non riguarda le transazioni fra imprese e che gli Stati membri sembrano restii a estendere il suo campo d’applicazione. D’altro canto, gli Stati membri possono estendere unilateralmente il campo d’applicazione della loro legislazione nazionale in materia di protezione dei consumatori includendo anche le transazioni da impresa a impresa; pertanto, i paesi che intendono offrire protezione nell’ambito della legislazione nazionale possono liberamente farlo, senza attendere un'iniziativa legislativa da parte della Commissione tesa a modificare la normativa UE.

Il modello migliore per contrastare le pratiche ingannevoli di alcuni annuari commerciali sembrerebbe quello offerto dall'Austria, che dal 2000 ha modificato la legge nazionale sulle pratiche commerciali sleali. Adesso il paragrafo 28 bis di tale legge stabilisce che è proibito pubblicizzare, nell’ambito di attività commerciali e a fini concorrenziali, la registrazione su annuari quali pagine gialle, elenchi telefonici o elenchi analoghi, tramite moduli di pagamento, ordini di pagamento, fatture, offerte di rettifica o modalità analoghe oppure offrire tali registrazioni direttamente senza lasciare intendere in modo inequivocabile e anche attraverso mezzi grafici evidenti che tale pubblicità è esclusivamente un’offerta di contratto.

Il relatore è del parere che il modello austriaco sia un buon esempio e che, come tale, andrebbe seguito. Pertanto, la relazione invita la Commissione, alla luce della natura transfrontaliera di tale problema, a considerare l’ipotesi di una nuova iniziativa legislativa sulla base del modello austriaco, che vieti nello specifico la pubblicità sugli annuari commerciali, almeno che i potenziali clienti non siano stati informati in modo inequivocabile e attraverso mezzi grafici chiari che tale pubblicità è esclusivamente un’offerta per un contratto a pagamento.

Il regolamento (CE) n. 2006/2004[7] sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori

La relazione rileva altresì che la legislazione nazionale spesso non è adeguata a offrire mezzi di ricorso nei confronti delle società di gestione degli annuari commerciali che hanno sede in un altro Stato membro e, pertanto, sollecita la Commissione ad agevolare una più attiva cooperazione a livello transfrontaliero fra le autorità nazionali, al fine di porle in condizione di offrire mezzi di ricorso più efficaci alle vittime.

In Belgio, ad esempio, tutte le vittime di pratiche ingannevoli sono in grado di intentare azioni legali nel proprio paese di residenza e di fatto le vittime di pratiche ingannevoli riguardo agli annuari commerciali hanno già vinto una causa (con l’imposizione di un’ammenda alla società dichiarata colpevole), anche se al momento dell’elaborazione della relazione, la causa era ancora in attesa di giudizio presso la Corte di appello.

In Austria vi sono esempi di sentenze a favore delle vittime nei confronti delle società di gestione degli annuari.

Nella Repubblica ceca, invece, risulta che le vittime abbiano perso una causa intentata dalla società responsabile dell’annuario e questo caso particolare suscita seri dubbi in merito all’adeguata attuazione delle disposizioni di cui alla sucitata direttiva 2006/114/CE da parte della Repubblica ceca.

Riguardo alla Spagna, una delle società fra le più citate, la European City Guide, quando aveva la propria sede a Barcellona è stata multata per tre volte dalla Generalitat de Cataluna, che le ha anche imposto la chiusura temporanea per un anno. In seguito la società si è trasferita a Valencia, dove ora prosegue la propria attività in base a condizioni in un certo senso più restrittive. Ad esempio, ora le vittime vengono informate del loro diritto di annullare l'ordine entro sette giorni. Di solito, però, le vittime si rendono conto di cosa hanno realmente firmato solo dopo la scadenza di tale periodo. La società ha inoltre istituito la figura del cosiddetto “Defensor del cliente” (difensore civico) che accoglie i reclami dei clienti. Tuttavia, a quanto pare, quest'ultimo non è indipendente dalla società stessa e quindi il suo operato non ispira sufficiente fiducia. Il relatore ritiene, pertanto, che la società in questione non abbia adottato provvedimenti sufficienti atti a garantire che i suoi potenziali clienti non siano ingannati firmando un contratto pubblicitario assolutamente non richiesto.

Inoltre, non si riscontrano casi in cui le autorità nazionali di uno Stato membro diverso dalla Spagna si siano rivolte direttamente all'autorità giudiziaria di Valencia, ai sensi del regolamento (CE) n. 2006/2004[8] sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori.

Riguardo al Regno Unito, risulta che l’Office of Fair Trading (OFT) sia ricorso alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori. A quanto sembra, l’OFT, competente anche in materia di protezione dei consumatori, sarebbe ricorso con successo al suddetto regolamento per procedere con un provvedimento inibitorio nei confronti di alcune aziende con sede in Belgio e nei Paesi Bassi, colpevoli di inviare offerte non richieste e ingannevoli ai consumatori britannici. Pur trattandosi di un provvedimento utile che va nella giusta direzione, il caso non riguarda gli annuari commerciali che attuano pratiche ingannevoli.

Fatta eccezione per questo caso, vi sono ben pochi esempi di altri casi in cui le autorità nazionali abbiano fatto un uso adeguato del succitato regolamento 2006/2004 per ottenere un mezzo di ricorso, quale un provvedimento inibitorio, nel caso di denunce provenienti da altri Stati membri. A quanto pare, il motivo è da ricercarsi nei costi da sostenere per promuovere un’azione, nella complessità e nella lunghezza delle procedure e nella portata limitata del provvedimento inibitorio.

L’esigenza di rafforzare le autorità nazionali

La relazione sollecita gli Stati membri a garantire che le aziende vittime della pubblicità ingannevole abbiano un’autorità nazionale chiaramente identificabile presso la quale sporgere denuncia e a cui chiedere una riparazione. Attualmente, si riscontra spesso una situazione ben diversa, poiché le autorità nazionali preposte alla protezione dei consumatori normalmente non si occupano delle denunce presentata dalle aziende, limitandosi a considerare le denunce presentate dai consumatori. La relazione invita, inoltre, la Commissione a elaborare orientamenti per le migliori pratiche destinati agli organismi nazionali preposti all’applicazione delle leggi, a cui fare riferimento quando i casi di pubblicità ingannevole vengono posti alla loro attenzione.

Annuari commerciali ingannevoli con sede nei paesi terzi

Infine, la relazione invita la Commissione a intensificare la cooperazione internazionale con i paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali affinché gli annuari commerciali ingannevoli con sede nei paesi terzi non possano recare danno alle imprese situate all’interno dell’Unione europea.

  • [1]  GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17.
  • [2]  GU L 290 del 23.10.1997, pag.18.
  • [3]  GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22.
  • [4]  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.
  • [5]  GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21.
  • [6]  GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22.
  • [7]  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.
  • [8]  GU L 364 del 09.12.2004, pag. 1.

PARERE della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (7.10.2008)

destinato alla commissione per le petizioni

sulla relazione relativa alle pratiche sleali delle società di compilazione degli annuari (Petizione 45/2006)
(2008/2126(INI))

Relatrice per parere: Diana Wallis

SUGGERIMENTI

La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori invita la commissione per le petizioni, competente nel merito, a introdurre i seguenti suggerimenti nella propria proposta di risoluzione:

–   visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare le disposizioni che istituiscono il mercato interno e garantiscono alle imprese la libera prestazione di servizi in altri Stati membri,

–   viste le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 sulla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea, le quali stabiliscono che l’incompatibilità o la complessità dei sistemi giuridici e amministrativi degli Stati membri non dovrebbero costituire per i singoli e le imprese un impedimento o un ostacolo all’esercizio dei loro diritti,

–   viste le 393 petizioni sulle società di compilazione degli elenchi che svolgono attività fraudolente in 24 Stati membri e 19 paesi terzi, ricevute dalla commissione per le petizioni,

A. considerando che le attività irregolari della European City Guide (ECG) e di altre imprese simili si sono protratte negli ultimi decenni, che la loro ubicazione è cambiata nel tempo al fine di garantire la continuità delle loro attività al di là delle sanzioni, e che sono state colpite numerose imprese,

B.  considerando che le attività della ECG sono state oggetto di azioni giudiziarie e amministrative, come quelle esercitate dal Tribunale superiore di giustizia e dal governo della Generalitat de Catalunya (Spagna), le quali hanno comportato la sospensione temporanea delle attività dell’impresa e una sanzione economica,

C. considerando che quando l’organizzazione di una frode simile è di tipo transfrontaliero e comporta pertanto lo svolgimento di attività in due o più Stati membri, non esiste un meccanismo che consenta la cooperazione transnazionale delle autorità nazionali di polizia: non è previsto uno stanziamento di bilancio né un elenco telefonico contenente i numeri delle stazioni di polizia situate al di là del confine o in altri Stati membri distanti; di conseguenza gli organismi operanti a livello nazionale perdono comprensibilmente ogni interesse nell’avviare un’azione penale contro i truffatori che, al contrario degli organismi nazionali, dispongono di un’ottima organizzazione transfrontaliera,

1.  si rammarica del fatto che, se da un lato il mercato interno introduce nuove possibilità per la realizzazione di operazioni commerciali oneste, dall’altro offre opportunità indesiderate ai soggetti che sfruttano le PMI; sollecita un intervento a livello comunitario in cooperazione con gli Stati membri al fine di impedire e limitare tale fenomeno;

2.  suggerisce che la Commissione e il Consiglio garantiscano l’attuazione e il recepimento della direttiva 84/450/CEE del Consiglio del 10 settembre 1984 riguardante la pubblicità ingannevole e comparativa[1] (direttiva sulla pubblicità ingannevole), e della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno[2] (direttiva sulle pratiche commerciali sleali), con particolare attenzione all'uso deliberato di un linguaggio ambiguo, allo scopo di porre fine alle pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi;

3.  pone in evidenza, quale migliore prassi, le disposizioni del paragrafo 28a della legge austriaca in materia di pratiche commerciali sleali del 1984 che vieta le pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi; sollecita gli Stati membri a introdurre analoghe disposizioni nell'applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, per evitare di causare pregiudizi ai consumatori e alle piccole e medie imprese, e a garantire il corretto funzionamento della concorrenza senza danneggiare gli interessi economici dei legittimi concorrenti;

4.  tenendo conto dello studio sulle pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi commissionato dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori che indica come possibili opzioni legislative per affrontare il problema delle pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi di emendare la direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa alla pubblicità fuorviante e comparativa[3] di inserire una lista nera di prassi che vanno considerate fuorvianti estendendo la portata della direttiva relativa alle prassi commerciali sleali per inserire i contratti B2B con particolare attenzione al punto 21 del relativo allegato I, chiede alla Commissione di riferire entro dicembre 2009 sulla realizzabilità e le possibili conseguenze di tale emendamento o ampliamento;

5.  esorta la Commissione a prendere in considerazione la posizione peculiare delle PMI nell’ambito della definizione di “consumatore” nel riesame dell’acquis comunitario; chiede che tale posizione sia inclusa nelle attività relative al quadro comune di riferimento sul diritto contrattuale cosicché le PMI possano usufruire di un più solido regime protettivo nella normativa comunitaria per quanto concerne le questioni contrattuali;

6.  plaude all'invito della legge sulla piccola imprenditoria rivolto agli Stati membri per rafforzare la rete SOLVIT e fornire alle PMI servizi di consulenza e sostegno per difenderle da pratiche commerciali sleali; invita la Commissione a partecipare attivamente alla collaborazione e all'assistenza delle vittime colpite dalle attività fraudolente delle società di compilazione degli elenchi; chiede inoltre alla Commissione e agli Stati membri di cooperare a campagne di sensibilizzazione relative a tali pratiche ingannevoli, con ampio uso degli strumenti che Internet può offrire e con il coinvolgimento di PMI e di organizzazioni dei consumatori, compresa la rete Impresa Europa e i centri dei consumatori europei; attende con interesse il portale di e-giustizia – proposto dalla Commissione come ulteriore strumento per fornire informazioni e assistenza per quanto riguarda questi problemi;

7.  si rammarica del fatto che, se da un lato il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento migliora opportunamente l’accesso transfrontaliero alla giustizia, dall’altro agenzie di recupero crediti senza scrupoli potrebbero servirsene per vessare singoli e PMI; ritiene che debba essere preso in considerazione un codice di condotta comunitario per le agenzie di recupero crediti;

8.  invita gli Stati membri a cooperare attivamente per porre fine alle pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi e ad attività simili;

9.  osserva che, qualora gli Stati membri non vogliano o non possano agire, dovranno essere messi a punto strumenti che consentano alle singole vittime di adire congiuntamente le vie legali a livello transfrontaliero; invita pertanto gli Stati membri e la Commissione a prendere in considerazione l'attivazione di un sistema coerente di ricorso collettivo per la composizione di reclami transfrontalieri, in base sia ad approfondite ricerche derivanti da esperienze in tutto il mondo e sia da un esame approfondito dei problemi esistenti e dei previsti benefici per i consumatori affrontando con chiarezza la questione di un adeguato fondamento giuridico per un tale strumento a livello di UE;

10. deplora il fatto che le difficoltà insite in un'attività di monitoraggio di questo tipo distorcano il mercato interno e influiscano sul modo in cui opera la concorrenza;

11. esorta gli Stati membri a intraprendere azioni contro tutte le attività fraudolente di ECG e di altre imprese simili, prevedendo in ultima analisi la sospensione delle loro attività per evitare di causare pregiudizio ai consumatori e alle imprese;

12.  esorta le autorità di controllo degli Stati membri, in conformità al loro mandato e alle prerogative conferite dalla legislazione nazionale e dalle norme comunitarie, in particolare dal regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori (il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori)[4], a impedire congiuntamente l’ulteriore diffondersi delle pratiche sleali da parte delle società di compilazione degli elenchi e ad attuare misure efficaci affinché le società di compilazione degli elenchi cessino le proprie attività e siano puniti i veri responsabili;

13. ritiene che le suddette prassi delle società di compilazione degli elenchi non solo contravvengono alle buone prassi e alle norme di un’attività commerciale corretta, ma che esse presentano nella maggior parte dei casi le caratteristiche della truffa, e di altre azioni e reati penali, e di conseguenza esorta le autorità di controllo interessate, la polizia e la Procura degli Stati membri, nonché Europol ed Eurojust, a svolgere un accurato esame delle prassi degli organizzatori delle società in questione, che potrebbe condurre alla denuncia delle parti responsabili provenienti dall’UE; qualora provengano da paesi terzi, chiede alla Commissione di compiere tutti gli sforzi necessari per la conclusione di accordi internazionali con gli Stati interessati, a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 2006/2004;

14. esorta la Commissione, allo scopo di prevenire le pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi, a prendere in considerazione le seguenti misure:

     –   normalizzare le cosiddette parti obbligatorie del buono d’ordine affinché contenga disposizioni conformi alle buone prassi e definisca rapporti giuridici di base, inclusa una menzione esplicita del prezzo, e che il suo contenuto possa essere verificato dalle autorità nazionali competenti (p.es. dall’ispettorato commerciale o dagli uffici incaricati della tutela dei dati personali);

     –   sottoporre i cosiddetti contratti o ordini predeterminati, quando la parte più vulnerabile non ha la possibilità di modificarlo ma è obbligata a dare il proprio assenso o a rifiutarlo, allo stesso regime che si applica alle pratiche commerciali sleali, anche quando la parte contrattuale più debole non è il consumatore;

     –   sottoporre i cosiddetti contratti o ordini predeterminati al test parallelo del cosiddetto consumatore medio come per le pratiche commerciali sleali, anche quando la parte più debole del contratto o dell'ordine non è il consumatore;

     –   definire un principio secondo il quale, qualora molti soggetti siano “indotti in errore” dalla formulazione del contratto o dell’ordine predefinito, l’onere della prova è invertito e la società di compilazione degli elenchi ha l'onere di comprovare che la formulazione dell’accordo o dell’ordine predeterminato non induca in errore il “buon direttore commerciale”;

15.      fa notare alla Commissione che le pratiche sleali delle società di compilazione degli elenchi non colpiscono soltanto gli imprenditori, ma anche le persone fisiche estranee ad attività commerciali, compresi i rappresentanti politici, i quali ricevono offerte per l’inserimento fittizio del proprio nominativo in pubblicazioni a carattere biografico (come “Chi è chi”, il personaggio dell’anno in un determinato settore, ecc.) e sono basate sulla stessa slealtà, e che pertanto le misure future dovranno prevenire anche tali pratiche sleali.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

7.10.2008

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

35

0

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Cristian Silviu Buşoi, Charlotte Cederschiöld, Gabriela Creţu, Mia De Vits, Janelly Fourtou, Evelyne Gebhardt, Małgorzata Handzlik, Christopher Heaton-Harris, Anna Hedh, Iliana Malinova Iotova, Pierre Jonckheer, Kurt Lechner, Toine Manders, Catiuscia Marini, Arlene McCarthy, Nickolay Mladenov, Catherine Neris, Zita Pleštinská, Karin Riis-Jørgensen, Zuzana Roithová, Heide Rühle, Leopold Józef Rutowicz, Christel Schaldemose, Andreas Schwab, Marianne Thyssen, Jacques Toubon, Barbara Weiler, Marian Zlotea

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Emmanouil Angelakas, Wolfgang Bulfon, Colm Burke, Giovanna Corda, José Ribeiro e Castro, Olle Schmidt, Diana Wallis

  • [1]    GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17.
  • [2]    GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22.
  • [3]  GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21.
  • [4]  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

6.11.2008

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

19

0

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Sir Robert Atkins, Inés Ayala Sender, Simon Busuttil, Michael Cashman, Alexandra Dobolyi, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, David Hammerstein, Marian Harkin, Marcin Libicki, Manolis Mavrommatis, Kathy Sinnott

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Marie-Hélène Descamps, Roger Helmer, Yiannakis Matsis, Juan Andrés Naranjo Escobar, Tatjana Ždanoka

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Richard Corbett, Luis de Grandes Pascual, Salvador Garriga Polledo