RELAZIONE sull'impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell'equilibrio istituzionale dell'Unione europea

17.3.2009 - (2008/2073(INI))

Commissione per gli affari costituzionali
Relatore: Jean-Luc Dehaene

Procedura : 2008/2073(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
A6-0142/2009

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sull'impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell'equilibrio istituzionale dell'Unione europea

(2008/2073(INI))

Il Parlamento europeo,

–   vista la decisione della Conferenza dei presidenti del 6 marzo 2008,

–   visto il trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato il 13 dicembre 2007,

–   vista la sua risoluzione del 20 febbraio 2008 sul trattato di Lisbona[1],

–   viste le conclusioni del Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e il parere della commissione per lo sviluppo (A6‑0142/2009),

A. considerando che il trattato di Lisbona aumenta l'equilibrio istituzionale dell'Unione nella misura in cui rafforza le funzioni chiave di ognuna delle istituzioni politiche, potenziandone al contempo i rispettivi ruoli nell'ambito di un quadro istituzionale in cui la cooperazione tra le istituzioni è un elemento fondamentale del successo del processo di integrazione dell'Unione,

B.  considerando che il trattato di Lisbona trasforma il precedente "metodo comunitario", adeguandolo e rafforzandolo, in un "metodo dell'Unione" in cui, in sostanza:

    –    il Consiglio europeo definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali,

    –    la Commissione promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta iniziative adeguate a tal fine,

    –    il Parlamento europeo e il Consiglio esercitano congiuntamente la funzione legislativa e la funzione di bilancio sulla base delle proposte della Commissione,

C. considerando che il trattato di Lisbona estende tale metodo decisionale specifico dell'Unione a nuovi settori delle sue attività legislative e di bilancio,

D. considerando che il trattato di Lisbona prevede che il Consiglio europeo possa, deliberando all'unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo, estendere la votazione a maggioranza qualificata e la procedura legislativa ordinaria, rafforzando così il metodo dell'Unione,

E.  considerando che, sebbene l'obiettivo del trattato di Lisbona sia quello di semplificare e promuovere la coerenza tra la Presidenza del Consiglio europeo e il Consiglio, la coesistenza di una Presidenza separata del Consiglio europeo e del Consiglio Affari esteri (e dell'Eurogruppo), unitamente alla continuazione di un sistema a rotazione per le presidenze delle altre formazioni del Consiglio, potrebbe, almeno all'inizio, ridurre la funzionalità dell'Unione,

F.  considerando che il principio della parità di genere implica che l'equa rappresentanza di donne e uomini nella vita pubblica sia rispettata anche nella procedura di nomina ai più importanti posti politici dell'Unione europea,

G. considerando che la nuova procedura per l'elezione del Presidente della Commissione richiede che si tenga conto dei risultati delle elezioni e che vengano effettuate le appropriate consultazioni tra i rappresentanti del Consiglio europeo e del Parlamento europeo prima che il Consiglio europeo proponga il proprio candidato,

H. considerando che l'organizzazione della cooperazione interistituzionale nel processo decisionale sarà la chiave del successo dell'azione dell'Unione,

I.   considerando che il trattato di Lisbona riconosce la crescente importanza di una programmazione strategica pluriennale e di una programmazione operativa annuale per garantire buoni rapporti tra le istituzioni ed un'efficace attuazione delle procedure decisionali, e sottolinea il ruolo della Commissione quale iniziatore dei principali esercizi di programmazione,

J.   considerando che l'attuale programmazione finanziaria su sette anni comporta che, talvolta, durante un'intera legislatura il Parlamento e la Commissione non possano prendere decisioni finanziarie o politiche fondamentali nel corso del loro mandato, trovandosi bloccati in un quadro adottato dai loro predecessori che durerà fino alla fine del loro mandato, ostacolo che potrebbe, tuttavia, essere superato facendo uso della possibilità offerta dal trattato di Lisbona riguardo a una programmazione finanziaria quinquennale, che potrebbe corrispondere al mandato del Parlamento e della Commissione,

K. considerando che il trattato di Lisbona introduce un approccio nuovo e globale all'azione esterna dell'Unione – sebbene con meccanismi decisionali specifici in materie connesse alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) – creando altresì il posto "a doppio incarico" di Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) appoggiato da un servizio esterno speciale quale elemento chiave per rendere operativo tale nuovo approccio integrato,

L.  considerando che il trattato di Lisbona introduce un nuovo sistema di rappresentanza esterna dell'Unione, che è essenzialmente affidata, a diversi livelli, al Presidente del Consiglio europeo, al Presidente della Commissione e al Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) e che richiederà un'attenta articolazione e un rigoroso coordinamento tra le diverse parti responsabili di tale rappresentanza, al fine di evitare dannosi conflitti di competenze e inutili doppioni,

M. considerando che il Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008 ha convenuto che, qualora il trattato di Lisbona entrasse in vigore entro la fine dell'anno, adotterebbe le misure giuridiche necessarie a mantenere la composizione della Commissione nella sua forma attuale di un membro per Stato membro,

Valutazione generale

1.  si compiace delle innovazioni istituzionali contenute nel trattato di Lisbona che creano le condizioni per un equilibrio istituzionale rinnovato e potenziato nell'ambito dell'Unione, consentendo alle sue istituzioni di funzionare in modo più efficace, aperto e democratico e permettendo all'Unione di ottenere risultati migliori che rispondano maggiormente alle aspettative dei cittadini e di svolgere pienamente il proprio ruolo di attore globale in ambito internazionale;

2.  sottolinea che viene rafforzato il nucleo essenziale delle funzioni di ogni istituzione consentendo a ciascuna di esse di sviluppare il proprio ruolo in modo più efficace, ma avverte che il nuovo quadro istituzionale richiede che ogni istituzione svolga il proprio ruolo in permanente cooperazione con le altre istituzioni così da raggiungere risultati positivi per tutta l'Unione;

Rafforzamento dello specifico metodo decisionale dell'Unione quale base dell'equilibrio interistituzionale

3.  si compiace del fatto che gli elementi essenziali del "metodo comunitario" – il diritto di iniziativa della Commissione e il processo decisionale congiunto di Parlamento europeo e Consiglio – siano stati tutelati e rafforzati dal trattato di Lisbona nella misura in cui:

–  il Consiglio europeo diventa un'istituzione il cui ruolo specifico nel fornire gli impulsi e definire gli orientamenti all'Unione viene rafforzato, definendo così i suoi obiettivi e le sue priorità strategiche senza interferire con il normale esercizio dei poteri legislativi e di bilancio dell'Unione;

–  la Commissione si vede confermare il proprio ruolo di "motore" che dà impulso all'attività europea, garantendo così che il suo monopolio dell'iniziativa legislativa resti immutato (e addirittura rafforzato), soprattutto nella procedura di bilancio;

–  i poteri del Parlamento europeo in quanto ramo dell'autorità legislativa vengono potenziati, visto che la procedura legislativa ordinaria (come sarà definita l'attuale procedura di codecisione) diventerà la norma generale (a meno che i trattati non specifichino che va applicata una procedura legislativa speciale) e sarà estesa a quasi tutti i settori della legislazione europea, compresa la giustizia e gli affari interni;

–  il ruolo del Consiglio in quanto altro ramo dell'autorità legislativa è confermato e tutelato – sebbene con una certa preponderanza in pochi settori importanti – grazie, in particolare, al chiarimento contenuto nel trattato di Lisbona secondo cui il Consiglio europeo non esercita funzioni legislative;

–  la nuova procedura di bilancio sarà analogamente basata su un processo decisionale congiunto, su un piano di parità, cui parteciperanno il Parlamento europeo e il Consiglio, che riguarderà tutti i tipi di spesa, e il Parlamento e il Consiglio decideranno congiuntamente anche sul quadro finanziario pluriennale, in entrambi i casi su iniziativa della Commissione;

–  la distinzione tra atti legislativi e atti delegati e il riconoscimento del ruolo esecutivo specifico della Commissione sotto il controllo paritario dei due rami dell'autorità legislativa promuoveranno la qualità della legislazione europea; il Parlamento europeo svolge un nuovo ruolo per quanto concerne l’attribuzione delle competenze delegate alla Commissione nonché la supervisione riguardo agli atti delegati;

–  per quanto concerne la capacità dell'Unione di concludere accordi, il ruolo della Commissione (in stretta associazione con il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante)) viene riconosciuto per quanto riguarda la capacità di condurre negoziati, e l'approvazione del Parlamento sarà richiesta per la conclusione da parte del Consiglio di quasi tutti gli accordi internazionali;

4.  si compiace del fatto che il trattato di Lisbona preveda che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo, fermo restando che non vi sia alcuna opposizione da parte di un parlamento nazionale, possa estendere il processo decisionale a maggioranza qualificata e la procedura legislativa ordinaria a settori in cui non si applicano ancora;

5.  sottolinea che, nel complesso, tali clausole "passerella" rivelano un'effettiva tendenza ad una applicazione quanto più ampia possibile del "metodo dell'Unione" e invita pertanto il Consiglio europeo a fare il massimo uso di tali opportunità offerte dal Trattato;

6.  afferma che la piena utilizzazione di tutte le innovazioni istituzionali e procedurali introdotte dal trattato di Lisbona richiede un'approfondita cooperazione permanente tra le istituzioni che partecipano alle diverse procedure, traendo pienamente vantaggio dai nuovi meccanismi forniti dal Trattato, in particolare gli accordi interistituzionali;

Il Parlamento europeo,

7.  si compiace decisamente del fatto che il trattato di Lisbona riconosca pienamente il Parlamento europeo come uno dei due rami dell'autorità legislativa e di bilancio dell'Unione, che sia altresì riconosciuto il suo ruolo nell'adozione di molte decisioni politiche importanti per la vita dell'Unione e che le sue funzioni in relazione al controllo politico vengano rafforzate e addirittura estese, sebbene in misura minore, al settore della PESC;

8.  sottolinea che tale riconoscimento del ruolo del Parlamento europeo richiede la completa collaborazione delle altre istituzioni, soprattutto per quanto riguarda la fornitura al Parlamento, in tempo utile, di tutti i documenti necessari all'esercizio delle sue funzioni, su un piano di parità con il Consiglio, nonché il suo accesso e la sua partecipazione a importanti gruppi di lavoro e riunioni di altre istituzioni, su un piano di parità con gli altri partecipanti alla procedura decisionale; invita le tre istituzioni a prevedere la conclusione di accordi interistituzionali volti a strutturare le migliori prassi in tali settori al fine di ottimizzare la loro cooperazione reciproca;

9.  afferma che il Parlamento europeo deve realizzare autonomamente le necessarie riforme interne per potere adeguare le sue strutture, le sue procedure e i suoi metodi di lavoro alle nuove competenze e alle maggiori esigenze di programmazione e cooperazione interistituzionale derivanti dal trattato di Lisbona[2]; attende con interesse le conclusioni del gruppo di lavoro sulla riforma del Parlamento e ricorda che la sua commissione competente sta attualmente lavorando alla riforma del regolamento al fine di adeguarlo al trattato di Lisbona[3];

10. si compiace del fatto che il trattato di Lisbona estende al Parlamento europeo il diritto di iniziativa per quanto concerne la revisione dei trattati, riconosce che il Parlamento ha il diritto di partecipare alla Convenzione e che la sua approvazione è necessaria nel caso in cui il Consiglio europeo ritenga che non vi sia alcun motivo di convocare la Convenzione; ritiene che tale riconoscimento militi a favore del riconoscimento del fatto che il Parlamento europeo ha il diritto di partecipare a pieno titolo alla Conferenza intergovernativa (CIG) in condizioni analoghe alla Commissione; ritiene che, sulla base dell'esperienza delle due CIG precedenti, un accordo interistituzionale potrebbe definire in futuro gli orientamenti per l'organizzazione delle CIG, soprattutto in relazione alla partecipazione del Parlamento europeo e alle questioni concernenti la trasparenza;

11. prende atto delle misure transitorie riguardanti la composizione del Parlamento europeo; ritiene che l'attuazione di tali misure renderà necessaria una modifica del diritto primario; invita gli Stati membri ad adottare tutte le necessarie disposizioni giuridiche nazionali al fine di consentire la pre-elezione, nel giugno 2009, dei 18 membri supplementari del Parlamento europeo in modo che possano sedere in Parlamento in qualità di osservatori a partire dalla data di entrata in vigore del trattato di Lisbona; ricorda, tuttavia, che i membri supplementari assumeranno pieni poteri solo in una data convenuta e simultaneamente, una volta completate tutte le procedure per la ratifica della modifica del diritto primario; ricorda al Consiglio che il Parlamento, ai sensi del Trattato di Lisbona (articolo 14, paragrafo 2 del trattato UE), si trova ad acquisire importanti diritti di iniziativa e di approvazione per quanto attiene alla propria composizione, che il Parlamento intende pienamente rivendicare;

Il ruolo del Consiglio europeo

12. ritiene che il riconoscimento formale del Consiglio europeo quale istituzione autonoma separata, con competenze specifiche chiaramente definite nei trattati, comporti una nuova definizione del ruolo del Consiglio europeo per quanto concerne il compito fondamentale di fornire il necessario impulso politico e definire gli orientamenti e le priorità generali dell'attività dell'Unione;

13. si compiace altresì della specificazione contenuta nel trattato di Lisbona in merito al ruolo essenziale del Consiglio europeo per quanto concerne la revisione dei trattati nonché in relazione ad alcune decisioni di importanza fondamentale per la vita politica dell'Unione – questioni come le nomine ai posti politici più importanti, la risoluzione di blocchi a livello politico in varie procedure decisionali e l'uso dei meccanismi di flessibilità – che vengono adottate dal Consiglio europeo o con la sua partecipazione;

14. sottolinea il particolare ruolo di guida che il Consiglio europeo deve svolgere nel settore delle azioni esterne, soprattutto per quanto concerne la PESC, in cui sono di importanza fondamentale i suoi compiti di identificazione degli interessi strategici, determinazione degli obiettivi e definizione degli orientamenti generali di detta politica; sottolinea in tale contesto la necessità di una stretta partecipazione del Consiglio, del Presidente della Commissione e del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) alla preparazione del lavoro del Consiglio europeo in questo settore;

15. afferma che la necessità di migliorare la cooperazione interistituzionale tra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo milita a favore dell'ottimizzazione delle condizioni in cui il Presidente del Parlamento europeo partecipa alle discussioni in seno al Consiglio europeo, che potrebbero eventualmente essere trattate in un accordo politico sulle relazioni tra le due istituzioni; ritiene che sarebbe utile se il Consiglio europeo potesse formalizzare tali condizioni in un regolamento interno;

La Presidenza fissa del Consiglio europeo

16. si compiace dell'istituzione di una presidenza fissa a lungo termine del Consiglio europeo che contribuirà a garantire una maggiore continuità, efficacia e coerenza del lavoro di tale istituzione e quindi dell'azione dell'Unione; sottolinea che la nomina del Presidente del Consiglio europeo dovrebbe avvenire immediatamente dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, al fine di mantenere un collegamento fra la durata del neoeletto Parlamento e il periodo del mandato della nuova Commissione;

17. sottolinea il ruolo essenziale che il Presidente del Consiglio europeo dovrà svolgere nella vita istituzionale dell'Unione, non in quanto Presidente dell'Unione europea – che egli non sarà – ma in quanto Presidente del Consiglio europeo incaricato di portarne avanti l'attività, garantire la preparazione e la continuità del suo lavoro, promuovere il consenso tra i suoi membri, riferire al Parlamento europeo e rappresentare all'esterno l'Unione per quanto concerne la PESC, al proprio livello e senza compromettere le funzioni del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante);

18. ricorda che la preparazione delle riunioni del Consiglio europeo e la continuità del suo lavoro vanno garantite dal Presidente del Consiglio europeo in cooperazione con il Presidente della Commissione sulla base del lavoro del Consiglio Affari generali, il che richiede contatti reciproci e una stretta cooperazione tra il Presidente del Consiglio europeo e la Presidenza del Consiglio Affari generali;

19. ritiene, in tale contesto, che ciò sia essenziale per un rapporto equilibrato e di collaborazione tra il Presidente del Consiglio europeo e il Presidente della Commissione, la Presidenza a rotazione e, nella misura in cui è interessata la rappresentanza esterna dell'Unione in sede di PESC, il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante);

20. ricorda che, sebbene il trattato di Lisbona preveda che il Consiglio europeo sia assistito dal Segretariato generale del Consiglio, la spesa specifica del Consiglio europeo deve essere definita in una sezione separata del bilancio e deve includere dotazioni specifiche per il Presidente del Consiglio europeo, che avrà comunque bisogno di essere assistito dal proprio Gabinetto, che andrebbe costituito a condizioni congrue;

Il Consiglio

21. si compiace dei progressi compiuti nel trattato di Lisbona verso la considerazione del ruolo del Consiglio come secondo ramo dell'autorità legislativa e di bilancio dell'Unione che condivide – sebbene ancora con una certa preponderanza in alcuni settori – l'onere dell'attività decisionale con il Parlamento europeo, nell'ambito di un sistema istituzionale che si è gradualmente evoluto conformemente ad una logica parlamentare bicamerale;

22. sottolinea il ruolo essenziale conferito dal trattato di Lisbona al Consiglio Affari generali – e quindi al suo Presidente – al fine di garantire la coerenza e la continuità dell'attività delle diverse formazioni del Consiglio, nonché la preparazione e la continuità del lavoro del Consiglio europeo (in cooperazione con il suo Presidente e con il Presidente della Commissione);

23. sottolinea che il ruolo particolare del Consiglio nella preparazione, definizione e attuazione della PESC richiede un coordinamento rafforzato tra il Presidente del Consiglio Affari generali e il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) in quanto Presidente del Consiglio Affari esteri, e tra loro e il Presidente del Consiglio europeo;

24. esprime la convinzione che la separazione prevista dal trattato di Lisbona tra il ruolo del Consiglio Affari generali e quello del Consiglio Affari esteri renda necessaria una diversa composizione di queste due formazioni del Consiglio, soprattutto in quanto il più ampio concetto di relazioni esterne dell'Unione previsto dai Trattati modificati dal Trattato di Lisbona renderà sempre più difficile avere mandati cumulativi in entrambe le formazioni del Consiglio; ritiene pertanto auspicabile che i ministri degli Affari esteri si concentrino innanzitutto sulle attività del Consiglio Affari esteri;

25. ritiene, in tale contesto, che potrebbe essere necessario che il Primo ministro/Capo di Stato dello Stato membro che assume la Presidenza del Consiglio presieda personalmente e garantisca l'adeguato funzionamento del Consiglio Affari generali in quanto organo competente per il coordinamento delle diverse formazioni del Consiglio e per l'arbitrato relativo alle priorità e alla risoluzione dei conflitti che attualmente viene affidato con troppa facilità al Consiglio europeo;

26. riconosce le grandi difficoltà connesse al coordinamento tra le diverse formazioni del Consiglio a causa del nuovo sistema delle presidenze e sottolinea, al fine di evitare tali rischi, l'importanza delle "nuove troike" fisse di 18 mesi (gruppi di tre Presidenze) che condivideranno le Presidenze delle diverse formazioni del Consiglio (a prescindere dal Consiglio Affari generali e dall'Eurogruppo) e del COREPER, al fine di garantire la coerenza e la continuità del lavoro del Consiglio nel suo insieme e di assicurare la cooperazione interistituzionale necessaria al buon funzionamento delle procedure legislative e di bilancio nella decisione congiunta con il Parlamento europeo;

27. ritiene d'importanza fondamentale che le troike sviluppino una cooperazione intensa e permanente attraverso il loro mandato congiunto; sottolinea l'importanza del programma operativo congiunto di ogni troika di 18 mesi per il funzionamento dell'Unione, come illustrato al paragrafo 51 della presente risoluzione; invita le troike a presentare il loro programma operativo congiunto - contenente, in particolare, le loro proposte sul calendario delle deliberazioni legislative - al Parlamento riunito in seduta plenaria all'inizio del loro mandato congiunto;

28. ritiene che il Primo ministro/Capo di Stato dello Stato membro che assume la Presidenza del Consiglio dovrà svolgere un ruolo fondamentale nel garantire la coesione dell'intero gruppo di presidenze e la coerenza del lavoro delle diverse formazioni del Consiglio nonché nel fornire il necessario coordinamento con il Consiglio europeo, soprattutto in relazione alla preparazione e alla continuità del suo lavoro;

29. sottolinea altresì che il Primo ministro/Capo di Stato del paese che assume la Presidenza a rotazione del Consiglio deve essere l'interlocutore privilegiato del Parlamento europeo per quanto concerne le attività della Presidenza; ritiene che dovrebbe essere invitato a rivolgersi al Parlamento in seduta plenaria, illustrandogli il rispettivo programma di attività della Presidenza e rendendo conto degli sviluppi e dei risultati conseguiti durante il suo mandato semestrale, nonché presentando alla discussione eventuali altre questioni politiche rilevanti emerse durante il mandato della sua Presidenza;

30. sottolinea che, nella attuale situazione in termini di sviluppo dell'Unione, le questioni concernenti la sicurezza e la difesa costituiscono ancora parte integrante della PESC e ritiene che, in quanto tali, esse dovrebbero continuare ad essere di competenza del Consiglio Affari esteri che è presieduto dal Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante), con la partecipazione aggiuntiva dei ministri della difesa, ove necessario;

La Commissione

31. si compiace che sia stato ribadito il ruolo essenziale della Commissione quale "motore " che dà impulso all'attività dell'Unione attraverso:

–  il riconoscimento del suo quasi-monopolio in termini di iniziativa legislativa, che è estesa a tutti i settori di attività dell'Unione a prescindere dalla PESC, e in particolare rafforzata nelle questioni di ordine finanziario;

–  il rafforzamento del suo ruolo nell'agevolare l'accordo tra i due rami dell'autorità legislativa e di bilancio;

–  il rafforzamento del suo ruolo di "esecutivo" dell'Unione ogni qualvolta l'applicazione delle disposizioni del diritto dell'Unione europea richieda un approccio comune, mentre il Consiglio assume un tale ruolo solo nelle questioni attinenti alla PESC e in casi debitamente giustificati e specificati in atti legislativi;

32. si compiace altresì del rafforzamento della posizione del Presidente nell'ambito del Collegio dei Commissari, in particolare per quanto riguarda la responsabilità istituzionale nei suoi confronti da parte dei Commissari e l'organizzazione interna della Commissione, che crea le condizioni necessarie a rafforzare il suo ruolo di guida della Commissione e ad aumentarne la coesione; ritiene che tale rafforzamento possa essere addirittura potenziato in vista dell'accordo tra i capi di Stato o di governo sul mantenimento di un Commissario per Stato membro;

Elezione del Presidente della Commissione

33. sottolinea che l'elezione del Presidente della Commissione da parte del Parlamento europeo su proposta del Consiglio europeo attribuirà una natura marcatamente politica alla sua designazione;

34. sottolinea che tale elezione aumenterà la legittimità democratica del Presidente della Commissione e ne rafforzerà la posizione sia a livello interno nell'ambito della Commissione (per quanto concerne la sua capacità nelle relazioni interne con gli altri Commissari) sia nei rapporti interistituzionali in genere;

35. ritiene che tale legittimità potenziata del Presidente della Commissione andrà anche a vantaggio della Commissione nel suo insieme, aumentandone la capacità di agire quale promotore indipendente dell'interesse generale europeo e quale forza trainante dell'azione europea;

36. ricorda, in tale contesto, che il fatto che un candidato alla carica di Presidente della Commissione sia proposto dal Consiglio europeo, che decide a maggioranza qualificata, e che l'elezione di tale candidato da parte del Parlamento europeo richieda i voti della maggioranza dei suoi membri, costituisce per tutti coloro che partecipano al processo un ulteriore incentivo a sviluppare il necessario dialogo al fine di garantire il buon esito del processo stesso;

37. ricorda che il Consiglio europeo è chiamato dal trattato di Lisbona a tenere "conto delle elezioni del Parlamento europeo" e, prima di designare il candidato, a effettuare "le consultazioni appropriate", che non sono contatti istituzionali formali tra le due istituzioni; ricorda, inoltre, che la dichiarazione 11 allegata all'atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il trattato di Lisbona[4] prevede in tale contesto "consultazioni nel quadro ritenuto più appropriato" tra i rappresentanti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo;

38. propone che il Presidente del Consiglio europeo venga incaricato dal Consiglio europeo (da solo o con una delegazione) di portare avanti tali consultazioni, che si consulti con il Presidente del Parlamento europeo al fine di organizzare le riunioni necessarie con ognuno dei capi dei gruppi politici del Parlamento europeo, possibilmente accompagnati dai capi (o da una delegazione) dei partiti politici europei, e che il Presidente del Consiglio europeo riferisca quindi al Consiglio europeo;

Procedura di nomina

39. ritiene che la scelta delle persone chiamate ad occupare la carica di Presidente del Consiglio europeo, di Presidente della Commissione e di Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) dovrebbe tenere conto delle rispettive competenze dei candidati; riconosce inoltre, come previsto dalla dichiarazione 6 allegata all'atto finale sopra menzionato, che occorre tener conto della necessità di rispettare la diversità geografica e demografica dell'Unione e dei suoi Stati membri;

40. ritiene inoltre che, nelle nomine ai più importanti posti politici dell'Unione europea, gli Stati membri e le famiglie politiche europee dovrebbero tener conto non solo dei criteri di equilibrio geografico e demografico ma anche di criteri basati su un equilibrio politico e di genere;

41. ritiene, in tale contesto, che la procedura di nomina dovrebbe essere attuata dopo le elezioni al Parlamento europeo in modo da poter tener conto dei risultati elettorali, che svolgeranno un ruolo essenziale nella scelta del Presidente della Commissione; segnala che solo dopo la sua elezione sarà possibile garantire l'equilibrio richiesto;

42. propone, in tale ambito, quale possibile modello, la seguente procedura e il seguente scadenzario per le nomine, che potrebbero essere concordati dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo:

–  prima e seconda settimana dopo le elezioni europee: insediamento dei gruppi politici al Parlamento europeo;

–  terza settimana dopo le elezioni: consultazioni tra il Presidente del Consiglio europeo e il Presidente del Parlamento europeo, seguite da riunioni separate tra il Presidente del Consiglio europeo e i Presidenti dei gruppi politici (possibilmente anche con i presidenti dei partiti politici europei o delegazioni ristrette);

–  quarta settimana dopo le elezioni: annuncio da parte del Consiglio europeo, tenendo conto dei risultati delle consultazioni menzionate al precedente trattino, del candidato alla carica di Presidente della Commissione;

–  quinta e sesta settimana dopo le elezioni: contatti tra il candidato alla carica di Presidente della Commissione e i gruppi politici; dichiarazioni da parte di tale candidato e presentazione dei suoi orientamenti politici al Parlamento europeo: votazione in seno al Parlamento europeo sul candidato alla carica di Presidente della Commissione;

–  luglio/agosto/settembre: il Presidente eletto della Commissione concorda con il Consiglio europeo la nomina del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) e propone l'elenco di Commissari designati (compreso il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante));

–  settembre: il Consiglio adotta l'elenco di Commissari designati (compreso il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante));

–  settembre/ottobre: audizione da parte del Parlamento europeo dei Commissari designati e del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) designato;

–  ottobre: presentazione del Collegio dei Commissari e del loro programma al Parlamento europeo; voto sull'intero collegio (compreso il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante)); il Consiglio europeo approva la nuova Commissione; la nuova Commissione assume le proprie funzioni;

–  novembre: il Consiglio europeo nomina il Presidente del Consiglio europeo;

43. sottolinea che lo scenario proposto dovrebbe essere comunque applicato dal 2014 in poi;

44. ritiene che la possibile entrata in vigore del trattato di Lisbona entro la fine del 2009 richieda un accordo politico tra il Consiglio europeo ed il Parlamento europeo al fine di garantire che la procedura per la scelta del Presidente della prossima Commissione e per la nomina della futura Commissione rispetti comunque la sostanza dei nuovi poteri che il trattato di Lisbona riconosce al Parlamento europeo in materia;

45. ritiene che, qualora il Consiglio europeo avvii la procedura per la nomina del Presidente della futura Commissione senza indugio dopo le elezioni europee del giugno 2009[5], esso dovrebbe tenere debitamente conto del quadro temporale necessario per consentire il completamento informale della procedura di consultazione politica con i rappresentanti neoeletti dei gruppi politici, come previsto dal trattato di Lisbona; ritiene che, nel rispetto di tali condizioni, l’essenza delle sue nuove prerogative verrebbe pienamente rispettata e il Parlamento europeo potrebbe procedere ad approvare la nomina del Presidente della Commissione;

46. sottolinea che, comunque, per quanto concerne la nomina del prossimo Collegio, la procedura dovrebbe essere avviata solo una volta noti i risultati del secondo referendum in Irlanda; rileva che le istituzioni sarebbero così pienamente consapevoli del futuro contesto giuridico in cui la nuova Commissione eserciterebbe il suo mandato e che si potrebbero tenere nella debita considerazione i loro rispettivi poteri a livello procedurale, nonché la composizione, la struttura e le competenze della futura Commissione; nota che, nel caso di un esito positivo del referendum, l'approvazione formale del nuovo Collegio, compresi il Presidente e il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) da parte del Parlamento europeo, dovrebbe avvenire solo dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona;

47. ricorda che, qualora il secondo referendum in Irlanda non dovesse avere un risultato positivo, il trattato di Nizza sarà comunque pienamente applicabile e che la prossima Commissione dovrà essere costituita conformemente alle disposizioni in base alle quali il numero dei Commissari sarà inferiore al numero di Stati membri; sottolinea che, in tal caso, il Consiglio dovrà prendere una decisione sul numero effettivo di membri di tale Commissione ridotta; sottolinea la propria volontà politica di garantire la rigorosa osservanza di tali disposizioni;

Programmazione

48. ritiene che la programmazione, sia a livello strategico che operativo, sarà essenziale per garantire l'efficienza e la coerenza dell'azione dell'Unione;

49. si compiace pertanto del fatto che il trattato di Lisbona preveda specificamente che la programmazione sia uno strumento di promozione della capacità delle istituzioni di agire e propone che diversi esercizi concomitanti di programmazione siano organizzati sulle linee seguenti:

–  il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero concordare un "contratto" o "programma" di legislatura, basato sugli obiettivi strategici generali e le priorità che la Commissione deve presentare all'inizio del suo mandato, che dovrebbe essere sottoposto ad una discussione congiunta con il Parlamento europeo e il Consiglio al fine di raggiungere un consenso (possibilmente nella forma di un accordo interistituzionale specifico anche se non giuridicamente vincolante) fra le tre istituzioni sugli obiettivi e le priorità comuni per la legislatura di cinque anni;

–  sulla base di tale contratto o programma, la Commissione dovrebbe quindi sviluppare ulteriormente le sue idee in materia di programmazione finanziaria e presentare, entro la fine di giugno dell'anno successivo alle elezioni, le sue proposte relative a un quadro finanziario pluriennale di cinque anni – corredate dall'elenco delle proposte legislative necessarie al fine di attuare i rispettivi programmi – che andrebbe quindi discusso e adottato dal Consiglio e dal Parlamento europeo, conformemente alla procedura stabilita dai trattati, entro la fine dello stesso anno (o, al più tardi, entro la fine del primo trimestre dell'anno successivo);

–  ciò consentirebbe all'Unione di disporre di un quadro finanziario pluriennale di cinque anni pronto ad entrare in vigore all'inizio dell'anno N+2 (o N+3)[6], fornendo così ad ogni Parlamento europeo e ad ogni Commissione la possibilità di decidere in merito alla "propria" programmazione;

50. ritiene che il passaggio a tale sistema di programmazione politica e finanziaria quinquennale richiederà una proroga e un adeguamento dell'attuale quadro finanziario contenuto nell'accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria[7] fino al termine del 2015/2016, in modo che il quadro successivo entri in vigore all'inizio del 2016/2017[8];

51. propone che, sulla base del contratto/programma di legislatura e tenendo conto del quadro finanziario pluriennale:

–  la Commissione dovrebbe presentare il proprio programma legislativo e di lavoro annuale al Parlamento europeo e al Consiglio al fine di una discussione congiunta che consenta alla Commissione di apportare gli adeguamenti necessari;

–  il Consiglio Affari generali dovrebbe adottare, in un dialogo con il Parlamento europeo, la programmazione operativa congiunta delle attività di ogni gruppo di tre Presidenze per tutto il periodo di 18 mesi del loro mandato, che servirà da quadro al rispettivo programma di attività di ogni Presidenza per il suo mandato semestrale;

Relazioni esterne

52. sottolinea l'importanza della nuova dimensione che il trattato di Lisbona conferisce all'azione esterna dell'Unione nel suo insieme, compresa la PESC, che, unitamente alla personalità giuridica dell'Unione e alle innovazioni istituzionali attinenti a questo settore (in particolare la creazione di un Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) "a doppio incarico" e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE)), potrebbe costituire un fattore decisivo per quanto concerne la coerenza e l'efficacia dell'azione dell'Unione in questo ambito e promuoverne in modo significativo la visibilità in quanto attore globale;

53. ricorda che tutte le decisioni concernenti le questioni attinenti all'azione esterna devono specificare la base giuridica su cui vengono adottate al fine di agevolare l'individuazione della procedura seguita per la loro adozione e la procedura da seguire per la loro attuazione;

Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante)

54. considera la creazione del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) "a doppio incarico" un passo fondamentale per garantire la coerenza, l'efficacia e la visibilità di tutta l'azione esterna dell'Unione;

55. sottolinea che il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) deve essere nominato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, con l'accordo del Presidente della Commissione, e deve anche ricevere l'approvazione del Parlamento europeo in quanto Vicepresidente della Commissione, unitamente a quella dell'intero Collegio dei Commissari; invita il Presidente della Commissione a garantire che la Commissione eserciti a pieno titolo le proprie responsabilità in tale contesto tenendo conto del fatto che, in quanto Vicepresidente della Commissione, l'Alto rappresentante svolgerà un ruolo fondamentale nel garantire la coesione e l'efficacia del Collegio, e che il Presidente della Commissione ha il dovere politico ed istituzionale di garantire di avere le capacità necessarie a integrare il Collegio; sottolinea altresì che il Consiglio europeo deve essere consapevole di questo aspetto del ruolo del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) e deve procedere fin dall'inizio della procedura alle necessarie consultazioni con il Presidente della Commissione al fine di garantirne l'efficace conclusione; ricorda che, nel quadro dei poteri in materia di nomina di una nuova Commissione, eserciterà pienamente il proprio giudizio in merito alle capacità politiche istituzionali del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) nominato;

56. sottolinea che l'SEAE dovrà svolgere un ruolo fondamentale nel sostenere le attività del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) e costituirà un elemento essenziale del successo del nuovo approccio integrato dell'azione esterna dell'Unione; sottolinea che la costituzione del nuovo servizio richiederà una proposta formale del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante), proposta che sarà possibile solo una volta che egli abbia assunto le proprie funzioni e che potrà essere adottata dal Consiglio solo dopo il parere del Parlamento europeo e l'approvazione della Commissione; dichiara l'intenzione di esercitare pienamente i propri poteri di bilancio in relazione alla costituzione dell'SEAE;

57. sottolinea che i compiti del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) sono estremamente gravosi e richiederanno un notevole coordinamento con le altre istituzioni, soprattutto con il Presidente della Commissione rispetto al quale sarà politicamente responsabile nei settori delle relazioni esterne che rientrano nella competenza della Commissione stessa, con la Presidenza a rotazione del Consiglio e con il Presidente del Consiglio europeo;

58. sottolinea che la realizzazione degli obiettivi che hanno portato alla creazione del posto di Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) dipenderà in ampia misura da un rapporto di fiducia politica tra il Presidente della Commissione e il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante), e dalla capacità del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) di cooperare in modo fruttuoso con il Presidente del Consiglio europeo, con la Presidenza a rotazione del Consiglio e con gli altri Commissari incaricati, sotto il suo coordinamento, di esercitare le competenze specifiche connesse alle azioni esterne dell'Unione;

59. invita la Commissione e il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) a ricorrere pienamente alla possibilità di presentare iniziative comuni nel settore delle relazioni esterne, al fine di promuovere la coesione dei diversi settori di azione dell'Unione in ambito esterno ed aumentare la possibilità che tali iniziative vengano adottate dal Consiglio, in particolare per quanto concerne la PESC; sottolinea, al riguardo, la necessità di un controllo parlamentare sulle misure di politica estera e di sicurezza;

60. afferma che è essenziale adottare alcune misure pratiche al fine di agevolare i compiti del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante):

–  il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) dovrebbe proporre la nomina di rappresentanti speciali, con il chiaro mandato, definito conformemente all'articolo 33 del trattato sull'Unione europea, di assisterlo in settori specifici di sua competenza per quanto concerne questioni attinenti alla PESC (tali rappresentanti speciali, nominati dal Consiglio, dovrebbero anche essere ascoltati dal Parlamento europeo e dovrebbero tenerlo regolarmente informato in merito alle loro attività);

–  egli dovrebbe coordinare le sue attività in settori diversi dalla PESC con i Commissari competenti in relazione ai portafogli di tali settori e, qualora necessario, dovrebbe delegare loro la funzione di rappresentanza internazionale dell'Unione europea in questi settori;

–  in caso di assenza, il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) dovrebbe decidere in modo puntuale, alla luce dei doveri da espletare in ogni occasione, chi lo deve rappresentare;

Rappresentanza

61. ritiene che il trattato di Lisbona costituisca un efficace, anche se complesso, sistema operativo per la rappresentanza esterna dell'Unione e propone che venga articolato in base agli orientamenti seguenti:

–  il Presidente del Consiglio europeo rappresenta l'Unione al livello dei capi di Stato o di governo nelle questioni concernenti la PESC, ma non ha la facoltà di condurre negoziati politici a nome dell'Unione che è invece compito del Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante); può anche essere chiamato a svolgere un ruolo specifico di rappresentanza del Consiglio europeo in occasione di determinati eventi internazionali;

–  il Presidente della Commissione rappresenta l'Unione al più alto livello in relazione a tutti gli aspetti delle relazioni esterne dell'Unione, ad eccezione delle questioni concernenti la PESC, o qualsiasi politica settoriale specifica che rientri nell'ambito dell'azione esterna dell'Unione (commercio estero, ecc.); il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) o il Commissario competente/incaricato può anche assumere tale ruolo sotto l'autorità della Commissione;

–  il Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante) rappresenta l'Unione a livello ministeriale o nell'ambito di organizzazioni internazionali per quanto concerne l'azione esterna globale dell'Unione; espleta anche le funzioni di rappresentanza esterna in quanto Presidente del Consiglio Affari esteri;

62. ritiene che non sia più auspicabile che il Presidente del Consiglio Affari generali (segnatamente il Primo ministro dello Stato membro che detiene la Presidenza) o il Presidente di una formazione settoriale specifica del Consiglio sia chiamato ad esercitare funzioni di rappresentanza esterna dell'Unione;

63. sottolinea l'importanza del coordinamento e della cooperazione tra tutte le diverse parti competenti per questi differenti compiti concernenti la rappresentanza esterna dell'Unione, al fine di evitare conflitti di competenze e garantire la coerenza e la visibilità dell'Unione all'esterno;

°

°         °

64. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e la relazione della commissione per gli affari costituzionali al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti nazionali degli Stati membri.

  • [1]  Testi approvati P6_TA(2008)0055.
  • [2]  Progetto di relazione dell'on. Leinen sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona(PE 407.780 v02-00).
  • [3]  Progetto di relazione Corbett sulla revisione generale del regolamento del Parlamento europeo (PE 405.935 v03-00).
  • [4]  Dichiarazione n. 11 relativa all'articolo 17, paragrafi 6 e 7 del trattato sull'Unione europea
  • [5]  Come affermato nella dichiarazione sulla nomina della futura Commissione concordata nelle conclusioni del Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008.
  • [6]  N vuol dire "Anno delle elezioni europee".
  • [7]  Accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria.(GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1).
  • [8]  Conformemente alla relazione Böge sulla revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013(INI/2008/2055) e alla relazione Guy-Quint sugli aspetti finanziari del trattato di Lisbona(INI/2008/2054).

MOTIVAZIONE

Impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell'equilibrio istituzionale dell'Unione europea

Analisi politica dello sviluppo delle relazioni tra il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, il Consiglio dei ministri e la Commissione.

Il trattato di Lisbona sancisce la nascita di un'Unione europea dotata di personalità giuridica e di un quadro istituzionale unico. Dopo l'allargamento, che le ha permesso di realizzare la propria riunificazione, l'Europa aveva bisogno di questa rifondazione, per raccogliere le sfide del ventunesimo secolo e della globalizzazione. In una certa misura si può pensare che, al pari di quanto è avvenuto con il trattato di Roma al termine della seconda guerra mondiale, l'Europa stia tentando, attraverso il trattato di Lisbona, di affrontare un ambiente nuovo, emerso dopo la fine della Guerra fredda. Nel perseguire il suo progetto di pace e di stabilità, senza dimenticare di consolidare la sua integrazione socioeconomica, l'Unione europea offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia e apporta, in veste di attore globale, un contributo all'organizzazione di un mondo più equo e sostenibile. Per raggiungere questo obiettivo, l'Unione europea a 27 doveva necessariamente diventare "più democratica, più trasparente e più efficace" (dichiarazione di Laeken).

A tale scopo, il trattato di Lisbona modifica il trattato sull'Unione europea (Maastricht) e il trattato istitutivo della Comunità europea (Roma e successive modifiche), che diventano rispettivamente il trattato sull'Unione europea (TUE) e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Il primo definisce il quadro istituzionale dell'Unione e il secondo ne disciplina il funzionamento pratico. I due trattati hanno la medesima valenza giuridica. Nel tempo, sarebbe più coerente subordinare il trattato sul funzionamento al trattato di base sull'Unione europea, cosicché da giustificare, nell'eventualità di una revisione del trattato sul funzionamento, una procedura più flessibile rispetto a quella prevista per il trattato di base.

Il trattato di Lisbona può entrare in vigore soltanto dopo la ratifica da parte di tutti gli Stati membri. Preparare l'attuazione del trattato non significa affatto pregiudicarne la ratifica. Al contrario, evitare tale preparazione avrebbe comportato ritardi nell'attuazione del trattato, una volta ratificato. Per questo motivo, è legittimo che tutte le istituzioni giochino d'anticipo rispetto alla ratifica, studiando le ripercussioni del trattato sul loro funzionamento, oltre che sulle relazioni istituzionali.

La presente relazione prende in esame l'impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell'equilibrio istituzionale dell'Unione europea. Essa pone in luce l'importanza dell'attuazione delle nuove disposizioni e delle prime nomine.

La relazione si sofferma sui rapporti tra Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio e Commissione. Valuta inoltre l'equilibrio globale tra queste istituzioni e non si limita a prendere in esame i loro rapporti con il Parlamento. Si tratta di un'analisi politica attraverso la quale vengono formulate raccomandazioni concrete.

La presente relazione non affronta la questione delle misure organizzative interne al Parlamento richieste per l'attuazione del trattato. Tale aspetto sarà oggetto di relazioni distinte[1]. Benché affronti la questione dell'organizzazione dell'azione esterna dell'Unione, la relazione non approfondisce il tema dell'organizzazione del servizio europeo per l'azione esterna, che sarà oggetto di una relazione distinta[2]. Infine, la relazione non prende neppure in esame le relazioni con i parlamenti nazionali. Nonostante abbiano un ruolo molto importante da svolgere (un ruolo rafforzato dai protocolli allegati al trattato), i parlamenti nazionali non sono, in quanto tali, un'istituzione dell'Unione europea. I rapporti con i parlamenti nazionali saranno oggetto di una relazione distinta[3].

La presente relazione prende in esame lo sviluppo prevedibile dei rapporti tra le istituzioni politiche dell'Unione, nel quadro del nuovo trattato. Dopo un breve excursus storico, la prima parte analizza le principali disposizioni del trattato che riguardano ciascuna istituzione. Successivamente, la relazione affronta le questioni delle relazioni istituzionali, delle (prime) nomine, della programmazione interistituzionale e dell'azione esterna dell'Unione.

A. Evoluzione dell'equilibrio istituzionale

Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono le tre istituzioni politiche create dal trattato di Roma al momento della costituzione della Comunità europea.

All'epoca, il Parlamento aveva essenzialmente un ruolo consultivo ed era composto da parlamentari nazionali. In linea di principio, il Consiglio decideva all'unanimità. La Commissione proponeva e applicava la normativa europea.

La prima elezione diretta del Parlamento europeo si è svolta nel 1979.

L'Atto unico europeo (1986) prevedeva che il Consiglio potesse approvare, deliberando a maggioranza qualificata, la maggior parte delle direttive relative all'armonizzazione finalizzata all'istituzione del mercato unico. Nel contempo, si era instaurata una procedura di cooperazione con il Parlamento europeo relativamente a tali direttive.

I trattati di Maastricht, di Amsterdam e di Nizza hanno ampliato sistematicamente la decisione maggioritaria in seno al Consiglio e, in parallelo, hanno adottato e successivamente esteso, la procedura di codecisione con il Parlamento europeo.

Il trattato di Maastricht ha esteso il mandato della Commissione da quattro a cinque anni per farlo coincidere con il mandato del Parlamento. Il ruolo del Parlamento europeo nella designazione del presidente e dei membri della Commissione è stato accentuato nei trattati successivi; inoltre, i trattati e soprattutto le prassi, hanno rafforzato la posizione del presidente della Commissione in seno al collegio.

Fino al trattato di Maastricht, l'integrazione europea era incentrata soprattutto sul settore socioeconomico. L'Atto unico europeo e ancora di più il trattato di Maastricht, hanno creato l'Unione europea per affrontare le questioni di politica estera, giustizia e cittadinanza e così facendo hanno attribuito una nuova dimensione politica all'integrazione europea. I due nuovi "pilastri" di attività, tuttavia, costituivano una dimensione essenzialmente intergovernativa, tanto da limitare fortemente il ruolo della Commissione e del Parlamento europeo. Il trattato di Amsterdam ha istituito la figura dell'Alto rappresentante per la politica estera e di scurezza comune (PESC). Questo stesso trattato ha compiuto un primo passo verso la comunitarizzazione dei settori della giustizia e affari interni (GAI) in materia di politica migratoria.

Le prime riunioni europee al vertice erano, di fatto, riunioni informali dei capi di Stato e di governo. A partire dal 1975, tali riunioni sono diventate regolari e, con la denominazione di Consiglio europeo, hanno assunto progressivamente un carattere più formale. Il trattato di Maastricht ha formalizzato il ruolo di impulso e di definizione degli orientamenti di politica generale del Consiglio europeo. Tuttavia, il Consiglio europeo non era un'istituzione, nel senso giuridico del termine, e non costitutiva neppure una formazione particolare del Consiglio.

Nel riprendere gli elementi essenziali delle proposte della Convenzione europea, il trattato di Lisbona ha ridefinito l'equilibrio istituzionale dell'Unione. Il nuovo trattato sull'Unione europea abolisce formalmente i pilastri. L'Unione europea acquisisce, in quanto tale, personalità giuridica. Le istituzioni della Comunità diventano le istituzioni dell'Unione. Il trattato ridefinisce il ruolo e le competenze di ciascuna delle istituzioni. Fa del Consiglio europeo una delle istituzioni dell'Unione, distinta dal Consiglio. Generalizza (con alcune eccezioni) la codecisione che diventa la procedura legislativa normale anche per l'approvazione del bilancio, anche se nell'ambito di una procedura specifica.

In questo modo, il trattato di Lisbona trasforma, rafforzandolo, il cosiddetto "metodo comunitario in "metodo dell'Unione", secondo il quale:

–  il Consiglio europeo definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali (ruolo di impulso);

–  la Commissione promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine (diritto di iniziativa);

–  il Parlamento europeo e il Consiglio esercitano insieme le funzioni legislative e di bilancio (bicameralismo parlamentare).

Questo metodo viene esteso in particolare al settore del bilancio, oltre che a quello che veniva definito precedentemente il settore della giustizia e degli affari interni (GAI), al posto del quale il nuovo trattato vuole creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Soltanto il settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) rimane essenzialmente intergovernativo.

B. Analisi delle (nuove) disposizioni principali suddivise per istituzione

1.   Parlamento europeo (articolo 14 TUE)

1.1. Il Parlamento europeo esercita, insieme al Consiglio, le funzioni legislative e di bilancio, oltre alle funzioni di controllo politico e consultive.

Il trattato sull'Unione europea conferma così che l'Unione funziona essenzialmente secondo i principi che caratterizzano i regimi parlamentari.

1.2. La codecisione tra Parlamento europeo e Consiglio, su proposta della Commissione, diventa "la procedura legislativa ordinaria". Tale procedura, con alcune particolarità, si applica anche al bilancio nell'ambito delle spese.

Il trattato di Lisbona conferma e rafforza pertanto il metodo "comunitario" e valorizza in particolare il "bicameralismo" Parlamento europeo - Consiglio.

1.3. La competenza del Parlamento europeo viene ampliata, anche per effetto della soppressione dei pilastri. Nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, si applica, in linea di principio, la procedura legislativa normale (anche se vi sono alcune modalità speciali).

Analogamente, il trattato di Lisbona esplicita le competenze dell'Unione in materia di energia.

Anche nella PESC, che rimane ampiamente intergovernativa, il Parlamento europeo è chiamato a svolgere un ruolo importante (cfr. di seguito).

A tale proposito, il Parlamento vede rafforzati i propri poteri in materia di adozione di accordi internazionali, dato che la sua approvazione sarà necessaria per tutti gli accordi che riguardano le materie soggette alla procedura legislativa ordinaria sul piano interno.

1.4. Il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo sullo stesso piano con il Consiglio, nel controllo dell'esercizio, da parte della Commissione, dei poteri delegati, è confermato e specificato. Il trattato di Lisbona introduce, infatti, una distinzione tra atti delegati e atti esecutivi. L'articolo 290 TFUE concede al Parlamento, allo stesso titolo del Consiglio, il potere di revocare gli atti delegati adottati dalla Commissione in virtù di una delega legale. L'articolo 291 TFUE prevede che il Consiglio e il Parlamento europeo definiscano, in un regolamento approvato secondo la procedura legislativa ordinaria, le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo dell'esercizio delle competenze di esecuzione della Commissione. Ai sensi dell'attuale articolo 202 TCE, è soltanto il Consiglio ad adottare tale decisione (secondo la cosiddetta "comitatologia"), previo parere del Parlamento europeo.

1.5. Il Parlamento è quindi chiamato a concedere la propria approvazione per tutta una serie di decisioni del Consiglio europeo o del Consiglio che rivestono una grande importanza politica per la vita dell'Unione: decisioni relative all'utilizzo di talune clausole che consentono di passare dall'unanimità alla maggioranza qualificata (o dalle procedure legislative straordinarie alla procedura legislativa ordinaria), decisioni relative ai meccanismi di flessibilità, ecc.

Raccomandazione

 

Il Parlamento europeo dovrà adattare la sua organizzazione e le sue procedure all'ampliamento delle sue competenze. Varie relazioni in fase di elaborazione formuleranno raccomandazioni in materia.

1.6. Il Parlamento elegge il presidente della Commissione.

Questa elezione cambia la natura della nomina del presidente della Commissione. La sua elezione da parte del Parlamento europeo attribuisce grande legittimità democratica al presidente eletto e rafforza la sua posizione nel panorama istituzionale dell'Unione.

Il trattato specifica che il Consiglio europeo propone un candidato alla presidenza della Commissione "tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate" (articolo 17, paragrafo 7 TUE). Questa disposizione conferma e formalizza quanto è avvenuto, di fatto, in occasione della nomina del presidente della Commissione nel 2004.

La dichiarazione n. 11 (relativa all'articolo 17, paragrafo 6 e 7 TUE) afferma che "il Parlamento europeo e il Consiglio europeo sono congiuntamente responsabili del buon funzionamento del processo che porta all'elezione del presidente della Commissione europea. Pertanto, rappresentanti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo procederanno, preliminarmente alla decisione del Consiglio europeo, alle consultazioni necessarie nel quadro ritenuto più appropriato. Conformemente all'articolo 17, paragrafo 7, primo comma, tali consultazioni riguarderanno il profilo dei candidati alla carica di presidente della Commissione, tenuto conto delle elezioni al Parlamento europeo. Le modalità di tali consultazioni potranno essere precisate, a tempo debito, di comune accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo".

Occorre quindi specificare con urgenza tali modalità. Il presente documento si sofferma su alcune di esse (cfr. punto D).

1.7. Il presidente, l'Alto rappresentante e gli altri membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, a un voto di approvazione del Parlamento europeo.

Il Parlamento ha chiarito in una relazione le procedure per l'audizione dei candidati commissari al fine di consentirne l'armonizzazione[4].

1.8. Il Parlamento deve approvare le proposte di cooperazione rafforzata (articolo 329 TFUE).

Raccomandazione

 

Il ruolo del Parlamento nella fase di avvio e soprattutto durante il funzionamento delle cooperazioni rafforzate potrebbe essere oggetto, in una fase successiva, di una relazione di iniziativa della commissione per gli affari costituzionali.

1.9. Il trattato di Lisbona concede al Parlamento il diritto di iniziativa in materia di revisione dei trattati.

Il Parlamento può, allo stesso titolo della Commissione o di uno Stato membro, sottoporre al Consiglio progetti di revisione dei trattati (articolo 48, paragrafo 2 TUE). Se viene presa in considerazione una decisione favorevole all'esame delle proposte presentate, il presidente del Consiglio europeo convoca una Convenzione. Il Parlamento partecipa alla Convenzione.

Il Consiglio europeo può decidere di non convocare alcuna Convenzione, ma a tale scopo deve ottenere l'accordo preventivo del Parlamento.

Il trattato nulla dice, invece, in merito al ruolo del Parlamento nello svolgimento della CIG. Potrebbe essere utile se le istituzioni definissero principi guida per tale partecipazione, la quale dovrebbe mantenersi, quanto meno, allo stesso livello dell'ultima CIG.

Raccomandazione

 

Questa nuova procedura di revisione, che attribuisce maggiore potere al Parlamento, potrebbe anche formare oggetto, in futuro, di una relazione di iniziativa della commissione per gli affari costituzionali.

Il Parlamento potrebbe suggerire la conclusione di un accordo interistituzionale, che indichi l'organizzazione e lo svolgimento della CIG, puntualizzando anche il ruolo del Parlamento.

2.   Il Consiglio europeo (articolo 15 TUE)

2.1. Il Consiglio europeo diventa, in virtù del trattato di Lisbona, un'istituzione

Ciò non è invece previsto nel trattato attuale. Qualcuno riteneva il Consiglio europeo una sorta di super Consiglio. Benché lavorasse in stretta collaborazione con il Consiglio (il segretariato del Consiglio fungeva da segretariato del Consiglio europeo), il Consiglio europeo non è mai stato una formazione del Consiglio.

Trasformandolo in un'istituzione e precisando che il Consiglio europeo non ha funzioni legislative, il trattato di Lisbona conferma e conforma la posizione sui generis del Consiglio europeo nel panorama istituzionale. Ciò viene ulteriormente accentuato con riferimento alla presidenza. Attualmente, la presidenza del Consiglio europeo coincide con quella del Consiglio. Il trattato attribuisce al Consiglio europeo una presidenza stabile, distinta da quella del Consiglio.

Sarebbe opportuno attribuire alla nuova istituzione una dotazione di bilancio propria, come avviene con le altre istituzioni dell'Unione. Saranno probabilmente avanzate proposte in merito nel bilancio 2010.

Il trattato prevede che il Consiglio europeo sia assistito dal segretariato del Consiglio (articolo 235, paragrafo 5 TFUE). Pertanto non verrà creata una nuova struttura amministrativa. Pare tuttavia opportuno prevedere nel bilancio del Consiglio europeo un gabinetto al servizio del presidente del Consiglio europeo, che potrebbe essere analogo, con gli opportuni adattamenti, a quello del presidente del Parlamento europeo.

Il segretariato del Consiglio, che diventa anche segretariato del Consiglio europeo, svolgerà di fatto un ruolo importante nei rapporti tra Consiglio europeo e Consiglio. Si tratterà di una sorta di "interfaccia".

2.2. Composizione

Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal proprio presidente e dal presidente della Commissione. L'Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione partecipa ai lavori.

Il trattato di Lisbona modifica la composizione del Consiglio europeo. L'attuale trattato prevede che i membri del Consiglio europeo siano assistiti dai loro ministri degli Esteri. Il trattato di Lisbona, dal canto suo, prevede che i membri del Consiglio europeo possano decidere di essere assistiti da un ministro. Non vi sono pertanto automatismi (il Consiglio europeo potrebbe benissimo decidere caso per caso).

Considerato l'aumento del numero di Stati membri, pare indicato, per il buon funzionamento del Consiglio europeo, che al tavolo della conferenza siedano soltanto i membri del Consiglio europeo, mentre gli invitati siederebbero altrove.

2.3. Finalità generale

Il Consiglio europeo ha l'incarico di dare all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e di definirne gli orientamenti e le priorità politiche generali. Il trattato specifica che il Consiglio europeo non esercita funzioni legislative[5].

La definizione della finalità generale del Consiglio europeo è identica a quella dell'attuale trattato. La precisazione esplicita che il Consiglio europeo non ha funzione legislativa è stata aggiunta dalla Convenzione e in seguito dalla CIG al fine di evitare qualunque confusione tra il ruolo del Consiglio europeo e quello del Consiglio.

2.4. Competenze specifiche

Oltre alla finalità generale di impulso, il trattato di Lisbona attribuisce al Consiglio europeo un ruolo importante nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, oltre ad alcuni compiti costituzionali importanti. Questi ultimi venivano spesso affidati, nel trattato attuale, al Consiglio riunito a livello dei capi di Stato e di governo. Tale istanza scompare nel trattato di Lisbona.

In linea di principio, il Consiglio europeo decide per consenso, il quale ha un significato più ampio rispetto a quello di unanimità. Per i compiti specifici, il trattato di Lisbona indica con quale maggioranza delibera il Consiglio europeo. In tali casi, il presidente del Consiglio europeo e il presidente della Commissione non partecipano al voto.

2.4.1.  Il Consiglio europeo adotta, in virtù del trattato, decisioni di carattere costituzionale.

2.4.1.1. Decisioni unanimi

–    Composizione del Parlamento europeo (articolo 14, paragrafo 2 TUE)

–    Sistema di rotazione per la nomina dei commissari. Composizione della Commissione a partire dal 1° novembre 2014 (articolo 16, paragrafo 9 TUE)

–    Modifica delle regole di voto in seno al Consiglio di amministrazione della Banca centrale europea (protocollo, articolo 40, paragrafo 2)

–    Definizione ed ampliamento delle competenze della procura europea (articolo 86, paragrafo 4 TFUE)

–    Applicazione delle clausole "passerella": passaggio dall'unanimità alla maggioranza qualificata (approvazione del Parlamento europeo), oppure dalla procedura legislativa speciale a quella ordinaria (approvazione del Parlamento europeo) (articolo 48, paragrafo 7 TUE)[6]

–    Modifica integrale o parziale della terza parte "politiche e azioni interne dell'Unione" del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (approvazione da parte degli Stati membri) (articolo 48, paragrafo 6 TUE)

2.4.1.2. Decisioni a maggioranza qualificata

–    Formazioni del Consiglio (articolo 236 TFUE)

–    Rotazione della troïka che compone la presidenza del Consiglio (articolo 236 TFUE)

2.4.2.  "Il Consiglio europeo individua gli interessi e obiettivi dell'azione esterna dell'Unione" (articolo 22 TUE). "Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell'Unione, fissa gli obiettivi e definisce gli orientamenti generali (...), ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa" (articolo 26 TUE). In questi due casi, il Consiglio europeo può adottare decisioni, che però non possono essere atti normativi.

Le disposizioni del trattato relative all'azione esterna dell'Unione sono analizzate al punto F di seguito.

2.4.3.  "Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia" (mediante consenso) (articolo 68 TFUE).

Contrariamente a quanto avviene per la politica estera comune, non esiste una relazione stretta tra il lavoro del Consiglio europeo e quello del Consiglio.

2.4.4.  Il Consiglio europeo può bloccare il processo legislativo ricorrendo a una sorta di "freno d'emergenza" in materia di sicurezza sociale (articolo 48 TFUE) e nel quadro della cooperazione giudiziaria in materia penale (articolo 82 TFUE e 83 TFUE).

In caso di disaccordo in seno al Consiglio europeo, la procedura viene de facto arrestata. Tale deroga al principio secondo il quale il Consiglio europeo non dispone di potere legislativo è deplorevole.

Nel caso degli articoli 82 e 83 TFUE, è possibile avviare una cooperazione rafforzata in materia di GAI attraverso una procedura semplificata[7].

2.4.5.  Il Consiglio europeo decide a maggioranza qualificata nei casi indicati di seguito.

–  Elezione del suo presidente (articolo 16, paragrafo 5 TUE)

–  Proposta del presidente della Commissione al Parlamento (articolo 17, paragrafo 7 TUE)

–  Nomina della Commissione dopo l'approvazione da parte del Parlamento dell'elenco dei commissari che il Consiglio europeo gli ha proposto, d'accordo con il presidente della Commissione (eletto da Parlamento) (articolo 17, paragrafo 7 TUE)

–  Nomina dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, d'accordo con il presidente della Commissione. Tale nomina è approvata dal Parlamento nel quadro dell'approvazione dell'elenco dei commissari proposti (articolo 18, paragrafo 1 TUE)

–  Nomina dei membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea (articolo 283, paragrafo 2 TFUE).

2.4.6.  Il Consiglio europeo adotta il suo regolamento interno a maggioranza semplice (articolo 235, paragrafo 3 TFUE).

Il regolamento stabilisce inoltre le modalità in cui si articola il rapporto tra Consiglio europeo e Parlamento e più specificamente le modalità della partecipazione del presidente del Parlamento alle riunioni del Consiglio europeo.

2.5. La presidenza

2.5.1.  Il Consiglio europeo elegge il suo presidente a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta.

La durata totale (possibile) del mandato del presidente coincide con quella del Parlamento europeo e della Commissione. Sarebbe opportuno (considerato il legame politico inevitabile tra le diverse funzioni) che anche l'inizio del mandato coincidesse.

Il presidente del Consiglio europeo non può esercitare un mandato nazionale. Il trattato non esclude invece che egli possa esercitare un altro mandato europeo. In questo modo, la Convenzione ha deliberatamente voluto lasciare la porta aperta all'assunzione della funzione di presidente del Consiglio europeo da parte del presidente della Commissione. Il trattato non ha invece fatto proprio il suggerimento della Convenzione, che riservava la presidenza del Consiglio europeo a un primo ministro che avesse partecipato per almeno due anni ai lavori del Consiglio europeo. L'ambito di reclutamento per i candidati alla presidenza del Consiglio europeo è pertanto molto ampio.

2.5.2.  Il primo compito del presidente del Consiglio europeo consiste nel presiedere e animare i lavori del Consiglio europeo, assicurare la preparazione e la continuità dei lavori e facilitare la coesione e il consenso (articolo 15, paragrafo 6 TUE).

Secondo la definizione fornita dal trattato, il compito del presidente è presiedere il Consiglio europeo. Non diventa invece, come qualcuno aveva auspicato, il presidente dell'Unione. La sua elezione da parte del solo Consiglio europeo non gli attribuisce peraltro la legittimità democratica che sarebbe necessaria per la presidenza dell'Unione.

La sua funzione, inoltre, è chiaramente distinta dalla presidenza del Consiglio.

Per la preparazione e il seguito del Consiglio europeo occorrerà organizzare contatti regolari tra il presidente del Consiglio europeo, il presidente della Commissione e il presidente del Consiglio "Affari generali". Sarà opportuno associare a tali contatti anche l'Alto rappresentante. È indicato strutturare tali contatti.

2.5.3.  Il presidente del Consiglio europeo presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo (articolo 15, paragrafo 6 TUE).

Questa disposizione è conforme alla tradizione. Tuttavia, il Parlamento dovrà prestare attenzione al fatto che la presidenza del Consiglio europeo è distinta da quella del Consiglio. I lavori del Consiglio, che è colegislatore insieme al Parlamento, rivestono per il Parlamento quantomeno la stessa importanza di quelli del Consiglio europeo. Benché non sia espressamente previsto nel trattato, sarebbe opportuno invitare la presidenza del Consiglio, nella persona del primo ministro, a presentare al Parlamento europeo il suo programma individuale all'inizio del mandato, e di fare un bilancio della presidenza a fine mandato.

2.5.4.  "Il presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza" (articolo 15, paragrafo 6 TUE).

Questa disposizione conferma, in un diverso contesto, la prassi corrente. Effettivamente, il primo ministro dello Stato membro che assume la presidenza del Consiglio ha attualmente tale rappresentanza, assistito dal suo ministro degli Esteri. Si noti come nessuno dei due svolgerà, in futuro, un ruolo nella rappresentanza esterna.

La rappresentanza esterna assunta dal presidente del Consiglio europeo si limita alla politica estera e di sicurezza comune. La Commissione assicura la rappresentanza negli altri settori dell'azione esterna dell'Unione (legati alle competenze comunitarie).

Al fine di evitare malintesi, o addirittura conflitti di competenze, occorre precisare, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, il significato da attribuire alla "rappresentanza al suo livello e in tale veste" di cui è incaricato il presidente del Consiglio europeo, senza peraltro arrecare pregiudizio alle attribuzioni dell'Alto rappresentante, al quale l'articolo 27, paragrafo 2 attribuisce competenze di rappresentanza molto ampie.

2.5.5.  Si noti come il primo ministro dello Stato membro che assume la presidenza del Consiglio non svolge, in virtù del trattato, alcun ruolo specifico in seno al Consiglio europeo, mentre in passato il suo compito principale era quello di presiedere il Consiglio europeo. Taluni suggeriscono di colmare tale lacuna affidandogli la presidenza del Consiglio "Affari generali", alla quale il trattato attribuisce un ruolo importante nella preparazione e nel seguito del Consiglio europeo. In questo modo, il primo ministro del paese che assume la presidenza del Consiglio potrebbe preparare le riunioni del Consiglio europeo e il loro seguito, di concerto con il presidente del Consiglio europeo e il presidente della Commissione.

2.5.6.  Il presidente del Consiglio europeo convoca, previa decisione del Consiglio europeo, una Convenzione e/o una conferenza intergovernativa allo scopo di stabilire le modifiche da apportare ai trattati (articolo 48, paragrafo 2 TUE).

Il trattato non specifica se il presidente del Consiglio europeo vi abbia un ruolo.

In passato, il presidente della Convenzione è stato nominato dalla Convenzione o dal Consiglio europeo. Ogni volta, il ruolo del presidente è stato molto importante. È auspicabile mantenere una presidenza ad hoc.

Attualmente, la CIG è presieduta dalla presidenza del Consiglio, la quale presiede anche il Consiglio europeo. Il trattato non dice niente al riguardo, ma nulla vieta al Consiglio europeo di invitare il proprio presidente a presiedere la CIG. Analogamente, non è incompatibile con il nuovo trattato che la presidenza del Consiglio continui a presiedere una CIG.

Raccomandazione

 

Il Parlamento potrebbe proporre al Consigli europeo di formalizzare il ruolo del Parlamento europeo nella CIG in un accordo interistituzionale. Bisognerà tuttavia assicurarsi che tale ruolo non sia meno importante rispetto al ruolo di partecipazione già ottenuto dal Parlamento europeo in occasione dell'ultima CIG.

3.   Il Consiglio (articolo 16 TUE)

3.1. Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio.

Il trattato attribuisce espressamente al Consiglio il ruolo di camera legislativa, allo stesso titolo del Parlamento europeo. Si tratta della conseguenza logica della generalizzazione della codecisione.

La conseguenza logica di tale nuova situazione è che il Parlamento dovrebbe avere gli stessi privilegi che il Consiglio ha nell'ambito dei lavori del Parlamento europeo e della Commissione; si pensi, per esempio alla partecipazione a taluni gruppi di lavoro e all'accesso a determinati documenti.

Nella stessa logica, il trattato prevede che il Consiglio si riunisca in seduta pubblica quando delibera e vota un progetto di atto legislativo.

3.2. Il Consiglio delibera in linea di principio a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui il trattato disponga diversamente.

Il trattato comprende varie clausole "passerella" che autorizzano il Consiglio europeo (all'unanimità) a consentire al Consiglio di passare, in alcuni settori, dall'unanimità alla maggioranza qualificata e dalla procedura legislativa speciale a quella normale. Benché le clausole passerella siano state utilizzate poco o per niente, la loro esistenza mostra il senso dell'evoluzione auspicata dagli Stati membri in seno alla CIG.

3.3. Il Consiglio si riunisce in varie formazioni. È il Consiglio europeo ad adottarne l'elenco.

Tuttavia, il trattato ne menziona due: il Consiglio "Affari generali" e il Consiglio "Affari esteri" (articolo 16, paragrafo 6 TUE). Non si tratta di un caso. Il trattato ha voluto sottolineare che queste due formazioni svolgono un ruolo essenziale nel funzionamento del Consiglio. Il trattato attribuisce a ciascuna delle due formazioni un compito specifico.

Attualmente, il Consiglio "Affari generali" e il Consiglio "Affari esteri" sono entrambi composti dai ministri degli Esteri. Da quando il trattato di Maastricht ha introdotto la politica estera comune, l'attività del Consiglio "Affari esteri" ha messo in secondo piano l'importanza del Consiglio "Affari generali". La Convenzione ha voluto mettere in luce il ruolo fondamentale del Consiglio "Affari generali" nel nuovo firmamento istituzionale.

3.3.1.  L'incarico del Consiglio "Affari generali" è fondamentale nel nuovo equilibrio istituzionale. Il suo compito è triplice:

–  assicurare la coerenza dei lavori e dell'attività del Consiglio nelle sue varie formazioni;

–  coordinare i lavori del Consiglio con quelli della Commissione e del Parlamento europeo;

–  preparare e assicurare il seguito del Consiglio europeo in collaborazione con i rispettivi presidenti del Consiglio europeo e della Commissione.

Inoltre, il Consiglio "Affari generali" si occupa di questioni proprie: problemi istituzionali, dossier orizzontali che interessano varie politiche (come per esempio l'allargamento), ecc.

Si potrebbe inoltre pensare di incaricare il Consiglio "Affari generali" dell'approvazione del bilancio e delle prospettive finanziarie pluriennali.

Infatti, il Consiglio "Affari generali" deve essere l'equivalente del Coreper sul piano politico. Nel quadro della sua funzione di coordinamento, deve inoltre decidere in merito a punti in discussione che attualmente, per colpa del Consiglio "Affari generali", vengono troppo facilmente trasmessi al Consiglio europeo.

3.3.2.  Il Consiglio "Affari esteri" è incaricato della globalità dell'azione esterna dell'Unione e non unicamente della PESC.

Un problema specifico riguarda la politica di sicurezza comune. Il trattato precisa (articolo 42 TUE) che la politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della PESC. Non è tuttavia indicato creare una formazione specifica del Consiglio per la sicurezza e la difesa. È invece preferibile, come avviene attualmente, invitare i ministri della Difesa al Consiglio "Affari esteri", tanto più che l'Alto rappresentante è incaricato delle due politiche. Inoltre, la dichiarazione n. 9 (relativa all'articolo 16, paragrafo 9) precisa che la presidenza del comitato politico e di sicurezza è affidata a un rappresentante dell'Alto rappresentante.

3.3.3.  Nella misura in cui il Consiglio "Affari generali" e il Consiglio "Affari esteri" hanno incarichi molto diversi, è indicato differenziare la loro composizione. Se è evidente che i ministri degli Esteri fanno parte del Consiglio "Affari esteri", è meno evidente, invece, il motivo per cui facciano parte anche del Consiglio "Affari generali", come avviene attualmente (per motivi storici). L'attività del Consiglio "Affari esteri" ha assunto una talea ampiezza che non è realistico cumulare i due Consigli. È legittimo sperare che i governi degli Stati membri ne traggano le conseguenze.

Il primo ministro potrebbe svolgere anch'egli un ruolo in seno al Consiglio "Affari generali", più specificamente nella preparazione del Consiglio europeo quando il suo paese assume la presidenza del Consiglio. In questo modo potrebbe cooperare, allo stesso titolo del presidente della Commissione, alla preparazione e alla continuità dei lavori del Consiglio europeo.

3.4. La presidenza delle formazioni del Consiglio (a eccezione della formazione "Affari esteri") è esercitata dai rappresentanti degli Stati membri secondo un sistema di rotazione paritaria.

A prima vista, il trattato di Lisbona conferma la situazione esistente. Tuttavia, il progetto di decisione del Consiglio europeo relativo all'attuazione di un certo numero di articoli del trattato, in particolare la dichiarazione n. 9 (relativa all'articolo 16, paragrafo 9), contiene una puntualizzazione importante: la presidenza è esercitata da gruppi predefiniti di tre Stati membri. Contrariamente all'attuale troïka, dove ogni sei mesi entra uno Stato membro e un altro ne esce, si tratta, nel trattato di Lisbona, di un gruppo stabile per un periodo di 18 mesi.

Naturalmente, la decisione del Consiglio europeo precisa che tali gruppi saranno composti tenendo conto della loro diversità e degli equilibri geografici e demografici.

La troïka potrebbe elaborare, in concertazione con la Commissione e il Parlamento e nel quadro della programmazione pluriennale, una programmazione operativa congiunta relativa a un periodo di 18 mesi, che garantirebbe maggiore continuità nei lavori (cfr. E di seguito).

Raccomandazione

 

Il Parlamento dovrebbe invitare i primi ministri dei paesi membri che compongono la troïka a presentare la loro programmazione operativa congiunta di 18 mesi. Durante i 18 mesi, il primo ministro del paese che assume la presidenza presenterebbe al Parlamento europeo l'azione della sua presidenza, all'inizio e al termine della propria presidenza.

3.5. Un nuovo protocollo consacra l'esistenza dell'Eurogruppo, dotato di una presidenza stabile per due anni e mezzo.

La presidenza è eletta dal gruppo. La presidenza dell'Eurogruppo dovrà vigilare in via prioritaria sull'informazione e il coordinamento con il Consiglio ECOFIN. È opportuno che la presidenza sia invitata al Consiglio europeo quando quest'ultimo affronta questioni inerenti alla politica economica e monetaria.

Benché utilizzi i termini "disposizioni particolari per un dialogo rafforzato", questo protocollo potrebbe costituire un modello nel quadro della cooperazione rafforzata. Ciò vale anche per le disposizioni specifiche agli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le "disposizioni specifiche agli Stati membri la cui moneta è l'euro" sono riunite nel capo 4 del titolo VIII (TFUE): "politica economica e monetaria".

Si noti come tali disposizioni consentono all'Eurogruppo di adottare "le misure opportune per garantire una rappresentanza unificata nell'ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali" (articolo 138, paragrafo 2 TFUE).

4.   La Commissione (articolo 17 TUE)

4.1. Il trattato sull'Unione europea (articolo 17 TUE) conferma, esplicitandoli più di quanto non avvenga nel trattato attuale, la missione e i compiti della Commissione. Conferma ed esplicita la prassi nella forma in cui si è evoluta.

È molto importante che il trattato affidi espressamente alla Commissione il compito di avviare il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione e suggerisca che sia oggetto di accordi interistituzionali. Considerata l'ampiezza delle competenze comunitarie, più specificamente in materia di GAI, sarà essenziale che la nuova Commissione formuli un programma di legislatura sin dalla sua nomina (cfr. E).

Il trattato affida inoltre alla Commissione un mandato di rappresentanza nei settori di sua competenza. Si tratta quindi, oltre al presidente del Consiglio europeo e all'Alto rappresentante, della terza istanza a rappresentare l'Unione. È evidente che ciò richiederà un coordinamento.

L'articolo 17, paragrafo 2 TUE conferma il diritto di iniziativa della Commissione sul piano legislativo la quale mantiene il proprio quasi-monopolio pressoché nei termini attuali.

4.2. La novità principale del trattato di Lisbona si trova nella disposizione relativa alla composizione della Commissione. A partire dal 1° novembre2014, la Commissione dovrebbe essere composta da un numero di membri pari ai 2/3 del numero degli Stati membri.

Dalla CIG 2004, il Parlamento europeo ritiene che la riduzione del numero dei commissari sia una riforma essenziale, tanto da rammaricarsi che sia applicabile soltanto a partire dal 2014.

Infatti, il Parlamento europeo riteneva che la riduzione del numero dei membri della Commissione fosse necessaria per salvaguardare il carattere collegiale della Commissione.

Tuttavia, il Consiglio europeo del dicembre 2008, nel rammentare che i trattati vigenti esigevano la riduzione del numero di membri della Commissione nel 2009, ha convenuto di prendere una decisione, a condizione che il trattato di Lisbona sia in vigore e nel rispetto delle procedure giuridiche necessarie, affinché la Commissione possa continuare a includere un cittadino di ciascuno Stato membro.

Pertanto, le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 ricordano che qualora il trattato di Lisbona non fosse ratificato, continuerà a trovare applicazione l'articolo 213 del trattato di Nizza.

4.3. Il trattato di Lisbona rafforza il ruolo del presidente della Commissione, che di trattato in trattato si è evoluto da "primus inter pares" a vero "presidente" del collegio. L'accordo raggiunto al Consiglio europeo del dicembre 2008 di mantenere un commissario per Stato membro contribuirà a rafforzare ulteriormente il ruolo del presidente. Pertanto, il trattato sottolinea che è il presidente a decidere l'organizzazione interna della Commissione. Egli deve dare il proprio assenso alla nomina dell'Alto rappresentante. I commissari devono dimettersi su sua richiesta. Il trattato di Lisbona ne rafforza la legittimità in ragione della sua elezione da parte del Parlamento europeo e per il fatto che il Consiglio europeo, prima di nominare il proprio candidato, ha l'obbligo di tenere in considerazione i risultati delle elezioni del Parlamento europeo. Il presidente della Commissione può quindi vantare una reale legittimità democratica. Alcuni ritengono che i partiti politici potrebbero rafforzare ulteriormente tale legittimità presentando il loro candidato alla presidenza della Commissione durante la campagna elettorale per le elezioni del Parlamento europeo.

Conclusioni

Nell'ambito del trattato di Lisbona, le istituzioni politiche dell'Unione dovranno ricercare un nuovo equilibrio interistituzionale.

Il trattato conferma e accentua il fatto che l'Unione funziona secondo i principi di un regime parlamentare.

Il Parlamento parteciperà a pieno titolo all'attività legislativa, grazie alla generalizzazione della procedura di codecisione. Il suo potere legislativo si estenderà anche al settore GAI. Esso avrà piena competenza in materia di bilancio, quanto meno per quanto attiene alle spese. Il Parlamento europeo sarà coinvolto nell'azione esterna dell'Unione.

Il Consiglio europeo diventerà un'istituzione. Dovrà trovare la propria collocazione nell'equilibrio istituzionale formato dalle istituzioni esistenti, tanto più che non parteciperà all'attività legislativa, la quale competerà unicamente al Parlamento e al Consiglio, su proposta della Commissione. Il Consiglio europeo avrà un ruolo di impulso importante e definirà gli interessi e gli obiettivi strategici dell'azione esterna dell'Unione.

Il Consiglio sarà, allo stesso titolo del Parlamento europeo, una camera legislativa; di fatto, avrà poteri legislativi persino un poco più estesi di quelli del Parlamento, in particolare in materia di bilancio, e svolgerà un ruolo essenziale in materia di PESC. Occorre sottolineare il ruolo essenziale di coordinamento del Consiglio "Affari generali".

Benché cercasse di rendere più stabile e di semplificare la presidenza del Consiglio, il trattato apporta invece maggiore complessità, che dovrà essere gestita. In futuro si avranno tre presidenze stabili (Consiglio europeo, Consiglio "Affari esteri" e Commissione) alle quali bisogna aggiungere il presidente dell'Eurogruppo e una troïka presidenziale a rotazione al Consiglio. Il rapporto e l'intesa tra i responsabili di tali funzioni saranno determinanti per il buon funzionamento dell'Unione. È auspicabile che tale collaborazione sia più o meno strutturata.

C. Relazioni interistituzionali

1.   Per la buona organizzazione delle relazioni tra le diverse istituzioni dell'Unione, è importante che il trattato (articolo 295 TFUE) definisca una base giuridica per la conclusione degli accordi interistituzionali. Il trattato prevede che tali accordi possano assumere carattere vincolante.

2.   La programmazione pluriennale e annuale dei lavori legislativi e di bilancio è essenziale per il buon funzionamento interistituzionale. Il trattato affida espressamente alla Commissione il compito di avviare il processo di programmazione annuale e pluriennale. Il trattato suggerisce che ciò sfoci in un accordo interistituzionale. La relazione suggerisce (cfr. punto E) di concludere un accordo quadro tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento, come previsto all'articolo 17, paragrafo 1 del TUE.

3.   Il trattato sull'Unione europea definisce l'incarico del Parlamento europeo (articolo 14) e del Consiglio (articolo 16) pressoché negli stessi termini, sottolineando in tal modo il "bicameralismo" del sistema parlamentare dell'Unione. Pertanto, è necessario allineare le disposizioni che riguardano, tra l'altro, l'accesso all'informazione e la partecipazione ai gruppi di lavoro.

4.   Il Consiglio europeo diviene un'istituzione distinta, con conseguente modifica delle relazioni interistituzionali, in particolare con il Consiglio. Tale relazione era fortemente influenzata dal fatto che il Consiglio europeo e il Consiglio avessero la stessa presidenza. Il trattato di Lisbona istituisce una presidenza distinta per ciascuna delle due istituzioni.

4.1. La presidenza del Consiglio europeo viene eletta da quest'ultimo a maggioranza qualificata, per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. Il presidente del Consiglio europeo assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo, in cooperazione con il presidente della Commissione e in base ai lavori del Consiglio "Affari generali".

4.2. Il trattato sull'Unione europea riorganizza la presidenza del Consiglio.

4.2.1.  In virtù dell'articolo 1 del progetto di decisione del Consiglio europeo (dichiarazione n. 9) la presidenza del Consiglio, a esclusione della formazione "Affari esteri", è assunta da gruppi predefiniti di tre Stati membri (troïka) per un periodo di 18 mesi. Ciascun membro del gruppo esercita la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio (a eccezione della formazione "Affari esteri"9 e del Coreper.

La troïka costituisce un elemento nuovo, che può contribuire a una maggiore continuità del lavoro legislativo.

4.2.2.  L'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri presiede il Consiglio "Affari esteri".

In conclusione: il Consiglio europeo, la Commissione e il Consiglio "Affari generali" hanno una presidenza stabile per l'intera legislatura. Il Consiglio ha una presidenza a rotazione.

5.   Una presidenza del Consiglio a rotazione rischia di trovarsi in una posizione di debolezza rispetto alle tre presidenze stabili. Non è questa l'intenzione del trattato, anche se potrebbe esserne la conseguenza di fatto. Un indebolimento della presidenza rischia di portare anche a un indebolimento del Consiglio. Il ruolo della presidenza del Consiglio è importante sia per il coordinamento dei lavori del Consiglio, sia nella cooperazione e nella codecisione con il Parlamento, oltre che nella preparazione del Consiglio europeo. Dal momento in cui la codecisione viene generalizzata, è nell'interesse del Parlamento che il Consiglio sia ben organizzato.

6.   Il trattato sottolinea il ruolo essenziale svolto dal Consiglio "Affari generali" e dalla sua presidenza nel coordinamento dei lavori del Consiglio. Il Consiglio "Affari generali" svolge anche un ruolo essenziale sia per il coordinamento interno del Consiglio che per il suo rapporto con le altre istituzioni. È l'equivalente politico del Coreper. Esso deve inoltre recuperare il ruolo di istanza di soluzione dei conflitti in seno al Consiglio, evitando l'abitudine consolidata di far giungere al Consiglio europeo molti di questi conflitti, con un inutile appesantimento del suo ordine del giorno.

Il trattato sottolinea inoltre il ruolo del Consiglio "Affari generali" nei rapporti tra il Consiglio e le altre istituzioni e più specificamente nella preparazione e nel seguito dato al Consiglio europeo.

In questi ultimi anni, il Consiglio "Affari generali", che ha la medesima composizione del Consiglio "Affari esteri", è stato messo in secondo piano a causa dell'ampiezza assunta dai lavori del Consiglio "Affari esteri". Si spera che i governi dei paesi membri comprendano che la rivalorizzazione del ruolo del Consiglio "Affari generali" passa attraverso una composizione diversa rispetto a quella del Consiglio "Affari esteri".

Il Parlamento deve invitare ciascuna presidenza del Consiglio a presentare e valutare il proprio programma individuale in seduta plenaria. I contatti della presidenza con le commissioni parlamentari devono essere mantenuti e intensificati. Il Consiglio è, insieme alla Commissione, partner del Parlamento europeo nell'ambito della codecisione.

7.   La dichiarazione n. 6 insiste sulla necessità di rispettare, all'atto della scelta delle persone chiamate a occupare le tre presidenze stabili, "la diversità geografica e democratica dell'Unione e dei suoi Stati membri". Benché la dichiarazione non ne faccia menzione, sarà opportuno tenere conto anche dell'equilibrio politico, oltre che dell'equilibrio donne-uomini. Il punto D precedente suggerisce un calendario e una procedura per ottimizzare tale equilibrio.

Raccomandazione

 

1. Il trattato fornisce una base "costituzionale" agli accordi interistituzionali che costituiscono la base giuridica degli accordi tra le istituzioni. È opportuno negoziare, in applicazione del trattato, un numero di accordi quadro che dovrebbero sottendere ai rapporti di base tra le istituzioni.

 

2. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero trovare un accordo sull'organizzazione della programmazione pluriennale (la legislatura parlamentare) e annuale, oltre che sul calendario delle nomine all'inizio della legislatura (cfr. punti D e E).

 

3. In quanto colegislatore insieme al Consiglio, il Parlamento dovrebbe avere gli stessi diritti, per esempio in merito all'accesso a taluni documenti e alla partecipazione ad alcuni gruppi di lavoro.

 

4. Il Parlamento ritiene che il segretariato del Consiglio, che in virtù del trattato assicura il segretariato del Consiglio europeo, dovrebbe includere un servizio specifico per assistere il Consiglio europeo. È inoltre opportuno prevedere nel bilancio del Consiglio europeo, il finanziamento di un gabinetto al servizio del presidente del Consiglio europeo, analogo a quello del presidente del Parlamento europeo.

 

5. Il regolamento interno del Consiglio europeo dovrebbe definire le modalità delle relazioni tra il Consiglio europeo e il Parlamento, comprese le modalità della partecipazione del presidente del Parlamento alle riunioni del Consiglio europeo. Il presidente del Consiglio europeo e il presidente del Parlamento europeo raggiungeranno un accordo al riguardo.

 

6. Il regolamento del Parlamento europeo deve prevedere che il primo ministro dello Stato membro che presiede il Consiglio presenti al Parlamento europeo, all'inizio del mandato, il programma individuale della presidenza e che illustri il risultato ottenuto a fine mandato. La troïka presidenziale presenta anch'essa la propria programmazione operativa congiunta per i 18 mesi successivi.

 

7. I contatti tra la presidenza del Consiglio e le commissioni parlamentari devono essere rafforzati.

 

8. Il Parlamento europeo sottolinea il ruolo essenziale svolto, in virtù del trattato, dal Consiglio "Affari generali" e dalla sua presidenza nel nuovo equilibrio tra le istituzioni. È l'equivalente politico del Coreper. Il suo ruolo è essenziale sia per il coordinamento interno dei lavori del Consiglio che per il coordinamento con le altre istituzioni.

 

    Il Consiglio "Affari generali" dovrà assicurare, in futuro, la funzione essenziale di coordinamento dell'attività delle diverse formazioni del Consiglio e risolvere gli eventuali conflitti che sorgano a livello di tali formazioni, i quali non devono più essere sistematicamente rinviati al Consiglio europeo. Il Parlamento europeo sottolinea l'importanza del coinvolgimento dei primi ministri, soprattutto nel momento in cui i loro paesi assumono la presidenza semestrale del Consiglio Sarebbe auspicabile che il primo ministro dello Stato che assume la Presidenza presieda il Consiglio Affari generali e garantisca la coesione delle diverse formazioni del Consiglio ed il coordinamento con il Consiglio europeo. Dovrebbe diventare anche l'interlocutore privilegiato del Parlamento europeo.

    Il Parlamento europeo insiste sul fatto che, conformemente al trattato, il Consiglio "Affari generali" sia una formazione distinta dal Consiglio "Affari esteri". Sono due Consiglio fondamentali, con compiti molto diversi e due presidenze distinte, tanto da richiedere una composizione distinta. Una partecipazione ai due Consigli non è più praticabile nel nuovo universo istituzionale, dato che una formazione prevarrebbe sempre a spese dell'altra. Il Parlamento insiste presso gli Stati membri affinché prendano coscienza della necessità di rivalorizzare il Consiglio "Affari generali" e di adottare le disposizioni necessarie a tale scopo.

 

9. Il Parlamento sottolinea il ruolo importante della Commissione in quanto iniziatrice della programmazione pluriennale e annuale, sui piani legislativo, finanziario e di bilancio.

 

10. Il Parlamento europeo sottolinea l'importanza della concertazione regolare e strutturata tra Parlamento, Consiglio ("Affari generali") e Commissione, ai fini dell'organizzazione dei lavori in ambito legislativo e di bilancio.

D. (Prime) Nomine

1.   La dichiarazione n. 6 specifica che "la scelta delle persone chiamate ad occupare la carica di presidente del Consiglio europeo, di presidente della Commissione e di Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dovrà tenere debitamente conto della necessità di rispettare la diversità geografica e demografica dell'Unione e dei suoi Stati membri". Si può aggiungere: "e la diversità politica nonché l'equilibrio donne-uomini".

Considerato che l'articolo 18 (TUE) prevede che la candidatura alla presidenza della Commissione sia proposta dal Consiglio europeo "tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo", sembra opportuno avviare il processo di nomina soltanto dopo le elezioni del Parlamento europeo, al fine di disporre di tutti i dati necessari al raggiungimento dell'equilibrio auspicato nella dichiarazione n. 6.

All'elezione del presidente della Commissione (a luglio) farebbe seguito innanzi tutto la nomina della Commissione, compreso l'Alto rappresentante - vicepresidente della Commissione (ottobre). L'elezione del presidente del Consiglio chiuderebbe il ciclo (novembre).

Quest'ordine ha il vantaggio dato dal fatto di conoscere, sin dall'avvio del processo, l'esito delle elezioni del Parlamento europeo. D'altro canto, il presidente del Consiglio europeo uscente (la cui nomina non è rinnovabile se si tratta del suo secondo mandato) si trova nella posizione migliore per organizzare le concertazioni necessarie tra il Parlamento e il Consiglio europeo, che precedono la presentazione delle candidature alla presidenza della Commissione, dell'Alto rappresentante e degli altri commissari. In virtù di tale cronologia, è il presidente uscente del Consiglio europeo a condurre le consultazioni con il Parlamento, prima della decisione del Consiglio europeo circa la presentazione di un candidato per l'elezione da parte del Parlamento europeo.

La raccomandazione menzionata sopra porterebbe al seguente calendario:

Prima settimana di giugno: elezione del Parlamento europeo

–    settimane 1 e 2: costituzione dei gruppi politici

–    settimana 3: il presidente del Consiglio europeo consulta i presidenti dei gruppi politici in merito alla presidenza della Commissione

–    settimane 4 e 5: presentazione da parte del Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata, del candidato alla presidenza della Commissione

Metà luglio: elezione del presidente della Commissione da parte del             Parlamento europeo, preceduta da un'audizione

–    luglio - agosto - settembre: presentazione da parte del presidente eletto della Commissione dell'elenco dei commissari per l'approvazione da parte del Consiglio europeo. Proposta dell'Alto rappresentante da parte del Consiglio europeo con approvazione del presidente della Commissione.

–    Prima della metà di ottobre: approvazione della composizione della Commissione da parte del Parlamento europeo, compreso il presidente e l'Alto rappresentante

Metà ottobre: nomina della Commissione da parte del Consiglio europeo

Novembre: elezione del nuovo presidente del Consiglio europeo.

Si rammenta che il Parlamento europeo ha auspicato in una risoluzione[8] che la data delle elezioni venga anticipata di un mese, a metà maggio, allo scopo di agevolare la procedura suggerita sopra. In effetti, si avrebbe più tempo a disposizione per le consultazioni in preparazione dell'elezione del presidente della Commissione.

Raccomandazione

 

Sarebbe opportuno che il Parlamento europeo e il Consiglio europeo concludessero un accordo in merito al calendario e alla procedura delle nomine. Il Parlamento europeo potrebbe suggerire di partire dall'elezione del Parlamento europeo come sopra proposto.

2.   L'articolo 17 TUE prevede che il presidente della Commissione sia eletto dal Parlamento europeo. La sua candidatura è proposta dal Consiglio "tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate". Giustamente, il trattato non parla quindi di una consultazione formale del Parlamento. La dichiarazione n. 11 afferma però chiaramente che il Parlamento è interessato: "il Parlamento europeo e il Consiglio europeo sono congiuntamente responsabili del corretto svolgimento del processo che porta all'elezione del presidente della Commissione europea. Pertanto, rappresentanti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo procederanno, preliminarmente alla decisione del Consiglio europeo, alle consultazioni necessarie nel quadro ritenuto più appropriato. Conformemente all'articolo 17, paragrafo 7, primo comma, tali consultazioni riguarderanno il profilo dei candidati alla carica di presidente della Commissione, tenuto conto delle elezioni al Parlamento europeo. Le modalità di tali consultazioni potranno essere precisate, a tempo debito, di comune accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo".

Il Parlamento europeo e il Consiglio europeo potrebbero convenire la procedura seguente. Il Consiglio europeo incontra il presidente uscente del Parlamento europeo e separatamente ciascuno dei presidenti dei gruppi politici (eventualmente accompagnato dal presidente del partito o da una delegazione ristretta). Tale consultazione ha luogo la terza settimana dopo le elezioni, al fine di consentire ai gruppi di organizzarsi nella prima e seconda settimana. Il Consiglio europeo potrebbe conferire al suo presidente il mandato di condurre tali consultazioni e di presentare una relazione al Consiglio europeo. Questa procedura evita una presa di posizione formale del Parlamento europeo, contraria al trattato, ma consente al Consiglio europeo di essere pienamente informato della posizione dei gruppi politici che siedono in Parlamento.

Questa procedura si svolgerà con una forte pressione in termini di tempi. È evidente che se le elezioni del Parlamento europeo si svolgeranno a metà maggio (come auspica il Parlamento europeo) invece che a metà giugno (come avviene attualmente), lo svolgimento della procedura avrà tempi meno stretti.

Raccomandazione

 

Si propongono le seguenti modalità per "le consultazioni appropriate" (articolo 17, paragrafo 7 TUE) dopo le elezioni, in vista della presentazione di un candidato alla presidenza della Commissione da parte del Consiglio europeo: lasciare al Parlamento due settimane dopo le elezioni per la costituzione dei gruppi politici. Nella terza settimana il (presidente del) Consiglio europeo consulta separatamente, oltre al presidente uscente del Parlamento europeo, ciascuno dei presidenti dei gruppi politici (eventualmente accompagnati dal presidente del partito o da una delegazione ristretta).

3.   Commissione

Si rammenta che in seguito alla relazione Duff [9]sugli orientamenti per l'approvazione della Commissione europea, il regolamento del Parlamento concernente l'approvazione della Commissione è stato modificato[10].

4.   Prime nomine

È ormai chiaro che anche se il processo di ratifica in Irlanda si concludesse con successo, ciò non potrebbe avvenire prima delle elezioni di giugno 2009. Nella migliore delle ipotesi, quindi, il trattato di Lisbona entrerà in vigore soltanto dopo le elezioni europee del giugno 2009 e con il prossimo Parlamento già insediato. Si pone quindi, tra l'altro, la questione di sapere quali conseguenze potrà avere tale situazione sullo stesso Parlamento, oltre che sulla nomina della prossima Commissione.

Le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 sulla ripresa del processo di ratifica in tale paese hanno fornito nuovi punti di riferimento, alla luce dei quali rinquadrare tale transizione, in vista della probabile entrata in vigore del trattato di Lisbona verso la fine dell'anno in corso, o all'inizio del 2010.

4.1. In merito al Parlamento europeo

La presente relazione non affronta, in linea di principio, la questione della composizione del Parlamento europeo. Non è però inutile verificare rapidamente se la posizione definita dal Parlamento europeo nella relazione Lamassoure-Séverin sia stata rispettata dalle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008. Si rammenta che il Consiglio europeo di Lisbona aveva accolto, con la sola aggiunta di un membro ("... settecentocinquanta, più il presidente ...."[11]), la proposta politica formulata dal Parlamento europeo in tale relazione. È logico che il Consiglio europeo ritenga che le elezioni debbano comunque svolgersi secondo il regime di Nizza (che prevede 736 membri, con un massimo di 99 per la Germania e un minimo di 5 per Malta). Ciò significa che se il trattato entrerà in vigore un certo tempo dopo le elezioni, si dovrà aumentare il numero di deputati di alcuni Stati membri, nel rispetto con quanto proposto dal Parlamento europeo[12]. Tuttavia, non si potrà diminuire il numero di deputati tedeschi in corso di mandato. La sola soluzione, quindi, è quella prevista dal Consiglio europeo, vale a dire di prevedere in via provvisoria (fino alle elezioni del 2014) che il numero di deputati aumenti a 754 (+3). Ciò potrà avvenire, per esempio, inserendo in un protocollo una norma transitoria, la cui ratifica non dovrebbe costituire un problema[13].

Si potrebbero quindi prevedere tre fasi. Tra le elezioni europee e l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, tali deputati supplementari sarebbero membri virtuali. Una volta ratificato il trattato, questi ultimi potrebbero diventare osservatori senza diritto di voto, in attesa della ratifica della norma transitoria che autorizza l'aumento del numero totale di deputati. I deputati supplementari diventerebbero quindi membri a pieno titolo solo una volta adottata la modifica del diritto primario.

4.2. In merito alla procedura di nomina della Commissione

4.2.1.  Le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 prevedono che il processo di nomina della futura Commissione, in particolare la designazione del suo presidente, sarà avviato tempestivamente dopo l'elezione del Parlamento europeo, che si terrà nel giugno 2009.

In linea di principio, ciò significa che il processo di nomina della futura Commissione sarà avviato a norma delle disposizioni del trattato di Nizza. Poiché la decisione del Consiglio europeo del dicembre 2008 menziona espressamente soltanto la designazione del presidente della Commissione, si pone la questione di sapere se è intenzione del Consiglio europeo lasciare che l'intero processo si svolga secondo le medesime regole.

Occorre quindi chiarire come gestire la procedura di nomina della prossima Commissione, alla luce, in particolare, del calendario e delle diverse implicazioni delle varie fasi della procedura a seconda che si tratti del trattato di Nizza o di quello di Lisbona.

4.2.2.  Se il processo di designazione della prossima Commissione, in particolare per quanto attiene alla designazione del suo presidente, sarà avviato tempestivamente dopo le elezioni del Parlamento europeo del giugno 2009, esso prenderà avvio nel momento in cui il trattato di Lisbona non sarà ancora stato ratificato; si rammenta che i poteri del Parlamento europeo nell'ambito del processo di nomina del presidente della Commissione sono notevolmente rafforzati dal trattato di Lisbona.

Infatti, secondo il trattato di Nizza, il presidente della Commissione è "designato dal Consiglio riunito a livello dei capi di Stato e di governo con l'approvazione del Parlamento". Il trattato di Lisbona prevede invece che il presidente sia "eletto dal Parlamento su proposta del Consiglio europeo, fatte le dovute consultazioni".

Pertanto, il Parlamento deve prestare particolare attenzione al fatto che le sue prerogative non siano messe in discussione e che non si giunga a una situazione in cui un presidente sia nominato "secondo la procedura di Nizza", ma eserciti "i poteri secondo il trattato di Lisbona".

Se il Consiglio europeo confermerà la decisione del dicembre 2008, il Parlamento europeo dovrà insistere affinché i capi di Stato e di governo tengano conto (in via informale) dei nuovi poteri che il Parlamento europeo acquista, in virtù del trattato di Lisbona, nell'ambito della designazione del presidente della Commissione. In particolare, si dovrebbe tenere conto dei risultati elettorali e si dovrebbero organizzare consultazioni con le principali famiglie politiche europee rappresentate in Parlamento. Se il Consiglio europeo vorrà agire in questo senso, dovrà avere il tempo necessario per le consultazioni dopo l'elezione del Parlamento europeo, al fine di presentare a quest'ultimo una candidatura per la presidenza della Commissione. La procedura in questione avrebbe il vantaggio di essere sostanzialmente conforme alle nuove regole del trattato di Lisbona e non violerebbe in alcun modo il trattato di Nizza in vigore[14]. Inoltre, non si può dimenticare che, benché non preveda che il Presidente della Commissione sia eletto dal Parlamento europeo, il trattato di Nizza sancisce già che il candidato nominato dal Consiglio europeo sia soggetto ad approvazione da parte del Parlamento europeo, la cui decisione è non solo politica ma anche giuridicamente vincolante (con una differenza importante: mentre il trattato di Lisbona esige la maggioranza assoluta per la sua elezione, secondo il trattato di Nizza la maggioranza semplice è sufficiente per l'approvazione).

4.2.3.  La situazione è diversa per quanto attiene alla Commissione, nella misura in cui il trattato di Nizza prevede che il numero di commissari sia inferiore al numero di paesi membri (ciò non si applicherebbe più se il trattato entrasse in vigore, come indicato nella dichiarazione del Consiglio europeo del dicembre 2008); inoltre, il trattato di Nizza non prevede, a differenza del trattato di Lisbona, la figura del vicepresidente/Alto rappresentante.

Nell'ipotesi di una ratifica del trattato di Lisbona da parte degli irlandesi in occasione di un nuovo referendum, non vi sarebbe più una giustificazione evidente per nominare la nuova Commissione conformemente al trattato di Nizza. La Commissione dovrebbe essere nominata formalmente e assumere le proprie funzioni nella configurazione e con le competenze previste dal trattato di Lisbona, dopo l'entrata in vigore di quest'ultimo. Ciò significa, secondo la versione più ottimistica (che fa affidamento sull'organizzazione di un referendum irlandese al più tardi entro ottobre 2009), all'inizio del 2010.

4.2.4.  Secondo il trattato di Nizza[15], il mandato della Commissione in carica scade il 31 ottobre 2009. Questa disposizione potrebbe essere modificata soltanto attraverso un intervento modificativo sul diritto primario (protocollo, ecc.), ma tale aspetto che non sembra rivestire carattere prioritario per i 27 Stati membri. Laddove, invece, una nuova Commissione non fosse ancora stata nominata in tale data, l'attuale Commissione dovrebbe restare in carica, ma i suoi poteri verrebbero ridotti, con ogni probabilità, alla cura degli affari di ordinaria amministrazione. Una situazione di questo genere potrebbe durare settimane, o al massimo uno o due mesi, non di più.

In questo contesto, spetterebbe al nuovo al Parlamento gestire al meglio, in concertazione con il Consiglio europeo, la procedura di nomina della nuova Commissione, al fine di consentire che essa si svolga nel rispetto della nuova configurazione e delle nuove competenze della Commissione, oltre che dei nuovi poteri del Parlamento europeo previsti dal trattato di Lisbona.

4.2.5.  Occorre inoltre tenere conto della possibilità che il referendum non abbia esito positivo e che il trattato di Lisbona non possa entrare in vigore all'inizio del 2010. Non bisogna dimenticare che le regole del trattato di Nizza continuerebbero a trovare applicazione e che quindi è il Consiglio, come previsto dal protocollo sull'allargamento dell'Unione europea, ad adottare la decisione che stabilisce il numero di membri della prossima Commissione (che deve essere imperativamente inferiore a quello degli Stati membri dell'Unione) e le condizioni in base alle quali si svolgerà la rotazione paritaria prevista nel medesimo protocollo.

Raccomandazione

 

Il Parlamento europeo sarà eletto in base alle norme del trattato di Nizza e non si procederà ad alcuna rielezione in occasione dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona. Il Parlamento eserciterà tuttavia le competenze che gli attribuisce il trattato di Lisbona in applicazione del principio di continuità delle istituzioni.

 

Qualora il Consiglio europeo si dovesse attenere alla sua decisione di avviare senza indugio, dopo le elezioni al Parlamento europeo, la procedura di nomina della Commissione, ed in particolare la designazione del suo Presidente, tale procedura andrebbe avviata in base alle disposizioni del trattato di Nizza.

 

E' comunque auspicabile che il Consiglio europeo applichi informalmente la procedura di consultazione preventiva prevista dal trattato di Lisbona.

 

Qualora il candidato proposto venisse quindi approvato dal Parlamento, il Consiglio europeo potrebbe nominare il Presidente della Commissione. In virtù dello stesso principio di continuità, il Presidente della Commissione potrebbe restare in carica dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona.

 

Una volta nominato, il Presidente deve proporre la composizione della nuova Commissione. E' indicato che tale proposta va fatta formalmente solo dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona. Il Parlamento deve quindi approvare mediante votazione la composizione del collegio.

 

5.   In merito alla presidenza del Consiglio europeo, una dichiarazione allegata alle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 ha previsto le seguenti misure transitorie:

Nell'ipostesi in cui il trattato di Lisbona entrasse in vigore in una data in cui la presidenza semestrale del Consiglio fosse già iniziata, il Consiglio europeo concorda che, a titolo transitorio e per tenere conto dei lavori preparatori e dell'esigenza di assicurare la buona continuità dei lavori:

-     le autorità competenti dello Stato membro che assume la presidenza semestrale del            Consiglio in tale data continueranno a presiedere tutte le riunioni restanti del Consiglio e   del Consiglio europeo, oltre che le riunioni con i paesi terzi, fino al termine del semestre;

-     la presidenza semestrale del Consiglio sarà incaricata di adottare le misure concrete           necessarie, relativamente agli aspetti organizzativi e sostanziali dell'esercizio della   presidenza del Consiglio europeo e del Consiglio Affari esteri nel corso del proprio   semestre, conformemente alle disposizioni del trattato. A tale proposito, si procederà a   una stretta consultazione tra la suddetta presidenza, il presidente (eletto) del Consiglio   europeo e l'Alto rappresentante (designato) dell'Unione per gli affari esteri e la politica di   sicurezza.

E. Verso una programmazione interistituzionale di legislatura

Finora si è assistito a varie esercitazioni distinte di programmazione strategica e operativa tra le istituzioni. Infatti, la Commissione sviluppa un dialogo sulla programmazione strategica e legislativa con il Parlamento e, in parallelo, con il Consiglio. Tuttavia, i due rami del potere legislativo non sono mai impegnati in un dialogo sostanziale relativo alle priorità politiche e alla programmazione operativa delle loro rispettive attività. La generalizzazione della codecisione e le nuove disposizioni del trattato di Lisbona invitano a realizzare tale programmazione interistituzionale.

1.   Innovazioni apportate dal trattato di Lisbona

Le modifiche apportate dal trattato di Lisbona in merito alla programmazione consentono, qualora esista la volontà politica, di migliorare questa situazione.

1.1. In merito alla Commissione, l'istituzione che detiene quasi completamente il diritto di iniziativa legislativa, a norma dell'articolo 17 essa "Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione per giungere ad accordi interistituzionali".

1.2. Per quanto riguarda il Consiglio europeo, l'articolo 15 TUE stabilisce che: "1. Il Consiglio europeo dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative".

Tale compito generale è integrato da un compito specifico nel settore dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia: secondo l'articolo 68 TFUE "Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia".

1.3. Per quanto attiene al Consiglio, l'articolo 16 TUE specifica che esso "Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati".

La dichiarazione n. 9 contiene un progetto di decisione del Consiglio relativo all'esercizio della presidenza del Consiglio, il cui articolo 1, paragrafo 2 prevede che: "2. Ciascun membro del gruppo (troïka) esercita la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio, a eccezione della formazione degli affari esteri, per un periodo di sei mesi. Gli altri membri del gruppo assistono la presidenza in tutti i suoi compiti sulla base di un programma comune. I membri del gruppo possono decidere tra loro modalità alternative".

L'articolo 3 del medesimo progetto di decisione prevede che "Il Consiglio "Affari generali" assicura la coerenza e la continuità dei lavori nelle varie formazioni del Consiglio nell'ambito di una programmazione pluriennale in collaborazione con la Commissione. Gli Stati membri che esercitano la presidenza adottano, con l'assistenza del segretariato generale del Consiglio, tutte le disposizioni utili all'organizzazione e al buon andamento dei lavori del Consiglio".

1.4. Il trattato di Lisbona attribuisce inoltre una base giuridica alla programmazione finanziaria pluriennale (cfr. di seguito, punto 3). Si impone un collegamento con la programmazione politica e legislativa, anche se ciò non è espressamente previsto nel trattato.

2.   Alcune domande in merito alla portata e al contenuto della programmazione

2.1. La programmazione è per natura un esercizio interistituzionale necessario: se ciascuna istituzione dell'Unione seguisse un'agenda politica completamente autonoma senza concertazione con le altre istituzioni e definisse per essa un calendario autonomo in funzione delle proprie priorità, il coordinamento tra le istituzioni sarebbe molto difficile e la coerenza delle politiche dell'Unione e lo svolgimento delle procedure ne soffrirebbero. La programmazione rappresenta quindi un'esigenza pratica, un bisogno di coordinamento delle attività delle diverse istituzioni nell'ambito di taluni obiettivi definiti in comune. Tuttavia, il suo obiettivo non è affatto quello di mettere in causa le competenze specifiche di ogni istituzione, né le procedure decisionali definite nei trattati (segnatamente i termini previsti dai trattati, che sono imperativi).

2.2. Questi aspetti sono ben formulati nell'articolo 17. La Commissione ha l'iniziativa della programmazione, la quale può giungere (non costituisce un obbligo) ad accordi interistituzionali.

Si rammenta che gli accordi interistituzionali sono riconosciuti formalmente all'articolo 295 TFUE: "Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione procedono a reciproche consultazioni e definiscono di comune accordo le modalità della cooperazione. A tale scopo, nel rispetto dei trattati, possono concludere accordi interistituzionali che possono assumere carattere vincolante".

Si deduce facilmente dalla lettura di questa disposizione che gli accordi interistituzionali possono assumere o meno un carattere vincolante, secondo la volontà espressa dalle parti; è altrettanto evidente il principio secondo il quale gli accordi interistituzionali, anche nel caso in cui si vedano riconoscere carattere vincolante, non possono limitare le competenze delle istituzioni definite nei trattati.

2.3. In merito alla portata e al contenuto della programmazione, è possibile distinguere tra:

a) iniziative di programmazione strategica con contenuto prevalentemente politico, che definiscono le priorità e gli obiettivi politici dell'Unione per un certo periodo;

b) lniziative finalizzate prevalentemente a una programmazione operativa delle attività (organizzazione del lavoro, definizione dei calendari, scambio di informazioni in merito allo svolgimento delle procedure, ecc.). Tale rapporto si concentra sulle necessità del primo tipo di programmazione, senza dimenticare l'importanza che il secondo avrà per il raggiungimento degli obiettivi definiti nella programmazione strategica.

2.4. La dichiarazione n. 9 può prestarsi a equivoci, nella misura in cui fa riferimento, all'articolo 3, alla "programmazione pluriennale" a proposito del ruolo del Consiglio "Affari generali" e all'articolo 1, paragrafo 2 al "programma comune" (per 18 mesi) dei gruppi di tre presidenze. L'interpretazione evidente sembra essere che la programmazione pluriennale si riferisce a quella avviata dalla Commissione (articolo 17, paragrafo 1 TUE) e che i programmi comuni delle troïke presidenziali devono integrarsi nella programmazione pluriennale. Sarebbe utile che il Consiglio precisasse la relazione che intercorre tra questi due tipi di programmazione.

2.5. Quando si parla di programmazione, si pensa soprattutto al trio Commissione - Parlamento - Consiglio. Tuttavia, occorre tenere conto anche di altri due soggetti: il Consiglio europeo da un lato, tenuto conto del suo ruolo di impulso politico e l'Alto rappresentante dall'altro, nella sua qualità di presidente del Consiglio "Affari esteri".

3.   Legame tra programmazione strategica e programmazione finanziaria (quadro finanziario pluriennale)

3.1. È essenziale definire un collegamento tra la programmazione strategica e la programmazione finanziaria, la quale è riconosciuta espressamente, per la prima volta, nei trattati. Questi le attribuiscono anche un carattere giuridicamente vincolante nei confronti del bilancio annuale. Infatti, il trattato prevede l'adozione da parte del Consiglio, con l'approvazione del Parlamento europeo, di un regolamento contenente il quadro finanziario pluriennale, che deve avere una durata di almeno cinque anni. Infatti, la programmazione finanziaria pluriennale assume un carattere politico e legislativo evidente: essa definisce le priorità politiche dell'Unione (nei settori di attività che devono essere sostenuti da un punto di vista finanziario) e i mezzi per raggiungerle. La definizione di un quadro finanziario pluriennale è sempre accompagnata da un pacchetto legislativo in cui la Commissione definisce concretamente le iniziative necessarie per dotare l'Unione di programmi operativi per i quali sono previsti i crediti.

3.2. La legislazione con effetti finanziari non esaurisce, tuttavia, l'attività normativa dell'Unione nel periodo in questione. Si stima che metà della legislazione europea non abbia incidenza finanziaria, per esempio: buona parte della legislazione relativa all'attuazione del mercato interno, la normativa sul ravvicinamento/armonizzazione delle legislazioni nazionali nei vari settori, la legislazione nel settore tributario, quella relativa ai settori della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, ecc., da cui l'importanza che la programmazione strategica tenga anche debitamente conto di questo tipo di legislazione. Occorre peraltro prendere in considerazione il fatto che per alcuni grandi pacchetti legislativi di questo genere, la durata della procedura supera talvolta ampiamente la durata del mandato della Commissione e del Parlamento (per esempio: statuto della società di diritto europeo) ed è oggetto di misure di accompagnamento specifiche. Inoltre, programmi politici a lungo termine che riguardano il futuro dell'Unione, come la "strategia di Lisbona", si estendono a diverse legislature.

4.   Verso un contratto/programma di legislatura?

4.1. In questo contesto, è indicato inserire la programmazione tra le istituzioni in un vero e proprio "contratto" o "programma di legislatura", che contenga una programmazione strategica di legislatura, concordata tra le istituzioni. A tal fine, la Commissione deve presentare, all'atto della sua investitura, le priorità politiche e gli obiettivi strategici per i cinque anni del suo mandato.

In occasione di tale presentazione, che dovrebbe aver luogo prima della fine dell'anno dell'inizio della sua attività, la Commissione dovrebbe illustrare inoltre i primi elementi dell'evoluzione delle finanze europee necessaria a sostenere i suoi obiettivi strategici.

Sulla base delle priorità e degli obiettivi presentati dalla Commissione, le istituzioni (Commissione, Parlamento e Consiglio) potrebbero quindi trovare un accordo su un "programma" o "contratto di legislatura" effettivo, che guidi l'azione dell'Unione durante tale periodo.

Questo "contratto" o "programma" potrebbe rivestire, eventualmente, la forma di un "programma comune", una forma particolare di "dichiarazione comune".

È ipotizzabile attribuirgli un carattere vincolante? Benché lo si possa considerare una forma di accordo interistituzionale, pare più logico considerarlo piuttosto un impegno politico, la cui messa in causa non comporterà la rottura del rapporto di fiducia politica tra le istituzioni. Tuttavia, quando tale rapporto di fiducia è istituzionalizzato, come avviene tra il Parlamento europeo e la Commissione, la sua rottura può logicamente avere conseguenze politiche importanti.

4.2. Sulla base di questo "contratto" o "programma" comune, la Commissione dovrebbe quindi presentare, prima della fine di giugno dell'anno successivo alla sua investitura (N+1, dove N è l'anno delle elezioni del Parlamento europeo), proposte per il quadro finanziario pluriennale, accompagnate dall'elenco delle iniziative legislative necessarie per attuare i programmi specifici di esecuzione di tale quadro finanziario Pertanto, i negoziati relativi a tale quadro finanziario pluriennale potrebbero estendersi al secondo semestre dell'anno N+1 ed eventualmente all'inizio dell'anno N+2, affinché il quadro sia adottato prima della fine dell'anno N+1, o al più tardi prima della fine del primo trimestre dell'anno N+2, ed entri in vigore all'inizio dell'anno successivo (N+2, o, se del caso, N+3[16]).

Considerato che il trattato di Lisbona prevede un quadro finanziario di una durata di almeno 5 anni, tale calendario avrebbe il vantaggio di fari corrispondere in ampia misura il periodo coperto dal quadro finanziario pluriennale alla durata del mandato del Parlamento europeo e della Commissione.

A tale scopo, occorre tuttavia passare dalla logica attuale dei programmi finanziari di 7 anni a quelli di 5 anni, con una conseguente fase di transizione: la soluzione più ragionevole sarebbe quindi quella di prevedere una proroga di altri due anni per il quadro finanziario attuale, affinché si estenda fino alla fine del 2015[17], mentre attualmente il programma termina alla fine del 2013.

Ciò è facilmente realizzabile nella misura in cui il trattato di Lisbona impone che si passi dall'attuale sistema ad hoc basato su accordi interistituzionali, a un atto legislativo (un regolamento), adottato secondo una procedura legislativa speciale. Tale "mutazione" deve in ogni caso avere luogo, una volta entrato in vigore il trattato. Si tratterebbe di un momento privilegiato per trovare un accordo sulla proroga proposta. Ciò potrebbe andare di pari passo con la valutazione prevista nell'attuale accordo interistituzionale.

4.3. Il "contratto" o "programma" di legislatura fornirebbe, insieme al quadro finanziario pluriennale, il contenuto essenziale della programmazione pluriennale prevista agli articoli 1, paragrafo 2, e 3 del progetto di decisione contenuto nella dichiarazione n. 9 relativamente alla Commissione e al Consiglio "Affari generali".

Così concepiti, servirebbero quindi da quadro di riferimento per gli altri esercizi di programmazione previsti nel trattato di Lisbona e in particolare:

  i programmi comuni, o programmazioni operative congiunte, di ogni gruppo di tre presidenze per i 18 mesi del rispettivo mandato (i quali, a loro volta, contengono tra l'altro il progetto di calendario per le deliberazioni legislative e inquadrano i singoli programmi di ciascuna delle tre presidenze, relativamente al proprio semestre di attività)[18]; a tale proposito, dal punto di vista del Parlamento europeo, il quale avrà già ufficializzato il "contratto" o "programma" di legislatura e il quadro finanziario pluriennale, sarebbe opportuno rafforzare il dialogo con la presidenza del Consiglio "Affari generali"/il trio delle presidenze successive, affinché possa far sentire sufficientemente la propria voce nella preparazione di tale programmazione. Il Parlamento europeo potrebbe inoltre organizzare eventuali dibattiti (commissioni + plenaria) e prendere posizione (attraverso una risoluzione?) in merito a ciascuno dei programmi;

–  la programmazione annuale, tradotta nella presentazione del programma di lavoro e normativo della Commissione; a tale riguardo, il Parlamento europeo deve insistere per rafforzare i meccanismi di dialogo per la presentazione del programma della Commissione, attualmente previsti nell'accordo quadro Parlamento – Commissione. La Commissione discute inoltre nel dettaglio il proprio programma con il Consiglio. Si potrebbe pensare di rafforzare il carattere realmente interistituzionale di tale procedura, affinché il programma costituisca, alla fine, il risultato di un impegno delle tre istituzioni, oppure le tre istituzioni potrebbero assumere una posizione comune in merito al programma annuale.

4.4. Questi diversi esercizi di programmazione strategica devono essere accompagnati dai necessari meccanismi di programmazione operativa e coordinamento legislativo esistenti, i quali dovrebbero anche essere rafforzati per assicurare un dialogo più stretto tra il Parlamento e i diversi soggetti. Ciò può avvenire in plenaria, oppure in seno alla conferenza dei presidenti dei gruppi politici e delle commissioni parlamentari. Un'ipotesi da esplorare riguarda la creazione di un gruppo istituzionale di alto livello (per esempio: un vicepresidente del Parlamento e/o il presidente della conferenza dei presidenti + la presidenza del Consiglio "Affari generali" + un vicepresidente della Commissione), che potrebbe riunirsi regolarmente per assicurare la pianificazione operativa, lo scambio di informazioni sui fascicoli prioritari, ecc.

Si sottolinea ancora una volta l'importanza del Consiglio "Affari generali" e della sua presidenza nel quadro di tale concertazione. Tale ruolo verrebbe rafforzato se, come suggerisce la relazione supra, il Consiglio "Affari generali" si occupasse dell'approvazione del bilancio e del quadro finanziario pluriennale.

Raccomandazione

 

1.   Le attività di programmazione potrebbero essere concepite come segue:

 

– una volta assunte le sue funzioni, la Commissione presenta, prima della fine dell'anno, le sue priorità politiche e gli obiettivi strategici per il quinquennio del suo mandato, insieme a una previsione generale delle iniziative legislative che intende assumere e dell'evoluzione delle finanze dell'Unione necessaria alla realizzazione degli obiettivi proposti;

 

– tale programma è discussione insieme al Parlamento europeo e il Consiglio ed è oggetto di un "contratto di legislatura" concordato dalle tre istituzioni;

 

– la Commissione presenta quindi, prima della fine del primo semestre dell'anno successivo alla sua nomina (N+1, dove N è l'anno delle elezioni europee), le proposte per il quadro finanziario pluriennale, il quale dovrebbe avere una durata di 5 anni. Tali proposte sono accompagnate da un pacchetto che indica le iniziative legislative necessarie per concretizzare i programmi di attuazione delle decisioni finanziarie. Il quadro finanziario pluriennale dovrà quindi essere adottato entro la fine dello stesso anno (N+1), o al più tardi prima del primo trimestre dell'anno successivo (N+2) da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, in modo da poter entrare in vigore all'inizio dell'anno successivo (N+2, o, se del caso, N+3);

 

–    ciò comporta una fase di transizione dalla programmazione finanziaria attuale basata su accordi interistituzionali di 7 anni, alla programmazione giuridicamente vincolante per 5 anni; a tale scopo, le istituzioni devono trovare un accordo per trasformare il quadro finanziario contenuto nell'attuale accordo interistituzionale (AII) in un regolamento che contenga il quadro finanziario, e circa la proroga dalla durata dell'attuale quadro finanziario (2007-2013) fino alla fine del 2015, affinché il prossimo quadro finanziario pluriennale possa entrare in vigore all'inizio del 2016 e coprire il periodo fino alla fine del 2020;

 

–  sulla base del "contratto di legislatura" e del quadro finanziario pluriennale:

 

–    i gruppi delle tre presidenze elaborano, in collaborazione con la Commissione e dialogando con il Parlamento, il programma comune per i loro 18 mesi di attività; sulla base di tale programma comune, o programmazione operativa congiunta, ciascuna delle tre presidenze elabora il programma individuale per il rispettivo semestre di presidenza, in collaborazione con la Commissione e dialogando con il Parlamento;

 

–    la Commissione elabora il suo programma annuale legislativo e di lavoro, intrattenendo un dialogo approfondito con il Consiglio e il Parlamento europeo;

 

–    il Parlamento europeo e il Consiglio adottano il bilancio annuale;

 

– le tre istituzioni approfondiscono il dialogo interistituzionale per coordinare la loro programmazione operativa e i rispettivi calendari, specificamente per quanto attiene al calendario legislativo.

 

2.   Le istituzioni elaborano un accordo quadro che definisce le linee generali di tali diverse attività di programmazione.

F. Azione esterna dell'Unione

1.   Contrariamente al trattato costituzionale, il trattato di Lisbona non riunisce tutte le disposizioni relative all'azione esterna in un unico capo. Infatti, il trattato costituzionale, riprendeva nel titolo V della terza parte (che corrisponde globalmente al trattato sul funzionamento dell'Unione europea) tutte le disposizioni relative all'azione esterna dell'Unione. In questo modo, la Convenzione intendeva sottolineare l'unitarietà dell'azione esterna.

Nel riprendere le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune nel trattato sull'Unione (titolo V TUE)[19] e quelle relative all'azione esterna in settori diversi dalla PESC, nella parte quinta del TFUE, la CIG 2007 ha chiaramente inteso distinguere queste due politiche. Inoltre, l'articolo 40 TUE specifica che l'attuazione di ciascuna delle due politiche lascia impregiudicata l'applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni di ciascuna di esse.

Benché la differenza sia essenzialmente simbolica e senza grandi conseguenze sul piano pratico (in particolare perché l'Unione acquista personalità giuridica, i pilastri sono soppressi e l'articolo 1, paragrafo 2 TFUE afferma chiaramente che i due trattati hanno rigorosamente la stessa forza giuridica), essa testimonia un approccio e una sensibilità diversi.

Tuttavia, l'obiettivo resta chiaramente la coerenza globale dell'azione esterna, un aspetto che il trattato di Lisbona sottolinea chiaramente all'articolo 21 TUE, riprendendo lo stesso articolo introduttivo nelle due parti che trattano la politica estera (articolo 23 TUE e articolo 205 TFUE): "L'azione dell'Unione sulla scena internazionale, a titolo del presente capo, si fonda sui principi, persegue gli obiettivi ed è condotta in conformità alle disposizioni generali di cui al capo 1" (articoli 21-22 TUE) (del capo V del trattato dell'Unione).

La misura principale per garantire la coerenza dell'insieme dell'azione esterna dell'Unione è certamente la creazione della figura dell'Alto rappresentante per la PESC, oltre all'istituzione di un servizio comune per l'azione esterna (il servizio europeo per l'azione esterna - SEAE) che la sostenga. In questo modo, il trattato ha voluto creare, sia a livello politico che dal punto di vista del sostegno amministrativo, un collegamento strutturale tra i vari settori dell'azione esterna dell'Unione per favorire la loro coerenza.

2.   L'Alto rappresentante dell'Unione per la politica estera e di sicurezza comune

2.1. Attualmente l'Alto rappresentante è (ufficialmente) il segretario generale del Consiglio. Di fatto, egli non ricopre tale funzione e concentra la sua attività nella funzione di Alto rappresentante creata dal trattato di Amsterdam. Grazie all'azione dell'Alto rappresentante, la politica estera e di sicurezza dell'Unione ha assunto una dimensione più ampia. La Convenzione ha ritenuto che fosse opportuno attribuirgli, su tale base, una nuova dimensione.

Prima novità: l'Alto rappresentante presiede il Consiglio "Affari esteri".

Lo scopo è garantire maggiore continuità e coerenza all'agenda del Consiglio, un elemento che mancava nella presidenza a rotazione, eccessivamente influenzata dall'agenda dello Stato membro che assumeva la presidenza. Il trattato di Lisbona precisa che, in caso di votazione in seno al Consiglio "Affari esteri", l'Alto rappresentante non ha diritto di voto.

Un rappresentante dell'Alto rappresentante presiede inoltre il comitato politico e di sicurezza (CPS), mentre rappresentanti dell'Alto rappresentante possono presiedere gruppi di lavoro incaricati della preparazione del Consiglio "Affari esteri".

Seconda novità: l'Alto rappresentante sarà anche vicepresidente della Commissione.

Lo scopo che si vuole raggiungere è la coerenza dell'azione esterna dell'Unione, oltre che la mobilitazione di tutti i mezzi e gli strumenti disponibili per la realizzazione degli obiettivi dell'Unione. È opportuno da un lato evitare divergenze tra la politica estera comune a carattere intergovernativo e la politica comunitaria, mentre dall'altro occorre rafforzare la politica estera e di sicurezza comune attraverso la mobilitazione delle iniziative e dei mezzi comunitari.

Questo "doppio incarico" presuppone che l'Alto rappresentante goda allo stesso tempo della fiducia politica del Consiglio e, in qualità di vicepresidente della Commissione, di quella del presidente della Commissione e del Parlamento europeo. Ciò risulta chiaramente dalla procedura che porta alla sua nomina: nominato dal Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata, con l'accordo del presidente della Commissione (articolo 18, paragrafo 1), egli deve sottoporsi di nuovo al voto di approvazione dell'intera Commissione (e alla procedura delle audizioni, come tutti gli altri commissari), articolo 17, paragrafo 7 TUE.

Può essere rimosso dalla sua carica dal Consiglio europeo con la stessa procedura (ciò comporta che, in caso di perdita delle funzioni di vicepresidente della Commissione in seguito alla votazione di una mozione di censura da parte del Parlamento europeo e della Commissione, occorre anche una decisione a maggioranza qualificata del Consiglio europeo per ottenerne le dimissioni).

L'importanza del rapporto di fiducia politica tra le diverse istituzioni e l'Alto rappresentante è evidente. Occorre sottolineare, in particolare, l'importanza del rapporto di fiducia tra il presidente della Commissione e l'Alto rappresentante per un buon funzionamento dell'azione esterna dell'Unione.

Terza novità: l'Alto rappresentante potrà appoggiarsi a un "servizio europeo per l'azione esterna" (SEAE).

È la chiave di volta del nuovo impianto istituzionale in materia di azione esterna dell'Unione. La relazione, in preparazione alla commissione affari costituzionali, esprimerà il punto di vista del Parlamento europeo in merito al SEAE.

La quarta novità riguarda la rappresentanza di cui l'Alto rappresentante è, in virtù del trattato di Lisbona, direttamente incaricato, mentre nel trattato attuale assiste soltanto la presidenza del Consiglio.

Da ciò emerge chiaramente che il trattato trasforma in modo sostanziale la funzione di Alto rappresentante. Infatti, egli avrà il compito di condurre la politica estera e di sicurezza comune (compresa la politica di sicurezza e difesa comune) dell'Unione, alla cui elaborazione contribuisce attraverso le sue proposte e che concorre a eseguire in qualità di mandatario del Consiglio. Inoltre, egli deve vigilare sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione. Per questo motivo assume in seno alla Commissione le responsabilità di quest'ultima nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell'azione esterna.

Il suo "doppio incarico" e il sostegno di un servizio unico per l'azione esterna devono permettergli di garantire la coerenza, la continuità, l'efficienza e l'efficacia dell'insieme dell'azione esterna dell'Unione.

2.2. L'attuale trattato non attribuisce all'Alto rappresentante un diritto di iniziativa. Il futuro TUE colma tale lacuna. Nell'elaborazione della PESC, gli Stati membri e l'Alto rappresentante, o l'Alto rappresentante con il sostegno della Commissione possono adire il Consiglio e presentare rispettivamente iniziative o proposte. Occorre inoltre notare che l'articolo 22 prevede che l'Alto rappresentante e la Commissione possano presentare proposte congiunte nel quadro dell'azione esterna dell'Unione. In alcuni casi previsti dai trattati, tali proposte congiunte sono addirittura obbligatorie: adozione di misure restrittive (articolo 215, paragrafo 2), modalità di attuazione della clausola di solidarietà (articolo 222, paragrafo 3 TFUE)

Secondo la filosofia del trattato, quindi, l'Alto rappresentante armonizza per quanto possibile la sua azione con quella della Commissione. Il trattato di Lisbona sollecita l'Alto rappresentante e la Commissione ad agire di comune accordo e a formulare proposte congiunte o comuni (ciò vale sia per il settore della PESC sia per il settore "comunitarizzato") al fine di rafforzare la coerenze dell'insieme dell'azione esterna dell'Unione e, in tal modo, di facilitare l'adozione degli atti proposti.

2.3. L'Alto rappresentante avrà impegni più numerosi, come evidenziato dal numero di riunioni alle quali deve assistere in virtù delle sue prerogative, definite nel trattato: presiedere il Consiglio "Affari generali", vicepresidente della Commissione, rappresentare l'Unione nel quadro della PESC, difendere l'azione esterna dell'Unione presso il Parlamento europeo, partecipare al Consiglio europeo. Si renderanno necessarie misure pratiche per alleggerire il suo compito. Compresi:

  il Ministro degli Affari esteri del paese che ha assunto la presidenza del Consiglio potrebbe, dietro richiesta dell'Alto rappresentante, presiedere il Consiglio "Affari esteri" in sua assenza; inoltre, l'Alto rappresentante potrebbe incaricare i ministri degli Esteri della troïka presidenziale di talune missioni PESC, anche di rappresentanza;

–  altri Commissari possono partecipare alle riunioni del Consiglio e occuparsi di difendere la posizione della Commissione (in coordinamento con l'Alto rappresentante), agevolando in tal modo esercizio della presidenza. Inoltre, altri commissari possono essere incaricati della rappresentanza esterna nei settori comunitari;

–  per la PESC, il trattato di Lisbona prevede che il Consiglio possa nominare, su proposta dell'Alto rappresentante, dei rappresentanti speciali (articolo 33 TUE). Attualmente, tali rappresentanti hanno un incarico regionale. Il nuovo mandato concepisce il loro ruolo con "un mandato per problemi politici specifici". Tenuto conto della creazione di ambasciate dell'Unione, si avvertirà meno la necessità di avere rappresentanti speciali regionali; si può comunque pensare di attribuire loro missioni orizzontali. In tale quadro, possono essere affidati loro anche alcuni compiti di rappresentanza esterna legati al loro mandato. Questi rappresentanti speciali lavoreranno sotto l'autorità dell'Alto rappresentante e potranno anche essere ascoltati dal Parlamento. Si potrebbe prevedere un'audizione da parte del Parlamento europeo all'atto della loro nomina.

Raccomandazione

 

Il Parlamento europeo sottolinea che un rapporto di fiducia politica tra il presidente della Commissione e l'Alto rappresentante è fondamentale affinché quest'ultimo possa svolgere il suo ruolo con successo.

 

L'Alto rappresentante e la Commissione devono presentare, per quanto possibile, iniziative comuni, sia nel settore dell'azione esterna sia in quello più limitato della PESC, allo scopo di rafforzare la coerenza dell'azione esterna dell'UE in funzione dell'interesse generale comune europeo.

 

Si impongono misure per alleggerire il compito dell'Alto rappresentante da un punto di vista pratico.

3.   Il ruolo del Parlamento europeo in materia di azione esterna viene anch'esso rafforzato

L'articolo 36 TUE definisce il ruolo del Parlamento in materia di PESC. L'Alto rappresentante deve consultare il Parlamento sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e di difesa comune e informarlo dell'evoluzione di tali politiche. Egli provvede affinché le opinioni del Parlamento europeo " siano debitamente prese in considerazione". I rappresentanti speciali devono essere anch'essi associati all'informazione del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo deve inoltre formulare raccomandazioni al Consiglio e all'Alto rappresentante, oltre che in materia di PESC e di PESD. Il Parlamento europeo deve procedere due volte all'anno a un dibattito sui progressi compiuti.

Il Parlamento europeo deve inoltre approvare il bilancio dell'Unione che si fa carico delle spese amministrative e operative della PESC, considerato che la distinzione tra spesa obbligatoria e spesa non obbligatoria è scomparsa.

Deve anche essere informato, nel corso dell'intera procedura, in occasione della conclusione di accordi internazionali nel settore della PESC.

In merito agli altri settori dell'azione esterna, il Parlamento esercita le sue prerogative abituali: partecipa all'adozione degli atti legislativi secondo i termini previsti nei trattati (di norma si tratta della procedura legislativa ordinaria, che si applica anche in materia di commercio esterno). Approva il bilancio dell'Unione. In merito agli accordi internazionali, deve concedere la propria approvazione prima dell'azione da parte del Consiglio: i) agli accordi di associazione, ii) all'accordo di adesione dell'UE alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, iii) agli accordi che creano un quadro istituzionale specifico organizzando procedure di cooperazione, iv) agli accordi che abbiano implicazioni di bilancio importanti per l'Unione e v) agli accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria (oppure la procedura legislativa speciale, quando essa sia richiesta).

È opportuno definire un collegamento stretto tra il Parlamento europeo e l'Alto rappresentante, il quale dovrà essere invitato regolarmente a partecipare non solo ai dibattiti in Aula (oltre ai due dibattiti annuali sull'evoluzione della PESC e della PESD), ma anche ai dibattiti nelle commissioni parlamentari competenti. Tale prassi dovrà essere estesa ai rappresentanti speciali e ai commissari competenti per settori specifici dell'azione esterna dell'Unione, oltre che ad alcuni responsabili del SEAE (servizio europeo per l'azione esterna) che occupano incarichi con evidente importanza politica. Inoltre se è evidente che il Parlamento europeo deve conformarsi alle esigenze di discrezione relative al trattamento di alcune informazioni sensibili in materia di PESC, segnatamente nel settore della difesa[20], esso può assumere in parallelo un nuovo ruolo in materia di azione esterna, organizzando un nuovo tipo di "audizioni pubbliche" per le relazioni esterne, con la partecipazione dei responsabili delle diverse istituzioni o del SEAE, dei rappresentanti di paesi terzi oppure di organizzazioni internazionali, ecc.

4.   Il trattato definisce tre categorie di decisione nel quadro dell'azione esterna dell'Unione:

–  decisioni nel quadro dell'azione esterna nel suo complesso (articolo 22 TUE),

–  decisioni nel quadro della PESC (articolo 26 TUE),

–  decisioni in settori dell'azione esterna diversi dalla PESC.

4.1. Decisioni nel quadro dell'azione esterna nel suo complesso (articolo 22 TUE)

Il Consiglio europeo adotta le decisioni relative alla definizione degli interessi e obiettivi strategici dell'Unione con riferimento all'azione esterna nel suo complesso (articolo 22 TUE) che possono riguardare la PESC o altri settori dell'azione esterna. Le decisioni sono prese all'unanimità, su raccomandazione del Consiglio, e approvate secondo le modalità in vigore per ciascun settore.

4.2. Decisioni nel quadro della PESC (articolo 26 TUE)

Il Consiglio europeo adotta le decisioni che individuano gli interessi strategici dell'Unione e gli obiettivi e gli orientamenti generali della PESC (articolo 26, paragrafo 1 TUE). Il Consiglio elabora la PESC e prende le decisioni necessarie alla sua definizione e attuazione. Tali decisioni sono anch'esse prese all'unanimità (articolo 26, paragrafo 2).

Il Consiglio adotta inoltre le decisioni relative alle azioni da condurre (articolo 28, paragrafo 1) e le decisioni relative alla posizione dell'Unione su questioni particolari di natura geografica o tematica (articolo 29, paragrafo 1). Queste decisioni sono anch'esse adottate dal Consiglio all'unanimità (articolo 31, paragrafo 1), salvo il caso in cui si basino su una decisione del Consiglio europeo relativa agli interessi e obiettivi strategici dell'Unione di cui all'articolo 22, paragrafo 1, quando adotta una decisione su proposta dell'Alto rappresentante in seguito a una richiesta specifica rivolta a quest'ultimo dal Consiglio europeo (di sua iniziativa o su iniziativa dell'Alto rappresentante) oppure quando adotta una decisione che definisce un'azione o una posizione dell'Unione (articolo 31, paragrafo 2). Il Consiglio europeo può decidere, all'unanimità, che le decisioni menzionate in precedenza siano prese a maggioranza qualificata. Tuttavia, alcune di queste eccezioni si applicano soltanto se le decisioni in questione hanno implicazioni nel settore militare o della difesa.

Le decisioni di nominare un Alto rappresentante sono anch'esse adottate a maggioranza qualificata (articolo 33).

La decisione di creare il servizio europeo dell'azione esterna è adottata dal Consiglio all'unanimità su proposta dell'Alto rappresentante, con l'approvazione della Commissione e il parere del Parlamento europeo (articolo 27, paragrafo 3) (cfr. infra).

Il Consiglio adotta all'unanimità (con consultazione del Parlamento europeo) anche la decisione che definisce le procedure per l'accesso rapido ai crediti di bilancio dell'UE per iniziative urgenti nel settore della PESC. Invece, le decisioni relative alle modalità di istituzione e finanziamento del fondo iniziale, nonché alla sua gestione e al suo controllo finanziario sono adottate a maggioranza qualificata (articolo 41 TUE).

Le decisioni con le quali il Consiglio adotta accordi internazionali nel settore della PESC sono anch'esse soggette, come regola generale, all'unanimità.

4.3. Decisioni in settori dell'azione esterna diversi dalla PESC

La regola generale dell'articolo 22, paragrafo 1, secondo la quale il Consiglio europeo adotta all'unanimità le decisioni che individuano gli interessi e gli obiettivi strategici dell'Unione, si applica anche ai settori dell'azione esterna diversi dalla PESC. Tuttavia, la definizione e l'attuazione della politica dell'UE per questi settori rientra nel quadro delle procedure attualmente "comunitarizzate": gli atti legislativi adottati secondo la procedura legislativa ordinaria o speciale conformemente a quanto previsto dal trattato; la conclusione di accordi internazionali per i quali il Consiglio decide, come regola generale, a maggioranza qualificata, dopo aver ottenuto l'approvazione del Parlamento europeo. L'unanimità è però la regola per alcuni accordi in materia di politica commerciale comune: scambi dei servizi, aspetti commerciali della proprietà intellettuale e investimenti esteri diretti, quando tali accordi contengono disposizioni per le quali l'unanimità è richiesta per l'adozione di norme interne (articolo 207, paragrafo 4 TFUE); scambio dei servizi culturali e audiovisivi, quando tali accordi rischiano di arrecare pregiudizio alla diversità cultura e linguistica dell'Unione e per accordi nel settore dei servizi nell'ambito sociale, dell'istruzione, a talune condizioni (articolo 207, paragrafo 4, lettera b) TFUE). Sono inoltre adottati all'unanimità gli accordi di associazione, gli accordi di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi candidati all'adesione, oltre agli accordi in settori per i quali l'unanimità è richiesta sul piano interno. Lo stesso vale per l'accordo di adesione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (la cui decisione di approvazione deve essere approvata da tutti gli Stati membri nel rispetto delle loro regole costituzionali prima di poter entrare in vigore) - cfr. articolo 218 paragrafo 8 TFUE.

Raccomandazione

 

Ogni decisione in materia di politica estera dovrà indicare chiaramente in quale quadro (e in virtù di quale articolo del trattato) viene adottata, per esplicitare la procedura da seguire sia nella sua fase di elaborazione, sia in quella di esecuzione.

5.   La rappresentanza esterna dell'Unione si articola, secondo le disposizioni dei trattati, in tre dimensioni.

–  Il presidente del Consiglio europeo assicura "al suo livello e in tale veste", la rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, "fatte salve le attribuzioni dell'Alto rappresentante" (articolo 15, paragrafo 6 TUE).

–  L'Alto rappresentante per la PESC rappresenta l'Unione per le materie che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune. Conduce, a nome dell'Unione, il dialogo politico con i terzi ed esprime la posizione dell'Unione nelle organizzazioni internazionali e in seno alle conferenze internazionali" (articolo 27, paragrafo 2 TUE).

–  La Commissione assicura la rappresentanza esterna dell'Unione "fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati" (articolo 17 TUE). Più specificamente, la Commissione è responsabile della rappresentanza esterna per le materie che rientrano nell'ambito delle competenze comunitarie.

–  In merito all'euro, il trattato prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, possa adottare le misure opportune per garantire una rappresentanza unificata nell'ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali. Il Consiglio delibera previa consultazione della Banca centrale europea. È a ragione che la Commissione ha insistito recentemente in una comunicazione[21] sul fatto che, per allineare il ruolo dell'euro sul piano internazionale al suo peso economico, occorreva sviluppare posizioni comuni e consolidarne la rappresentanza, ottenendo infine un seggio unico nelle istituzioni e nei forum finanziari internazionali.

A prima vista, il trattato non chiarisce del tutto la situazione alquanto confusa che è all'origine della famosa domanda attribuita a Henry Kissinger ("Se cerco l'Europa che numero di telefono devo fare?"). Occorre tuttavia mitigare tale impressione: si rammenta infatti che in tutti gli Stati membri esistono numerosi incarichi politici con responsabilità di rappresentanza a livello internazionale.

In quest'ottica, si è portati a ritenere che sarà il presidente del Consiglio europeo, piuttosto, a esercitare funzioni di rappresentanza. Occorrerà tenere conto, come indica l'espressione "...al suo livello e in tale veste..." del fatto che egli assicurerà, in qualità di presidente del Consiglio europeo, la rappresentanza di tale istituzione a livello della PESC. Egli potrà quindi rappresentare l'Unione europea nei contatti a livello di PESC con i capi di Stato stranieri, oppure assicurare l'organizzazione e/o la rappresentanza del Consiglio europeo nelle riunioni al più alto livello internazionale, come fa attualmente il primo ministro dello Stato membro che presiede il Consiglio europeo. Tuttavia, ciò non gli attribuisce lo status di iniziatore della PESC, né di interlocutore privilegiato per l'adozione di decisioni politiche a nome dell'Unione. Giacché tale funzione è attribuita chiaramente, per quanto riguarda la PESC, all'Alto rappresentante.

Infatti, al di là delle disposizioni già indicate in precedenza, segnatamente l'articolo 27, paragrafo 2 TUE, il primo paragrafo di quello stesso articolo attribuisce all'Alto rappresentante la funzione di contribuire con le sue proposte all'elaborazione di detta politica e alla sua attuazione "in qualità di mandatario del Consiglio". Il testo aggiunge che l'Alto rappresentante agisce analogamente per la politica di sicurezza e di difesa comune.

Si può pertanto concludere che compete all'Alto rappresentante rappresentare l'Unione per tutto quanto concerne la preparazione e l'esecuzione della PESC (politica di difesa compresa), ivi compresa la conduzione del dialogo con i paesi terzi e la manifestazione del punto di vista dell'Unione in seno alle organizzazioni internazionali.

La conseguenza dell'istituzione dell'incarico di presidente del Consiglio europeo e di Alto rappresentante è che il trattato di Lisbona non attribuisce più alcun ruolo in materia di rappresentanza dell'Unione né al primo ministro dello Stato membro che assume la presidenza, né al suo ministro degli Esteri, che non presiede più il Consiglio "Affari esteri". Ciò non impedisce che il presidente del Consiglio europeo e l'Alto rappresentante possano affidare al primo ministro e al ministro degli Esteri dello Stato membro che assume la presidenza del Consiglio alcuni compiti di rappresentanza.

Ciò specifica pertanto il suo ruolo dell'Alto rappresentante in qualità di Vicepresidente della Commissione. La Commissione ha la responsabilità di rappresentare l'Unione all'esterno, a eccezione di quanto attiene alla PESC.

In merito al ruolo dell'Alto rappresentante in veste di vicepresidente della Commissione, il trattato specifica che "In seno alla Commissione, è incaricato delle responsabilità che incombono a tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell'azione esterna dell'Unione". L'organizzazione della Commissione resta però una prerogativa del presidente della Commissione. In veste di vicepresidente della Commissione, l'Alto rappresentante è soggetto all'autorità del presidente della Commissione e alle regole in vigore nel collegio. Il presidente della Commissione può quindi decidere di presiedere personalmente le riunioni dei commissari incaricati delle materie relative all'azione esterna.

La rappresentanza esterna dell'Unione nei settori pertinenti di tale istituzione sarà assicurata:

    o direttamente dal presidente della Commissione (segnatamente a livello di primi ministri);

–     o dal Vicepresidente della Commissione (Alto rappresentante), al quale sono attribuite le responsabilità della Commissione nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri settori dell'azione esterna dell'Unione europea. È quindi normale che rappresenti anche l'Unione in merito all'aspetto "comunitario" delle relazioni esterne dell'Unione, a livello ministeriale, tanto più che talora questi aspetti possono andare di pari passo con questioni attinenti alla PESC;

–    o, con riferimento a portafogli specifici caratterizzati da una dimensione esterna, da uno dei commissari settoriali (infatti, l'Alto rappresentante coordina gli altri aspetti delle relazioni esterne dell'Unione, ma non sostituisce i commissari per il commercio estero, lo sviluppo, ecc.).

Tale interpretazione è confermata dalla lettura dell'articolo 218, paragrafo 3 TFUE sulla negoziazione di accordi internazionali: "3. La Commissione, o l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza quando l'accordo previsto riguarda esclusivamente o principalmente la politica estera e di sicurezza comune, presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l'avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell'accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell'Unione".

Appare logico che il negoziatore di accordi che riguardano esclusivamente o principalmente la PESC sia direttamente l'Alto rappresentante, oppure qualcuno posto sotto la sua responsabilità, oppure l'Alto rappresentante o la Commissione insieme, e che negli altri casi sia l'Alto rappresentante, in qualità di vicepresidente della Commissione, oppure la Commissione attraverso il commissario incaricato del settore in questione, secondo la proposta della stessa Commissione.

Tenuto conto di quanto esposto in precedenza, si può giungere a una conclusione vicina all'ipotesi proposta all'inizio del presente capo.

Raccomandazione

 

Il Parlamento europeo ritiene che la rappresentanza esterna dell'UE debba articolarsi lungo i seguenti assi:

 

–    il presidente del Consiglio europeo ha un ruolo di rappresentanza dell'Unione a livello della PESC, senza però avere poteri in materia di direzione politica; vi si aggiunge, se del caso, un ruolo particolare di rappresentanza del Consiglio europeo, segnatamente a livello di contatti con i capi di Stato di paesi terzi;

 

–    la Commissione, e in particolare il suo presidente, deve svolgere un ruolo di rappresentanza a livello delle relazioni esterne nel loro insieme e delle politiche settoriali incluse nell'azione esterna dell'UE (commercio estero, sviluppo, ecc.);

 

 l'Alto rappresentante deve svolgere, nel contempo, un ruolo di direzione (iniziativa ed esecuzione) della PESC, in particolare rappresentando l'Unione nei contatti con i paesi terzi e assumendo la rappresentanza nelle organizzazioni internazionali; ciò prevede, inoltre, l'assunzione del ruolo attualmente esercitato dal presidente in carica del Consiglio "Affari esteri" (in linea di principio il ministro degli Esteri dello Stato membro che assume la presidenza); egli svolge inoltre un ruolo di rappresentanza a livello dell'insieme dell'azione esterna o dei settori di quest'ultima diversi dalla PESC, ma in tal caso sarà soggetto all'autorità del presidente della Commissione e alle decisioni del collegio per quanto attiene agli altri aspetti dell'azione esterna.

 

 

6.   Politica di sicurezza e di difesa comune (PESD)

A livello di politica di sicurezza e di difesa comune, settore specifico della PESC, il trattato di Lisbona apporta progressi importanti, in particolare per quanto riguarda la possibilità di decidere, attribuita agli Stati membri che abbiano la volontà politica e le capacità militari per farlo, di creare una cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa, la quale potrebbe portare nel tempo a una difesa comune.

Sul piano istituzionale, tuttavia, se si esclude l'entrata in gioco dell'Alto rappresentante con le sue nuove funzioni, le modifiche non sono sostanziali.

Infatti, si tratta comunque di un settore eminentemente intergovernativo, in cui gli Stati membri decidono all'unanimità la maggior parte delle questioni.

Il Consiglio europeo ha il ruolo di identificare gli interessi strategici dell'Unione, di fissare gli obiettivi e di definire gli orientamenti generali della PESC, anche per le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa nei termini generali dell'articolo 2, paragrafo 1 del TUE. Inoltre, ha il compito di adottare, al momento opportuno, la decisione di passare a una vera e propria difesa comune (articolo 42, paragrafo 2). Tale decisione dovrà essere presa all'unanimità e approvata da tutti gli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali specifiche, per poter produrre effetti.

Tutte le altre decisioni di definizione e attuazione della PESD spettano al Consiglio, che delibera quasi sempre all'unanimità (di norma su proposta o in consultazione con l'Alto rappresentante). Eccezioni: la decisione di creare una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa per gli Stati membri che abbiano la volontà politica e i mezzi militari necessari; la decisione relativa alla definizione dello statuto, della sede e delle modalità di funzionamento dell'Agenzia europea per gli armamenti.

Il ruolo essenziale del Consiglio in materia di PESD pone peraltro un problema specifico: è il Consiglio "Affari esteri" a doversi occupare delle questioni in materia di difesa, oppure occorre prevedere una formazione specifica del Consiglio con i ministri della Difesa? Il fatto che la PESD costituisca parte integrante della PESC, relativamente alla quale il trattato prevede che sia il Consiglio "Affari esteri", con la particolarità di essere presieduto dall'Alto rappresentante, ad avere competenza in materia e che l'Alto rappresentante sia competente anche per l'esecuzione della PESD e per la rappresentanza esterna in questo settore, è un elemento a favore del fatto che sia il Consiglio "Affari esteri" ad assumere le competenze del Consiglio in materia di PESD, naturalmente con la partecipazione dei ministri della Difesa quando si tratta di discutere di questioni specifiche in questo settore. Lo stesso principio dovrebbe valere anche per l'organizzazione interna del Parlamento europeo in materia.

In questo settore, il Parlamento europeo non svolge un ruolo specifico, benché rientri nel dovere generale che incombe all'Alto rappresentante mantenerlo informato circa gli sviluppi principali della PESC e tenere conto delle sue opinioni. La Commissione ha anch'essa soltanto un ruolo accessorio di proposta nel settore della PESD, con l'Alto rappresentante (in merito all'utilizzo degli strumenti dell'Unione per missioni in questo settore (articolo 42, paragrafo 4) e di cooperazione con l'Agenzia europea per gli armamenti, a seconda dei casi (articolo 45, paragrafo 2)).

Raccomandazione

 

Al fine di assicurare la coerenza della politica estera e del suo comparto della difesa, le questioni attinenti alla PESD devono essere affrontate anche in seno al Consiglio "Affari esteri", al quale dovranno partecipare i ministri della Difesa laddove l'ordine del giorno preveda anche questioni specifiche di questo settore.

  • [1]  Relazione Leinen sulle nuove competenze e prerogative del Parlamento nell'applicazione del trattato di Lisbona e relazione Corbett sulla revisione generale del regolamento del Parlamento europeo.
  • [2]  Relazione Brok sugli aspetti istituzionali della creazione di un servizio europeo per l'azione esterna, in fase di elaborazione alla commissione affari costituzionali.
  • [3]  Relazione Brok sull’evoluzione delle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nell’ambito del trattato di Lisbona.
  • [4]  A6 - 0179/2005: Relazione sugli orientamenti per l'approvazione della Commissione europea (7 giugno 2005, Andrew Duff).
  • [5]  Il coinvolgimento del Consiglio europea nello svolgimento di alcune procedure legislative (cfr. infra) non può essere equiparato all'esercizio di funzioni legislative, dato che si tratta soltanto di prendere una decisione in merito allo svolgimento della procedura, in casi particolari di blocchi e non di interferire nella definizione del contenuto sostanziale della normativa oggetto di discussione.
  • [6]  Vi sono inoltre clausole specifiche orientate alla stessa logica: per esempio l'articolo 312, paragrafo 2, secondo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che riguarda il passaggio alla maggioranza qualificata per l'adozione del quadro finanziario pluriennale o l'articolo 31, paragrafo 3 del trattato sull'Unione europea relativo al passaggio alla maggioranza qualificata per l'adozione di decisioni in materia di PESC.
  • [7]  Lo stesso avviene nel quadro dell'articolo 86 in merito all'estensione delle competenze della futura procura europea. Tuttavia in questo caso l'intervento del Consiglio europeo funge più da catalizzatore che da "freno di emergenza".
  • [8]  Risoluzione "sugli orientamenti per l'approvazione della Commissione europea" (paragrafo 3), votata l'11 dicembre 2005 sulla base della relazione Duff.
  • [9]  A6 - 0179/2005: Relazione sugli orientamenti per l'approvazione della Commissione europea (7 giugno 2005, Andrew Duff).
  • [10]  A6 - 0198/2008: relazione sulla modifica del regolamento del Parlamento europeo concernente l'approvazione della Commissione (29 maggio 2008).
  • [11]  Con un massimo di 96 e un minimo di 6 per Stato membro, la distribuzione dei seggi tra Stati membri avviene in modo degressivamente proporzionale).
  • [12]  A6 - 0351/2007: relazione sulla composizione del Parlamento europeo (3 ottobre 2007, Alain Lamassoure - Adrien Severin).
  • [13]  Alcune dichiarazioni di dirigenti europei, tra cui il presidente Sarkozy, evocano la possibilità di procedere in tal senso in occasione della firma del trattato sull'adesione della Croazia. Ciò potrebbe essere una possibilità, se il trattato fosse firmato e ratificato in tempo per permettere di adattare la composizione del Parlamento europeo entro una data prossima a quella di entrata in vigore del trattato di Lisbona. Tuttavia, tale adattamento dovrebbe procedere di pari passo con l'aggiunta del numero di deputati da attribuire alla Croazia, con conseguente aumento dei membri del Parlamento europeo oltre la soglia di 754, anche durante la legislatura 2009-2014. Ciò potrebbe essere ammissibile, a condizione di ottenere un accordo informale con il Parlamento europeo (come è già avvenuto prima dell'adozione del trattato di Lisbona), considerato che dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona spetterà al Parlamento europeo, su propria iniziativa e con l'approvazione del Consiglio europeo, decidere della composizione del Parlamento europeo e, in particolare, della nuova redistribuzione, in modo che si giunga a 751 parlamentari per le elezioni del 2014, secondo i principi e le procedure previste nel trattato di Lisbona.
  • [14]  Di fatto, si tratterebbe più o meno della ripetizione dello scenario del 2004, che corrispondeva già in gran parte, in via informale, a quello del trattato costituzionale, il quale era appena stato concluso, e che è stato successivamente confermato dal trattato di Lisbona. Il Consiglio europeo darebbe prova di volontà politica, in questo caso, se manifestasse il desiderio di tenere conto della volontà degli elettori europei.
  • [15]  Come modificato dall'atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l'Unione europea (articolo 45, paragrafo c).
  • [16]  Cfr. a tale proposito la relazione Böge sulle sfide politiche e i mezzi di bilancio dell'Unione allargata 2007-2013 e la relazione Guy-Quint.
  • [17]  Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria del 17 maggio 2006.
  • [18]  Concepito in questo modo, il ruolo della Commissione in merito alla programmazione annuale del Consiglio "Affari generali" corrisponde a quanto previsto nella summenzionata dichiarazione n. 9, ossia nell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio".
  • [19]  Nonostante la sua rubrica sia "Disposizioni generali sull'azione esterna dell'Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune", contiene soltanto due articoli che definiscono in modo generale i principi che disciplinano l'insieme dell'azione esterna dell'UE mentre tutti gli altri riguardano la PESC.
  • [20]  L'entrata in vigore del nuovo trattato esigerà inoltre una revisione dell'accordo interistituzionale relativo all'accesso del Parlamento europeo a informazioni sensibili del Consiglio nel settore della politica di sicurezza e di difesa (accordo interistituzionale tra Parlamento europeo e Consiglio del 20 novembre 2002).
  • [21]  Comunicazione della Commissione del 7 maggio 2008 in occasione del decimo anniversario dell'introduzione dell'euro.

PARERE della commissione per lo sviluppo (17.2.2009)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sull’impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell’equilibrio istituzionale dell’Unione europea
(2008/2073(INI))

Relatrice per parere: Renate Weber

SUGGERIMENTI

La commissione per lo sviluppo invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  accoglie con favore il fatto che il trattato di Lisbona stabilisca che “la politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione e quella degli Stati membri si completano e si rafforzano reciprocamente” e che l’obiettivo primario di tale politica è “la riduzione e, a termine, l'eliminazione della povertà” e sottolinea che la cooperazione allo sviluppo è una politica autonoma e distintiva con propri obiettivi ben definiti;

2.  sottolinea che gli Stati membri e l’Unione devono impegnarsi per un migliore coordinamento dei donatori e una migliore divisione del lavoro, con l’obiettivo di contribuire a una maggiore efficacia degli aiuti, e invita le istituzioni dell’UE a svolgere un ruolo di maggiore coordinamento;

3.  accoglie con favore il fatto che il trattato di Lisbona mantenga la procedura di codecisione nel settore della cooperazione allo sviluppo; sottolinea come ciò comporti che il Parlamento debba fare pieno uso dei propri poteri, per plasmare il contenuto dei regolamenti, e del proprio diritto al controllo democratico su tutti gli aspetti della politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE;

4.  prende atto che il Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008 ha adottato la decisione politica di mantenere il numero di un commissario per Stato membro e chiede al nuovo presidente della Commissione di rispettare, nell’assegnazione dei portafogli, la necessaria specificità della cooperazione allo sviluppo come settore autonomo della politica;

5.  saluta l'istituzione della nuova figura cardine dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune ma fa notare che esiste il rischio di attribuire priorità alle politiche in materia di relazioni esterne a scapito di quelle relative allo sviluppo; ricorda che il trattato di Lisbona pone la politica di sviluppo sullo stesso piano delle altre politiche esterne;

6.  sottolinea la necessità che tra i funzionari del Servizio europeo per l'azione esterna vi sia un numero sufficiente di esperti in materia di sviluppo;

7.  ritiene che l'attuazione del trattato di Lisbona rappresenti un'opportunità per rivedere l'assetto istituzionale della Commissione e per migliorare la ripartizione delle competenze tra la direzione generale dello Sviluppo (DG DEV) e quella delle Relazioni esterne (DG RELEX) in modo da incrementare l'efficienza e la coerenza, in particolare attribuendo alla DG DEV la competenza per tutte le politiche di cooperazione allo sviluppo e per tutti i programmi nelle più diverse aree geografiche (non solo i paesi ACP ma anche quelli che beneficiano dello Strumento di cooperazione allo sviluppo) e incorporando EuropeAid nella DG DEV; in tale contesto auspica una maggiore cooperazione tra le DG DEV e la DG RELEX in vista del conseguimento degli ambiziosi obiettivi dell'azione esterna dell'UE;

8.  al fine di garantire la coerenza della politica per lo sviluppo, continua a sostenere che vi sia necessità di una direzione generale per lo sviluppo a livello amministrativo, responsabile per la definizione delle politiche, l’orientamento e la gestione della cooperazione allo sviluppo dell’UE.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

17.2.2009

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

20

0

3

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Alessandro Battilocchio, Thijs Berman, Thierry Cornillet, Corina Creţu, Alexandra Dobolyi, Fernando Fernández Martín, Alain Hutchinson, Romana Jordan Cizelj, Filip Kaczmarek, Glenys Kinnock, Maria Martens, Gay Mitchell, Luisa Morgantini, José Javier Pomés Ruiz, José Ribeiro e Castro, Toomas Savi, Frithjof Schmidt, Jürgen Schröder, Feleknas Uca

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Miguel Angel Martínez Martínez, Manolis Mavrommatis, Renate Weber, Gabriele Zimmer

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

9.3.2009

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

19

1

1

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Enrique Barón Crespo, Bastiaan Belder, Richard Corbett, Jean-Luc Dehaene, Andrew Duff, Anneli Jäätteenmäki, Aurelio Juri, Martin Kastler, Timothy Kirkhope, Jo Leinen, Íñigo Méndez de Vigo, Adrian Severin, József Szájer, Riccardo Ventre, Johannes Voggenhuber, Andrzej Wielowieyski

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Costas Botopoulos, Catherine Boursier, Elmar Brok, Carlos Carnero González, Panayiotis Demetriou, Sirpa Pietikäinen