RELAZIONE sulla raccomandazione del Consiglio relativa alla nomina del vicepresidente della Banca centrale europea
23.3.2010 - (C7‑0044/2010 – 2010/0813(NLE))
Commissione per i problemi economici e monetari
Relatore: Sharon Bowles
PR_NLE_art109
PROPOSTA DI DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sulla raccomandazione del Consiglio relativa alla nomina del vicepresidente della Banca centrale europea
(C7‑0044/2010 – 2010/0813(NLE))
(Consultazione)
Il Parlamento europeo,
– vista la raccomandazione del Consiglio in data 16 febbraio 2010[1],
– visto l'articolo 283, paragrafo 2, del trattato FUE, a norma del quale è stato consultato dal Consiglio (C7‑0044/2010),
– visto l'articolo 109 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A7‑0059/2010),
A. considerando che con lettera in data 24 febbraio 2010 il Consiglio ha consultato il Parlamento europeo sulla nomina di Vítor Constâncio a vicepresidente della Banca centrale europea per un periodo di otto anni,
B. considerando che la commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento ha quindi proceduto alla valutazione delle credenziali del candidato, in particolare alla luce dei requisiti di cui all'articolo 283, paragrafo 2, del trattato FUE, e tenuto conto dell'esigenza della piena indipendenza della BCE di cui all'articolo 130; che, nel quadro di tale valutazione, la commissione ha ricevuto dal candidato un curriculum vitae e le sue risposte al questionario scritto che gli era stato trasmesso,
C. considerando che il 23 marzo 2010 la commissione ha proceduto a un'audizione della durata di due ore, nel corso della quale il candidato ha reso una dichiarazione introduttiva e ha risposto alle domande rivoltegli dai membri della commissione,
1. esprime parere positivo al Consiglio europeo sulla raccomandazione del Consiglio di nominare Vítor Constâncio vicepresidente della Banca centrale europea;
2. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente decisione al Consiglio europeo e al Consiglio.
- [1] Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale.
ALLEGATO 1: CURRICULUM VITAE DI VÍtor Constâncio
Istruzione e formazione
1965 Laurea in economia presso l'Instituto Superior de Ciências Económicas e Financeiras (l'attuale Instituto Superior de Economia e Gestão, ISEG) dell'Università Tecnica di Lisbona.
1973-1974 Studi postuniversitari presso l'Università di Bristol (UK).
Esperienza lavorativa
1965-1973 Professore assistente di economia all'ISEG, docente di "Economia I", "Economia II (Macroeconomia)", "Storia del pensiero economico", "Contabilità nazionale e pianificazione economica".
1972-1973 Capo del Dipartimento di modelli economici e programmazione globale presso il Centro studi sulla pianificazione. Responsabile in tale veste delle proiezioni macroeconomiche del IV Piano di sviluppo nazionale.
Professore presso l'Instituto Superior do Serviço Social, docente di "Introduzione all'economia".
1974-1975 Segretario di Stato alla pianificazione nel I e nel II governo provvisorio.
1975 Capo del Dipartimento di ricerca del Banco de Portugal (Banca centrale portoghese).
1976 Segretario di Stato al bilancio e alla pianificazione.
1977 Vicegovernatore del Banco de Portugal.
Presidente della commissione per l'integrazione europea, incaricato dei negoziati di adesione del Portogallo alla Comunità economica europea (incarico che ha nuovamente rivestito nel 1979 dopo la nomina a ministro delle Finanze, mantenendo la responsabilità dei negoziati con la Comunità europea durante il 1978).
1978 Ministro delle Finanze. Ha negoziato e dato esecuzione al primo Programma di stabilizzazione firmato dalla Repubblica del Portogallo con il Fondo monetario internazionale.
1979 Vicegovernatore del Banco de Portugal.
Presidente della commissione per l'integrazione europea, incaricato dei negoziati di adesione del Portogallo alla Comunità economica europea.
1980-1981 Docente di un corso di livello postuniversitario sull'integrazione europea presso l'Università Cattolica, "Teoria dell'integrazione europea".
Membro del parlamento e presidente della commissione parlamentare per gli affari europei.
Presidente della sezione portoghese del Movimento europeo.
1981-1984 Vicegovernatore del Banco de Portugal.
1982-1984 Professore ospite presso l'Università Nuova di Lisbona, docente di "Teoria e politica monetaria".
1985-1986 Governatore del Banco de Portugal. Ha attuato in tale veste una profonda riforma del mercato monetario portoghese, consentendo la formazione di tassi d'interesse determinati dal mercato e spianando così la strada a un metodo di conduzione della politica monetaria maggiormente orientato al mercato. I tassi d'interesse sono stati liberalizzati ed è stato creato un autentico mercato valutario con un fixing giornaliero. Nel contempo, si è proceduto all'apertura del settore bancario alle banche private e straniere. Tali riforme hanno contribuito a preparare il paese a condurre le sue politiche in modo più compatibile con l'appartenenza a pieno titolo alla CEE, che è diventata effettiva nel gennaio 1986.
1987-1988 Membro del parlamento.
1989-1994 Professore di economia presso l'Instituto Superior de Economia e Gestão (Università Tecnica di Lisbona), in qualità di coordinatore del master in "Economia monetaria e finanziaria" e di docente di "Macroeconomia" e "Teoria e politica monetaria".
Consulente senior presso il Banco de Portugal.
1989 - Missione per l'I.F.C. (Banca mondiale) in Polonia, riguardo alla riforma bancaria e all'elaborazione di una nuova legge sull'apertura del settore bancario polacco alle banche straniere, sulla base dell'esperienza portoghese.
1990 - 2a missione per l'I.F.C. (Banca mondiale) in Polonia, riguardo alla riforma bancaria, nel contesto di una tavola rotonda con banche straniere.
1990 - 3a missione per l'I.F.C. (Banca mondiale) in Cecoslovacchia, riguardo alla riforma bancaria e all'elaborazione di una legislazione atta a consentire l'entrata di banche straniere.
1991 - Missione per la Banca mondiale in Angola, riguardo alla politica monetaria e alla riforma del settore bancario.
1991 - Capo della missione della Swedish International Development Aid (SIDA) in Angola, riguardo alla politica macroeconomica.
1993-94 - Presidente di Lisbona 94, l'organizzazione incaricata di organizzare gli eventi commemorativi dell'iniziativa della Commissione europea: Lisbona, Capitale europea della cultura.
1995-1999 Professore di economia presso l'Instituto Superior de Economia e Gestão (Università Tecnica di Lisbona), in qualità di coordinatore del master in "Economia monetaria e finanziaria" e di docente di "Macroeconomia" e "Teoria e politica monetaria".
Membro del Conselho de Estado, organo consultivo del Presidente della Repubblica, istituito nel quadro della Costituzione portoghese.
Membro del consiglio di amministrazione (amministratore esecutivo) del Banco Português de Investimento (BPI), primario gruppo bancario privato portoghese, con responsabilità in materia di bilancio, contabilità e controllo dei rischi del mercato finanziario. Ha rappresentato il BPI in qualità di membro non esecutivo del consiglio di amministrazione della PT, la società portoghese delle telecomunicazioni, e successivamente in qualità di membro non esecutivo del consiglio di amministrazione dell'EDP, la società elettrica portoghese.
2000-2009 Governatore del Banco de Portugal e, in questa veste, anche membro del consiglio direttivo della BCE.
Professore di economia presso l'Instituto Superior de Economia e Gestão (Università Tecnica di Lisbona), in qualità di coordinatore del master in "Economia monetaria e finanziaria" e di docente di "Politica monetaria".
ALLEGATO 2: RISPOSTE DI VÍtor Constâncio AL QUESTIONARIO
A. Esperienze personali e professionali
1. Voglia illustrare i principali aspetti della sua esperienza professionale in ambito monetario, finanziario e commerciale.
La mia esperienza negli ambiti menzionati si riferisce agli incarichi ricoperti come banchiere centrale, docente di economia e banchiere privato. Come si evince dal mio curriculum, per molti anni ho tenuto vari corsi di economia e, in particolare, dal 1989 al 2000 sono stato docente di economia presso l'Instituto Superior de Economia e Gestão (istituto tecnico universitario di Lisbona), assumendo il ruolo di coordinatore del corso di laurea magistrale in economia monetaria e finanziaria e di docente di macroeconomia e teoria e politica monetaria. Dal 2000 ad oggi ho tenuto un solo corso semestrale di politica monetaria.
Dal 1995 agli inizi del 2000, sono stato membro del consiglio di amministrazione (direttore esecutivo) del Banco Português de Investimento (BPI), un importante gruppo bancario portoghese privato, assumendo la responsabilità dei servizi legati al budget, alla contabilità e al controllo dei rischi del mercato finanziario. Questa esperienza mi ha permesso di acquisire preziose nozioni pratiche sull'attività bancaria in generale e sulla gestione contabile e del rischio in particolare, elementi che considero di fondamentale importanza per le mie responsabilità di banchiere centrale. In rappresentanza del BPI ho anche assunto il ruolo di membro non esecutivo del consiglio di amministrazione della PT, la società portoghese delle telecomunicazioni, e successivamente di membro non esecutivo del consiglio dell'EDP, la società elettrica portoghese.
L'esperienza professionale più rilevante in tale ambito è rappresentata, tuttavia, dagli incarichi ricoperti nelle banche centrali durante l'intero arco della mia carriera. Ho cominciato presso il Banco de Portugal come direttore del servizio di ricerca; in seguito, per alcuni anni, ho assunto il ruolo di vice-governatore e nel biennio 1985-86 quello di governatore. Sono stato nuovamente nominato governatore nel 2000 e ancora nel 2006, per un altro mandato di cinque anni. Negli ultimi dieci anni, infine, sono stato membro del Consiglio generale e del Consiglio direttivo della Banca centrale europea.
2. Voglia illustrare i principali aspetti della sua esperienza professionale a livello internazionale ed europeo.
Negli anni compresi tra il 1975 e il 1977 sono stato per tre volte capo della delegazione portoghese nel quadro dell'esame dell'economia portoghese effettuato dall' OCSE in vista della pubblicazione di uno studio sul paese. Nel 1977, e di nuovo nel 1979, sono stato presidente della commissione per l'integrazione europea, con la responsabilità dei negoziati di adesione del Portogallo alla Comunità economica europea. Negli anni 1985-86 (nel 1985 come osservatore) sono stato membro del comitato dei governatori delle Banche centrali della Comunità europea. Negli anni tra il 1989 e il 1992 ho integrato o diretto le missioni economiche per IFC-Banca mondiale in Polonia, Repubblica ceca e Angola.
Dal marzo 2000 sono membro del Consiglio generale e del Consiglio direttivo della Banca centrale europea.
3. Quali sono state le decisioni più importanti a cui ha preso parte nella sua vita professionale?
Come ministro delle Finanze, nel 1978 dovetti decidere le politiche da adottare per affrontare la crisi della bilancia dei pagamenti che colpiva il paese dal 1976. La preparazione del budget e la complessa trattativa per la conclusione di un accordo di conferma con l'FMI, insieme alle difficili scelte sui tassi di interesse (allora responsabilità del governo) e sul tasso di cambio, implicarono l'adozione di decisioni impegnative che però produssero risultati positivi: il disavanzo con l'estero fu ridotto della metà e si registrò un positivo aggiustamento dell'economia nazionale.
Come governatore della Banca centrale, negli anni 1985-86 attuai una profonda riforma dei mercati monetari e dei mercati forex nazionali preparando il terreno per una metodologia di conduzione delle politiche monetarie più orientata al mercato. Furono liberalizzati i tassi di interesse, fu creato un nuovo mercato dei titoli di Stato gestito dal Banco de Portugal, furono emessi certificati di debito della banca centrale e fu istituito un mercato dei cambi con la fissazione di un corso giornaliero. Allo stesso tempo, il settore bancario fu aperto alle banche private e straniere. Tali riforme contribuirono a preparare il paese alla conduzione delle sue politiche secondo modalità più compatibili con la piena adesione alla CEE, che avvenne nel gennaio 1986.
B. Politica economica e monetaria
4. Quali saranno gli obiettivi principali che perseguirà durante gli otto anni del suo mandato come vicepresidente della Banca centrale europea?
Come vicepresidente della BCE, applicherò gli stessi principi che mi hanno guidato quando ero governatore del Banco de Portugal: rispetto degli elementi giuridici previsti dal mandato, indipendenza dalla politica e da altri enti, trasparenza e altissimi livelli di condotta etica.
Rispetterò pienamente il mandato conferito dal trattato. Sarò impegnato nel raggiungimento dell'obiettivo prioritario della BCE relativo al mantenimento della stabilità dei prezzi e nel rispetto del principio di indipendenza. Fatto salvo l'obiettivo prioritario della stabilità dei prezzi, sarò impegnato inoltre nel raggiungimento di un obiettivo secondario definito dal trattato e relativo al sostegno delle politiche economiche generali nell'Unione al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Insieme ai colleghi del Consiglio direttivo della BCE, continueremo a fare del nostro meglio al fine di assicurare la stabilità dei prezzi sul medio termine a beneficio di tutti i cittadini europei.
5. Qual è la sua valutazione della politica monetaria attuata dal SEBC negli ultimi 11 anni? Quali eventuali modifiche introdurrà quando sarà vicepresidente della BCE?
L'introduzione dell'euro nel 1999 è stato un evento senza pari nella storia monetaria. Come membro del Consiglio direttivo della BCE, negli ultimi 10 anni ho avuto l'onore di partecipare alla fase di introduzione dell'euro. Credo che la politica monetaria attuata sia stata all'altezza degli obiettivi definiti dal trattato, come conferma il tasso di inflazione, che si è attestato intorno ad un valore di appena il 2% dagli inizi dell'unione monetaria, e come testimonia il fermo ancoraggio delle previsioni inflazionistiche, elemento fondamentale di una buona politica monetaria. L'impegno nel mantenere l'inflazione inferiore ma vicino al 2% sul medio termine garantisce la più solida struttura alla nostra strategia di politica monetaria. È la nostra bussola, come piace sottolineare al presidente Trichet.
Sono passati oltre dieci anni dall'avvio dell'unione monetaria. La BCE è pertanto ancora molto giovane rispetto alle altre istituzioni europee e ad altre grandi banche centrali. Ci si dimentica facilmente delle sfide che ha dovuto affrontare quando ha iniziato a condurre la politica monetaria nell'area dell'euro, in una situazione di forti incertezze. Il fatto che tali ostacoli siano stati lentamente superati, che la BCE sia un'istituzione a pieno titolo dell'Unione e che un certo numero di comunità internazionali di banche centrali considerino che la politica monetaria dell'area dell'euro sia stata sviluppata in modo soddisfacente non richiede a mio avviso l'introduzione di modifiche sostanziali e a tal proposito citerò un paio di elementi a sostegno della mia valutazione.
Ritengo che l'ancoraggio delle aspettative di inflazione a livelli coerenti con la definizione della stabilità dei prezzi della BCE sia un chiaro segno del fatto che i mercati finanziari e il pubblico in generale credono fermamente che la politica monetaria unica sia perfettamente in grado di raggiungere i suoi obiettivi. Il fatto che le aspettative di inflazione siano rimaste abbastanza stabili anche durante la crisi finanziaria, quando alcuni prevedevano un periodo di deflazione e nel momento in cui i tassi di inflazione hanno registrato valori negativi, può essere intesa come una prova essenziale della credibilità della politica monetaria della BCE.
La reazione tempestiva e audace della BCE allo scoppio del tumulto finanziario e alla sua trasformazione in una vera e propria crisi è un altro esempio di quanto la politica monetaria della BCE sia stata adeguata. La riduzione dei tassi di interesse a livelli molto bassi e l'introduzione di varie misure non convenzionali dimostrano la capacità della BCE di intervenire rapidamente quando serve. Insieme alle misure di sostegno al settore finanziario adottate dai governi e agli incentivi fiscali introdotti nell'ambito del piano europeo di ripresa economica alla fine del 2008, la politica monetaria ha contribuito ad evitare che le cose peggiorassero ulteriormente.
Tutti questi elementi dimostrano che la strategia e il quadro di attuazione della politica monetaria sono stati ben progettati. A tal proposito, attribuisco molta importanza alla dichiarazione esplicativa che abbiamo reso nel maggio 2003, dopo aver analizzato attentamente il funzionamento del nostro sistema monetario, un impegno al quale ho partecipato attivamente. Vorrei sottolineare cinque punti della dichiarazione. Primo, il nuovo obiettivo in termini di stabilità dei prezzi, definito in un tasso di inflazione "inferiore ma vicino al 2%", che garantisce un margine di sicurezza sufficiente contro il rischio di deflazione e allo stesso tempo affronta la questione della possibile presenza di una distorsione di valori nell'IPCA e le implicazioni derivanti da differenziali di inflazione nell'area dell'euro.
Il secondo punto si riferisce alla chiara assegnazione di quadri temporali diversi per i suddetti due elementi fondamentali e alla necessità di trattare prioritariamente nella nostra comunicazione l'analisi economica, che risulta fondamentale nell'ambito dell'orizzonte operativo della politica. Il terzo aspetto sottolinea che l'analisi della politica monetaria è fondamentale per comprendere l'andamento dell'inflazione sul medio e lungo termine e cita in particolare che "l'analisi monetaria serve principalmente come strumento di controllo incrociato sul medio e lungo termine, delle indicazioni derivanti dall'analisi economica condotta sul breve e medio periodo". Infine, l'ultimo punto riguarda il concetto secondo il quale "l'analisi monetaria terrà conto degli sviluppi di un'ampia gamma di indicatori monetari, compresi gli M3, i suoi componenti e le sue controparti, e in particolare i crediti". Se ci riflettiamo attentamente, questi punti definiscono adeguatamente il ruolo dei vari elementi dell'analisi dettagliata ed esaustiva che abbiamo condotto per valutare i rischi di inflazione.
Ciononostante, il grado e l'intensità della recente crisi finanziaria richiedono una riflessione sul modo in cui la politica viene condotta a vari livelli, compresa l'area monetaria. Nello specifico, la crisi ha messo in luce questioni legate ai fattori finanziari, al rischio sistemico e alla stabilità economica. La tradizionale convinzione che la stabilità dei prezzi nel mercato dei beni e dei servizi assicuri un contesto di stabilità finanziaria è stato smentito dagli eventi degli ultimi anni, che hanno rivelato la presenza di una serie di bolle nei prezzi delle attività in un sistema caratterizzato da bassi livelli di inflazione. Mentre gli strumenti di regolazione e di vigilanza prudenziale trattano principalmente questioni di stabilità finanziaria, gli effetti distruttivi dell'impennata e del successivo crollo dei prezzi delle attività, come dimostra la crisi attuale, hanno riaperto il dibattito sulla considerazione dei prezzi delle attività nella conduzione della politica monetaria e sul ruolo degli aggregati creditizi. Abbiamo condotto la valutazione della strategia monetaria che ho citato prima cinque anni dopo l'istituzione dell'unione monetaria e potrebbe accadere che, in seguito alla crisi iniziata nel 2007, il Consiglio direttivo decida di procedere a una nuova valutazione della strategia. Al momento non ravviso la necessità urgente di apportare modifiche o correzioni alla strategia monetaria.
6. Si sente spesso dire che a causa dei cambiamenti strutturali che hanno interessato l'economia mondiale, l'inflazione si sia spostata dai prezzi al consumo ai prezzi delle attività. Qual è la sua opinione rispetto a tale affermazione e quali conseguenze ritiene possano esserci per la politica monetaria?
Negli ultimi vent'anni l'inflazione dei prezzi al consumo è stata contenuta con successo nelle principali economie industrializzate. Livelli di inflazione bassi e stabili non sono un fenomeno "naturale" ma per certi versi testimoniano l'impegno delle banche centrali nei confronti dell'obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi, come definito in molti statuti di questi organismi di tutto il mondo. Le banche centrali indipendenti hanno contribuito ad ancorare le aspettative di inflazione e pertanto a frenare la propagazione degli effetti dell'aumento dei prezzi relativi ai salari e ai prezzi al consumo. Lo shock positivo dal lato dell'offerta dovuto alla globalizzazione e l'integrazione di importanti produttori a basso costo nel sistema del commercio mondiale hanno contribuito a sostenere un periodo caratterizzato da bassi livelli di inflazione.
Allo stesso tempo, tuttavia, abbiamo potuto osservare forti oscillazioni dei prezzi di alcuni prodotti e attività. Da un lato, la globalizzazione del mercato dei beni e dei servizi e la crescente domanda da parte delle economie emergenti hanno avuto un effetto visibile sui prezzi del petrolio, del gas e di altre materie prime. Dall'altro, un sistema finanziario sempre più globalizzato e scarsamente regolamentato, alimentato da un'ampia liquidità globale, ha prodotto forti variazioni dei prezzi delle attività, in particolare durante la crisi finanziaria. L'esperienza degli ultimi due anni e mezzo ha spinto molti osservatori a mettere in dubbio il ruolo della politica monetaria nel contenimento dell'inflazione dei prezzi delle attività. Di fronte all'aumento dei prezzi delle attività, una banca centrale deve reagire direttamente o indirettamente, in relazione alle possibili minacce future alla stabilità dei prezzi? Le banche centrali hanno la possibilità di capire se gli aumenti dei prezzi delle attività sono in realtà bolle? Queste sono domande importanti per le quali ancora non esiste una risposta soddisfacente.
La visione generalmente condivisa prima della crisi rispetto alla politica monetaria e ai prezzi delle attività metteva in discussione la capacità delle banche centrali di identificare in tempo reale le variazioni dei prezzi delle attività e presumeva che la garanzia di bassi livelli di inflazione sul mercato dei beni e dei servizi sarebbe stata sufficiente per evitare tali variazioni.
Sulla base di tale visione, si riteneva che un drastica semplificazione delle condizioni monetarie dopo lo scoppio della bolla sarebbe stata sufficiente a sostenere le attività economiche e minimizzare il rischio di deflazione. La crisi attuale ha smentito entrambe le premesse, dimostrando con forza che l'impatto economico derivante dalle variazioni dei prezzi delle attività e dalla loro successiva correzione può essere devastante. Di fatto, le bolle nei prezzi delle attività che hanno preceduto la crisi si sono manifestate in un periodo in cui il tasso di inflazione era generalmente basso e, sebbene le banche centrali non possano prevedere con esattezza il momento in cui si manifestano gli squilibri finanziari, molti rappresentanti della politica avevano identificato tali squilibri indicandoli come fonte di preoccupazione della nascente crisi. Questo significa che una banca centrale dovrebbe attivamente monitorare lo sviluppo dei prezzi delle attività, dei flussi di credito e dei rischi che tali elementi possono comportare sul versante della stabilità dei prezzi a medio termine.
Naturalmente, tutte le banche centrali prendono in considerazione le indicazioni in merito ai prezzi delle attività quando studiano la politica monetaria. Ad esempio, occorrerà sempre considerare gli effetti sul benessere derivanti dall'apprezzamento delle attività, dal momento che essi incidono sulla domanda globale, producendo tensioni inflazionistiche. Oltre a ciò, vi sono molte tesi a sostegno di una più decisa integrazione dei prezzi delle attività tra gli obiettivi della politica monetaria ma tali tesi sono anche corredate da dure confutazioni. Un punto di incontro consiste nel ritenere che non è possibile definire obiettivi specifici in relazione ai prezzi delle attività nell'ambito della politica monetaria. D'altro canto, la politica monetaria non è una scienza esatta e gli economisti e i banchieri centrali non dovrebbero commettere gli errori di alcuni teorici stigmatizzati da Keynes come persone che "preferiscono avere precisamente torto che all'incirca ragione". D'altronde, gli scompigli nel mercato finanziario possono creare episodi di instabilità dei prezzi, e le banche centrali non dovrebbero assumere posizioni asimmetriche che le spingano ad agire solo per evitare le conseguenze del crollo dei mercati finanziari e a rimanere inerti quanto gli aumenti dei prezzi o le bolle sono in via di sviluppo.
Aggiungendo con prudenza che l'adozione di politiche monetarie volte al contenimento di bolle incipienti dovrebbe prevenire l'insorgere di inutili recessioni, occorre in alcuni casi considerare il cosiddetto sistema "leaning against the wind", soprattutto dopo l'esperienza della crisi attuale. Ciononostante, non si deve dimenticare che l'obiettivo primario della politica monetaria consiste nel garantire la stabilità dei prezzi al consumo nel medio termine. D'altro canto, sebbene non debba essere ignorato un eventuale aiuto della politica monetaria i occasione di alcuni eventi specifici, il contributo principale alla stabilità finanziaria deve essere garantito attraverso strumenti diversi dal tasso di interesse di riferimento e nel contesto di un più ampio quadro di vigilanza macroprudenziale.
7. Come valuta le conseguenze della crescita dei prezzi del petrolio per la politica monetaria?
Dal punto di vista della politica monetaria, la crescita dei prezzi del petrolio è importante per via del fatto che produce effetti duraturi sui prezzi al consumo. Detto questo, la politica monetaria non deve giocare un ruolo attivo nel caso in cui l'aumento del prezzo del petrolio produca effetti solo estemporanei sui prezzi al consumo.
Nello specifico, l'impatto dello shock petrolifero sui prezzi al consumo e alla produzione, nonché i potenziali effetti sulle aspettative di inflazione, richiedono un'attenta analisi volta alla preparazione di una risposta calibrata in termini di politica monetaria. In linea generale, tali effetti possono essere distinti in effetti di primo e di secondo impatto. Gli effetti di primo impatto possono incidere direttamente sul prezzo dell'energia e pertanto sui prezzi al consumo e alla produzione che, per di più, possono essere colpiti indirettamente, dal momento che l'energia costituisce un importante fattore produttivo e può determinare forti pressioni in termini di costi sui componenti non energetici, che vengono poi potenzialmente trasferite sui prezzi al consumo. Finché gli effetti di primo impatto vengono contenuti, il sistema economico è in grado di adeguarsi alla variazione dei prezzi relativi, l'incidenza sull'inflazione dei prezzi al consumo è solo estemporanea e la politica monetaria non deve intervenire.
La politica monetaria deve però intervenire se gli effetti di primo impatto cominciano a trasformarsi in effetti di secondo impatto sull'inflazione dei prezzi al consumo, attraverso la crescita dei salari e delle aspettative di inflazione, considerando che queste ultime rappresentano un elemento variabile importante nelle trattative salariali. Se la politica monetaria non riesce ad ancorare le aspettative di inflazione a medio e lungo termine, sarà inevitabile assistere ad un aumento dei tassi di inflazione.
Grazie al suo orientamento sul medio e lungo periodo, la politica monetaria dell'Eurosistema ha contribuito in modo decisivo a limitare le tensioni inflazionistiche causate dagli aumenti del prezzo del petrolio fino al 2008 e sarà in grado di farlo anche nel futuro. Tuttavia, occorrerà istituire un sistema di stretta sorveglianza per la tutela della credibilità, attraverso azioni di risposta al rischio di instabilità dei prezzi, senza assumere una linea di condotta eccessivamente attivista. In tale ambito, la comunicazione chiara e coerente delle decisioni prese nell'ambito della politica monetaria risulta particolarmente importante per il controllo delle aspettative del settore privato.
8. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, in che modo ritiene che la BCE debba soddisfare gli obblighi secondari previsti dal trattato (contribuire alla crescita economica e alla piena occupazione) e di quali strumenti può servirsi?
L'articolo 127 del trattato sul funzionamento dell'UE sancisce che l'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali è il mantenimento della stabilità dei prezzi. La nozione relativa agli obblighi secondari si evince dalla seconda parte dell'articolo 127 secondo la quale, fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. A tal proposito, il suddetto articolo 3 indica come obiettivi dell'Unione, tra l'altro, una crescita economica equilibrata e la piena occupazione.
Il significato e le conseguenze operative concrete di questo obiettivo secondario sono stati spesso oggetto di discussione. Esiste comune accordo sul fatto che nel lungo periodo non vi sia possibilità di compromesso tra inflazione e crescita o, per dirla meglio, che il modo migliore per la politica monetaria di sostenere la crescita sul lungo periodo sia mantenere la stabilità dei prezzi, in quanto tale stabilità promuove l'efficienza in un'economia di mercato decentralizzata. Avere una politica monetaria realmente concentrata sulla stabilità dei prezzi è il modo più efficace per contribuire alla crescita economica permanente e ottenere alti livelli di occupazione. Tale affermazione si basa sui risultati dell'esperienza e su ricerche accademiche che dimostrano che la politica monetaria non può garantire impulsi permanenti al valore reale se non attraverso il mantenimento della stabilità dei prezzi.
La stabilità dei prezzi contribuisce al benessere economico e alla crescita eliminando le distorsioni legate all'inflazione. Un contesto caratterizzato da prezzi stabili consente agli individui di concentrarsi sulle attività produttive piuttosto che sulle strategie per la tutela del proprio benessere e del proprio reddito dall'inflazione. Ciò va a particolare beneficio dei gruppi sociali più deboli, che hanno scarse possibilità di proteggersi dagli effetti dell'inflazione. Un altro importante beneficio della stabilità dei prezzi consiste nella riduzione dei premi di rischio dell'inflazione sui tassi di interesse a lungo termine. Pertanto, contrariamente a quanto occasionalmente si sente dire rispetto al fatto che una politica monetaria finalizzata al mantenimento della stabilità dei prezzi produce tassi di interesse reali eccessivamente elevati, una politica monetaria orientata alla stabilità dei prezzi conduce di fatto a tassi di interesse reali ridotti e pertanto aumenta gli incentivi ad investire. La stabilità dei prezzi evita inoltre che gli scaglioni fiscali progressivi aumentino nel tempo la reale incidenza delle tasse e dei contributi previdenziali, elemento che produrrebbe un minore assorbimento di manodopera e capitali e di conseguenza un deterioramento delle prospettive di crescita sul lungo periodo.
Quanto sopra esposto indica il perché non esiste possibilità di compromesso sul lungo termine tra stabilità dei prezzi e crescita ma la situazione è diversa sul breve periodo, come risulta dai momenti in cui si verifica uno shock dal lato dell'offerta o un aumento dei costi a cui la politica monetaria non dovrebbe rispondere immediatamente, nonostante la crescita estemporanea dell'inflazione apparente. Il consolidamento di una stabilità dei prezzi stimola inoltre la stabilità macroeconomica generale, grazie al fermo ancoraggio delle aspettative di inflazione. Di conseguenza, shock negativi dal lato dell'offerta, come l'aumento del prezzo del petrolio, incidono in misura minore sull'inflazione e la politica monetaria può permettersi, in queste occasioni, di adottare linee di condotta più moderate e regolari.
Più in generale, anche se si accetta l'idea che l'economia ha una tendenza spontanea a ritornare sui percorsi a lunga scadenza, esiste un compromesso a breve termine perché la politica macroeconomica indice sulla velocità di tale convergenza e può evitare l'eccessiva volatilità della produzione, incrementando il benessere generale. Ciononostante, è difficile sfruttare tale compromesso durante un mandato gerarchico.
Considero seriamente l'obiettivo secondario definito dal trattato, che la BCE ha chiaramente affrontato durante questa crisi. Ad esempio, dopo il fallimento Lehman, abbiamo agito rapidamente e con vigore di fronte al collasso del sistema bancario, al fine di prevenirne le conseguenze in termini di recessione e deflazione. Oltre ad aver abbassato drasticamente i tassi di interesse, l'Eurosistema ha fatto la sua parte garantendo sostegno rafforzato al credito, in particolare concedendo ampia liquidità al sistema bancario, acquistando obbligazioni garantite contribuendo così a rivitalizzare questo importante mercato e accettando la Banca europea per gli investimenti come controparte nelle operazioni di politica monetaria. Credo che non vi siano dubbi che tali azioni abbiano contribuito a minimizzare l'intensità della recessione.
9. Come valuta la strategia di uscita della BCE? Le strategie di politica monetaria per uscire dalla crisi dovrebbero essere concertate a livello globale? Dovrebbe esserci una concertazione tra strategie di uscita in ambito monetario e fiscale?
La strategia di uscita della BCE prevede un ritiro graduale delle misure non convenzionali adottate per rispondere alla crisi finanziaria. L'approccio graduale all'uscita è necessario per via della vulnerabilità dell'economia reale e del sistema finanziario. L'annuncio della BCE sulla prima fase del ritiro delle misure non convenzionali del dicembre 2009 mira proprio a questo e personalmente sostengo fermamente questa strategia. Un ritiro graduale consente a tutte le parti interessate di adeguarsi alle nuove condizioni, dando alla BCE la possibilità di ricevere feedback sulle azioni intraprese e di decidere i passi successivi. Intendo sottolineare che il ritiro sarà certamente favorito dalla natura stessa delle misure non convenzionali che ne faciliterà la revoca progressiva.
Il comunicato del 7 novembre 2009, emesso in occasione del vertice dei ministri delle Finanze e dei governatori delle Banche centrali del G20 a St Andrews, parla chiaro in merito alla revoca delle misure non convenzionali di sostegno finanziario e macroeconomico: "Abbiamo deciso di cooperare e di coordinarci, tenendo conto di tutte le ricadute indotte dalle nostre strategie, consultandoci e condividendo le informazioni ove possibile."
Lo spirito di questa dichiarazione è in linea con la strategia della BCE. Come ripetutamente sottolineato dal Consiglio direttivo, la pietra angolare della strategia di uscita della BCE è il chiaro riferimento all'obiettivo primario della stabilità dei prezzi. Tutte le azioni intraprese durante la crisi sono state definite tenendo bene a mente l'obiettivo primario. Elaborando la valutazione puntuale dei rischi per la stabilità dei prezzi, sono state inoltre prese in considerazione le azioni intraprese dalle altre banche centrali. A tal proposito, mentre è auspicabile una condivisione delle informazioni e di altri elementi di tipo operativo, non sembra essere giustificata una concertazione della politica monetaria. Sebbene la crisi fosse sincronizzata a livello globale, la ripresa sembra essere più eterogenea e pertanto necessita di ritmi diversi in relazione alla revoca delle misure di aggiustamento monetario.
Esiste largo consenso rispetto al fatto che le grandi banche centrali dovrebbero adeguare le strategie di uscita alle condizioni specifiche dell'economia di riferimento. Al contempo, è chiaro che la cooperazione internazionale, sotto forma di consultazioni del G20 o di riunioni periodiche dei governatori organizzate dalla Banca dei regolamenti internazionali, è stata molto utile nel passato e continuerà ad esserlo nel futuro.
Rispetto al coordinamento con la politica fiscale, occorre chiarire che non dovrebbe essere attuato un coordinamento ex ante. Tutti i rappresentanti della politica dovrebbero concentrarsi sulla propria area di intervento al fine di adottare azioni adeguate. Naturalmente, gli sforzi in merito al consolidamento fiscale da parte dei governi dell'area dell'euro saranno tenuti in conto al momento della valutazione dei rischi per la stabilità dei prezzi. D'altro canto, quando definiscono la propria politica fiscale, i governi sanno che l'Eurosistema reagisce dinnanzi a qualsiasi rischio per il tasso di inflazione superando l'obiettivo ufficiale della politica monetaria. Nei moderni sistemi economici, variabili come il divario tra prodotto effettivo e potenziale assumono un ruolo determinante nella definizione dei rischi a breve termine e tale indicazione deve essere impiegata come strumento per l'implementazione autonoma del giusto mix di politiche. Tuttavia, non possono esistere e non esisteranno accordi preventivi nei confronti di una particolare linea di azione della politica monetaria. Vi è un regolare scambio di informazioni tra la BCE e i governi dei paesi dell'area dell'euro ma il coordinamento tra la BCE e i governi dell'eurozona non deve andare oltre quanto previsto dal trattato.
10. Qual è il suo punto di vista sull'esposizione asimmetrica degli Stati membri alla strategia di uscita della BCE? Cosa si deve fare per mitigare questa tendenza?
L'eterogeneità è una caratteristica intrinseca dei meccanismi di aggiustamento dell'area dell'euro. Ciononostante, dall'introduzione della moneta unica, e contrariamente ad alcune percezioni popolari, i differenziali relativi alla crescita del PIL e ai tassi di inflazione tra i paesi dell'eurozona hanno registrato valori storicamente bassi. Naturalmente, la politica monetaria di per sé non può e non dovrebbe mirare alla riduzione di tali differenziali. La premessa dell'Unione economica e monetaria prevede la chiara assegnazione di responsabilità ai rappresentanti della politica; l'impegno dei rappresentanti della politica, monetaria e non, (comprese, in particolare, le autorità fiscali) nei confronti del mantenimento dell'ordine nazionale e una serie di misure di protezione per assicurare che tutte le parti rispettino le regole. Le politiche macroeconomiche dell'area dell'euro dovrebbero essere in linea con tali principi fondamentali che sono alla base della firma dell'accordo dell'UEM.
Alla luce di tali principi, la principale preoccupazione relativa alle considerazioni sulla strategia di uscita della BCE è, e dovrebbe essere, il mantenimento della stabilità dei prezzi in tutta l'eurozona. Questo impegno dell'Eurosistema fornisce l'ancora nominale, l'unico strumento di coordinamento implicito fra i vari attori, compresi i rappresentanti della politica fiscale, ognuno con le proprie responsabilità, soprattutto nel momento in cui definiscono le politiche di aggiustamento e di uscita. Tale ancora non deve essere messa a rischio, soprattutto in un contesto di rischio per la stabilità finanziaria.
Inoltre, in un'unione monetaria, i paesi devono usare gli strumenti a loro disposizione per facilitare gli aggiustamenti, in particolare in relazione alla politica fiscale. L'uscita fiscale – o meglio, l'aggiustamento fiscale – che si renderà necessario nei prossimi anni sarà probabilmente più impegnativo per i governi rispetto al ritiro delle misure non convenzionali previste dall'Eurosistema. Durante la crisi, i governi hanno giustamente consentito al disavanzo di espandersi, in modo che la politica fiscale sostenesse l'economia nel breve periodo, ma ora i disavanzi dei governi sono elevati – molto elevati in alcuni paesi – come lo sono i rapporti debito/PIL, tuttora in crescita, e l'attenzione dei mercati finanziari si trasforma sempre più spesso in problemi di solvibilità per i governi. È pertanto necessaria un'azione rapida che riporti ordine nel sistema fiscale. La domanda chiave per la politica fiscale a questo punto non è "se" ma "quanto" e "quando" avviare un irrigidimento fiscale. Il comportamento corretto della politica dipenderà in ogni caso dalla velocità di ripresa dell'economia del settore privato. Fino a quando la politica fiscale sarà insostenibile e i rapporti di indebitamento dei governi continueranno a crescere, il prezzo di ulteriori ritardi nell'aggiustamento supereranno il costo di un'azione imminente.
Oltre alla politica fiscale, un'altra importante politica di aggiustamento prevede che le autorità di vigilanza finanziaria controllino la situazione dei propri sistemi finanziari e affrontino, in modo isolato, l'insorgenza di eventuali problemi. Tutto sommato, sono fiducioso che una lenta via di uscita sarà possibile.
11. Quali misure dovrebbero essere adottate dalla BCE al fine di evitare sovvenzioni implicite e distorsioni associate all'accettazione di una serie di garanzie più estesa nel quadro del sostegno rafforzato del credito dopo l'ottobre 2008?
È necessario combinare un ampio quadro di garanzie con misure adeguate volte a garantire, in primo luogo, che l'Eurosistema sia protetto dai rischi finanziari e che gli incentivi siano conservati in modo che le banche possano gestire con prudenza il loro rischio liquidità. La prima misura a disposizione della Banca centrale consiste nella conduzione di un'attenta valutazione delle attività non liquide e nell'applicazione di scarti di garanzia adeguati per far fronte all'illiquidità delle attività. Questo implica un costante riadeguamento delle misure di controllo, una strada che l'Eurosistema ha intrapreso già prima dell'insorgere della crisi dei mercati finanziari e che ha seguito con un ritmo ancora più sostenuto dopo. La seconda misura si riferisce alle procedure d'asta applicate alle operazioni di politica monetaria. Le procedure d'asta, come quelle utilizzate dall'Eurosistema prima della crisi, assicurano che la capacità di rifinanziamento di un'attività alla Banca centrale venga adeguatamente stimata. La terza misura, attualmente adottata dal comitato di Basilea nell'ambito di un riesame della regolamentazione inerente al rischio di liquidità, si riferisce all'imposizione di rigide politiche prudenziali e di vigilanza per la gestione del rischio. In aggiunta, queste misure dovrebbero assicurare che gli incentivi che permettono alle controparti di gestire e misurare il rischio di liquidità vengano prudentemente preservati.
Rispetto all'eliminazione di contributi impliciti e distorsioni, occorre sottolineare che l'Eurosistema ha attivato uno specifico quadro di controllo del rischio al fine di minimizzarlo. Il profilo di rischio delle varie attività è costantemente monitorato e le attività più rischiose e meno liquide sono soggette a scarti di garanzia maggiori rispetto a quelle più sicure e più liquide. L'Eurosistema controlla inoltre costantemente il valore delle garanzie e può effettuare una richiesta di margini, qualora ciò si renda necessario al fine di mantenere la garanzia in linea con le specifiche richieste.
12. Come giudica il rischio derivante dalla cancellazione dei grandi volumi di titoli garantiti da attività (ABS) che la BCE ha accettato come garanzie?
Le controparti dell'Eurosistema possono utilizzare diverse attività di mercato e non di mercato come garanzie per le operazioni con la BCE. Le attività di mercato comprendono un'ampia gamma di titoli, tra cui strumenti di debito emessi da governi, banche centrali, aziende e istituzioni creditizie[1]. I titoli garantiti da attività (ABS) rappresentano pertanto solo uno degli strumenti utilizzabili come garanzie nelle operazioni con la BCE.
Finora le garanzie disponibili per le operazioni con la BCE sono state sufficienti, anche durante la crisi, a garantire l'accesso delle controparti alle liquidità dell'Eurosistema. Di fatto, le garanzie emesse negli ultimi anni corrispondono a una quota relativamente ridotta di attività negoziabili e ad oltre il doppio del credito in essere dell'Eurosistema.
Nello specifico, rispetto ai titoli garantiti da attività, vorrei ricordare che quando il Consiglio direttivo ha deciso di allungare l'elenco delle attività negoziabili idonee, ha mantenuto nei confronti degli ABS una posizione rigida, proprio in considerazione del rischio di liquidità e di credito connesso a tali titoli. La valutazione minima di negoziabilità degli ABS è stata mantenuta pari al valore A- e, sulla base del riesame biennale condotto nel settembre del 2008 sulle misure per il controllo dei rischi, gli ABS sono stati classificati nella categoria di liquidità inferiore, il che si riflette in uno scarto di garanzia del 12% (con applicazione di uno scarto aggiuntivo agli ABS sottoposti a valutazione teorica, ad esempio quelli meno liquidi). Nel gennaio 2009, il Consiglio direttivo ha ulteriormente modificato le misure per il controllo dei rischi in merito agli ABS, al fine di contribuire a ristabilire un adeguato sistema di funzionamento del mercato di tali titoli. Le correzioni apportate si riferiscono al vincolo di avere una valutazione minima di emissione pari al valore AAA da parte di almeno due agenzie di rating (mantenimento di una singola A per la vita residua del titolo) e all'impossibilità di subordinare altre tranche di ABS al pool sottostante dell'ABS negoziabile.
A tal proposito, in considerazione del quadro di gestione del rischio e dell'ampia gamma di attività negoziabili a disposizione del sistema bancario, i rischi potenziali di cancellazione degli ABS accettati come garanzie sono minimi per l'Eurosistema.
13. Considerando l'aumento dei disavanzi pubblici e dei rapporti di indebitamento e alla luce del fatto che 13 Stati membri su 16 sono sottoposti a procedura per disavanzo eccessivo, come valuta l'attuale applicazione del Patto di stabilità e crescita?
La crisi economica e finanziaria ha prodotto un allentamento della politica fiscale nel 2009. L'adozione di misure di stimolo fiscale coordinate, tuttavia, ha rafforzato il quadro di bilancio previsto dal trattato e dal Patto di stabilità e crescita (PSC). Il PSC concede un po' di flessibilità nella definizione dei termini per la correzione dei disavanzi eccessivi in casi di circostanze particolari e nuove. Dal momento che la combinazione tra una profonda recessione e una crisi finanziaria mondiale costituisce una circostanza particolare, la Commissione e il Consiglio Ecofin hanno deciso che la correzione dei disavanzi eccessivi debba avvenire entro termini medio lunghi. Per molti Stati membri, l'aggiustamento strutturale annuale necessario per rispettare i termini è ancora molto impegnativo e richiede l'introduzione di misure aggiuntive piuttosto ampie. A tal proposito, l'istituzione del PSC risulta adeguata e deve essere rigorosamente perseguita.
In alcuni paesi, in coincidenza con declassamenti di rating e reazioni negative del mercato finanziario, i disavanzi hanno raggiunto valori a due cifre. Se i governi non avviano una strategia di uscita dalla situazione di allentamento finanziario dovuto alla crisi, l'indebitamento dell'area dell'euro è destinato a raggiungere presto livelli superiori al 100% del PIL.
Tali sviluppi potrebbero seriamente danneggiare la fiducia del pubblico nella sostenibilità delle finanze pubbliche e, pertanto, sortire un effetto destabilizzante sull'intera eurozona. Risulta pertanto estremamente importante adottare rigidamente e pienamente le disposizioni previste dal PSC al fine di ripristinare la sostenibilità delle finanze pubbliche e assicurare un funzionamento adeguato dell'UEM. Il Consiglio Ecofin, in linea con le disposizioni del PSC, ha approvato le raccomandazioni per la correzione dei disavanzi eccessivi dell'area dell'euro e, in molti casi, ha stabilito come termine il 2013. Tali raccomandazioni devono essere intese come uno sforzo minimo volto a ripristinare posizioni fiscali solide e sostenibili. È ora responsabilità dei rappresentanti della politica nazionale tenere fede agli impegni previsti dal quadro di bilancio europeo e adottare strategie di consolidamento fiscale credibili e chiaramente definite.
14. A suo avviso, le procedure previste dal Patto di stabilità e crescita sono sufficienti per garantire agli Stati membri un ritorno alla disciplina di bilancio e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche? In che modo le disposizioni del Patto possono essere impiegate per prevenire innanzitutto una procedura per disavanzo eccessivo? Come valuta la performance degli Stati membri nelle fasi positive in relazione alla riduzione complessiva dei loro disavanzi?
L'attuale quadro di bilancio dell'UE, come indicato dalle relative disposizioni del trattato e del Patto di stabilità e crescita, fornisce le condizioni giuridiche e istituzionali preliminari per il raggiungimento di un solido sistema delle finanze pubbliche. In particolare, i limiti previsti per il disavanzo e l'indebitamento, nonché gli obiettivi di bilancio a medio termine, definiscono punti di riferimento comuni per tutti gli Stati membri in relazione alla prudenza del sistema fiscale. In tal modo, se rispettati e applicati rigidamente, tali punti di riferimento costituiscono uno strumento adatto ad ancorare e coordinare le strategie di consolidamento fiscale e ad orientare le finanze pubbliche verso un percorso sostenibile.
Al fine di rendere tali disposizioni effettive, gli Stati membri devono assumersi le responsabilità previste dal Patto. A tal proposito, si richiede una più rigida applicazione nazionale del quadro di bilancio dell'UE, sottolineando che gli Stati membri devono rafforzare le proprie istituzioni di bilancio nazionali al fine di assumere, soprattutto nelle fasi positive, una posizione fiscale orientata alla stabilità, necessaria a raggiungere gli obiettivi comuni definiti nel Patto di stabilità e crescita. Queste istituzioni devono essere altresì orientate al rafforzamento della prudenza fiscale anche in tempi non di crisi, il che sembra giustificato alla luce delle recenti esperienze degli Stati membri: mentre la flessione dovuta alla crisi economica e finanziaria ha duramente colpito le finanze pubbliche, il livello di deterioramento del bilancio in molti paesi si deve anche al mancato consolidamento delle finanze in periodi favorevoli. In particolare, quei paesi che hanno avuto posizioni fiscali deboli o precarie all'inizio della flessione economica, ora devono affrontare la necessità di più pressanti aggiustamenti fiscali.
15. Come giudica il rapporto e la collaborazione tra la BCE, il Consiglio e/o l'Eurogruppo? Crede che il coordinamento e la sorveglianza economica all'interno dell'Eurogruppo debbano essere migliorati sulla base di quanto previsto dal trattato di Lisbona?
La BCE partecipa alle riunioni del Consiglio Ecofin – il principale forum per il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri – ogniqualvolta siano oggetto di discussione questioni inerenti ai suoi obiettivi e ai suoi compiti. La BCE partecipa inoltre alle riunioni dell'Eurogruppo.
Il rapporto tra la BCE e il Consiglio (Ecofin) o l'Eurogruppo non è a senso unico. Infatti, il trattato (e lo Statuto del SEBC e della BCE) prevedono espressamente la possibilità per il presidente del Consiglio di partecipare alle riunioni del Consiglio direttivo e del Consiglio generale della BCE. In pratica, il presidente dell'Eurogruppo partecipa alle riunioni del Consiglio direttivo (il trattato esclude però il diritto di voto del presidente del Consiglio durante le riunioni del Consiglio direttivo della BCE).
Questa interazione ad alti livelli rafforza il flusso di informazioni tra le parti coinvolte, promuove il reciproco intendimento delle politiche e consente il dialogo su questioni di interesse comune, nel pieno rispetto delle rispettive responsabilità. Nello specifico, le riunioni mensili dell'Eurogruppo, alla vigilia degli incontri del Consiglio Ecofin, rappresentano un forum di discussione tra i rappresentanti della politica dell'area dell'euro sulle questioni inerenti alle responsabilità reciprocamente condivise nell'ambito del sistema della moneta unica e definiscono gli elementi di un dialogo aperto in un clima di reciproca fiducia e rispetto.
Guardando indietro al 1998, anno in cui la BCE è stata fondata, questa interazione si è andata intensificando nel tempo. In particolare, il tumulto finanziario scoppiato nell'agosto del 2007 segna l'inizio di un dialogo più intenso tra la BCE e il Consiglio Ecofin.
La sorveglianza dell'eurozona richiede un ulteriore coordinamento, in particolare rispetto a due ambiti della politica, l'evoluzione della competitività e l'andamento del bilancio. Questa necessità è stata riconosciuta dall'Eurogruppo, che ha deciso di effettuare una sorveglianza biennale sull'evoluzione della competitività nell'area dell'euro, prevedendo l'adozione di raccomandazioni specifiche per i singoli paesi. Dall'introduzione della moneta unica, un certo numero di paesi dell'eurozona ha perso competitività e registra disavanzi relativamente notevoli delle partite correnti. Un altro gruppo di paesi soffre di debolezze strutturali sul versante delle esportazioni e altri ancora hanno accumulato notevoli avanzi delle partite correnti. Questa tendenza, caratterizzata da divergenze sempre crescenti non è sostenibile e richiede un'intensificazione dal punto di vista del coordinamento delle politiche e una risposta adeguata della politica a livello nazionale che sia in grado di affrontare le debolezze soggiacenti.
Il nuovo trattato di Lisbona mette a disposizione dei paesi dell'area dell'euro nuovi strumenti volti all'applicazione di tali aggiustamenti, in particolare quelli previsti dagli articoli 121 e 136 del TFUE, soprattutto per quei paesi che non riescono ad applicarli singolarmente. L'Eurogruppo rappresenta il forum per l'attivazione di tali processi. Il nuovo trattato definisce inoltre che le decisioni prese dal Consiglio nell'ambito del Patto di stabilità e crescita in relazione ai paesi dell'eurozona debbano essere prese esclusivamente da detti paesi, con esclusione dello Stato membro interessato. L'Eurogruppo dovrebbe sfruttare appieno tale possibilità giuridica e assicurare pertanto la sostenibilità delle finanze pubbliche. Rispetto a questo elemento, resto in attesa della comunicazione della Commissione.
16. Quali sono, a suo avviso, gli obiettivi principali per il 2020 della prossima Strategia per la crescita e l'occupazione? Indichi per favore in ordine di importanza le riforme strutturali che ritiene fondamentali per l'UE e giustifichi la sua scelta. In che modo la BCE e gli strumenti di coordinamento della politica economica (indirizzi di massima per le politiche economiche, orientamenti in materia di occupazione) contribuiscono al successo di questa strategia? Qual è la sua percezione in merito alla possibilità di incremento della domanda interna e della promozione degli investimenti nell'ambito dell'UE?
La strategia UE 2020 sarà più efficace se si concentrerà sugli obiettivi primari inerenti all'aumento della crescita potenziale, alla creazione di alti livelli di occupazione e al mantenimento di finanze pubbliche sostenibili. In tal modo, contribuirà a garantire un maggiore grado di inclusione sociale e a migliorare gli standard di vita dei cittadini europei.
È necessario un irrigidimento della sorveglianza sulle politiche degli Stati membri al fine di garantire il rispetto degli impegni previsti dalla strategia UE 2020. A tal proposito, è fondamentale che la strategia UE 2020 definisca un certo numero di obiettivi ambiziosi e specifici per ogni paese (compresi nel mercato interno), pienamente rientranti nell'ambito di competenza degli Stati membri. La nuova strategia UE 2020 sosterrà meglio le politiche strutturali e del lavoro se si concentrerà sugli obiettivi primari di aumento della crescita potenziale e creazione di alti livelli di occupazione. La strategia dovrà inoltre prevedere un elevato livello di interdipendenza tra gli Stati membri dell'area dell'euro, la condivisione di responsabilità in merito al funzionamento dell'intera area e la conseguente necessità di una più ampia coerenza e un più forte coordinamento delle politiche economiche e fiscali. In particolare, dovranno essere affrontati i differenziali di competitività sorti tra gli Stati membri dell'area dell'euro da quando è stata introdotta la moneta unica, sulla base del riesame della competitività recentemente istituito. In pratica, riconosco il valore dell'impostazione di nuovi indirizzi per le politiche, compresi gli orientamenti specifici rivolti esclusivamente ai membri dell'eurozona, come previsto dal nuovo articolo 136 del TFUE nell'ambito del trattato di Lisbona. Attendo in merito la comunicazione della Commissione, prevista per la primavera del 2010.
La BCE potrà contribuire più efficacemente al successo della strategia UE 2020 se concentrerà credibilmente la sua politica monetaria sulla stabilità dei prezzi e sosterrà pertanto il potere d'acquisto delle famiglie. A tal proposito, occorre evidenziare che un migliore funzionamento del mercato unico europeo semplifica per la politica monetaria il raggiungimento dell'obiettivo della stabilità dei prezzi e il sostegno alla crescita.
Di conseguenza, le misure di riforma strutturale devono mirare al rafforzamento della concorrenza al fine di velocizzare la ristrutturazione e stimolare gli investimenti, permettendo nuove opportunità commerciali, in particolare nel settore dei servizi. Ciò è fondamentale al fine di perseguire una crescita produttiva sostenibile caratterizzata da una produzione potenziale e da un reddito reale, onde evitare che l'attuale crisi incida a lungo termine sulla crescita potenziale dell'eurozona. A livello dell'UE, una pietra miliare importante per il potenziamento della concorrenza e dell'efficienza consiste nel passaggio al mercato unico, nel corretto recepimento delle norme dell'Unione nelle legislazioni nazionali e nella loro rigorosa applicazione.
È inoltre necessaria una maggiore flessibilità salariale, che consenta una definizione dei salari volta all'aggiustamento del costo della manodopera nell'area dell'euro, attraverso l'allineamento degli stipendi in relazione al livello di competitività, alle condizioni del mercato interno della manodopera e all'evoluzione della produttività, in particolare nelle fasi negative. Onde evitare l'ulteriore crescita della disoccupazione, i salari dovranno essere maggiormente regolamentati, nell'ambito di sistemi di evoluzione salariale definiti per i paesi caratterizzati da perdite di competitività pregresse e per i settori particolarmente colpiti dalla crisi.
Ai fini di una rivitalizzazione della domanda interna in questo momento di crescita lenta, è necessario un rafforzamento della fiducia da parte delle famiglie e delle aziende, in particolare in merito ai flussi di reddito futuri. A tal proposito, le misure a breve termine di sostegno alla crisi adottate finora – in particolare quelle relative all'aggiustamento degli orari – hanno in alcuni casi contribuito a ridurre la perdita di posti di lavoro. A medio termine, tuttavia, le politiche provvisorie che prorogano modifiche strutturali nelle economie inducono inutili costi di bilancio e creano inefficienze che pregiudicano la crescita sostenibile dell'occupazione e del reddito reale. Pertanto, sono necessarie strategie di uscita chiare e credibili al fine di stimolare a medio termine la domanda e la crescita dell'occupazione. A tal proposito, le politiche fiscali devono garantire un miglioramento dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica, sostenendo in particolare gli investimenti e la produzione potenziale.
L'ultimo ambito in cui ritengo che la strategia di Lisbona debba intervenire è quello dell'energia. Oltre alle questioni relative al cambiamento climatico, l'eccessiva dipendenza dal petrolio e dalle altre risorse esauribili rappresenta una potenziale vulnerabilità e una possibile fonte di instabilità macroeconomica. A questo riguardo, non devono essere dimenticate le impennate del prezzo del petrolio durante la crisi e il loro impatto sull'area dell'euro. Le strategie volte a prevedere un'alternativa affidabile alle fonti di energia e la costruzione di un sistema energetico efficiente devono pertanto essere previste nella prossima strategia per la crescita e l'occupazione.
17. Qual è la sua opinione in merito al ritmo di allargamento dell'area dell'euro sia rispetto all'area stessa sia rispetto ai paesi candidati? Come giudica finora l'introduzione dell'euro da parte dei nuovi Stati membri? Ritiene necessario apportare miglioramenti o modifiche ai processi di adesione e/o alla fase di introduzione dell'euro?
Dal 1999, anno in cui l'euro è stato adottato da 11 Stati membri, altri cinque paesi hanno introdotto la moneta unica nel loro sistema monetario (compresi quattro paesi che sono entrati nell'Unione nel 2004). I benefici della moneta unica si sono così estesi ai nuovi Stati membri, il che dimostra che l'area dell'euro non è un closed shop. Non esiste una tabella di marcia predefinita per l'allargamento dell'eurozona, semplicemente ci si aspetta che gli Stati membri che hanno aderito all'Unione nel 2004 adottino l'euro quando avranno raggiunto un grado di convergenza sostenibile, come previsto dal trattato e dal protocollo. Ciò prevede un'intensa fase di preparazione, che non deve essere sottovalutata.
L'esperienza degli Stati membri che hanno adottato la moneta unica conferma che, quando si accettano nuovi membri nell'area dell'euro, occorre prestare attenzione alla sostenibilità della convergenza. É essenziale raggiungere un buon grado di convergenza sostenibile, innanzitutto per il paese stesso (in modo che possa sfruttare i benefici derivanti dall'adozione dell'euro) e poi anche per l'eurozona (perché una convergenza sostenibile di tutti i paesi partecipanti è fondamentale per la coerenza dell'area e il funzionamento efficiente della politica della moneta unica). Impostare una strategia credibile di adozione dell'euro (e attuare contemporaneamente politiche macroeconomiche e riforme strutturali solide) potrebbe contribuire a promuovere l'impegno delle parti interessate nei confronti di questo obiettivo.
Quanto al processo di adozione dell'euro, resta valida la logica di base del trattato: i paesi devono assicurare la promozione di politiche macroeconomiche solide. Il quadro istituzionale che regola il processo di adozione della moneta unica, come previsto dal trattato e dal protocollo, è studiato per garantire che siano rispettate le condizioni preliminari fondamentali per il successo dell'operazione. Pertanto, la piena aderenza a detto quadro risulta essenziale e altrettanto importante è che la valutazione della convergenza si fondi su dati statistici e veritieri.
18. Cosa pensa della questione, ultimamente molto discussa, di una tassa sulle transazioni finanziarie? Questo tipo di tassa servirebbe solo ad aumentare il gettito proveniente dal settore finanziario o piuttosto a limitare transazioni socialmente indesiderate? Quale sarebbe il ruolo della BCE nell'applicazione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie? Considerando le tasse sulle transazioni finanziarie esistenti (es. imposta di bollo nel Regno Unito) quale sarebbe l'ambito di applicazione di queste nuove tasse affinché possano risultare efficaci? Quali sarebbero i rischi e gli inconvenienti di una tassa simile? Sarebbe possibile per alcuni paesi non applicare la tassa? Quali potrebbero essere - per dirla con parole del G20 – le opzioni "attraverso cui il settore finanziario potrebbe dare un contributo giusto e sostanziale per rimborsare gli oneri derivanti dagli interventi pubblici impiegati per risanare il sistema bancario"?
Vorrei cominciare dicendo che sostengo l'idea che "il settore finanziario potrebbe dare un contributo giusto e sostanziale per rimborsare gli oneri derivanti dagli interventi pubblici impiegati per risanare il sistema bancario". Ciononostante il concetto che tale obiettivo possa essere meglio raggiunto introducendo una tassa generale sulle transazioni finanziarie deve essere attentamente valutato. In primo luogo, occorre chiarire che l'obiettivo attuale rispetto all'introduzione di una tassa simile sarebbe quello di aumentare il gettito proveniente dal settore finanziario e non tanto quello di ridurre la volatilità dei mercati o disincentivare l'assunzione di rischi eccessivi.
Oltre alla difficoltà di raggiungere un necessario accordo internazionale su questa tassa e considerando che essa risulterebbe alla fine in un aumento dei costi per i clienti dei servizi finanziari, occorre valutare attentamente anche l'aspetto relativo alla capacità di generare introiti. Nello specifico, per fare un esempio, non basta semplicemente applicare matematicamente un'aliquota dello 0,01% al totale delle transazioni del mercato finanziario per stimare il volume di gettito, senza considerare (i) il potenziale impatto sul totale delle transazioni, (ii) i prezzi delle transazioni e (iii) gli altri effetti di secondo impatto.
Pertanto, considerata la forte incertezza in merito alla sua efficacia e alla potenziale generazione di introiti, la tassa sulle transazioni finanziarie deve essere attentamente valutata a fronte di eventuali alternative. Al fine di poter essere considerate strumenti efficaci per la promozione della stabilità futura dei mercati finanziari, tali alternative non dovranno collocarsi in meri schemi di raccolta fondi. Di fatto, il G20 e l'FMI stanno lavorando su alcune proposte che – oltre a una tassa sulle transazioni – prevedono la tassazione dei bonus e dei pagamenti nel settore finanziario (bersagliando la volontà di assunzione di rischi eccessivi da parte dei partecipanti) e la tassazione di voci di bilancio al fine di evitare disallineamenti; questi elementi sarebbero da combinare con forme di assicurazione che impediscano la socializzazione delle perdite future nel settore.
Contrariamente alla suddetta tassa – applicabile esclusivamente alle transazioni finanziarie - tali alternative si concentrano sulle singole istituzioni, con l'obiettivo di rafforzare la capacità di resilienza e di assorbimento delle perdite dell'intero sistema. A tal proposito, ad esempio, si sta analizzando la possibilità di introdurre requisiti prudenziali aggiuntivi nelle istituzioni finanziarie sistemiche che, per via del fatto che sono "troppo grandi per fallire", riceverebbero probabilmente maggiori aiuti pubblici. Tali requisiti prudenziali aggiuntivi - sotto forma di aumenti di capitale e capitali contingenti – mirano ad aumentare la capacità di resilienza e di assorbimento delle perdite in caso di shock dei bilanci bancari e pertanto a ridurre indirettamente i costi connessi a futuri salvataggi dei contribuenti.
Le altre misure oggetto di analisi prevedono l'aumento del contributo monetario da parte delle istituzioni finanziarie, con l'obiettivo di ridurre direttamente o di contribuire al pagamento (passato o futuro) dei costi incorsi sul versante delle finanze pubbliche in seguito agli interventi del governo. Un esempio evidente è l'introduzione di una tassa di responsabilità per gli istituti finanziari, simile alla tassa di responsabilità per la crisi finanziaria degli USA. Con l'obiettivo dominante di fare in modo che il settore bancario contribuisca a coprire i costi della crisi finanziaria, l'intenzione dell'amministrazione statunitense di introdurre una "tassa di responsabilità" potrebbe essere ampiamente condivisa.
In tale contesto, vorrei ricordare la posizione – recentemente espressa dall'Eurosistema – secondo la quale il sistema di gestione e di risoluzione della crisi dovrebbe mirare alla massima riduzione possibile per i contribuenti degli oneri derivanti da una crisi degli istituti di credito. A tal proposito, accolgo con favore l'intenzione della Commissione di esplorare ulteriormente la possibilità di introdurre meccanismi che possano garantire che i fondi del settore privato siano disponibili in tempi di crisi (v. anche domanda 38).
19. Qual è la sua visione del futuro dell'Unione monetaria europea a lungo termine e quali sono le principali sfide che ci attendono?
É fondamentale che, come cittadini europei, continuiamo a sostenere il successo dell'adozione di una moneta unica nel nostro continente. L'impresa dell'Unione europea e dell'Unione monetaria non ha eguali e non dovremmo dimenticare tutto quello che abbiamo raggiunto.
Credo che il futuro a lungo termine dell'Unione monetaria europea sarà brillante. La recente introduzione del trattato di Lisbona ha dato un nuovo impulso al processo di integrazione europea e questo dovrebbe migliorare il contesto in cui opera l'Unione monetaria. I dubbi e le preoccupazioni iniziali sull'euro hanno permesso di apprezzare il modo in cui l'area dell'euro lavora, nonché l'importanza per il benessere della sua economia e, sempre di più, dell'economia globale.
Detto questo, le sfide per il futuro sono numerose e diventeranno sempre più impegnative, non ultimo per via della recente crisi finanziaria.
Un primo punto di riflessione si riferisce al Patto di stabilità e crescita. Dopo il deterioramento del bilancio fiscale prodotto dalla crisi e la conseguente risposta della politica, i governi devono ritornare su un percorso fiscalmente più sostenibile. Non c'è dubbio che questo richieda aggiustamenti spaventosi e tempistiche lunghe. In questo processo, è importante che i governi mantengano un percorso fisso e non cedano alla tentazione di disattendere le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita, dal momento che ciò comporterebbe serie implicazioni sul lavoro dell'Unione monetaria.
Un'altra importante sfida si riferisce al rafforzamento e all'intensificazione dell'approccio europeo verso la stabilità finanziaria e il rischio sistemico. L'istituzione di un Comitato europeo per il rischio sistemico è un primo passo importante ma in questo settore occorre lavorare ancora molto sul versante dell'attuazione e della collaborazione. Sul lungo termine, un approccio europeo verso la stabilità finanziaria e il rischio sistemico risulta necessario per creare le condizioni che consentano lo sviluppo di un sistema finanziario robusto e solido, meno esposto alle crisi. Sarà altresì necessario tenere conto dei rischi globali, in collaborazione con l'FMI e il Financial Stability Board.
Dobbiamo pertanto consolidare i successi finora raggiunti e continuare sulla strada percorsa in questo primo decennio di esistenza dell'euro. Ciò significa che tutti gli attori, le istituzioni europee e nazionali, ma anche gli attori economici, mantengano i propri impegni e le proprie responsabilità. In tal modo, saremo in grado di affrontare meglio le sfide che ci attendono sul lungo termine e che probabilmente si manifesteranno in un contesto globale caratterizzato da incertezza; in questo modo continueremo a prosperare come società.
Vi garantisco che continuerò a fare tutto quanto in mio potere per assicurare che la nostra moneta e la BCE prosperino sulla base della credibilità finora consolidata.
20. A suo avviso, quali sono i ruoli del Consiglio, della Commissione, dell'Eurogruppo e della BCE in termini di rappresentanza esterna dell'area dell'euro?
La rappresentanza esterna dell'area dell'euro riflette la natura particolare dell'UEM, caratterizzata da una politica monetaria centralizzata e da politiche economiche decentralizzate. La rappresentanza spetta al Consiglio, alla Commissione, all'Eurogruppo, alla BCE e agli Stati membri, in conformità dell'assegnazione dei poteri prevista dal trattato.
La BCE rappresenta esternamente la politica monetaria e le responsabilità ad essa connesse, agisce come portavoce dell'Eurosistema ed è rappresentata nei principali forum rilevanti ai fini dei suoi compiti. Tale schema funziona bene.
La rappresentanza esterna delle politiche economiche dell'area dell'euro è caratterizzata da maggiore frammentazione, per via della suddivisione delle responsabilità interne tra l'Unione e gli Stati membri. Gli Stati membri conservano la piena responsabilità delle politiche economiche, sono membri di forum quali l'FMI, dove possono assumere anche responsabilità finanziarie.
L'attuale crisi economica e finanziaria ha sottolineato la necessità di potenziare la rappresentanza europea al fine di garantire che l'Europa rappresenti efficacemente i propri interessi a livello globale. A tal fine è possibile considerare l'articolo 138 del trattato, il quale sancisce che il Consiglio (nella composizione dell'area dell'euro) adotta "posizioni comuni sulle questioni che rivestono un interesse particolare per l'unione economica e monetaria" al fine di "garantire una rappresentanza unificata nell'ambito delle istituzioni e conferenze finanziarie internazionali". Il progresso dipende, tuttavia, dalla volontà politica degli Stati membri.
21a. Come valuta la recente evoluzione del tasso di cambio USD/EUR?
Le evoluzioni degli ultimi 18 mesi sui mercati di cambio sono state condizionate, in larga misura, dalla crisi finanziaria. Durante la crisi, i trasferimenti di portafoglio alle obbligazioni emesse dallo Stato americano hanno fortemente sostenuto il dollaro contro l'euro (e contro altre monete) e prodotto un'alta volatilità del mercato finanziario. Quando nel corso del 2009 le tensioni finanziarie si sono gradualmente placate, questi flussi sono stati interrotti e l'euro è stato considerevolmente rivalutato. Di conseguenza, nell'autunno del 2009, l'euro era scambiato a tassi piuttosto elevati rispetto ai valori storici, prima di sperimentare il deprezzamento degli ultimi due mesi. Negli ultimi 18 mesi la BCE, attraverso il suo presidente, ha più volte dichiarato che accogliamo con favore le dichiarazioni delle autorità statunitensi sul fatto che un dollaro forte è nell'interesse degli Stati Uniti.
21b. Come valuta la recente evoluzione del tasso di cambio CNY/EUR?
Nei cinque anni trascorsi dall'avvio della riforma cinese del tasso di cambio, lo yuan renminbi si è moderatamente apprezzato rispetto all'euro, nello specifico registrando un valore pari al 7,4% da luglio 2005 al 22 febbraio 2010 (contro il 21% di apprezzamento sul dollaro statunitense e il 14% in termini reali effettivi sulla base dell'indice dei prezzi al consumo). Questo si deve principalmente al fatto cha la Cina, con l'insorgere della crisi, ha interrotto la politica di graduale apprezzamento del tasso di cambio.
Personalmente, apprezzo il contino sforzo della Cina nei confronti di un passaggio a un tasso di cambio più flessibile, che dovrebbe produrre un costante apprezzamento in termini reali dello yuan renminbi e contribuire alla promozione di una crescita più equilibrata della Cina e dell'intera economia mondiale.
21c. Come valuta la cooperazione internazionale sul versante dei tassi di cambio?
In merito alla configurazione globale dei tassi di cambio, la BCE mantiene costanti scambi di opinioni con i membri del Gruppo dei sette, il cui ruolo guida su tale questione è stato ribadito in occasione dell'ultimo vertice del G7 di Iqaluit, Canada, il 6 febbraio 2010. Insieme ai membri del G7 e del G20, la BCE controlla da vicino il mercato di cambio e interviene quando serve.
Il grado di reciproco intendimento su entrambe le sponde dell'Atlantico è particolarmente intenso e personalmente apprezzo le dichiarazioni delle autorità statunitensi, tra cui il presidente Bernanke e il ministro del Tesoro Geithner, relative al fatto che un dollaro forte è nell'interesse dell'economia del paese e pertanto nell'interesse dell'intera economia globale. La BCE mantiene inoltre, in modo schietto e aperto, un regolare scambio di opinioni con le autorità cinesi[2].
21d. Crede che le banche centrali siano in grado di lottare adeguatamente contro l'eccessiva volatilità?
In occasione del loro ultimo incontro avvenuto a febbraio 2010, i governatori delle banche centrali dei paesi del G7 – insieme ai rispettivi ministri delle Finanze – hanno riaffermato l'interesse condiviso nei confronti di un sistema finanziario internazionale stabile.
Hanno inoltre chiarito che l'eccesso di volatilità e i movimenti irregolari dei tassi di cambio producono effetti avversi sulla stabilità finanziaria ed economica e che continueranno a monitorare da vicino i mercati di cambio e ad intervenire quando serve.
Rispetto alla capacità delle banche centrali di affrontare la volatilità dei tassi di cambio, occorre chiarire che l'area dell'euro ha adottato un regime flessibile del tasso di cambio, il che implica che il valore esterno dell'euro sulle monete dei paesi terzi sarà determinato dal mercato. Questo consente alla BCE di concentrarsi sull'obiettivo di mantenimento della stabilità dei prezzi e dovrebbe contribuire a limitare la volatilità dei tassi. Tuttavia, sui mercati di cambio possono verificarsi episodi di overshooting e undershooting, che incidono sull'andamento dei prezzi e implicano rischi per la stabilità dei prezzi nell'area dell'euro. In questi casi, al fine di contenere la volatilità dei tassi di cambio, potrebbe essere giustificato l'intervento pubblico, ammesso che sia coordinato tra diversi paesi. Una caratteristica generale, intrinseca nella sua definizione, della politica di cambio è la sua internazionalità: dipende sempre dalle decisioni di almeno due parti interessate. Pertanto, affinché una politica di cambio sia efficace, risulta fondamentale la cooperazione internazionale.
21e. In questo contesto, che importanza attribuisce ai rischi posti dagli squilibri mondiali?
Il susseguirsi di forti squilibri delle bilance correnti a livello globale ha contribuito alla escalation del rischio sistemico, che ha poi condotto alla crisi finanziaria. La crisi sta producendo un restringimento di tali squilibri che, tuttavia, si caratterizzano più per la loro ciclicità che per la loro struttura. Questo suggerisce che il rischio di squilibri globali aumenta man mano che si rafforza la ripresa globale.
La natura multilaterale degli squilibri globali implica che la loro risoluzione debba essere considerata come una responsabilità globale. Il nuovo Quadro per una crescita bilanciata, sostenuta e sostenibile definito dal G20 rappresenta un'opportunità per aumentare la sorveglianza sulle politiche macroeconomiche delle principali economie e raggiungere una crescita globale più bilanciata, evitando l'insorgere di nuovi squilibri globali. È quindi importante, in questo momento, definire comunemente misure politiche concrete, assicurare il mantenimento degli impegni e fare in modo che le maggiori economie facciano la loro parte.
21f. Ritiene che il ruolo internazionale dell'euro debba essere incoraggiato e, se sì, come?
Sostengo la politica che la BCE persegue dal 1999, anno di istituzione dell'Unione monetaria, in merito al non fare campagna a sostegno o a sfavore dell'uso internazionale dell'euro. Le evoluzioni relative al ruolo dell'euro all'estero sono innanzitutto il risultato di forze di mercato e decisioni del settore privato. Il supporto che la BCE indirettamente dà all'uso dell'euro nelle transazioni internazionali consiste nell'istituzione di una politica monetaria credibile. La BCE controlla il ruolo internazionale dell'euro e offre informazioni regolari al pubblico, in particolare attraverso il documento di revisione annuale del ruolo internazionale dell'euro.
22. Come può essere potenziata l'influenza dell'area dell'euro e della sua valuta, in particolare nelle istituzioni finanziarie internazionali? Qual è il suo parere in merito all'attuale grado di coordinamento, ad esempio nelle riunioni del consiglio di amministrazione del FMI?
Dall'introduzione dell'euro più di dieci anni fa, l'area dell'euro è a poco a poco diventata un partner consolidato nei forum e nelle istituzioni mondiali che si occupano di questioni economico-finanziarie, come la BRI, il G7, il G20, il FMI o il FSB. Questo è il risultato di un processo graduale durante il quale si sono dovuti rinnovare modelli superati, sia nelle istituzioni, sia nella mentalità delle persone. Benché non banale, sembra più semplice attuare tale cambiamento nel primo caso, piuttosto che nel secondo.
Le regole per la partecipazione nelle istituzioni e nei forum mondiali devono essere adattate al fine di consentire l'interazione con un'area monetaria e i suoi attori anziché con i rappresentanti dei singoli paesi. Tale proposta è stata attuata, ad esempio, durante il G7 invitando il presidente della BCE e il presidente dell'Eurogruppo agli incontri e presso l'FMI, riconoscendo alla BCE uno status di osservatore, ruolo che consente di prendere parte ad alcune assemblee del comitato esecutivo dell'FMI. Inoltre, sono state istituite nuove strutture, ad esempio i rappresentanti europei s'incontrano regolarmente a Washington per scambiare le loro opinioni a riguardo di questioni che saranno affrontate in seguito nelle assemblee del comitato esecutivo dell'FMI.
Per contro, è più difficile cambiare la mentalità degli attori. Considerata l'introduzione dell'unione monetaria, la politica in materia e le questioni connesse ai tassi di cambio devono ora essere rappresentate a livello dell'Unione. Ciò è relativamente chiaro, ma è meno scontato che anche in altre politiche occorre coordinare i pareri e concordare messaggi d'insieme. Sono stati compiuti progressi, dato che, negli anni, molti termini comuni di riferimento relativi a diversi temi presenti nell'agenda di G7, G20 e FMI sono stati coordinati a Bruxelles. Tuttavia, non è stato tuttora pienamente inteso che parlare a una voce sola contribuirà infine a realizzare obiettivi condivisi. Spesso i paesi considerano ancora le questioni di politica internazionale come una prerogativa nazionale, malgrado il fatto che l'area dell'euro sia esposta alle stesse sfide a livello globale. In molti casi questo atteggiamento impedisce che i termini di riferimento diventino qualcosa di più del minimo comune denominatore e talvolta conduce a messaggi discordanti. Purtroppo, un coro di voci diverse non apre la strada a una maggiore influenza. Tale presupposto potrebbe spiegare la situazione attuale, in cui, da un lato, l'influenza dell'area dell'euro nelle istituzioni economiche internazionali non è ancora adeguata al proprio valore economico e finanziario in confronto alle altre grandi parti, mentre, dall'altro, si ritiene e si accusa l'area dell'euro (o più in generale l'UE) di essere eccessivamente rappresentata.
Guardando al futuro, l'Europa dovrà riesaminare tale situazione nondimeno a causa della pressione esterna generata nel quadro dell'FMI (considerando ad esempio un approccio a "poltrona unica"). A parer mio, l'invito a un miglior coordinamento delle opinioni e a riconsiderare se esistano metodi più efficaci di essere rappresentati nelle istituzioni e nei forum internazionali è indubbiamente giustificato al fine di consolidare l'importanza dell'area dell'euro sulla scena mondiale.
C. Stabilità e vigilanza in ambito finanziario
23a. Che cosa pensa dei progetti di proposte legislative in materia di vigilanza finanziaria attualmente in discussione nel Parlamento europeo?
I progetti di proposte legislative attualmente dibattuti dal Parlamento europeo costituiscono parte di una revisione globale del quadro istituzionale dell'UE per la vigilanza, che comprende sia il rafforzamento della vigilanza microprudenziale attraverso l'istituzione del sistema europeo delle autorità di vigilanza fnanziaria (ESFS) (che include tre autorità di vigilanza europee e la rete di autorità di vigilanza nazionali), sia la designazione del consiglio europeo per il rischio sistemico (ESRB) quale organismo indipendente, incaricato di salvaguardare la stabilità finanziaria esercitando la vigilanza macroprudenziale a livello europeo, con il conferimento alla BCE di specifici compiti in materia in virtù dell'articolo 127, paragrafo 6, del trattato.
Il quadro istituzionale proposto è assolutamente adeguato per le seguenti ragioni:
dal punto di vista microprudenziale, l'istituzione delle autorità di vigilanza favorirà una maggiore uniformità nel condurre la vigilanza microprudenziale a livello dell'UE. In tale contesto, i principali incarichi prospettati per suddette autorità sono del tutto appropriati per il raggiungimento di questi obiettivi. In particolare, l'elaborazione di standard tecnici, di linee guida e di raccomandazioni consentirà di promuovere un'applicazione uniforme della normativa finanziaria europea negli Stati membri, nonché un approccio comune di regolamentazione e vigilanza a livello dell'Unione. L'obiettivo di creare un unico corpus europeo di norme che costituirebbe la base per servizi transfrontalieri forniti da intermediari finanziari è ampiamente condiviso. Tale iniziativa garantirà una parità di condizioni tra le istituzioni finanziarie e una tutela adeguata dei depositanti, degli investitori e dei consumatori in Europa.
Dal punto di vista macroprudenziale, l'istituzione di un nuovo organismo incaricato di esercitare una vigilanza macroprudenziale nell'UE – l'ESRB – dovrebbe essere benaccetta, considerato che la recente crisi finanziaria ha dimostrato la necessità di rafforzare l'approccio macroprudenziale alla regolamentazione e alla vigilanza del sistema finanziario nella sua interezza. Ha dimostrato altresì la necessità di valutare in maniera completa e tempestiva le varie fonti del rischio sistemico e le loro conseguenze sul sistema finanziario. L'ESRB, identificando e valutando i rischi sistemici, emettendo per tempo segnalazioni e formulando raccomandazioni laddove tali rischi siano rilevanti, nonché tenendo sotto osservazione il dovuto seguito, è in grado di contribuire significativamente alla stabilità del sistema finanziario dell'UE nel suo insieme. In questo quadro, è inoltre opportuno che i progetti di proposte legislative prevedano che la BCE e il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) svolgano un ruolo chiave nel funzionamento dell'ESRB. In particolare, la partecipazione di tutti i membri del Consiglio generale della BCE nell'ESRB garantirà che l'analisi della stabilità finanziaria dell'ESRB trarrà vantaggio delle competenze macroeconomiche, finanziarie e monetarie delle banche centrali dell'UE. In aggiunta, la BCE fornirà all'ESRB supporto analitico, statistico, amministrativo e logistico.
Le proposte legislative dispongono pertanto del potenziale di apportare un significativo miglioramento alla struttura di vigilanza dell'UE, che è in grado di rispondere alle richieste di regolamentazione globali ed europee a seguito della crisi finanziaria. Inoltre, e cosa più importante, i nuovi organismi offriranno un quadro normativo che dovrebbe salvaguardare i notevoli e preziosi progressi compiuti finora nell'integrazione finanziaria nell'Unione, nonché favorirne un ulteriore incremento.
Tuttavia, ritengo siano necessari nuovi sviluppi di determinati aspetti. In un certo senso, la soluzione concepita si trova a metà strada tra un approccio puramente nazionale alla vigilanza microprudenziale e una funzione di vigilanza paneuropea consolidata. In seguito, la questione principale pare essere se le autorità di vigilanza europee dimostrano di essere competenti nel garantire una risposta coerente ed efficace all'attività di gruppi finanziari transfrontalieri o se esiste l'esigenza di compiere un altro passo avanti. In questo processo, l'applicazione di un corpus di norme realmente unico creerà una delle condizioni per un effettivo funzionamento e approvazione delle autorità di vigilanza europee. Eppure, l'elemento più importante da non dimenticare è che occorre che la responsabilità e i poteri per la vigilanza finanziaria siano nelle mani di coloro che, in definitiva, devono risarcire i possibili costi di un fallimento nel sistema finanziario. Secondo me, qualsiasi possibile passo verso una struttura di vigilanza ancora più integrata in Europa dovrà quindi essere preceduto dall'istituzione di una rete europea di sicurezza (incluso un fondo per le misure di risoluzione finanziato ex ante).
23b. Che cosa consiglierebbe per consolidare i legami tra macro e microvigilanza?
Una condizione fondamentale per il funzionamento efficace ed effettivo della nuova struttura di vigilanza europea è garantire un'adeguata interazione tra la funzione di vigilanza macroprudenziale dell'UE – rappresentata dall'ESRB – e la funzione di vigilanza microprudenziale – rappresentata dall'ESFS. Lo scopo della struttura proposta è che l'obiettivo del lavoro dell'ESRB sia macro, sistemico ed economico nella concezione, mentre quello dell'ESFS sia micro, prudenziale e normativo. In questo quadro, è importante realizzare le appropriate sinergie tra le funzioni micro e macroprudenziali nel salvaguardare la stabilità finanziaria, anche per evitare sovrapposizioni e duplicazioni. Tale iniziativa richiede una distribuzione accurata degli incarichi, nonché procedure lavorative che consentano un sostegno reciproco e che utilizzino le azioni congiunte tra le due funzioni.
I progetti di proposte legislative contengono già alcune disposizioni che dovrebbero rafforzare la stretta collaborazione tra l'ESRB e le autorità di vigilanza europee. In particolare:
· primo, in termini di governance, i tre presidenti delle autorità di vigilanza europee dovrebbero votare i membri del consiglio generale dell'ESRB, nonché i membri del suo comitato direttivo. Al contrario, l'ESRB dovrebbe essere membro (non votante) del consiglio delle autorità di vigilanza di ciascuna delle tre autorità di vigilanza europee. Inoltre, le tre autorità di vigilanza europee dovrebbero essere rappresentate anche nel comitato tecnico consultivo, che fornirà materiale tecnico fondamentale all'ESRB.
· Secondo, le autorità di vigilanza europee dovrebbero essere tenute a una stretta collaborazione con l'ESRB. In questo quadro, è già stato previsto che le autorità di vigilanza europee saranno uno dei principali fornitori di informazioni per l'ESRB. In particolare, l'ESRB può richiedere informazioni alle autorità di vigilanza europee in forma sommaria o aggregata, in modo tale che le singole istituzioni finanziarie non possano essere individuate. L'ESRB può inoltre presentare una domanda motivata alle autorità di vigilanza europee al fine di fornire dati che non sono in forma sommaria o aggregata quando questi ultimi non sono sufficienti.
· Terzo, le autorità di vigilanza europee dovrebbero sostenere l'applicazione di raccomandazioni rivolte ad una o più autorità di vigilanza nazionali. In particolare, le autorità di vigilanza europee dovrebbero esercitare le loro competenze per assicurare un seguito tempestivo. Per di più, laddove un'autorità di vigilanza nazionale non fornisse un seguito, dovrebbe informare il consiglio delle autorità di vigilanza della rispettiva autorità di vigilanza europea. Nella sua risposta all'ESRB, l'autorità di vigilanza nazionale dovrebbe tenere conto delle informazioni della rispettiva autorità di vigilanza europea.
· Quarto, alle autorità di vigilanza europee competerà il controllo e la valutazione degli sviluppi del mercato, prestando particolare attenzione alle relative tendenze microprudenziali, ai rischi potenziali e ai punti deboli. A questo scopo, le autorità di vigilanza europee dovrebbero eseguire attività di verifica in condizioni difficili in collaborazione con l'ESRB. Il risultato di tale processo di controllo e valutazione dovrebbe essere trasmesso all'ESRB.
· Quinto, l'ESRB e le autorità di vigilanza europee dovrebbero collaborare altresì in situazioni di crisi. Le autorità di vigilanza europee sono tenute a comunicare senza indugio all'ESRB ogni possibile situazione di emergenza. Anche l'ESRB svolge un ruolo nella dichiarazione di uno stato di emergenza.
L'unione di tali meccanismi dovrebbe fornire un quadro appropriato per la stretta collaborazione tra l'ESRB e le autorità di vigilanza europee. Occorre evidenziare le seguenti sfide:
· primo, un aspetto cruciale per l'efficacia dell'ESRB sarà l'accesso a una base informativa completa, che comprende informazioni di natura microprudenziale, che può offrire un aiuto per le segnalazioni di rischio e le raccomandazioni politiche dell'ESRB. Tale iniziativa richiederà una precisa interazione con le autorità di vigilanza europee, in particolare in una maniera che garantisca un'accurata riservatezza nell'uso dei microdati, ed evitando altresì per quanto possibile ogni onere di risposta aggiuntivo sulle istituzioni finanziarie. Di conseguenza, sarà necessario che l'ESRB e le autorità di vigilanza europee concordino le modalità appropriate a questo proposito.
· Secondo, l'ESRB avrà bisogno di affidarsi alla stretta collaborazione con le autorità di vigilanza pertinenti (nell'ambito delle banche, delle assicurazioni e dei titoli) per il controllo dell'esposizione ai rischi all'interno e attraverso i settori finanziari. Tale iniziativa richiederà di stabilire legami adeguati mediante i quali l'"esito" delle analisi e delle valutazioni delle autorità di vigilanza europee e nazionali sia comunicato all'ESRB. Al contrario, dovrebbero essere altresì a disposizione meccanismi volti a garantire che le analisi e le valutazioni dei rischi dell'ESRB siano trasmesse alle autorità di vigilanza microprudenziali e contribuiscano ad avviare adeguati provvedimenti di politica.
· Terzo, le autorità di vigilanza europee dovrebbero svolgere un ruolo molto importante per quanto concerne l'applicazione delle raccomandazioni dell'ESRB laddove queste ultime sono rivolte alle autorità di vigilanza. In particolare, le autorità di vigilanza europee dovrebbero essere autorizzate a utilizzare le proprie competenze al fine di favorire il più possibile l'attuazione delle raccomandazioni dell'ESRB.
23c. Le proposte della Commissione attribuiscono un ruolo e una responsabilità appropriati all'ESRB?
Le proposte della Commissione forniscono all'ESRB ampio mandato nella vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario dell'UE nel suo complesso. In particolare, l'ESRB deve tenere conto dei rischi associati ai progressi nel sistema finanziario e degli sviluppi macroeconomici. Questo ruolo è adeguato in quanto una delle principali lezioni della crisi finanziaria è stata la necessità di considerare in larga misura il potenziale dei rischi sistemici originati dagli sviluppi nell'interconnessione fra istituti e mercati finanziari, che possono accrescere la portata del contagio, nonché gli stretti legami tra il sistema finanziario e l'economia reale. Quindi, l'ampio mandato dell'ESRB non pone limiti a una completa e accurata valutazione da parte dell'ESRB dei rischi sistemici emergenti.
Per quanto concerne le responsabilità dell'ESRB, riguardano soprattutto l'individuazione e la priorità da concedere ai rischi sistemici, l'emissione di segnalazioni di rischio una volta individuati tali rischi, e la presentazione di raccomandazioni per misure correttive in risposta ai rischi accertati.
In questo quadro, l'ESRB trae vantaggio da un elevato numero di membri e dalla possibilità di chiedere informazioni a diverse fonti (autorità di vigilanza e tutte le parti interessate pubbliche e private), che saranno importanti al fine di individuare e dare la priorità ai rischi, nonché emettere specifiche segnalazioni al proposito e, ove appropriato, raccomandazioni.
Una delle sfide principali per l'efficacia dell'ESRB sarà la comunicazione e l'attuazione delle segnalazioni dei rischi e delle raccomandazioni. L'ESRB avrà bisogno di fare affidamento su:
· primo, la qualità delle raccomandazioni di avvertimento sarà essenziale. Ciò implica che l'ESRB necessiterà di sviluppare una base informativa adeguata, modelli analitici, e competenze finalizzate a garantire la massima qualità. Tale aspetto, a sua volta, fornirà il fondamento della sua credibilità politica. In questo quadro, un elemento importante sarà costituito dalla conoscenza e dalle competenze delle autorità di vigilanza, che saranno necessarie nell'elaborazione di raccomandazioni specifiche relative a interventi di regolamentazione e vigilanza.
· Secondo, per quanto riguarda la procedura di emissione e seguito delle segnalazioni di rischio e delle raccomandazioni, è opportuno, come previsto nella proposta della Commissione, che tali segnalazioni e raccomandazioni siano trasmesse direttamente ai rispettivi destinatari, con una comunicazione parallela al Consiglio ECOFIN. Allo stesso tempo, i destinatari delle raccomandazioni dovrebbero riferire subito all'ESRB sulla base del principio "agire o giustificarsi". Ciò incrementa l'indipendenza e la credibilità dell'ESRB.
· Terzo, l'ESRB può avvalersi della pubblicazione delle sue segnalazioni di rischio e delle sue raccomandazioni. Questo strumento può inoltre promuovere un seguito adeguato. In aggiunta, ci si attende che il Consiglio dell'UE e le autorità di vigilanza europee svolgano un ruolo finalizzato a favorire l'applicazione delle raccomandazioni dell'ESRB.
Complessivamente, le proposte della Commissione prevedono ruolo e responsabilità adeguati all'ESRB. È importante osservare che la vigilanza macroprudenziale non dovrebbe essere utilizzata in sostituzione delle responsabilità di altre autorità, cioè le autorità di vigilanza. Dovrebbe invece facilitare e integrare, ove necessario, la vigilanza microprudenziale da parte delle autorità competenti.
23d. L'equilibrio istituzionale fra gli organismi dell'Unione è adeguato?
Le istituzioni dell'UE sono coinvolte nell'ESRB a diversi livelli. La Commissione è membro votante del consiglio generale, una funzione opportuna considerato il suo ruolo nelle iniziative legislative e nella vigilanza macroeconomica e finanziaria dell'Unione. Il Consiglio dell'UE è rappresentato nel consiglio generale nella persona del presidente del comitato economico e finanziario (CEF) come membro non votante. Tale incarico riflette il ruolo del CEF nel fornire pareri al Consiglio in questioni relative alle politiche economiche e finanziarie, inclusa la stabilità finanziaria. Il Consiglio è altresì impegnato nella procedura prevista per le segnalazioni di rischio e le raccomandazioni, dal momento che riceve le segnalazioni e le raccomandazioni contemporaneamente ai destinatari, nonché le comunicazioni da parte dei destinatari. Il Parlamento europeo partecipa soprattutto agli obblighi di comunicazione dell'ESRB (insieme al Consiglio) e alla rivalutazione dell'efficacia della normativa dopo tre anni di applicazione. Anche questa attività è appropriata dato il ruolo del Parlamento nel procedimento legislativo e nel considerare responsabile l'ESRB. Alla BCE spetta il supporto analitico, statistico e logistico, in modo da avvalersi delle competenze specifiche delle banche centrali.
L'equilibrio istituzionale è assolutamente adeguato, poiché tutti gli organismi dell'UE sono impegnati nel funzionamento dell'ESRB nell'ambito delle loro rispettive funzioni.
23e. Che cosa pensa della composizione complessiva dell'ESRB e del suo comitato direttivo?
In linea con le proposte avanzate dalla relazione De Larosière, è opportuno che il consiglio generale della BCE fornisca il presupposto per i membri votanti del consiglio generale. Le banche centrali europee sono adatte a essere le autorità principalmente responsabili della vigilanza macroprudenziale, considerati gli stretti legami che queste banche hanno con i mercati monetari e finanziari al fine di eseguire i loro compiti nell'ambito della politica monetaria. In aggiunta, il consiglio generale della BCE è un organismo decisionale consolidato, che dal 1999 ha svolto una lunga serie di incarichi connessi al lavoro delle banche centrali. Pertanto, la comprovata esperienza con il consiglio generale offre una solida base per un funzionamento equilibrato dell'ESRB. Rimettersi al consiglio generale implica inoltre che il presidente della BCE dovrebbe essere il presidente d'ufficio dell'ESRB e che il vicepresidente della BCE è membro del consiglio generale.
È altresì importante includere nel consiglio generale i tre presidenti delle autorità di vigilanza europee, nonché quelli delle autorità di vigilanza nazionali in qualità di membri non votanti, data la rilevanza della stretta interazione tra l'ESRB, le autorità di vigilanza europee e quelle nazionali come illustrato in precedenza. Anche la partecipazione della Commissione e del CEF è essenziale, considerato il loro ruolo nelle iniziative legislative, nella vigilanza macroeconomica e nelle politiche economico-finanziarie.
La composizione del comitato direttivo dell'ESRB dovrebbe riflettere quella del suo consiglio generale al fine di garantire che il comitato sia rappresentativo del consiglio, cui spetta l'organizzazione delle sue assemblee. Quindi, l'inclusione di cinque membri delle banche centrali (oltre al presidente e al vicepresidente dell'ESRB) assicura un equilibrio adeguato tra i banchieri centrali e gli altri membri del comitato direttivo. Per di più, tale inclusione consente una sufficiente rappresentanza delle banche centrali nazionali dei paesi appartenenti e non appartenenti all'area dell'euro. Tuttavia, dal momento che la composizione dell'area dell'euro con il tempo cambierà, non sarebbe opportuno stabilire in un atto giuridico una distribuzione specifica e immutabile dei posti tra le banche centrali appartenenti e non appartenenti all'area dell'euro.
23f. Il suo parere in merito alle funzioni dell'ESRB: in che modo garantire che le segnalazioni e le raccomandazioni non possano essere ignorate dai destinatari?
Come già menzionato, l'efficacia delle segnalazioni e delle raccomandazioni dell'ESRB è affidata alla loro qualità, al meccanismo "agire o giustificarsi" tra l'ESRB e i destinatari, alla possibilità per l'ESRB di pubblicare le proprie segnalazioni e raccomandazioni, nonché al possibile ruolo del Consiglio dell'UE e delle autorità di vigilanza europee nel favorire l'attuazione delle segnalazioni e delle raccomandazioni.
Un controllo e una valutazione accurati da parte dell'ESRB del seguito dato alle proprie raccomandazioni sono determinanti. Quando l'ESRB ritiene che i provvedimenti avviati o le ragioni per non intervenire siano insufficienti, una pressione da più parti e una divulgazione pubblica rappresentano due importanti strumenti da prendere in considerazione. Tenendo conto della natura delicata delle informazioni implicite e lo scompiglio che potrebbero creare negli istituti e/o nei mercati, l'ESRB dovrebbe prendere la decisione di rendere pubbliche le segnalazioni e le raccomandazioni esaminando caso per caso. La combinazione di tali elementi dovrebbe fornire un quadro adeguato di stimoli e tecniche, che accresceranno la probabilità che siano rispettate le segnalazioni di rischio e le raccomandazioni.
23g. Secondo lei il livello di divulgazione pubblica è adeguato?
La diffusione di informazioni da parte dell'ESRB, sottoforma di valutazioni dei rischi, segnalazioni e raccomandazioni, ha una natura delicata. In particolare, la divulgazione delle valutazioni dell'ESRB può avere un impatto diretto sulla percezione degli operatori del mercato per quanto riguarda le condizioni di stabilità finanziaria. Di conseguenza, occorre considerare con attenzione la politica di comunicazione dell'ESRB.
Allo stesso tempo, è importante per l'ESRB mantenere informato il pubblico in merito alle sue attività abituali e ai suoi contributi alla salvaguardia della stabilità finanziaria. Tale obiettivo può essere ottenuto mediante gli obblighi di comunicazione dell'ESRB al Parlamento europeo e al Consiglio, e anche tramite regolari pubblicazioni sulla stabilità finanziaria al fine di aumentare la consapevolezza degli operatori del mercato e del pubblico verso determinati rischi e punti deboli.
23h. Riscontra un possibile conflitto d'interessi con il mandato della BCE in relazione alla politica monetaria?
Il principale obiettivo della BCE è mantenere una stabilità dei prezzi. Questo mandato attribuito alla BCE e al SEBC rimane invariato. Il trattato non solo stabilisce inequivocabilmente che una stabilità dei prezzi è l'obiettivo primario della politica monetaria, ma definisce anche un chiaro mandato gerarchico laddove cita l'obiettivo secondario.
L'assegnazione alla BCE di incarichi specifici relativi al funzionamento dell'ESRB è benaccetta, poiché accresce il contributo della BCE alla stabilità finanziaria. Questa nuova funzione non dovrebbe essere considerata un obiettivo supplementare della politica monetaria, ma dovrebbe promuovere la stabilità finanziaria, senza compromettere l'obiettivo primario della stabilità dei prezzi.
Pertanto, l'istituzione dell'ESRB non cambia la precisa attribuzione di responsabilità contenuta nel trattato. Essa manterrà altresì l'integrità dell'analisi macroeconomica complessiva condotta all'interno del SEBC e la struttura organizzativa interna della BCE.
È importante garantire che l'ESRB e tutti i suoi membri siano forniti di un elevato livello di indipendenza dall'influenza politica. A questo proposito, le attività di supporto della BCE all'ESRB non dovrebbero mai condizionare l'indipendenza istituzionale, funzionale e finanziaria della BCE, né lo svolgimento degli incarichi del SEBC nel rispetto del trattato e dello statuto del SEBC e della BCE, in particolare per quanto concerne la sua stabilità finanziaria indipendente e i suoi compiti di vigilanza per l'economia dell'area dell'euro.
24a. Come vede l'evoluzione a medio e lungo termine della struttura di vigilanza europea? In particolare, che cosa pensa di un'autorità unica di vigilanza a livello europeo?
L'istituzione delle tre autorità di vigilanza europee è un importante passo avanti, che consente di progredire sulla base dell'esperienza e del lavoro svolto dai comitati "Lamfalussy" di livello 3, che hanno svolto un ruolo importante per incrementare la convergenza della vigilanza in Europa e concretizzare una fiducia reciproca tra le autorità di vigilanza nazionali. La creazione delle autorità di vigilanza europee cerca di porre rimedio a uno dei punti deboli fondamentali di questi comitati, vale a dire la natura non vincolante delle loro linee guida. La possibilità di presentare standard tecnici giuridicamente vincolanti permette di elaborare un corpus europeo di norme sui servizi finanziari, che favorirà una parità di condizioni e contribuirà all'adeguata tutela dei depositanti, degli investitori e dei consumatori in Europa.
A medio e lungo termine, non concordo con l'idea di un'autorità unica di vigilanza europea e, in generale, la realizzazione di questo tipo di soluzione a livello nazionale nel corso della crisi finanziaria dovrebbe diffidarci dall'adottarla a livello europeo. Riconosco i vantaggi del disporre di un'autorità unica per la vigilanza prudenziale di tutti gli istituti finanziari, banche, assicurazioni e fondi pensionistici compresi. Vigilanza e regolamentazione devono mantenersi al passo con gli sviluppi sui mercati finanziari e, in effetti, abbiamo assistito a una progressiva integrazione tra i diversi sottosettori del sistema finanziario, di cui la comparsa di conglomerati finanziari è l'implicazione maggiormente evidente. Nella situazione attuale, è quindi importante per la vigilanza adottare un approccio integrato che consenta una profonda comprensione dei nuovi (non così tanto) modelli aziendali, anziché un approccio separato per banche e assicurazioni, che può fallire nel cogliere l'interconnessione tra i sottosettori e i rischi associati.
Dall'altro lato, faccio una precisa distinzione tra la vigilanza degli istituti finanziari e dei mercati dei titoli. È importante riconoscere che gli obiettivi di queste due funzioni sono essenzialmente distinti e, in realtà, in certi casi in conflitto fra loro, e persino il modus operandi e le fonti di dati dei due ambiti di vigilanza finanziaria hanno in comune poche analogie. Il possibile conflitto d'interessi deriva dal fatto che la vigilanza degli istituti deve avere come obiettivo pubblico predominante difendere gli interessi dei depositanti e dei clienti, mentre la finalità della vigilanza dei mercati dei titoli è soddisfare innanzitutto l'interesse degli investitori e degli azionisti. Da questi due principi concernenti la questione della stabilità finanziaria traggono origine due diversi atteggiamenti.
A parer mio, esistono anche valide ragioni affinché sia attuata la vigilanza della condotta commerciale degli istituti finanziari nei loro rapporti con la loro clientela accanto alla vigilanza prudenziale. La più evidente fra queste ragioni riguarda il fatto che la regolamentazione e la vigilanza dell'attività bancaria al dettaglio, dei prodotti e servizi assicurativi e del modo in cui sono introdotti sul mercato e venduti ai clienti siano destinate ad avere implicazioni su profitto e solvibilità degli istituti finanziari, pregiudicando quindi la vigilanza prudenziale. Inoltre, sono identificabili importanti elementi esterni negativi derivanti da una gestione inadeguata delle informazioni raccolte nel quadro della vigilanza della condotta commerciale e di recente si sono verificati casi di problemi significativi a livello prudenziale provocati da una condotta commerciale inopportuna nei rapporti delle banche con i loro clienti al dettaglio. Alla luce di queste considerazioni, sono incline a un modello "twin-peaks" di vigilanza microprudenziale fondata su due principali pilastri istituzionali: da un lato, la vigilanza prudenziale di tutti gli istituti finanziari e la tutela della tradizionale clientela al dettaglio di banche e assicurazioni, incluse sia la salvaguardia dei loro fondi, sia la protezione dei loro interessi nel rapporto commerciale con gli istituti finanziari; dall'altro, la salvaguardia dell'integrità e dell'efficacia dei mercati dei titoli, compresa la tutela degli investitori su tali mercati.
24b. In che modo considera il ruolo futuro della BCE nella vigilanza bancaria?
In generale, l'esperienza della crisi finanziaria ha rafforzato le argomentazioni a favore del coinvolgimento delle banche centrali nella vigilanza prudenziale. In un sistema finanziario sempre più fondato su criteri di mercato e interconnessione, è probabile che si verifichino squilibri che colpiranno i principali meccanismi di mercato, come la distribuzione di liquidità, avranno implicazioni transfrontaliere e si diffonderanno in maniera maggiormente imprevedibile. Un'adeguata valutazione di tali dinamiche richiede una prospettiva sistemica transfrontaliera, nonché risorse e competenze appropriate per un'analisi della stabilità finanziaria dato che è ciò che avviene con le banche centrali. Per di più, durante la crisi finanziaria le sinergie tra le funzioni di banca centrale e vigilanza sono state evidenti, in particolare per quanto riguarda raccolta e valutazione delle informazioni. Tenendo conto di questa esperienza, in alcuni Stati membri è in previsione un rafforzamento del ruolo delle banche centrali nella vigilanza prudenziale. Tali sviluppi possono, nel tempo, proporre un'ulteriore considerazione del ruolo istituzionale della BCE e la possibilità concessa dal trattato di conferire alla BCE compiti specifici nel settore della vigilanza prudenziale, considerati un nuovo allargamento dell'area dell'euro e i requisiti di una vigilanza più attenta dei cosiddetti istituti "too big to fail" (troppo grandi per lasciarli fallire).
Il quadro istituzionale dell'Eurosistema si affida a un approccio operativo decentralizzato che consente di avvalersi pienamente delle competenze delle autorità nazionali e delle infrastrutture esistenti. Tale metodo si è rivelato efficace nel gestire gli incarichi istituzionali assegnati dal trattato anche nell'ambito della crisi finanziaria, e potrebbe fornire una struttura appropriata per l'adempimento di responsabilità di vigilanza. Vale la pena sottolineare che gli argomenti solitamente utilizzati a favore di una certa prudenza relativa al coinvolgimento delle banche centrali nella vigilanza finanziaria non sono considerati a livello nazionale nel quadro dell'unione monetaria europea.
25. In quale misura e con quali tempi gli istituti finanziari dovrebbero aumentare il capitale azionario?
Al fine di mitigare i probabili rischi, occorre che le banche stiano particolarmente attente a garantire di avere a disposizione adeguate riserve tampone. Alla luce di ciò, condivido l'obiettivo principale del regolamento previsto dal Financial Stability Board e dal comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria, e la sua introduzione nel 2012, purché siano contemplati necessari periodi di transizione e principi acquisiti. Inoltre, alcune banche, soprattutto quelle che hanno ricevuto aiuti di Stato, possono aver bisogno di una ristrutturazione radicale per confermare la loro autosufficienza a lungo termine nel momento in cui tale sostegno non è più disponibile. Questa situazione potrebbe comportare la contrazione dei bilanci attraverso l'eliminazione di imprese non autosufficienti allo scopo di incrementare le loro capacità di generare profitti. Allo stesso tempo, le banche dovrebbero trarre pieno vantaggio della recente ripresa della loro redditività per consolidare la disponibilità finanziaria, cosicché la necessaria ristrutturazione delle imprese e l'aumento delle funzioni di ammortizzamento non abbiano essenzialmente ripercussioni sulla fornitura di credito all'economia.
26. In che modo possono essere eliminate le distorsioni della concorrenza provocate dalla crisi e dalle misure di salvataggio statali e delle banche centrali degli Stati membri?
Sebbene le misure statali a sostegno del sistema finanziario siano state efficaci nell'evitare un peggioramento della crisi finanziaria, esiste la preoccupazione che tali operazioni di salvataggio potrebbero esse stesse generare gravi distorsioni della concorrenza (i) all'interno dei paesi, dato che gli aiuti statali e i piani di salvataggio offrono un vantaggio alle banche che ne beneficiano rispetto a quelle che non accedono a suddetti piani e (ii) fra i paesi laddove il sostegno pubblico di un paese è più favorevole di quello concesso in altri paesi. Benché gli sforzi per un'armonizzazione delle misure di salvataggio nell'UE abbiano contenuto gli effetti di questo problema, sono emersi riscontri di distorsioni della concorrenza.
La Commissione europea, cui spetta il controllo della situazione sul mercato e il riesame delle misure di sostegno pubblico degli Stati membri, non ha finora riportato casi di gravi distorsioni. Allo stesso tempo, compare un segnale di possibili distorsioni dalle emissioni di obbligazioni statali garantite. Tali emissioni si differenziano per le banche con lo stesso rating, ma con sede centrale in paesi diversi. Questa situazione indica che un rischio statale ha costituito l'origine primaria di queste emissioni, ma evidenzia anche una distorsione con cui "le banche deboli di paesi forti ottengono più facili finanziamenti". È probabile che anche una garanzia rafforzata dei depositi provochi effetti di distorsione sulla concorrenza transfrontaliera. Tuttavia, sia le obbligazioni statali, sia la garanzia rafforzata dei depositi saranno progressivamente abolite nei prossimi mesi, eliminando quindi la fonte principale delle distorsioni della concorrenza, mentre non può essere escluso che l'impatto temporaneo sui fattori di concorrenza potrebbe aver causato ripercussioni di lunga durata sulla concorrenza di mercato.
Un'altra incerta indicazione che il livello di concorrenza nel settore bancario nei paesi dell'area dell'euro possa essere cambiato è valutabile dal fatto che la dispersione transfrontaliera dei tassi dei prestiti e dei depositi delle banche al dettaglio è aumentata notevolmente nella seconda metà del 2008 ed è rimasta elevata (da un punto di vista storico) per tutto il 2009. A parte una riflessione sui fattori idiosincratici che interessano le singole banche, non si può escludere che questo aumento, in una certa misura, rifletta altresì gli effetti sulla concorrenza transfrontaliera causati dalle disparità delle misure di aiuto statale, che, con il loro impatto sul costo dei finanziamenti delle singole banche, sono stati trasmessi ai tassi d'interesse concessi ai clienti al dettaglio delle banche. Detto ciò, prove empiriche indicano che persino durante la crisi finanziaria le ripercussioni dei tassi di riferimento sui tassi d'interesse delle banche al dettaglio nell'area dell'euro sono avvenute ampiamente in linea con le prassi storiche. In aggiunta, anche le informazioni fornite dall'indagine sui finanziamenti dell'Eurosistema non indicano che la concorrenza (o una sua mancanza) abbia rappresentato un fattore importante nel chiaro inasprimento osservato negli standard di credito delle banche dell'area dell'euro dal terzo trimestre del 2007.
Le misure di aiuto delle banche centrali nell'ambito dell'Eurosistema nel settore bancario nel loro complesso e in quanto tali comportano minori rischi di implicare trattamenti discriminatori. Benché non siano necessariamente prive del rischio di introdurre determinate distorsioni di mercato, tale rischio nel settore bancario è limitato, almeno a breve scadenza. Tale considerazione è applicabile sia alle consuete operazioni di rifinanziamento offerte dall'Eurosistema agli istituti finanziari monetari dell'area dell'euro, sia alle misure straordinarie introdotte durante la crisi finanziaria. Da un punto di vista internazionale, invece, i provvedimenti straordinari di politica monetaria adottati dall'Eurosistema a partire da ottobre 2008 si differenziano alquanto da quelli riconosciuti dalle banche centrali in altre giurisdizioni e, di conseguenza, potrebbe essere stata compromessa la parità di condizioni tra le banche mondiali (e anche tra banche appartenenti e non appartenenti all'area dell'euro). Tuttavia, occorre ricordare che le misure intraprese dalle banche centrali nel mondo nel quadro della crisi sono state studiate appositamente per le specificità delle strutture finanziarie ed economiche predominanti nelle loro economie. Inoltre, gli ambiti operativi nelle banche centrali mondiali erano diversi anche prima della crisi finanziaria. Infine, qualsiasi distorsione delle parità di condizioni a livello internazionale provocata dalle misure anticrisi delle banche centrali dovrebbe esaurirsi una volta concluse tali misure e, pertanto, non dovrebbe avere alcun impatto di lunga durata sulla concorrenza bancaria.
Mentre le distorsioni della concorrenza sembrano, in linea di massima, essere state in gran parte contenute, le distorsioni determinate dagli incentivi prospettano un'altra grave preoccupazione derivante dalle misure di aiuto. Più nello specifico, le misure di salvataggio sono state soprattutto a sostegno di banche grandi e rilevanti dal punto di vista sistemico il cui fallimento poteva minacciare la stabilità del sistema finanziario. Di conseguenza, queste banche possono beneficiare da percezioni di mercato di una garanzia implicita di salvataggio da parte del governo, consentendo loro di proseguire attività proficue ma rischiose senza l'adeguata disciplina del mercato. Sono state avanzate numerose proposte finalizzate a risolvere la cosiddetta questione "too-big to fail" (troppo grandi per lasciarle fallire).
27. In che modo gli istituti finanziari possono essere costretti/esortati a ridurre un'assunzione eccessiva di rischi?
La riforma normativa in corso riguardante il rafforzamento della capacità di recupero del sistema finanziario conterrà diversi elementi che forniranno incentivi a favore di una gestione prudente dei rischi per le banche. In questo quadro, le proposte del comitato di Basilea presentate nel 2009 incrementeranno gli incentivi volti a ridurre un'assunzione eccessiva di rischi, esigendo che sia inclusa una copertura più completa dei rischi (ad esempio un rischio incrementale di inadempimento nel portafoglio di negoziazione e l'introduzione di un requisito patrimoniale dei rischi di credito della controparte per derivati, pronti contro termine e operazioni di finanziamento tramite titoli) da capitali più elevati di qualità, che è maggiormente costosa. Inoltre, l'introduzione di un quadro armonizzato per le liquidità richiederà alle banche di finanziarsi utilizzando fonti di finanziamento più stabili su base strutturale. Infine, sono stati concordati principi di sicura compensazione che scoraggeranno un'eccessiva assunzione di rischi a favore di profitti a lungo termine e gestione prudente dei rischi. Tali provvedimenti, se avviati insieme e attuati in maniera corretta, possono contribuire in modo significativo a evitare azioni a breve termine e a eliminare le pratiche carenti di gestione dei rischi cui abbiamo assistito in passato.
28. Quali sono le questioni a suo parere più urgenti nell'ambito della normativa dei servizi finanziari da completare dopo il piano d'azione per i servizi finanziari?
Una delle lezioni più importanti da parte della crisi finanziaria è che le strette interconnessioni esistenti fra i mercati finanziari nel mondo pongono problemi comuni da risolvere in modo adeguato tramite un intervento di concerto. Quindi, come è già avvenuto, le proposte legislative per l'UE dovrebbero rispondere in maniera appropriata alle iniziative e alle raccomandazioni presentate a livello internazionale, e in particolare dal G20, la cui rilevanza è emersa durante la crisi finanziaria. I piani d'azione e le raccomandazioni del G20 hanno già avviato una quantità sostanziale di importanti attività relative alle disposizioni normative in materia di vigilanza e di stabilità finanziaria da parte di organismi internazionali come il Financial Stability Board e il comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria per il settore bancario che è particolarmente importante nel quadro dell'UE.
Nel momento in cui si prendono in considerazione le questioni di maggior peso che dovrebbero essere affrontate mediante iniziative legislative, possiamo operare una distinzione tra due serie principali di questioni.
Primo, le iniziative legislative connesse allo sviluppo del quadro prudenziale derivante da proposte internazionali.
Il completamento del programma di riforma del comitato di Basilea, e la conseguente attuazione in Europa, è essenziale al fine di ottenere un sistema bancario con una maggiore capacità di recupero che sia in grado di sostenere una solida crescita economica a lungo termine, senza compromettere il funzionamento della ripresa economica e del mercato.
Inoltre, nell'ambito delle riforme internazionali, occorre sottolineare l'importanza di quattro aspetti:
a) la necessità di raggiungere un consenso internazionale per quanto riguarda le soluzioni ai problemi provocati dagli istituti finanziari di importanza sistemica. È necessario concordare un approccio normativo specifico da adottare per questo tipo di istituti e quali dovrebbero essere le procedure supplementari di vigilanza volte a garantire un controllo efficace delle loro attività e dei rischi. Una recente nota della BCE relativa agli istituti finanziari di importanza sistemica, elaborata come contributo al comitato per i servizi finanziari, tratta in modo esaustivo i principali obiettivi per il regolamento concernente gli istituti finanziari di importanza sistemica e le misure che potrebbero essere adottate per ridurre il rischio di fallimento di uno dei suddetti istituti e per valutare le conseguenze di fallimenti simili: "Sono due gli obiettivi del regolamento: (i) accrescere la capacità di ammortizzamento degli istituti e contenere il contributi di tali istituti ai rischi sistemici, con un riferimento particolare alla possibilità di contagio e alle ripercussioni negative; (ii) mitigare il problema di rischio morale e la garanzia di salvataggio associata. In effetti, è possibile affermare che gli interventi a favore di un obiettivo sono utili per ottenere anche l'altro."
b) Affrontare i rischi prudenziali prospettati da centri finanziari off-shore e da giurisdizioni che si rifiutano di collaborare. Nell'Unione europea, i comitati 3L3 di vigilanza hanno elaborato un prospetto complementare, individuando un elenco consolidato di giurisdizioni non collaborative, in merito alle quali diverse autorità di vigilanza dell'UE hanno riportato la presenza di problemi persistenti. Malgrado ciò, il quadro giuridico europeo dovrebbe affrontare i rischi prudenziali presentati da suddette giurisdizioni, al fine di garantire che tutti gli Stati membri risolvano tale questione in modo armonizzato e uniforme, per evitare un arbitraggio di regolamentazione e mantenere le parità di condizioni tra gli istituti finanziari. La direttiva sui requisiti patrimoniali, la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari, nonché la direttiva Solvibilità II, dovrebbero includere principi concernenti le attività in giurisdizioni non collaborative, limitando (o addirittura vietando) tali attività ogni volta che una giurisdizione si rifiuta di collaborare con le autorità competenti degli Stati membri o qualora ostacoli la condivisione delle informazioni relative a consociate off-shore a fini di vigilanza. Accanto agli standard di Basilea, IOSCO e IAIS, a questo proposito vale la pena menzionare le raccomandazioni riguardanti la "Gestione consolidata dei rischi in base ai principi ‘know-your-customer' (KYC, conosci il tuo cliente)", pubblicate dal comitato di Basilea in ottobre 2004, che stabilisce una serie completa di raccomandazioni per trattare con giurisdizioni dotate di una rigorosa segretezza bancaria o di norme sulla tutela dei dati che impediscono, o che possono essere interpretate in quest'ottica, la trasmissione di informazioni importanti allo scopo di una gestione dei rischi. Tali raccomandazioni prevedono che se gli ostacoli alla condivisione di informazioni si rivelano insormontabili, e non esistono alternative soddisfacenti, l'autorità nazionale di vigilanza dovrebbe chiarire all'ospite che la banca decide per sé, o se richiesto dall'autorità nazionale di vigilanza, terminare l'operazione in questione. Inoltre, è importante garantire che se la legge limita la diffusione di informazioni a "terze parti", la sede centrale o la banca madre non sono ammesse nella definizione di parte terza.
Tutti questi principi fondati su standard internazionali e su attività sviluppate a livello di FSB e UE, dovrebbero includere la creazione di strumenti a favore di un'applicazione prudenziale. Questi strumenti potrebbero comprendere un approccio graduale, dall'intensificazione del dialogo e delle trattative con giurisdizioni problematiche a un rafforzamento dell'adeguata verifica da parte degli istituti che operano in queste giurisdizioni e/o dei requisiti per fondi propri più elevati e/o delle limitazioni delle attività o persino della sospensione delle operazioni.
c) Lo sviluppo di regimi di sanzioni maggiormente armonizzati a livello europeo, alla luce delle raccomandazioni della "relazione De Larosière" (raccomandazione 20): "le istituzioni europee dovrebbero avviare un processo in grado di dar vita a regimi sanzionatori più uniformi all'interno del mercato unico. L'attività di vigilanza non può risultare efficace se esistono sistemi sanzionatori deboli e notevolmente variabili. È fondamentale che, all'interno dell'UE e non solo, tutte le autorità di vigilanza siano in grado di applicare sistemi sanzionatori sufficientemente convergenti, rigorosi e con effetti deterrenti, situazione ben diversa da quella attuale. Lo stesso esercizio dovrebbe essere avviato con i poteri di vigilanza al fine di determinare una vigilanza coerente ed efficace all'interno del mercato unico."
d) La necessità di agire ulteriormente al fine di promuovere una standardizzazione dei derivati e sostenere l'uso di controparti centrali per rendere trasparenti le transazioni con i derivati, in particolare per quanto riguarda i credit default swap.
Secondo, iniziative legislative finalizzate a migliorare la capacità del quadro istituzionale europeo di prevenire e gestire crisi future.
Le maggiori interdipendenze tra i sistemi finanziari nazionali e l'esigenza di salvaguardare il processo di integrazione finanziaria europea richiedono un intervento adeguato a livello dell'UE per affrontare il possibile impatto sistemico del fallimento di istituti finanziari transfrontalieri. Pertanto, dovrebbero essere sostenute le attuali riflessioni della Commissione per sviluppare un quadro di risoluzione europeo e opporsi agli ostacoli alla gestione efficace della crisi degli istituti finanziari transfrontalieri dell'Unione. Il lavoro dovrebbe mirare alle seguenti priorità: (i) lo sviluppo di strumenti minimi per le autorità nazionali competenti al fine di risolvere i problemi dovuti a fallimenti bancari, senza ricorrere necessariamente ad aiuti statali, e ove ritenuto opportuno, liquidare la banca senza ripercussioni negative sulla stabilità finanziaria; (ii) migliore coordinamento e collaborazione tra le autorità nazionali, in particolare nel trattare con gruppi transfrontalieri. A breve termine, gli sviluppi legislativi dovrebbero includere l'armonizzazione dei piani di garanzia dei depositi, prevedendo, tra le altre cose, finanziamenti ex ante e basati sui rischi, completati da finanziamenti ex post sicuri da rendere attivi ove necessario. In aggiunta alla funzione di pay-box, nella fase di risoluzione dovrebbe essere preso in considerazione anche il ruolo dei piani di garanzia dei depositi. La creazione di un quadro europeo più completo per la gestione e la risoluzione della crisi sarebbe fondamentale per rafforzare il mercato unico per i servizi finanziari, dal momento che limiterà gli incentivi delle autorità nazionali a contenere i componenti nazionali di istituti finanziari in fallimento. Tuttavia, questo intervento dovrebbe affrontare enormi sfide, come le attuali discrepanze dei regimi giuridici applicabili alla risoluzione della crisi negli Stati membri. Ricordo che, il 2 dicembre 2009, l'ECOFIN invitò il comitato economico e finanziario a proseguire il suo lavoro relativo al quadro di coordinamento della politica europea per la gestione della crisi, compresa la questione della condivisione degli oneri, e a presentare proposte concrete al Consiglio nella primavera 2010.
Sono sicuro che l'Eurosistema contribuirà a tali discussioni al fine di definire un approccio alla condivisione degli oneri che favorirebbe una riduzione del rischio morale. Sarebbe fondamentale ottenere un consenso sugli obiettivi e una tabella di marcia di interventi da intraprendere per raggiungerli.
29. In che modo valuta l'attuale livello di consolidamento dei servizi finanziari nell'UE e quali sono le sue prospettive future a questo proposito?
Secondo gli ultimi indicatori strutturali disponibili per il settore bancario europeo (ovvero dati del 2008), il consolidamento in questo settore sta proseguendo. Tuttavia, ciò implica anche che la concentrazione del mercato sta crescendo, con i paesi più piccoli generalmente dotati di mercati più concentrati rispetto ai paesi più grandi. Gli istituti di credito nazionali hanno continuato a dominare la scena europea in ambito bancario e hanno addirittura aumentato le loro quote di mercato alle spese di filiali straniere. Sono persistite differenze significative tra i paesi per quanto riguarda l'importanza di organismi stranieri, con consociate aventi una banca madre nell'area dell'euro prevalente nei nuovi Stati membri dell'UE.
Nel 2009 le attività di fusione e acquisizione sono incrementate, mentre sono rimaste a livelli contenuti in confronto ai dieci anni precedenti. Gli accordi nazionali e transfrontalieri hanno registrato il maggiore aumento. Se in passato gli accordi di fusione e acquisizione erano ispirati soprattutto da considerazioni strategiche, come realizzare economie di scala e partecipare a nuovi mercati, molte delle operazioni completate nel 2008 e nel 2009 hanno interessato gruppi che erano incorsi in perdite notevoli o che avevano affrontato tensioni di liquidità. Allo stesso tempo, gli sforzi per incrementare la situazione del capitale e le riserve di denaro di certi istituti di credito hanno condotto alla scorporazione di determinate funzioni non essenziali, in termini di attività o di collocazione geografica.
Per quanto concerne il valore complessivo delle operazioni di fusione-acquisizione, nel 2009 le acquisizioni sono calate in maniera considerevole, con i soli accordi nazionali ad aver registrato un aumento.
Occorre notare altresì che la partecipazione statale negli istituti di credito ha rappresentato una svolta importante nell'assetto delle proprietà di alcuni dei principali istituti di credito dell'UE. Tuttavia, a causa della durata limitata delle misure statali di ricapitalizzazione, ci si attende che questo cambiamento di proprietà sarà temporaneo e che sarà revocato non appena migliorerà la situazione finanziaria di questi istituti su base autonoma.
Per quanto riguarda la valutazione dei modelli di consolidamento, occorre considerare tale aspetto dal punto di vista del suo impatto sull'efficacia e sulla solidità delle singole banche, sulla concorrenza nel settore bancario e sulla stabilità finanziaria più genericamente nel settore finanziario. Nella misura in cui le recenti operazioni di consolidamento nel settore bancario hanno contribuito a incrementare i profitti delle banche e a rafforzare la loro capacità di ammortizzamento, possono essere ritenute positive.
Nell'esaminare le prospettive future in relazione al consolidamento, una considerazione importante riguarda il consenso diffuso che i livelli di leva finanziaria antecedenti alla crisi del settore bancario fossero eccessivi. Quindi, ci si può attendere che come proseguirà il processo di riduzione del ricorso alla leva finanziaria, i profitti del sistema bancario (in termini di redditività del capitale azionario) saranno più bassi del passato recente, almeno a medio termine. È probabile, pertanto, che le banche ricerchino nuove fonti di profitto. Il consolidamento può costituire un metodo allettante per realizzare questo obiettivo per quelle banche che stanno emergendo dalla crisi in qualità di attori più forti, dal momento che acquisizioni a prezzi relativamente accessibili rappresenteranno un possibile mezzo per ottenere profitti più elevati a lungo termine (grazie alle economie di scala). A questo proposito, è verosimile che le tendenze verso fusioni-acquisizioni continueranno anche dopo la crisi. Nei prossimi anni potranno avvenire fusioni anche come misura di salvataggio per banche sull'orlo del fallimento. Come indicato in precedenza, molte delle ragioni che confermano la previsione che assisteremo a un ulteriore consolidamento nel prossimo futuro, giustificano altresì la conclusione che questa situazione condurrà a un sistema bancario più efficace e con maggiori capacità di recupero. Dall'altro lato, la concentrazione del settore può creare più istituti "too big to fail" che rendono più urgente la necessità di attuare i provvedimenti che risolvono i problemi creati da questi ultimi.
D. Funzionamento della BCE, responsabilità democratica e trasparenza
30. Le diverse responsabilità dei membri del comitato non dovrebbero cambiare con il tempo, in linea con le modifiche avvenute per i compiti e le priorità della BCE?
Il comitato esecutivo della BCE è un organismo decisionale collegiale; il suo funzionamento è fondato sul principio di responsabilità collettiva, vale a dire che il comitato esecutivo nella sua interezza è collettivamente responsabile delle sue decisioni e del funzionamento complessivo delle aree operative della BCE. Se, per ragioni pratiche, le aree operative fanno riferimento a singoli membri del comitato esecutivo che sovrintendono e conducono il loro lavoro, tutte le unità operative sono poste sotto la direzione dell'intero comitato esecutivo.
Come accaduto in passato, il comitato esecutivo può rivedere, di tanto in tanto, le posizioni gerarchiche rispetto ai membri del comitato esecutivo delle unità operative e l'elaborazione delle sue decisioni. Tali modifiche occasionali nelle singole responsabilità dei membri del comitato esecutivo contribuiscono a rafforzare la natura collegiale del comitato. In questo quadro, la composizione delle cariche dei membri del comitato esecutivo può cambiare nel corso della durata del mandato. Ogni decisione a questo proposito spetta soltanto al comitato esecutivo stesso.
Attribuisco grande valore alla natura collegiale del comitato esecutivo poiché tale caratteristica garantisce che siano riflessi i vari punti di vista e che, nel momento in cui si prendono decisioni, siano considerate in modo adeguato tutte le competenze, l'esperienza e la conoscenza disponibili.
31. Quale sistema ritiene appropriato al fine di garantire un equo avvicendamento dei membri nel comitato esecutivo della BCE anche per quanto riguarda la nazionalità?
I pre-requisiti per la designazione dei membri del comitato esecutivo della BCE sono sanciti dal trattato sul funzionamento dell'UE (articolo 283, paragrafo 2) e dallo statuto del SEBC e della BCE (articolo 11, paragrafo 2):
· i membri del comitato esecutivo "devono essere nominati tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza personale nel settore monetario o bancario";
· "soltanto cittadini degli Stati membri [dell'area dell'euro] possono essere membri del comitato esecutivo".
Il trattato stabilisce pertanto due requisiti: "competenza" e "cittadinanza [dell'area dell'euro]". Nel trattato non sono individuabili altre caratteristiche come fattore determinante per la composizione del comitato esecutivo della BCE.
Le nomine basate su considerazioni diverse dai requisiti menzionati sono in conflitto con le disposizioni del trattato riguardanti l'indipendenza della BCE. Nelle assemblee degli organismi decisionali della BCE, tutti i membri partecipano secondo la loro capacità personale. Il principio di indipendenza comporta che "né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo" (articolo 130 del trattato, articolo 7 dello statuto). Questa disposizione del trattato è incompatibile con il principio di rappresentanza nazionale.
La decisione finale sulle nomine nel comitato esecutivo della BCE è presa dal Consiglio europeo (in cui votano esclusivamente i membri dell'area euro) su raccomandazione del consiglio e una successiva consultazione del Parlamento europeo e della BCE. Ritengo che suddetti principi di designazione dei membri del comitato esecutivo della BCE siano pienamente rispettati.
32. Che cosa pensa della necessità di incrementare la varietà di esperienze rappresentate nel comitato della BCE anziché affidarsi esclusivamente ai banchieri centrali?
Come menzionato nella mia risposta alla domanda precedente, il trattato e lo statuto sono precisi nello stabilire che i membri del comitato esecutivo "devono essere nominati tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza personale nel settore monetario o bancario".
Non sorprende che i banchieri centrali soddisfino tale requisito. Allo stesso tempo, questa disposizione non esclude in nessun modo la nomina di candidati che non appartengono all'ambiente delle banche centrali. In realtà, nella maggior parte delle banche centrali, e la BCE non fa eccezione in questo caso, l'esperienza dei membri degli organismi decisionali è piuttosto diversa e comprende, ad esempio, esperienze professionali in ambito bancario, accademico e della pubblica amministrazione.
Avete notato dal mio curriculum vitae che tale considerazione è valida anche per me. A mio parere, la varietà di esperienze dei membri di un organismo decisionale collegiale costituisce una risorsa per la governance dell'istituzione.
33. Può esprimere il suo parere relativo al concetto di responsabilità democratica per quanto riguarda la BCE e le banche centrali in generale?
Per mantenere la legittimità, una banca centrale indipendente deve essere responsabile delle proprie azioni nei confronti delle istituzioni democratiche e del pubblico nel rispetto del suo mandato. Con la crescente consapevolezza, soprattutto negli ultimi decenni, che l'indipendenza per una banca centrale è fondamentale per onorare il suo mandato, anche la natura di responsabilità democratica è diventata più importante. In questo quadro, la responsabilità delle banche centrali nel mondo ha assunto diverse forme.
Nell'Unione europea, la BCE ha un mandato preciso e lo persegue in maniera indipendente come previsto dal trattato. Il trattato stabilisce altresì che questo elevato grado di indipendenza vada di pari passo con una responsabilità democratica verso la popolazione europea e i suoi rappresentanti direttamente eletti, vale a dire, il Parlamento europeo. Sono quindi stati fissati alcuni metodi ben definiti per far sì che la BCE rimanga responsabile, nondimeno con la partecipazione regolare del presidente della BCE alla commissione per i problemi economici e monetari (ECON), nonché del vicepresidente e di altri membri del comitato esecutivo della BCE. È possibile osservare che le ultime assemblee rappresentano una forma più stretta di collaborazione tra la BCE e il Parlamento europeo ECB rispetto a quanto previsto nel trattato, e questa pratica consolidata è, a mio parere, molto positiva e anche benaccetta dal Parlamento europeo. La responsabilità della BCE implica anche precisi obblighi di comunicazione (articolo 15 dello statuto della BCE). Oltre alla relazione annuale presentato al Parlamento (e al consiglio, alla Commissione e al Consiglio europeo), la BCE è invitata a pubblicare trimestralmente relazioni concernenti le attività dell'Eurosistema. La BCE ha deciso di andare oltre questi requisiti del trattato e di riferire con maggiore frequenza sottoforma di bollettino mensile. Infine, a parte il rendiconto finanziario consolidato settimanale, la BCE introduce una serie di altre pubblicazioni in materia, incluse la relazione semestrale sulla stabilità finanziaria e la relazione annuale sull'integrazione finanziaria.
34. In che modo giudica la procedura utilizzata per sostituire i membri del comitato della BCE? La responsabilità democratica ex ante e la trasparenza non dovrebbero implicare che al Parlamento europeo sia concessa almeno formalmente la possibilità di esaminare diversi potenziali candidati ed esprimere il suo parere prima che il Consiglio prenda la decisione finale relativa alla nomina?
La procedura di selezione dei membri del comitato esecutivo della BCE è stabilita nell'articolo 283 del trattato e nell'articolo 11 dello statuto del SEBC e della BCE. È stata approvata da tutti i firmatari nella revisione più recente del trattato ed è una norma europea effettiva. In quanto candidato per il comitato esecutivo della BCE, sono soggetto a tale procedura e non ritengo opportuno esprimere osservazioni in merito alla sua adeguatezza.
35. A quali conclusioni giunge confrontando le politiche di trasparenza seguite dalla Federal Reserve Bank e dalla BCE? Quale alternativa preferirebbe: la pubblicazione del verbale due settimane dopo aver preso decisioni di politica monetaria, secondo la prassi di Fed e Bank of England, oppure la conferenza stampa immediatamente successiva alle decisioni di politica monetaria oltre alla pubblicazione istantanea in Internet del ragionamento alla base della decisione, secondo la prassi della BCE?
Un confronto tra approcci differenti è un'impresa difficile. Una delle ragioni è che le banche centrali possono avere esigenze diverse per le loro storie e culture specifiche, i loro obiettivi politici e altri elementi nei loro quadri istituzionali. Da un'efficace conclusione in base a ricerche disponibili, è emerso che il metodo con cui oggi le banche centrali prendono decisioni in materia di politica monetaria è più chiaro e trasparente rispetto ai decenni passati. L'efficacia della politica monetaria è quindi migliorata su scala globale.
Esistono diversi modi per essere trasparenti. Sono convinto che l'approccio della BCE sia uno dei più avanzati al mondo per i seguenti motivi. Primo, è molto trasparente per quanto riguarda il legame tra la sua strategia nell'ambito della politica monetaria e le ragioni dei suoi interventi. Secondo, la conferenza stampa e la dichiarazione introduttiva sono strumenti utili per divulgare importanti informazioni a un pubblico eterogeneo. Tali mezzi forniscono alle parti interessate (ad esempio il pubblico, i mezzi di comunicazione e gli osservatori del mercato finanziario) una serie completa di informazioni relative alle decisioni di politica monetaria della BCE e sono finalizzati a illustrare la visione collettiva del consiglio direttivo sulla situazione della politica monetaria. Terzo, la dichiarazione introduttiva e le domande e risposte nella conferenza stampa sono pubblicate in tempo reale. Questa caratteristica non sarebbe realizzabile con la pubblicazione di un verbale. Complessivamente, reputo che la pratica della BCE sia impegnativa per tutti i membri del consiglio direttivo. Ritengo inoltre che l'approccio della BCE sia ormai ampliamente compreso, e che anche la pubblicazione di un verbale da parte di altre banche centrali sia dotata di un criterio.
36. Che cosa pensa del dialogo monetario trimestrale fra il Parlamento europeo e il presidente della BCE? Ritiene ci sia spazio per miglioramenti a questo proposito? Le frequenti discussioni riguardanti le politiche della BCE con altri attori politici compromettono l'indipendenza della Banca?
Il consueto dialogo con il Parlamento europeo fa parte della responsabilità democratica della Banca centrale europea verso i cittadini europei e i loro rappresentanti direttamente eletti. In questo quadro, gli incontri trimestrali tra il presidente della BCE e la commissione per i problemi economici e monetari costituiscono un contributo molto importante al consenso pubblico della politica monetaria della BCE. Insieme a partecipazioni supplementari, anche di altri membri del comitato esecutivo, questa interazione favorisce un profondo e produttivo scambio di vedute, e offre alla BCE un forum molto prezioso per illustrare la propria politica monetaria e ricevere riscontri. Tale aspetto si estende all'assemblea plenaria del PE in cui, tra l'altro, il presidente della BCE presenta il rapporto annuale della Banca. La qualità del dialogo tra la BCE e il PE è di livello molto elevato e in passato entrambe le istituzioni lo hanno riconosciuto in diverse occasioni.
Ritengo che l'abituale scambio di informazioni con altri attori politici sia un elemento alquanto importante del nostro quadro politico nell'UEM. In quest'ambito, la BCE interagisce regolarmente con alcune istituzioni europee. Ad esempio, la BCE è invitata alle assemblee dell'Eurogruppo e al Consiglio ECOFIN e partecipa di consueto agli incontri del dialogo macroeconomico. Avviene altresì un'interazione a livello tecnico con la Commissione e i governi nazionali, ad esempio, nel comitato economico e finanziario e nel comitato di politica economica dell'UE. Tutti questi scambi di opinione avvengono secondo le disposizioni del trattato, garantendo pertanto e rispettando sempre la piena indipendenza della BCE, sostenendo allo stesso tempo il corretto funzionamento dell'UEM. Sono quindi necessari e auspicabili proprio perché riconoscono l'indipendenza della BCE.
37. La BCE dovrebbe essere soggetta a una verifica completa della Corte dei conti europea andando oltre il concetto di "efficienza operativa" (articolo 27, paragrafo 2, dello statuto del SEBC e della BCE)?
Il governo societario della BCE è soggetto a un quadro completo di controlli esterni e interni, di cui la maggior parte degli elementi è per natura prevista per legge. La valutazione dell'efficienza operativa della gestione della BCE da parte della Corte dei conti è un fattore importante nell'ambito di tali controlli. Questo quadro è completato da obblighi regolari di comunicazione al Parlamento europeo e al pubblico, nonché da controlli giudiziari della Corte di giustizia dell'Unione europea. Tutti questi elementi sono stati stabiliti anche alla luce della garanzia di indipendenza delle banche centrali. L'indipendenza della BCE si estende altresì alle sue risorse finanziarie.
Da ciò ne consegue che non è necessario ampliare i controlli da parte della Corte dei conti oltre il concetto di efficienza operativa.
E. In generale
38. Quali ritiene siano i rischi e le sfide più importanti per la BCE?
Per quanto riguarda le sfide e i rischi principali che attendono la BCE, mi limiterò a elencarne tre.
L'attuazione della nostra strategia per uscire dalla crisi costituisce una sfida senza precedenti, con la necessità di garantire una revoca graduale delle misure straordinarie della BCE. La prevalenza dell'incertezza del mercato, tuttavia, implica che determinare l'andamento e il grado appropriato di tale strategia continua a essere un compito impegnativo. Ritengo che i provvedimenti per la strategia avviati finora dalla BCE sono stati del tutto adeguati e giustificati dalla valutazione delle condizioni del mercato economico e finanziario. Occorre proseguire con grande attenzione, poiché i costi degli errori possono essere molto elevati, dal momento che è nota la storia della ripresa da gravi crisi bancarie ed economiche.
Un'altra sfida che vorrei sottolineare è rappresentata dall'istituzione e dal funzionamento dell'ESRB, che la BCE sosterrà. Sotto il profilo intellettuale, questo compito è difficoltoso dato che è necessario sviluppare nuovi strumenti per la valutazione dei rischi macroprudenziali, mentre anche gli strumenti esistenti possono essere utilizzati a questo scopo. Inoltre, considerate le sovrapposizioni tra il consiglio generale e direttivo della BCE e il nuovo consiglio generale dell'ESRB per quanto concerne la composizione di entrambi gli organismi, è opportuno garantire una comunicazione adeguata e uniforme. In particolare, occorre rilevare che non esiste compromesso fra l'obiettivo della stabilità dei prezzi e il sostegno che la BCE può prestare per altri obiettivi, compresa la stabilità finanziaria. Infine, sono ravvisabili, ad esempio, questioni organizzative, come la modalità con cui includere la funzione di sostegno dell'ESRB nell'attuale struttura della BCE.
Da ultimo, vorrei menzionare la sfida derivante dalle pressioni create dagli squilibri esistenti in diversi paesi membri. Si tratta di un problema per i paesi stessi e per tutte le istituzioni europee con responsabilità di gestione dell'unione monetaria, ma deve prevedere anche un ruolo attivo per la BCE. Come ricordato in precedenza, esiste soltanto una politica monetaria per l'area dell'euro nel suo complesso, ma anche una missione per la BCE nel contribuire all'analisi della competitività e delle divergenze nell'area che aiuti i paesi stessi a considerare e attuare le politiche appropriate. Essere membri dell'Unione europea comporta vantaggi per i paesi interessati, ma anche obblighi. Per i membri dell'area dell'euro, questa considerazione è ancor più valida. Occorre che tutti rispettino tali responsabilità, al fine di trarre il massimo beneficio dall'unione economica e monetaria in Europa. Gli interventi politici devono essere in linea con i requisiti europei. Con queste affermazioni non intendo riferirmi soltanto all'osservanza delle norme fiscali nel patto di stabilità e crescita, ma anche all'applicazione di politiche strutturali che rendano l'Europa più produttiva, e quindi più flessibile. In modo analogo, gli operatori privati devono assumere una condotta equilibrata relativa a costi e formazione dei salari. Progressi e convergenza insufficienti in questi ambiti non solo mi preoccupano in quanto sostenitore entusiasta dell'Europa, ma compromettono l'ambiente in cui opera la BCE, e sono quindi fonte di preoccupazione nella mia veste di formatore della politica monetaria.
- [1] Per maggiori informazioni, consultare le "Caratteristiche generali degli strumenti e delle procedure di politica monetaria dell'Eurosistema", BCE, 2009.
- [2] In particolare, il presidente della BCE, insieme al presidente dell'Eurogruppo e al commissario europeo agli Affari economici e monetari, ha fatto visita alle controparti cinesi nel novembre 2007 e nel novembre 2009 per discutere questioni di interesse comune.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
23.3.2010 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
37 3 1 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Burkhard Balz, Godfrey Bloom, Sharon Bowles, Udo Bullmann, Pascal Canfin, Nikolaos Chountis, George Sabin Cutaş, Rachida Dati, Leonardo Domenici, Diogo Feio, Markus Ferber, Elisa Ferreira, Vicky Ford, José Manuel García-Margallo y Marfil, Jean-Paul Gauzès, Sven Giegold, Sylvie Goulard, Enikő Győri, Liem Hoang Ngoc, Gunnar Hökmark, Othmar Karas, Wolf Klinz, Jürgen Klute, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Astrid Lulling, Hans-Peter Martin, Arlene McCarthy, Ivari Padar, Antolín Sánchez Presedo, Olle Schmidt, Edward Scicluna, Peter Simon, Ivo Strejček, Kay Swinburne, Marianne Thyssen, Ramon Tremosa i Balcells, Corien Wortmann-Kool |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Sophie Auconie, Pervenche Berès, Herbert Dorfmann, Sari Essayah, Robert Goebbels, Jan Kozłowski, Philippe Lamberts |
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