RELAZIONE sui sistemi sanitari nell’Africa subsahariana e la sanità mondiale

6.9.2010 - (2010/2070(INI))

Commissione per lo sviluppo
Relatrice: Véronique De Keyser

Procedura : 2010/2070(INI)
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A7-0245/2010
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A7-0245/2010
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sui sistemi sanitari nell’Africa subsahariana e la sanità mondiale

(2010/2070(INI))

Il Parlamento europeo,

–    visto l’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che riconosce la salute come un diritto fondamentale,

–    visto il diritto di ogni persona di godere del miglior stato di salute fisica o mentale possibile,

–    vista l’iniziativa di Bamako del 1987 e l’obiettivo “Sanità per tutti nell’anno 2000”,

–    vista la dichiarazione di Alma-Ata del 1978 che definisce la nozione di cure sanitarie primarie,

–    vista la carta di Ottawa del 1986 per la promozione della sanità,

–    vista la proposta del Fondo internazionale di assistenza all’infanzia, accettata dall’OMS nel 1987, di rilanciare la politica delle cure sanitarie primarie e di lottare contro la mortalità infantile,

–    vista la piattaforma di Abidjan del 1998 sul tema “Strategie di sostegno alle mutue sanitarie in Africa”,

–    visti gli obiettivi del Millennio per lo sviluppo (OMS) dell’ONU del 2000 relativi in particolare allo sviluppo umano (salute e istruzione), l’acqua e l’energia, lo sviluppo rurale, l’agricoltura e la sicurezza alimentare, in particolare gli obiettivi 1, 4, 5, 6 e 8,

–    visti gli accordi di Cotonou del 23 giugno 2000, rivisti il 25 giugno 2005,

–    viste le priorità dell’Unione europea definite nel dicembre 2005 nel “Consenso europeo per lo sviluppo”,

–    vista la conferenza internazionale di Ouagadougou del 2008 sulle cure sanitarie primarie e i sistemi sanitari in Africa e l’impegno assunto dei capi di Stato presenti di portare le risorse destinate alla salute al livello minimo del 15% del bilancio nazionale,

–    viste le dichiarazioni dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) volte a istituire un’assicurazione malattia universale a beneficio delle popolazioni e il regolamento (n. 7/2009) del 26 giugno 2009 che disciplina la mutualità sociale in seno all'UEMOA,

–    visto il decimo Fondo europeo di sviluppo relativo al periodo 2008-2013 e la decisione del Consiglio del dicembre 2005,

–    vista la dichiarazione di Parigi del marzo 2007 successiva alla Conferenza “Consorzio” (G8, BIT, OMS, BM, FMI, OCSE) sulla copertura del rischio malattia,

–    viste le priorità del Fondo fiduciario UE-Africa definite nell’aprile 2007, in particolare il capitolo relativo allo sviluppo delle reti infrastrutturali in Africa,

–    vista l’iniziativa globale “International Health Partnership” di Londra del 5 settembre 2007 mirante a migliorare il coordinamento dell’aiuto esterno sul piano bilaterale e multilaterale,

–    visto il vertice del G8 del giugno 2007 e il varo dell’iniziativa “Providing for health” per lo sviluppo di sistemi di finanziamento della salute sostenibili, equi, "pro-poor" e a copertura universale,

–    visto il nuovo strumento di finanziamento della cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea (SCD),

–    vista la relazione speciale della Corte dei conti dell’Unione europea (10/2008) sull’aiuto europeo ai servizi sanitari nell’Africa subsahariana,

–    vista la strategia comune Unione africana/Unione europea in materia di sanità definita a Lisbona nel dicembre 2007,

–    visto il documento congiunto non ufficiale Presidenza/Commissione approvato nella riunione informale dei ministri dello sviluppo del settembre 2008 a Bordeaux sulla copertura del rischio malattia e il finanziamento dei sistemi sanitari nei paesi in via di sviluppo,

–    vista la dichiarazione di Algeri del 2008 sulla ricerca in materia sanitaria,

–    vista la dichiarazione di Ethekwini del 2008 sull’igiene e il disinquinamento,

–    vista la dichiarazione di Libreville dell’agosto 2008 sulla sanità e l’ambiente in Africa,

–    vista la dichiarazione di Bali del 2008 sulla gestione dei rifiuti per la salute umana,

–   viste le conclusioni della conferenza di Oslo dell'ottobre 2008 sui principi guida quali strumenti atti a far rispettare i diritti degli sfollati interni, vale a dire le persone sfollate contro la loro volontà a seguito di conflitti, persecuzioni, catastrofi naturali, progetti di sviluppo, che abbiano superato o meno una frontiera,

–    visti gli obiettivi definiti da EuropAID per il periodo 2009-2013,

–   visto lo studio sul diritto consuetudinario condotto dal CICR, che individua in particolare nella sanità la norma consuetudinaria del diritto umanitario internazionale da rispettare,

–    vista la dichiarazione dell’Associazione internazionale della mutualità (giugno 2009) sul posto della mutualità nei sistemi universali di protezione della salute,

–    visti i lavori condotti dal programma STEP I e II (Strategie e tecniche contro l’esclusione sociale e la povertà) dell’Ufficio internazionale del lavoro per lottare contro l’esclusione sociale, ridurre la povertà e promuovere il lavoro decente attraverso strategie innovatrici di estensione della protezione sociale,

–    vista la dichiarazione di Yaoundé del settembre 2009, approvata dai membri della Concertazione tra gli operatori dello sviluppo delle mutue sanitarie in Africa che considera queste ultime come una risposta adeguata per raggiungere l’obiettivo della copertura universale nei paesi con scarso o medio reddito,

–    vista l’adozione nell’aprile 2009 da parte del “Consiglio dei capi di segreteria” di tutti gli organismi delle Nazioni Unite della “Initiative mondiale d'un socle universel de protection sociale” basata su un insieme coerente e articolato di trasferimenti sociali essenziali e di servizi sociali fondamentali, tra cui la salute, a cui tutti i cittadini dovrebbero avere accesso,

–    visti i lavori dell’Assemblea parlamentare paritetica UE-ACP del 3 dicembre 2009, in particolare la risoluzione sui problemi agricoli e i cambiamenti climatici che potranno avere solo un effetto negativo sulla sanità pubblica e l’iniziativa “Clima per lo sviluppo dell’Africa”,

–    vista la comunicazione della Commissione del 2010 (COM(2010)0128) volta a promuovere il ruolo dell’Unione europea nella sanità globale,

–    viste le conclusioni del 3011° Consiglio Affari esteri del 10 maggio 2010 sul ruolo dell’Unione europea nel settore della sanità mondiale,

–    visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–    vista la relazione della commissione per lo sviluppo (A7-0245/2010),

A.  considerando che i fondi verticali nel settore sanitario sono riusciti a diminuire la mortalità connessa a grandi patologie come la tubercolosi, la malaria, ecc. e che gli sforzi in tal senso devono proseguire,

B.  considerando che la comunità internazionale, compresa l’UE, deve sostenere gli Stati nell’attuazione della loro politica nazionale in materia di sanità, mettendo al centro di tali misure le prestazioni sanitarie finanziate dai poteri pubblici e accessibili a tutti,

C.  considerando che i sistemi sanitari di base devono assicurare la presa a carico di tutte le patologie e di conseguenza che i due approcci orizzontale e verticale sono necessari e complementari,

D.  considerando che un approccio orizzontale ben strutturato consente di instaurare sistemi assicurativi (mutue sanitarie, microassicurazione sanità, ecc.) in cui i beneficiari diventano gli attori della propria salute,

E.   considerando che la salute non è una merce, in Africa come altrove, e che occorre cercare approcci di assicurazione sanitaria non lucrativi basati sui valori della solidarietà e della democrazia,

F.   considerando che molteplici iniziative volte a instaurare sistemi di copertura contro il rischio malattia hanno avuto luogo in Africa negli anni ‘90 e che la dinamica sociale che rivelano deve essere sostenuta,

G. considerando che la terminologia utilizzata dai paesi anglofoni, francofoni o di lingue africane non è la stessa e non copre sempre la stessa nozione, che alcuni parlano di "mutua sanitaria" (mutual health organisations), altri di "assicurazione malattia su base comunitaria"(Community Based Health insurance) o ancora di "microassicurazione sanitaria", e che questi termini abbracciano un ampio spettro di dispositivi di solidarietà fondati sulla mutualizzazione dei rischi per coprire in parte o integralmente i costi dei servizi sanitari,

H. considerando che il termine "mutua" mette l'accento sul movimento sociale e sull'azione comune di un gruppo di membri, che il termine "assicurazione" si basa su 1) il pagamento preliminare di contributi - vale a dire prima della concretizzazione dei rischi -, 2) la condivisione dei rischi e 3) la nozione di garanzia, e che la mutua può essere definita, secondo la piattaforma di Abidjan (1998), un'associazione autonoma senza scopo di lucro, fondata sulla solidarietà e la partecipazione democratica che, essenzialmente tramite i contributi dei suoi membri, persegue l'obiettivo di migliorare l'accesso di questi e delle loro famiglie a un'assistenza sanitaria di qualità, conducendo un'azione di previdenza e di reciproco aiuto,

I.   considerando che alla luce delle condizioni sociali e umanitarie nelle quali vivono talune popolazioni, i cittadini non sempre comprendono il concetto di previdenza e, di conseguenza, l'utilità di versare contributi per assicurarsi contro un rischio malattia che può anche non concretizzarsi, tanto più che ONG di vario genere possono fornire in parallelo e gratuitamente cure sanitarie e medicinali,

J.   considerando che alla diaspora africana subsahariana sono state rivolte campagne di sensibilizzazione sull'utilità e l'interesse delle mutue sanitarie nei diversi paesi d'accoglienza dove sono ben sviluppate, e che la diaspora mantiene spesso un contatto privilegiato con i paesi d'origine,

K. considerando che è impossibile attuare un sistema monolitico di cure sanitarie in Africa, come avviene in Europa, dove coesistono differenze tra regimi universali di sicurezza sociale, da un lato, e sistemi obbligatori di assicurazione sociale, dall'altro,

1.   ricorda che la sanità riflette il livello socioeconomico, la democrazia e il buon governo degli Stati;

2.   ricorda l’influenza per l’economia dei paesi subsahariani di fattori esterni, come le regole del mercato internazionale, le politiche di cooperazione, la crisi finanziaria, il cambiamento climatico, la politica delle grandi case farmaceutiche e la politica delle grandi istituzioni finanziarie internazionali,

3.   sottolinea che tali fattori esterni possono ridurre drammaticamente il margine di manovra degli Stati desiderosi di assicurare un buon governo e incidere profondamente sulla salute delle popolazioni;

4.   ricorda che il diritto universale alla salute è un diritto trasversale che incide su altri settori del diritto, come quello sanitario e sociale, il diritto del lavoro e il diritto civile;

5.  ricorda alla comunità internazionale i suoi impegni a favore degli Obiettivi del Millennio e all'Unione europea il suo impegno a migliorare gli aiuti che eroga ai servizi sanitari dell'Africa subsahariana;

6.  ricorda il diritto delle donne di controllare senza remore le questioni relative alla loro salute riproduttiva, che si tratti di procreazione, di contraccezione, di aborto o di malattie sessualmente trasmissibili; condanna le mutilazioni genitali e le violenze inaudite di cui le donne sono ancora vittime, in quanto lo stupro continua ad essere un’arma di guerra; ne difende pertanto il diritto di accedere all'assistenza sanitaria in questi ambiti grazie a un approccio orizzontale, e invoca un approccio diagonale che consenta di sostenere prioritariamente quest'area sanitaria;

7.  ricorda il diritto di ogni bambino di avere accesso ai programmi di vaccinazione e di immunizzazione; ricorda altresì che 8,8 milioni di bambini di età inferiore a cinque anni (di cui la metà nell'Africa subsahariana) continuano a morire ogni anno a causa di malattie che è possibile prevenire e guarire;

8.  ricorda che la polmonite e la diarrea sono le principali cause di mortalità infantile nell'Africa subsahariana;

9.  è preoccupato per il fatto che organizzazioni private che beneficiano di fondi europei e assicurano prestazioni sanitarie presso popolazioni africane possono limitare, sotto l’influsso di correnti religiose, talune pratiche sanitarie o di prevenzione in materia di salute riproduttiva;

10. sottolinea che le organizzazioni private che beneficiano di fondi europei devono fornire prestazioni sanitarie, in materia di salute riproduttiva, nel rispetto dei diritti fondamentali, della dignità e della libertà delle persone;

11. condanna la proliferazione di organizzazioni settarie che abusano della credulità delle popolazioni più fragili per dispensare pseudocure senza reazione da parte delle autorità al potere;

12. è preoccupato per la forma crescente di mercificazione della salute e di una medicina a due velocità nei paesi che conoscono difficoltà politiche e carenze in termini di buon governo;

13. sostiene il lavoro spesso ammirevole di associazioni non governative che operano in regioni in preda a conflitti, ma ricorda che tale lavoro di emergenza non può essere perenne né sostituirsi a sistemi sanitari e assicurativi sostenibili;

14. sottolinea la forte rilevanza, nel migliorare la salute delle popolazioni e nel promuovere l'educazione sanitaria, degli operatori non statali, comprese talune organizzazioni religiose, i cui ospedali privati non hanno scopo di lucro;

15. chiede alla Commissione di promuovere il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali anche attraverso un metodo che riconosca la centralità dell’interesse pubblico e l'importanza, per il settore sanitario, del partenariato pubblico-privato, incluso il settore non lucrativo, secondo criteri di efficacia ed equità onde raggiungere risultati sostenibili e duraturi;

16. constata che la gran parte della popolazione dell'Africa subsahariana, in particolare nelle zone rurali, non può far fronte alle spese sanitarie e all’acquisto di medicinali anche generici;

17. è particolarmente preoccupato per la presenza sul mercato africano di medicinali scaduti, adulterati o falsi e per la debole reazione delle autorità nazionali e della comunità internazionale;

18. è preoccupato per la grave carenza di personale medico con una buona formazione e per il fatto che numerosi medici non restano nel loro paese; propone di offrire loro visti multi-ingresso affinché possano continuare a seguire la formazione in Europa pur continuando a vivere in Africa;

19. deplora la carenza di personale sanitario qualificato – medici, infermieri, farmacisti – in numerosi paesi africani e il reclutamento di gran parte di tale personale assunto da parte degli Stati europei, che sottraggono pertanto a questi paesi risorse preziose per il loro sviluppo;

20. sottolinea il crescente aumento registrato nei paesi in via di sviluppo di una patologia devastante come il cancro infantile e chiede alla Commissione di incoraggiare campagne di informazione per favorire la diagnosi precoce e cure efficaci;

21. si compiace del fatto che nonostante difficoltà sociali, economiche e politiche, numerosi paesi subsahariani tentano di adottare politiche suscettibili di migliorare o permettere l’accesso della rispettiva popolazione alle cure sanitarie più elementari; chiede alla Commissione europea di valutare approfonditamente, in tema di sanità, i risultati raggiunti in termini di miglioramento della salute (mortalità materna e infantile), grazie al meccanismo di finanziamento di supporto al budget generale degli Stati; chiede, inoltre, di prendere in considerazione altri meccanismi di finanziamento;

22. ricorda l'importanza dell'educazione in tema di salute e di igiene nelle politiche sanitarie;

23. ritiene necessario che gli Stati organizzino servizi sanitari funzionali, socialmente efficaci e finanziariamente accessibili integrando questioni organizzative della domanda sanitaria e istituendo dunque le mutue sanitarie nei sistemi sanitari; ritiene che ciò presuppone anche l'istituzione di un sistema di registrazione anagrafica;

24. sottolinea il ruolo essenziale delle autorità locali nel migliorare la prevenzione e l'accesso alle cure sanitarie;

25. si compiace del successo incontrato dai fondi verticali in termini di attrattività per i donatori e dei passi avanti compiuti in materia di regressione delle grandi patologie come l’AIDS, la tubercolosi, la malaria, la poliomielite ed altre malattie gravi; insiste tuttavia sul fatto che tale approccio verticale non può in nessun caso sostituire un approccio orizzontale e sostenibile in materia di cure sanitarie di base;

26. ricorda che un approccio orizzontale in termini di sistema sanitario di base con la partecipazione dei pubblici poteri, ma anche di numerosi altri operatori, è l’unico in grado di produrre a termine un miglioramento sostenibile delle condizioni di vita e di salute delle popolazioni;

27. sottolinea che è poco verosimile che a breve termine tali Stati possano finanziarie, sulla base delle loro sole entrate fiscali, sistemi sanitari nazionali e che dovrà essere ricercato un finanziamento misto; ricorda altresì che il cofinanziamento induce i paesi partner a assumersi maggiore responsabilità nei progetti;

28. si compiace dell’approccio diagonale di taluni fondi verticali che hanno deciso di riservare parte delle loro risorse al consolidamento dei sistemi sanitari dei paesi interessati dalle patologie in questione; rileva altresì la necessità di promuovere una cooperazione sanitaria composta da gemellaggi e scambi continuativi, anche grazie alla telemedicina, tra ospedali e operatori statali e non statali del settore sanitario, sia del Nord sia del Sud del mondo, privilegiando la formazione degli operatori sanitari locali;

29. ritiene necessaria la conclusione di alleanze strategiche tra i principali operatori a livello locale, nazionale e internazionale, e reputa indispensabile avviare un dialogo istituzionale tra governo, prestatari di cure sanitarie e operatori delle mutue per definire e pilotare l'attuazione della politica sanitaria;

30. ritiene, analogamente all'OMS, che l'ampliamento delle cure sanitarie debba coniugarsi a una sicurezza sociale basata sul pagamento preliminare e la ripartizione anziché sul pagamento diretto da parte degli utenti, e che le riforme volte a garantire una copertura universale costituiscano una condizione imprescindibile per migliorare l'equità in materia sanitaria;

31. ritiene che un sistema di assicurazione sanitaria possa contribuire a consolidare finanziariamente un sistema sanitario e che tutti gli sforzi debbano essere intrapresi pur strutturarlo efficacemente a livello locale;

32. osserva che esistono principalmente due regimi in grado di fornire cure sanitarie gratuite laddove è necessario, vale a dire i regimi universali di sicurezza sociale, finanziati con le imposte, e i regimi obbligatori di assicurazione sociale;

33. ritiene che un sistema di assicurazione sanitaria debba essere solidale e adeguarsi al contesto culturale, sociale e politico di cui fa parte: non può dunque essere né la semplice trasposizione di un modello importato né l’eredità immutata di un passato coloniale;

34. ritiene che un sistema di assicurazione sanitaria debba permettere l’accesso alle cure a tutti, essere senza scopo di lucro e essere partecipativo;

35. ritiene che un sistema di assicurazione sanitaria possa contribuire a pilotare e influenzare la politica sanitaria dello Stato in cui esplica le sue attività a beneficio di tutti gli utenti;

36. ritiene che le mutue sanitarie siano quelle in grado di creare meglio una dinamica sociale basata sui valori di solidarietà e di permettere l’accesso alle cure a tutti;

37. ritiene che le mutue sanitarie svolgano un ruolo importante ai fini del miglioramento della coesione sociale, abbiano la capacità di operare per l’accesso a cure di qualità e per un’autentica partecipazione civile nell’orientare e attuare politiche sanitarie, articolandosi con i sistemi formali di protezione sociale;

38. afferma che le mutue sanitarie hanno saputo adattare i mestieri dell’assicurazione alle caratteristiche socioeconomiche delle popolazione dell’economia informale che restano escluse dai regimi formali e dalle assicurazioni commerciali e che costituiscano pertanto la risposta adeguata per raggiungere l’obiettivo della copertura universale nei paesi con scarso o medio reddito;

39. afferma che le mutue sanitarie non hanno come obiettivo primario quello di sostituirsi agli Stati, ma costituiscono un’alternativa per sormontare le barriere d’accesso alle cure mediche e permettere un migliore accesso alle cure di qualità per tutti i cittadini a prescindere dai rispettivi redditi, spingendo lo Stato a reinvestire in questo settore;

40. incoraggia gli sforzi di taluni Stati che, coscienti delle situazioni e delle necessità locali, sostengono iniziative di tipo settoriale (agricoltori, coltivatori di caffè, gruppi femminili, abitanti di uno stesso quartiere) a carattere etnico, comunitario o ancora di forma tradizionale come le tontine;

41. constata che vari Stati come Burundi, Burkina Faso, Capo Verde, Senegal, Benin, Ruanda, Tanzania, Ghana, Nigeria, Guinea o Camerun dispongono di sistemi talvolta molto diversi, ma che raggiungono il loro scopo;

42. insiste sull’adeguamento dei sistemi ai valori della solidarietà e alla cultura africana, stante che la nozione di famiglia è estesa in Africa, il che pone la questione del numero di utenti dell’aiuto mutualistico se declinata all’occidentale;

43. sottolinea il ruolo di intermediazione che la diaspora subsahariana potrebbe svolgere al fine di sensibilizzare i compatrioti all'utilità e all'adozione delle mutue sanitarie nel proprio paese;

44. insiste sull’interdipendenza tra i sistemi di assicurazione e la strutturazione delle cure sanitarie orizzontali, stante che la popolazione non vede l’utilità di versare contributi se non è garantito l’accesso alle cure e alle medicine;

45. è convinto che l’approccio in termini di assicurazione richieda una vasta sensibilizzazione della popolazione attraverso programmi adeguati;

46. chiede alla Commissione di continuare a porre l’accento, nei suoi programmi, su progetti concreti che riguardano i fattori socio-economici della sanità – acqua potabile, infrastrutture stradali, sicurezza alimentare, habitat e lavoro dignitosi, protezione dell'ambiente, lotta contro il cambiamento climatico;

47. invita gli Stati membri e i laboratori europei, conformemente alle disposizioni dell'accordo sugli ADPICS, a negoziare un "approccio attraverso il partenariato "che rispetti la protezione dei brevetti per i mercati sviluppati e includa accordi di licenza volontari, un sostegno ai programmi sanitari, un trasferimento di tecnologie e un aumento delle capacità produttive locali onde consentire una riduzione dei prezzi dei medicinali (prezzi scaglionati o differenziati) per i paesi a basso reddito;

48. chiede all'UE di non includere negli APE disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale che costituirebbero ulteriori ostacoli all'accesso ai medicinali essenziali; ricorda, a tale riguardo, che in virtù della dichiarazione di Doha del 2001 sugli ADPICS e la sanità pubblica, l'UE si è impegnata a far prevalere la sanità pubblica sui suoi interessi commerciali; invita l'UE a utilizzare il quadro degli APE per aiutare i paesi ACP a attuare le forme di flessibilità previste dalla dichiarazione di Doha;

49. chiede alla Commissione di fornire indicatori di finanziamento trasparenti per quanto riguarda la sanità di diversi paesi: costo della malattia in termini di cure e assenze per malattia, tassi di mortalità infantile e materna, entità della popolazione, livello di reddito del paese, ecc.;

50. chiede alla Commissione di sostenere il modello orizzontale della sanità e di considerare nei suoi principi di politica sanitaria che le mutue sanitarie hanno un ruolo da svolgere in quanto meccanismo di protezione della salute in una con altri modelli al fine di partecipare all’estensione della copertura sanitaria;

51. esorta la Commissione a far sì che talune categorie che incontrano difficoltà ad accedere alle cure sanitarie, come i custodi di bestiame, possano ricorrere ai sistemi di cure sanitarie;

52. chiede alla Commissione di adottare una posizione ferma in sede di Fondo mondiale di lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria che si terrà a New York nell'ottobre 2010 e di impegnarsi in progetti concreti per il periodo 2011-2013;

53. chiede alla Commissione di affiancare al suo sostegno ai fondi verticali raccomandazioni per uno sforzo “diagonale” di sostegno alle cure di base nei paesi interessati; analogamente, invita la Commissione a formulare raccomandazioni destinate ai fondi verticali affinché elaborino strategie di uscita destinate ai paesi partner a medio termine, nella misura in cui essi raggiungono gli obiettivi definiti;

54. chiede alla Commissione di garantire la massima coerenza, a livello delle politiche condotte in materia di relazioni esterne, elaborando una comunicazione sulla protezione sociale nel quadro della cooperazione allo sviluppo, come suggerito dal Consiglio nelle sue conclusioni sulla promozione dell'occupazione nel quadro della cooperazione allo sviluppo dell'UE (21 giugno 2007); reputa necessario che tale comunicazione sia accompagnata da un concreto piano d'azione, limitato nel tempo e dotato di risorse specifiche;

55. invita la Commissione a sostenere il rilascio di tessere sanitarie nei paesi partner dell'Unione europea e a organizzare con i paesi interessati - se necessario, su scala regionale - l'adeguamento delle necessità e dei mezzi in questo settore;

56. invita la Commissione a inserire le azioni condotte nel quadro dell'azione umanitaria per le cure sanitarie nel rafforzamento del sistema sanitario orizzontale, mirando all'approccio LRRD (nesso tra azioni d'emergenza, di riabilitazione e di sviluppo);

57. chiede all’Unione europea di valorizzare il potenziale costituito dalle mutue sanitarie nell’organizzazione della domanda sanitaria e di sostenere le numerose iniziative mutualistiche esistenti il cui obiettivo è quello di favorire l’accesso alle cure sanitarie;

58. chiede agli Stati membri di fornire, a seconda dei rispettivi settori di competenza, un maggiore sostegno tecnico e finanziario ai governi dei paesi in via di sviluppo al fine di concretizzare e ampliare i sistemi di protezione sociale;

59. esorta la Commissione e le istituzioni finanziarie internazionali come la BEI a sostenere lo sviluppo di sistemi mutualistici di assicurazione malattia e il loro finanziamento, ad esempio garantendo crediti, (co)finanziando investimenti in cliniche e assumendosi integralmente o in parte le retribuzioni del personale sanitario;

60. chiede alle compagnie di assicurazione, alle banche e alle mutue europee di prendere l'iniziativa di trasferire le loro vaste conoscenze e il know-how acquisito in oltre due secoli di storia delle assicurazioni, a nuovi regimi di assicurazione nei paesi in via di sviluppo; invita la Commissione a sostenere e facilitare attivamente questo tipo di iniziative;

61. invita l'Unione europea a sostenere attivamente lo sviluppo di infrastrutture sanitarie di base durevoli - ospedali e dispensari, farmacie -, la formazione di personale sanitario qualificato e l'accesso ai medicinali;

62. chiede alla Commissione di assicurarsi che le politiche europee in materia di sanità riproduttiva vengano promosse adeguatamente presso tutte le associazioni che beneficiano di fondi europei;

63. chiede al Consiglio di fare pressione sugli Stati membri affinché rispettino gli impegni finanziari in materia di aiuto alla cooperazione; deplora in particolare l'operato di alcuni Stati membri che non destinano lo 0,56 % del PIL alla cooperazione internazionale;

64. invita tutti gli Stati membri e la Commissione a destinare almeno il 20% di tutte le spese per lo sviluppo alla sanità e all'istruzione di base, ad aumentare i propri contributi al Fondo globale contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria e ad aumentare i propri finanziamenti a favore di altri programmi volti a potenziare i sistemi sanitari, nonché a dare priorità alla salute materna e agli sforzi per combattere la mortalità infantile;

65. chiede alla Commissione di conformarsi alle osservazioni e raccomandazioni rivoltele dalla Corte dei conti europea (documento 10/2008) per quanto riguarda l'aiuto allo sviluppo che essa fornisce ai servizi sanitari nell'Africa subsahariana nell'ambito dei suoi impegni volti a raggiungere gli obiettivi del Millennio, che devono essere assolutamente realizzati entro il 2015;

66. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

MOTIVAZIONE

I problemi sanitari dell’Africa subsahariana mettono alla prova il modello solidaristico tra Nord e Sud. Il fatto che l’aspettativa di vita tra un africano e un europeo possa differire di trenta o quarant’anni non può che lasciare interdetti. Questo scarto traduce la difficoltà di decollare di tutto un continente, a tutt’oggi marchiato dal suo passato di colonia. Il cattivo modo di governare di certi paesi, le conseguenze drammatiche della crisi finanziaria, il cambiamento climatico, le calamità naturali, la povertà estrema, le guerre, i paradisi fiscali che sfibrano l’Africa, l’ipercapitalismo delle grandi multinazionali, i conflitti etnici, la brama suscitata dalle straordinarie risorse naturali, le grandi epidemie come l’AIDS, sono tutti fattori che messi insieme e in interrelazione creano una situazione complessa.

L’aiuto di emergenza prodigato dalle ONG finanziate dall’UE e da tutta la comunità internazionale è una risposta frammentaria a tale complessità. Essa permette di fornire un rimedio alla bell’e meglio e di curare gratuitamente i più poveri. Ma non tutti hanno questa possibilità e tale tipo di aiuto non costituisce un modello sostenibile per il futuro. Viceversa, in certe regioni esso rappresenta paradossalmente un freno al fatto che del problema si faccia carico lo Stato o strutture complementari se non alternative che funzionano su una base solidaristica. Gli indicatori sanitari in Africa sono così preoccupanti che una privatizzazione della sanità non potrebbe che acuire ancor di più disparità stridenti.

È per questo motivo che la presente relazione invoca sistemi sanitari sostenibili anche se è poco verosimile, secondo la Banca Mondiale, che i paesi in via di sviluppo possano finanziare, sulla base di entrate fiscali, i rispettivi sistemi nazionali prima di un certo lasso di tempo. Sistemi non lucrativi finanziati in modo misto, sia attraverso risorse statali sia attraverso la solidarietà internazionale sia attraverso la partecipazione dei cittadini, sono quelli più in grado di rispondere all’immensa sfida sanitaria nell’Africa subsahariana. Nel 2006 l’aiuto internazionale rappresentava tra lo 0,25 e lo 0,5 % dei bilanci sanitari in questa regione del mondo. Ma anche con questo livello di aiuti il problema resta immane. Innanzitutto perché la crisi finanziaria che il mondo attraversa non induce i paesi europei a mantenere le proprie promesse, vale a dire arrivare ad almeno lo 0,7% del PNL versato per la cooperazione nel 2010. In secondo luogo perché è tradizione che la salute non sia una priorità: l’aiuto in materia sanitaria non arriva infatti che appena alla metà dell’importo riservato all’istruzione. Senza sottostimare l’importanza di quest’ultimo settore, tale differenza la dice lunga. Infine perché si pone ancora e sempre il problema dell’indirizzo del finanziamento.

Questi ultimi decenni hanno visto l’escalation dei fondi sanitari cosiddetti verticali, orientati cioè verso precise patologie come l'AIDS, la tubercolosi, la malaria, la poliomielite, ecc. che drenano l’aiuto internazionale e le iniziative private. I risultati in materia di ricerca, vaccini, prevenzione, sono stati notevoli, ma l’effetto perverso che è stato registrato è quello di un indebolimento dell’aiuto ai sistemi sanitari di base detti anche orizzontali. Tali sistemi orizzontali riguardano la salute in generale: accesso alle cure e alle medicine per tutta la popolazione senza discriminazioni, sfide costituite dalla mortalità infantile e materna, malattie banali ma che mietono vittime come la dissenteria dovute spesso alla povertà, alla mancanza d’igiene, all'assenza di acqua potabile, ecc. Si può analizzare all’infinito la varietà di sistemi sanitari esistenti in Africa o che tentano di esistere. Questo termine assai generale implica infrastrutture di base, operatori sanitari, cure prodigate, medicine e case farmaceutiche che le vendono, la comunità internazionale, le ONG, le chiese, talvolta le sette …. nonché i semplici cittadini, malati o portatori sani. Può sembrare più sicuro e più semplice, quando si è donatori, finanziare obiettivi chiari e è questa una delle ragioni dell’attrattività dei fondi verticali. Ma le critiche sempre più numerose da parte degli esperti sanitari preoccupati dei finanziamenti mal bilanciati tra i sistemi verticali e orizzontali non trovano una soluzione: certi fondi verticali optano adesso per una politica cosiddetta “diagonale”. Essi riservano parte del loro finanziamento al sostegno dei sistemi sanitari di base. È uno sforzo che va incoraggiato e generalizzato: questi fondi verticali devono infatti sostenere sistemi sanitari completi e integrati e non renderli fragili. Ma la debolezza dei sistemi sanitari di base induce altri effetti perversi. I molteplici flagelli e conflitti che hanno interessato l'Africa hanno lasciato propagarsi cure di emergenza assicurate gratuitamente dalle ONG o dalle chiese che fanno un lavoro ammirevole ma poco continuo: tali cure di emergenza sono indispensabili, ma non riescono lo stesso a sostituirsi a una politica sanitaria durevole.

Nel finanziamento parziale dei sistemi sanitari vi è una componente di assoluto interesse: la partecipazione della società civile e il fatto che se ne facciano carico i cittadini sotto forme originali e solidaristiche. Dagli anni ‘90 si assiste in Africa all’emergere e all’affermarsi progressivo di strutture mutualistiche assai diverse: organizzazioni comunitarie, contadine, giovani, di donne, a carattere sindacale o mutualistico[1]. La microassicurazione[2] ha suscitato un interesse crescente e gli sforzi di mutualizzazione, sostenuti o meno dai governi in carica, si sono moltiplicati. Detti sforzi richiedono un sostegno partecipativo in quanto l’ascolto e la valutazione del fabbisogno delle popolazioni è al centro del processo. Richiedono anche un quadro legislativo e implicano una vasta sensibilizzazione dei poteri pubblici, del corpo medico, dei cittadini[3]. Essi tentano altresì, in varie forme legate al contesto, di promuovere l’accesso a cure di qualità attraverso la solidarietà, la non esclusione, la democrazia e l’assenza di lucro. Le iniziative vengono tanto dal settore pubblico quanto da quello privato: le chiese, le reti non confessionali filosofiche e politiche, talune associazioni che si adoperano in tal senso. Ma gli ostacoli sono numerosi:

-     per potere e volere finanziare una assicurazione sanitaria occorre che le popolazioni godano di un minimo di risorse. I più poveri non possono contribuire;

-     occorre che le persone dispongano di infrastrutture e di un corpo medico disponibile: a che serve sottoscrivere un’assicurazione se non c’è un medico, un dispensario, un ospedale o una farmacia? Le infrastrutture sanitarie di base sono una condizione preliminare a qualsiasi mutualizzazione. Nelle zone urbane ma ancor più rurali, le popolazioni che non hanno i mezzi per recarsi nei centri sanitari si rivolgono al guaritore di turno o si riforniscono di medicine sul mercato o presso venditori ambulanti. Ma anche quando esistono le infrastrutture, il tasso di frequenza dei presidi sanitari è molto scarso: 0,24 l’anno nel Mali, 0,34 nel Burkina Faso e 0,30 nel Benin;

-    è necessaria anche una stabilità politica: i conflitti, le vessazioni e le guerre richiedono un modello alternativo e infrastrutture specifiche;

-     occorre infine trovare forme di assicurazione e di mutualizzazione rispettose del contesto africano e dei suoi valori e non cercare di trasporre in Africa un modello occidentale.

Svariati paesi africani si sono lanciati in iniziative promettenti con l’aiuto della comunità internazionale. Burkina Faso, Senegal, Burundi, Repubblica democratica del Congo e Capo Verde si sono, ad esempio, impegnati in un programma sostenuto da una ONG. Tale ambizioso programma si chiama ”Diritto alla salute”. Esso privilegia l’approccio comunitario e coinvolge, nei paesi citati, 153 organizzazioni comunitarie. Esso è inoltre combinato con altri programmi – “Lavoro decente, vita degna”, “ Sicurezza e sovranità alimentare” -: la salute non può infatti essere dissociata dallo sradicamento della povertà, dalla lotta contro la fame e le disparità sociali. L’idea che ne è alla base è un lavoro a rete in cui le varie mutue si sostengano e si rafforzino a livello locale, nazionale e internazionale. Esse possono così non solo agire più efficacemente al rispettivo livello, ma influire anche sulle politiche di sicurezza sociale e di sanità pubblica nei paesi in cui esercitano le loro attività. Nel Burkina Faso, il governo ha messo allo studio un progetto di assicurazione malattia universale. Nel Burundi il progetto di mutualizzazione può sostenersi su un sistema ben strutturato dalla base al vertice. In questo paesi la Confederazione nazionale dei coltivatori di caffè raggruppa più di 100.000 produttori e l’obiettivo è quello di fondare 25 mutue sanitarie strutturandole in 5 unioni con una federazione nazionale. Nella Repubblica democratica del Congo le strutture mutualistiche – come la mutua Musaru nell’est del Congo – fanno fatica a sostenere la "concorrenza” delle ONG che curano gratuitamente in particolare nelle zone di guerra. In tale regione però ci sono le chiese che sono gli elementi motori che spingono verso forme di mutualizzazione e agiscono attraverso una rete ben articolata e efficace.

Questioni essenziali sottendono il dibattito mutualistico in Africa. Qual è il posto delle mutue rispetto agli sforzi degli Stati che tentano di allestire strutture sanitarie? Qual è il posto delle mutue rispetto alle ONG che assicurano l’intera catena delle cure in modo gratuito? In che misura le mutue africane, i cui modelli sono centinaia, possono essere altra cosa che un semplice ripiego corporativo, religioso o etnico e emergere come movimento sociale? In che modo la comunità internazionale può svolgere un ruolo di supporto se non di iniziativa lasciando le strutture africane autonome e responsabili? Il modello delle mutue è un modello alternativo agli sforzi degli Stati, ma che fanno appello alla solidarietà degli aderenti. Ma aderenti danarosi anche? Un regolamento sopranazionale in materia di mutue sanitarie è stato di recente adottato a livello di Unione economica e monetaria dei paesi dell’Africa occidentale e numerosi paesi cercano di istituire un regime di assicurazione malattia obbligatoria. Preserverà esso i valori di solidarietà, dinamismo, flessibilità che dovrebbero guidare le mutue africane che si sviluppano in contesti così complessi? Sembra che oggi si sia arrivati a un bivio.

Un modello mutualistico sostenibile dovrebbe possedere varie qualità. Dovrebbe basarsi sulla solidarietà Nord/Sud e tra i suoi aderenti, ma porsi anche come obiettivo di lungo termine la propria autonomia e il proprio autofinanziamento. Dovrebbe essere flessibile e adeguarsi ai vari contesti. Dovrebbe mirare alla parità non tanto affinché ciascuno contribuisce alla propria sopravvivenza economica, ma anche per quanto riguarda l’accesso alle cure che garantisce. Dovrebbe essere partecipativo di una dinamica sociale sì da influenzare ovvero pilotare politiche sanitarie e far pressione sui governi. Non dovrebbe, dunque, dipendere direttamente dal governo in carica altrimenti si potrebbero commettere gli stessi errori e rendersi responsabili degli stessi insuccessi. Infine dovrebbe unire gli operatori sul terreno e associarli nello sforzo sanitario. Dovrebbe, cioè, essere economicamente valido a termine, solidale, flessibile, dinamico e partecipativo. È chiedergli molto, ma le iniziative sopra descritte vanno in questa direzione.

L’Unione europea ha un ruolo da svolgere nell’instaurazione di strutture sanitarie solidali. Innanzitutto operando affinché sussistano le condizioni preliminari ai sistemi mutualistici: consigliando, guidando, finanziando sistemi di base e l’accesso alle medicine senza le quali nessun sistema di assicurazione sanitaria può svilupparsi. Assicurando ai paesi dell’Africa subsahariana un finanziamento trasparente basato su indicatori sanitari derivati dalle esigenze della popolazione. Sostenendo quindi programmi di sensibilizzazione della popolazione alla prevenzione e alla diagnosi precoce delle malattie: la scarsa frequenza delle visite presso i centri sanitari, laddove essi esistono, testimonia dell’esistenza di un problema senza dubbio più vasto di quelli del finanziare. Infine, sostenendo programmi internazionali di solidarietà che creino iniziative e scambi che consentano di strutturare reti mutualistiche portatrici di una trasformazione sociale. La non mercificazione della salute, reclamata dall’Europa, dovrebbe essere la regola anche in Africa.

  • [1]  COHEUR Alain (2009), Structures mutualistes en Afrique. Les mutuelles de santé, actrices de changement social, Politique, HS13, novembre 2009,27-29.
  • [2]  La microassicurazione raggruppa l’insieme dei meccanismi di finanziamento delle cure sanitarie tra cui le mutue sanitarie, i sistemi di prepagamento, le casse solidaristiche, l’accoppiata credito/sanità.
  • [3]  MARIKO Lamine (2009), Burkina-Faso La mutualité, un pas vers la protection sociale. Les mutuelles de santé, actrices de changement social. Regards Nord-Sud. Politique, HS 13, novembre 2009, pp25-26.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

30.8.2010

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

17

6

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Véronique De Keyser, Leonidas Donskis, Charles Goerens, Catherine Grèze, Enrique Guerrero Salom, András Gyürk, Eva Joly, Filip Kaczmarek, Franziska Keller, Gay Mitchell, Norbert Neuser, Bill Newton Dunn, Maurice Ponga, Michèle Striffler, Alf Svensson, Eleni Theocharous, Patrice Tirolien, Ivo Vajgl, Iva Zanicchi

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Proinsias De Rossa, Miguel Angel Martínez Martínez, Patrizia Toia

Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Derek Vaughan