RELAZIONE sul rapporto annuale della BCE per il 2009

9.11.2010 - (2010/2078(INI))

Commissione per i problemi economici e monetari
Relatore: Burkhard Balz

Procedura : 2010/2078(INI)
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A7-0314/2010
Testi presentati :
A7-0314/2010
Testi approvati :

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sul rapporto annuale della BCE per il 2009

(2010/2078(INI))

Il Parlamento europeo,

–   visto il rapporto annuale 2009 della Banca centrale europea (BCE),

–   visto l'articolo 284 del trattato sull'Unione europea,

–   visto l'articolo 15 del Protocollo sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, allegato al trattato,

–   vista la sua risoluzione del 2 aprile 1998 sulla responsabilità democratica nella terza fase dell'UEM[1],

–   vista la comunicazione della Commissione del 7 ottobre 2009 sulla Dichiarazione annuale sull'area dell'euro 2009 (COM(2009)0527) e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che correda detta comunicazione (SEC(2009)1313/2),

–   vista la relazione del Gruppo ad alto livello presieduto da Jacques De Larosière, del 25 febbraio 2009,

–   vista la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nella Comunità e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico, presentata dalla Commissione il 23 settembre 2009 (COM(2009)0499),

–   vista la proposta di decisione del Consiglio che affida alla Banca centrale europea compiti specifici riguardanti il funzionamento del Comitato europeo per il rischio sistemico, presentata dalla Commissione il 23 settembre 2009 (COM(2009)0500),

–   vista la sua risoluzione del 25 marzo 2010 sul rapporto annuale della BCE per il 2008[2],

–   vista la sua risoluzione del 18 novembre 2008 sull'UEM @10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria[3],

–   visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A7-0314/2010),

A. considerando che il PIL reale della zona euro è sceso nel 2009 del 4,1% dopo l'aggravarsi delle turbolenze finanziarie in seguito al collasso della Lehman Brothers; che dietro a queste cifre aggregate sussistono sostanziali disparità tra gli Stati membri dell'area dell'euro,

B.  considerando che l'inflazione media annua si è attestata allo 0,3% e che le aspettative di inflazione a medio-lungo termine sono rimaste in linea con l'obiettivo della BCE di mantenere l'inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2%,

C. considerando che nella zona euro la percentuale media del deficit statale è oggi pari a circa il 6,3% mentre il rapporto debito-PIL è passato nel 2009 al 78,7% contro il 69,4% del 2008,

D. considerando che il tasso di cambio euro-dollaro è sceso da 1,39 USD del 2 gennaio 2009 a 1,26 USD a metà marzo 2009 e, dopo aver nuovamente raggiunto una punta di 1,51 USD ai primi di dicembre 2009, si è svalutato nel 2010, raggiungendo un minimo di 1,19 USD il 2 giugno 2010,

E.  considerando che nel corso del 2009 le autorità cinesi hanno manipolato il tasso di cambio del renminbi rispetto all'euro, mantenendolo artificialmente debole rispetto alla valuta dell'Unione,

F.  considerando che la BCE ha abbassato i tassi di interesse all'1% e ha proseguito con le sue misure non convenzionali e senza precedenti di sostegno al credito; considerando che lo stato patrimoniale della BCE è aumentato considerevolmente per tutto il 2009,

G. considerando che nella seconda metà del 2009 si sono registrati nella zona euro segni di stabilizzazione economica con tassi di crescita trimestrali che, seppur ancora deboli, sono ritornati ad essere positivi, sebbene, come evidenziano tali cifre aggregate, tale tendenza non sia stata riscontrata in tutti gli Stati membri, alcuni dei quali sono rimasti nello stesso periodo in fase di recessione,

H. considerando che, prima che la crisi del debito sovrano si manifestasse in vari paesi della zona euro, la BCE si attendeva per il 2010 un tasso di crescita compreso tra lo 0,1% e l'1,5% del PIL reale nell'area dell'euro,

Introduzione

1.  saluta con favore l'entrata in vigore, il 1° dicembre 2009, del trattato di Lisbona, che conferisce alla BCE lo status di Istituzione dell'UE, il che accresce le responsabilità del Parlamento come principale Istituzione attraverso la quale la BCE deve rispondere del suo operato ai cittadini europei;

2.  saluta la ripresa del Dialogo monetario con il nuovo Parlamento europeo dopo le elezioni del giugno 2009;

3.  è favorevole all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1° gennaio 2011;

4.  sottolinea che le misure di politica monetaria sono soltanto uno dei diversi fattori che concorrono all'effettivo andamento tendenziale dei prezzi e che, negli ultimi anni, le tendenze speculative nei singoli mercati e la crescente e prevista carenza di risorse naturali hanno inciso in modo particolare sul rialzo dei prezzi;

5.  sottolinea che tali squilibri creano notevoli difficoltà all'attuazione di un'idonea politica monetaria nell'area dell'euro; invita pertanto i governi a coordinare le rispettive politiche economiche;

Stabilità economica e finanziaria

6.  esprime profonda preoccupazione per il persistere di forti squilibri macroeconomici fra le economie della zona euro;

7.  ritiene che la crisi finanziaria di alcuni paesi della zona euro sia per l'intera eurozona una questione di una certa gravità e che rifletta una disfunzione all'interno dell'area; reputa che ciò sia indice della necessità di una riforma e di un maggiore coordinamento delle politiche economiche all'interno dell'area dell'euro;

8.  esorta la Commissione e la Banca centrale europea a formulare proposte conformi a quella del Comitato di Basilea sul pacchetto di misure "Basilea III", stabilendo regole vincolanti per l'introduzione di "cuscinetto anticiclico"; invita il Consiglio, la Commissione e la Banca centrale europea, allorché le proposte del Comitato di Basilea saranno state ratificate dal G20, ad adoperarsi ai fini di un'attuazione coerente e rapida delle proposte in oggetto;

9.  rileva il fatto che i principi del Patto di Stabilità e di Crescita non sono stati sempre pienamente rispettati nel passato; rammenta che se l'obiettivo di riequilibrare le finanze pubbliche e ridurre l'indebitamento è una necessità per gli Stati eccessivamente indebitati, esso non risolverà di per sé il problema degli squilibri economici tra i paesi dell'area dell'euro e, più in generale, dell'Unione europea; chiede pertanto un'applicazione più coerente e senza deroghe del Patto di Stabilità e di Crescita; reputa che il Patto debba essere integrato dallo sviluppo di un sistema di allerta precoce volto ad individuare eventuali incoerenze, ad esempio sotto forma di un "semestre europeo", non solo al fine di potenziare la vigilanza e rafforzare il coordinamento delle politiche economiche assicurando così il consolidamento fiscale, ma anche – al di là della dimensione di bilancio – onde far fronte ad altri squilibri macroeconomici e rafforzare i procedimenti di esecuzione;

10. ritiene che occorra agire fin d'ora per iniziare a ridurre gradualmente i deficit di bilancio e ristabilire la fiducia nelle finanze pubbliche europee;

11. nota che per una salda unione monetaria occorre un forte e migliore coordinamento delle politiche economiche, ma constata con rammarico come nell'Unione economica e monetaria l'enfasi sia stata posta fortemente sulla componente monetaria;

12. ritiene che agli Stati membri che non rispettano le norme dell'area dell'euro in materia di finanze pubbliche e di accesso a dati statistici affidabili debba essere applicata una gamma più ampia e aggiuntiva di misure volte ad assicurare un'osservanza più rigorosa;

13. è persuaso che a rendere ardua una rapida soluzione della crisi del debito sovrano in alcuni Stati membri dell'area dell'euro sia stata l'assenza di un meccanismo predeterminato di gestione delle crisi e la condotta di alcuni governi, e che ciò indebolirà la capacità dell'UEM di reagire prontamente a possibili situazioni analoghe in futuro; chiede pertanto che sia istituita una struttura permanente di gestione delle crisi;

14. insiste sulla necessità che il sostegno finanziario a favore di Stati membri dell'UE in situazione di crisi debitoria sia inteso a incoraggiare il rimborso dei prestiti, il pareggio di bilancio e le riforme economiche, ed evidenzia il pericolo di trasformare i prestiti in sovvenzioni finanziarie, incentivando il ricorso ai prestiti e la creazione di debiti;

15. invita pertanto la Commissione a presentare proposte per il rafforzamento del Patto di Stabilità e di Crescita, includendovi obiettivi specifici intesi a colmare il divario concorrenziale tra le economie europee, in modo da stimolare una crescita che generi nuovi posti di lavoro;

16. condivide le preoccupazioni in merito alle possibilità di speculazioni a danno dell'euro;

17. è del parere che la crescita del credito e l'andamento dei prezzi delle attività nell'Unione europea e negli Stati membri siano indicatori fondamentali per una vigilanza efficace della stabilità finanziaria nell'ambito dell'UEM e, più in generale, dell'Unione europea;

18. esprime preoccupazione per le continue tensioni sui mercati dei titoli sovrani dell'area dell'euro, manifestatesi nella crescita degli spread; ritiene che la fuga verso la sicurezza ("flight to safety") provocata dalle ondate di panico verificatesi durante l'attuale crisi finanziaria abbia avuto enormi effetti di distorsione e creato costose esternalità negative;

19. chiede la rapida attuazione del regolamento sulle agenzie di rating (n. 1060/2009) e accoglie con favore la proposta della Commissione, del 2 giugno 2010, concernente la modifica di detto regolamento, ma la invita nel contempo ad andare oltre, formulando proposte volte a esercitare una vigilanza più rigorosa sul funzionamento di tali agenzie, a rafforzare la responsabilità delle agenzie di rating creditizio e a valutare l'opportunità di istituire un'agenzia europea di rating del credito; sottolinea il fatto che, durante la crisi, la classificazione del debito sovrano nell'area dell'euro si sia rivelata problematica;

Governance e processo decisionale

20. sottolinea l'indipendenza della BCE;

21. raccomanda alla BCE una maggiore trasparenza nello svolgimento delle sue attività, onde rafforzare la sua legittimità e prevedibilità; ritiene che la trasparenza sia necessaria anche per i modelli interni utilizzati per valutare le garanzie collaterali illiquide e per le valutazioni attribuite a determinati titoli offerti come garanzia collaterale;

22. considera che, stante il nuovo status giuridico della Banca nel trattato di Lisbona, i candidati al Comitato esecutivo proposti dal Consiglio devono essere soggetti a speciali audizioni da parte della commissione parlamentare competente e successivamente al voto del Parlamento europeo; osserva inoltre che il ruolo della BCE è stato fondamentale sin dall'inizio della crisi e ritiene pertanto che tale ruolo dovrebbe comportare maggiore trasparenza e responsabilità;

23. si compiace che il trattato di Lisbona abbia conferito personalità giuridica all'Eurogruppo e che la BCE prenda parte alle sue riunioni;

24. sottolinea la determinazione del Parlamento europeo a proseguire il Dialogo monetario come componente importante del controllo democratico della BCE;

25. saluta con favore la proposta di istituire un Comitato europeo per il rischio sistemico ("European Systemic Risk Board", ESRB), che colmerà l'attuale deficit di vigilanza macro-prudenziale; invita la BCE a elaborare chiari modelli e definizioni per garantire il funzionamento efficace e la responsabilità dell'ESRB; aggiunge che ogni nuovo compito attribuito alla Banca centrale europea riguardo all'ESRB non comprometterà in alcun modo l'indipendenza della Banca;

26. nota che l'idea per cui l'ESRB dovrebbe limitarsi a formulare avvertimenti e raccomandazioni senza poteri impositivi non è soddisfacente ai fini di un'esecuzione efficace nonché in termini di responsabilità; si rammarica del fatto che l'ESRB non possa dichiarare l'emergenza autonomamente;

27. valuta positivamente la proposta di organizzare audizioni del presidente dell'ESRB dinanzi al Parlamento europeo, in un contesto diverso da quello dei Dialoghi monetari;

Uscita dalla crisi

28. è persuaso che la ripresa dell'attività economica nella seconda metà del 2009 si debba agli interventi straordinari decisi dai governi e dalle banche centrali di tutto il mondo sin dalla fine del 2008, interventi che hanno assunto la forma di garanzie sulle esposizioni bancarie, iniezioni di capitale e iniziative di sostegno degli attivi;

29. rileva che la crisi finanziaria nella zona euro è una crisi di solvibilità che si è inizialmente manifestata come una crisi di liquidità; ritiene che una siffatta situazione non possa, a lungo termine, essere risolta semplicemente introducendo nuovo indebitamento e liquidità in economie altamente indebitate, in combinazione con piani accelerati di risanamento delle finanze pubbliche;

30. ritiene parimenti che la crisi abbia rivelato una tendenza nelle politiche economiche di questi ultimi anni, che hanno concorso alla formazione dell'attuale livello elevato di indebitamento pubblico e privato, la cui correzione richiederà molti anni; reputa che alcune regioni d'Europa incontreranno maggiori difficoltà di altre ad affrontare le conseguenze e l'evoluzione della crisi e a realizzare una crescita economica sostenibile, innovazioni e creazione di nuovi posti di lavoro; sottolinea la necessità di riforme in tutta Europa;

31. rammenta che, prima dello scoppio della crisi finanziaria, il rapporto tra debito pubblico e PIL nella zona euro e nell'UE nel suo insieme, così come nella maggior parte degli Stati membri, aveva subito una riduzione tra il 1999 e il 2007 e che, per contro, i livelli di indebitamento delle famiglie e delle imprese e la leva del settore finanziario avevano registrato un aumento significativo nello stesso periodo;

32. rammenta che il notevole aumento del debito pubblico verificatosi dal 2008 in diversi Stati membri è stato innescato dal fatto che tali paesi hanno dovuto affrontare eccessi precedentemente causati da una crescita insostenibile del debito privato e da enormi bolle finanziarie; ritiene pertanto che l'attuale crisi abbia dimostrato chiaramente che la posizione fiscale è insostenibile se il finanziamento del settore privato è insostenibile;

33. nota che la crisi, insieme alle successive manovre di "salvataggio" e ai pacchetti di rilancio economico, ha condotto all'adozione di misure di austerità di ampia portata, peraltro spesso varate tardivamente, che condizionano pesantemente la capacità di intervento dei governi;

34. avverte che le manovre di austerità non devono prevedere misure suscettibili di frenare seriamente la ripresa economica, la quale richiede un nuovo modello di governance economica con strumenti e un calendario che forniscano un equilibrio tra il processo di consolidamento fiscale e la salvaguardia delle esigenze in termini di investimenti in occupazione e sviluppo sostenibile;

35. sottolinea che la difficoltà di accesso al credito dell'economia reale, in particolare delle PMI, è stata causata dalla contrazione della domanda conseguente al calo di attività nell'economia reale, come pure dalla riluttanza delle banche a erogare credito;

36. sottolinea che le banche di numerosi Stati membri si sono eccessivamente appoggiate sulla liquidità fornita dalla BCE;

37. rileva che le misure non convenzionali varate dalla BCE dall'ottobre 2008 a supporto del credito si sono rivelate efficaci al fine di evitare una recessione più grave e ulteriori perturbazioni finanziarie; ribadisce che la sospensione di tali misure deve essere ben programmata e attentamente coordinata con i governi nazionali e con le loro attività, in particolare nella prospettiva del ricorso collettivo e simultaneo a misure di austerità in numerosi Stati membri;

38. esprime tuttavia preoccupazione per il potenziale impatto asimmetrico della strategia di uscita della BCE, in considerazione delle differenze sostanziali tra gli Stati membri della zona euro per quanto riguarda il ciclo congiunturale;

39. sarebbe favorevole a che la Banca centrale europea accettasse in linea generale le obbligazioni governative dei paesi della zona dell'euro come garanzie nell'ambito degli accordi di riacquisto, seguendo così una prassi comprovata utilizzata dalla Banca d'Inghilterra e dalla Federal Reserve Bank;

40. sottolinea che un'uscita graduale dai disavanzi pubblici e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche rivestono un'importanza decisiva per l'area dell'euro nel suo insieme;

41. nota il numero delle proposte che nell'UE vengono formulate per completare i meccanismi prudenziali, gestire la crisi e regolamentare il cosiddetto "settore bancario ombra";

42. condivide le preoccupazioni in merito agli aspetti prociclici delle attuali norme regolamentari, prudenziali, contabili e fiscali, che amplificano le fluttuazioni intrinseche al funzionamento di un'economia di mercato;

43. sottolinea la necessità di accrescere sostanzialmente le riserve di capitale delle banche e migliorare la qualità del capitale, e accoglie con favore le proposte del Comitato di Basilea per una definizione più ristretta del capitale di base e l'introduzione di coefficienti patrimoniali più elevati; richiama inoltre l'attenzione sul legame fra economia finanziaria ed economia reale e sulle ripercussioni che la regolamentazione di una può avere sull'altra;

44. ritiene che il sistema finanziario globale debba essere reso meno fragile e che occorra trarre insegnamento dalla crisi a livello globale per ridurre il rischio sistemico, affrontare la questione delle bolle finanziarie nonché migliorare la qualità della gestione del rischio e la trasparenza dei mercati finanziari, ribadendo che il loro compito fondamentale è il finanziamento dell'economia reale;

La dimensione esterna

45. nota che nel corso del 2009 l'euro ha rafforzato il suo status di valuta internazionale, ma che nel 2010 è stato soggetto a forti pressioni;

46. rileva che, in un periodo caratterizzato da un alto grado di volatilità dei tassi di cambio, l'euro si è rafforzato, soprattutto rispetto al dollaro USA e al renminbi, ed esprime preoccupazione per i possibili effetti negativi di tale tendenza sulla competitività della zona euro;

47. riconosce che la forza dell'euro era in parte dovuta alla debole attività economica negli Stati Uniti, dove il deficit attuale delle partite correnti è calato bruscamente al di sotto del 3% del PIL nel 2009 e il deficit del bilancio federale ha raggiunto circa il 10% del PIL nel corso dello stesso anno finanziario, mentre il suo declino era, oltre ad altri fattori, anche legato alla mancanza di fiducia sui mercati globali in alcuni Stati membri dell'UE fortemente indebitati; condivide le preoccupazioni in merito all'espansione della massa monetaria negli Stati Uniti e, in misura minore, nell'UE;

48. esprime preoccupazione per gli effetti della volatilità dei tassi di cambio e delle operazioni di "carry trade", sia sulla stabilità finanziaria globale sia sull'economia reale;

49. sottolinea che, a prescindere dall'attuale crisi finanziaria ed economica globale, la zona dell'euro dovrebbe essere ulteriormente allargata; precisa però che il rispetto dei parametri di Maastricht è considerato una delle precondizioni per l'adesione all'euro; accoglie con favore la rapida adozione dell'euro da parte di tutti gli Stati membri che rispettano tali parametri;

50. ritiene che l'adozione dell'euro da parte dell'Estonia sia una prova dello status della moneta malgrado la crisi del debito pubblico; ritiene che, in virtù di tale status, gli Stati membri si sentiranno incoraggiati a presentare la domanda di adesione alla zona euro;

51. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e alla Banca centrale europea.

MOTIVAZIONE

La presente relazione valuta il rapporto annuale della Banca centrale europea (BCE) per il 2009 e l'attività svolta dalla BCE durante lo stesso anno.

Dato che l'elaborazione della relazione del Parlamento europeo sul rapporto annuale della BCE per il 2009 è stata ritardata a causa delle elezioni europee del 2009, non è trascorso molto tempo dall'ultima relazione del Parlamento sull'attività della BCE. La relazione per il 2008 ha prevalentemente esaminato la performance della BCE riguardo alla crisi finanziaria ed economica. Lo scenario di fondo è rimasto purtroppo immutato. Le azioni sul piano economico, finanziario e, in misura crescente, politico sono tuttora ampiamente dominate dalla crisi.

Il rapporto annuale della BCE per il 2009 esamina dunque primariamente la reazione della BCE alla crisi, la strategia di uscita e le tematiche relative alla governance.

La crisi finanziaria

La crisi finanziaria ed economica è iniziata circa due anni fa con la crisi dei mutui sub-prime americani e ha raggiunto un primo apice con il collasso della Lehman Brothers e le conseguenti turbolenze dei mercati finanziari.

Iniziata sul piano finanziario, la crisi ha successivamente interessato anche il piano economico, colpendo in una seconda ondata l'economia reale. I governi, le banche centrali e la BCE hanno dovuto far fronte alla peggiore crisi dal 1930. Si è assistito a una flessione del PIL, sia all'interno che all'esterno della zona euro, e alla diminuzione dell'attività economica su scala mondiale, mentre i deficit di bilancio sono aumentati. Il minore gettito fiscale e l'accresciuta spesa sociale dovuta alla crisi hanno generato un debito pubblico che potrebbe richiedere anni per tornare al livello precedente alla crisi. Le misure supplementari di rilancio finanziario hanno contribuito a tale effetto, pur non costituendo la causa primaria dell'indebitamento.

Le cifre tuttavia indicano per il 2009 che le garanzie sulle esposizioni bancarie, le iniezioni di capitale e le iniziative di sostegno del patrimonio delle banche hanno sortito il risultato atteso e che la ripresa dell'attività economica nella seconda metà del 2009 ha annunciato la fine della crisi economica. Per il 2010 è prevista una lieve crescita.

Nel frattempo, il debito crescente ha spinto i governi di tutta l'UE ad adottare drastiche misure di austerità. Tali misure sono necessarie e in taluni casi sono state varate anche tardivamente. Tuttavia il debito condiziona pesantemente la capacità di intervento degli Stati e alcuni di essi rischiano di vedere compromessa la loro capacità di stimolare la ripresa economica. Per il 2010, la situazione finanziaria ed economica rischia pertanto di ripercuotersi sul debito pubblico e di far riemergere la crisi.

Risposta della BCE alla crisi

La BCE ha mantenuto la stessa politica del 2008, volta a ottenere un tasso di inflazione inferiore ma vicino al 2% e a produrre al contempo un aumento di liquidità nei mercati. La Banca ha quindi abbassato i tassi di interesse all'1% e ha proseguito per tutto il 2009 con le misure non convenzionali di supporto del credito adottate nel 2008. I cinque elementi fondamentali della strategia speciale di supporto del credito erano: aste a tasso fisso con piena aggiudicazione, ampliamento dell'elenco delle garanzie, estensione delle scadenze per le operazioni di rifinanziamento, immissione di liquidità in valuta estera e sostegno ai mercati finanziari tramite un programma misurato ma non trascurabile di acquisto di obbligazioni garantite.

Tali misure si sono rivelate pienamente efficaci e hanno evitato il collasso a molte istituzioni finanziarie. Non sempre però la liquidità è stata resa disponibile per l'economia reale, il che ha impedito il pieno sfruttamento delle potenzialità di ripresa insite nelle misure della BCE. Nonostante la tendenziale riluttanza di alcune banche, la causa primaria di ciò si deve alla flessione della domanda di credito conseguente alla diminuzione dell'attività economica conseguente alla crisi.

Essendo tali misure non convenzionali, non era prevista una loro applicazione in un intervallo di tempo più lungo. Nella maggior parte dei casi l'eliminazione graduale avviene naturalmente; ove questo non accada, è necessario fissare l'arco temporale con accuratezza. L'eliminazione va eseguita gradualmente e tenendo conto delle esigenze dei mercati; tale procedimento era già stato avviato dalla BCE nel dicembre 2009. È necessario un coordinamento ravvicinato con i governi nazionali degli Stati membri per quanto riguarda i loro programmi e i tagli da essi previsti, a maggior ragione da quando la crisi finanziaria in Grecia e in altri paesi dell'euro ha aperto un nuovo capitolo dell'evoluzione della crisi.

Stabilità in ambito finanziario e UEM

Gli avvenimenti in Grecia e in altri paesi della zona euro hanno naturalmente cause complesse, ma i problemi sono in gran misura di origine interna, essendo il risultato della mancanza di riforme strutturali interne. La zona euro nel suo insieme è comunque interessata da tali avvenimenti, non soltanto per l'obbligo di prestare aiuto, ma anche per le ripercussioni che i problemi di taluni paesi dell'euro producono sull'euro nel suo insieme e in quanto valuta comune dell'eurozona.

Inoltre, pur ammettendo che i problemi possano essere in gran misura di origine interna, l'Unione economica e monetaria avrebbe dovuto originariamente esercitare una certa pressione sugli Stati membri affinché introducessero riforme. I paesi in questione non hanno colto l'opportunità di autoimporsi le riforme, ma d'altra parte non sono nemmeno stati obbligati a farlo nell'ambito dell'UEM. L'UEM non ha pertanto funzionato nel modo in cui era stata progettata, i principi del Patto di stabilità e di crescita non sono sempre stati rispettati e quelle che inizialmente sembravano lievi infrazioni hanno dato prova, nel tempo, di aver seriamente pregiudicato il Patto nel suo insieme. Il relatore è dell'avviso che si debba porre rimedio a quanto sopra e che il Patto di stabilità e di crescita vada rafforzato.

La crisi ha inoltre messo in luce la mancanza di equilibrio in seno all'UEM nel passato. La mancanza di integrazione tra le politiche economiche in seno all'unione monetaria, riconducibile a cause politiche, ha consentito lo sviluppo indisturbato di gravi squilibri economici tra i paesi della zona euro lasciando quest'ultima priva di un sistema predefinito di gestione delle crisi, e ciò ha a sua volta reso difficile reagire in modo rapido ed efficace a una sfida come quella rappresentata dalla crisi greca. L'eurozona dovrà sanare questo squilibrio, se intende arginare questa crisi e scongiurarne altre.

Riforma nell'ambito della vigilanza

La crisi ha inoltre dimostrato che i mercati sono soggetti a rischi sistemici che finora sfuggivano al controllo. L'Unione europea sta pertanto procedendo a una riforma dei propri sistemi di vigilanza tramite l'istituzione di un Comitato europeo per il rischio sistemico (European Systemic Risk Board, ESRB), con responsabilità di vigilanza macroprudenziale sul sistema finanziario dell'UE. Inoltre è previsto un Sistema europeo delle autorità di vigilanza (European System of Financial Supervisors, ESFS) che istituirà tre nuove autorità di vigilanza europee in sostituzione delle commissioni di vigilanza preesistenti.

Il relatore saluta con favore l'adozione di queste importanti misure, grazie alle quali verrà colmato quel deficit di vigilanza che la crisi ha reso così evidente. La BCE parteciperà da vicino all'attività dell'ESRB fornendo un supporto analitico, statistico, amministrativo e logistico e tramite la partecipazione dei membri del Consiglio generale della BCE al Consiglio generale dell'ESRB.

Anche se l'ESRB trarrà un indubbio beneficio dall'esperienza della BCE, tale partecipazione lascia qualche dubbio circa l'indipendenza futura di quest'ultima. Rimangono aperte le questioni relative alla responsabilità decisionale nel nuovo sistema. Dobbiamo chiederci come reagiremo alla possibilità che una raccomandazione alla quale abbia contribuito la BCE abbia esiti negativi e come garantiremo l'indipendenza della BCE nel nuovo sistema. I nuovi compiti attribuiti alla Banca centrale europea riguardo all'ESRB non dovranno compromettere in alcun modo l'indipendenza della Banca.

Governance

La questione dell'indipendenza in generale, e nei confronti dell'ESRB in particolare, continuerà certamente a essere argomento di discussione negli imminenti Dialoghi monetari, non da ultimo per il nuovo status di Istituzione conferito alla BCE dall'entrata in vigore del trattato di Lisbona nel dicembre 2009. Il Parlamento europeo rimane la prima Istituzione attraverso la quale la BCE deve rispondere del suo operato ai cittadini europei; esso svolgerà pertanto con ancor più serietà il suo compito di controllo sull'operato della Banca.

In considerazione del nuovo status e dell'accresciuta importanza del Parlamento europeo in qualità di codecisore ai sensi del trattato di Lisbona, il relatore ritiene opportuno rafforzare ancora di più la responsabilità della BCE sottoponendo i candidati al Comitato esecutivo della BCE proposti dal Consiglio al voto del Parlamento europeo. Tale voto del Parlamento aumenterebbe l'importanza di criteri come le qualifiche e l'esperienza nell'ambito della procedura di selezione dei candidati.

Riforma normativa

Oltre alla riforma dell'architettura per la vigilanza, l'Unione europea sta attualmente procedendo a una revisione del proprio quadro normativo in ambito finanziario in modo da mettere a frutto su vasta scala gli insegnamenti tratti dalla crisi. Questo comprende una serie di proposte formulate dalla Commissione europea per completare i meccanismi prudenziali, gestire la crisi e regolamentare il cosiddetto "settore bancario ombra". Fra tali proposte figurano un aumento del capitale delle banche, l'introduzione di riserve dinamiche, una considerazione più attenta della liquidità, un quadro per la cartolarizzazione, la regolamentazione di derivati e bonus, la vigilanza delle agenzie di rating, l'introduzione di un resolution fund (per i fallimenti bancari) e altre ancora. Sebbene molte di queste proposte meritino apprezzamento, il relatore non le reputa tutte necessarie; ritiene anzi che alcune possano avere effetti potenzialmente dannosi e presentino una tendenza all'eccessiva regolamentazione.

Il relatore condivide le preoccupazioni in merito agli aspetti prociclici delle norme regolamentari, prudenziali, contabili e fiscali, ma rammenta che esiste un legame molto stretto fra economia finanziaria ed economia reale. Regolamentando l'economia finanziaria, operazione per molti versi necessaria, si incide anche sull'economia reale. È inoltre importante considerare che l'economia finanziaria è un'economia globale e che la crisi finanziaria ed economica è una crisi globale. Dobbiamo quindi rendere meno fragile il sistema finanziario globale e trarre insegnamento dalla crisi a livello globale per migliorare la qualità della gestione del rischio e la trasparenza dei mercati finanziari. È quindi fondamentale la cooperazione internazionale, in particolare transatlantica.

Il relatore ritiene che il Parlamento europeo debba tenere in considerazione quanto sopra, allorché procederà a esaminare in modo approfondito e indipendente tutte le proposte di riforma normativa.

Dimensione esterna

La revisione del quadro normativo in ambito finanziario, unitamente a un processo di riforma strutturale volto a fare dell'unione economica un successo pari a quello dell'unione monetaria, rafforzerà la zona euro. Si tratta di una sfida notevole, ma se la supereremo riuscendo a stimolare la crescita economica, la zona euro potrà uscire dalla crisi addirittura rafforzata.

La richiesta di adozione dell'euro da parte dell'Estonia è un buon segno e testimonia la fiducia tuttora riposta nell'euro, persino in questo periodo di crisi. L'Estonia potrebbe inoltre avere qualcosa da insegnare ai paesi della zona euro, vista la sua performance economica notevole durante e nonostante la crisi.

Pur compiacendosi di questo allargamento dell'eurozona, il relatore desidera ricordare che soddisfare i parametri di Maastricht è un prerequisito per entrare a farvi parte, e deve continuare ad esserlo per ogni futuro allargamento, come lo è stato per l'Estonia.

Soprattutto oggi che l'euro è sottoposto alle pesanti pressioni del mercato mondiale, dobbiamo attenerci ai parametri di Maastricht quale colonna portante dell'UEM e dello stesso euro. Le potenzialità dell'euro sono emerse chiaramente nel 2009 quando, stante la debolezza del dollaro USA, la moneta europea è stata addirittura presa in esame per diventare la nuova valuta più importante su scala mondiale.

Il relatore è dell'avviso che l'euro non debba necessariamente diventare la valuta mondiale più importante, ma che l'attuale debolezza sia inquietante. I deficit delle amministrazioni pubbliche, che già nel 2009 hanno raggiunto il 78,7% del PIL, gravano pesantemente sull'euro.

Tuttavia il relatore riafferma il suo convincimento che l'UE e l'eurozona possano uscire persino rafforzate dalla crisi. Dobbiamo trarre il giusto insegnamento, riequilibrare l'UEM, acquisire una maggiore trasparenza e una migliore gestione delle crisi dei mercati finanziari e ricostruire la fiducia pubblica. Si tratta di una sfida enorme, ma in tutta la sua storia l'Unione europea si è sempre dimostrata capace di reagire al meglio quando è stata posta dinanzi a una sfida. L'attuale crisi offre quindi un'opportunità, ed è nostro compito coglierla.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

26.10.2010

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

38

1

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Burkhard Balz, Slavi Binev, Sharon Bowles, Udo Bullmann, Nikolaos Chountis, George Sabin Cutaş, Leonardo Domenici, Derk Jan Eppink, Diogo Feio, Markus Ferber, Elisa Ferreira, Vicky Ford, Ildikó Gáll-Pelcz, Jean-Paul Gauzès, Sven Giegold, Sylvie Goulard, Liem Hoang Ngoc, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Philippe Lamberts, Werner Langen, Astrid Lulling, Hans-Peter Martin, Ivari Padar, Anni Podimata, Olle Schmidt, Edward Scicluna, Peter Simon, Peter Skinner, Theodor Dumitru Stolojan, Kay Swinburne, Marianne Thyssen

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Sophie Auconie, Sari Essayah, Ashley Fox, Enrique Guerrero Salom, Thomas Mann, Gay Mitchell, Gianni Pittella, Andreas Schwab, Tatjana Ždanoka