RELAZIONE recante raccomandazioni alla Commissione concernenti l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore
10.5.2012 - (2011/2285(INI))
Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
Relatore: Edit Bauer
(Iniziativa – articolo 42 del regolamento)
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
recante raccomandazioni alla Commissione concernenti l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore
Il Parlamento europeo,
– visto l'articolo 225 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– visti gli articoli 8 e 157 del TFUE,
– vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione)[1],
– vista la comunicazione della Commissione del 21 settembre 2010 intitolata "Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015" (COM(2010)0491),
– vista la comunicazione della Commissione del 5 marzo 2010 intitolata "Maggiore impegno verso la parità tra donne e uomini. Carta per le donne" (COM(2010)0078),
– vista la relazione della Commissione del maggio 2010 intitolata "Il divario di retribuzione tra donne e uomini in Europa da un punto di vista giuridico",
– vista la relazione del febbraio 2009 della rete europea di esperti giuridici nel campo della parità di genere intitolata "La trasposizione della direttiva 2006/54/CE (rifusione)",
– vista la comunicazione della Commissione del 18 luglio 2007 intitolata "Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini"(COM(2007)0424),
– vista la relazione del febbraio 2007 della rete di esperti giuridici della Commissione in materia di occupazione, affari sociali e parità tra uomini e donne intitolata "Aspetti giuridici del divario retributivo tra i sessi",
– visto il Patto europeo per la parità di genere (2011-2020) adottato dal Consiglio il 7 marzo 2011,
– vista la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea basata sull'articolo 157 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
– vista la relazione della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro del 5 marzo 2010, "Affrontare il divario retributivo fra i sessi: azioni del governo e delle parti sociali",
– visti il quadro d'azione sulla parità di genere delle parti sociali europee del 1° marzo 2005, le sue relazioni successive del 2006, 2007 e 2008 e la relazione di valutazione finale del 2009,
– viste le disposizioni della convenzione sul lavoro a tempo parziale[2] dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del 1994, che fa obbligo agli Stati di inserire nei contratti degli appalti pubblici una clausola relativa al lavoro che includa la parità retributiva,
– vista la convenzione 100 dell'OIL sulla parità di retribuzione,
– visto il seminario on-line ("webinar") organizzato nel marzo 2011 dall'OIL e dal Patto mondiale (Global Compact) delle Nazioni Unite sul tema "Parità di retribuzione per un lavoro di pari valore: come procedere?",
– visto l'articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 con la risoluzione 34/180,
– vista la sua risoluzione del 18 novembre 2008 sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini[3],
– visto il seguito dato dalla Commissione il 3 febbraio 2009 alla risoluzione del 18 novembre 2008,
– vista l'iniziativa dell'8 marzo 2010, intrapresa da 10 dei suoi deputati, di redigere una relazione d'iniziativa legislativa sulla parità di retribuzione per un lavoro di pari valore, a norma dell'articolo 42 del suo regolamento,
– visti gli articoli 42 e 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A7-0160/2012),
A. considerando che secondo le ultime cifre (provvisorie e incomplete), nell'Unione europea le donne guadagnano in media il 16,4% in meno degli uomini e che negli Stati membri il divario di retribuzione tra donne e uomini varia tra il 4,4% e il 27,6%, e considerando che – nonostante l'imponente corpus legislativo in vigore da quasi 40 anni, le azioni intraprese e le risorse spese per ridurre tale divario[4] – i progressi sono estremamente lenti (la disparità a livello dell'UE era del 17,7% nel 2006, del 17,6% nel 2007, del 17,4% nel 2008, del 16,9% nel 2009 e del 16,4% nel 2010) e in taluni Stati membri il divario è addirittura aumentato, mentre il divario retributivo tra donne e uomini potrebbe essere più profondo di quanto indicato, dato che mancano ancora i dati relativi a tre Stati membri;
B. considerando che le cause del persistente ed elevato divario di retribuzione tra donne e uomini sono complesse, molteplici e spesso correlate, e che vanno ben oltre la singola questione della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore; che tra queste cause figurano la discriminazione diretta e indiretta, nonché fattori sociali ed economici, quali mercati del lavoro caratterizzati da una forte segregazione occupazionale, sia orizzontale che verticale, la sottovalutazione del lavoro delle donne, la disuguaglianza nell'equilibrio tra il lavoro e la vita privata, nonché tradizioni e stereotipi, tra cui la scelta dei percorsi formativi, l'orientamento scolastico, l'accesso ai mestieri e alle professioni e conseguentemente le carriere professionali, in particolare per le ragazze e le donne, che le guidano verso professioni tipicamente femminili caratterizzate da livelli retributivi inferiori; che, secondo studi di esperti, la discriminazione, sia diretta che indiretta, è responsabile di circa la metà di tale divario;
C. considerando che troppo spesso il divario retributivo è collegato a retaggi culturali e fattori giuridici ed economici presenti nella società moderna;
D. considerando che, in media, le donne dovranno lavorare fino al 2 marzo 2012 per guadagnare la stessa somma di denaro guadagnata dagli uomini nel corso dell'anno fino al 31 dicembre 2011;
E. considerando che l'attuazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore è fondamentale per raggiungere l'uguaglianza di genere; che la Commissione e gli Stati membri dovrebbero essere invitati a compilare e pubblicare regolarmente statistiche che mostrino non solo la retribuzione oraria media, ma anche gli importi della retribuzione che gli uomini e le donne ricevono per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore;
F. considerando che la direttiva 2006/54/CE (rifusione) ha contribuito al miglioramento della situazione delle donne nel mercato del lavoro, ma non ha cambiato in modo sostanziale la legislazione in materia di superamento del divario di retribuzione tra donne e uomini; che studi preliminari di esperti dimostrano che non sono state apportate modifiche alla legislazione degli Stati membri, o che tali modifiche sono state minime, e che non sono state applicate sanzioni nei confronti dei datori di lavoro; che la complessità del problema richiede non solo un miglioramento della legislazione, ma anche una strategia a livello europeo volta ad affrontare il divario di retribuzione tra donne e uomini, il che, a sua volta, richiede una forte leadership europea nel coordinamento delle politiche, nella promozione delle buone pratiche e nel coinvolgimento delle diverse parti interessate;
G. considerando che i salari hanno la tendenza a essere più spesso negoziati a livello individuale, con una conseguente mancanza di informazioni e di trasparenza nel sistema salariale individualizzato, il che porta a maggiori disparità salariali tra dipendenti di livelli simili e può risultare in un incremento del divario di retribuzione tra donne e uomini; che un sistema più decentralizzato e individualizzato di determinazione dei salari dovrebbe quindi essere considerato come uno sviluppo piuttosto preoccupante, mentre la protezione dei dati non può essere considerata una giustificazione legittima per non pubblicare informazioni statistiche sui salari;
H. considerando che in tutti gli Stati membri le studentesse si laureano con voti più alti rispetto ai colleghi maschi e rappresentano il 59% di tutti i laureati; che, a causa di tradizioni e stereotipi nell'istruzione, esse costituiscono una minoranza tra i laureati in campi come la matematica e l'ingegneria informatica;
I. considerando che le capacità e le competenze delle donne sono spesso sottovalutate – così come le professioni e gli impieghi in cui prevalgono le donne – senza che ciò sia necessariamente giustificato da criteri oggettivi; che ampliare le prospettive di carriera delle donne e cambiare i modelli d'istruzione potrebbe contribuire positivamente ad affrontare il divario di retribuzione tra donne e uomini, ad esempio aumentando il numero di scienziati e ingegneri di sesso femminile;
J. considerando che le donne sono più spesso impiegate in lavori a tempo parziale e che il divario di retribuzione tra donne e uomini è quasi due volte maggiore tra i lavoratori a tempo parziale che tra i lavoratori a tempo pieno;
K. considerando che, secondo studi di esperti, il divario di retribuzione tra donne e uomini inizia a essere visibile dopo il ritorno della donna sul mercato del lavoro successivamente al primo congedo di maternità, aumenta con ripetute interruzioni della carriera a causa di fattori esterni, come le interruzioni dell'attività per motivi connessi ai figli e la cura di familiari non autosufficienti, e tende a crescere con l'età e il livello di istruzione; che le carriere più lente, più brevi e/o interrotte delle donne creano anche un differenziale di genere nei contributi ai regimi di sicurezza sociale, aumentando quindi il rischio di povertà in vecchiaia per le donne;
L. considerando che i dati disponibili indicano che le qualifiche e l'esperienza acquisite dalle donne sono meno premiate economicamente di quelle degli uomini; che, oltre ad applicare il concetto di "parità retributiva per un lavoro di pari valore", il quale non deve essere distorto da un approccio stereotipato in materia di genere, occorre porre fine all'assegnazione tradizionale dei ruoli nella società, che finora ha fortemente influenzato le scelte a livello formativo e professionale, e che l'istruzione può e deve contribuire a eliminare gli stereotipi sociali in materia di genere; considerando inoltre che il congedo di maternità e il congedo parentale non devono dare origine a discriminazioni nei confronti delle donne sul mercato del lavoro;
M. considerando che i datori di lavoro nei settori e negli impieghi dove prevale la presenza femminile offrono in media retribuzioni inferiori e che tali settori e impieghi sono generalmente caratterizzati da una minore rappresentanza collettiva e da un minore potere contrattuale;
N. considerando che, secondo la legislazione e la giurisprudenza europea, i datori di lavoro devono applicare gli stessi criteri di valutazione a tutto il personale, che gli accordi salariali devono essere comprensibili e trasparenti e che i criteri applicati devono prendere in considerazione la natura e il tipo di lavoro ed essere privi di elementi discriminatori;
O. considerando che il divario retributivo è ancora più profondo tra le donne con molteplici svantaggi, quali le donne con disabilità, le donne appartenenti a minoranze e le donne non qualificate;
P. considerando che solo poche denunce in materia di discriminazione sotto forma di divario di retribuzione tra donne e uomini sono presentate ai tribunali competenti[5]; che esistono molte spiegazioni per la scarsità delle denunce, tra cui la mancanza di informazioni sulle retribuzioni, la problematicità del confronto, la mancanza di risorse personali da parte di chi presenta la denuncia, nonché la scarsa sorveglianza e la carente applicazione di sanzioni nei confronti degli organismi che trascurano di pubblicare informazioni sulle retribuzioni;
Q. considerando che l'Istituto europeo per la parità di genere può svolgere un ruolo fondamentale nel monitorare l'andamento del divario di retribuzione tra donne e uomini, analizzandone le cause e valutando l'impatto della legislazione;
R. considerando che il Parlamento ha ripetutamente invitato la Commissione ad adottare iniziative, tra cui una revisione della legislazione in vigore, al fine di contrastare il divario retributivo tra donne e uomini ed eliminare il rischio di povertà tra i pensionati, cui le donne sono maggiormente esposte come effetto diretto del divario retributivo;
1. chiede alla Commissione di rivedere la direttiva 2006/54/CE al più tardi entro il 15 febbraio 2013, conformemente al suo articolo 32, e di proporre modifiche a tale direttiva sulla base dell'articolo 157 del TFUE, secondo le raccomandazioni particolareggiate figuranti in allegato alla presente risoluzione, almeno per quanto attiene ai seguenti aspetti del problema del divario di retribuzione tra donne e uomini:
- definizioni,
- analisi della situazione e trasparenza dei risultati,
- valutazione del lavoro e classificazione delle professioni,
- organismi per la parità e il ricorso legale,
- dialogo sociale,
- prevenzione della discriminazione,
- integrazione della dimensione di genere,
- sanzioni,
- razionalizzazione della normativa e della politica dell'Unione europea;
2. constata che tali raccomandazioni rispettano i diritti fondamentali e il principio di sussidiarietà;
3. ritiene che la proposta richiesta non presenti incidenze finanziarie;
4. riconosce l'esistenza di molteplici cause che esacerbano il divario retributivo tra donne e uomini e riconosce pertanto che un approccio multiforme e multilivello necessita di una leadership forte da parte dell'Unione europea nel coordinamento delle politiche, nella promozione delle buone pratiche e nel coinvolgimento dei vari attori, come le parti sociali europee e le organizzazioni non governative, con l'obiettivo di creare una strategia a livello europeo che affronti il divario di retribuzione tra donne e uomini;
5. esorta gli Stati membri ad attuare e far rispettare in modo coerente la direttiva 2006/54/CE (rifusione), a incoraggiare il settore privato e quello pubblico a svolgere un ruolo più attivo nel superamento del divario di retribuzione tra donne e uomini e a consentire alle parti di negoziare piani per l'uguaglianza tra donne e uomini a livello aziendale, nazionale ed europeo; ritiene che gli Stati membri e la Commissione dovrebbero incoraggiare le parti sociali, compresi i datori di lavoro, a intraprendere programmi di valutazione degli impieghi privi di pregiudizi di genere, ad adottare sistemi di classificazione delle professioni e a promuovere il concetto della parità di retribuzione per uno stesso lavoro;
6. invita gli Stati membri ad agire in maniera esemplare in materia di lotta contro la disparità salariale di cui sono vittime le donne in seno alle amministrazioni, alle istituzioni e alle imprese pubbliche in genere;
7. sottolinea l'importanza del negoziato e della contrattazione collettiva nella lotta contro la discriminazione nei confronti delle donne, segnatamente in materia di accesso al lavoro, di retribuzione, di condizioni di lavoro, di progressione della carriera e di formazione professionale;
8. si felicita per l'iniziativa della Commissione "Giornata della parità retributiva", celebrata per la prima volta il 5 marzo 2011 e la seconda volta il 2 marzo 2012;
9. rileva che la disuguaglianza retributiva dovuta a qualsiasi altro fattore quale razza, etnia, orientamento sessuale o religione non deve essere tollerata;
10. accoglie positivamente l'iniziativa del Consiglio, sotto la presidenza belga del 2010, per la valutazione e l'aggiornamento di una serie di indicatori quantitativi e qualitativi;
11. invita la Commissione a favorire un coordinamento più stretto tra gli Stati membri in materia di ricerca, di analisi e di sfruttamento dei vantaggi derivanti dalla condivisione delle migliori pratiche;
12. incoraggia gli Stati membri, coinvolgendo le parti sociali ogniqualvolta possibile, a scambiare le migliori pratiche e a rafforzare la cooperazione nello sviluppo di nuove idee per affrontare il divario di retribuzione tra donne e uomini;
13. invita la Commissione e gli Stati Membri a contrastare il divario retributivo tra i sessi in tutte le politiche europee e i programmi nazionali pertinenti, in particolare quelli finalizzati alla lotta contro la povertà;
14. suggerisce che gli Stati membri potrebbero voler designare un difensore della parità salariale per monitorare la situazione nei singoli Stati membri e riferire ai rispettivi parlamenti nazionali e al Parlamento europeo in merito ai progressi in atto;
15. esorta la Commissione a rivedere la direttiva del Consiglio relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, con l'obiettivo di superare il divario di retribuzione tra donne e uomini;
16. incoraggia le parti sociali ad assumersi la responsabilità di creare una struttura salariale più equa tra donne e uomini, a offrire corsi di formazione sulle tecniche di negoziazione, compresa la negoziazione salariale, a promuovere in primo luogo la consapevolezza in materia di parità salariale ai fini dell'introduzione di controlli obbligatori sulle retribuzioni e a rafforzare la posizione delle donne all'interno della struttura di partenariato sociale, in particolare nelle cariche decisionali;
17. invita gli Stati membri a prevedere la possibilità del ricorso collettivo nei casi di violazione del principio della parità salariale, quale strumento che permette a singoli individui e/o organismi rappresentativi di intentare un'azione a nome dei denuncianti che lo desiderano in procedimenti giudiziari, e ad accordare alle ONG e alle organizzazioni sindacali la legittimazione a rappresentare le vittime di discriminazione anche in procedimenti amministrativi; invita la Commissione a esaminare, nel quadro della sua imminente proposta di uno strumento orizzontale sul ricorso collettivo, l'inclusione del ricorso collettivo nei casi di violazione del principio della parità salariale;
18. sottolinea che solo poche denunce in materia di discriminazione retributiva tra i sessi raggiungono i tribunali competenti (ordinari o amministrativi); incoraggia pertanto la Commissione e gli Stati membri a proseguire le campagne di sensibilizzazione, anche fornendo adeguate informazioni sull'onere della prova, dal momento che questo riveste un ruolo significativo nel garantire il principio della parità salariale;
19. ritiene necessari un miglioramento e una semplificazione delle procedure e dei meccanismi atti a difendere il principio della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore e a vietare ogni forma di discriminazione fondata sul genere;
20. invita gli Stati membri e le parti sociali a elaborare di comune accordo strumenti obiettivi di valutazione del lavoro al fine di ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini;
21. incoraggia gli Stati membri a definire obiettivi, strategie e limiti di tempo per ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini e conseguire la parità di retribuzione per lo stesso lavoro e per un lavoro di pari valore;
22. invita la Commissione a promuovere ulteriormente la ricerca relativa alle strategie di flessicurezza, al fine di valutare il loro impatto sul divario di retribuzione tra donne e uomini e determinare in che modo tali strategie possano aiutare a contrastare il problema della discriminazione di genere;
23. accoglie con favore le conclusioni del Consiglio del 6 dicembre 2010, in cui si invitano gli Stati membri ad adottare un'ampia serie di misure volte ad affrontare l'insieme delle cause del divario di retribuzione;
24. reputa che l'aumento dell'occupazione femminile, specie nelle posizioni di alto livello, potrebbe contribuire a ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini; sottolinea la necessità di una maggiore partecipazione attiva delle donne al processo decisionale nel settore economico, utilizzando la loro influenza per individuare decisioni che tengano conto di una prospettiva di parità di genere; richiama l'attenzione sugli studi che hanno concluso che esiste una forte correlazione tra una maggiore presenza femminile nei posti direttivi delle imprese e un aumento degli introiti sugli attivi, delle vendite e del capitale investito;
25. ricorda agli Stati membri l'impegno dagli stessi assunto in relazione all'analisi dell'impatto delle politiche occupazionali e fiscali sul divario di retribuzione;
26. propone l'istituzione di un premio "Women and Business in Europe", assegnato dal Parlamento europeo, al quale possano concorrere i datori di lavoro (imprese, istituzioni ed enti) che prendono iniziative in termini di sostegno alle donne, favorendone l'accesso alle posizioni dirigenziali e applicando la parità retributiva;
27. insiste sulla necessità di varare misure a favore della promozione e della realizzazione professionale e in termini di carriera in condizioni di reale equiparazione tra donne e uomini; sottolinea che tale principio fa parte della nozione di responsabilità sociale delle imprese, che è incoraggiato a livello internazionale e nazionale e deve essere sviluppato in tutti gli Stati membri;
28. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e le raccomandazioni particolareggiate figuranti in allegato alla Commissione, al Consiglio nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.
ALLEGATO ALLA PROPOSTA DI RISOLUZIONE:
RACCOMANDAZIONI PARTICOLAREGGIATE CONCERNENTI IL CONTENUTO DELLA PROPOSTA RICHIESTA
Raccomandazione 1: DEFINIZIONI
La direttiva 2006/54/CE contiene una definizione di parità retributiva che riprende le disposizioni della direttiva 75/117/CEE. Per disporre di categorie più precise di cui avvalersi per affrontare il problema del divario di retribuzione tra donne e uomini è importante definire più esattamente i diversi concetti, ovvero:
- il divario di retribuzione tra donne e uomini, tenendo conto che la definizione non dovrà limitarsi ai differenziali retributivi orari lordi, ma deve contenere una distinzione tra il divario di retribuzione tra donne e uomini non corretto e quello "netto";
- la discriminazione retributiva diretta e indiretta;
- la retribuzione, la cui definizione deve coprire la retribuzione netta e i diritti pecuniari connessi a un'attività lavorativa, nonché le prestazioni in natura;
- il divario di pensione (in diversi pilastri dei sistemi pensionistici, ad esempio nei regimi basati sul principio della ripartizione e nelle pensioni professionali, un divario che prosegue il divario di retribuzione dopo il pensionamento);
- il lavoro "equiparato" (nelle diverse categorie professionali);
- il lavoro di pari valore, in modo che siano menzionati fattori pertinenti;
- il datore di lavoro, per assicurare che sia chiaramente definita la responsabilità della retribuzione del dipendente e di un'eventuale disparità retributiva;
- le professioni e gli accordi collettivi – occorre chiarire maggiormente che lavori legati a contratti collettivi diversi e diverse professioni possono essere comparati in tribunale, a condizione che si tratti di lavori equiparati o di pari valore.
Raccomandazione 2: ANALISI DELLA SITUAZIONE E TRASPARENZA DEI RISULTATI
2.1. La mancanza di informazioni e di sensibilizzazione tra i datori di lavoro e i lavoratori in merito all'esistenza o all'eventualità di divari di retribuzione in seno all'impresa nonché la loro ignoranza pregiudicano l'applicazione del principio sancito dal trattato e dalla legislazione in vigore.
2.2. Riconoscendo la mancanza di dati statistici precisi, comparabili e coerenti, anche in materia di divario di retribuzione tra donne e uomini per i lavori a tempo parziale e per la pensione, e l'esistenza di livelli retributivi inferiori per le donne, in particolare nelle professioni tradizionalmente in prevalenza femminili, gli Stati membri devono tenere pienamente conto del divario di retribuzione tra i generi nelle loro politiche sociali e affrontarlo come un problema grave.
2.3. È pertanto fondamentale che nelle imprese (ad esempio in quelle con almeno trenta dipendenti, nelle quali ciascun sesso sia rappresentato da almeno il 10% dei dipendenti) siano resi obbligatori regolari audit delle retribuzioni e la pubblicazione dei relativi risultati, nel rispetto della protezione dei dati personali. Lo stesso obbligo può applicarsi anche all'informazione relativa alle indennità addizionali alla retribuzione. Queste informazioni devono essere accessibili ai dipendenti, ai sindacati e alle autorità pertinenti (ad es. ispettorati del lavoro, organismi per la parità).
2.4. I datori di lavoro devono fornire ai lavoratori e ai loro rappresentanti tali risultati sotto forma di statistiche sui salari disaggregate in base al genere, ma tenendo conto della protezione dei dati personali. Questi dati devono essere compilati a livello settoriale e nazionale in ciascuno Stato membro.
2.5. È necessario fare obbligo ai datori di lavoro di adottare una politica di trasparenza in relazione alla composizione e alle strutture salariali, tra cui straordinari, bonus e altri vantaggi facenti parte della retribuzione.
2.6. Quando le statistiche salariali mostrano differenze retributive di gruppo o individuali in base al sesso, i datori di lavoro sono obbligati ad analizzare ulteriormente queste differenze e a reagire per eliminarle.
Raccomandazione 3: VALUTAZIONE DEL LAVORO E CLASSIFICAZIONE DELLE PROFESSIONI
3.1. Il concetto di valore del lavoro deve fondarsi sulle qualifiche, le competenze e le responsabilità, valorizzando la qualità del lavoro al fine di garantire la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini, e non deve essere caratterizzato da un approccio stereotipato sfavorevole alle donne, ponendo per esempio l'accento sulla forza fisica anziché sulle competenze o le responsabilità interpersonali. Inoltre, deve garantire che i lavori che comportano responsabilità per gli esseri umani non siano considerati di valore inferiore rispetto ai lavori che implicano responsabilità per risorse finanziarie o materiali Per tale motivo le donne devono beneficiare di informazioni, assistenza e/o formazione in sede di negoziati salariali o per quanto riguarda la classificazione professionale e le griglie salariali. I comparti economici e le aziende devono essere invitati a valutare i loro sistemi di classificazione delle professioni alla luce dell'obbligo di integrare la dimensione di genere, e ad apportarvi le necessarie correzioni.
3.2. L'iniziativa della Commissione deve incoraggiare gli Stati membri a introdurre classificazioni delle professioni conformi al principio della parità tra donne e uomini, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi. Resta importante rispettare le leggi e le tradizioni nazionali per quanto concerne i meccanismi di concertazione sociale. Detti elementi di valutazione e di classificazione del lavoro devono inoltre essere trasparenti e accessibili a tutte le parti interessate, agli ispettorati del lavoro e agli organismi per la parità.
3.3. Gli Stati membri devono procedere a un'analisi approfondita incentrata sulle professioni svolte in prevalenza da donne.
3.4. Una valutazione professionale non discriminatoria deve basarsi su sistemi di classificazione, inquadramento del personale e organizzazione del lavoro, sull'esperienza professionale e la produttività, valutate soprattutto in termini qualitativi, come l'istruzione e altre qualifiche, i requisiti fisici e mentali e la responsabilità in relazione a risorse umane e materiali, da cui ricavare dati e griglie di valutazione per determinare le retribuzioni, tenendo debitamente conto del concetto di trasparenza e comparabilità.
Raccomandazione 4: ORGANISMI PER LA PARITÀ E IL RICORSO LEGALE
Gli organismi per la promozione e il controllo della parità devono svolgere un ruolo più importante ai fini della riduzione del divario di retribuzione tra donne e uomini. Tali organismi, adeguatamente finanziati, devono avere la facoltà di controllare, elaborare relazioni e, ove possibile, attuare con maggiore efficacia e autonomia la legislazione in materia di parità di genere. Una revisione dell'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE è necessaria per rafforzare il loro mandato includendo i seguenti elementi:
- sostegno e consulenza alle vittime di discriminazioni retributive;
- svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione retributiva;
- pubblicazione di relazioni indipendenti e formulazione di raccomandazioni su tutte le questioni connesse alla discriminazione retributiva.
- conferimento della competenza giuridica di avviare le proprie indagini;
- conferimento della competenza giuridica di imporre sanzioni in caso di violazione del principio di parità di retribuzione e/o di adire un tribunale nei casi di discriminazioni retributive;
- offerta di una formazione speciale destinata alle parti sociali, oltre che ad avvocati, magistrati e difensori civici, basata su un insieme di strumenti analitici e azioni mirate, utile sia al momento della contrattazione che al momento della verifica dell'attuazione delle normative e delle politiche pertinenti al divario retributivo, insieme all'offerta di corsi di formazione e di materiale formativo sulla valutazione professionale non discriminatoria per i datori di lavoro.
Raccomandazione 5: DIALOGO SOCIALE
Sono necessari ulteriori controlli in merito ai contratti collettivi, ai livelli di retribuzione applicabili e ai sistemi di classificazione professionale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori a tempo parziale e di quelli con contratti di lavoro atipici o gli straordinari/bonus, compresi i pagamenti in natura. Le predette misure non devono riguardare solo le condizioni di lavoro primarie, ma anche le condizioni secondarie e i regimi occupazionali di sicurezza sociale (regimi di congedo e pensionistici, veicoli di servizio, custodia dei bambini, orari di lavoro flessibili, bonus ecc.). Gli Stati membri, nel rispetto delle leggi, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali, devono invitare le parti sociali a introdurre classificazioni professionali non discriminatorie, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi.
L'amministrazione può svolgere un ruolo importante non solo per quanto riguarda la parità di retribuzione, ma anche in termini di creazione di un clima che favorisca un'equa distribuzione delle responsabilità di cura e la progressione delle carriere sia per i lavoratori che per le lavoratrici.
Le parti sociali devono essere dotate di maggiori poteri, in modo da poter prendere in considerazione i problemi della parità di retribuzione, non solo all'interno dei rispettivi settori, ma anche per orientarsi verso un equilibrio intersettoriale[6].
La Commissione deve elaborare una guida d'orientamento pratico e di facile uso per il dialogo sociale nelle imprese e negli Stati membri. Tale guida deve includere orientamenti e criteri per definire il valore di un lavoro e per comparare le mansioni. Essa deve comprendere anche suggerimenti per possibili metodi di valutazione del lavoro.
Raccomandazione 6: PREVENZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE
Deve essere fatto specifico riferimento all'articolo 26 della direttiva 2006/54/CE, sulla prevenzione della discriminazione, onde garantire che gli Stati membri, con il coinvolgimento delle parti sociali e degli organismi per la parità, adottino:
- azioni specifiche in materia di formazione e classificazione delle figure professionali, rivolte al sistema scolastico e della formazione professionale, finalizzate a evitare e rimuovere le discriminazioni nella formazione, nella classificazione e nella valutazione economica delle competenze;
- azioni specifiche per conciliare l'attività professionale e la vita familiare e personale, relative a servizi di elevata qualità e a costi accessibili per l'assistenza all'infanzia e la cura di altre persone dipendenti, nonché ad altri servizi di assistenza, alla flessibilità dell'organizzazione e dell'orario di lavoro, nonché dispositivi relativi ai congedi di maternità, paternità, parentali e familiari;
- misure concrete (a norma dell'articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea), per superare il divario di retribuzione e la segregazione di genere, da mettere in atto ad opera delle parti sociali e degli organismi per la parità ai diversi livelli contrattuali e di settore, quali: la promozione di accordi salariali per combattere le discriminazioni retributive, indagini sistematiche sulla parità di trattamento salariale a parità di lavoro, fissazione di obiettivi qualitativi e quantitativi e di parametri di riferimento, sostegno nello scambio delle migliori pratiche;
- l'inserimento nei contratti pubblici di una clausola relativa al rispetto della parità di genere e di retribuzione a parità di lavoro.
Raccomandazione 7: INTEGRAZIONE DELLA DIMENSIONE DI GENERE
L'integrazione della dimensione di genere deve essere rafforzata inserendo nell'articolo 29 della direttiva 2006/54/CE indicazioni precise per gli Stati membri riguardo al principio della parità di trattamento in materia di retribuzione e per il superamento dei differenziali retributivi tra uomini e donne. La Commissione deve attrezzarsi per fornire assistenza agli Stati membri e alle parti interessate in merito ad azioni concrete per superare il divario di retribuzione tra donne e uomini attraverso:
- l'elaborazione di modelli di relazione finalizzati a valutare i divari di retribuzione tra donne e uomini;
- la creazione di una banca dati sulle modifiche dei sistemi di classificazione e di inquadramento dei lavoratori;
- la raccolta e diffusione dei risultati delle sperimentazioni sulla riforma dell'organizzazione del lavoro;
- la diffusione di informazioni e linee guida circa strumenti pratici, in particolare destinati alle piccole e medie imprese (ad esempio lo strumento informatico LOGIB-D), che consentono di superare il divario retributivo anche nel quadro dei contratti collettivi nazionali o di settore;
- lo sviluppo, in collaborazione con le parti sociali e le associazioni, di un certificato di qualità europeo per la parità retributiva che consenta a istituzioni, imprese ed enti di pubblicizzare la propria comprovata conformità a determinati criteri riguardanti la parità retributiva, ad esempio la trasparenza in materia di retribuzioni;
- la definizione di linee guida specifiche per il monitoraggio dei differenziali retributivi nel contesto della contrattazione collettiva, da rendere disponibili su un sito internet tradotto in diverse lingue e accessibile a tutti.
Raccomandazione 8: SANZIONI
La normativa in questo campo è, per diverse ragioni, evidentemente meno efficace e, considerando che il problema nel complesso non si può risolvere con l'aiuto delle sole leggi, la Commissione e gli Stati membri devono rafforzare la normativa in vigore dotandola di tipi appropriati di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
8.2. È importante che gli Stati membri prendano i provvedimenti necessari per assicurare che la violazione del principio di parità retributiva per lavoro di pari valore comporti sanzioni adeguate, in conformità delle disposizioni legislative vigenti.
8.3. Nonostante la legislazione vigente, le ispezioni e le azioni punitive sono spesso del tutto inadeguate in relazione al principio della parità di retribuzione. È necessario trattare tali questioni a titolo prioritario, dotando di risorse tecniche e finanziarie adeguate le agenzie e gli organismi competenti in materia.
8.4. Si ricorda che, in base alla direttiva 2006/54/CE, gli Stati membri sono già tenuti a prevedere un risarcimento o riparazione (articolo 18), nonché sanzioni (articolo 25). Tuttavia, queste disposizioni non sono sufficienti a evitare la violazione del principio di parità retributiva. Per questo motivo si propone di realizzare uno studio sulla fattibilità, l'efficacia e l'impatto di eventuali sanzioni quali:
- sanzioni, che devono includere anche il pagamento di un risarcimento alla vittima;
- sanzioni amministrative pecuniarie (per esempio in caso di mancata notifica o comunicazione obbligatoria o indisponibilità di analisi e valutazioni di statistiche salariali disaggregate per genere (in base alla raccomandazione 2)) richieste dagli ispettorati del lavoro o dai competenti organismi per la parità;
- l'esclusione dal beneficio di prestazioni e sovvenzioni pubbliche (anche da finanziamenti dell'UE gestiti dagli Stati membri) e dalle procedure di appalti pubblici, come già previsto dalla direttiva 2004/17/CE[7] e dalla direttiva 2004/18/CE[8] riguardanti le procedure di appalto;
- la pubblicazione dell'elenco dei trasgressori.
Raccomandazione 9: RAZIONALIZZAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLA POLITICA DELL'UNIONE EUROPEA
9.1. Un settore di azione urgente riguarda il fatto che il lavoro a tempo parziale sembra essere legato a una penalizzazione retributiva. Tale situazione esige una valutazione e un'eventuale revisione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES – Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale[9], il quale prevede un trattamento uguale tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale nonché misure più mirate ed efficaci nei contratti collettivi di lavoro.
9.2. Un obiettivo concreto per ridurre il divario di retribuzione deve essere introdotto quanto prima negli orientamenti per l'occupazione, segnatamente per quanto riguarda l'accesso alla formazione professionale e il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze delle donne.
- [1] GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.
- [2] http://www.ilo.org/ilolex/cgi-lex/pdconv.pl?host=status01&textbase=iloeng&document=178&chapter=1&query=%23status%3D01&highlight=on&querytype=bool&context=0.
- [3] GU C 16 E del 22.1.2010, pag. 21.
- [4] Sviluppo sostenibile nell’Unione Europea – Rapporto 2011 sullo stato di avanzamento della strategia europea di sviluppo sostenibile, Eurostat, 2011.
- [5] Documento di riferimento che accompagna la comunicazione della Commissione intitolata "Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015", SEC(2010)1080, pag. 36.
- [6] Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro: Affrontare il divario retributivo tra i sessi: azioni del governo e delle parti sociali, 5 marzo 2010, pagina 30.
- [7] GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1.
- [8] GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114.
- [9] GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9.
PARERE della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (28.3.2012)
destinato alla commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore
(2011/2285(INI))
Relatore per parere: Gabriele Zimmer
(Iniziativa – articolo 42 del regolamento)
SUGGERIMENTI
La commissione per l'occupazione e gli affari sociali invita la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, competente per il merito:
- a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:
1. deplora il fatto che la Commissione non abbia preso in debita considerazione la risoluzione del Parlamento del 18 novembre 2008 né la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 e non abbia avviato alcuna iniziativa legislativa né fatto ampio uso dell'iniziativa "Anno europeo delle pari opportunità per tutti" (2007) per affrontare in modo efficace il problema del divario retributivo tra uomini e donne, dato che l'eliminazione del divario retributivo tra i generi resta una priorità politica condivisa da tutti gli Stati membri e da altri attori chiave a livello europeo, come risulta dalle conclusioni del Consiglio concernenti il Patto europeo per la parità di genere per il periodo 2011 - 2020;
2. sottolinea che il divario retributivo tra i generi è in gran parte il risultato di stereotipi e del fatto che le donne sono considerate solo dal punto di vista della distribuzione tradizionale dei ruoli; invita pertanto gli Stati membri a promuovere la parità di retribuzione istituendo iniziative sociali a livello nazionale e locale;
3. esprime notevole preoccupazione sul fatto che nell'ultimo decennio i progressi sono stati lenti e che il divario retributivo tra uomini e donne è rimasto alto negli ultimi anni, e che nel 2009, a dispetto del principio giuridico vincolante della parità retributiva per un lavoro di pari valore, le donne hanno percepito nell'UE a 27 una retribuzione oraria mediamente inferiore del 17,5 % rispetto a quella degli uomini (fino al 30% in meno nel settore privato a parità di merito e di qualifiche); è preoccupato per il divario retributivo molto ampio tra donne e uomini altamente qualificati in alcuni Stati membri; sottolinea che le donne sono tra le categorie maggiormente colpite dalla precarietà del lavoro e dalle conseguenze sociali della crisi; nota che, secondo la relazione dell'OIL dal titolo "Global Employment Trends 2012: Preventing a deeper jobs crisis", la percentuale di donne in una situazione occupazionale vulnerabile supera quella degli uomini (50,5% rispetto al 48,2%);
4. ritiene cha la tutela delle donne attraverso accordi contrattuali di flessicurezza rafforzi la coesione sociale nel mercato del lavoro, in particolare per le donne con figli o che si fanno carico di eventuali responsabilità di assistenza nei confronti degli anziani; nota che l'organizzazione del loro orario di lavoro dovrebbe essere sufficientemente flessibile in modo da rispondere alle loro esigenze e migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita privata;
5. invita gli Stati membri a riconoscere il reale valore aggiunto delle donne sul luogo di lavoro e a creare condizioni adeguate al fine di migliorare le loro prospettive di occupazione e accrescere la loro partecipazione al mercato del lavoro, attraverso servizi assistenziali e di custodia dei bambini accessibili, regimi di congedo parentale e condizioni di lavoro flessibili, in particolare quando le donne ritornano sul mercato del lavoro dopo lunghi periodi di inattività, in seguito al parto o ad altri impegni familiari;
6. invita la Commissione a promuovere ulteriormente la ricerca relativa alle strategie di flessicurezza, al fine di valutare il loro impatto sul divario retributivo tra i generi e determinare in che modo tali strategie possano contrastare il problema della discriminazione di genere;
7. accoglie con favore le conclusioni del Consiglio del 6 dicembre 2010 in cui si invitano gli Stati membri ad adottare misure di ampio respiro per superare le cause della disparità di retribuzione;
8. sottolinea che il divario retributivo aumenta a svantaggio delle donne in maniera proporzionale rispetto al livello della posizione e delle qualifiche;
9. evidenzia che in alcuni paesi il divario retributivo aumenta a svantaggio delle donne durante i periodi più difficili per loro, ad esempio quando sono in età fertile o quando si avvicinano all'età pensionistica;
10. sottolinea che le cause alla base del divario retributivo di genere sono numerose e complesse; ritiene che la disparità abbia forti ripercussioni negative sulla vita di molte donne, in particolare in età pensionistica, dato che una retribuzione più bassa può condurre a minori prestazioni previdenziali e può spiegare il fatto per cui le donne sono più colpite rispetto agli uomini (22% contro il 16%) dalla povertà legata all'età; sottolinea che in molti casi il motivo per cui le donne pensionate vivono in povertà è che esse si sono occupate delle cure familiari, poiché è più consueto per le donne accettare occupazioni temporanee o a tempo parziale al fine di conciliare lavoro e responsabilità familiari; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a proseguire gli sforzi per eliminare tali disparità ed assicurare la parità di trattamento pensionistico fra uomini e donne;
11. ritiene che le lavoratrici che svolgono lavori che richiedono capacità, sforzi e responsabilità simili a quelli degli uomini dovrebbero disporre di pari opportunità a tutte le età in materia di formazione, avanzamento, riqualificazione e aggiornamento, nonché di diritti pensionistici e prestazioni di disoccupazione uguali a quelli applicabili agli uomini;
12. reputa che la riduzione del divario retributivo tra donne e uomini avrebbe un impatto positivo in quanto promuoverebbe un aumento delle nascite e ridurrebbe le tendenze demografiche che si stanno affermando, in particolare nella parte orientale dell'Europa, e migliorerebbe la situazione delle donne con figli, specie se diventano madri nubili, riducendo in tal modo il rischio di povertà infantile;
13. reputa che un mercato del lavoro libero da stereotipi potrebbe favorire un aumento non solo delle retribuzioni delle donne, ma anche del prodotto interno lordo degli Stati membri; nota che, secondo le conclusioni di diversi studi, se la partecipazione femminile al mercato del lavoro aumentasse fino al 70%, eguagliando quella maschile, ciò avrebbe un impatto economico altamente positivo sul PIL dell'UE (tra il 4 e l'8%);
14. sottolinea che la mancata applicazione del principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore pregiudica il conseguimento degli obiettivi occupazionali di Europa 2020; rileva che un coinvolgimento più attivo delle donne nel mercato del lavoro contribuisce a rafforzare la sostenibilità dei regimi assicurativi, in particolare alla luce delle tendenze demografiche;
15. osserva, tuttavia, che approcci consistenti in misure volte ad affrontare isolatamente l'una o l'altra causa del divario retributivo non si sono dimostrati adeguati per colmare efficacemente i divari di retribuzione tra uomini e donne;
16. sottolinea che, oltre a porre l'accento sulle imprese private e sul settore pubblico, si dovrebbe altresì prestare attenzione alla disparità di trattamento delle donne nelle imprese a conduzione familiare e nel settore agricolo, dove le donne non solo sono pagate meno degli uomini, ma spesso non ricevono alcuna retribuzione; chiede che siano adottate misure per sensibilizzare l'opinione pubblica in merito all'impatto che tale situazione ha sulla posizione sfavorevole delle donne per quanto riguarda la sicurezza sociale e le pensioni;
17. rileva che le statistiche devono essere coerenti, comparabili, disaggregate per genere, complete e concepite per tenere conto dei nuovi sistemi di classificazione e organizzazione del personale e di riforma dell'organizzazione del lavoro; ritiene che, in sede di valutazione del divario retributivo, sia necessario tenere conto non solo della diversa retribuzione oraria lorda, ma anche di altri aspetti quali la retribuzione individuale, il tipo di contratto, le integrazioni e i bonus, le qualifiche professionali, le attitudini e capacità individuali, l'organizzazione del lavoro, l'esperienza professionale e la produttività, che dovrebbero essere misurati non solo in termini quantitativi (ore in cui il lavoratore è fisicamente presente sul luogo di lavoro) ma anche in termini qualitativi e in termini di impatto che le riduzioni dell'orario di lavoro, i periodi di congedo e di assenza per attività di cura hanno sugli aumenti automatici di retribuzione;
18. invita gli Stati membri ad attuare strategie di integrazione della dimensione di genere dato che le questioni di genere si sovrappongono alla cura dei bambini, alle politiche fiscali e agli appalti pubblici;
19. reputa che l'aumento dell'occupazione femminile, specie nelle posizioni di alto livello, potrebbe contribuire a ridurre le differenze retributive tra uomini e donne; sottolinea la necessità di una maggiore partecipazione attiva delle donne al processo decisionale nel settore economico, utilizzando la loro influenza per individuare decisioni che tengano conto di una prospettiva di parità di genere; richiama l'attenzione sugli studi che hanno concluso che esiste una forte correlazione tra una maggiore presenza femminile nei posti direttivi delle imprese e un aumento degli introiti sugli attivi, delle vendite e del capitale investito;
20. sottolinea che la strategia UE2020 stabilisce esplicitamente l'obiettivo di portare il tasso di occupazione per le donne e gli uomini di età compresa tra i 20 e i 64 anni al 75%, obiettivo che può essere conseguito attraverso misure miranti a colmare il divario retributivo tra i generi, rafforzare la formazione delle donne e promuovere l'imprenditorialità femminile nel quadro di un piano più ampio di ripresa economica, tenendo conto delle posizioni di partenza dei diversi Stati membri e delle circostanze nazionali;
21. invita gli Stati membri a prendere le misure necessarie per migliorare la trasparenza delle retribuzioni; è del parere che sia necessario sviluppare e promuovere la trasparenza dei sistemi retributivi e che i datori di lavoro debbano monitorare gli stipendi – retribuzioni in contanti e non – in relazione ai compiti, alle qualifiche ed alle esperienze, tenendo conto delle questioni di genere; sottolinea che le politiche delle imprese in materia di retribuzioni nonché le norme sulla concessione di indennità e di bonus devono essere trasparenti;
22. rimarca che è compito degli Stati membri attuare la strategia UE2020 e che essi si trovano nella posizione migliore per assegnare le proprie risorse al fine di conseguire in modo efficace gli obiettivi stabiliti;
23. insiste sulla necessità di varare misure a favore della promozione e della realizzazione professionale e in termini di carriera in condizioni di reale equiparazione tra donne e uomini; sottolinea che tale principio fa parte della nozione di responsabilità sociale delle imprese ed è incoraggiato a livello internazionale e nazionale e deve essere sviluppato in tutti gli Stati membri;
24. nota che il divario retributivo è spesso collegato a una serie di fattori giuridici, sociali ed economici presenti nella società moderna, ma ritiene che l'unico modo per dare attuazione pratica al principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore sia quello di adottare politiche che consentano una ripartizione equilibrata delle responsabilità familiari tra uomini e donne;
25. sottolinea che è necessario promuovere norme concernenti una condotta equa ed etica nei confronti del personale, con un accento particolare su un sistema retributivo paritario e trasparente;
26. sottolinea che le responsabilità familiari limitino le possibilità di carriera per le donne; nota che, per tale motivo, le donne sono sovra rappresentate nel lavoro a tempo parziale, il che riduce notevolmente la durata del lavoro retribuito, e costituiscono gran parte della forza lavoro nell'economia informale, dove è più probabile che svolgano lavori precari, siano più esposte al licenziamento e non adeguatamente coperte dai sistemi di sicurezza sociale;
27. ritiene prioritario promuovere una nuova cultura della responsabilità condivisa, sia nella vita privata che nel mondo del lavoro, per quanto riguarda l'educazione dei bambini ed i compiti di gestione domestica, facilitando così la conciliazione tra vita familiare e carriera; reputa che vada altresì promossa l'opzione di utilizzare i servizi di custodia dei bambini, di vicinato e di assistenza offerti dalle istituzioni; invita gli Stati membri a rendere i costi di tali servizi fiscalmente deducibili;
28. rammenta alla Commissione e agli Stati membri la necessità di adottare misure positive a favore delle donne e degli uomini, segnatamente per facilitarne il rientro sul posto di lavoro dopo un periodo dedicato alla famiglia (educazione dei figli e/o assistenza a un familiare malato o invalido), nonché politiche che favoriscano il (re)inserimento nel mercato del lavoro, onde permettere loro di riacquistare autonomia finanziaria;
29. ritiene che occorra adottare iniziative e misure, segnatamente nel campo dell'istruzione, in tutte le fasi ed a livello nazionale ed europeo, volte a contrastare una visione stereotipata dell'occupazione femminile secondo cui quest'ultima sarebbe associata ad un reddito secondario del nucleo familiare, visione che ha fortemente contribuito a nutrire e mantenere il divario retributivo tra i generi;
30. sottolinea la necessità di ampliare le prospettive di carriera delle donne e di incoraggiare le donne a intraprendere carriere tecniche e scientifiche tradizionalmente "maschili";
31. ritiene che a livello sia nazionale sia dell'UE siano necessarie misure legislative e non legislative per colmare il divario retributivo, promuovere la partecipazione femminile in settori a prevalenza maschile e aumentare il riconoscimento delle competenze e dei risultati economici conseguiti dalle donne sul luogo di lavoro, al fine di superare l'esclusione orizzontale e verticale e impedire che determinati lavori e settori siano stereotipati come tipicamente femminili; sottolinea che tali misure devono incoraggiare la partecipazione delle donne alla presa di decisioni a tutti i livelli ed in tutti i settori e invita la Commissione e gli Stati membri a valutare l'adozione di quote femminili giuridicamente vincolanti nelle imprese pubbliche e private, in particolare per i posti direttivi; deplora il fatto che donne con molteplici svantaggi (ad esempio donne con disabilità o provenienti da una minoranza etnica o da un contesto d'immigrazione) siano ancora più colpite dal divario retributivo;
32. insiste sulla necessità di interventi urgenti di lotta alle discriminazioni retributive, sia tramite la revisione della direttiva vigente, sia con l'elaborazione di piani settoriali articolati in tappe, con traguardi precisi − per esempio formulando l'obiettivo di ridurre il divario retributivo di genere allo 0,5% entro il 2020 − onde eliminare le discriminazioni dirette e indirette, oppure incentivando la contrattazione collettiva e la formazione di consulenti per la parità, risolvendo la disuguaglianza tra donne e uomini in termini di lavoro non retribuito ed elaborando piani per la parità nelle imprese e negli altri posti di lavoro; ritiene che la trasparenza nella determinazione delle retribuzioni debba diventare una prassi abituale, onde rafforzare la posizione negoziale delle lavoratrici;
33. deplora il fatto che, nonostante il Parlamento abbia approvato la revisione della direttiva 92/85/CEE, concernente il congedo di maternità, il 20 ottobre 2010, il Consiglio non abbia ancora adottato una posizione ufficiale in merito alla proposta; rileva che, per conseguire un tasso di occupazione femminile del 75% e ridurre il divario retributivo, come previsto nella strategia UE2020, si dovranno attuare ulteriori misure per favorire l'equilibrio tra lavoro e vita privata; chiede agli Stati membri di adottare una posizione su tali questioni al fine di preparare la strada per i negoziati istituzionali volti a conseguire il necessario accordo;
34. invita gli Stati membri a contrastare il lavoro in nero delle donne, il quale non solo pregiudica la sostenibilità dei fondi contributivi, ma contribuisce altresì alla piena deregolamentazione delle strutture retributive delle donne, determinando un aumento della povertà femminile, in particolare in età avanzata;
35. accoglie con favore l'adozione da parte della Commissione di una Giornata europea della parità retributiva per sottolineare le disparità salariali tra uomini e donne, nonché lo sviluppo di software per misurare il divario retributivo; ritiene che la Commissione debba proseguire la campagna di informazione e sensibilizzazione concernente il divario retributivo nei 27 Stati membri;
36. chiede che i ricorsi giuridici per difendere l'applicazione del principio giuridicamente vincolante della parità retributiva per un lavoro dello stesso valore siano più semplici, più rapidi e facilmente accessibili per i dipendenti;
37. invita gli Stati membri a rivedere le strutture retributive delle professioni e degli ambiti occupazionali prevalentemente appannaggio delle donne in modo da sfatare gli stereotipi di genere che sono alla base del problema del divario retributivo;
38. chiede agli Stati membri di garantire alle donne l'accesso all'istruzione, alla formazione e all'apprendimento permanente a tutti i livelli, e di incoraggiare le donne a intraprendere studi e carriere in ambito scientifico, in modo da contrastare gli stereotipi sessisti esistenti; pone l'accento sul fatto che la presenza di un maggior numero di giovani donne qualificate attive nei settori della scienza e della tecnologia costituirebbe un fattore di stimolo per la crescita e la competitività dell'Europa;
39. invita la Commissione a perseguire un'ottimizzazione del coordinamento tra Stati membri, nel quadro degli orientamenti per l'occupazione, nell'ottica di applicare il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore; chiede agli Stati membri di adottare norme giuridicamente vincolanti per attuare in termini pratici tale principio e, ove lo ritengano necessario, di rafforzare le disposizioni nazionali introducendo sanzioni equivalenti a quelle applicabili ad altre violazioni del diritto del lavoro come ad esempio il lavoro sommerso; sottolinea la necessità di prendere misure urgenti per migliorare la situazione delle donne con un impiego precario, dal momento che esse sono colpite in modo particolarmente negativo e sono vulnerabili in tempi di crisi economica e sociale;
40. invita la Commissione e gli Stati Membri a contrastare il divario retributivo tra i sessi nella totalità delle politiche UE e dei programmi nazionali, in particolare quelli finalizzati alla lotta contro la povertà;
41. sottolinea la necessità di coinvolgere le parti sociali, che hanno a tutti i livelli un ruolo importante per contrastare nell'ambito della contrattazione retributiva la disparità di retribuzione tra uomini e donne, e di combattere la discriminazione nei confronti delle donne, anche in relazione all'accesso all'occupazione, alla retribuzione, alle condizioni di lavoro, all'avanzamento di carriera e alla formazione professionale; chiede quindi alla Commissione e agli Stati membri di rafforzare la cooperazione con le parti sociali;
42. rileva che gli interlocutori diretti delle misure della Commissione non devono essere soltanto gli Stati membri e le parti sociali, ma anche gli organismi per le pari opportunità, le associazioni femminili, le iniziative a favore delle donne e i responsabili per le pari opportunità a livello comunale e aziendale, che potrebbero altresì offrire apposite formazioni proprio alle parti sociali nonché agli avvocati, ai magistrati e ai difensori civici impegnati nelle questioni di genere, con particolare riferimento al divario retributivo di genere;
43. reputa necessario definire meglio il concetto di "lavoro di pari valore"; ritiene che le mansioni ai fini della determinazione del "pari valore" di lavori differenti debbano essere valutate sulla base di criteri oggettivi e di un'analisi non discriminatoria; è altresì del parere che, in sede di valutazione della "parità retributiva" e di fissazione dei livelli di retribuzione, sia necessario tenere conto delle diverse componenti del trattamento economico, nella fattispecie la retribuzione di base, i benefici e le prestazioni accessorie;
44. invita gli Stati membri e le parti sociali a prendere misure contro le discriminazioni basate sul genere, contro le disparità in ambito formativo tra uomini e donne e contro la segregazione del mercato del lavoro, nonché misure a favore di un efficace equilibrio tra lavoro e vita privata e della piena trasparenza retributiva, integrandole altresì nella legislazione o nei contratti collettivi;
45. invita gli Stati membri a promuovere, in collaborazione con le parti sociali, politiche occupazionali equilibrate sotto il profilo del genere e a introdurre una valutazione obbligatoria del lavoro, applicabile ai datori di lavoro, uniforme e neutrale dal punto di vista del genere, in modo da colmare il divario retributivo tra i genere e contrastare la discriminazione sul lavoro; sottolinea la necessità di favorire l'equilibrio tra lavoro e vita privata attraverso un'assistenza all'infanzia di alta qualità e forme di lavoro flessibili facilmente conciliabili con gli impegni familiari;
46. reputa che per l'eliminazione delle differenze a livello retributivo siano necessari meccanismi giuridici appropriati ed efficienti; riconosce l'utilità delle ispezioni sul lavoro in questo ambito e ritiene necessario fornire formazioni specifiche a giudici, giuristi e ispettori del lavoro e dare loro l'opportunità di maturare adeguate competenze in materia di discriminazione retributiva;
47. sottolinea che per ridurre in termini pratici il divario retributivo tra uomini e donne è necessario attuare le misure previste dalla strategia europea per la crescita e l'occupazione e sostenere lo scambio di migliori prassi a livello di Unione, coinvolgendo le parti sociali ogniqualvolta sia possibile;
48. ritiene necessari un miglioramento e una semplificazione delle procedure e dei meccanismi atti a difendere il principio della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore e a vietare ogni forma di discriminazioni fondate sul genere;
49. sollecita gli Stati membri a offrire un adeguato sostegno finanziario nonché una formazione appropriata alle donne che intendono avviare un'attività imprenditoriale, nell'ottico di incentivare l'imprenditoria femminile;
50. ricorda agli Stati membri l'impegno dagli stessi assunto in relazione all'analisi dell'impatto delle politiche occupazionali e fiscali sul divario retributivo;
51. ritiene che gli Stati membri, in virtù degli scarsi progressi compiuti, debbano valutare l'introduzione di misure efficaci, eventualmente anche legislative, ed elaborare sanzioni contro i datori di lavoro che violino il principio della parità retributiva; reputa, in particolare, che debba essere possibile adire le vie legali in caso di discriminazione retributiva; è inoltre del parere che, in vista di una diffusione delle buone prassi, gli Stati membri debbano sostenere le imprese che adottano misure per favorire la parità retributiva;
– a includere nell'allegato alla proposta di risoluzione le seguenti raccomandazioni:
52. ritiene che una combinazione di strategie e misure, nel rispetto del principio di integrazione tra i generi, possa rimuovere il divario salariale tra i generi e debba contenere quanto segue:
(a) provvedimenti specifici per dare la possibilità di conciliare lavoro, studi, istruzione e formazione o riqualificazione professionale, con la vita familiare e quella privata attraverso l'accesso a servizi di assistenza (non eccessivamente costosi, facilmente accessibili e indipendenti dallo stato del lavoratore o dalla tipologia di contratto con cui è assunto), attraverso sistemi di orari di lavoro compatibili con le esigenze dei lavoratori, in particolare delle famiglie monoparentali, e la concessione di congedi di maternità, di paternità, parentali e familiari in connessione con la possibilità di un agevole reintegro al lavoro e la partecipazione paritaria delle donne al mercato del lavoro;
(b) politiche adeguate in materia fiscale e previdenziale e misure per la tutela delle famiglie, tra cui misure che prevedano l'eliminazione delle forti penalizzazioni in ambito pensionistico cui sono soggetti i genitori che hanno interrotto la carriera o hanno lavorato a tempo parziale, nonché misure specifiche per il genere mirate a equilibrare eventuali differenze inique e ingiustificate a livello retributivo, e misure per migliorare la qualità dell'occupazione femminile includendo altresì l'offerta di servizi atipici nel settore dell'assistenza all'interno della famiglia o comunque nel contesto familiare inteso in senso lato,
(c) misure concrete che dovranno essere attuate dalle parti sociali e dagli organismi per le pari opportunità (secondo l'articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea) ai diversi livelli contrattuali e di settore, per superare il divario retributivo e la segregazione, ad esempio l'obbligo per le parti sociali di concludere contratti in materia di retribuzioni, la periodica realizzazione di indagini in materia di parità retributiva, l'attuazione di piani per la parità nelle singole aziende, la fissazione di obiettivi e indicatori qualitativi e quantitativi nonché lo scambio delle migliori prassi convalidate dai diretti interessati e integrate da relazioni sugli ostacoli e le difficoltà incontrati,
(d) l'introduzione di una clausola per il rispetto dell'equiparazione tra i generi e della parità di retribuzione negli appalti pubblici,
(e) l'adozione di misure finalizzate all'attuazione delle politiche dell'equiparazione e della parità di retribuzione tra uomini e donne da parte delle imprese;
(f) lo sviluppo, in collaborazione con le parti sociali e le associazioni, di un certificato di qualità europeo per la parità retributiva che consenta a istituzioni, imprese ed enti di pubblicizzare la propria comprovata conformità a determinati criteri riguardanti la parità retributiva come ad esempio la trasparenza in materia di retribuzioni;
(g) un repertorio di esempi utili al superamento delle discriminazioni retributive e di genere,
(h) informazioni e orientamenti in materia di soluzioni concrete per colmare il divario retributivo,
(i) lo sviluppo di schemi di valutazione del lavoro trasparenti e neutrali per verificare il carattere non discriminatorio delle descrizioni delle mansioni e dei criteri per la determinazione delle retribuzioni,
53. propone l'istituzione di un premio "Women and Business in Europe", assegnato dal Parlamento europeo, per il quale possano concorrere i datori di lavoro (imprese, istituzioni ed enti) che attuano pratiche in termini di sostegno alle donne, che favoriscono l'accesso di queste ultime alle posizioni dirigenziali e applicano la parità retributiva;
54. considera necessario dare adeguata interpretazione e attuazione dell'articolo 157, paragrafi 1 e 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e di adattare la direttiva in materia a livello UE e nella fase di recepimento e attuazione a livello nazionale;
55. è convinto che sia necessario attuare meglio e più rapidamente le disposizioni della direttiva in materia, con riferimento agli organismi per le pari opportunità e al dialogo sociale, per una reale eliminazione del divario salariale attraverso l'applicazione delle misure da parte degli Stati membri, delle parti sociali e degli organismi per le pari opportunità;
56. alla luce della crisi economica e del cambiamento demografico ritiene che la parità retributiva tra uomo e donna per uno stesso lavoro nonché l'assenza di discriminazioni in materia di remunerazione sia di fondamentale importanza in termini di competitività, crescita economica e garanzia di dignità per le donne che vivono nell'Unione europea;
57. reputa che sia necessario coinvolgere le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro nonché gli altri organismi pertinenti, ad esempio le commissioni governative per l'uguaglianza di genere, nell'adozione di politiche e misure afferenti ai programmi nazionali per la parità in materia di occupazione dei vari Stati membri; è del parere che lo scopo di tale coinvolgimento debba essere quello di migliorare la comprensione e la divulgazione delle migliori prassi e delle norme volte a incentivare l'ampia applicazione della parità retributiva, nonché quello di istituire meccanismi di monitoraggio e controllo della relativa applicazione;
58. esorta la Commissione a trasmettere al Parlamento un'analisi relativa agli atti normativi, emanati a livello di Unione europea e/o nazionale, potenzialmente in grado di contribuire in maniera significativa e quanto più possibile rapida alla riduzione del divario retributivo.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
27.3.2012 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
39 0 5 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Regina Bastos, Edit Bauer, Phil Bennion, Pervenche Berès, Vilija Blinkevičiūtė, Philippe Boulland, David Casa, Alejandro Cercas, Ole Christensen, Derek Roland Clark, Marije Cornelissen, Emer Costello, Frédéric Daerden, Karima Delli, Sari Essayah, Thomas Händel, Marian Harkin, Roger Helmer, Nadja Hirsch, Danuta Jazłowiecka, Jean Lambert, Veronica Lope Fontagné, Olle Ludvigsson, Thomas Mann, Elisabeth Morin-Chartier, Csaba Őry, Siiri Oviir, Konstantinos Poupakis, Elisabeth Schroedter, Joanna Katarzyna Skrzydlewska, Jutta Steinruck, Traian Ungureanu, Inês Cristina Zuber |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Sergio Gaetano Cofferati, Tamás Deutsch, Sergio Gutiérrez Prieto, Richard Howitt, Filiz Hakaeva Hyusmenova, Ramona Nicole Mănescu, Ria Oomen-Ruijten, Csaba Sógor, Gabriele Zimmer |
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Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Ioan Enciu, Louis Grech |
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ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
24.4.2012 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
28 0 1 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Edit Bauer, Emine Bozkurt, Andrea Češková, Iratxe García Pérez, Zita Gurmai, Mikael Gustafsson, Mary Honeyball, Lívia Járóka, Nicole Kiil-Nielsen, Silvana Koch-Mehrin, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Astrid Lulling, Barbara Matera, Elisabeth Morin-Chartier, Angelika Niebler, Siiri Oviir, Antonyia Parvanova, Joanna Katarzyna Skrzydlewska, Marc Tarabella, Britta Thomsen, Marina Yannakoudakis, Anna Záborská, Inês Cristina Zuber |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Franziska Katharina Brantner, Christa Klaß, Ana Miranda, Mariya Nedelcheva, Katarína Neveďalová, Antigoni Papadopoulou |
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Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Tamás Deutsch |
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