RELAZIONE sul miglioramento dello sviluppo attraverso il commercio
4.4.2013 - (2012/2224(INI))
Commissione per lo sviluppo
Relatore: Alf Svensson
Relatore per parere (*): Tokia Saïfi, commissione per il commercio internazionale
(*) Commissioni associate – articolo 50 del regolamento
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sul miglioramento dello sviluppo attraverso il commercio
Il Parlamento europeo,
– vista la comunicazione della Commissione su commercio, crescita e sviluppo (COM(2012)0022) del 27 gennaio 2012, che aggiorna una comunicazione sullo stesso argomento del 18 settembre 2002,
– visti gli articoli 207 e 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e l'articolo 3 del trattato sull'Unione europea,
– visti le altre comunicazioni della Commissione e gli altri documenti di lavoro dei servizi della Commissione degli ultimi anni sull'argomento in questione, tra cui la comunicazione dal titolo "Coerenza delle politiche per lo sviluppo" (COM(2009)0458, SEC(2010)0421, SEC(2011)1627), la comunicazione relativa al piano di azione dell'UE sulla parità tra donne e uomini e sull'emancipazione femminile nello sviluppo 2010-2015 (SEC(2010)0265), la comunicazione dal titolo "Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento" (COM(2011)0637), le comunicazioni concernenti i finanziamenti per lo sviluppo (COM(2012)0366), l'approccio dell'Unione alla resilienza (COM(2012)0586), la protezione sociale nella cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea (COM(2012)0446) e l'impegno verso la società civile nell'ambito delle relazioni esterne (COM(2012)0492), nonché la sua comunicazione in materia di aiuti al commercio (COM(2007)0163) e le sue relazioni annuali di monitoraggio su tali aiuti,
– viste le conclusioni del Consiglio sull'approccio dell'Unione europea al commercio, alla crescita e allo sviluppo nel prossimo decennio, del 16 marzo 2012, e le altre conclusioni del Consiglio pertinenti in materia,
– visto l'accordo di Cotonou[1],
– visti i regolamenti relativi allo Strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI)[2] e al Fondo europeo di sviluppo (FES) nonché alla loro attuazione,
– visti il quadro strategico dell'UE in materia di diritti umani e di democrazia e il punto 11, relativo al commercio, del relativo piano d'azione[3],
– visto il quadro integrato rafforzato per l'assistenza in campo commerciale per i paesi meno sviluppati, preparato sotto la guida della Banca mondiale;
– viste l'agenda per il lavoro dignitoso dell'OIL e l'iniziativa delle Nazioni Unite per una piattaforma in materia sociale (Social Protection Floor Initiative),
– viste la quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltasi a Pechino nel settembre 1995 nonché la dichiarazione e la piattaforma d'azione adottate a Pechino,
– viste le sue risoluzioni concernenti il commercio e lo sviluppo, fra cui quelle in materia di commercio e povertà[4]; aiuti al commercio[5]; accordi di partenariato economico[6]; sistema delle preferenze generalizzate dell'Unione europea[7]; responsabilità sociale delle imprese (RSI)[8], questioni fiscali in relazione ai paesi in via di sviluppo[9]; relazioni UE-Africa[10]; sicurezza dell'approvvigionamento alimentare[11]; elaborazione generale della politica di sviluppo dell'UE[12] e coerenza delle politiche per lo sviluppo[13],
– visto l'articolo 48 del suo regolamento,
– visti la relazione della commissione per lo sviluppo e il parere della commissione per il commercio internazionale (A7-0054/2013),
A. considerando che gli articoli 207 e 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea sono chiaramente interconnessi; che, ai sensi dell'articolo 207, la politica commerciale dell'Unione europea è condotta nel quadro dei principi e degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione e che, a norma dell'articolo 208, l'Unione tiene conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell'attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo;
B. considerando che, a seguito della dichiarazione e della piattaforma d'azione di Pechino, gli Stati membri e la Commissione hanno adottato la strategia dell'integrazione della prospettiva di genere come parte della loro politica in materia di cooperazione allo sviluppo;
C. considerando che la riduzione della povertà e il perseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio sono al centro della politica di sviluppo dell'UE e dovrebbero altresì orientare la politica commerciale dell'Unione nei confronti dei paesi in via di sviluppo; che la promozione dei diritti umani deve essere integrata in tale politica e contribuire all'approccio allo sviluppo basato sui diritti umani adottato dall'Unione;
D. considerando che il collegamento fra la liberalizzazione del commercio e la riduzione della povertà non è automatico, ma che l'apertura degli scambi può essere uno dei propulsori più efficaci della crescita economica e dello sviluppo, se e quando sussistono le giuste condizioni;
E. considerando che le prospettive di uno sviluppo efficace trainato dal commercio dipendono, fra l'altro, dal corretto funzionamento delle istituzioni, dall'efficacia della lotta contro la corruzione, dalla vitalità del settore privato, dal perseguimento di uno sviluppo economico ampio e inclusivo, dalla diversificazione e dall'aumento graduale di valore aggiunto;
F. considerando che la politica commerciale dell'UE nei confronti dei paesi in via di sviluppo si prefigge di conseguire una migliore integrazione di questi ultimi nel sistema degli scambi internazionali, ma manca di obiettivi di sviluppo chiaramente definiti e rischia pertanto, al contrario, di distruggere la produzione locale e di incrementare la dipendenza dalle esportazioni di prodotti di base; che, nonostante i notevoli sforzi a favore della liberalizzazione, alcuni paesi in via di sviluppo, in particolare quelli meno sviluppati, non sono riusciti a diversificare la produzione e le esportazioni;
G. considerando che l'impatto della globalizzazione sulla riduzione della povertà è disomogeneo; che un'ampia parte della popolazione dei paesi in via di sviluppo vive ancora in condizioni di estrema povertà, in particolare nei paesi meno sviluppati: che nel 1990 soltanto il 18% della popolazione in condizioni di povertà estrema viveva nei paesi meno sviluppati, ma nel 2007 tale percentuale è raddoppiata, raggiungendo il 36%;
H. considerando che i negoziati sugli accordi di partenariato economico (APE) sono in forte ritardo rispetto al calendario fissato, i progressi complessivi sono tuttora modesti, gli obiettivi di sviluppo non sono chiaramente identificati nella strategia del'UE in materia di APE ed è necessaria una nuova prospettiva sullo sviluppo nei negoziati, anziché una scadenza, per porre rimedio a questa situazione;
I. considerando che i paesi poveri hanno difficoltà a compensare il calo delle imposte sugli scambi prodotto dall'attuale contesto globale di liberalizzazione del commercio; che l'imposizione, sulle merci trasformate, di dazi doganali superiori a quelli applicati alle materie prime può contribuire a relegare i paesi in via di sviluppo a un ruolo di semplici esportatori di materie prime;
J. considerando che occorre eliminare gli effetti negativi, in termini di scambi e sviluppo, della politica agricola comune sui paesi in via di sviluppo;
K. considerando che lo sviluppo degli agrocarburanti si è basato in maniera preponderante sullo sviluppo delle monocolture industriali su larga scala, diffondendo così pratiche agricole dannose per l'ambiente, la biodiversità, la fertilità del suolo e la disponibilità di risorse idriche; che lo sviluppo degli agrocarburanti può avere conseguenze drammatiche in termini di violazioni dei diritti fondiari, perdita dell'accesso a risorse naturali vitali, deforestazione e degrado ambientale;
L. considerando che i paesi a reddito medio-alto saranno esclusi, dal 1° gennaio 2014, dal sistema di preferenze generalizzate dell'UE, ma che non è dato sapere in che misura ciò comporterà l'apertura di nuove opportunità di esportazione per i paesi meno sviluppati;
M. considerando che gli aiuti al commercio sono destinati ad assistere i paesi in via di sviluppo con l'obiettivo, fra gli altri, di rafforzare le loro capacità commerciali, ridurre gli ostacoli amministrativi al commercio, creare un'infrastruttura efficiente per il trasporto delle merci e rafforzare le imprese locali onde prepararle a soddisfare la domanda locale e far fronte alla concorrenza, nonché consentire loro di beneficiare di nuove opportunità di mercato; che gli aiuti al commercio dovrebbero contribuire a promuovere la trasformazione e la diversificazione della produzione, sostenere l'integrazione regionale, facilitare i trasferimenti di tecnologia e la creazione o lo sviluppo di capacità produttiva interna, nonché ridurre le disuguaglianze di reddito;
N. considerando che l'integrazione regionale è un mezzo efficace per conseguire la prosperità, la pace e la sicurezza; che i benefici in termini di sviluppo derivanti da un migliore funzionamento del commercio interno e regionale possono essere altrettanto considerevoli, se non addirittura superiori, a quelli derivanti dall'aumento del commercio estero, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici; che il commercio regionale in Africa è dominato dagli scambi di merci trasformate, contrariamente al commercio estero che è dominato dalle materie prime;
O. considerando che l'esportazione di risorse naturali è spesso associata alla corruzione, come pure alla stagnazione in altri settori economici; che è oggi ampiamente riconosciuta l'esistenza del fenomeno della "maledizione delle risorse" e che la politica commerciale dell'UE deve cercare di concorrere a prevenire e contrastare tale fenomeno;
P. considerando che le "risorse che alimentano i conflitti" sono risorse naturali il cui sistematico sfruttamento e commercio in un contesto di conflitto contribuiscono a, sono favoriti da o provocano gravi violazioni dei diritti umani, violazioni del diritto umanitario internazionale o violazioni che si configurano come reati ai sensi del diritto internazionale;
Q. considerando che le politiche dell'UE devono sostenere e in nessun caso nuocere alla sicurezza dell'approvvigionamento alimentare; che è inoltre indispensabile arrestare la riassegnazione dei terreni agricoli nei paesi o nelle regioni in via di sviluppo che versano in condizioni di insicurezza alimentare a scopi diversi dalla produzione alimentare, per esigenze locali o regionali (problema del cosiddetto accaparramento dei terreni);
R. considerando che, in particolare, il sostegno ai biocarburanti ha determinato variazioni indirette nella destinazione d'uso dei terreni e volatilità dei prezzi delle derrate alimentari nei paesi in via di sviluppo;
S. considerando che la sicurezza del regime di proprietà per i piccoli proprietari – che costituiscono la maggioranza dei proprietari di terreni nei paesi in via di sviluppo e sono quelli più vulnerabili – costituisce il fondamento della vitalità del mercato immobiliare e di quello creditizio, un presupposto essenziale per uno sviluppo stabile e sostenibile;
T. considerando che gli investimenti in opportunità per le donne, con particolare riferimento al microcredito, sono essenziali al fine di assicurare elevati rendimenti in termini di sviluppo economico e sociale;
Trasformare il commercio in un propulsore efficace della crescita, dello sviluppo e della riduzione della povertà
1. ribadisce la propria posizione secondo cui la promozione di uno sviluppo sostenibile deve essere l'obiettivo primario della politica commerciale dell'UE nei confronti dei paesi in via di sviluppo; ritiene che occorra definire obiettivi di sviluppo concreti e sostenibili per tutte le iniziative che rientrano nel quadro di tale politica;
2. sottolinea che, poiché non si può dare per scontato che la liberalizzazione del commercio comporti la crescita e la riduzione della povertà, le politiche commerciali e in materia di aiuti al commercio devono essere sistematicamente elaborate sulla base di processi trasparenti, inclusivi e partecipativi che coinvolgano tutti i soggetti interessati e rivolgano un'attenzione particolare a quelli più svantaggiati, soprattutto le donne;
3. osserva che il commercio equo fra l'UE e i paesi in via di sviluppo deve basarsi sul pieno rispetto e sulla garanzia delle norme in materia di lavoro e delle condizioni lavorative definite dall'OIL e deve assicurare l'applicazione delle norme sociali e ambientali più rigorose; ribadisce che ciò comporta il pagamento di un prezzo equo per le risorse e per i prodotti agricoli dei paesi in via di sviluppo;
4. chiede che sia riservata una particolare attenzione alla promozione dell'uguaglianza di genere e all'emancipazione femminile;
5. si compiace dell'importanza attribuita all'ambiente imprenditoriale, all'integrazione regionale e ai mercati mondiali, nonché alla protezione sociale, alla sanità, all'istruzione e all'occupazione nella comunicazione della Commissione su un programma di cambiamento (COM(2011)0637);
6. chiede la piena applicazione della coerenza delle politiche per lo sviluppo, anche ponendo fine a tutte le pratiche inique di produzione e commercializzazione, allo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche e ai sussidi all'agricoltura che ostacolano lo sviluppo e minacciano la sicurezza alimentare;
7. sottolinea che la politica di investimento comporta due principali sfide per i paesi in via di sviluppo: a livello nazionale tale politica deve essere integrata nella strategia di sviluppo, prevedendo obiettivi di sviluppo sostenibile, mentre a livello internazionale è necessario rafforzare la dimensione dello sviluppo negli accordi internazionali in materia di investimenti (AII) e assicurare un equilibrio fra i diritti e gli obblighi degli Stati e degli investitori;
8. si rammarica che, come indica la relazione dell'UNCTAD sugli investimenti mondiali per il 2012, alcuni AII conclusi nel 2011 continuino ad attenersi al modello tradizionale di trattato, incentrato sulla protezione degli investimenti come unico obiettivo; apprezza, tuttavia, il fatto che alcuni nuovi AII prevedano disposizioni intese a garantire che il trattato, lungi dall'interferire con le strategie di sviluppo sostenibile dei paesi interessati che tengono particolarmente conto degli impatti ambientali e sociali dell'investimento, promuova invece tali strategie;
9. rileva con preoccupazione il numero crescente di procedimenti per la composizione delle controversie investitore-Stato (ISDS) avviati nell'ambito degli AII, nei quali gli investitori mettono in discussione politiche pubbliche fondamentali, asserendo che tali politiche hanno influito negativamente sulle loro prospettive commerciali; sottolinea in tale contesto che, come indica la relazione 2012 dell'UNCTAD sugli investimenti mondiali, gli AII stanno diventando via via più controversi e politicamente sensibili, principalmente a causa della diffusione dei procedimenti arbitrali investitore-Stato scaturiti da AII, i quali sono fonte di crescente malcontento (ad esempio la dichiarazione di politica commerciale dell'Australia, la quale ha annunciato che non includerà più clausole ISDS nei suoi futuri AII) ed evidenziano, tra l'altro, le lacune del sistema (ad esempio il vasto ambito di applicazione di alcune disposizioni, come quelle relative all'espropriazione, i dubbi relativi alle qualifiche degli arbitri, la mancanza di trasparenza e i costi elevati dei procedimenti, nonché la relazione tra procedimenti investitore-Stato e procedimenti tra Stati); insiste pertanto sul fatto che tutti i futuri accordi europei in materia di investimenti devono garantire che le clausole relative alla composizione delle controversie internazionali investitore-Stato non pregiudichino la possibilità degli Stati di legiferare nell'interesse pubblico;
10. ricorda che la mobilitazione degli investimenti a favore dello sviluppo sostenibile rimane una grande sfida per i paesi in via di sviluppo, in particolare per quelli meno sviluppati; sottolinea, in tale contesto, che l'UNCTAD ha elaborato un quadro complessivo per la politica degli investimenti a favore dello sviluppo sostenibile, il quale pone l'accento, in particolare, sulla relazione tra investimento estero e sviluppo sostenibile;
11. invita l'UE a utilizzare attivamente i molteplici strumenti di cui dispone per sostenere la pace, il rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto, la buona governance, la sana gestione finanziaria pubblica, gli investimenti in infrastrutture, il rispetto delle norme sociali da parte delle imprese europee e delle loro filiali, la fornitura affidabile di servizi di base e il perseguimento della crescita inclusiva e sostenibile nonché della riduzione della povertà nei paesi in via di sviluppo, contribuendo così a creare un ambiente che favorisca l'efficacia degli aiuti al commercio e la sostenibilità dello sviluppo commerciale;
12. sottolinea che il successo dell'integrazione dei paesi in via di sviluppo nel commercio mondiale richiede qualcosa di più di un migliore accesso ai mercati e di norme commerciali internazionali rafforzate; sottolinea quindi che la programmazione degli aiuti al commercio dovrebbe sostenere i paesi in via di sviluppo nei loro sforzi interni per promuovere il commercio locale, eliminare i vincoli sul versante dell'offerta e affrontare le debolezze strutturali, obiettivi che possono essere perseguiti mediante riforme interne riguardanti le politiche commerciali, il miglioramento degli scambi commerciali, il potenziamento delle capacità nel settore doganale, l'ammodernamento delle infrastrutture, lo sviluppo delle capacità produttive e la creazione di mercati nazionali e regionali;
13. ricorda che il collegamento fra il commercio internazionale e la riduzione della povertà non è automatico; constata a tale proposito che, in base alle dichiarazioni dell'UNCTAD, il livello medio di integrazione commerciale dei paesi meno sviluppati, misurato in base al rapporto fra esportazioni e importazioni di beni e servizi e il PIL, è stato in effetti superiore a quello delle economie avanzate sin dai primi anni Novanta; ritiene dunque che la persistenza della povertà di massa nei paesi meno sviluppati sia la conseguenza del sottosviluppo e del fatto che questi paesi non siano riusciti a promuovere una trasformazione strutturale, a sviluppare la capacità produttiva e a creare occupazione produttiva a livello nazionale;
14. sottolinea altresì la tesi sostenuta dall'UNCTAD, secondo cui la prematura e rapida liberalizzazione del commercio che molti paesi in via di sviluppo a basso reddito sono stati incoraggiati a intraprendere negli anni Ottanta e Novanta ha provocato una deindustrializzazione e una forma di integrazione che hanno intensificato la loro dipendenza e la loro vulnerabilità rispetto ai mercati esterni, mentre i paesi che hanno beneficiato maggiormente della liberalizzazione del commercio e che hanno registrato le riduzioni più significative della povertà assoluta sono quelli che hanno aperto le proprie economie in maniera moderata e graduale, in linea con lo sviluppo delle proprie capacità produttive, e che hanno compiuto progressi verso la trasformazione strutturale;
15. sottolinea che, affinché la crescita e la creazione di ricchezza siano inclusive, sostenibili ed efficaci ai fini della riduzione della povertà, occorre perseguirle nei settori duramente colpiti dalla povertà e nei settori in cui sono attivi i poveri; segnala che la crescita dovrebbe altresì apportare benefici alle donne, determinare la loro emancipazione ed essere incentrata sul miglioramento del clima economico generale affinché le piccole e medie imprese possano prosperare ed emergano opportunità di microfinanza e di microcredito sostenibili; segnala che la politica per lo sviluppo e la politica commerciale in quest'ambito dovrebbero essere orientate all'innovazione, alla creatività e alla competitività, al fine di creare posti di lavoro e conferire autonomia ai soggetti svantaggiati;
16. apprezza il fatto che la Commissione abbia riconosciuto la necessità di sostenere la partecipazione dei piccoli produttori e delle piccole imprese; rileva il potenziale di mercato insito nei meccanismi commerciali equi e l'efficacia di tali meccanismi nell'agevolare lo sviluppo sociale;
17. propone alla Commissione di imprimere un nuovo slancio agli appalti pubblici sostenibili a livello internazionale;
18. invita l'UE, i suoi Stati membri e gli altri donatori a riconoscere il ruolo fondamentale delle donne a favore dello sviluppo economico e ad adattare l'azione di aiuto ai fini dell'emancipazione sociale e finanziaria delle donne, anche attraverso un sostegno mirato allo sviluppo di attività commerciali e l'accesso a servizi di microfinanza rivolti specificamente alle donne;
19. ricorda alla Commissione e agli Stati membri il piano d'azione dell'UE per l'uguaglianza di genere e l'emancipazione femminile nello sviluppo e le attività proposte nell'ambito di tale azione;
20. ribadisce l'obbligo dell'UE di assicurare la coerenza delle politiche per lo sviluppo e il rispetto, la promozione e la tutela dei diritti umani e dell'uguaglianza di genere in tutte le sue politiche esterne, compresa la sua politica commerciale internazionale; auspica la piena attuazione dei punti relativi al commercio contenuti nel piano d'azione allegato al quadro strategico dell'UE in materia di diritti umani e di democrazia;
21. ritiene che le strategie per uno sviluppo economico sostenibile debbano prevedere, fra l'altro, la partecipazione del settore privato all'economia reale, la coesione regionale e l'integrazione dei mercati mediante la cooperazione transfrontaliera, nonché lo sviluppo di un commercio aperto ed equo nell'ambito di un quadro commerciale multilaterale basato su regole;
22. ricorda l'importanza di investimenti volti a creare, sviluppare e rafforzare le infrastrutture fondamentali dei porti, dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni e, in particolare, le infrastrutture transfrontaliere;
23. esorta i paesi beneficiari di aiuti allo sviluppo del commercio a mobilitare anche le proprie risorse interne, tra cui le entrate di bilancio derivanti da un'adeguata riscossione delle tasse e il capitale umano; invita la Commissione, qualora i paesi traggano reddito dallo sfruttamento delle risorse naturali, a fornire assistenza per una gestione trasparente e sostenibile di tali risorse; sottolinea la necessità di stabilire la completa trasparenza relativamente ai pagamenti delle imprese europee ai governi; invita la Commissione a sostenere, nei paesi in via di sviluppo, strategie di industrializzazione sostenibile finalizzate al commercio di prodotti che apportano un valore aggiunto;
24. ritiene che gli strumenti sviluppati dall'Unione in materia di aiuti allo sviluppo attraverso il commercio e gli investimenti, in particolare il sistema rivisto di preferenze generalizzate e gli accordi di partenariato economico, siano strumenti efficaci; sottolinea tuttavia che gli aiuti al commercio non possono limitarsi unicamente a questi strumenti; ricorda all'UE il suo obiettivo di portare la dotazione complessiva destinata agli aiuti allo 0,7% dell'RNL entro il 2015; sollecita la Commissione a incrementare, all'interno della dotazione complessiva destinata agli aiuti, la percentuale assegnata all'assistenza tecnica, compreso il settore della standardizzazione; invita l'Unione a dar prova di maggiore coerenza nell'attuazione delle proprie politiche commerciali, agricole, ambientali, energetiche e di sviluppo;
25. ritiene indispensabile che le politiche europee di aiuto allo sviluppo attraverso il commercio integrino tutti gli aspetti dell'innovazione – l'innovazione finanziaria, tecnologica e organizzativa – sulla base delle migliori prassi;
26. raccomanda alla Commissione di negoziare l'inclusione di disposizioni relative ai diritti umani effettivamente applicabili in tutti i futuri accordi bilaterali in materia di scambi e di cooperazione, in modo da contribuire efficacemente a un approccio allo sviluppo basato sui diritti;
27. sottolinea l'importanza di livelli dignitosi di retribuzione e di sicurezza sul lavoro per un sistema commerciale globale sostenibile e nuove catene di produzione globali; ricorda, a tale proposito, alla Commissione la sua comunicazione dal titolo "Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti";
28. auspica che, in nome della coerenza delle politiche intraprese dall'UE, si intensifichi la collaborazione fra i diversi servizi della Commissione e il SEAE, nonché fra le tre istituzioni (Commissione, Consiglio e Parlamento europeo);
29. ritiene che i criteri di valutazione delle politiche e dei programmi intesi a migliorare lo sviluppo attraverso il commercio e gli investimenti debbano includere statistiche relative non soltanto al tasso di crescita e agli scambi commerciali, ma anche al numero di posti di lavoro creati e al miglioramento della qualità della vita, in termini di sviluppo umano, sociale, culturale e ambientale, della popolazione che vive nei paesi in via di sviluppo;
Inquadrare i negoziati e gli accordi commerciali in un quadro di sviluppo più chiaro
30. sottolinea l'importanza di abbinare le riforme commerciali a politiche pubbliche ben concepite, soprattutto in materia di protezione sociale; evidenzia, più in generale, l'importanza di strategie di sviluppo nazionali tempestive e ben preparate e di valutazioni sistematiche dell'impatto della politica commerciale in atto sulla povertà; invita la Commissione ad attuare gli orientamenti stilati dal relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione, in cui si chiede il ricorso alle valutazioni d'impatto sui diritti umani – i principi guida sulle valutazioni d'impatto sui diritti umani degli accordi commerciali e di investimento – al momento di concludere accordi commerciali e di investimento, al fine di garantire che tali accordi siano coerenti con gli obblighi previsti dagli strumenti internazionali in materia di diritti umani; sollecita altresì l'UE a incorporare una chiara condizionalità e clausole riguardanti i diritti umani e la democrazia in tutti i suoi accordi commerciali;
31. sottolinea l'importanza di integrare la RSI negli accordi di libero scambio con i paesi in via di sviluppo, onde promuovere i diritti umani e le norme sociali e ambientali; propone che in tutti i futuri accordi di libero scambio sia inserito un capitolo completo sui diritti umani, in aggiunta al capitolo sociale e a quello ambientale;
32. invita la Commissione a incoraggiare i governi dei paesi in via di sviluppo a condurre ampie consultazioni, anche con attori non statali e non economici, in fase di elaborazione delle rispettive politiche commerciali; invita altresì la Commissione a favorire la trasparenza durante i negoziati, in modo da agevolare una partecipazione continuativa, ampia ed effettiva dei soggetti interessati, come pure il conseguimento di risultati in termini di sviluppo;
33. chiede analisi approfondite dell'impatto, sotto il profilo del clima, del genere e della sostenibilità, dell'esito degli accordi commerciali multilaterali e bilaterali negoziati fra l'UE e i paesi terzi; esorta la Commissione ad autorizzare un sostegno esplicito alla gestione del cambiamento climatico come parte di tutti gli aiuti al commercio e degli altri aiuti allo sviluppo;
34. ritiene che occorra stabilire parametri di riferimento per il progresso in materia di sviluppo nei negoziati degli accordi commerciali, al fine di agevolare il monitoraggio e, se necessario, la modifica delle scadenze per l'attuazione delle misure, la modifica delle misure di accompagnamento, che possono includere aiuti al commercio e assistenza finalizzata all'adeguamento, nonché la preparazione di nuove iniziative, ove lo richieda il conseguimento degli obiettivi di sviluppo; sottolinea che è essenziale, ai fini dei negoziati commerciali, fornire ai paesi in via di sviluppo le consulenze giuridiche e di altra natura che risultino necessarie per operare efficacemente in seno all'OMC e ad altre analoghe organizzazioni;
35. invita l'UE a ridurre ulteriormente gli ostacoli al commercio e le sovvenzioni che determinano distorsioni degli scambi commerciali, onde aiutare i paesi in via di sviluppo a incrementare la loro quota di commercio globale; chiede che sia attuata, quanto prima, l'abolizione delle sovvenzioni alle esportazioni agricole, un impegno assunto durante il ciclo di Doha di negoziati dell'OMC per lo sviluppo;
36. incoraggia la Commissione a sostenere l'appello del relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all'alimentazione affinché sia messo in atto un sistema di incentivi positivi per favorire l'importazione nell'UE di prodotti agricoli conformi alle specifiche norme ambientali, sociali e in materia di diritti umani, in particolare assicurando ricavi equi ai produttori e salari che garantiscano la sussistenza ai lavoratori agricoli;
37. invita l'UE a garantire in ogni momento che il suo approccio generale ai negoziati commerciali, con l'integrazione di questioni quali gli investimenti, gli appalti pubblici, la concorrenza, gli scambi di servizi e i diritti di proprietà intellettuale, sia conforme alle rispettive esigenze e strategie di sviluppo dei paesi partner; sottolinea, in particolare, che l'introduzione del principio di reciprocità in relazione agli appalti pubblici può essere estremamente dannosa per i paesi in via di sviluppo, poiché è destinata, fra l'altro, a ostacolare lo sviluppo delle industrie nascenti e dei processi di trasformazione; esorta pertanto l'UE a definire la sua politica nel pieno rispetto del "trattamento speciale e differenziato" concesso ai paesi in via di sviluppo; ribadisce altresì che i governi e i parlamenti devono mantenere il diritto di regolamentare gli investimenti, al duplice scopo di essere in grado di privilegiare gli investitori che sostengono lo sviluppo del paese e garantire che valgano per tutti gli investitori, anche quelli stranieri, gli obblighi e i doveri concernenti il rispetto dei diritti lavorativi, ambientali e umani nonché delle altre norme;
38. si compiace dell'inclusione della dimensione di genere nelle valutazioni d'impatto sulla sostenibilità connesse ai negoziati commerciali; invita la Commissione a prendere atto di tali valutazioni e a garantire che le questioni di genere identificate siano effettivamente affrontate nell'ambito delle misure politiche che accompagnano gli accordi commerciali;
39. ritiene che, per quanto concerne i negoziati relativi agli accordi di partenariato economico, la questione preponderante verta sul contenuto, e non sulle scadenze; afferma che, affinché gli accordi possano portare allo sviluppo, è necessario un approccio più flessibile da parte dell'UE, che incoraggi la diversificazione delle economie dei paesi ACP, unitamente all'espansione delle attività di trasformazione e del commercio regionale;
Aiuti al commercio
40. appoggia la proposta della Commissione di differenziare il suo aiuto al commercio e di concentrare gli sforzi sui paesi più bisognosi, soprattutto quelli meno sviluppati e quelli a basso reddito;
41. chiede che gli strumenti di aiuto al commercio si focalizzino non solo sugli scambi tra l'UE e i paesi in via di sviluppo, ma anche sul sostegno agli scambi interni, regionali e Sud-Sud, nonché sul commercio triangolare fra i paesi ACP grazie alla promozione delle catene di valore transfrontaliere, a una maggiore efficienza dei servizi essenziali e alla riduzione dei costi di trasporto, il che può contribuire, nel contempo, a rafforzare i legami dei paesi in via di sviluppo con i mercati globali;
42. incoraggia lo sviluppo di strumenti di sostegno più efficaci in relazione all'adeguamento e alla diversificazione della produzione, come pure in relazione allo sviluppo responsabile e sostenibile di industrie di trasformazione e di piccole e medie imprese nei paesi in via di sviluppo;
43. sottolinea che le disuguaglianze di genere nell'accesso alle risorse, come i microprestiti, il credito, l'informazione e la tecnologia, devono essere prese in considerazione nella definizione delle strategie relative agli aiuti al commercio e agli altri aiuti allo sviluppo;
44. chiede alla Commissione di eliminare, nei negoziati relativi agli accordi di partenariato economico, il requisito in base al quale i paesi ACP non possono introdurre restrizioni all'esportazione di materie prime, in quanto tale requisito rischia di aumentare la dipendenza dalle esportazioni di materie prime e di disincentivare, in tali paesi, le attività di trasformazione e la diversificazione dell'economia; afferma che le restrizioni all'esportazione possono essere utilizzate come strumento di sviluppo in modo da promuovere la trasformazione delle materie prime e allentare la dipendenza dalle esportazioni di materie prime non trasformate;
45. sostiene il pacchetto per la promozione del commercio per le piccole operazioni nei paesi in via di sviluppo, annunciato nella comunicazione della Commissione; invita la Commissione a progredire nello sviluppo di tale pacchetto e chiede a tutti i donatori di stanziare fondi sufficienti per la sua attuazione, soprattutto al fine di sostenere la partecipazione delle piccole imprese ai programmi commerciali che garantiscono un valore aggiunto per i produttori, compresi quelli che rispondono alla sostenibilità (ad esempio, le pratiche commerciali leali); chiede aggiornamenti periodici in merito a tale attuazione;
46. osserva che la capacità commerciale dipende sia dall'"hardware" (le infrastrutture), sia dal "software" (le conoscenze); chiede pertanto all'UE di investire i propri aiuti nella promozione di entrambe le componenti in numerosi paesi, soprattutto in collaborazione con i paesi meno sviluppati;
47. chiede all'UE di garantire che gli aiuti al commercio promuovano strumenti volti a ridurre la povertà e inclusivi, in modo tale da porre l'accento soprattutto sulle esigenze dei piccoli operatori; sottolinea che gli aiuti al commercio dovrebbero essere usati per sviluppare catene di valore sostenibili prestando un'attenzione particolare ai poveri, al fine di rafforzare l'obiettivo di acquisire una filiera di approvvigionamento sostenibile;
48. chiede all'UE di adoperarsi per risolvere i problemi dei programmi di aiuto al commercio, specialmente in relazione alla capacità di attuazione e di monitoraggio; chiede, successivamente, di applicare un cambio di prospettiva che si concentri sui risultati e sugli esiti anziché sui contributi, pur riconoscendo la necessità di un controllo esterno diligente e concertato, atto a garantire pratiche commerciali aperte e trasparenti;
49. chiede all'UE di integrare più efficacemente il settore privato nell'elaborazione dei progetti di aiuto al commercio, affinché le imprese dei paesi in via di sviluppo siano nelle condizioni di stimolare il commercio;
Sviluppo e ruolo del settore privato
50. ritiene che, alla luce della trasformazione della struttura del commercio internazionale e degli scambi nord-sud, l'appropriazione dei programmi di aiuto da parte dei paesi beneficiari, unitamente alla trasparenza, alla responsabilità e a risorse sufficienti, costituiscano altrettanti fattori determinanti che contribuiscono all'efficacia e al successo di tali programmi al fine di ridurre il divario fra i livelli di ricchezza, condividere la prosperità e conseguire l'integrazione regionale; reputa inoltre fondamentale, in sede di ideazione e di monitoraggio di tali programmi, coinvolgere sistematicamente le istituzioni nazionali, regionali e locali, come pure la società civile, e prevedere una supervisione da parte dei donatori;
51. chiede alla Commissione di tenere maggiormente conto delle nuove sfide poste dagli aiuti allo sviluppo attraverso il commercio, quali ad esempio la differenziazione dei livelli di sviluppo, il sostegno alla produzione locale e alla sua diversificazione nonché la promozione delle norme sociali e ambientali;
52. sollecita tutti i donatori, sia pubblici che privati, a coordinare maggiormente le loro azioni e ad adattarle in funzione dei fondi esistenti, in particolare alla luce delle attuali restrizioni di bilancio; ricorda che i paesi BRICS sono ormai diventati sia beneficiari di aiuti che donatori; li invita a collaborare con l'UE in modo, da condividere le loro esperienze e ottimizzare le loro azioni, e ad accettare maggiori responsabilità nei confronti dei paesi meno sviluppati e nell'ambito della comunità dei donatori; esprime preoccupazione per la diffusione della prassi degli aiuti vincolati ed esorta i paesi sviluppati e i grandi paesi emergenti a evitare di farvi ricorso;
53. chiede alla Commissione e a tutti i donatori di cercare forme innovative di finanziamento e di partenariato per lo sviluppo; ricorda, a tale proposito, che anche i prestiti tra pari ("peer to peer") possono contribuire a far progredire lo sviluppo attraverso il commercio; raccomanda un maggiore coordinamento dei progetti di sviluppo finanziati dalle banche di sviluppo regionale e dalla Banca mondiale/Società finanziaria internazionale, nonché un più ampio ricorso ai regimi interregionali di finanziamento, quali il fondo fiduciario UE-Africa per le infrastrutture;
54. esorta le imprese con sede nell'UE e dotate di impianti di produzione in paesi in via di sviluppo a osservare rigorosamente gli obblighi in materia di rispetto dei diritti umani e delle libertà, delle norme sociali e ambientali, dell'uguaglianza fra donne e uomini, delle norme fondamentali di lavoro e degli accordi internazionali, nonché a versare le imposte appropriate in maniera trasparente; chiede l'attuazione, senza eccezioni, del diritto alla libertà dal lavoro coatto e in particolare dal lavoro minorile;
55. è convinto del potenziale, insito nel settore privato, di agire come forza trainante dello sviluppo e sottolinea che, al fine di realizzare tale potenziale, il processo deve essere al servizio delle comunità locali e generare, mediante il principio delle filiere inclusive di approvvigionamento equo e solidale, il conferimento di responsabilità a tutti gli attori coinvolti, dal produttore/lavoratore al consumatore;
56. apprezza il fatto che un vasto numero di industrie e di società transnazionali abbia adottato codici di condotta in materia di approvvigionamento che prevedono norme di rendimento sociali e ambientali per le proprie filiere di approvvigionamento a livello mondiale; ricorda, tuttavia, che la proliferazione e l'eterogeneità dei codici riguardanti la responsabilità sociale delle imprese (RSI) comportano delle sfide; rileva in particolare che, a causa dell'eterogeneità del concetto di RSI e visto che varie imprese hanno sviluppato norme diverse in materia di contabilità, di audit e di rendicontazione, i livelli di RSI sono difficili da comparare; invita pertanto, ancora una volta, l'UE ad adoperarsi per creare un chiaro quadro giuridico internazionale per stabilire le responsabilità e gli obblighi delle imprese in relazione ai diritti umani;
57. invita inoltre le imprese con sede nell'UE e le altre imprese a osservare i dieci principi fondamentali del patto mondiale delle imprese (Global Compact) delle Nazioni Unite e ai principi guida delle Nazioni Unite in materia di attività economiche e diritti umani;
58. chiede alla Commissione di includere clausole vincolanti sulla responsabilità sociale delle imprese in tutti gli accordi bilaterali in materia di commercio e di investimenti sottoscritti dall'UE, in linea con gli orientamenti OCSE per le imprese multinazionali, compresa la procedura di ricorso dell'OCSE;
59. chiede all'UE di intensificare gli sforzi in relazione ai paradisi fiscali e alla fuga di capitali, che compromettono le entrate sia dell'UE che dei paesi in via di sviluppo e ostacolano la riduzione della povertà e la creazione di ricchezza nei paesi poveri; sottolinea che la fuga illegale di capitali dai paesi in via di sviluppo rappresenta una cifra compresa fra il 6 e l'8,7% del loro PIL e dieci volte superiore alla dotazione complessiva destinata allo sviluppo a favore di tali paesi; invita pertanto la Commissione a ricercare proattivamente ulteriori opportunità di cooperazione con i paesi in via di sviluppo in quest'ambito; chiede, in particolare, una convenzione internazionale intesa a eliminare le strutture fiscali dannose (sul modello del meccanismo multilaterale per lo scambio automatico delle informazioni fiscali), che preveda sanzioni sia per le giurisdizioni che non cooperano sia per gli istituti finanziari che operano all'interno di paradisi fiscali (ad esempio, valutando la possibilità di ritirare la licenza bancaria agli istituti finanziari che operano con paradisi fiscali, sulla falsariga della legislazione statunitense contro i paradisi fiscali ("Stop Tax Havens Abuse Act"));
60. esorta l'UE, gli altri donatori di aiuti, le autorità dei paesi partner e gli attori privati locali e internazionali nei paesi in via di sviluppo a esaminare possibili ambiti di cooperazione per lo sviluppo sostenibile, al fine di ottimizzare i risultati in termini di sviluppo delle attività commerciali, e a coinvolgere le organizzazioni della società civile in tutti i livelli di discussione;
61. sottolinea l'importanza vitale di promuovere, nelle politiche di sviluppo dell'UE, i partenariati pubblico-privati nel quadro dell'iniziativa per la crescita e di mobilitare l'esperienza, le competenze e i sistemi di gestione del settore privato in partenariato con le risorse pubbliche; chiede di assistere le autorità locali negli Stati membri dell'UE che hanno maturato esperienza, ad esempio, nella costruzione di infrastrutture affinché istituiscano gemellaggi e cooperino con le autorità locali nei paesi in via di sviluppo;
62. ritiene che l'investimento estero diretto costituisca altresì un forte fattore trainante per una crescita economica sostenuta, il trasferimento di know-how, lo spirito di impresa, la tecnologia e la creazione di occupazione e sia pertanto fondamentale per lo sviluppo; chiede che sia approntata un'agenda per lo sviluppo incentrata sul sostegno al rafforzamento delle capacità nei paesi in via di sviluppo, al fine di creare un clima trasparente, prevedibile e favorevole agli investimenti in cui sia ridotta al minimo la burocrazia per le attività economiche, siano rispettati i diritti di proprietà, sia promossa la concorrenza e siano perseguite politiche macroeconomiche solide;
Materie prime e industrie estrattive
63. prende atto che, nonostante l'attuazione del "processo di Kimberley" per la certificazione dei "diamanti dei conflitti", il commercio di risorse naturali continua a fomentare i ribelli e continuano a verificarsi violazioni dei diritti umani nelle zone minerarie; sottolinea quindi la necessità di predisporre con urgenza un sistema di dovuta diligenza per le gemme e i minerali preziosi, come ad esempio i cosiddetti "minerali dei conflitti"; ritiene che tale misura potrebbe contribuire ad affrontare la sfida principale della "maledizione delle risorse" e incrementare i benefici per i paesi in via di sviluppo nell'ambito del commercio dei propri prodotti di base; si compiace, in tale contesto, dell'intenzione della Commissione di pubblicare una comunicazione sui minerali dei conflitti;
64. chiede all'UE di rispettare pienamente il diritto dei paesi in via di sviluppo di usare le restrizioni all'esportazione nel proprio interesse pubblico; sottolinea che l'aumento della trasformazione locale delle materie prime e della creazione di valore è fondamentale per liberarsi dalla dipendenza dalle esportazioni di materie prime; ritiene che i paesi in via di sviluppo che dipendono fortemente dalle esportazioni di materie prime debbano avere la possibilità di usare le imposte e le restrizioni all'esportazione per perseguire tali obiettivi;
65. riconosce la Commissione quale partner nell'ambito dell'iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive (EITI); invita la Commissione e i soggetti operanti all'interno dell'industria estrattiva a incoraggiare attivamente un maggior numero di paesi produttori ad aderire a tale iniziativa;
66. sottolinea che le risorse naturali pongono due sfide principali per i paesi sviluppati e per i paesi in via di sviluppo: la sfida ambientale, che consiste nel far fronte agli impatti derivanti dall'uso delle risorse durante il loro intero ciclo di vita, e la sfida socio-politica, che consiste nel trattare i diritti umani e la povertà a livello internazionale;
67. sostiene fermamente la proposta legislativa sulla rendicontazione per paese nell'ambito della revisione della direttiva sulla contabilità e sulla trasparenza, al fine di scoraggiare la corruzione e prevenire l'elusione fiscale; chiede alle industrie estrattive europee che operano nei paesi in via di sviluppo di dare l'esempio in materia di responsabilità sociale e di promozione del lavoro dignitoso;
68. sottolinea che il problema di governance nel settore delle risorse è stato affrontato pressoché interamente mediante iniziative volontarie, tra le quali spicca l'iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive che cerca di migliorare la trasparenza delle informazioni; osserva tuttavia che, pur essendo necessaria, l'EITI non è sufficiente per affrontare il problema più vasto della corruzione e delle tangenti nel settore estrattivo; rileva parimenti che il quadro delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani (protezione, rispetto, accesso al ricorso) non è, per il momento, un quadro specifico in relazione alle industrie estrattive; reputa necessario, a tale proposito, integrare nel quadro delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani disposizioni specifiche concernenti le industrie estrattive e ritiene che un primo passo potrebbe essere la nomina di un relatore speciale del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani in relazione a questo ambito, conferendogli un mandato per valutare ed elaborare raccomandazioni;
69. ritiene che le norme sulla trasparenza e sulla certificazione debbano essere ampliate nel tempo, in modo da affrontare in maniera approfondita le tangenti e la corruzione nel settore estrattivo e in altri settori; chiede, più in generale, all'UE di sostenere meccanismi di governance più incisivi per affrontare le dimensioni ambientali e relative ai diritti umani insite nello sfruttamento delle risorse; ritiene, in particolare, che una convenzione internazionale per la gestione sostenibile delle risorse sia fondamentale per sancire principi giuridici fondamentali relativi alla gestione sostenibile delle risorse;
70. sottolinea che un'attività mineraria sostenibile richiede approcci che prendano in esame l'intero ciclo di vita delle risorse; sottolinea che la complessità delle filiere globali di approvvigionamento ostacola la trasparenza; ritiene pertanto che le iniziative attuali a favore della trasparenza debbano essere accompagnate da un impegno di certificazione mediante l'etichettatura dei prodotti lungo le filiere di approvvigionamento minerario;
71. chiede che gli attori privati che partecipano al commercio o alla finitura di prodotti delle industrie estrattive adottino misure intese a garantire il monitoraggio periodico, approfondito e rigoroso dei principi di responsabilità sociale delle imprese lungo la filiera di approvvigionamento;
72. invita la Commissione e il SEAE a basarsi sul pacchetto di misure recentemente approvato dalla Commissione della borsa valori statunitense, il cosiddetto "Dodd-Frank Act", che impone agli emittenti nel settore estrattivo di dichiarare determinati pagamenti effettuati ai governi; incoraggia la Commissione a estendere gli obblighi di rendicontazione vigenti per le industrie estrattive alle altre industrie e a valutare se le informazioni dichiarate debbano essere soggette ad audit indipendenti;
73. ritiene che le politiche in materia di commercio bilaterale e di investimenti debbano essere soggette a principi comuni, ad esempio quelli enunciati nella Carta delle risorse naturali; ritiene, in linea con l'impegno in termini di dovuta diligenza nella filiera di approvvigionamento, che ciò potrebbe accompagnarsi a disposizioni settoriali nei settori connessi alle fonderie e alle raffinerie, nonché alle industrie metallurgiche e di riciclaggio;
74. segnala che i tentativi dell'UE di vietare o limitare l'uso delle imposte sulle esportazioni di materie prime contrastano con l'obiettivo di consentire ai paesi di generare entrate pubbliche sufficienti al conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio e, più in generale, di conseguire uno sviluppo endogeno; sollecita pertanto l'UE a riconoscere che le restrizioni all'esportazione possono rientrare nell'ambito delle strategie di sviluppo di alcuni paesi o possono essere giustificate da motivi di protezione ambientale;
Sicurezza dell'approvvigionamento alimentare e biocarburanti
75. sollecita l'UE e tutti gli altri donatori ad astenersi dall'agevolare o dal favorire la riassegnazione dei terreni fertili nei paesi e nelle regioni che versano in condizioni di insicurezza alimentare per scopi diversi dalla produzione alimentare e a stabilire approcci basati sulle buone prassi in relazione alla gestione dei terreni e delle risorse per i biocarburanti e altre colture da reddito;
76. sottolinea che occorre eliminare gli incentivi, per gli agricoltori nei paesi che versano in condizioni di insicurezza alimentare, a utilizzare i loro terreni per scopi diversi dalla produzione alimentare, ad esempio per la produzione di biocarburanti; ritiene che la ricerca e l'innovazione, sostenute da politiche proattive nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, possano contribuire a ridurre la contraddizione fra la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare e gli interessi energetici;
*
* *
77. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
- [1] Accordo di Cotonou rivisto nel 2005 e nel 2010.
- [2] Regolamento (CE) n. 1905/2006, GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41.
- [3] Comunicato stampa del Consiglio 11855/12.
- [4] GU C 298 E dell'8.12.2006, pag. 261.
- [5] GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 291.
- [6] GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 301; GU C 323 E del 18.12.2008, pag. 149; GU C 117 E del 6.5.2010, pag. 101; GU C 117 E del 6.5.2010, pag.124.
- [7] GU C 284 E del 20.9.2012, pag. 69.
- [8] GU C 301 E del 13.12.2007, pag. 45; GU C 99 E del 3.4.2012, pag. 101.
- [9] GU C 199 E del 7.7.2012, pag. 37.
- [10] GU C 169 E del 15.6.2012, pag. 45.
- [11] GU C 56 E del 26.2.2013, pag. 75.
- [12] Testi approvati, P7_TA(2011)0320; Testi approvati, P7_TA(2012)0386.
- [13] GU C 161 E del 31.5.2011, pag. 47; Testi approvati, P7_TA(2012)0399.
MOTIVAZIONE
La politica commerciale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo
La politica commerciale rappresenta uno dei settori di azione più importanti per la coerenza delle politiche per lo sviluppo dell'Unione europea. Se ben utilizzati, gli strumenti offerti dalla politica commerciale possono determinare notevoli effetti sullo sviluppo dei paesi poveri. La politica commerciale dell'UE nei confronti dei paesi in via di sviluppo deve avere come obiettivo principale quello di applicare e rafforzare i risultati ottenuti dalla nostra politica di aiuto. Promuovere lo sviluppo a livello mondiale, anche ricorrendo a mezzi diversi dall'aiuto, significa preservare i valori fondamentali dell'UE e rispettare gli obblighi da essa contratti attraverso i trattati.
Per conseguire gli obiettivi di sviluppo in modo più efficace, la politica commerciale dell'UE deve essere incentrata sulle ricadute positive sia sulle economie locali che su quelle regionali e nazionali, nonché sulla promozione della diversificazione delle economie dei paesi in via di sviluppo. Essa deve altresì incoraggiare una produzione più avanzata e più redditizia. L'imposizione di dazi doganali sui prodotti trasformati superiori a quelli applicati per le materie prime rischia di contribuire a mantenere i paesi in via di sviluppo in un ruolo di semplici esportatori di materie prime.
Gli effetti della politica commerciale dell'UE sui paesi in via di sviluppo
Va sottolineata la responsabilità dei paesi ricchi e quella dell'Unione europea nell'economia mondiale. È nostro dovere morale contribuire a ridurre la povertà e ad alleviare la sofferenza nel mondo. Un modo efficace per farlo è formulando accordi commerciali che consentano ai paesi in via di sviluppo di partecipare effettivamente all'economia internazionale e di trarre profitto dai vantaggi della globalizzazione.
Non vi può essere spazio per il protezionismo, né da parte dell'UE, né da parte dei suoi Stati membri, per quanto riguarda le nostre relazioni commerciali con i paesi in via di sviluppo. Anche l'Unione europea deve essere pronta a fare dei sacrifici, come quelli che dobbiamo fare quando concludiamo accordi commerciali con altri partner.
Sviluppo del settore privato, rafforzamento della capacità commerciale, aiuti al commercio, buona governance, lotta contro la corruzione e utilizzo efficace degli stanziamenti di bilancio
Dal suo varo nel 2005, il concetto di aiuto al commercio ha registrato progressi. Secondo le stime dell'OMC, per ogni dollaro investito a titolo di aiuto destinato ad accrescere la capacità commerciale di un paese in via di sviluppo, le sue esportazioni aumentano in media di 42 dollari. La capacità commerciale dipende sia dall'"hardware" (le infrastrutture), sia dal "software" (le conoscenze), per cui dobbiamo indirizzare il nostro aiuto al rafforzamento di questi due elementi in numerosi paesi, in particolare in collaborazione con i paesi meno sviluppati.
La buona governance riveste un'importanza chiave per la capacità di un paese di compiere progressi e beneficiare del commercio. Siamo consapevoli del fatto che la corruzione diffusa ostacola lo sviluppo della società a tutti i livelli. L'Unione europea può e deve contribuire, attraverso la sua politica commerciale, a promuovere una buona governance. Essa non può chiudere gli occhi sui regimi corrotti ma deve esigere trasparenza e procedimenti corretti ancor prima dell'inizio di qualsiasi collaborazione.
I veri cambiamenti in un paese devono venire dall'interno e devono essere consolidati dalla base, sia per quanto riguarda lo sviluppo sociale, sia per quanto riguarda lo sviluppo economico. È importante fornire un'assistenza mirata per favorire e promuovere la crescita delle piccole e medie imprese nei paesi in via di sviluppo.
Attività delle imprese con sede nell'UE e delle altre imprese internazionali nei paesi in via di sviluppo e loro responsabilità sociale
I responsabili politici possono fare molto nel quadro della definizione degli accordi commerciali internazionali, ma anche alle nostre imprese incombe una grande responsabilità. Spesso le società multinazionali possono infatti influire considerevolmente sulla società e sull'ambiente nei paesi in via di sviluppo e sono responsabili del tipo di impronta che lasciano nella società locale, positiva o inibitrice.
Salari dignitosi, condizioni di lavoro ragionevoli e salubri e la possibilità di creare o aderire a un sindacato rappresentano altrettante esigenze minime assolute che le imprese europee devono garantire ai loro dipendenti nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, le grandi imprese possono assumersi talvolta maggiori responsabilità nei confronti dei loro dipendenti di quanto non facciano rispettando solamente i requisiti minimi. Vi sono buoni esempi che devono essere effettivamente riconosciuti come significativi e dobbiamo esaminare le possibilità di cooperazione tra le imprese e i donatori formali in questi settori.
PARERE della commissione per il commercio internazionale (*) (17.1.2013)
destinato alla commissione per lo sviluppo
sul miglioramento dello sviluppo attraverso il commercio
(2012/2224(INI))
Relatore per parere (*): Tokia Saïfi
(*) Commissione associata – articolo 50 del regolamento
SUGGERIMENTI
La commissione per il commercio internazionale invita la commissione per lo sviluppo, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:
1. appoggia la proposta della Commissione di differenziare il proprio aiuto al commercio e di concentrare i propri sforzi sui paesi che ne hanno più bisogno, soprattutto quelli meno avanzati e quelli a basso reddito;
2. ritiene che, alla luce della trasformazione della struttura del commercio internazionale e degli scambi nord-sud, l'appropriazione dei programmi di aiuto da parte dei paesi beneficiari, insieme alla trasparenza, alla responsabilità e a risorse sufficienti, sia uno dei fattori determinanti che contribuiscono alla loro efficacia e al loro buon esito, con l'obiettivo di ridurre il divario di ricchezza, condividere la prosperità e perseguire l'integrazione regionale; ritiene inoltre fondamentale che nella pianificazione e nel monitoraggio di questi programmi siano sistematicamente coinvolte le istituzioni nazionali, regionali e locali, come anche la società civile e sia prevista la supervisione da parte dei donatori;
3. chiede alla Commissione di tenere maggiormente conto delle nuove sfide degli aiuti allo sviluppo attraverso il commercio, vale a dire la differenziazione dei livelli di sviluppo, il sostegno alla produzione locale e alla sua diversificazione nonché la promozione delle norme sociali e ambientali;
4. incoraggia i paesi in via di sviluppo (PVS) a fare in modo che lo sviluppo economico sostenibile diventi un obiettivo integrato nell'insieme delle politiche, strategie e azioni intraprese a livello nazionale, al fine di diversificare le loro economie; chiede alla Commissione di contribuire al rafforzamento della capacità dei governi di integrare lo sviluppo economico sostenibile nelle rispettive strategie e nei programmi commerciali nazionali;
5. ritiene che le strategie di sviluppo sostenibile debbano, tra l'altro, prevedere:
– la partecipazione del settore privato all'economia reale;
– la coesione regionale e l'integrazione dei mercati tramite la cooperazione transfrontaliera;
– lo sviluppo del commercio aperto ed equo, inserito in un quadro commerciale multilaterale basato su regole;
6. ricorda l'importanza degli investimenti volti a creare, sviluppare e rafforzare le essenziali infrastrutture portuali, di trasporto, energetiche e di telecomunicazione, in particolare transfrontaliere;
7. esorta i paesi beneficiari degli aiuti allo sviluppo attraverso il commercio a mobilitare anche le proprie risorse interne, compresi le entrate di bilancio tramite un'adeguata riscossione delle tasse e il capitale umano; laddove i paesi traggano redditi dallo sfruttamento delle risorse naturali, invita la Commissione a sostenere la gestione trasparente e sostenibile di tali risorse; sottolinea la necessità di creare piena trasparenza relativamente ai pagamenti effettuati ai governi dalle imprese europee; invita la Commissione a sostenere strategie di industrializzazione sostenibile nei paesi in via di sviluppo, tese al commercio di prodotti con valore aggiunto;
8. ritiene che gli strumenti sviluppati dall'Unione in materia di aiuti allo sviluppo attraverso il commercio e gli investimenti, in particolare il sistema rivisto delle preferenze generalizzate e gli accordi di partenariato economico, siano strumenti efficaci; sottolinea tuttavia che gli aiuti al commercio non si limitano a questi strumenti; ricorda all'Unione il suo obiettivo di portare la dotazione complessiva destinata agli aiuti allo 0,7% del PIL entro il 2015; esorta la Commissione ad aumentarne la parte di assistenza tecnica, incluso nel settore della standardizzazione, contenuta nella sua offerta globale di aiuti; invita l'Unione a dar prova di maggiore coerenza nell'attuazione delle proprie politiche commerciali, agricole, ambientali, energetiche e di sviluppo;
9. ritiene indispensabile che le politiche europee di aiuti allo sviluppo attraverso il commercio includano tutte le dimensioni dell'innovazione – l'innovazione finanziaria, ma anche l'innovazione tecnologica e l'innovazione organizzativa – sulla base delle migliori prassi;
10. raccomanda che la Commissione negozi l'inclusione di disposizioni sui diritti umani effettivamente applicabili in tutti i futuri accordi bilaterali commerciali e di cooperazione, al fine di contribuire realmente a un approccio allo sviluppo basato sui diritti;
11. sottolinea l'importanza di livelli retributivi e standard di sicurezza sul lavoro dignitosi per un sistema commerciale globale sostenibile e nuove catene di produzione globale; ricorda alla Commissione, in quest'ambito, la propria comunicazione dal titolo "Promuovere le possibilità di un lavoro dignitoso per tutti";
12. esorta l'insieme dei finanziatori, pubblici e privati, a coordinare maggiormente le proprie azioni e ad adattarle in funzione dell'offerta esistente, in particolare alla luce delle attuali restrizioni di bilancio; ricorda che i BRICS sono ormai diventati sia beneficiari di aiuti sia finanziatori; li invita a collaborare con l'Unione affinché condividano le proprie esperienze e ottimizzino le rispettive azioni e assumano maggiori responsabilità nei confronti dei paesi meno sviluppati e nell'ambito della comunità dei finanziatori; esprime preoccupazione per la diffusione della prassi degli aiuti vincolati ed esorta i paesi sviluppati e i grandi paesi emergenti a evitare di ricorrervi;
13. auspica che, in uno spirito di coerenza delle politiche intraprese dall'UE, si intensifichi la collaborazione tra i diversi servizi della Commissione e il SEAE, nonché tra le tre istituzioni, vale a dire la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo;
14. sottolinea che, in conseguenza del loro peso nell'ambito degli scambi commerciali internazionali, le imprese europee, le loro filiali e i loro subappaltatori svolgono un ruolo fondamentale nella promozione e nella diffusione delle norme sociali e del lavoro nel mondo; ritiene che le imprese europee che delocalizzano la loro produzione in paesi caratterizzati da standard sociali inferiori, debbano essere considerate responsabili, anche nelle sedi giurisdizionali europee, per eventuali danni ed esternalità negative per le popolazioni locali;
15. esorta la Commissione a migliorare la coerenza tra la sua politica commerciale e i suoi obiettivi di sviluppo, garantendo che le disposizioni contenute negli accordi commerciali con i paesi in via di sviluppo non ostacolino l'accesso universale all'acqua, al terreno e alle altre risorse naturali essenziali, non impediscano lo sviluppo dei servizi pubblici e l'accesso delle PMI locali alle opportunità offerte dagli appalti pubblici;
16. chiede alla Commissione europea e all'insieme dei finanziatori di cercare forme innovative di finanziamento e di partenariato per lo sviluppo; ricorda, a tale proposito, che i partenariati pubblico-privati, i microcrediti, le entrate derivanti dalle tasse sulle transazioni finanziarie e i prestiti tra privati possono anch'essi contribuire a incoraggiare lo sviluppo attraverso il commercio; sostiene, tra l'altro, l'attuazione di partenariati sud-sud e triangolari; raccomanda un maggiore coordinamento dei progetti di sviluppo finanziati dalle banche di sviluppo regionale e dalla Banca mondiale/Società finanziaria internazionale e un più ampio ricorso ai regimi interregionali di finanziamento quali il Fondo fiduciario UE-Africa per le infrastrutture; raccomanda di incoraggiare i paesi beneficiari a creare sistemi fiscali nazionali equi, trasparenti e di ampio respiro al fine di garantire una fonte sostenibile di risorse finanziarie;
17. ritiene che i criteri di valutazione delle politiche e dei programmi di sviluppo attraverso il commercio e gli investimenti debbano includere non solo statistiche relative al tasso di crescita e agli scambi commerciali, ma anche al numero di posti di lavoro creati e al miglioramento della qualità della vita degli abitanti dei paesi in via di sviluppo in termini di sviluppo umano, sociale, culturale e ambientale.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
23.1.2013 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
20 1 8 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
William (The Earl of) Dartmouth, Maria Badia i Cutchet, Nora Berra, Daniel Caspary, George Sabin Cutaş, Christofer Fjellner, Yannick Jadot, Metin Kazak, Franziska Keller, Bernd Lange, Vital Moreira, Paul Murphy, Franck Proust, Helmut Scholz, Peter Šťastný, Robert Sturdy, Gianluca Susta, Henri Weber, Iuliu Winkler, Jan Zahradil, Paweł Zalewski |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Josefa Andrés Barea, Catherine Bearder, Emma McClarkin, Marietje Schaake |
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Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Monika Hohlmeier, Peter Skinner, Nuno Teixeira, Sabine Verheyen |
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ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
19.2.2013 |
|
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
25 3 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Thijs Berman, Michael Cashman, Ricardo Cortés Lastra, Véronique De Keyser, Nirj Deva, Leonidas Donskis, Charles Goerens, Mikael Gustafsson, Filip Kaczmarek, Michał Tomasz Kamiński, Miguel Angel Martínez Martínez, Gay Mitchell, Norbert Neuser, Jean Roatta, Birgit Schnieber-Jastram, Michèle Striffler, Alf Svensson, Keith Taylor, Eleni Theocharous, Patrice Tirolien, Anna Záborská |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Philippe Boulland, Agustín Díaz de Mera García Consuegra, Enrique Guerrero Salom, Isabella Lövin, Gesine Meissner, Judith Sargentini |
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Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
George Lyon |
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