RELAZIONE sull'apolidia nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico

4.5.2017 - (2016/2220(INI))

Commissione per gli affari esteri
Relatore: Amjad Bashir

Procedura : 2016/2220(INI)
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A8-0182/2017
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A8-0182/2017
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sull'apolidia nell'Asia meridionale e nel Sud Est asiatico

(2016/2220(INI))

Il Parlamento europeo,

–  viste le disposizioni degli strumenti dell'ONU in materia di diritti umani, compresi quelli concernenti il diritto alla cittadinanza, quali la Carta dell'ONU, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, i patti internazionali sui diritti civili e politici, la Convenzione sui diritti del fanciullo, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, la Convenzione del 1954 relativa allo status degli apolidi, la Convenzione del 1961 sulla riduzione dell'apolidia, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e il suo protocollo facoltativo, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie,

–  visti gli altri strumenti dell'ONU in materia di apolidia e diritto a una cittadinanza, quali la conclusione n. 106 sull'identificazione, la prevenzione e la riduzione dell'apolidia e la protezione degli apolidi[1], del Comitato esecutivo dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), approvata dall'Assemblea generale dell'ONU con risoluzione n. 61/137 del 2006,

–  viste la campagna dell'UNHCR per porre fine all'apolidia entro il 2024[2] e la campagna mondiale per la parità dei diritti di cittadinanza, sostenute dall'UNHCR, UN Women e altri e appoggiate dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite,

–  vista la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, del 15 luglio 2016, sui diritti umani e la privazione arbitraria della cittadinanza[3],

–  visti la dichiarazione e il programma d'azione di Vienna[4], approvati dalla Conferenza mondiale sui diritti umani il 25 giugno 1993,

–  vista la raccomandazione generale n. 32 del Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne sugli aspetti di genere legati allo status di rifugiato, asilo, nazionalità e apolidia[5],

–  vista la dichiarazione dei diritti umani dell'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN)[6],

–  visto l'articolo 3, paragrafo 5 del trattato sull'Unione europea (TUE) che stabilisce che "nelle relazioni con il resto del mondo", l'UE contribuisce "all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite",

–  viste le conclusioni del Consiglio del 20 luglio 2015 sul piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia (2015-2019)[7],

–  visti il quadro strategico e il piano di azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia del 25 giugno 2012[8],

–  viste le conclusioni del Consiglio sull'apolidia, del 4 dicembre 2015[9],

–  viste le conclusioni del Consiglio, del 20 giugno 2016, su una strategia dell'UE nei confronti del Myanmar/Birmania[10],

–  vista la sua risoluzione del 25 ottobre 2016 sui diritti umani e la migrazione nei paesi terzi[11],

–  vista la sua risoluzione del 7 luglio 2015 sul Myanmar/Birmania, in particolare, la situazione dei rohingya[12],

–  vista la sua risoluzione del 12 marzo 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2013 e sulla politica dell'Unione europea in materia[13],

–  visto lo studio della Direzione generale delle Politiche esterne, del novembre 2014, dal titolo "Addressing the Human Rights impact of statelessness in the EU's external action" (Affrontare le conseguenze dell'apolidia sui diritti umani nell'azione esterna dell'UE),

–  visto l'articolo 52 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per lo sviluppo (A8-0182/2017),

A.  considerando che la regione dell'Asia meridionale e del Sud-Est asiatico comprende i seguenti paesi: Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, Brunei, Cambogia, India, Indonesia, Laos, Malaysia, Maldive, Myanmar/Birmania, Nepal, Pakistan, Filippine, Singapore, Sri Lanka, Thailandia, Timor Leste e Vietnam, che sono tutti membri o hanno lo status di osservatori dell'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) o dell'Associazione per la cooperazione regionale dell'Asia del Sud (SAARC);

B.  considerando che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (UDHR) afferma che tutti gli esseri umani hanno per nascita pari dignità e diritti; che il diritto a una cittadinanza e il diritto a non essere arbitrariamente privati della propria cittadinanza sono sanciti all'articolo 15 della stessa dichiarazione, nonché in altri strumenti internazionali sui diritti umani; considerando, tuttavia, che gli strumenti giuridici internazionali non hanno ancora conseguito il loro obiettivo primario di garantire il diritto di ogni individuo a una cittadinanza;

C.  considerando che tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e correlati tra loro; che i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali sono un diritto di nascita di tutti gli esseri umani e la loro tutela e promozione sono il compito più importante di un governo;

D.  considerando che la Convenzione sui diritti del fanciullo, che è stata ratificata da tutti i paesi dell'Asia meridionale e del Sud-Est asiatico, stabilisce che il bambino deve essere registrato immediatamente dopo la nascita e ha il diritto di acquisire una cittadinanza; che, secondo le stime, la metà degli apolidi nel mondo è costituita da bambini e che molti di essi sono apolidi dalla nascita;

E  considerando che, secondo la dichiarazione dei diritti umani dell'ASEAN, ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza a norma di legge, e "nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza";

F.  considerando che, ai fini della convenzione del 1954 relativa allo status degli apolidi, il termine apolide designa una persona "che nessuno Stato considera come suo cittadino per applicazione della sua legislazione"; che le cause dell'apolidia possono variare, e comprendono, tra gli altri fattori, la successione tra Stati, la dissoluzione degli Stati, in alcuni casi gli eventi connessi al fatto di essere costretti a fuggire, la migrazione e la tratta di esseri umani, come anche le modifiche e le lacune delle leggi sulla cittadinanza, il venir meno della cittadinanza per essere vissuti fuori dal proprio paese per un periodo di tempo protratto, la privazione arbitraria della cittadinanza, la discriminazione basata sul genere, sulla razza, sull'etnia o su altri motivi, gli ostacoli amministrativi e burocratici, anche per quanto riguarda l'ottenimento dei certificati di nascita o la mancata registrazione degli stessi; che nei casi di apolidia dell'Asia meridionale e del Sud-Est asiatico si riscontrano tutte o quasi tutte queste cause;

G.  considerando l'importanza di rilevare che l'essere apolidi è diverso dall'essere rifugiati; che la maggior parte degli apolidi non ha mai lasciato il luogo di nascita o non ha mai attraversato un confine internazionale;

H.  considerando che l'apolidia è un problema dalle molteplici sfaccettature e conduce a una vasta gamma di violazioni dei diritti umani, compresi, ma non solo, i problemi relativi ai certificati di nascita e altri documenti di stato civile, nonché altri problemi legati ai diritti di proprietà, all'esclusione dai programmi sanitari per l'infanzia e dal sistema scolastico statale, alla titolarità delle imprese, alla rappresentanza politica e alla partecipazione al voto, all'accesso alla sicurezza sociale e ai servizi pubblici; che l'apolidia può contribuire al traffico di esseri umani, alla detenzione arbitraria, alla violazione della libertà di circolazione, allo sfruttamento e all'abuso dei minori e alla discriminazione nei confronti delle donne;

I.  considerando che l'apolidia continua a ricevere scarsa attenzione a livello internazionale nonostante le sue allarmanti implicazioni per i diritti umani su scala globale e regionale e continua a essere considerata una questione interna degli Stati; che la riduzione e infine l'abolizione dell'apolidia dovrebbero diventare una priorità nel campo dei diritti umani a livello internazionale;

J.  considerando che la discriminazione di genere a livello normativo, per esempio nell'acquisizione o trasmissione della cittadinanza a un figlio o al coniuge, è tuttora presente nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico in paesi come il Nepal, la Malaysia e il Brunei;

K.  considerando che l'UNHCR ha stimato che nell'intera regione 135 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni non sono stati registrati alla nascita e rischiano di diventare apolidi;

L.  considerando che l'eliminazione dell'apolidia si tradurrà anche in una maggiore democrazia in quanto gli ex apolidi saranno inclusi nel processo democratico e potranno contribuirvi;

M.  considerando che il complesso problema dell'apolidia, pur non essendo una questione marginale, rimane relegato al campo più periferico della politica e del diritto internazionali;

N.  considerando che l'apolidia compromette le prospettive di sviluppo delle popolazioni interessate e l'attuazione efficace dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;

O.  considerando che il piano d'azione dell'UNHCR per porre fine all'apolidia (2014-2024) è inteso a sostenere i governi nel risolvere i principali casi di apolidia esistenti, impedire l'emergere di nuovi casi e identificare e proteggere in modo più efficace le popolazioni apolidi; che l'azione 10 del suddetto piano segnala altresì la necessità di migliorare i dati quantitativi e qualitativi sull'apolidia; che l'UE si è impegnata a sostenere attivamente il piano d'azione;

P.  considerando che, nelle conclusioni del Consiglio sul piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia 2015-2019, viene ribadita l'importanza di continuare a trattare la questione degli apolidi nelle relazioni con i paesi prioritari e di impegnarsi particolarmente per prevenire l'emergenza di popolazioni apolidi in seguito a conflitti, sfollamenti e dissoluzioni di Stati;

Q.  considerando che, nella relazione annuale dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel mondo: questioni nazionali e regionali, del 20 settembre 2016, si dichiara che l'UE mira a rafforzare la coerenza, l'efficacia e la visibilità dei diritti umani nella propria politica estera e che l'obiettivo è di potenziare l'impegno dell'UE con le Nazioni Unite e i meccanismi regionali per i diritti umani per favorire la titolarità regionale e promuovere l'universalità dei diritti umani, e indica espressamente che ciò include l'avvio di un primo dialogo politico sui diritti umani con i meccanismi competenti dell'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN);

R.  considerando che l'UE è determinata a collocare i diritti umani al centro delle sue relazioni con i paesi terzi;

S.  considerando che l'apolidia favorisce i movimenti di popolazione, l'emigrazione e il traffico di esseri umani, destabilizzando intere subregioni;

T.  considerando che molti dei 10 milioni di apolidi a livello globale risiedono nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico, e che i rohingya del Myanmar/Birmania costituiscono il più grande gruppo di apolidi al mondo, con oltre un milione di persone rientranti nel quadro del mandato dell'UNHCR sull'apolidia, e che importanti comunità di apolidi si trovano anche in Thailandia, Malaysia, Brunei, Vietnam, nelle Filippine e altrove; che tibetani apolidi vivono in paesi come l'India e il Nepal; che alcuni di questi gruppi rientrano nel mandato dell'UNHCR sull'apolidia mentre altri ne sono esclusi; che la copertura statistica e le segnalazioni sulle popolazioni apolidi nel mondo sono incomplete poiché non tutti i paesi raccolgono statistiche su questa problematica; che sia in Asia meridionale che nel Sud-Est asiatico si registrano casi che si protraggono e casi irrisolti, come anche casi in cui vi sono stati progressi;

U.  considerando che, negli ultimi anni, sono stati compiuti progressi in Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico grazie a modifiche alla legislazione in materia di cittadinanza e all'introduzione di disposizioni adeguate per evitare l'apolidia e permettere agli apolidi di acquisire la cittadinanza; che queste iniziative devono essere intensificate e che le leggi adottate devono anche essere rispettate nella pratica;

V.  considerando che i rohingya sono una delle minoranze più perseguitate al mondo, che formano il più grande gruppo di apolidi a livello globale e che sono ufficialmente apolidi dall'introduzione, nel 1982, della legge birmana sulla cittadinanza; che i rohingya sono considerati indesiderati dalle autorità birmane e dai paesi limitrofi, sebbene alcuni di questi ultimi ospitino ingenti popolazioni di rifugiati; che vi sono scontri in atto nello Stato di Rakhine; che migliaia di rifugiati che sono riusciti a varcare il confine e giungere in Bangladesh hanno un bisogno disperato di assistenza umanitaria ma vengono respinti con la forza, in violazione del diritto internazionale; che i rohingya fuggono per sottrarsi a una politica di punizione collettiva in corso nello Stato di Rakhine, dove, stando a quanto riportato, le forze di sicurezza lanciano rappresaglie indiscriminate, facendo fuoco sugli abitanti dei villaggi da elicotteri mitragliatori, incendiando case, eseguendo arresti arbitrari e stuprando donne e ragazze; che, ad oggi, le risposte nazionali e internazionali al deterioramento della situazione dei diritti umani e della crisi umanitaria dei rohingya sono state ampiamente insufficienti e molti strumenti atti a risolvere il problema non sono ancora stati esaminati;

W.  considerando che centinaia di migliaia di cosiddetti "bihari" non sono stati trattati come cittadini bangladesi dopo la guerra d'indipendenza del Bangladesh, quando il Pakistan ha negato loro il rimpatrio; che, tuttavia, dal 2003 una serie di sentenze ha confermato che i bihari sono cittadini bangladesi; che un gran numero di bihari non è ancora pienamente integrato nella società e nei programmi di sviluppo del Bangladesh e molti non hanno potuto esercitare pienamente i propri diritti riconfermati;

X.  considerando che in Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico vi sono molti altri gruppi apolidi; che, ciononostante, negli ultimi anni si sono avuti numerosi sviluppi positivi, ad esempio in Indonesia, dove è stata eliminata la discriminazione di genere nella procedura di acquisizione della cittadinanza e il diritto sulla cittadinanza è stato riformato nel 2006, affinché i migranti indonesiani che abbiano trascorso oltre cinque anni all'estero non debbano più perdere la cittadinanza se ciò comporta l'apolidia; in Cambogia, dove la registrazione delle nascite è stata resa gratuita nei primi 30 giorni dalla nascita; in Vietnam, dove nel 2008 è stata agevolata la naturalizzazione degli apolidi residenti nel paese da oltre 20 anni; e in Thailandia, dove, a seguito della riforma della legislazione in materia di cittadinanza e stato civile, dal 2011, 23 000 apolidi hanno acquisito la cittadinanza;

Y.  considerando che è della massima importanza che i governi e le autorità competenti di tutti i paesi della regione rispettino pienamente il principio di non respingimento e proteggano i rifugiati, in conformità degli obblighi internazionali e delle norme internazionali in materia di diritti umani;

Z.  considerando che i gruppi apolidi dovrebbero avere accesso ai programmi umanitari che prestano assistenza nel campo della sanità, dell'educazione alimentare e della nutrizione;

1.  è preoccupato per i milioni di casi di apolidia in tutto il mondo, in particolare nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico, ed esprime la propria solidarietà agli apolidi;

2.  è estremamente preoccupato per la situazione della minoranza rohingya nel Myanmar/Birmania; è costernato per le notizie sulle consistenti violazioni dei diritti umani e le continue repressioni e discriminazioni a danno dei rohingya e il loro mancato riconoscimento come parte integrante della società del Myanmar/Birmania, situazione che assume i connotati di una campagna coordinata di pulizia etnica; sottolinea che i rohingya popolano il territorio del Myanmar/Birmania da numerose generazioni e hanno pieno diritto a essere cittadini di quel paese, in quanto lo sono stati in passato con tutti i diritti e gli obblighi che ciò comporta; esorta il governo e le autorità del paese a ripristinare la cittadinanza del Myanmar/Birmania per la minoranza rohingya; sollecita inoltre l'apertura immediata dello Stato di Rakhine alle organizzazioni umanitarie, agli osservatori internazionali, alle organizzazioni non governative e ai giornalisti; ritiene che occorrerà organizzare indagini imparziali per fare in modo che gli autori di violazioni dei diritti umani rispondano delle loro azioni; ritiene inoltre che siano necessarie misure urgenti per impedire nuovi atti di discriminazione, ostilità e violenza nei confronti delle minoranze o di incitamento a tali atti; si attende che Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e vincitrice del premio Sacharov, sfrutti i suoi vari incarichi in seno al governo del Myanmar/Birmania per progredire verso una soluzione;

3.  deplora che lo status di apolide venga in alcuni casi sfruttato allo scopo di emarginare specifiche comunità e privarle dei loro diritti; ritiene che l'inclusione giuridica, politica e sociale delle minoranze sia un elemento fondamentale di una transizione democratica e che la risoluzione delle questioni legate all'apolidia contribuisca a una migliore coesione sociale e alla stabilità politica;

4.  richiama l'attenzione sul fatto che l'apolidia può causare crisi umanitarie considerevoli e ribadisce che gli apolidi dovrebbero avere accesso ai programmi umanitari; sottolinea il fatto che l'apolidia spesso implica la mancanza di accesso all'istruzione, ai servizi sanitari, al lavoro, alla libera circolazione e alla sicurezza;

5.  è preoccupato per la mancanza di dati sull'apolidia nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico e per la scarsezza o l'assenza di dati, ad esempio, per il Bhutan, l'India, il Nepal e Timor Leste; è inoltre preoccupato per il fatto che, anche quando sono disponibili dati complessivi, mancano, ad esempio, dati disaggregati sulle donne, sui minori e su altri gruppi vulnerabili; sottolinea che questa carenza di informazioni rende più difficile definire azioni mirate, anche nel quadro della campagna dell'UNHCR per porre fine all'apolidia entro il 2014; incoraggia vivamente gli Stati dell'Asia meridionale e del Sud-Est asiatico a elaborare dati disaggregati attendibili e pubblici sull'apolidia;

6.  segnala che vi sono anche esempi positivi, come l'iniziativa delle Filippine del maggio 2016 per rispondere alla necessità di dati sulla situazione dei bambini apolidi nella regione e sulla portata di tale fenomeno; invita l'UE a offrire cooperazione e sostegno per eseguire una mappatura completa dell'apolidia e individuare i progetti atti a porre fine a tale fenomeno nella regione;

7.  è profondamente preoccupato per il fatto che il Brunei, la Malaysia e il Nepal hanno una legislazione discriminatoria basata sul genere; sottolinea la necessità di rivedere le disposizioni relative alle leggi sulla cittadinanza, in particolare nella Convenzione sui diritti del fanciullo e nella Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW);

8.  accoglie con favore gli sviluppi positivi registrati nella regione e gli sforzi compiuti nelle Filippine, in Vietnam e in Thailandia e incoraggia i paesi della regione a collaborare tra loro e a condividere i buoni esempi e gli sforzi per porre fine all'apolidia in tutta la regione;

9.  ricorda la situazione successiva all'apolidia nella regione e il principio della partecipazione quale diritto umano; promuove l'inclusione delle comunità interessate dall'apolidia e degli ex apolidi nei progetti di sviluppo e nella pianificazione; incoraggia i governi e i progetti di sviluppo ad affrontare il problema della discriminazione nel periodo successivo all'apolidia, prendendo spunto dall'articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) inteso ad accelerare la parità di fatto;

10.  pur riconoscendo la sovranità nazionale sulle questioni quali la cittadinanza, esorta i paesi con popolazioni apolidi ad adottare misure concrete per risolvere il problema dell'apolidia in linea con i principi sanciti dalle convenzioni internazionali che hanno tutti ratificato, in particolare la Convenzione sui diritti del fanciullo; rileva i numerosi sviluppi positivi intervenuti nella regione;

11.  esorta il governo del Bangladesh a rispettare una chiara tabella di marcia che permetta la piena attuazione dell'accordo di pace delle Chittagong Hill Tracts del 1997 e, quindi, la riabilitazione degli sfollati jumma che attualmente dimorano in India e sono apolidi;

12.  incoraggia vivamente gli Stati ad attuare la misura di salvaguardia, sancita dalla convenzione del 1961 sulla riduzione dell'apolidia, che prevede che lo Stato conceda la cittadinanza anche una persona nata nel suo territorio che sarebbe altrimenti apolide;

13.  evidenzia i legami tra l'apolidia e la vulnerabilità sociale ed economica; esorta i governi dei paesi in via di sviluppo a impedire il diniego, la perdita o la privazione della cittadinanza su basi discriminatorie, ad adottare leggi eque in materia di cittadinanza e a porre in atto procedure di certificazione della cittadinanza che siano accessibili, anche economicamente, e non discriminatorie;

14.  accoglie con favore l'impegno, assunto dal Consiglio nelle sue conclusioni sul piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia 2015-2019, a trattare la questione degli apolidi nelle relazioni con i paesi prioritari e accoglie altresì favorevolmente l'impegno del Consiglio a rafforzare le proprie relazioni con l'ASEAN; raccomanda che la parte centrale degli sforzi vada oltre l'emergenza delle popolazioni divenute apolidi per effetto di conflitti, sfollamenti e smembramenti di Stati e contempli anche altri aspetti pertinenti, quali l'apolidia derivante dalla discriminazione e quella dovuta alla mancata registrazione delle nascite e alla mancata iscrizione all'anagrafe;

15.  ricorda l'azione promessa nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia 2015-2019 riguardo allo sviluppo di un quadro comune tra la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) per sollevare questioni relative all'apolidia con i paesi terzi; sottolinea che l'elaborazione e la diffusione di un quadro formale sarebbero una componente determinante del sostegno dell'Unione europea all'obiettivo dell'UNHCR di porre fine all'apolidia nel mondo entro il 2024;

16.  invita l'UE a promuovere lo sviluppo di soluzioni globali in materia di apolidia unitamente a strategie regionali o locali specifiche, in quanto un approccio "taglia unica" non sarebbe abbastanza efficiente per fare fronte all'apolidia;

17.  ritiene che l'UE dovrebbe sottolineare maggiormente il notevole impatto dell'apolidia su questioni mondiali come l'eliminazione della povertà, l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), la promozione dei diritti dei minori, nonché la necessità di contrastare l'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani;

18.  accoglie con favore l'adozione dell'obiettivo di sviluppo sostenibile 16.9 che prevede che a tutti siano garantite un'identità giuridica e la registrazione alla nascita; si rammarica tuttavia che l'apolidia non sia esplicitamente menzionata nell'Agenda 2030, né come motivo di discriminazione né come obiettivo di riduzione della povertà; invita l'UE e gli Stati membri a valutare la possibilità di prevedere indicatori di apolidia all'interno dei meccanismi di monitoraggio e segnalazione di cui si avvalgono nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile;

19.  sottolinea l'importanza di una strategia di comunicazione efficace sull'apolidia onde favorire una maggiore consapevolezza del problema; invita l'UE a comunicare di più e meglio in materia di apolidia, in collaborazione con l'UNHCR e attraverso le sue delegazioni nei paesi terzi interessati, e a concentrarsi sulle violazioni dei diritti umani verificatesi come conseguenza dell'apolidia;

20.  invita l'UE a elaborare una strategia globale sull'apolidia basata su due pacchetti di misure; ritiene che il primo pacchetto debba occuparsi di situazioni urgenti mentre il secondo debba definire le misure a lungo termine per porre fine all'apolidia; è d'avviso che la strategia debba concentrarsi su un numero limitato di priorità e che, in caso di situazioni di emergenza, l'UE debba assumere un ruolo guida nella sensibilizzazione sull'apolidia a livello internazionale;

21.  sottolinea che la strategia globale dell'UE sull'apolidia dovrebbe essere adattabile alle situazioni specifiche affrontate dagli apolidi; sottolinea che per definire misure adeguate occorre distinguere tra l'apolidia derivante da una scarsa capacità amministrativa e l'apolidia derivante da una politica statale discriminatoria nei confronti di determinate comunità o minoranze;

22.  raccomanda agli Stati membri di includere tra le loro priorità il sostegno agli sviluppi positivi nella lotta contro l'apolidia in Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico, e propone una nuova strategia globale volta segnatamente a:

–  incoraggiare gli Stati a aderire alle convenzioni sull'apolidia evidenziandone i vantaggi nei contatti bilaterali tra parlamenti e ministeri nonché ad altri livelli;

–  aiutare gli organismi settoriali dell'ASEAN e la SAARC a sostenere i rispettivi Stati membri affinché diano ulteriore attuazione al diritto alla cittadinanza e a porre fine all'apolidia;

–  evidenziare la validità delle convenzioni sull'apolidia nei consessi multilaterali;

–  collaborare con gli Stati per promuovere i vantaggi della raccolta di dati nazionali intersettoriali, disaggregati e verificabili sugli apolidi e le persone di cittadinanza indeterminata poiché l'identificazione degli apolidi è il primo passo per permettere agli Stati interessati di adottare i provvedimenti necessari per porre fine all'apolidia; i dati raccolti saranno poi utilizzati a fini di registrazione, documentazione, prestazione di servizi pubblici, mantenimento dell'ordine pubblico e pianificazione dello sviluppo;

–  insistere sul fatto che la registrazione delle nascite deve essere gratuita, facilmente accessibile e condotta in modo non discriminatorio;

  sottolineare in maniera coerente che i regimi nazionali di gestione dell'identità devono prevedere e garantire documenti d'identità per tutte le persone sul territorio, compresi i gruppi emarginati e difficili da raggiungere che possano essere a rischio di apolidia o non avere una cittadinanza;

  aiutare i paesi dell'Asia meridionale e del Sud-Est asiatico a garantire l'accesso all'istruzione a tutti, compresi i bambini apolidi, poiché l'apolidia è un grave ostacolo che impedisce ai minori di avere accesso a pari opportunità di istruzione;

  promuovere l'importante ruolo delle tecnologie innovative utilizzando programmi digitali di registrazione delle nascite al fine di migliorare la registrazione e l'archiviazione dei documenti;

  affrontare la questione del contenuto e dell'applicazione delle leggi sulla cittadinanza e della privazione o negazione arbitraria del diritto alla cittadinanza per motivi etnici, principale causa dell'apolidia nella regione;

  incoraggiare gli Stati della regione ad affrontare le esigenze delle donne e le questioni inerenti alla violenza sessuale e di genere attraverso approcci incentrati sui diritti umani e sulle comunità locali, in particolare per le vittime della tratta;

  affrontare la questione delle leggi sulla cittadinanza e della discriminazione di genere, in quanto alcuni paesi rendono difficile, o addirittura impossibile, per le madri trasmettere la loro cittadinanza ai propri figli;

–  garantire che tutti i progetti di sviluppo e gli aiuti umanitari finanziati dall'UE siano concepiti in modo da affrontare, ove opportuno, il problema dell'apolidia;

–  potenziare la capacità delle istituzioni e degli attori dell'UE competenti affinché possano comprendere, valutare, programmare e riferire sulle questioni attinenti all'apolidia, prevedendo una comunicazione periodica sui risultati ottenuti dall'UE nella lotta contro l'apolidia, anche attraverso l'inserimento di una sezione sull'apolidia nella relazione annuale dell'UE sui diritti umani e la democrazia nel mondo;

–  garantire che l'apolidia, la nazionalità e la cittadinanza siano adeguatamente contemplate nelle strategie dei paesi in materia di diritti umani e democrazia e che siano basate sul principio che tutti, senza distinzione di sesso, razza, colore della pelle, credo, religione, origine nazionale o appartenenza a una minoranza nazionale o etnica, hanno il diritto a una cittadinanza; affrontare la questione dell'apolidia in ogni dialogo politico e sui diritti umani intrattenuto con i paesi interessati;

  formulare degli orientamenti dell'UE sui diritti umani in materia di apolidia per dare obiettivi concreti e misurabili agli sforzi dell'UE tesi a eliminare l'apolidia in tutto il mondo;

  intensificare il dialogo sull'apolidia nell'Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico con le organizzazioni regionali e internazionali competenti nonché con i vicini dei paesi dell'Asia meridionale e del Sud-Est asiatico e altri Stati attivi nella regione;

  assicurare che i partecipanti alle missioni di osservazione elettorale, siano, ove del caso, sensibilizzati sulle problematiche dell'apolidia;

–  sottolineare la necessità di abilitare gli organismi regionali per i diritti umani affinché possano assumere un ruolo più attivo nell'identificazione e nell'eliminazione dell'apolidia;

–  assegnare dei finanziamenti adeguati a titolo dei bilanci dello strumento di cooperazione allo sviluppo, del Fondo europeo di sviluppo e dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, alle ONG e ad altre organizzazioni che operano a favore delle comunità apolidi; promuovere partenariati tra le organizzazioni della società civile e le comunità apolidi al fine di consentire loro di lottare per i propri diritti;

–  incoraggiare il coordinamento tra i paesi per risolvere il problema dell'apolidia, in particolare laddove abbia effetti transfrontalieri, includendo lo scambio delle migliori prassi nell'attuazione delle norme internazionali relative alla lotta contro l'apolidia;

–  garantire che sia dato seguito (ad esempio mediante la sensibilizzazione e il sostegno tecnico alle pubbliche amministrazioni come mezzo per potenziarne le capacità, anche a livello locale) alla concretizzazione di sviluppi positivi, come in Thailandia, nelle Filippine, in Vietnam e in Bangladesh, dove è stata ripristinata la cittadinanza dei bihari, incluso il loro diritto di voto;

23.  invita i governi del Brunei Darussalam, della Malaysia e del Nepal a combattere le forme di discriminazione di genere presenti nelle rispettive leggi in materia di cittadinanza e a promuovere il diritto dei minori a una cittadinanza;

24.  osserva il legame tra l'apolidia e i trasferimenti forzati, in particolare nelle regioni colpite da conflitti; rammenta che almeno 1,5 milioni di apolidi nel mondo sono anche rifugiati o lo sono stati precedentemente e che tale numero comprende numerose ragazze e bambine;

25.  rammenta che i dati sull'apolidia nel mondo sono in gran parte mancanti e incompleti e che quelli esistenti si basano su definizioni diverse; esorta la comunità internazionale ad adottare una definizione unificata e ad adoperarsi per colmare le lacune nella raccolta dei dati sull'apolidia nei paesi in via di sviluppo, in particolare assistendo le autorità locali nell'adozione di metodi adeguati per quantificare, individuare e registrare gli apolidi, come pure nel rafforzamento delle capacità in ambito statistico;

26.  invita la Commissione ad avviare scambi di buone prassi tra gli Stati membri, incoraggia il coordinamento attivo dei punti di contatto nazionali sull'apolidia e accoglie con favore la campagna #IBelong;

27  mette in evidenza il ruolo essenziale della convenzione del 1954 relativa allo status degli apolidi e della convenzione del 1961 sulla riduzione dei casi di apolidia, che richiedono la creazione di quadri giuridici per l'identificazione e la protezione degli apolidi e per la prevenzione dell'apolidia, e possono costituire un'importante base per i paesi che intendano compiere progressi nell'affrontare il problema dell'apolidia;

28.  accoglie con favore il sostegno fornito dall'UE, attraverso vari strumenti, agli apolidi in Asia meridionale e nel Sud Est asiatico e incoraggia l'Unione a portare avanti i propri sforzi per occuparsi dell'impatto dell'apolidia sullo sviluppo, la pace e la stabilità nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e, più in generale, dell'azione esterna;

29.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri.

  • [1]  http://www.unhcr.org/excom/exconc/453497302/conclusion-identification-prevention-reduction-statelessness-protection.html
  • [2]  http://www.unhcr.org/protection/statelessness/54621bf49/global-action-plan-end-statelessness-2014-2024.html
  • [3]  http://www.refworld.org/docid/57e3dc204.html
  • [4]  http://www.ohchr.org/Documents/ProfessionalInterest/vienna.pdf
  • [5]  http://www.refworld.org/docid/54620fb54.html
  • [6]  http://www.asean.org/wp-content/uploads/images/ASEAN_RTK_2014/6_AHRD_Booklet.pdf
  • [7]  https://ec.europa.eu/anti-trafficking/sites/antitrafficking/files/council_conclusions_on_the_action_plan_on_human_rights_and_democracy_2015_-_2019.pdf
  • [8]  https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/EN/foraff/131181.pdf
  • [9]  http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2015/12/04-council-adopts-conclusions-on-statelessness/
  • [10]  http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2016/06/20-fac-conclusions-myanmar-burma/
  • [11]  Testi approvati, P8_TA(2016)0404.
  • [12]  Testi approvati, P8_TA(2016)0316.
  • [13]  Testi approvati, P8_TA(2015)0076.

MOTIVAZIONE

Sebbene il diritto alla cittadinanza sia sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo da quasi settant'anni, per milioni di persone è ancora un'utopia irraggiungibile.

Secondo la definizione internazionale, il termine apolide designa una persona "che nessuno Stato considera come suo cittadino per applicazione della sua legislazione".

È importante considerare che, per la maggior parte, gli apolidi non sono dei rifugiati. In altre parole, non hanno lasciato il loro luogo di nascita volontariamente. Alcuni apolidi sono però diventati profughi dopo essere stati costretti a fuggire dal loro paese di nascita.

Tra le cause di apolidia se ne annoverano alcune, meno nefaste ma comunque problematiche, quali il venir meno della cittadinanza per aver vissuto fuori dal proprio paese per un periodo protratto.

Vi sono tuttavia altre cause che destano grave preoccupazione.

Esse comprendono le leggi sulla cittadinanza, sfruttate per discriminare gli apolidi (come nel caso dei rohingya in Myanmar, che sono stati esclusi dall'elenco dei 135 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dal governo). Tra i principali ostacoli, si annovera anche la discriminazione di genere, per cui le donne, a differenza degli uomini, non hanno il diritto di trasmettere la loro nazionalità ai figli, o perdono la cittadinanza attraverso il matrimonio. Vi sono anche gli ostacoli amministrativi e burocratici derivanti dal fatto che, per mancanza di mezzi, coloro che vivono in aree remote non riescono a far registrare le nascite, con i problemi che ne conseguono.

L'apolidia dà anche luogo a problemi di più vasta portata, in quanto crea barriere inique nei luoghi di lavoro, può impedire alle persone di sposarsi, impedisce l'accesso alle cure sanitarie, all'istruzione ed esclude dal diritto di proprietà. Essa fomenta la tratta di esseri umani, rendendo i bambini particolarmente vulnerabili.

Purtroppo, l'apolidia è una condizione che interessa circa dieci milioni di persone in tutto il mondo, tuttavia, per motivi di chiarezza, il relatore intende concentrarsi su due gruppi in particolare, i rohingya e i bihari, che per molti motivi sono venuti a simboleggiare la difficile situazione degli apolidi a livello globale.

Il relatore desidera porre l'accento sul modo in cui la cooperazione e le organizzazioni internazionali possono contribuire a promuovere l'accesso alla cittadinanza per gli apolidi ed evitare nuovi casi di apolidia su vasta scala in futuro.

Occorre esaminare il ruolo dell'UE nella lotta contro l'apolidia, in particolare quali programmi sono stati finanziati e se abbiano avuto successo o meno, adducendo esempi di impegno multilaterale.

Infine, il relatore desidera evidenziare alcuni esempi di buone prassi per dimostrare che i paesi terzi (Indonesia, Cambogia, Vietnam) possono implementare misure che vanno nella giusta direzione.

Esempi di buone prassi

L'Indonesia ha riformato il proprio diritto sulla cittadinanza nel 2006, affinché i migranti indonesiani che abbiano trascorso oltre cinque anni all'estero non debbano più perdere la cittadinanza.

La Cambogia ha reso gratuita la registrazione delle nascite nei primi 30 giorni dalla nascita. L'UNICEF ha lavorato a lungo per migliorare la registrazione delle nascite e i registri civili.

Il Vietnam ha approvato la legge sulla cittadinanza vietnamita nel 2008 per occuparsi degli apolidi di lunga data, concedendo la cittadinanza a tutti gli apolidi residenti nel paese da oltre 20 anni.

Esempi specifici

Myanmar/Birmania

Le cause di tensione trovano radici annose e profonde nel paese e si possono far risalire al 1826 e alla fine della prima guerra anglo-birmana. I britannici, vinta la guerra e assunto il controllo dell'Arakan, hanno incoraggiato i bengalesi, inclusi i rohingya, a trasferirsi dall'India britannica all'Arakan. L'improvviso afflusso di rohingya musulmani ha provocato tensioni nell'Arakan buddista. Il Myanmar, in precedenza Birmania, è diventato una nazione indipendente nel 1948. Fino al golpe militare del 1962, che ne ha fatto una dittatura, il nuovo Stato di Myanmar era democratico. I rohingya sono un gruppo etnico originario dello Stato di Arakan in Birmania, lungo la frontiera tra Birmania e Bangladesh. Nel Myanmar costituiscono una minoranza in termini religiosi - dato che sono di fede islamica - culturali e linguistici. La maggior parte degli abitanti del Myanmar pratica il buddismo. Tra la seconda guerra mondiale e il colpo di Stato del 1962, i rohingya aspiravano ad una propria nazione nell'Arakan. Dopo il colpo di Stato la successiva dittatura si è accanita contro i rohingya, che sono divenuti ufficialmente apolidi nel 1982 con l'emanazione della legge birmana sulla cittadinanza.

Secondo le stime, il numero di rohingya apolidi residenti nel Myanmar varia tra gli 800 000 e 1,2 milioni, ossia circa l'80-98 % della popolazione nello Stato di Rakhine nel Myanmar. Ciononostante, essi sono tuttora privi cittadinanza e il governo li classifica come "apolidi bengalesi". I rohingya sono consideranti una delle più grandi minoranze perseguitate nel mondo, sono costretti a un lavoro sostanzialmente schiavista e si vedono negati i diritti umani fondamentali.

Molti sono diventati migranti, in fuga dalle persecuzioni e dalle difficoltà che incontrano in Myanmar. Il limitrofo Bangladesh è una regione in cui si sono insediati come rifugiati 200 000-400 000 rohingya – tuttora senza aiuti umanitari e privi del riconoscimento del governo del Bangladesh e pertanto ancora privi di cittadinanza. Vivono in campi, e solo 33 000 di essi ricevono sostegno dal Bangladesh nei campi ufficiali, dove vengono forniti, anche se in scarsa misura, aiuti umanitari come ad esempio il sapone per lavare i bambini. I campi sono sotto rigido controllo della polizia e chi li lascia rischia di essere ucciso dalle guardie. Oltre 200 000 rohingya apolidi vivono in condizioni atroci nel resto del Bangladesh, in campi che non sono registrati.

Con la fine della dittatura militare e l'elezione di Aung San Suu Kyi, le elezioni in Myanmar nel 2015 hanno alimentato una breve speranza. Tuttavia, il nuovo governo è rimasto estremamente inerte sul tema nonostante le sollecitazioni a favore dei diritti delle minoranze.

Nel 2015, il primo ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, ha annunciato piani per trasferire i campi dei rohingya su un'isola nel golfo del Bengala per timore delle ripercussioni della loro presenza sul turismo, dichiarando "non possiamo più ospitarli". Né il Myanmar né il Bangladesh sono propensi a dichiarare che i rohingya appartengono ai loro paesi e a concedere loro la cittadinanza, per non parlare di altri Stati nei quali i rohingya sono fuggiti, ad esempio la Thailandia e la Malaysia.

I media hanno iniziato a dedicare maggiore attenzione al trattamento dei rohingya dopo la rivolta del 2012 nello Stato di Rakhine e la crisi dei rifugiati rohingya del 2015. Nel 2012 si sono verificati gravi disordini nello Stato di Rakhine con scontri tra musulmani rohingya e buddisti rakhine, che hanno visto 88 morti e migliaia di case incendiate e rase al suolo. Le ONG hanno criticato il Myanmar sostenendo che i disordini possono essere imputati a decenni di discriminazioni a danno della popolazione rohingya. Nell'estate del 2015, i rohingya hanno di nuovo destato l'attenzione dei media in quanto "migranti del mare" (boat people) poiché molti di essi sono stati vittime della tratta di esseri umani dal Myanmar e dal Bangladesh verso paesi come l'Indonesia e la Thailandia, per esservi venduti per lavorare sui pescherecci, praticamente in condizioni di schiavitù. In Thailandia sono state scoperte fosse comuni di rohingya. Il Myanmar continua a tentare di indurre i rohingya a identificarsi come bengalesi essenzialmente al fine di estinguerne l'etnia. Ricercatori universitari e iniziative anti-criminali hanno ipotizzato che il governo del Myanmar stia programmando un'azione di genocidio quasi sistematico per sterminare i rohingya. Secondo l'UNHCR, nel primo trimestre del 2015, 25 000 rohingya hanno abbandonato le loro case (soprattutto nel Myanmar) sui barconi della tratta.

Perché concentrarsi sui rohingya in Myanmar?

Perché sono la più grande popolazione di apolidi al mondo. Rappresentano infatti circa il 20 % dell'apolidia globale, dal momento che, stando alle cifre, a livello mondiale gli apolidi sono 10 milioni, di cui quasi 2 milioni di rohingya. Sono inoltre una delle minoranze più perseguitate al mondo.

Vi è stata comunicazione o collaborazione tra il governo del Myanmar e le organizzazioni internazionali operanti a favore dei rohingya?

Nel giugno 2015 si è svolta una riunione per esaminare la crisi del Sud-Est asiatico alla quale hanno partecipato 17 paesi. Non vi erano esponenti a livello ministeriale ed è durata un solo giorno. La "questione della migrazione illegale dei migranti del mare non può essere addebitata esclusivamente al mio paese", ha dichiarato il delegato del Myanmar, Htin Lynn, direttore generale del ministero degli esteri, rispondendo con severità a un appello dell'UNHCR ad affrontare le cause profonde della crisi migratoria in corso, compresa la questione degli apolidi.

Dal "The National" del 18 giugno 2015 — Un modello europeo?

Tuttavia non è del tutto impraticabile una soluzione duratura che ponga fine alla fuga dei rohingya dal Myanmar. In Europa, dove i paesi devono affrontare una crisi migratoria di proporzioni ben più vaste, la Commissione europea ha elaborato un piano per il reinsediamento dei rifugiati ripartendoli in base alla prosperità dello Stato membro dell'UE, al numero di profughi già ospitato, al tasso di disoccupazione e ad altri fattori. I paesi del Sud-Est asiatico potrebbero adottare una formula simile, basata su elementi come il PIL, il tasso di disoccupazione e criteri di altro tipo, al fine di determinare il numero di rifugiati da reinsediare.

Restano ancora numerosi dettagli da definire nel piano e i responsabili europei sono confrontati a molti gruppi politici nazionali che si oppongono al reinsediamento dei migranti; il piano potrebbe però funzionare, il che è molto di più di quanto abbia da offrire il Sud-Est asiatico. Anche gli organismi internazionali potrebbero impegnarsi a reinsediare un certo numero di rohingya ogni anno per il prossimo decennio – promesse pubbliche che potrebbero essere tenuti a onorare. Anche se i rohingya potrebbero aver bisogno di tempo per adattarsi negli Stati Uniti, in passato Washington ha accolto un numero elevato di migranti provenienti da culture molto diverse – la popolazione hmong negli anni '70 e '80 o i bhutanesi negli ultimi 10 anni.

Bangladesh

Cronistoria della situazione in Bangladesh

Il Bangladesh ha conseguito l'indipendenza nel 1971, quando il Pakistan orientale si è separato dal Pakistan occidentale per creare il nuovo Stato del Bangladesh. Il Pakistan era stato diviso dall'India nel 1947. Molti musulmani di lingua urdu, provenienti dalla regione indiana del Bihar (da cui la denominazione bihari), si sono trasferiti nel Pakistan orientale. Durante il movimento per l'indipendenza essi hanno tuttavia sostenuto il Pakistan occidentale in quanto si identificavano più strettamente con i suoi valori. Quando nel 1971 il Bangladesh ha ottenuto l'indipendenza, i bihari non erano cittadini né del Bangladesh né dal Pakistan. Oltretutto non erano ben visti in Bangladesh in quanto ritenuti una minoranza che sosteneva il nemico. La denominazione "bihari" significa "pakistani abbandonati". Al momento dell'indipendenza, nel 1971, i bihari sono stati vittima di molte atrocità: uccisioni, stupri, saccheggi. Ancora oggi subiscono in Bangladesh trattamenti atroci, sono costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento in campi profughi con migliaia di altri, in condizioni igienico-sanitarie inenarrabili. Molti non sono autorizzati a lavorare, ad avere un conto bancario o un passaporto, i bambini bihari sono esclusi dall'istruzione nelle scuole pubbliche se vivono nei campi, per cui molti sono costretti a cambiare identità. La malattie sono diffuse, manca l'assistenza sanitaria, i tassi di natalità e mortalità sono molto elevati.

Porre rimedio all'apolidia: Molti bihari hanno preferito tornare in Pakistan. Dopo il 1971, 170 000 bihari sono stati rimpatriati in Pakistan. Tuttavia erano solo un terzo. Le autorità pakistane hanno imposto condizioni per il rimpatrio che sono anticostituzionali e immorali. Hanno sostenuto che non volevano spostamenti di massa di un gruppo di persone che, ritornando in Pakistan, avrebbero perturbato l'equilibrio del paese. Tuttavia, molti, circa 100 000, sono tornati in Pakistan senza sostegno governativo e ora vi risiedono come apolidi. Nel 2006 in Bangladesh si contavano circa 250 000 bihari apolidi.

La svolta è intervenuta nel 2008. Una sentenza della Corte suprema ha fatto sì che il governo concedesse la cittadinanza a tutti i bihari di lingua urdu. Ora tutti i residenti dei campi sono in possesso di carte d'identità e diritto di voto. In tal modo è stata posta fine all'apolidia di quasi 300 000 apolidi in Bangladesh.

Ciononostante, i bihari sono tuttora confrontati a problemi quotidiani. Vivere in un campo significa, per migliaia di persone, non poter avere un passaporto. Significa essere esposti a spese amministrative e quindi non poter fruire di molti servizi nel paese. Migliaia di persone vivono tuttora in condizioni di povertà.

PARERE della commissione per lo sviluppo (31.1.2017)

destinato alla commissione per gli affari esteri

sull'apolidia nell'Asia meridionale e nel Sud Est asiatico
(2016/2220(INI))

Relatore per parere: Maria Heubuch

SUGGERIMENTI

La commissione per lo sviluppo invita la commissione per gli affari esteri, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

A.  considerando che gli apolidi – che secondo le stime sarebbero tra i 10 e i 15 milioni, sebbene dalle statistiche dell'UNHCR ne risultino solo 3,5 milioni – sono distribuiti in modo disomogeneo a livello mondiale; che cinque dei 20 Stati dove si registra la presenza di oltre 10 000 apolidi si trovano nell'Asia meridionale e nel Sud Est asiatico;

B.  considerando che l'apolidia ha conseguenze sconcertanti per i diritti umani – tra cui i diritti civili, politici ed economici – lo sviluppo e la stabilità internazionale e incide fortemente sui doveri civili, sull'accesso alla terra e alla proprietà e sulla sicurezza sociale e i servizi quali la sanità e l'istruzione, e indebolisce altresì la posizione sociale degli individui; che l'apolidia compromette le prospettive di sviluppo delle popolazioni in questione e l'attuazione efficace dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;

C.  considerando che il complesso problema dell'apolidia, pur non essendo una questione marginale, rimane relegato al campo più periferico della politica e del diritto internazionali;

1.  evidenzia i legami tra l'apolidia e la vulnerabilità sociale ed economica; esorta i governi dei paesi in via di sviluppo a impedire il diniego, la perdita o la privazione della cittadinanza su basi discriminatorie, ad adottare leggi eque in materia di cittadinanza e a porre in atto procedure di certificazione della cittadinanza che siano accessibili, anche economicamente, e non discriminatorie;

2.  accoglie con favore l'adozione dell'obiettivo di sviluppo sostenibile 16.9 che prevede che a tutti siano garantite un'identità giuridica e la registrazione alla nascita; si rammarica tuttavia che l'apolidia non sia esplicitamente menzionata nell'Agenda 2030, né come motivo di discriminazione né come obiettivo di riduzione della povertà; invita l'UE e gli Stati membri a valutare la possibilità di prevedere indicatori di apolidia all'interno dei meccanismi di monitoraggio e segnalazione di cui si avvalgono nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile;

3.  invita i governi del Brunei Darussalam, della Malaysia e del Nepal a combattere le forme di discriminazione di genere presenti nelle rispettive leggi in materia di cittadinanza e a promuovere il diritto dei minori a una cittadinanza;

4.  osserva il legame tra l'apolidia e i trasferimenti forzati, in particolare nelle regioni colpite da conflitti; rammenta che almeno 1,5 milioni di apolidi nel mondo sono anche rifugiati o lo sono stati precedentemente e che tale numero comprende numerose ragazze e bambine;

5.  rammenta che i dati sull'apolidia nel mondo sono in gran parte mancanti e incompleti e che quelli esistenti si basano su definizioni diverse; esorta la comunità internazionale ad adottare una definizione unificata e ad adoperarsi per colmare le lacune nella raccolta dei dati sull'apolidia nei paesi in via di sviluppo, in particolare assistendo le autorità locali nell'adozione di metodi adeguati per quantificare, individuare e registrare gli apolidi, come pure nel rafforzamento delle capacità in ambito statistico;

6.  invita la Commissione ad avviare scambi di buone prassi tra gli Stati membri, incoraggia il coordinamento attivo dei punti di contatto nazionali sull'apolidia e accoglie con favore la campagna #IBelong;

7.  invita gli Stati membri a concedere lo status di protezione ai migranti apolidi;

8.  accoglie con favore il sostegno fornito dall'UE, attraverso vari strumenti, agli apolidi in Asia meridionale e nel Sud Est asiatico e incoraggia l'Unione a portare avanti i propri sforzi per occuparsi dell'impatto dell'apolidia sullo sviluppo, la pace e la stabilità nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e, più in generale, dell'azione esterna.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

Approvazione

25.1.2017

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

19

0

2

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Doru-Claudian Frunzulică, Enrique Guerrero Salom, Heidi Hautala, Maria Heubuch, György Hölvényi, Stelios Kouloglou, Arne Lietz, Linda McAvan, Norbert Neuser, Maurice Ponga, Cristian Dan Preda, Lola Sánchez Caldentey, Elly Schlein, Eleni Theocharous, Paavo Väyrynen, Bogdan Brunon Wenta, Anna Záborská, Joachim Zeller

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Agustín Díaz de Mera García Consuegra, Adam Szejnfeld, Jan Zahradil

INFORMAZIONI SULL’APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

Approvazione

11.4.2017

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

54

2

3

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Lars Adaktusson, Francisco Assis, Amjad Bashir, Bas Belder, Mario Borghezio, Elmar Brok, Fabio Massimo Castaldo, Lorenzo Cesa, Javier Couso Permuy, Andi Cristea, Arnaud Danjean, Georgios Epitideios, Knut Fleckenstein, Eugen Freund, Michael Gahler, Sandra Kalniete, Karol Karski, Tunne Kelam, Janusz Korwin-Mikke, Eduard Kukan, Arne Lietz, Barbara Lochbihler, Sabine Lösing, Ulrike Lunacek, Andrejs Mamikins, Alex Mayer, David McAllister, Francisco José Millán Mon, Javier Nart, Pier Antonio Panzeri, Demetris Papadakis, Ioan Mircea Paşcu, Alojz Peterle, Tonino Picula, Kati Piri, Julia Pitera, Cristian Dan Preda, Jozo Radoš, Jordi Solé, Charles Tannock, László Tőkés, Ivo Vajgl, Elena Valenciano, Geoffrey Van Orden, Anders Primdahl Vistisen, Boris Zala

Supplenti presenti al momento della votazione finale

María Teresa Giménez Barbat, Andrzej Grzyb, Antonio López-Istúriz White, Norica Nicolai, Urmas Paet, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Helmut Scholz, Igor Šoltes, Marie-Christine Vergiat

Supplenti (art. 200, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Ramona Nicole Mănescu, Josef Weidenholzer, Jaromír Štětina, Dubravka Šuica

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

54

+

ALDE

María Teresa Giménez Barbat, Javier Nart, Norica Nicolai, Urmas Paet, Jozo Radoš, Ivo Vajgl

ECR

Amjad Bashir, Bas Belder, Karol Karski, Charles Tannock

EFDD

Fabio Massimo Castaldo

GUE/NGL

Javier Couso Permuy, Sabine Lösing, Helmut Scholz, Marie-Christine Vergiat

PPE

Lars Adaktusson, Elmar Brok, Lorenzo Cesa, Arnaud Danjean, Michael Gahler, Andrzej Grzyb, Sandra Kalniete, Tunne Kelam, Eduard Kukan, Antonio López-Istúriz White, David McAllister, Francisco José Millán Mon, Ramona Nicole Mănescu, Alojz Peterle, Julia Pitera, Cristian Dan Preda, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Jaromír Štětina, Dubravka Šuica, László Tőkés,

S&D

Francisco Assis, Andi Cristea, Knut Fleckenstein, Eugen Freund, Arne Lietz, Andrejs Mamikins, Alex Mayer, Pier Antonio Panzeri, Demetris Papadakis, Ioan Mircea Paşcu, Tonino Picula, Kati Piri, Elena Valenciano, Josef Weidenholzer, Boris Zala

Verts/ALE Group

Barbara Lochbihler, Ulrike Lunacek, Jordi Solé, Igor Šoltes

2

-

NI

Georgios Epitideios, Janusz Korwin-Mikke

3

0

ECR

Mario Borghezio, Geoffrey Van Orden, Anders Primdahl Vistisen

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti