RELAZIONE sull'attuazione della direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo

14.3.2018 - (2016/2329(INI))

Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni
Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
Relatore: Soraya Post, Teresa Jiménez-Becerril Barrio
(Procedura con le commissioni congiunte – articolo 55 del regolamento)


Procedura : 2016/2329(INI)
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A8-0065/2018
Testi presentati :
A8-0065/2018
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MOTIVAZIONE ‒ SINTESI DEI FATTI E DELLE CONSTATAZIONI

Procedura e fonti

La direttiva sull'ordine di protezione europeo (OPE) è stata avviata nel 2010 da un gruppo di dodici Stati membri sotto la presidenza spagnola. La direttiva OPE si basa sull'articolo 82, paragrafo 1, TFUE, relativo alla cooperazione giudiziaria in materia penale ed è entrata in vigore l'11 gennaio 2011. Agli Stati membri è stato imposto il termine dell'11 gennaio 2015 per recepire le disposizioni della stessa nella propria legislazione nazionale. L'Irlanda e la Danimarca non sono vincolate dalle disposizioni della direttiva OPE.

La presente relazione fornisce ai relatori delle due commissioni LIBE e FEMM la possibilità di valutare in che modo è applicato negli Stati membri interessati il meccanismo istituito dalla direttiva 2011/99/UE[1], che consente a coloro che beneficiano di un ordine di protezione in materia penale emesso in uno Stato membro di chiedere un OPE.

Tale strumento si fonda sul principio del riconoscimento reciproco, che implica che gli ordini di protezione emessi in uno Stato membro devono essere riconosciuti ed eseguiti in un altro Stato membro. Tra le principali sfide legate all'applicazione dello strumento in esame figura quella di garantire che la protezione delle vittime non sia ostacolata dalla disparità delle misure nazionali.

La relazione prenderà altresì in esame:

  gli ostacoli all'attuazione a livello degli Stati membri;

  il collegamento con gli strumenti complementari;

  le sfide correlate alla disparità delle misure che gli Stati membri possono applicare per eseguire gli ordini di protezione;

  l'impatto dello strumento in termini di protezione delle vittime di reato;

  le raccomandazioni su come superare le sfide incontrate nella fase di attuazione.

Dalla loro nomina, i due relatori hanno raccolto informazioni e si sono basati, tra l'altro, sulle seguenti fonti:

  un'udienza tenutasi nel corso della riunione congiunta delle commissioni LIBE e FEMM il 12 ottobre;

  una valutazione d'impatto ex post del Servizio Ricerca del Parlamento europeo, pubblicata a settembre 2017;

  lo scambio di informazioni intercorso con i colleghi della Commissione e della FRA, e le organizzazioni per la protezione delle vittime interessate;

La direttiva prevede una clausola di revisione (articolo 23) che dispone che "entro l'11 gennaio 2016 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva. Tale relazione è corredata, se necessario, di proposte legislative". Al momento della stesura della presente relazione, la Commissione non ha presentato alcuna relazione sull'applicazione della direttiva di cui trattasi.

Quadro generale dell'attuazione della direttiva sull'ordine di protezione europeo

Dall'entrata in vigore della direttiva n. 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo al gennaio 2015, la Commissione europea, le agenzie dell'UE e le ONG avevano raccolto una quantità esigua di dati per valutare l'utilizzo dello strumento a livello unionale.

Secondo la valutazione pubblicata dall'EPRS nel settembre 2017, ad oggi sono stati individuati solo sette OPE. Il ricorso decisamente limitato allo strumento è sorprendente, visto il numero delle vittime che beneficiano di misure di protezione in materia penale a livello degli Stati membri: molte di esse probabilmente viaggiano, si trasferiscono o si spostano in tutta l'UE in modo regolare e/o occasionale. A titolo illustrativo, è stato stimato che nel 2010 oltre 100 000 donne residenti nell'UE hanno beneficiato di misure di protezione relative alla violenza basata sul genere.

Sebbene gli ordini di protezione possano applicarsi a chiunque necessiti di protezione, in pratica tali misure sono per lo più adottate per proteggere le donne nei casi di violenza domestica, molestie, atti persecutori o violenza sessuale. La violenza basata sul genere è una preoccupazione crescente a livello unionale e nel 2014 l'Agenzia dell'UE per i diritti fondamentali (FRA) ha stimato che nell'Unione una donna su tre ha subito violenza fisica e/o sessuale dall'età di 15 anni e che una donna su cinque è stata vittima di atti persecutori (stalking). Gli atti persecutori (stalking) figurano nell'elenco degli atti che nella maggior parte dei casi danno luogo a un ordine di protezione, ma rientrano anche nella categoria di quelli non soggetti al diritto penale in ciascuno Stato membro, il che indubbiamente sfavorisce le donne nell'ottenimento di un OPE in modo sproporzionato.

Gli ordini di protezione hanno lo scopo di proteggere una persona da un atto che può metterne in pericolo la vita, l'integrità fisica o psicologica, la dignità, la libertà personale o l'integrità sessuale. L'obiettivo è quello di evitare i contatti tra l'autore effettivo o potenziale del reato e la vittima o la persona a rischio di essere aggredita.

Tutti gli Stati membri prevedono una qualche forma di ordine di protezione in materia penale o civile. Tuttavia, nonostante l'apparente analogia nel modo in cui tali provvedimenti sono emanati, negli Stati membri vi è un'ampia varietà di misure e, inoltre, le modalità in cui esse sono applicate presentano marcate differenze.

Onde garantire che una persona a cui sono state accordate misure di protezione in uno Stato membro continui a beneficiare di una protezione equivalente quando si trasferisce o si reca in un altro Stato membro, l'Unione europea ha messo a punto la direttiva n. 2011/99/UE concernente l'ordine di protezione europeo, un meccanismo per il reciproco riconoscimento delle misure di protezione in materia penale. Le misure di protezione che ricadono nell'ambito della direttiva riguardano quelle situazioni in cui le vittime - o potenziali tali - di reato beneficiano dell'imposizione alla persona che determina il rischio di un divieto o di una regolamentazione per accedere a determinati luoghi, contattarle o avvicinarsi ad esse, vale a dire le tre tipologie di misure di protezione più diffuse nell'UE.

Quando lo strumento in esame è stato proposto, al fine di dirimere la questione dei fondamenti giuridici distinti nel diritto dell'Unione per il riconoscimento reciproco di misure di diritto civile e di diritto penale, la Commissione ha proposto di adottare un pacchetto composto dalla direttiva OPE, che si occupa di procedimenti penali, e un regolamento relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile. Il regolamento (UE) n. 606/2013 istituisce un meccanismo che consente il riconoscimento degli ordini di protezione emanati come una misura di diritto civile tra Stati membri. Pertanto, coloro che beneficiano di un ordine di protezione in materia civile emesso nello Stato membro di residenza possono farlo valere direttamente in altri Stati membri mediante la presentazione di un certificato[2] alle autorità competenti incaricate di certificare i loro diritti. Il regolamento è in applicazione a decorrere dall'11 gennaio 2015.

Questi due strumenti fanno parte di una serie completa di atti giuridici dell'UE volti a rafforzare la protezione delle vittime in tutta l'Unione.

Le misure di protezione incluse negli OPE dipendono dalle legislazioni nazionali degli Stati membri: gli OPE sono rilasciati sulla base delle misure di protezione precedentemente adottate nello Stato di emissione a norma della propria legislazione nazionale; la protezione accordata dall'OPE è riconosciuta nello Stato di esecuzione adottando le misure di protezione disponibili conformemente alle normative nazionali.

Stando alle conclusioni della suddetta valutazione ex post condotta dall'EPRS, la direttiva di cui trattasi non ha portato a una convergenza o un ravvicinamento delle differenti misure nazionali: i diversi sistemi nazionali per la protezione delle vittime sono stati mantenuti, la legislazione interna in materia di tutela delle vittime non è stata modificata in maniera sostanziale, e le leggi nazionali di esecuzione della direttiva incorporano quasi pedissequamente le disposizioni della direttiva, praticamente senza modifiche.

Per quanto riguarda le vittime, è importante porre l'accento sulla necessità di fornire informazioni adeguate alla persona protetta, compresa la possibilità di richiedere un ordine di protezione europeo qualora la stessa si sposti in un altro Stato membro. Gli autori dello studio evidenziano gravi lacune a tale riguardo e sottolineano un'assenza diffusa di campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte alle vittime stesse in tutti gli Stati membri. In situazioni del genere, la mancanza di accesso alle informazioni va a discapito della protezione delle vittime.

Dato che gli OPE implicano il trasferimento di una vittima da uno Stato membro all'altro, tutte le vittime, a un certo punto, dovranno affrontare un sistema giuridico o una lingua sconosciuti, trovandosi pertanto in una situazione di particolare vulnerabilità. La maggior parte degli Stati membri non ha adottato alcuna misura o disposizione speciale per le persone con esigenze specifiche.

Per poter garantire una protezione efficace della vittima, un OPE deve essere adottato ed eseguito rapidamente. I diritti nazionali di esecuzione degli Stati membri hanno utilizzato diverse formule per sottolineare l'immediatezza e l'urgenza della procedura e, in alcuni casi, hanno anche fissato limiti di tempo specifici. Il coordinamento e la comunicazione tra le autorità centrali e le autorità competenti costituiscono elementi altrettanto essenziali per la protezione delle vittime e l'efficacia dell'OPE.

Gli esperti hanno sottolineato l'importanza cruciale della formazione dei professionisti che potrebbero entrare in contatto con le vittime bisognose di misure di protezione. Stando ai dati a disposizione, solo un numero molto ristretto di Stati membri ha organizzato formazioni specifiche sull'OPE.

  • [1]  GU L 338 del 21.12.2011, pag. 2.
  • [2]  GU L 263 del 3.9.2014, pagg. 10–20.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sull'attuazione della direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo

(2016/2329(INI))

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE) e gli articoli 8, 10, 18, 19, 21, 79 e 82 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  visti gli articoli 3, 6, 20, 21, 23, 24, 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948,

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW),

–  vista la dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne, adottata il 20 dicembre 1993,

–  vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, adottata a New York il 20 novembre 1989,

–  visti la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, adottate il 15 settembre 1995 alla quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, e i successivi documenti finali adottati alle sessioni speciali delle Nazioni Unite di Pechino +5 (2000), Pechino +10 (2005), Pechino +15 (2010) e Pechino +20 (2015),

–  vista l'osservazione generale approvata il 26 agosto 2016 dal comitato dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità in merito all'articolo 6 (sulle donne e ragazze con disabilità) della Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità,

–  viste la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul), e le decisioni (UE) 2017/865[1] e (UE) 2017/866 del Consiglio, dell'11 maggio 2017[2], relative alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,

–  vista la firma della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul) da parte di tutti gli Stati membri,

–  vista la sua risoluzione del 12 settembre 2017 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione da parte dell'Unione europea della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica[3],

–  vista la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI[4],

–  vista la direttiva 2004/80/CE del Consiglio relativa all'indennizzo delle vittime di reato,

–  viste la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI[5], e la direttiva n. 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2004/68/GAI[6],

–  vista la comunicazione della Commissione, del 19 giugno 2012, dal titolo "Strategia dell'UE per l'eradicazione della tratta degli esseri umani (2012-2016)" (COM (2012)0286),

–  vista la direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, sull'ordine di protezione europeo[7],

–  visto il regolamento (UE) n. 606/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile[8],

–  vista la decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive[9],

–  vista la decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione, tra gli Stati membri dell'Unione europea, del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare[10],

–  vista la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale[11],

  vista la risoluzione del Consiglio, del 10 giugno 2011, relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti e della tutela delle vittime, in particolare nei procedimenti penali[12],

  visto il programma di Stoccolma – Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini[13],

–  visto il programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020,

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 3 dicembre 2015, dal titolo "Impegno strategico per la parità di genere 2016-2019" (SWD(2015)0278),

–  vista la relazione dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) dal titolo "Violenza contro le donne: un'indagine a livello di Unione europea",

–  vista la sua risoluzione del 26 novembre 2009 sull'eliminazione della violenza contro le donne[14],

–  vista la sua risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2009[15],

–  vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2014 recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne[16],

–  vista la sua risoluzione del 9 giugno 2015 su una strategia dell'Unione europea per la parità tra donne e uomini dopo il 2015[17],

–  vista la valutazione sull'attuazione della direttiva 2011/99/UE (PE 603.272), a cura dei servizi di ricerca parlamentare del Parlamento europeo, elaborata dall'Unità della valutazione ex post,

–  visti l'articolo 52 del suo regolamento nonché l'articolo 1, paragrafo 1, lettera e), e l'allegato 3 alla decisione della Conferenza dei presidenti del 12 dicembre 2002 sulla procedura relativa alla concessione dell'autorizzazione a elaborare relazioni di iniziativa,

–  viste le deliberazioni congiunte della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, a norma dell'articolo 55 del regolamento,

–  vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A8-0065/2018),

A.  considerando che qualsiasi forma di violenza nei confronti di un essere umano costituisce una diretta violazione della sua dignità umana, che è alla base di tutti i diritti umani fondamentali e pertanto deve essere rispettata e tutelata; che la violenza contro le donne è una forma brutale di discriminazione e una violazione dei diritti umani fondamentali;

B.  considerando che le vittime di violenza e abusi rischiano di essere soggette a vittimizzazione secondaria e reiterata, rappresaglie e intimidazioni; che, di conseguenza, garantire alle vittime la protezione necessaria, anche a livello transfrontaliero, dipende in larga misura dalla loro consapevolezza, dalla società nel suo complesso e da tutti i professionisti che entrano in contatto con esse, comprese le strutture coinvolte quali i rifugi;

C.  considerando che la mancanza di un'adeguata protezione di un essere umano contro la violenza di genere ha un effetto negativo sulla società nel suo insieme;

D.  considerando che uno dei più importanti aspetti della sicurezza di ogni società è la tutela dell'integrità personale e la libertà di ogni persona; che l'Agenda europea sulla sicurezza dovrebbe includere fra le sue priorità la tutela della sicurezza personale e la protezione di tutte le persone dalla violenza di genere;

E.  considerando che la violenza e gli abusi fisici, psicologici e sessuali colpiscono in modo sproporzionato le donne[18]; che nell'UE una donna su tre ha subito violenze fisiche e/o sessuali dall'età di 15 anni; che, in alcuni Stati membri, la portata e la gravità della violenza contro le donne sono spesso ignorate e banalizzate e che è ancora diffusa una preoccupante tendenza a incolpare le vittime; che solo un terzo circa delle donne che subiscono abusi fisici o sessuali da parte dei loro partner contatta le autorità;

F.  considerando che la garanzia della parità di genere in tutti i settori politici è un principio fondamentale dell'Unione europea, nonché un elemento essenziale della lotta contro la violenza di genere;

G.  considerando che la convenzione di Istanbul, firmata ma non ratificata dall'UE e da tutti gli Stati membri[19], stabilisce che tutte le sue disposizioni, in particolare le misure volte a tutelare i diritti delle vittime, devono essere garantite, senza alcuna forma di discriminazione, e chiede espressamente ai suoi firmatari di riconoscere gli atti persecutori come un reato; che la ratifica e l'attuazione di detta convenzione contribuirà a superare le sfide poste dall'OPE fornendo un quadro giuridico europeo coerente per prevenire e combattere la violenza nei confronti delle donne;

H.  considerando che, al fine di ridurre il numero stimato di casi di violenza non segnalati, gli Stati membri devono mettere in atto e rafforzare strumenti di segnalazione preventiva e protezione per le donne, consentendo loro così di sentirsi al sicuro e di poter segnalare gli atti di atti di violenza di genere; che il numero notevolmente elevato di casi non segnalati di violenza di genere potrebbe essere correlato alla carenza di risorse pubbliche; che le autorità competenti devono disporre delle strutture, quali rifugi che forniscono assistenza medico-legale, consulenza psicologica e assistenza legale, che fungano da porto sicuro per le donne vittime della violenza di genere;

I.  considerando che la libertà di circolazione nell'UE implica frequenti spostamenti di persone da un paese a un altro; che l'OPE si basa sulla necessità di tutelare i diritti e le libertà delle vittime, di rispettare in particolare il diritto delle vittime e delle potenziali vittime di godere della libertà di circolazione, nonché di garantire la loro continua protezione nell'esercitare tale diritto;

J.  considerando che la prevenzione della violenza mediante investimenti in campagne di sensibilizzazione e di informazione, caratterizzate da un'efficace copertura mediatica, nonché l'istruzione e la formazione di professionisti costituiscono un elemento cruciale nella lotta alla violenza di genere; che la convenzione di Istanbul obbliga le parti a prevenire la violenza e gli stereotipi di genere affrontando la questione del ruolo dei media; che la generale assenza di consapevolezza tra le vittime che beneficiano di misure di protezione nazionali circa l'esistenza dell'OPE incide negativamente sull'attuazione dello stesso; che le campagne e i programmi di sensibilizzazione per combattere la banalizzazione della violenza domestica e di genere contribuiscono ad accrescere la propensione delle vittime a segnalare gli abusi e a richiedere ordini di protezione nazionali ed europei (OPE), nonché ad aumentare la loro fiducia nelle autorità competenti;

K.  considerando che nel 2010, quando l'OPE è stato proposto dal Consiglio europeo, 118 000 donne residenti nell'UE beneficiavano di misure di protezione relative alla violenza basata sul genere; che, stando alle stime del 2011, nell'UE in media 1 180 persone avrebbero bisogno di misure di protezione continua a livello transfrontaliero;

L.  considerando che le ONG spesso svolgono un ruolo essenziale nel sostegno alle vittime in molti Stati membri;

M.  considerando che gli OPE sono strumenti di riconoscimento reciproco e di cooperazione, che possono funzionare correttamente e proteggere le vittime solo se pienamente applicati da parte di tutti gli Stati membri;

N.  considerando che, in particolare nei casi di violenza, alcuni Stati membri emettono misure di protezione nell'ambito di un procedimento penale, mentre altri emettono ordini di protezione basati su procedimenti civili;

O.  considerando che in tutti gli Stati membri dell'UE esiste un'ampia gamma di ordini di protezione e che, a causa dei diversi sistemi giudiziari degli Stati membri, l'esecuzione degli OPE incontra numerose difficoltà che potrebbero pregiudicarne la corretta applicazione per le vittime e limitare il numero di ordini di protezione emessi;

P.  considerando che la maggior parte degli Stati membri non dispone di un sistema di registrazione per raccogliere dati sugli OPE, né esiste un registro europeo centrale del sistema di raccolta di tutti i dati dell'UE pertinenti; che la scarsità di dati rende difficile valutare l'applicazione dell'OPE e affrontare le carenze nella legislazione o nell'applicazione;

Q.  considerando che l'OPE è applicabile alle vittime di tutti i tipi di reato, tra cui le vittime del terrorismo, della tratta di esseri umani, della violenza di genere e della criminalità organizzata; che le persone in situazioni vulnerabili, vittime di reato, devono essere trattate con particolare attenzione nell'applicazione di un OPE;

R.  considerando che esiste un forte legame tra il funzionamento dell'OPE e le norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato stabilite dalla direttiva 2012/29/UE;

1.  invita gli Stati membri a condannare fermamente tutte le forme di violenza basata sul genere e nei confronti delle donne e a impegnarsi a eliminarle, nonché ad assicurare la tolleranza zero nei confronti di dette forme di violenza;

2.  chiede agli Stati membri e alla Commissione di introdurre la prospettiva di genere in tutte le loro politiche, in particolare in quelle potenzialmente correlate alla sensibilizzazione e all'individuazione degli atti di violenza perpetrati nei confronti delle donne, nonché alla protezione e alla salvaguardia dell'integrità delle vittime;

Valutazione generale dell'applicazione della direttiva e raccomandazioni per migliorare lo stato di applicazione e il funzionamento dell'Ordine di protezione europeo (OPE)

3.  riconosce che tutti gli Stati membri, che sono vincolati dalla direttiva sull'OPE, ne hanno notificato alla Commissione il recepimento nella legislazione nazionale;

4.  è consapevole dell'effetto positivo che l'istituzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia può avere sulla protezione transfrontaliera delle vittime; ritiene che l'OPE possa essere uno strumento efficace per proteggere le vittime in un mondo moderno caratterizzato da elevata mobilità e assenza di confini interni; rileva, tuttavia, con preoccupazione che, dal momento del recepimento della direttiva, solo sette OPE sono stati individuati negli Stati membri, sebbene negli ultimi anni migliaia di OPE siano stati richiesti e rilasciati negli Stati membri[20];

5.  deplora che la Commissione non abbia presentato una relazione al Parlamento e al Consiglio sull'applicazione della direttiva concernente l'OPE, entro l'11 gennaio 2016; invita la Commissione a onorare gli obblighi di comunicazione stabiliti nella direttiva e a includere nella sua relazione una mappatura delle misure di protezione nazionali, una panoramica delle attività di formazione, un'analisi del rispetto da parte degli Stati membri del diritto delle vittime al gratuito patrocinio, informando anche in merito agli eventuali costi sostenuti dalle vittime per un ordine di protezione, nonché una mappatura delle campagne di sensibilizzazione svolte negli Stati membri;

6.  rammenta l'obbligo dello Stato di esecuzione di riconoscere all'OPE la stessa priorità riconosciutagli nello Stato di emissione, nonostante le varie difficoltà e i problemi giuridici coinvolti;

7.  esprime preoccupazione per il fatto che, quando un OPE viene eseguito, vi sia un notevole divario tra il coordinamento e la comunicazione tra gli Stati membri; invita gli Stati membri a migliorare e a rafforzare la cooperazione e la comunicazione relativamente all'OPE, dato che ciò metterebbe in moto procedure molto più efficaci e azioni transfrontaliere simultanee tra gli Stati membri;

8.  insiste sulla necessità di migliorare la raccolta dei dati statistici per valutare la dimensione del problema e i risultati delle misure adottate per ridurre la violenza di genere; invita gli Stati membri a standardizzare e a digitalizzare i moduli dell'OPE e le relative procedure, nonché a istituire un registro nazionale degli OPE, allo scopo di raccogliere dati e migliorare lo scambio di informazioni con la Commissione e con gli Stati membri; invita gli Stati membri a raccogliere e comunicare periodicamente alla Commissione dati disaggregati per genere e dati relativi al numero di OPE richiesti, emessi e attuati, nonché le informazioni sulle tipologie di reato;

9.  invita la Commissione a istituire un sistema di registrazione europeo per raccogliere informazioni sugli OPE provenienti da tutti gli Stati membri;

10.  esorta a elaborare e attuare un modulo unico per richiedere e riconoscere gli ordini di protezione, valido per l'azione sia penale che civile, affinché possa essere utilizzato in tutti gli Stati membri; chiede che sia impiegato un sistema digitale di gestione che agevoli il coordinamento, consenta la standardizzazione dei dati raccolti e acceleri sia la gestione degli ordini sia l'elaborazione delle statistiche operative a livello unionale;

11.  invita la Commissione e gli Stati membri a pubblicare l'elenco completo delle autorità competenti per il rilascio e il riconoscimento degli OPE e delle autorità centrali preposte alla trasmissione e alla ricezione di OPE negli Stati membri, e a rendere l'elenco facilmente accessibile per consentire alle persone protette e alle organizzazioni di sostegno alle vittime di fare richiesta di OPE o di regolare le questioni connesse; invita gli Stati membri a rafforzare le proprie istituzioni locali e nazionali e le autorità competenti a rafforzare l'accessibilità e l'applicabilità dell'OPE in modo da favorirne il rilascio;

12.  invita la Commissione a promuovere tutte le forme di scambio di buone pratiche e di cooperazione tra gli Stati membri, nonché tra questi ultimi e la società civile, al fine di garantire il corretto funzionamento degli OPE;

13.  sottolinea che le vittime di reati che dispongono di un OPE, o ritengono di poterne ottenere uno, dovrebbero esserne automaticamente e adeguatamente informate e un'autorità competente specifica dovrebbe ricordare loro, sia oralmente che per iscritto, della possibilità di richiedere un OPE nel corso del procedimento penale; sottolinea altresì che le persone protette non dovrebbero sostenere alcun costo per richiedere l'emissione di un OPE;

14.  invita gli Stati membri ad adottare, alla richiesta di un OPE, un approccio sensibile alla dimensione di genere che comporti una valutazione individuale in relazione alla fornitura di servizi di assistenza e di sostegno;

15.  deplora la mancanza di accesso alla giustizia e all'assistenza legale per le vittime di tutti i tipi di reato in alcuni Stati membri, che si traduce in una scarsa informazione fornita alla vittima circa la possibilità di richiedere un OPE; ritiene che gli Stati membri debbano fornire patrocinio gratuito, sostegno amministrativo e informazioni adeguate sull'OPE alle persone protette, in quanto ciò è cruciale per l'utilizzo e l'efficacia dello strumento, sia in fase di emissione che di esecuzione; invita gli Stati membri ad accrescere le risorse destinate al controllo e alla prevenzione della violenza contro le donne nelle zone rurali;

16.  esorta gli Stati membri a informare le persone protette in merito alle risorse complementari di assistenza sociale disponibili nello Stato ospitante, quali assegni familiari, alloggio ecc., dal momento che queste misure non rientrano nell'ambito di applicazione dell'OPE;

17.  sottolinea che è opportuno prestare particolare attenzione, nell'ambito della protezione e dell'assistenza sociale complementare, ai figli delle vittime di azioni criminali, segnatamente quelli a rischio di violenza sessuale;

18.  deplora il fatto che prima, durante e dopo l'emissione di un OPE, gli Stati membri non garantiscano servizi di traduzione e di interpretazione in una lingua che la vittima comprende;

19.  sottolinea che le vittime dovrebbero avere sempre il diritto di essere ascoltate nel corso delle procedure dell'OPE; pone altresì l'accento sul fatto che i servizi di traduzione e interpretazione devono essere disponibili e gratuiti durante tutta la procedura relativa all'OPE; mette in evidenza, pertanto, che tutti i documenti pertinenti dovrebbero essere tradotti in una lingua che la vittima è in grado di comprendere;

20.  deplora la mancanza di misure specifiche attuate dagli Stati membri per le vittime in situazioni vulnerabili o le vittime con esigenze specifiche; ritiene che in molte occasioni i tagli alla spesa pubblica incidano negativamente sulle risorse disponibili per applicare dette misure specifiche; invita, pertanto, gli Stati membri, in cooperazione con la Commissione e le pertinenti organizzazioni che si occupano di protezione delle vittime, ad adottare orientamenti speciali e misure che agevolino l'OPE per le vittime in situazioni vulnerabili o le vittime con esigenze specifiche;

21.  sottolinea che, alla luce della crescente e pericolosa tendenza alla tratta di esseri umani, l'ordine di protezione europeo può essere uno strumento molto vantaggioso per le vittime della tratta stessa; invita pertanto la Commissione a inserire l'OPE nell'ambito di una strategia unionale di lotta alla tratta degli esseri umani;

22.  ritiene che, al fine di realizzare il suo potenziale e garantire misure di protezione equivalenti durante le fasi di emissione e di esecuzione, l'ordine di protezione debba essere quanto più rapido, efficace, efficiente e automatico possibile e comportare una burocrazia minima; invita la Commissione e gli Stati membri a stabilire un chiaro e breve lasso di tempo di due settimane a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri, quando viene emesso e notificato un OPE, al fine di evitare un aumento dell'incertezza fra le persone protette e della pressione a cui sono sottoposte e, per conseguire il medesimo obiettivo, a incaricare le autorità competenti di fornire informazioni sufficienti alle vittime durante la procedura di adozione di una decisione sulle loro richieste concernenti l'OPE, compreso qualsivoglia accadimento verificatosi nel corso della procedura; esorta gli Stati membri, in questo contesto, ad assegnare risorse sufficienti alle autorità incaricate degli OPE al fine di agevolare un sistema efficiente che tenga conto della situazione della vittima;

23.  invita gli Stati membri a tenere debitamente conto dell'interesse della persona protetta e a fungere da porto sicuro per coloro che denunciano atti di violenza, rispettando pienamente l'obbligo di non informare la persona che determina il pericolo circa la localizzazione e altri dati di contatto riguardanti la persona protetta, a meno che non sia strettamente necessario al fine di soddisfare gli obiettivi dell'OPE; sottolinea che, ogniqualvolta risulti necessario informare l'autore dell'atto di violenza circa eventuali dettagli relativi all'OPE, la vittima deve essere informata di tale decisione;

24.  invita gli Stati membri a predisporre procedure speciali per facilitare l'emissione di un OPE per proteggere i familiari che vivono accanto alla vittima già protetta da un OPE;

25.  pone l'accento sull'accresciuta efficienza delle nuove tecnologie, come i sistemi di controllo GPS e le applicazioni per smartphone che attivano un allarme in caso di pericolo imminente, che costituiscono un mezzo per migliorare l'efficienza e l'adattabilità degli OPE, sia nel momento della loro emissione che in quello della loro esecuzione; è preoccupato per il fatto che solo un numero limitato di Stati membri si avvale di tali nuove tecnologie;

26.  sottolinea l'importanza di monitorare l'OPE nello Stato di esecuzione, in relazione alla minaccia cui la vittima è esposta, al fine di determinare se le misure di protezione adottate siano state attuate correttamente e se debbano essere sottoposte a revisione;

27.  invita la Commissione a monitorare l'attuazione della presente direttiva e ad avviare senza indugio procedure di infrazione nei confronti di tutti gli Stati membri che ne violano le disposizioni;

28.  esorta, conformemente a quanto più volte espresso dalle associazioni delle vittime di violenza di genere, a sperimentare procedure che cambino il tradizionale approccio conferito al concetto di protezione nella maggior parte degli Stati membri; sottolinea tuttavia che, piuttosto che concentrarsi sulle misure per le vittime, come spesso accade, le tecniche mirate a evitare i rischi dovrebbero comprendere misure di prevenzione, vigilanza, controllo e monitoraggio delle persone che provocano i danni e che le misure preventive impiegate dovrebbero comprendere, in via prioritaria, programmi di rieducazione per gli autori dei reati;

29.  invita la Commissione e gli Stati membri a effettuare un esame approfondito delle modalità possibili per migliorare la legislazione relativa all'OPE e la sua attuazione efficace in tutti gli Stati membri, nonché a fornire sostegno pratico al fine di garantire i diritti alla protezione internazionale e all'assistenza e al sostegno di cui godono le vittime di violenza protette a livello nazionale;

30.  invita le agenzie dell'UE, ad esempio l'Agenzia per i diritti fondamentali e l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, a monitorare regolarmente l'attuazione della direttiva;

31.  invita la Commissione a lanciare un monitoraggio e una rendicontazione ad opera della società civile, onde migliorare il funzionamento dell'OPE negli Stati membri, mettendo a disposizione delle ONG i fondi dell'UE;

32.  invita la Commissione a lanciare inviti volti a promuovere la ricerca sull'uso di ordini di protezione nazionali ed europei e a coordinare i programmi di avvio di campagne di sensibilizzazione all'interno degli Stati membri, al fine di informare le vittime di reati della possibilità di richiedere un OPE e delle misure di protezione transfrontaliere;

33.  invita gli Stati membri a intensificare la cooperazione con le ONG e a fornire corsi obbligatori di formazione basata sui diritti umani, orientata ai servizi, pratica e intersettoriale per tutti i funzionari pubblici che lavorano con le vittime a titolo professionale in relazione all'OPE, e che sono fondamentali per la corretta attuazione della presente direttiva; sottolinea che in tutti gli Stati membri dovrebbero essere organizzati corsi di formazione specifici e regolari sull'OPE per le forze di polizia, il personale delle autorità nazionali competenti, gli operatori della giustizia, i lavoratori sociali, le associazioni e le ONG che si occupano delle vittime di violenza; chiede che il personale che si occupa dei casi di violenza di genere riceva un'adeguata formazione che tenga conto delle esigenze specifiche delle donne vittime di violenza, nonché risorse sufficienti al fine di dare priorità alla violenza di genere;

34.  invita gli Stati membri, considerate la natura profondamente radicata della misoginia e del sessismo nelle nostre società e la crescente esposizione dei bambini e degli adolescenti alla violenza online, a includere nei programmi scolastici delle scuole primarie e secondarie l'educazione alla parità di genere e alla non violenza, coinvolgendo gli alunni nelle discussioni e utilizzando tutti le possibili opportunità di insegnamento;

35.  sottolinea che nuovi mezzi di comunicazione, per esempio tramite piattaforme digitali, sono utilizzati come nuova forma di violenza di genere che comprende anche minacce e molestie; invita pertanto gli Stati membri a includere tali aspetti nell'emissione e/o esecuzione di un OPE;

Raccomandazioni generali relative alla violenza di genere

36.  invita la Commissione a includere la protezione di tutti i cittadini, in particolare di quelli che si trovano nelle situazioni più vulnerabili, nell'Agenda europea sulla sicurezza, con particolare riguardo per le vittime di reati, quali la tratta di esseri umani o la violenza di genere, comprese le vittime del terrorismo, che necessitano di particolare attenzione, sostegno e riconoscimento sociale;

37.  invita la Commissione a mettere a punto campagne volte a incoraggiare le donne a denunciare qualsiasi forma di violenza sulla base del genere, in modo da proteggerle e poter migliorare l'accuratezza dei dati sulla violenza fondata sul genere;

38.  sottolinea che, conformemente alla relazione di valutazione elaborata dall'EPRS, la prima causa del diverso livello di utilizzo degli ordini di protezione nazionali ed europei risiede nel mancato riconoscimento da parte delle vittime e di molti professionisti delle possibilità offerte dalla direttiva; invita pertanto gli Stati membri ad assumersi piena responsabilità per i propri cittadini e, con il coinvolgimento delle ONG interessate, a lanciare campagne di sensibilizzazione intersettoriali e di lungo termine sugli strumenti di protezione disponibili e sul loro impiego, rivolgendosi a) alla società nel suo complesso, b) alle potenziali vittime, in particolare alle donne che beneficiano di un ordine di protezione nazionale in vigore, e c) a professionisti quali agenti delle forze dell'ordine, funzionari del sistema giudiziario e fornitori di assistenza legale e di servizi sociali e di emergenza, che sono i primi a occuparsi delle vittime; invita pertanto la Commissione a fornire finanziamenti per il lancio di programmi di informazione;

39.  riconosce l'esistenza del portale della giustizia elettronica gestito dalla Commissione con i contributi degli Stati membri; accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di ampliare l'"angolo delle vittime" esistente all'interno del portale della giustizia elettronica e di includere tutte le pertinenti informazioni a riguardo dei diritti delle vittime, compresi gli orientamenti specifici per paese sulla segnalazione di casi di violenza; sottolinea la necessità di concepire un "angolo delle vittime" come strumento pratico e semplice da utilizzare e come fonte di informazioni, disponibile in tutte le lingue ufficiali dell'UE; incoraggia gli Stati membri a mettere a punto un sito Internet di facile utilizzo dedicato ai diritti delle vittime che comprenda anche gli OPE e una piattaforma digitale per le segnalazioni volta ad agevolare l'identificazione della violenza di genere, facilmente accessibile tramite, ad esempio, i portali nazionali di informazione sulla giustizia;

40.  esorta gli Stati membri a intensificare la cooperazione con le ONG che proteggono le vittime di violenze, al fine di concepire strategie che comprendano misure sia proattive che reattive in relazione alla violenza basata sul genere, al funzionamento dell'OPE e alle necessarie modifiche della normativa, nonché al sostegno;

41.  invita la Commissione a presentare un atto legislativo per sostenere gli Stati membri nella prevenzione e nella soppressione di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle ragazze e di violenza di genere;

42.  chiede al Consiglio di attivare la "clausola passerella" mediante l'adozione di una decisione unanime che configuri la violenza contro le donne e le ragazze (e altre forme di violenza di genere) come reato, ai sensi dell'articolo 83, paragrafo 1, TFUE;

43.  esorta a promuovere un processo che favorisca la progressiva convergenza della legislazione da applicare alle condotte violente che danno luogo agli ordini di protezione; sottolinea che gli attacchi e le aggressioni che recano danno in particolare alle donne sono particolarmente gravi e dovrebbero essere sanzionati come reato in tutti gli Stati membri e che le misure di protezione relative alla violenza di genere dovrebbero essere adottate anche in ambito penale;

Per un quadro giuridico coerente a livello di UE per la protezione delle vittime

44.  accoglie con favore la firma, in data 13 giugno 2017, di adesione dell'Unione alla convenzione di Istanbul, che segue un approccio olistico, globale e coordinato, ponendo i diritti della vittima al centro, e che dovrebbe essere pienamente connessa con l'OPE; invita l'Unione europea a concludere un'ampia adesione alla convenzione per prevenire la violenza nei confronti delle donne, lottare contro l'impunità e proteggere le vittime; sottolinea l'importanza di questo strumento per superare uno degli ostacoli all'applicazione dell'OPE, vale a dire il mancato riconoscimento degli atti persecutori come reato in tutti gli Stati membri; chiede alla Commissione, in linea con la sua risoluzione del 12 settembre 2017 sull'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul, di designare un coordinatore dell'UE sulla violenza nei confronti delle donne che sia responsabile del coordinamento, dell'attuazione, del monitoraggio e della valutazione delle politiche, degli strumenti e delle misure dell'Unione per prevenire e combattere tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle ragazze e per fungere da rappresentante dell'UE presso il Comitato delle parti della convenzione;

45.  invita tutti gli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto a ratificare e ad applicare pienamente la convenzione di Istanbul e a stanziare risorse finanziarie e umane adeguate per prevenire e lottare contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza di genere, anche tramite l'emancipazione di donne e ragazze, la protezione delle vittime e consentendo loro di ottenere un risarcimento;

46.  invita gli Stati membri a garantire formazione, procedure e orientamenti adeguati a tutti i professionisti che si occupano delle vittime di tutti gli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della convenzione di Istanbul, al fine di evitare discriminazioni o una seconda vittimizzazione durante i procedimenti giudiziari, medici e di polizia;

47.  si compiace dell'obbligo previsto dalla Convenzione di Istanbul di istituire linee telefoniche di assistenza gratuite a livello nazionale, operative ventiquattr'ore su ventiquattro e sette giorni su sette, per fornire consulenza ai chiamanti in relazione a tutte le forme di violenza che rientrano nell'ambito di applicazione della Convenzione; incoraggia gli Stati membri a utilizzare tale strumento nei casi pertinenti nonché a fornire alle vittime informazioni relative all'OPE;

48.  sottolinea che le carenze giudiziarie e pratiche nell'attuazione di questa direttiva possono essere contrastate con un'interazione e un coordinamento adeguati tra i vari strumenti dell'UE per la protezione delle vittime, quali la decisione quadro concernente le misure cautelari adottate in alternativa alla detenzione cautelare e la decisione quadro sulla sospensione condizionale[21], il regolamento n. 606/2013 relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile[22] e la direttiva 2012/29/UE, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, la quale sancisce il diritto di ottenere informazioni e il diritto di ricevere gratuitamente servizi di interpretazione e traduzione di informazioni e che adotta un approccio globale nei confronti delle vittime con esigenze particolari, ivi comprese le vittime della violenza di genere;

49.  invita gli Stati membri a fornire alle vittime informazioni circa altre misure di protezione, nel caso in cui lo Stato di esecuzione cessi di rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva;

50.  invita la Commissione a intervenire al fine di rivedere gli strumenti di tutela giuridica esistenti per le vittime dei reati e a stabilire un apposito quadro giuridico coerente a livello dell'UE;

51.  invita la Commissione a valutare il modo in cui la presente direttiva viene applicata in connessione con i relativi strumenti in materia civile, vale a dire il regolamento UE n. 606/2013, e a proporre orientamenti su come questi due strumenti giuridici dell'UE intesi a proteggere le vittime riconoscendo le misure di protezione adottate nell'ambito di un procedimento giudiziario civile o penale nazionale, potrebbero essere applicati in modo più efficace dagli Stati membri;

°

°  °

52.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, all'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali e all'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere.

  • [1]  GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11.
  • [2]  GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13.
  • [3]  Testi approvati, P8_TA(2017)0329.
  • [4]  GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57.
  • [5]  GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1.
  • [6]  GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1.
  • [7]  GU L 338 del 21.12.2011, pag. 2.
  • [8]  GU L 181 del 29.6.2013, pag. 4.
  • [9]  GU L 337 del 16.12.2008, pag. 102.
  • [10]  GU L 294 dell'11.11.2009, pag. 20.
  • [11]  GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.
  • [12]  GU C 187 del 28.6.2011, pag. 1.
  • [13]  GU C 115 del 4.5.2010, pag. 1.
  • [14]  GU C 285 E del 21.10.2010, pag. 53.
  • [15]  GU C 341 E del 16.12.2010, pag. 35.
  • [16]  Testi approvati, P7_TA(2014)0126.
  • [17]  GU C 407 del 4.11.2016, pag. 2.
  • [18]  La relazione dell'Agenzia per i diritti fondamentali dal titolo "Violenza contro le donne: un'indagine a livello dell'UE. Risultati principali" rivela che una donna su tre (33 %) ha subito violenza fisica e/o sessuale dall'età di 15 anni; una donna su cinque (18 %) ha subito atti persecutori e una donna su due (55 %) si è dovuta confrontare con una o più forme di molestie sessuali. Alla luce di quanto precede, la violenza contro le donne non può essere considerata una questione marginale che tocca solo la vita di alcune donne.
  • [19]  https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/210/signatures?desktop=true
  • [20]  Lo studio dell'EPRS sull'"Ordine di protezione europeo – direttiva 2011/99/UE – Valutazione dell'attuazione europea", riferisce che "è stato stimato che nel 2010 più di 100 000 donne residenti nell'UE sono state sottoposte a misure di protezione relative alla violenza di genere".
  • [21]  Decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio del 23 ottobre 2009 sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, GU L 294 dell'11.11.2009, pag. 20, e decisione quadro 2009/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, nel caso in cui l'autore del reato nonché la vittima si trasferiscano in un altro Stato membro, GU L 337 del 16.12.2008, pag. 102.
  • [22]  Regolamento (UE) n. 606/2013 del Parlamento europeo e de Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile (GU L 181 del 29.6.2013, pag. 4).

INFORMAZIONI SULL’APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

Approvazione

27.2.2018

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

54

6

1

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Asim Ademov, Martina Anderson, Maria Arena, Heinz K. Becker, Monika Beňová, Malin Björk, Vilija Blinkevičiūtė, Frank Engel, Ana Gomes, Sylvie Guillaume, Monika Hohlmeier, Mary Honeyball, Sophia in ‘t Veld, Teresa Jiménez-Becerril Barrio, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Barbara Kudrycka, Cécile Kashetu Kyenge, Juan Fernando López Aguilar, Monica Macovei, Florent Marcellesi, Roberta Metsola, Claude Moraes, Péter Niedermüller, Maria Noichl, Liliana Rodrigues, Judith Sargentini, Birgit Sippel, Branislav Škripek, Csaba Sógor, Michaela Šojdrová, Helga Stevens, Traian Ungureanu, Ángela Vallina, Udo Voigt, Elissavet Vozemberg-Vrionidi, Josef Weidenholzer, Cecilia Wikström, Anna Záborská, Tomáš Zdechovský, Auke Zijlstra, Maria Gabriela Zoană

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Izaskun Bilbao Barandica, Gérard Deprez, Rosa Estaràs Ferragut, Maria Grapini, Lívia Járóka, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Urszula Krupa, Jeroen Lenaers, Andrejs Mamikins, Christine Revault d’Allonnes Bonnefoy, Jaromír Štětina

Supplenti (art. 200, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Franc Bogovič, Iris Hoffmann, Peter Jahr, Ivan Jakovčić, Svetoslav Hristov Malinov, Dennis Radtke, Julia Reid, Dominique Riquet, Tadeusz Zwiefka

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

54

+

ALDE

Izaskun Bilbao Barandica, Gérard Deprez, Sophia in 't Veld, Ivan Jakovčić, Dominique Riquet, Cecilia Wikström

ECR

Monica Macovei, Helga Stevens

GUE/NGL

Martina Anderson, Malin Björk, Ángela Vallina

PPE

Asim Ademov, Heinz K. Becker, Franc Bogovič, Frank Engel, Rosa Estaràs Ferragut, Monika Hohlmeier, Peter Jahr, Lívia Járóka, Teresa Jiménez-Becerril Barrio, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Barbara Kudrycka, Jeroen Lenaers, Svetoslav Hristov Malinov, Roberta Metsola, Dennis Radtke, Csaba Sógor, Michaela Šojdrová, Jaromír Štětina, Traian Ungureanu, Elissavet Vozemberg-Vrionidi, Tomáš Zdechovský, Tadeusz Zwiefka

S&D

Maria Arena, Monika Beňová, Vilija Blinkevičiūtė, Ana Gomes, Maria Grapini, Sylvie Guillaume, Iris Hoffmann, Mary Honeyball, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Cécile Kashetu Kyenge, Juan Fernando López Aguilar, Andrejs Mamikins, Claude Moraes, Péter Niedermüller, Maria Noichl, Christine Revault d'Allonnes Bonnefoy, Liliana Rodrigues, Birgit Sippel, Maria Gabriela Zoană

VERTS/ALE

Florent Marcellesi, Judith Sargentini

6

-

ECR

Urszula Krupa, Branislav Škripek

EFDD

Julia Reid

ENF

Auke Zijlstra

NI

Udo Voigt

S&D

Josef Weidenholzer

1

0

PPE

Anna Záborská

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti

Ultimo aggiornamento: 23 aprile 2018
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