RELAZIONE sull'integrazione differenziata

27.11.2018 - 2018/2093(INI))

Commissione per gli affari costituzionali
Relatore: Pascal Durand
Relatore per parere (*):Doru-Claudian Frunzulică, Commissione per i problemi economici e monetari
(*) Procedura con le commissioni associate – articolo 54 del regolamento

Procedura : 2018/2093(INI)
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A8-0402/2018
Testi presentati :
A8-0402/2018
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sull'integrazione differenziata

(2018/2093(INI))

Il Parlamento europeo,

–  visti il Libro bianco della Commissione, del 1° marzo 2017, sul futuro dell'Europa – Riflessioni e scenari per l'UE a 27 verso il 2025 (COM(2017)2025), e i documenti di riflessione presentati a corredo sul futuro delle finanze dell'UE, sul futuro della difesa europea, sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria, sulla gestione della globalizzazione, nonché sulla dimensione sociale dell'Europa,

–  vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2017 sul miglioramento del funzionamento dell'Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona[1],

–  vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2017 sulle evoluzioni e gli adeguamenti possibili dell'attuale struttura istituzionale dell'Unione europea[2],

–  vista la sua risoluzione del 12 dicembre 2013 sui problemi costituzionali di una governance a più livelli nell'Unione europea[3],

–  visto l'articolo 52 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e i pareri della commissione per i problemi economici e monetari e della commissione per i bilanci (A8-0402/2018),

A.  considerando che l'integrazione differenziata è un concetto polisemico che può definire vari fenomeni da un punto di vista sia politico sia tecnico;

B.  considerando che i processi di integrazione nell'UE sono caratterizzati da un rapido aumento del numero e della varietà di situazioni di integrazione differenziata, nell'ambito del diritto primario e del diritto derivato;

C.  considerando che la percezione politica dell'integrazione differenziata varia notevolmente a seconda del contesto nazionale; che in alcuni paesi che sono membri dell'Unione da più tempo essa può avere connotazioni positive ed essere associata all'idea di creazione di un "gruppo pioniere", finalizzato al conseguimento di progressi più rapidi nell'approfondimento dell'integrazione, mentre negli Stati che hanno aderito più di recente all'Unione viene spesso percepita come un percorso verso la creazione di Stati membri di prima e di seconda classe;

D.  considerando che l'integrazione differenziata si riferisce anche a un ampio ventaglio di meccanismi dissimili, che possono avere effetti molto diversi sull'integrazione europea; che è possibile operare una distinzione tra la differenziazione temporale, o un'Europa a più velocità, dove gli obiettivi sono gli stessi ma i tempi necessari per raggiungerli sono diversi, la differenziazione delle modalità, o Europa à la carte, e la differenziazione spaziale, spesso definita "geometria variabile";

E.  considerando che la differenziazione è una caratteristica stabile dell'integrazione europea, non solo nei settori di competenza dell'UE, ma anche in altri campi, e che talvolta ha consentito di perseguire contemporaneamente l'approfondimento e l'allargamento dell'UE; che, di conseguenza, non ci si può opporre alla differenziazione e all'integrazione né presentare la differenziazione come un percorso innovativo per il futuro dell'Unione;

F.  considerando che, sebbene l'integrazione differenziata possa essere una soluzione pragmatica per portare avanti l'integrazione europea, essa dovrebbe essere sfruttata con parsimonia ed entro limiti strettamente definiti, in considerazione del rischio di frammentazione dell'Unione e del suo quadro istituzionale; che il fine ultimo dell'integrazione differenziata dovrebbe essere quello di promuovere l'inclusione e non l'esclusione degli Stati membri;

G.  considerando che l'esperienza dimostra che, se da un lato l'interdipendenza costituisce un fattore alla base dell'integrazione, dall'altro la politicizzazione funge spesso da ostacolo; che, di conseguenza, i settori strategici dell'Unione con il maggior grado di integrazione, quali l'armonizzazione e la regolamentazione del mercato interno, sono prevalentemente quelli meno politicizzati, mentre l'integrazione differenziata sembra interessare maggiormente i settori strategici caratterizzati da una profonda polarizzazione politica, come la politica monetaria, la difesa, il controllo delle frontiere, i diritti fondamentali o la fiscalità;

H.  considerando che l'instaurazione di legami politici e di relazioni d'interdipendenza fra Stati membri contribuisce in modo decisivo alla loro integrazione in seno all'Unione;

I.  considerando che i trattati prevedono la possibilità per gli Stati membri di adottare percorsi di integrazione diversi, segnatamente attraverso una cooperazione rafforzata (articolo 20 del trattato sull'Unione europea – TUE) e una cooperazione strutturata permanente (articolo 46 TUE), ma non contengono disposizioni relative a una flessibilità permanente o a un'integrazione differenziata quale obiettivo o principio a lungo termine dell'integrazione europea; che detti percorsi di integrazione diversi andrebbero applicati solo a un numero limitato di politiche, dovrebbero essere inclusivi, in modo da consentire la partecipazione di tutti gli Stati membri, e non dovrebbero pregiudicare il processo di creazione di un'Unione sempre più stretta ai sensi dell'articolo 1 TUE;

che, inoltre, la cooperazione rafforzata nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune è oggi una realtà e contribuisce alla costruzione di una vera Unione europea della difesa;

J.  considerando che, ad eccezione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, tutte le forme esistenti di integrazione differenziata avrebbero potuto essere adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata, se ciò fosse stato previsto dall'articolo 329, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), invece dell'unanimità;

K.  considerando che alcune forme di integrazione differenziata potrebbero avere effetti centripeti, inducendo più Stati membri ad aderire all'iniziativa in una fase successiva;

L.  considerando che il processo di differenziazione ha portato alla creazione di iniziative nell'ambito del quadro giuridico dell'Unione, ma anche a disposizioni giuridiche intergovernative più flessibili, che hanno comportato la creazione di un sistema complesso e di difficile comprensione per i cittadini;

M.  considerando che gli Stati membri non sono gli unici attori potenziali dell'integrazione differenziata; che il regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) consente già la cooperazione transnazionale sulla base di un interesse comune;

1.  insiste sul fatto che il dibattito riguardo all'integrazione differenziata non dovrebbe vertere sugli argomenti a favore della differenziazione e quelli contro, bensì sulle modalità più adeguate per rendere operativa l'integrazione differenziata, che è già una realtà politica, all'interno del quadro istituzionale dell'UE, nel migliore interesse dell'Unione e dei suoi cittadini;

2.  ricorda le sue conclusioni secondo cui le strutture e i processi decisionali intergovernativi accrescono la complessità della responsabilità istituzionale e riducono la trasparenza e la responsabilità democratica, mentre il metodo comunitario è il migliore per il funzionamento dell'Unione;

3.  ritiene che l'integrazione differenziata debba riflettere l'idea che l'Europa non opera in base a un'impostazione unica per tutti e debba adattarsi alle esigenze e ai desideri dei suoi cittadini; reputa che talvolta la differenziazione sia necessaria per avviare nuovi progetti europei e superare lo stallo derivante da circostanze politiche nazionali estranee al progetto comune; è inoltre dell'avviso che la differenziazione andrebbe impiegata in maniera pragmatica come strumento costituzionale per garantire flessibilità, senza compromettere l'interesse generale dell'Unione e la parità di diritti e opportunità dei suoi cittadini; ribadisce che la differenziazione dovrebbe essere concepita soltanto come una fase temporanea in vista di un processo decisionale più efficace e integrato;

4.  ritiene che il Consiglio europeo debba prendersi il tempo necessario per stabilire l'agenda europea, dimostrando i vantaggi delle azioni comuni e cercando di convincere tutti gli Stati membri a prendervi parte; sottolinea che qualsiasi tipo di integrazione differenziata oggetto di un accordo rappresenta pertanto la seconda migliore opzione e non una priorità strategica;

5.  ribadisce la propria convinzione secondo cui l'integrazione differenziata deve rimanere aperta a tutti gli Stati membri, come stabilito agli articoli 20 e 46 TUE, e continuare a essere un esempio di integrazione europea più profonda che non escluda nessuno Stato membro da una politica nel lungo termine, e non andrebbe considerata un modo per facilitare soluzioni "à la carte" che minacciano di pregiudicare il metodo unionale e il sistema istituzionale dell'UE;

6.  afferma che qualsiasi forma di iniziativa di differenziazione che porti alla creazione o alla percezione della creazione di Stati membri di prima e di seconda classe rappresenterebbe un grave fallimento politico, con conseguenze negative per il progetto dell'Unione europea;

7.  chiede che qualsiasi modello futuro di integrazione differenziata sia concepito in modo da incentivare e sostenere pienamente gli Stati membri che aspirano a una partecipazione volontaria nei loro sforzi di sviluppo economico e di riconversione volti a soddisfare i criteri necessari in un lasso di tempo ragionevole;

8.  ritiene che per rispondere in maniera adeguata all'esigenza di strumenti flessibili occorra affrontare una delle cause alla radice del problema; chiede pertanto un'ulteriore modifica delle procedure di voto in seno al Consiglio, passando dall'unanimità alla maggioranza qualificata, attraverso l'attivazione della "clausola passerella" (articolo 48, paragrafo 7, TUE);

9.  ritiene che l'integrazione differenziata dovrebbe sempre avvenire nel rispetto delle disposizioni del trattato, mantenere l'unità delle istituzioni dell'UE ed evitare di portare alla creazione di accordi istituzionali paralleli o accordi che siano indirettamente in contrasto con lo spirito e i principi fondamentali del diritto dell'Unione, e dovrebbe invece permettere l'istituzione di eventuali organi specifici, senza pregiudicare le competenze e il ruolo delle istituzioni dell'UE; ricorda che la flessibilità e l'adeguamento alle specificità nazionali, regionali o locali potrebbero essere garantiti anche mediante disposizioni di diritto derivato;

10.  sottolinea che l'integrazione differenziata non dovrebbe portare a processi decisionali più complessi, che rischiano di compromettere la responsabilità democratica delle istituzioni dell'Unione;

11.  considera la Brexit un'opportunità per abbandonare i modelli di autoesclusione (opting out) a favore di modelli non discriminatori e solidali di partecipazione volontaria (opting in); sottolinea che siffatti modelli di partecipazione volontaria non limiterebbero i progressi verso "un'unione sempre più stretta" al minimo comun denominatore di una soluzione unica per tutti, ma consentirebbero la flessibilità necessaria per progredire, lasciando la porta aperta agli Stati membri che sono al tempo stesso disposti a soddisfare i criteri necessari e in grado di farlo;

12.  chiede che la prossima revisione dei trattati porti ordine nell'attuale processo di differenziazione ponendo fine alla pratica delle deroghe e delle eccezioni permanenti al diritto primario dell'UE per i singoli Stati membri, in quanto comportano una differenziazione negativa nel diritto primario dell'UE, alterano in generale l'omogeneità del diritto dell'Unione e compromettono la coesione sociale dell'UE;

13.   riconosce tuttavia che alcuni periodi transitori possono risultare necessari per i nuovi membri, in via rigorosamente eccezionale e temporanea e caso per caso; insiste sulla necessità di introdurre disposizioni giuridiche chiare e applicabili, al fine di evitare il perpetuarsi; di tali periodi

14.   ribadisce pertanto che l'adesione all'UE dovrebbe esigere il pieno rispetto del diritto primario dell'Unione in tutti i settori politici; osserva invece che ai paesi che intendono instaurare relazioni strette con l'UE ma che non sono disposti a impegnarsi a rispettare pienamente il diritto primario e che non intendono o non possono aderire all'UE andrebbe proposta qualche forma di partenariato; ritiene che tale rapporto vada accompagnato da obblighi corrispondenti ai diritti connessi, per esempio un contributo al bilancio dell'UE, e dovrebbe essere subordinato al rispetto dei valori fondamentali dell'Unione, dello Stato di diritto e, in caso di partecipazione al mercato interno, delle quattro libertà;

15.  sottolinea che il rispetto e la salvaguardia dei valori fondamentali dell'UE sono la pietra angolare dell'Unione europea – una comunità basata sui valori – e tengono uniti gli Stati membri europei; reputa pertanto che la differenziazione non andrebbe consentita in ambiti quali il rispetto dei diritti fondamentali e dei valori esistenti sanciti all'articolo 2 TUE; insiste inoltre sul fatto che la differenziazione non andrebbe consentita nei settori strategici, in cui gli Stati membri non partecipanti potrebbero creare esternalità negative, come il dumping economico e sociale; chiede alla Commissione di esaminare attentamente i potenziali effetti centrifughi, anche nel lungo termine, in occasione della presentazione di una proposta di cooperazione rafforzata;

16.  ricorda la sua raccomandazione di sviluppare un partenariato al fine di creare un cerchio di partner intorno all'UE per i paesi che non possono o non intendono aderire all'Unione ma che desiderano comunque intrattenere relazioni strette con la stessa[4];

17.  suggerisce di istituire una procedura speciale che, dopo un certo numero di anni e in caso di avvio di una cooperazione rafforzata da parte di una serie di Stati che rappresentano la maggioranza qualificata in seno al Consiglio, nonché previa approvazione del Parlamento europeo, consenta l'integrazione delle disposizioni in materia di cooperazione rafforzata nell'acquis dell'UE;

18.  sottolinea che la flessibilità e la differenziazione dovrebbero andare di pari passo con un rafforzamento delle norme comuni in settori chiave, al fine di garantire che la differenziazione non comporti una frammentazione politica; ritiene pertanto che un futuro quadro istituzionale europeo debba includere gli imprescindibili pilastri europei dei diritti politici, economici, sociali e ambientali;

19.   riconosce che la cooperazione regionale svolge un ruolo importante nel rafforzamento dell'integrazione europea e ritiene che il suo ulteriore sviluppo offra un forte potenziale di consolidamento e di approfondimento dell'integrazione, adattandola alle specificità locali e alla volontà di cooperare;

20.    suggerisce di sviluppare strumenti adeguati nell'ambito del diritto e del bilancio dell'Unione volti a testare le iniziative transfrontaliere all'interno dell'UE incentrate su questioni di interesse a livello unionale e che potrebbero in ultima analisi trasformarsi in proposte legislative o forme di cooperazione rafforzata;

21.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti degli Stati membri.

  • [1]  GU C 252 del 18.7.2018, pag. 215.
  • [2]  GU C 252 del 18.7.2018, pag. 201.
  • [3]  GU C 468 del 15.12.2006, pag. 176.
  • [4]  GU C 252 del 18.7.2018, pag. 207.

MOTIVAZIONE

L'integrazione differenziata nell'UE assume diverse forme: deroghe, iniziative di cooperazione rafforzata, cooperazione strutturata permanente e formazioni intergovernative al di fuori del quadro del trattato. In effetti, la gamma di soluzioni flessibili che consentono a une certo numero Stati membri di avanzare verso un'integrazione approfondita in alcuni settori politici è diventata talmente variegata che diventa sempre più difficile identificare tutti i casi di integrazione differenziata e dare loro un senso, non solo per i cittadini europei ma anche per i decisori politici.

Le discussioni sulla possibilità di un'integrazione differenziata iniziarono già negli anni '70 e si intensificarono negli anni '90 per arrivare a uno dei principali esempi di differenziazione – la creazione dell'Unione economica e monetaria nel 1993. Da allora, il panorama di soluzioni flessibili si è diversificato in modo esponenziale e comprende ora cinque forme di deroghe[1], due casi concordati di cooperazione rafforzata[2] e altri tre in corso[3] la cooperazione strutturata permanente (PESCO) ai sensi dell'articolo 46 TUE e la cooperazione intergovernativa attraverso l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare e l'Agenzia spaziale europea.

L'integrazione differenziata può essere considerata come un valido strumento per colmare il divario tra le diverse opinioni politiche in Europa, ma solleva anche importanti questioni politiche, giuridiche e istituzionali. In primo luogo, si pone il problema di come conseguire un equilibrio tra soluzioni flessibili e unità dell'Unione. La seconda questione riguarda la scelta tra accordi intergovernativi più flessibili e l'omogeneità del diritto dell'Unione. La terza soppesa l'esigenza di creare istituzioni separate per i casi di integrazione differenziata con la necessità di preservare l'unità istituzionale dell'UE.

Mentre l'integrazione differenziata potrebbe essere vista come uno strumento positivo per l'avanzamento dell'integrazione europea secondo il ritmo e nella forma più adatti al clima politico attuale, il suo utilizzo e le forme che essa può assumere dovrebbero essere semplificate e razionalizzate al fine di migliorarne la legittimità democratica.

Precisazione del concetto di integrazione differenziata

Il concetto di integrazione differenziata ha diversi significati tecnici e politici. Tecnicamente, si può distinguere tra differenziazione temporale (spesso definita come "Europa a più velocità": stessi obiettivi ma diverse velocità per conseguirli), differenziazione delle modalità ("Europe à la carte", ossia partecipazione alle politiche di interesse senza mirare a conseguire esattamente lo stesso obiettivo finale per tutti) e differenziazione spaziale (geometria variabile che può durare nel tempo ed è più di tipo geografico). Tutti questi strumenti possono essere definiti come "differenziazione" ma hanno un impatto molto diverso sull'UE.

Il discorso politico sulla differenziazione segue anch'esso schemi diversi. Quando è utilizzato da Stati membri relativamente più popolosi o da quelli che sono membri dell'Unione da più tempo, esso è spesso percepito come una dimostrazione della loro volontà e disponibilità ad approfondire il processo di integrazione dell'UE, e tali gruppi di Stati membri spesso si considerano come "pionieri". Per contro, l'integrazione differenziata è spesso percepita, specie negli Stati membri che hanno aderito di recente all'UE, come un percorso verso la creazione di Stati membri di prima e di seconda classe.

Secondo il relatore, la differenziazione dovrebbe rispecchiare l'idea che l'Europa non opera in base a un'impostazione unica per tutti, ma può adattarsi alle esigenze e ai desideri dei suoi cittadini. Pertanto, la differenziazione dovrebbe costituire uno strumento costituzionale per garantire flessibilità, ove necessario, senza compromettere l'intero sistema politico e la parità tra i cittadini.

L'esigenza di differenziazione

•  Integrazione differenziata significa integrazione:  

diversi studi dimostrano che la differenziazione è andata di pari passo con un approfondimento e un ampliamento dell'integrazione dell'UE. In effetti, la differenziazione si è rafforzata e consolidata nella misura in cui i poteri, l'ambito delle politiche e la composizione dell'UE aumentavano. Pertanto, sebbene sia spesso erroneamente descritta come una via pragmatica e temporanea verso la convergenza politica, la realtà dimostra che la differenziazione non è un'eccezione, bensì una "normale" caratteristica dell'integrazione dell'UE.

Il dibattito non dovrebbe quindi vertere sugli argomenti a favore della differenziazione e quelli contro, bensì fondarsi sulla questione di come organizzare la differenziazione all'interno dell'UE, di quali meccanismi sono accettabili, a quali condizioni e in quali ambiti.

•  L'integrazione differenziata ha permesso di superare ostacoli in ambiti altamente politicizzati  

Se si esaminano i settori strategici e le loro variazioni in termini di differenziazione, è dato osservare che l'interdipendenza agisce da stimolo all'integrazione mentre la politicizzazione spesso funge da ostacolo all'integrazione. Da tale osservazione consegue che la differenziazione tende ad emergere nei casi di alta interdipendenza e alta politicizzazione.

Ciò spiega inoltre come i diversi tipi di differenziazione nell'UE si siano evoluti nel tempo. Prima degli anni '80, vi era una maggiore differenziazione verticale (differenza del livello di centralizzazione in alcuni settori strategici ma su tutto il territorio dell'UE) ma nessuna differenziazione orizzontale (stesso grado di centralizzazione ma variazione del territorio nel quale si applicano le politiche). L'integrazione orizzontale è aumentata con il livello di politicizzazione dei settori e con l'allargamento dell'UE.

Da ciò risulta che, mentre l'UE dispone di politiche molto integrate in settori poco politicizzati quali l'armonizzazione delle merci e la regolamentazione del mercato, dispone di politiche molto differenziate in settori politici chiave quali le politiche monetarie, la difesa e gli affari esteri, i diritti fondamentali, le imposte, gli affari sociali e così via.

Sfide dell'integrazione differenziata

1) L'esigenza di differenziazione è spesso spiegata, sul piano procedurale, con la necessità di conseguire una decisione unanime in seno al Consiglio. In realtà, ad eccezione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, tutti i diversi casi di cooperazione rafforzata avrebbero potuto essere adottati a maggioranza qualificata. È utile notare che alcuni casi di cooperazione rafforzata sono messi in atto solo per evitare il potere di veto di due soli Stati membri (al brevetto unitario europeo aderiscono 26 Stati membri).

2) La differenziazione ha avuto luogo in settori maggiormente "politici": diritti fondamentali, Schengen, zona euro, imposta sulle transazioni finanziarie. Settori meno politicizzati hanno portato a politiche maggiormente integrate (per esempio, le norme sul mercato interno). Tuttavia, in un'entità politica interdipendente, interconnessa e democratica come l'Unione europea, la differenziazione non può essere accettabile in tutti i settori.

3) Alcune forme di differenziazione hanno avuto effetti centripeti, inducendo più Stati membri ad aderire in una fase successiva, mentre altre possono avere effetti centrifughi nel caso in cui producano effetti inerziali dando la possibilità agli Stati membri non partecipanti di avere un effetto negativo sugli Stati membri partecipanti.

4) Il processo globale di differenziazione ha portato alla creazione di alcuni strumenti nel quadro del trattato (un numero limitato di iniziative di cooperazione rafforzata, PESCO, ecc.) ma anche al di fuori del trattato (soluzioni intergovernative). Ciò ha portato ad un sistema complesso e incomprensibile per i cittadini, che riduce la responsabilità rispetto alle decisioni pubbliche. Tra le problematiche alla base di tali accordi intergovernativi al di fuori del quadro dei trattati dell'UE vi è la mancanza di un controllo parlamentare, dato che la partecipazione del Parlamento è essenziale per garantire la legittimità democratica.

La via da seguire

Senza modifiche del trattato:

1) Il primo passo per risolvere le cause alla base del problema e ridurre l'esigenza di un'integrazione differenziata consiste nell'abolire la regola dell'unanimità in tutti i settori possibili. Ciò è possibile ricorrendo alla "clausola passerella" (articolo 48, paragrafo 7, TUE), che autorizza il Consiglio a passare dal voto all'unanimità al voto a maggioranza qualificata, nei casi applicabili laddove i trattati richiedono attualmente l'unanimità.

2) Non dovrebbero più essere consentite deroghe alle disposizioni del trattato, poiché si tratta di casi di differenziazione negativa. Invece di fare in modo che un gruppo di Stati membri proceda nel processo di integrazione europea, le deroghe permettono agli Stati membri di tornare indietro verso una minore integrazione. Per tale motivo andrebbero abolite.

3) Se la differenziazione è a volte il prezzo da pagare per l'integrazione, la democrazia non dovrebbe mai essere il prezzo da pagare per la differenziazione. Pertanto, la differenziazione non dovrebbe portare a processi decisionali più complessi che rischierebbero di compromettere la responsabilità delle istituzioni dell'Unione. A tal fine, occorre assicurarsi che la differenziazione avvenga sempre nel quadro dei trattai, che si tratti di cooperazione rafforzata (articolo 20 TUE) o di cooperazione strutturata permanente (articolo 46 TUE).

4) La differenziazione dovrebbe essere un modo per far fronte all'eterogeneità tra gli Stati membri senza rischiare di pregiudicare l'interesse generale. Mentre un livello di preparazione insufficiente (per esempio se i criteri per aderire all'euro o a Schengen non sono ancora soddisfatti) è un fattore legittimo per fornire soluzioni temporanee a più velocità, la mancanza di volontà non può essere legittimata in ogni campo, specie se ha un impatto negativo sugli altri Stati membri o sull'UE nel suo complesso.

Inoltre, i settori strategici che sarebbero aperti alla differenziazione direbbero molto su che tipo di UE vogliamo costruire in futuro. Dato che l'UE è uno spazio democratico basato su valori e obiettivi condivisi, il relatore ritiene che la differenziazione non dovrebbe essere possibile in termini di diritti e valori fondamentali esistenti e nei settori in cui gli Stati membri non partecipanti creerebbero esternalità negative sugli altri, come il dumping economico e sociale.

5) L'esistenza di flessibilità e differenziazione, sia mediante la cooperazione rafforzata o mediante la legislazione stessa (per esempio quando alcune specificità sono prese in considerazione nell'ambito di un regolamento o una direttiva) dovrebbe andare di pari passo con un rafforzamento delle norme comuni in settori chiave, quali lo Stato di diritto.

6) L'integrazione differenziata dovrebbe mantenere l'unità delle istituzioni dell'UE ed evitare di portare alla creazione di accordi istituzionali paralleli. Nelle sue recenti risoluzioni, il Parlamento ha affermato che l'integrazione differenziata deve rimanere aperta a tutti gli Stati membri e continuare a essere un esempio di integrazione europea più profonda e non un modo per facilitare soluzioni "à la carte"[4].

Con modifiche al trattato:

1) Andando oltre le attuali limitazioni del trattato, il relatore ritiene utile valutare la possibilità di introdurre due tipi di adesione all'Unione: adesione a pieno titolo e adesione associata. L'adesione a pieno titolo comporterebbe il pieno rispetto del diritto primario e delle politiche che sono escluse dalla possibilità di avviare una cooperazione rafforzata. I membri associati parteciperebbero solo ad alcune politiche e non sarebbero pienamente integrati al processo decisionale dell'UE.

2) Quando la cooperazione rafforzata è avviata da un numero di Stati membri che rappresentano la maggioranza qualificata in seno al Consiglio, dovrebbe esservi una procedura speciale per integrarla facilmente nell'acquis dell'Unione europea dopo un certo numero di anni di attuazione.

3) Gli Stati membri non sono e non dovrebbero essere considerati come l'unica fonte potenziale di differenziazione e flessibilità necessaria nell'UE. Per tale motivo, il relatore ritiene che, quando l'attribuzione di competenze lo consente, le regioni dovrebbero essere autorizzate a partecipare ai casi di cooperazione rafforzata così come i paesi candidati.

4) Il trattato dovrebbe fornire strumenti per testare iniziative transfrontaliere che potrebbero diventare casi di cooperazione rafforzata ed essere aperti agli Stati membri e/o alle regioni. Tali strumenti potrebbero essere messi a disposizione, inizialmente, di un numero ridotto di Stati/regioni. In caso di esito positivo dell'iniziativa, la Commissione potrebbe decidere di presentare una proposta legislativa. Ciò potrebbe consentire di testare (e finanziare) le iniziative regionali transfrontaliere nell'ambito dell'UE.

5) È necessario istituire pilastri europei dei diritti civili, economici, sociali e ambientali da cui non sia possibile derogare.

6) Si potrebbero valutare altre forme di differenziazione ispirate ad altre legislazioni basate, per esempio, sulle buone prassi osservate nel modello federale australiano.

  • [1]  Regno Unito e Irlanda dallo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; Regno Unito e Danimarca dalla moneta unica; Regno Unito e Repubblica Ceca dal trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance; Regno Unito, Irlanda e Danimarca da Schengen e Danimarca dalla politica di sicurezza e di difesa comune.
  • [2]  Brevetto unitario europeo e legge sul divorzio.
  • [3]  Procura europea, imposta sulle transazioni finanziarie e norme sul regime patrimoniale.
  • [4]  Risoluzione del 16 febbraio 2017 sul miglioramento del funzionamento dell'Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona (P8_TA-PROV(2017)0049) e risoluzione del 16 febbraio 2017 sulle evoluzioni e gli adeguamenti possibili dell'attuale struttura istituzionale dell'Unione europea (P8_TA-PROV(2017)0048).

PARERE della commissione per i problemi economici e monetari (15.11.2018)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sull'integrazione differenziata
(2018/2093(INI))

Relatore per parere (*): Doru-Claudian Frunzulică

(*)  Procedura con le commissioni associate – articolo 54 del regolamento

SUGGERIMENTI

1.  ricorda le sue conclusioni secondo cui le strutture e i processi decisionali intergovernativi accrescono la complessità della responsabilità istituzionale e riducono la trasparenza e la responsabilità democratica, mentre il metodo comunitario è il migliore per il funzionamento dell'Unione;

2.  chiede che il meccanismo europeo di stabilità (MES) sia integrato nel quadro giuridico dell'UE; attende con interesse le iniziative della Commissione per identificare i settori ai quali applicare la maggioranza qualificata in modo da garantire un processo legislativo più efficiente nel settore della fiscalità; chiede la designazione di un Vicepresidente della Commissione responsabile per l'Unione economica e monetaria (UEM); chiede la creazione, nell'ambito del nel quadro finanziario pluriennale, di una linea di bilancio per la zona euro, che dovrebbe sostenere l'attuazione delle politiche della zona euro;

3.  si compiace dei progressi compiuti negli ultimi anni nei lavori relativi all'Unione bancaria; ricorda che i negoziati per il suo completamento devono proseguire in modo da riuscire a ottenere una riduzione dei rischi e un sostegno di bilancio per il Fondo di risoluzione unico; chiede che il MES sia riformato in modo che possa fungere da sostegno di bilancio al Fondo di risoluzione unico; si compiace, a tale proposito, della dichiarazione resa in occasione del vertice euro del 29 giugno 2018, in cui si afferma che il MES fornirà il sostegno comune di bilancio al Fondo di risoluzione unico e sarà ulteriormente rafforzato; saluta con favore e incoraggia caldamente l'iniziativa di alcuni Stati membri di valutare la possibilità di aderire all'Unione bancaria;

4.  chiede un ruolo più incisivo per il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel nuovo quadro di governance economica, in modo da accrescere la responsabilità democratica;

5.  considera la Brexit un'opportunità per abbandonare i modelli di autoesclusione (opting out) a favore di modelli non discriminatori e solidali di partecipazione volontaria (opting in); sottolinea che siffatti modelli di partecipazione volontaria non limiterebbero i progressi verso "un'unione sempre più stretta" al minimo comun denominatore di una soluzione unica per tutti, ma consentirebbero la flessibilità necessaria per progredire, lasciando la porta aperta agli Stati membri che sono al tempo stesso disposti a soddisfare i criteri necessari e in grado di farlo;

6.  chiede che qualsiasi modello futuro di integrazione differenziata sia concepito in modo da incentivare e sostenere pienamente gli Stati membri che aspirano a una partecipazione volontaria nei loro sforzi di sviluppo economico e di riconversione volti a soddisfare i criteri necessari in un lasso di tempo ragionevole;

7.  sottolinea l'importanza della convergenza tra i Fondi di coesione e i Fondi strutturali e prende atto di programmi come il Programma di sostegno alle riforme, che sono concepiti per sostenere gli Stati membri nel processo di adesione alla zona euro e di adozione dell'euro come moneta; sottolinea l'importanza dei fondi di investimento e della BEI nel colmare il divario esistente in termini di investimenti nell'UE, nel sostenere lo sviluppo di capacità e nel mettere a disposizione ulteriori sforzi e risorse per raggiungere la convergenza socioeconomica tra gli Stati membri e al loro interno; ricorda che il completamento del mercato unico è un catalizzatore dell'integrazione economica e della convergenza delle economie degli Stati membri che lo costituiscono; invita la Commissione, in via prioritaria, a far rispettare la legislazione in vigore e ad accelerare i lavori per eliminare gli ostacoli che intralciano il suo completamento.

INFORMAZIONI SULL'APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

Approvazione

12.11.2018

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

31

10

1

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Gerolf Annemans, Hugues Bayet, Pervenche Berès, Markus Ferber, Jonás Fernández, Giuseppe Ferrandino, Stefan Gehrold, Sven Giegold, Brian Hayes, Danuta Maria Hübner, Petr Ježek, Barbara Kappel, Othmar Karas, Werner Langen, Bernd Lucke, Olle Ludvigsson, Gabriel Mato, Alex Mayer, Bernard Monot, Caroline Nagtegaal, Dariusz Rosati, Pirkko Ruohonen-Lerner, Anne Sander, Molly Scott Cato, Pedro Silva Pereira, Peter Simon, Theodor Dumitru Stolojan, Kay Swinburne, Paul Tang, Ramon Tremosa i Balcells, Ernest Urtasun, Marco Valli, Jakob von Weizsäcker, Marco Zanni

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Mady Delvaux, Doru-Claudian Frunzulică, Alain Lamassoure, Paloma López Bermejo, Thomas Mann, Luigi Morgano, Joachim Starbatty, Lieve Wierinck

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

31

+

ALDE

Petr Ježek, Ramon Tremosa i Balcells, Lieve Wierinck

PPE

Markus Ferber, Stefan Gehrold, Brian Hayes, Danuta Maria Hübner, Othmar Karas, Alain Lamassoure, Werner Langen, Thomas Mann, Gabriel Mato, Dariusz Rosati, Anne Sander, Theodor Dumitru Stolojan

S&D

Hugues Bayet, Pervenche Berès, Mady Delvaux, Jonás Fernández, Giuseppe Ferrandino, Doru-Claudian Frunzulică, Olle Ludvigsson, Alex Mayer, Luigi Morgano, Pedro Silva Pereira, Peter Simon, Paul Tang, Jakob von Weizsäcker

VERTS/ALE

Sven Giegold, Molly Scott Cato, Ernest Urtasun

10

-

ECR

Bernd Lucke, Pirkko Ruohonen-Lerner, Joachim Starbatty, Kay Swinburne

EFDD

Bernard Monot, Marco Valli

ENF

Gerolf Annemans, Barbara Kappel, Marco Zanni

GUE/NGL

Paloma López Bermejo

1

0

ALDE

Caroline Nagtegaal

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti

PARERE della commissione per i bilanci (6.11.2018)

destinato alla commissione per gli affari esteri

sull'integrazione differenziata
(2018/2093(INI))

Relatore per parere: Charles Goerens

SUGGERIMENTI

La commissione per i bilanci invita la commissione per gli affari esteri, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  ritiene che la responsabilità democratica sia inscindibile dalla responsabilità di bilancio; fa notare che, per sostenere gli obiettivi strategici dell'Unione, intorno al bilancio dell'Unione è emersa una "galassia" di fondi e strumenti, caratterizzati da eterogeneità in quanto a partecipazione degli Stati membri e a procedure decisionali e di assunzione di responsabilità[1];

2.  chiede un ruolo più incisivo per il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel nuovo quadro di governance economica al fine di accrescere la responsabilità democratica;

3.  sottolinea la necessità di salvaguardare il principio dell'unità di bilancio; sottolinea altresì la necessità di garantire il controllo parlamentare su tutte le spese dell'UE;

4.  ritiene che un passo necessario per contenere la summenzionata "galassia" consista nell'adozione del regolamento QFP attraverso la procedura legislativa ordinaria, allineando così la procedura decisionale ad esso applicabile a quella dei programmi pluriennali dell'UE e del bilancio annuale dell'UE; ritiene che la procedura di approvazione privi il Parlamento del potere decisionale che esso esercita sull'adozione dei bilanci annuali, mentre la regola dell'unanimità in seno al Consiglio significa che l'accordo rappresenta il minimo comune denominatore, stante la necessità di evitare il veto di un unico Stato membro; è inoltre convinto che il voto a maggioranza qualificata dovrebbe sostituire la regola dell'unanimità in seno al Consiglio;

5.  sostiene la razionalizzazione e la messa in atto dell'integrazione differenziata; sottolinea che l'elaborazione in tempi ristretti di soluzioni ad hoc per le questioni dell'Unione, in parte o totalmente al di fuori dell'assetto istituzionale dell'UE, genera ugualmente inutili costi aggiuntivi;

6.  invita la Commissione a elaborare una relazione annuale di accompagnamento al bilancio generale dell'Unione, che riunisca le informazioni non riservate disponibili relativamente alle spese sostenute dagli Stati membri nel quadro della cooperazione rafforzata, nella misura in cui non siano incluse nel bilancio generale dell'Unione.

INFORMAZIONI SULL'APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

Approvazione

5.11.2018

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

24

6

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Jean Arthuis, Reimer Böge, Lefteris Christoforou, Gérard Deprez, André Elissen, José Manuel Fernandes, Eider Gardiazabal Rubial, Ingeborg Gräßle, Monika Hohlmeier, John Howarth, Bernd Kölmel, Zbigniew Kuźmiuk, Vladimír Maňka, Jan Olbrycht, Paul Rübig, Eleftherios Synadinos, Indrek Tarand, Isabelle Thomas, Inese Vaidere, Daniele Viotti, Tiemo Wölken, Marco Zanni

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Karine Gloanec Maurin, Alain Lamassoure, Janusz Lewandowski, Ivana Maletić, Andrey Novakov, Marco Valli

Supplenti (art. 200, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Michael Detjen, Stefan Gehrold

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

24

+

ALDE

Jean Arthuis, Gérard Deprez

PPE

Reimer Böge, Lefteris Christoforou, José Manuel Fernandes, Stefan Gehrold, Ingeborg Gräßle, Monika Hohlmeier, Alain Lamassoure, Janusz Lewandowski, Ivana Maletić, Andrey Novakov, Jan Olbrycht, Paul Rübig, Inese Vaidere

S&D

Michael Detjen, Eider Gardiazabal Rubial, Karine Gloanec Maurin, John Howarth, Vladimír Maňka, Isabelle Thomas, Daniele Viotti, Tiemo Wölken

VERTS/ALE

Indrek Tarand

6

-

ECR

Bernd Kölmel, Zbigniew Kuźmiuk

EFDD

Marco Valli

ENF

André Elissen, Marco Zanni

NI

Eleftherios Synadinos

0

0

 

 

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti

  • [1]  "The European Budgetary Galaxy", European Constitutional Law Review, 13: 428–452, 2017

INFORMAZIONI SULL’APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

Approvazione

21.11.2018

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

20

2

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Mercedes Bresso, Elmar Brok, Richard Corbett, Pascal Durand, Danuta Maria Hübner, Ramón Jáuregui Atondo, Jo Leinen, Morten Messerschmidt, Maite Pagazaurtundúa Ruiz, Markus Pieper, Paulo Rangel, Helmut Scholz, György Schöpflin, Pedro Silva Pereira, Barbara Spinelli, Kazimierz Michał Ujazdowski

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Enrique Guerrero Salom, Jérôme Lavrilleux, Georg Mayer, Jasenko Selimovic, Rainer Wieland

Supplenti (art. 200, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Pavel Svoboda

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

20

+

ALDE

Maite Pagazaurtundúa Ruiz, Jasenko Selimovic

GUE/NGL

Helmut Scholz, Barbara Spinelli

NI

Kazimierz Michał Ujazdowski

PPE

Elmar Brok, Danuta Maria Hübner, Jérôme Lavrilleux, Markus Pieper, Paulo Rangel, György Schöpflin, Pavel Svoboda, Rainer Wieland

S&D

Mercedes Bresso, Richard Corbett, Enrique Guerrero Salom, Ramón Jáuregui Atondo, Jo Leinen, Pedro Silva Pereira

VERTS/ALE

Pascal Durand

2

-

ECR

Morten Messerschmidt

ENF

Georg Mayer

0

0

 

 

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti

Ultimo aggiornamento: 8 gennaio 2019
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