RELAZIONE sull'attuazione del regolamento Dublino III
2.12.2020 - (2019/2206(INI))
Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni
Relatrice: Fabienne Keller
- MOTIVAZIONE – SINTESI DEI FATTI E DELLE CONSTATAZIONI
- PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
- LETTERA DELLA COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLE DONNE E L'UGUAGLIANZA DI GENERE
- INFORMAZIONI SULL'APPROVAZIONE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO
- VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO
MOTIVAZIONE – SINTESI DEI FATTI E DELLE CONSTATAZIONI
Introduzione
La crisi dei rifugiati del 2015-2016 si è trasformata in una crisi del sistema di asilo, dimostrando l'inefficacia del regolamento Dublino III di fronte a una simile situazione e mettendone in luce le carenze strutturali e le numerose lacune nell'attuazione.
La Commissione europea ha riconosciuto che "per come è stato concepito o per la scorretta attuazione, [il regolamento] attribuisce una responsabilità sproporzionata ad alcuni Stati membri e incoraggia flussi migratori incontrollati e irregolari"[1]. Per tale motivo, nel 2016 la Commissione ha proposto un nuovo testo per porre rimedio a tale situazione. Tuttavia, mentre il Parlamento europeo ha approvato un mandato negoziale nel novembre 2017, il Consiglio non ha ancora adottato i suoi orientamenti generali.
Per uscire dalla situazione di stallo, la Commissione ha annunciato un "patto europeo per la migrazione e l'asilo" comprendente, tra l'altro, una nuova proposta di revisione del regolamento Dublino III.
Per una riforma ambiziosa è necessario conoscere con precisione i punti di forza e le debolezze del testo in vigore. Sebbene la Commissione abbia pubblicato due valutazioni del regolamento a dicembre 2015 e a marzo 2016 (articolo 46), essa non ha ancora trasmesso la sua valutazione periodica prevista per luglio 2018.
In tale contesto, e dinanzi al fallimento del regolamento Dublino III, il Parlamento europeo ha deciso di elaborare un'analisi aggiornata del regolamento, essendo responsabile nei confronti dei cittadini europei degli atti legislativi che approva.
Metodologia
Tale esercizio di valutazione si basa su diverse fonti complementari: un'audizione pubblica in seno alla commissione LIBE, tenutasi il 19 febbraio, visite sul campo, consultazioni con le parti interessate, due questionari inviati a tutte le rappresentanze permanenti e ai parlamenti nazionali degli Stati che applicano il regolamento, uno studio del Servizio di ricerca del Parlamento europeo (EPRS)[2] e riunioni di coordinamento periodiche tra la relatrice e i relatori ombra.
1. PARTE I : Il bilancio post-crisi, insegnamenti da trarre per riformare il regolamento Dublino III
1.1. L'emergenza del regolamento Dublino: un'armonizzazione progressiva
A livello europeo l'istituzione di uno spazio di libera circolazione è andata di pari passo con l'avvio della cooperazione europea in materia di asilo. Nel 1990 sono entrate in vigore sia la convenzione di Schengen che quella di Dublino.
Dal momento della sua creazione, il regime di Dublino ha come obiettivo principale l'individuazione dello Stato membro competente per una domanda di asilo all'interno dell'UE, evitando così richieste multiple. Sulla base degli orientamenti del vertice europeo di Tampere del 1999, è stato istituito un sistema europeo comune di asilo (CEAS) con l'intento di raggiungere una maggiore armonizzazione.
Nel 2003 la convenzione di Dublino è stata integrata nel diritto dell'UE sotto forma del regolamento Dublino II.
Dal 2007 il Trattato di Lisbona permette di integrare il principio di solidarietà nella politica in materia di asilo (articolo 80 TFUE) e consente il ricorso alla procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio continua tuttavia a deliberare all'unanimità, il che spiega parzialmente l'attuale stallo.
Nel 2008 la Commissione ha dato avvio alla seconda fase del CEAS con un "piano strategico sull'asilo"[3] che prevede la revisione del regolamento Dublino III.
1.2. Una pressione senza precedenti sul CEAS
Negli ultimi anni l'Unione europea è stata interessata dalla più grande sfida migratoria dalla seconda guerra mondiale. In tre anni il numero di richiedenti asilo è più che quadruplicato. Tra il 2015 e il 2016, il numero di persone che hanno richiesto asilo nell'UE ammontava a 2,5 milioni, contro 562 000 persone nel 2014 e 278 000 nel 2012[4]. I principali paesi di origine sono ancora la Siria, l'Afghanistan e l'Iraq, paesi che devono far fronte a guerre civili, violenze e conflitti[5]. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, dal 2014 33 000 persone sono decedute tentando di raggiungere l'Europa.
All'inizio del 2020 il numero di domande di asilo arretrate ammontava ancora 855 000, un numero nettamente inferiore rispetto a 5 anni fa[6]. Ciononostante, la Corte dei conti ha rilevato che, presso i punti di crisi in Grecia, le persone che hanno inoltrato una domanda di asilo nel 2018 hanno ricevuto l'appuntamento per un colloquio nel 2022 o persino nel 2023. Inoltre, l'inefficacia della politica europea in materia di rimpatri di quanti non sono in possesso dei requisiti per l'asilo contribuisce considerevolmente a sovraccaricare i sistemi di asilo.
1.3. Squilibri profondi in materia di asilo
L'eccezionale afflusso di migranti ha posto in evidenza gli squilibri all'interno dell'Unione.
Tra il 2008 il 2017, un terzo degli Stati membri accoglieva il 90 % dei richiedenti asilo nell'UE. Nel 2018 la Germania ha registrato il più elevato numero di richieste (184 180 richieste, ovvero il 28 % del totale), seguita da Francia (120 425 richieste, ovvero il 19 %), Grecia (66 695 richieste, ovvero l'11 %), Italia (59 950 richieste, ovvero il 10 %) e Spagna (52 700 richieste, ovvero il 9 %). Alcuni paesi di primo ingresso, come la Grecia, Malta e Cipro, ricevono a loro volta numerose domande di asilo in proporzione alla loro popolazione.
Di fronte a tale crisi, taluni Stati hanno smesso di applicare il regolamento nel 2015-2016. Numerosi migranti arrivati attraverso Grecia, Italia o Spagna non sono stati registrati nell'Eurodac per mancanza di risorse, ma anche per mancanza di solidarietà tra i vari Stati.
La conclusione è evidente: il "sistema di Dublino", rimasto quasi invariato dal 1990, ha fallito.
1.4. Le misure di emergenza durante la crisi
In risposta al picco migratorio del 2015 la Commissione ha adottato misure di emergenza: la creazione di "punti di crisi" (hotspot) per gestire l'accoglienza dei migranti e la registrazione delle domande di asilo, un meccanismo di ricollocazione temporanea dei richiedenti e un rafforzamento senza precedenti dei mezzi operativi e finanziari di Frontex e dell'EASO.
Tali misure di emergenza non sono riuscite a colmare le lacune del CEAS e di Dublino III. Gli hotspot greci sono caratterizzati da un massiccio sovraffollamento e da condizioni sanitarie inaccettabili[7]. All'inizio del 2020 accoglievano ancora 42 000 migranti, rispetto a una capacità prevista di 6 000 persone.
Per arginare l'arrivo dei migranti e porre un limite ai viaggi pericolosi con partenza nel Mediterraneo orientale, il 18 marzo 2016 il Consiglio europeo ha approvato un accordo con la Turchia. Tale dichiarazione, elaborata al di fuori di un quadro giuridico internazionale e senza consultare il Parlamento europeo, avrebbe dovuto fornire una soluzione temporanea alla crisi dei rifugiati. Ciononostante, le ripetute pressioni diplomatiche del presidente turco, in particolare in relazione alla frontiera tra Grecia e Turchia, hanno portato alla luce la fragilità del suddetto accordo ed evidenziato la necessità di una soluzione europea sostenibile.
Le condizioni umanitarie dei migranti, soprattutto in Grecia, rendono indispensabile l'istituzione di un meccanismo sostenibile per la ripartizione delle responsabilità tra gli Stati per quanto riguarda la registrazione dei richiedenti asilo.
1.5. Hotspot, accordi ad hoc e ricollocazione: i primi elementi della solidarietà
Secondo l'ECRE, il regolamento Dublino III è stato complessivamente applicato in modo adeguato negli hotspot tra il 2016 e il 2018[8]. La Grecia ha trasferito 8 604 richiedenti asilo verso altri Stati in ragione del ricongiungimento familiare. Con il sostegno dell'EASO, ha inoltrato 19 784 domande di presa in carico, di cui il 43 % interessava persone negli hotspot.
Dal 2015 la Corte dei conti si esprime criticamente nei confronti del sostegno dell'UE a favore di Grecia e Italia. Essa ha individuato lacune operative che ostacolano l'efficienza della ricollocazione, il sostegno degli esperti dell'EASO e il rispetto dei termini previsti[9].
Nel 2015, con il sostegno del Parlamento europeo, il Consiglio ha adottato due decisioni per la ricollocazione di 160 000 richiedenti asilo che si trovavano in Grecia e in Italia[10]. Gli Stati membri, però, si sono impegnati a ricollocare solo 98 256 richiedenti asilo e, concretamente, soltanto 34 705 persone sono state trasferite. Alcuni Stati, avversi a tale decisione, hanno semplicemente rifiutato di applicarla.
Nel Mediterraneo centrale, l'Italia e Malta sono state soggette a forti pressioni a seguito dell'aumento del numero di migranti che giungono in Europa attraversando la Libia. Alla luce dello stallo constatato all'interno dell'UE a 27, nel 2019 sono stati conclusi diversi accordi ad hoc per trasferire le persone sbarcate in seguito a un salvataggio in mare. Il quadro giuridico del regolamento Dublino III ha permesso i trasferimenti volontari verso i paesi membri che hanno aderito alla Dichiarazione di Malta.
1.6. La responsabilità del paese di primo ingresso e la solidarietà tra gli Stati membri
Dal 1990 il principio del paese di primo ingresso mira a responsabilizzare gli Stati in merito alla gestione delle frontiere esterne. Ciononostante, tale principio grava in modo sproporzionato su tali paesi e rende indispensabile il sostegno operativo degli agenti di Frontex.
D'altra parte, se il numero di nuove domande di asilo è diminuito nel 2017 (654 000) e nel 2018 (580 000) rispetto al picco del 2015-2016, nel 2019 è stato registrato un nuovo aumento del 18 %, con 714 000 nuove richieste d'asilo. Tale tendenza è stata confermata all'inizio del 2020, con un incremento del 20 % rispetto al 2019. Si osserva inoltre una diversificazione delle rotte migratorie e dei paesi d'origine. Oltre ai siriani e agli afghani, anche venezuelani e colombiani arrivano attualmente in gran numero.
L'UE deve dunque dotarsi di un meccanismo di solidarietà che garantisca un'equa ripartizione della solidarietà e della responsabilità tra gli Stati membri, anche mediante una ricollocazione basata su criteri obiettivi.
2. PARTE II : Carenze strutturali, divergenze di interpretazione, difficoltà di natura operativa e blocchi politici
2.1. Gli ostacoli che si frappongono alla determinazione dello Stato competente per una domanda di asilo
2.1.1. L'obbligo di registrazione nell'Eurodac
Durante la registrazione di una domanda di asilo nel momento in cui avviene l'ingresso nell'UE, lo Stato ha l'obbligo di inserire le impronte digitali nella banca dati Eurodac. La consultazione dei fascicoli Eurodac permette alle autorità di verificare che la persona non sia già stata registrata o non abbia presentato una domanda di asilo in un altro Stato.
Nel 2015, prima della creazione degli hotspot, i due paesi con il più elevato tasso di ingressi irregolari, ovvero Grecia (885 000) e Italia (154 000), hanno registrato rispettivamente soltanto 11 370 e 83 245 domande d'asilo[11]. Tali lacune indeboliscono notevolmente il sistema di Dublino e il principio del paese di primo ingresso e si traducono in numerosi movimenti secondari.
2.1.2. Un'applicazione distorta della gerarchia di criteri per la determinazione dello Stato competente
Il capo III del regolamento Dublino stabilisce una gerarchia di criteri per determinare quale paese debba "prendere in carico" un richiedente asilo. La precedenza è accordata al mantenimento dell'unità familiare (articoli da 8 a 11), a cui seguono il possesso di titoli di soggiorno o visti (art. 12), l'ingresso o il soggiorno irregolari (art. 13), l'ingresso con esenzione dal visto (art. 14), la domanda in un aeroporto o nelle zone internazionali di transito (art. 15) e il primo paese in cui è stata presentata la domanda (art. 3, paragrafo 2).
Le richieste di presa in carico, tuttavia, non rispecchiano tale gerarchia. Nel 2018 il criterio del mantenimento dell'unità familiare è stato invocato nel 5 % dei casi in Francia (su 12 000) e nel 3,7 % dei casi in Germania (su 17 500). La percentuale è persino inferiore in Belgio, Svezia, Svizzera e Austria[12], mentre, al contrario, in Grecia tocca il 79,3 %.
Le richieste di ricongiungimento familiare vedono un tasso di approvazione inferiore: soltanto il 48 % rispetto a un tasso medio del 67,6 % per tutte le procedure. Troppo spesso gli Stati impongono norme per regolamentare e limitare il ricongiungimento familiare, esigendo prove obbligatorie (es. test del DNA, valutazione dell'età).
2.1.3. Il peso amministrativo delle procedure di Dublino e la loro applicazione variabile
Il numero di procedure del sistema di Dublino è aumentato da circa 90 000 nel 2014 a 160 000 nel 2016-2017. Tra il 2016 e il 2019 la Germania e la Francia sono stati i paesi che hanno presentato di gran lunga il maggior numero di richieste, per un totale pari al 68 % per entrambi i paesi. Spagna, Estonia, Lituania, Lettonia, Slovacchia, Bulgaria, Polonia e Cechia presentano meno richieste nell'ambito del sistema di Dublino. Sorprendentemente la Spagna non inoltra quasi mai richieste nell'ambito del sistema di Dublino (7 nel 2016, 11 nel 2017, 7 nel 2018) a fronte di un numero significativo e crescente di domande di asilo (16 554 nel 2016, 31 738 nel 2017, 55 570 nel 2018). A titolo di confronto, la Grecia ha inviato 2 886 richieste nel 2016 (per 51 091 domande d'asilo), 9 784 richieste nel 2017 (per 58 661 domande d'asilo) e 5 211 richieste nel 2018 (per 66 969 domande d'asilo).
Il sistema di Dublino genera quindi un onere amministrativo, umano e finanziario considerevole, mentre solo l'11 % dei trasferimenti viene effettivamente realizzato. Si osservano inoltre significative differenze tra i paesi: tra il 2016 e il 2019 è stato effettuato il 54,6 % dei trasferimenti in Grecia, il 42,2 % in Svezia e solamente l'11,2 % in Germania, il 6,7 % in Francia e l'1,6 % in Italia.
D'altra parte, le clausole discrezionali (articolo 17) vengono raramente applicate. La clausola di sovranità è stata utilizzata soltanto circa 2 000 volte nel 2018, a fronte di oltre 155 000 domande d'asilo. Germania (65 %), Paesi Bassi (13 %) e Francia (10 %) sono i paesi che vi hanno fatto ricorso con maggior frequenza. Alcuni paesi l'hanno utilizzata una sola volta (Austria, Danimarca, Polonia), altri mai (Slovenia, Portogallo, Romania, Bulgaria, Estonia).
2.1.4. Procedure troppo complesse e troppo lunghe
L'iter amministrativo che attende i richiedenti asilo al loro arrivo in Europa è complesso[13]. I molteplici attori coinvolti (personale amministrativo, giuridico, medico, di polizia, ONG), la loro dispersione geografica e la loro mancanza di disponibilità rallentano sensibilmente il trattamento delle domande. Altri fattori da tenere in considerazione includono la mancanza di cooperazione fra tali attori e la prostrazione vissuta da alcuni di loro. In Francia, ad esempio, i richiedenti asilo sono registrati presso una delle 11 prefetture del paese e devono successivamente recarsi nella regione di Parigi per sostenere un colloquio presso l'Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA).
La proporzione delle procedure Dublino rispetto al numero totale delle domande di asilo è passata dal 15 % al 26-27 % tra il 2014 e il 2016-2017. Le unità Dublino degli Stati hanno pertanto dovuto affrontare un aumento significativo della loro attività, il che ha causato arretrati e una dilatazione dei termini previsti.
Alcune autorità nazionali hanno dovuto procedure a una riorganizzazione interna per far fronte al sovraccarico di fascicoli. La mancanza di risorse umane (in particolare di agenti di protezione e interpreti) è uno dei principali motivi dei ritardi. Stando alle informazioni disponibili, in Grecia, in Spagna e a Cipro il numero di funzionari competenti in materia di asilo è inferiore al numero di domande d'asilo. Nel 2019 la Spagna disponeva di 197 agenti a fronte di 55 290 domande, mentre l'Austria poteva contare su 1 121 agenti a fronte di 5 780 domande. Il crescente ricorso a contratti temporanei può frammentare la capacità di trattamento delle autorità (ad esempio nel caso della Grecia e di Cipro).
Il regolamento Dublino stabilisce le tempistiche per ogni fase delle procedure Dublino[14]. Si registrano tuttavia considerevoli superamenti di tali termini, spesso di mesi. Emergono inoltre differenze interpretative quanto al momento in cui ha avvio ciascuna procedura, il che rende necessario ottenere chiarimenti presso la Corte di giustizia dell'Unione europea (cfr. sentenza nella causa Mengesteab).
La mancata applicazione di determinate clausole (ad esempio per quanto riguarda il ricongiungimento familiare e la presa in carico dei minori non accompagnati) e il superamento dei termini rivelano inoltre difficoltà legate alla verifica delle informazioni sui richiedenti. Molti di loro arrivano infatti senza documenti d'identità, il che rende più difficile determinarne l'età, la nazionalità o i legami familiari e richiede verifiche supplementari.
2.2. Gli ostacoli al trasferimento dei richiedenti asilo
2.2.1. Un periodo di responsabilità troppo breve per gli Stati membri
In seguito a una decisione di trasferimento, gli Stati dispongono di sei mesi (18 in caso di fuga) per procedere a detto trasferimento. Trascorso tale termine, lo Stato di emissione diventa responsabile della domanda in questione.
Nella pratica, questo periodo di responsabilità limitato induce in alcuni casi gli Stati a ritardare i trasferimenti e spinge i richiedenti asilo a non intervenire nella procedura in modo da presentare domanda in un altro Stato[15].
Un'estensione del periodo di responsabilità consentirebbe di contrastare i movimenti secondari e le situazioni di soggiorno irregolare.
2.2.2. Una moltitudine di ostacoli
Gli ostacoli presenti sono molteplici e di natura diversa: spaziano dal rifiuto o dalla mancanza di cooperazione degli Stati che ricevono le domande, all'annullamento delle decisioni da parte delle istanze d'appello nazionali, al mancato rispetto dei termini. La "fuga amministrativa" delle persone in attesa di trasferimento è un altro fattore che occorre prendere in considerazione. Sul piano operativo, le autorità nazionali segnalano le difficoltà legate ai trasferimenti e le limitazioni di trasporto (spesso in aereo) imposte dalle compagnie aeree (limite del numero di persone per ogni volo, obbligo di essere muniti di un titolo di trasporto nominativo, mancanza di collegamenti...).
La mancanza di adeguate strutture di accoglienza o il mancato rispetto delle procedure Dublino sono stati oggetto di procedimenti giudiziari dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea e alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Entrambe hanno negato il trasferimento verso paesi in cui le domande di protezione sarebbero state ingiustamente respinte o in cui i richiedenti sarebbero stati esposti a violazioni dei diritti fondamentali[16].
È inoltre frequente che venga presentato ricorso contro le decisioni adottate a norma del regolamento Dublino. Si tratta di un diritto essenziale che, tuttavia, comporta un'estensione della durata di molte procedure Dublino, dal momento che il tasso di appello è elevato in tutti gli Stati (fino all'80 %). Per i richiedenti asilo che non intendono essere trasferiti il ricorso rappresenta, in alcuni casi, un modo per rimanere sul territorio di uno Stato.
2.3. Il percorso dei migranti: un fattore determinante sottovalutato nel sistema europeo di asilo
2.3.1. I movimenti secondari – Il nemico del principio della domanda di asilo unica
Un movimento secondario è lo spostamento di una persona dallo Stato responsabile della domanda d'asilo a un altro Stato. Questo fenomeno interferisce profondamente con il sistema Dublino, in quanto ostacola il processo di designazione dello Stato responsabile, comporta un aumento del numero di procedure Dublino e compromette il principio di una domanda di asilo unica nell'UE.
Secondo il Dutch Advisory Committee on Migration Affairs[17], nonostante il numero di domande d'asilo sia diminuito a partire dal 2015-2016, i movimenti secondari hanno conosciuto un sensibile aumento. La Germania e la Francia sono i paesi maggiormente interessati da tali movimenti. I motivi sono molteplici: esistenza di legami familiari, presenza di una diaspora, conoscenza della lingua, condizioni di accoglienza, opportunità lavorative, rifiuto di un trasferimento.
I movimenti secondari sono inoltre influenzati da un'altra grave carenza del sistema: i differenti tassi di protezione. L'esempio più lampante è dato dal fatto che il tasso di protezione dei cittadini afgani può variare dal 6 al 98 % in funzione degli Stati; quello dei cittadini iracheni varia dall'8 al 98 %. In mancanza di un elenco europeo dei paesi di origine sicuri e di un'analisi condivisa dei rischi per paese, tali divergenze inducono i richiedenti asilo a spostarsi nello Stato nel quale ritengono di avere le maggiori possibilità di ottenere protezione internazionale. Un altro fattore che agevola i movimenti secondari sono le differenti condizioni di accoglienza dei richiedenti.
L'analisi di tali movimenti e la loro evoluzione fanno emergere dubbi circa la pertinenza di taluni principi originari del regolamento Dublino III. Le differenze tra le condizioni di vita che si registrano nei vari Stati membri incidono sulle condizioni di accoglienza. Il periodo di responsabilità limitato degli Stati e il fatto che non si tenga conto delle aspirazioni dei richiedenti inducono questi ultimi a dirigersi verso lo Stato membro di loro scelta e a rimanere in uno stato di "fuga amministrativa" per poter presentare domanda d'asilo altrove.
Le strategie nazionali che si basano esclusivamente sulle sanzioni o sulla limitazione dell'accesso all'asilo – che ad oggi sono quelle privilegiate dalla maggior parte dei paesi – non costituiscono altro che una risposta parziale al fenomeno. Un sistema che non tiene conto, almeno in parte, del percorso dei richiedenti asilo e della loro volontà è destinato a fallire[18].
2.3.2. Evoluzione dei flussi migratori
È dunque opportuno esaminare il percorso dei migranti per rispondere agli afflussi in modo più strutturato e organizzare meglio le procedure d'asilo.
Si osserva un aumento delle domande d'asilo presentate da persone entrate in maniera regolare beneficiando dell'esenzione dal visto o esibendo un permesso di soggiorno. L'EASO stima che, nel 2019, un quarto delle domande è stato presentato da persone che hanno beneficiato di un'esenzione dal visto. Tali paesi, considerati sicuri, registrano un tasso di protezione molto basso: Macedonia del Nord (1 %), Moldova (1 %), Venezuela (5 %), Albania (6 %), Colombia (7 %), Ucraina (9 %). L'elevato numero di domande che hanno poche possibilità di essere accolte intasano i sistemi di asilo.
La mancanza di dati sui percorsi dei migranti impedisce di comprendere meglio le disfunzioni del regolamento Dublino III. È dunque essenziale che i dati in materia di asilo siano interoperabili. Occorre inoltre consentire all'EASO di accedere in condizioni di sicurezza ai dati Eurodac in modo da svolgere questo lavoro di analisi e ampliare il ruolo dell'eu-LISA.
2.3.3. Il bilancio umano del fallimento di Dublino
L'inefficacia del regolamento Dublino grava innanzitutto sui migranti, che hanno già subito traumi nei rispettivi paesi di origine o durante il viaggio verso l'Europa. I mesi, se non addirittura anni, di iter amministrativo e di precarietà costituiscono un ulteriore trauma e avvantaggiano i trafficanti di esseri umani, che mantengono la loro influenza sui migranti attraverso le reti di prostituzione o il lavoro forzato. Il fallimento di Dublino e del sistema europeo comune di asilo ha dato luogo a una serie di violazioni dei diritti fondamentali. La situazione negli hotspot greci è al momento esacerbata e disumana.
Occorre prestare un'attenzione particolare alla tutela dell'interesse superiore dei bambini e alla protezione dei minori non accompagnati. Diversi Stati hanno istituito unità speciali per i minori non accompagnati (Belgio, Francia, Ungheria), mentre altri si avvalgono di personale specializzato (Germania, Polonia, Cipro). Non si tratta tuttavia di pratiche generalizzate.
Uno dei principali ostacoli è determinare l'età delle persone. Gli Stati seguono prassi differenti e l'affidabilità delle valutazioni è aleatoria, al pari degli esami medici. Gli approcci multidisciplinari, sotto la guida di esperti qualificati, consentono di raccogliere indizi utili e di determinare con maggiore affidabilità l'età delle persone (Regno Unito, Malta, Italia, Grecia, Paesi Bassi, Francia). Inoltre, nonostante sia obbligatorio designare un rappresentante legale che accompagni o rappresenti i minori nelle procedure d'asilo (articolo 6), si registrano importanti lacune attuative. Infine, alcuni Stati non forniscono informazioni a misura di minore.
Il diritto di informazione (articolo 4) è un altro principio che non viene rispettato in misura sufficiente: comunicazione di informazioni parziali, accesso limitato dei richiedenti all'assistenza legale, ostacoli linguistici e mancanza di interpreti, nonché ritardi nella comunicazione delle informazioni[19]. Se da un lato tali mancanze possono essere giustificate dall'insufficienza di risorse sul campo, dall'altro esse rappresentano anche il risultato di decisioni politiche.
2.4. Sospensione del sistema europeo comune di asilo e delle procedure Dublino durante la crisi di Covid-19
Durante la crisi sanitaria, e in ragione delle misure di contenimento, le procedure Dublino sono state sensibilmente ridotte, se non addirittura sospese, come ad esempio nel caso dei colloqui di asilo. Alcuni paesi hanno optato per sessioni "a distanza", ma molti colloqui sono stati rinviati[20]. Il 16 aprile l'EASO ha pubblicato raccomandazioni volte a garantire la continuità del diritto di asilo; non esiste tuttavia un piano di gestione della crisi adeguato alle circostanze attuali, il che ostacola ulteriormente l'applicazione del regolamento Dublino III.
2.5. Una governance emergente – Il ruolo sempre più importante delle agenzie dell'Unione
Le numerose differenze interpretative e attuative tra gli Stati pregiudicano l'efficienza del regolamento Dublino III. Alcune di esse sono dovute a strategie nazionali volte a contrastare i movimenti secondari o ridurre le tempistiche, altre invece derivano da pratiche di lunga data o da una mancanza di dialogo tra le autorità nazionali competenti in materia di asilo. In ogni caso è l'interesse comunitario a pagarne le conseguenze: i movimenti secondari evitati in un determinato paese si ripercuotono su un altro paese.
Sono inoltre in vigore accordi bilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi, o tra Stati membri, per migliorare l'efficacia delle procedure e assicurare il trasferimento o il rimpatrio effettivo dei richiedenti asilo la cui domanda sia stata respinta (ad esempio gli accordi tra Spagna e Marocco o tra Germania e Albania). Occorre trarre i necessari insegnamenti da tali accordi in modo da replicarli su vasta scala, ove possibile, o prevenire errori futuri.
Una convergenza in materia di politica dei visti tra gli Stati consentirebbe inoltre di migliorare il funzionamento del sistema europeo comune di asilo e del regolamento Dublino III, dal momento che molti richiedenti asilo entrano nel territorio dell'Unione in maniera regolare grazie a un visto o all'esenzione dal visto.
Al fine di ottimizzare la convergenza tra i sistemi nazionali, la Commissione gestisce una rete di esperti Dublino provenienti dagli Stati membri. Tuttavia, tali incontri, che si svolgono una o due volte l'anno, non sono abbastanza frequenti per avere un ruolo operativo.
In tale contesto, è l'EASO a svolgere un ruolo sempre più prominente e proattivo nel migliorare la convergenza, la fiducia reciproca tra gli Stati e una cultura comune in materia di asilo. Nel 2016 ha creato la "rete di unità Dublino", più attiva di quella della Commissione, oltre a pubblicare numerosi documenti di orientamento[21]. Infine, l'Agenzia organizza sessioni di formazione per il personale delle unità Dublino.
Il sostegno operativo fornito agli Stati membri è, ad oggi, il maggior contributo dell'EASO all'attuazione del regolamento Dublino. L'ascesa dell'EASO a vera e propria agenzia indipendente è fondamentale al fine di migliorare l'efficacia del sistema europeo comune di asilo.
Infine, la Commissione deve altresì garantire, nell'attuazione del regolamento Dublino III, una migliore coerenza con le altre disposizioni del sistema europeo comune di asilo (accoglienza e procedure d'asilo). Si ricorda tuttavia che una riforma di tale sistema sarebbe vana senza un miglioramento significativo del tasso di rimpatrio delle persone che non possono beneficiare dell'asilo.
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sull'attuazione del regolamento Dublino III
Il Parlamento europeo,
– visto l'articolo 78, paragrafo 2, lettera e), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– visto l'articolo 80, TFUE, sul principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità, comprese le sue implicazioni finanziarie, tra gli Stati membri,
– visti gli articoli 1, 2, 3, 4, 18, 19 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti gli articoli 2, 3, 5, 8 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
– visto l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948,
– visto il patto mondiale delle Nazioni Unite sui rifugiati,
visti la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati (la Convenzione di Ginevra),
visto il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione), noto come "regolamento Dublino III"[22],
viste le decisioni del Consiglio (UE) 2015/1523, del 14 settembre 2015[23], e (UE) 2015/1601, del 22 settembre 2015[24], che istituiscono misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia,
– vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2016)0270) concernente la riforma del regolamento Dublino III,
– visto il mandato negoziale approvato dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni il 19 ottobre 2017, approvato in Aula il 16 novembre 2017 e confermato dalla Conferenza dei presidenti il 17 ottobre 2019,
– vista la sua risoluzione del 12 aprile 2016 sulla situazione nel Mediterraneo e la necessità di un approccio globale dell'UE in materia di immigrazione[25],
– viste le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea relative al regolamento (UE) n. 604/2013, nello specifico nelle cause C-695/15 PPU Mirza (ECLI:EU: C:2016 :188), C-63/15 Ghezelbash (Grande sezione) (*) (ECLI:EU:C:2016:409), C-155/15, Karim (ECLI:EU:C:2016:410), C-578/16 PPU C.K. e a. (*) (ECLI:EU:C:2017:127), C-528/15 Al Chodor (ECLI:EU:C:2017:213), C-36/17 Ahmed (Ordinanza) (ECLI:EU:C:2017:273), C-490/16 A.S. (Grande sezione) (ECLI:EU:C:2017 :585), C-646/16 Jafari (Grande sezione) (*) (ECLI:EU:C:207:586), C-670/16 Mengesteab (Grande sezione) (ECLI:EU:C:2017:587), C-60/16 Khir Amayri, ECLI:EU:C:2017:675, C-201/16 Shiri, (ECLI:EU:C:2017:805), C-360/16 Hasan (ECLI:EU:C:2018:35), C-647/16 Hassan (ECLI:EU:C:2018:368), C-213/17 X (ECLI:EU:C:2018:538), C-56/17 Fathi (ECLI:EU:C:2018:803), C-47/17 X (Grande sezione) (ECLI:EU:C:2018:900), C-661/17 M.A. e a. (Grande sezione) (*) (ECLI:EU:C:2019:53), C-163/17 Jawo (Grande sezione) (*) (ECLI:EU:C:2019:218), C-582/17 H. (Grande sezione) (*) ECLI:EU:C:2019:280, C-715/17, C-718/17 e C-719/17 Commissione/ Polonia, Ungheria e Repubblica ceca,
viste le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo relative al regolamento (UE) n. 604/2013, e in particolare le sentenze Sharifi/ Austria del 5 dicembre 2013 (sentenza), Mohammadi/ Austria del 3 luglio 2014 (sentenza), Sharifi e a./ Italia e Grecia del 21 ottobre 2014 (sentenza) e Tarakhel/ Svizzera del 4 novembre 2014 (sentenza della Grande Camera), e la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) nella causa n. 30696/09, M.S.S./Belgio e Grecia del 21 novembre 2011 (sentenza della Grande Camera), relativa al regolamento (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003 (Dublino II),
vista l'Agenda europea sulla migrazione presentata dalla Commissione il 13 maggio 2015 (COM(2015)0240),
vista la cosiddetta dichiarazione di Malta del settembre 2019,
visto lo studio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, pubblicato nel 2017, dal titolo "Left in limbo" (Lasciati nel dimenticatoio), sull'attuazione del regolamento Dublino III,
viste la valutazione del regolamento Dublino III del 2015, e la valutazione dell'attuazione del regolamento Dublino III del 2016, entrambe effettuate per conto della Commissione da ICF International,
vista la relazione speciale n. 24/2019 della Corte dei conti europea del novembre 2019, dal titolo "Asilo, ricollocazione e rimpatrio dei migranti: è ora di intensificare gli sforzi per ovviare alle disparità tra obiettivi e risultati",
vista la comunicazione della Commissione intitolata "COVID-19: linee guida sull'attuazione delle disposizioni dell'UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento" (2020/C 126/02),
vista la relazione dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo del 2 giugno 2020 sulle misure di emergenza relative alla COVID-19 nei sistemi di asilo e accoglienza,
– vista la "Relazione annuale sulla situazione dell'asilo nell'Unione europea" dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) del giugno 2020,
vista la valutazione dell'attuazione del regolamento Dublino, pubblicata nel gennaio 2019, a cura del Servizio di ricerca del Parlamento europeo (EPRS), redatta dalla Prof.ssa Amandine Scherrer dell'Unità Valutazione ex post della Direzione della Valutazione d'impatto e del valore aggiunto europeo del Parlamento (prima parte) e dal gruppo di ricerca del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE), per conto dell'Unità Valutazione ex post (seconda parte),
visti gli altri studi commissionati dal Parlamento europeo, in particolare la valutazione dell'EPRS sull'attuazione del regolamento di Dublino e delle procedure di asilo in Europa a cura di Gertrud Malmersjo e Milan Remáč del 2016, lo studio del Dipartimento tematico Diritti dei cittadini e affari costituzionali (Direzione generale delle Politiche interne) sulla riforma del regolamento Dublino III a cura di Francesco Maiani del giugno 2016, lo studio dell'EPRS dal titolo "The Cost of Non-Europe in Asylum Policy" (Il costo della non Europa nella politica di asilo), a cura di Wouter van Ballegooij e Cecilia Navarra, dell'ottobre 2018, nonché lo studio dell'EPRS sulla riforma del sistema di Dublino a cura di Anja Radjenovic del marzo 2019,
vista l'audizione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) svoltasi il 19 febbraio 2020,
viste le risposte fornite dai parlamenti degli Stati membri in merito al loro lavoro sul regolamento Dublino III fornite attraverso il sistema automatizzato del Centro europeo di ricerca e documentazione parlamentare,
viste le risposte fornite dalla Germania a un elenco di cinque quesiti inviati dal presidente e dal relatore della commissione LIBE a tutte le autorità nazionali coinvolte nella procedura Dublino,
viste le missioni di informazione effettuate dal relatore a Bochum (Germania), Ter Apel (Paesi Bassi), Bucarest (Romania) e Lampedusa (Italia),
– visti l'articolo 54 del suo regolamento, nonché l'articolo 1, paragrafo 1, lettera e), e l'allegato 3 della decisione della Conferenza dei presidenti del 12 dicembre 2002 sulla procedura relativa alla concessione dell'autorizzazione a elaborare relazioni di iniziativa,
– vista la lettera della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere,
vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A9-0245/2020),
A. considerando che nei paesi dell'UE+ 1 393 920 richiedenti asilo hanno presentato domanda di protezione internazionale nel 2015 e 1 292 740 nel 2016, il che equivale al quadruplo rispetto al 2012 (373 375 domande) e al 2013 (464 515); che il numero di domande di protezione internazionale nei paesi UE + è nuovamente aumentato tra il 2018 (665 920) e il 2019 (738 425), cifra che equivale allo 0,13 % della popolazione totale dell'UE nel 2019;
B. considerando che quasi la metà delle domande di asilo presentate nell'UE riguarda minori e che, nel 2019, circa 17 700 minori non accompagnati hanno presentato domanda di protezione internazionale; che l'86 % di essi è costituito da ragazzi e il 90 % ha un'età compresa tra 14 e 18 anni;
C. considerando che uno Stato membro che rilascia un visto a un cittadino di un paese terzo è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 12 del regolamento Dublino III; che, ai sensi dell'articolo 14 di suddetto regolamento, la domanda di un cittadino di un paese terzo o di un apolide entrato nel territorio di uno Stato membro che concede l'esenzione dal visto è esaminata da detto Stato membro;
D. considerando che nel 2019 sono state adottate 145 000 decisioni in merito alle richieste inoltrate nell'ambito del sistema di Dublino; che nel 2019 il tasso di riconoscimento delle decisioni nell'ambito di detto sistema è stato pari al 62 %;
E. considerando che tra il 2008 e il 2017 un terzo degli Stati membri ha accolto il 90 % dei richiedenti asilo;
F. considerando che i criteri per stabilire la responsabilità di uno Stato membro per una domanda di asilo comprendono, in ordine gerarchico, il mantenimento dell'unità familiare, il rilascio di permessi di soggiorno o visti, l'ingresso o il soggiorno irregolari e l'ingresso con esenzione dal visto; che, laddove non si applichi alcuno dei suddetti criteri, il primo Stato membro in cui è stata presentata la domanda di asilo diventa lo Stato membro responsabile a norma dell'articolo 3, paragrafo 2; che, in conseguenza del ricorso sproporzionato all'articolo 13 che attribuisce la competenza per l'esame di una domanda di asilo allo Stato membro di primo ingresso irregolare, le responsabilità non sono ripartite in modo equilibrato tra gli Stati membri dell'UE; che vari Stati membri "di primo ingresso" nel Mediterraneo, ossia Grecia, Italia, Malta, Cipro e Spagna, hanno ricevuto gran parte delle prime domande, in particolare durante la crisi del 2015-2016;
G. considerando che nel 2018, la Germania (82,8 milioni di abitanti, ossia il 18,6% della popolazione totale dell'UE) ha registrato il maggior numero di domande (184 180, pari al 28% delle domande totali, equivalenti allo 0,22% della sua popolazione), seguita dalla Francia (66,9 milioni di abitanti, ossia il 15% della popolazione totale dell'UE) con 120 425 domande (19 % delle domande totali, pari allo 0,18% della sua popolazione), dalla Grecia (10,74 milioni di abitanti, ossia il 2,4 % della popolazione totale dell'UE) con 66 695 domande (11 % delle domande totali, pari allo 0,62 % della sua popolazione), dall'Italia (60,48 milioni di abitanti, ossia il 13,6 % della popolazione totale dell'UE) con 59 950 domande (10 % delle domande totali, pari allo 0,01 % della sua popolazione), e la Spagna (46,66 milioni di abitanti, ossia il 10,49 % della popolazione totale dell'UE) con 52 700 domande (9 % delle domande totali, pari allo 0,11 % della sua popolazione);
H. considerando che tra il 2016 e il 2019 la Germania e la Francia sono stati i paesi che hanno presentato di gran lunga il maggior numero di richieste (pari al 68 % del totale dell'UE) nel quadro del sistema di Dublino, mentre la Spagna, l'Estonia, la Lituania, la Lettonia, la Slovacchia, la Bulgaria, la Polonia e la Repubblica ceca ne hanno presentate poche; che la Spagna non ha inoltrato quasi mai richieste di tale natura a fronte di un numero significativo e crescente di domande di asilo; che si osservano significative differenze tra i paesi e che, nello specifico, tra il 2016 e il 2019 è stato effettuato il 54,6 % dei trasferimenti dalla Grecia, il 42,2 % dalla Svezia, l'11,2 % dalla Germania, il 6,7 % dalla Francia e l'1,6 % dall'Italia; che esiste una notevole carenza di informazioni per diversi paesi;
I. considerando che il regolamento Dublino III si basa sul presupposto fondamentale che ai richiedenti asilo sono attribuiti pari diritti tra i vari Stati membri e che ciascuna domanda riceve un esame equo, ovunque sia presentata nell'UE; che tale scenario è una realtà ancora lontana;
J. considerando che gli Stati membri hanno fatto un uso molto limitato della clausola relativa alle persone a carico (articolo 16) o della clausola umanitaria e discrezionale (articolo 17) previste dal regolamento; che tali clausole forniscono soluzioni ragionevoli per i ricongiungimenti familiari e le ricollocazioni, anche a seguito degli sbarchi;
K. considerando che nella maggior parte delle procedure di Dublino non vengono attuati correttamente né le disposizioni relative alla gerarchia dei criteri né i termini previsti, e non sono effettuati i trasferimenti; che, nelle situazioni in cui sono coinvolti minori e famiglie, tali lacune sono particolarmente pregiudizievoli per l'interesse superiore del minore e per il diritto dei richiedenti asilo al ricongiungimento familiare;
L. considerando che gli studi sull'attuazione del regolamento Dublino III evidenziano una regolare inosservanza delle disposizioni relative alla famiglia e un'applicazione errata del principio dell'interesse superiore del minore; che, ad esempio, nel 2018 il criterio dell'unità familiare è stato invocato nel 5 % delle richieste di "presa in carico" in Francia (su 12 000) e nel 3,7 % in Germania (su 17 500) e in percentuali persino inferiori in Belgio, Svezia e Svizzera; che, per contro, nel 2018 la Grecia ha inviato il 79,3 % delle sue richieste "di presa in carico" sulla base del criterio dell'unità familiare; che le domande di ricongiungimento familiare sono meno frequentemente accettate (48 % dei casi), rispetto al tasso medio di accettazione di tutte le procedure (67,6 %); che l'attuazione effettiva degli articoli 16 e 17 del regolamento potrebbe garantire l'efficacia del diritto dei richiedenti asilo alla vita e all'unità familiare;
M. considerando che l'attuazione del regolamento Dublino III ha conosciuto notevoli lacune, anche in occasione dell'elevato numero di arrivi nel 2015 e durante la pandemia di COVID-19, il che ha leso la fiducia tra gli Stati membri e il diritto alla protezione internazionale e ha comportato il verificarsi di violazioni dei diritti fondamentali; che le disposizioni del regolamento Dublino III si sono dimostrate inappropriate per affrontare situazioni di forti afflussi di migranti, dando luogo a un sistema che pone responsabilità e oneri eccessivi in capo a pochi Stati membri;
N. considerando che il meccanismo temporaneo di solidarietà per la ricerca e il soccorso nel Mediterraneo sancito nella dichiarazione di Malta e firmato il 23 settembre 2019 dalla Germania, dalla Francia, dall'Italia e da Malta è stato in vigore per un periodo di almeno sei mesi; che nessun altro Stato membro ha aderito a tale accordo ad hoc;
O. considerando che la disposizione concernente l'azione preventiva (articolo 33) non è stata mai utilizzata;
P. considerando che l'articolo 28 del regolamento Dublino III consente il trattenimento come misura eccezionale "al fine di assicurare le procedure di trasferimento" ove sussista "un rischio notevole di fuga" del richiedente; che tale definizione rimane poco chiara e la sua interpretazione varia da uno Stato membro all'altro;
Q. considerando che le garanzie e le tutele procedurali per i richiedenti asilo, in particolare i minori, non vengono rispettate; che la durata delle procedure e l'assenza di risultati prevedibili associati a scarse condizioni di accoglienza e alla precarietà sociale incidono sul benessere dei richiedenti asilo che in molti casi hanno avuto esperienze traumatiche nel loro paese e/o nel loro viaggio per raggiungere l'Unione;
R. considerando che l'attuazione del regolamento Dublino III è strettamente connessa all'attuazione di altri fascicoli della politica europea in materia di asilo e migrazione; che, in particolare, le carenze nell'attuazione della rifusione della direttiva sulle procedure d'asilo (2013/32/UE), della rifusione della direttiva sulle condizioni di accoglienza (2013/33/UE) e della rifusione della direttiva sulle qualifiche (2011/95/UE) hanno avuto un impatto sull'attuazione del regolamento Dublino III; che la Commissione europea dovrebbe intensificare il proprio lavoro per garantire il rispetto di suddette direttive da parte degli Stati membri, anche attraverso procedure di infrazione;
S. considerando che tali carenze sono inerenti alla concezione del regolamento di Dublino e non possono essere risolte unicamente tramite una migliore attuazione;
T. considerando che le carenze di informazioni impediscono una valutazione globale dell'attuazione del regolamento Dublino III; che gli Stati membri non forniscono in modo sistematico e coerente informazioni statistiche, che non presentano la stessa dovizia di dettagli o la stessa frequenza; che le principali carenze di informazioni riguardano i motivi delle richieste, la durata delle procedure, le risorse, le domande ritirate, i mancati trasferimenti, le procedure di ricorso, i processi e il trattenimento;
U. considerando che il 6 novembre 2017 il Parlamento ha approvato a maggioranza dei due terzi una risoluzione legislativa sulla proposta di rifusione di Dublino IV;
Integrare il principio di solidarietà nel sistema europeo comune di asilo
1. ritiene che il regolamento Dublino III attualmente in vigore faccia gravare una responsabilità sproporzionata su una minoranza di Stati, soprattutto nei periodi di grande afflusso di migranti; ritiene che il criterio del primo ingresso stabilito dal regolamento Dublino III abbia gravato, in ragione della loro posizione geografica, in maniera sproporzionata e come mai in precedenza sui paesi in prima linea in termini di registrazione e accoglienza dei richiedenti asilo; sottolinea che il regolamento Dublino III, così come concepito e attuato, non è riuscito a garantire il suo obiettivo principale, vale a dire la rapida determinazione dello Stato membro competente per una domanda di asilo, né ad assicurare quindi un'equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri e un accesso efficace e rapido alle procedure di asilo;
2. sottolinea che l'introduzione degli hotspot e del meccanismo di ricollocazione temporanea proposto dalla Commissione nel 2015 era finalizzata ad agevolare la gestione delle domande di asilo al momento dell'ingresso nel territorio dell'Unione, e costituiva un approccio pragmatico per ridurre le lacune del regolamento Dublino III, divenute a quel tempo evidenti; ricorda inoltre il contributo di agenzie dell'UE quali l'EASO e Frontex a sostegno degli Stati membri che devono far fronte a oneri eccessivi nell'attuazione dell'acquis in materia di asilo e sottolinea la necessità di migliorare la cooperazione tra tali agenzie;
3. evidenzia che l'inadeguata applicazione della gerarchia dei criteri, segnatamente l'uso eccessivo del criterio del paese di primo ingresso e l'esecuzione inefficace dei trasferimenti, ha accresciuto in maniera sproporzionata le responsabilità incombenti ad alcuni Stati membri, in particolare quelli in prima linea; ritiene pertanto che l'UE necessiti di un meccanismo di solidarietà sostenibile che stabilisca norme eque per la ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri, conformemente all'articolo 80 TFUE e nel pieno rispetto del diritto fondamentale alla sicurezza e alla protezione dei richiedenti asilo;
4. ritiene essenziale dotare gli Stati membri in prima linea di maggiori risorse e capacità, ad esempio tramite l'EASO finché il sistema di Dublino non sarà riformato;
5. ricorda che il diritto all'asilo è un diritto fondamentale; sottolinea che la procedura di asilo serve a esaminare le domande e a concedere la protezione internazionale ai richiedenti ammissibili, fornendo al contempo una decisione rapida ed equa per coloro che non lo sono;
6. rileva che, ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 4, del regolamento Dublino III, gli Stati membri possono chiedere di riprendere in carico una persona o svolgere una procedura di rimpatrio nel caso di persone la cui domanda di protezione internazionale è stata respinta con decisione definitiva in uno Stato membro; evidenzia che, nel contesto dell'applicazione dell'articolo 24, paragrafo 4, il rimpatrio di persone che non soddisfano i requisiti per beneficiare della protezione internazionale, in particolare sulla base del volontario rispetto, potrebbe contribuire al funzionamento delle politiche migratorie dell'UE;
7. accoglie con favore le decisioni di ricollocazione del Consiglio del 2015 e 2016, approvate come una misura di solidarietà urgente; esprime il proprio rammarico per il mancato rispetto da parte degli Stati membri degli impegni a favore della solidarietà e della condivisione delle responsabilità, pur riconoscendo il contributo positivo di alcuni Stati membri; ricorda che la Commissione non ha seguito l'invito del Parlamento espresso nella sua risoluzione del 18 maggio 2017 di proporre la proroga delle misure di ricollocazione fino all'adozione della riforma del regolamento Dublino III; sottolinea che gli accordi ad hoc sulla ricollocazione non sostituiscono un sistema europeo comune di asilo (CEAS) armonizzato e sostenibile;
8. deplora che il Consiglio, a differenza del Parlamento, non abbia adottato una posizione sulla proposta di rifusione di Dublino IV e abbia pertanto bloccato la riforma del regolamento Dublino III, nonostante le ben documentate falle del medesimo; ritiene che tale blocco possa essere interpretato come una violazione del principio di leale e mutua cooperazione tra le istituzioni dell'UE quale sancito dall'articolo 13, paragrafo 2, TUE, tenendo conto al contempo del fatto che il Consiglio ha sempre cercato un accordo unanime, anche nei casi in cui i trattati prevedono una maggioranza qualificata; si rammarica in particolare del fatto che l'Unione disponga ancora dello stesso insieme di norme che si sono dimostrate inefficaci nella gestione di un elevato numero di arrivi; chiede una rapida riforma del CEAS;
9. osserva che il meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi, previsto dall'articolo 33, non è stato applicato finora, nemmeno durante l'elevato numero di arrivi registrato tra il 2015 e il 2016; rileva altresì che le disposizioni della direttiva sulla protezione temporanea, mirate ad affrontare la protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati incapacitati a ritornare nel loro paese di origine, non sono state ancora invocate;
10. ritiene che debba essere istituito un meccanismo solidale nell'UE per garantire la continuità del diritto fondamentale di asilo nell'Unione, al fine di assicurare l'accesso all'asilo e la ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri; sottolinea che la tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo dovrebbe sempre rimanere al centro di tale meccanismo; ritiene che tale meccanismo debba consentire la partecipazione delle organizzazioni della società civile che forniscono assistenza professionale alle persone che necessitano di protezione internazionale, in particolare di natura giuridica;
11. sottolinea che la clausola discrezionale di cui all'articolo 17, che consente a uno Stato membro di assumere la competenza relativamente a una domanda di asilo, anche se non è stato individuato come Stato membro competente ai sensi del regolamento Dublino III, è utilizzata raramente, in modo diverso e solo da un ridotto numero di Stati membri; rileva che la Germania, i Paesi Bassi e la Francia costituivano la maggior parte dei casi nel 2018; invita tutti gli Stati membri a fare un miglior uso della clausola discrezionale di cui all'articolo 17 per affrontare le situazioni difficili e le emergenze umanitarie in assenza di un meccanismo di solidarietà permanente; è del parere che le clausole discrezionali di cui all'articolo 17 dovrebbero essere utilizzate come strumento di solidarietà per la condivisione della responsabilità, in particolare nelle situazioni in cui si verifica un elevato numero di arrivi via terra e via mare, o per trasferire i richiedenti asilo che attualmente vivono negli hotspot in condizioni disumane, degradanti, non igieniche e non sicure e senza un accesso adeguato all'assistenza sanitaria fisica e mentale;
12. ritiene che sia opportuno attuare in maniera efficace le disposizioni sull'unità familiare, che sono le prime nella gerarchia dei criteri per la definizione delle responsabilità, e fare più ampio ricorso alle disposizioni sulle persone a carico (articolo 16) e sulle clausole discrezionali (articolo 17) per sostenere l'unità familiare;
13. sottolinea le numerose sfide relative all'attuazione del regolamento Dublino III; mette in risalto il considerevole supporto operativo e tecnico fornito dall'EASO alle autorità degli Stati membri nell'attuazione del sistema di Dublino, in particolare negli hotspot;
14. invita la Commissione e gli Stati membri ad agevolare il lavoro del personale dell'EASO consentendo che i colloqui dei richiedenti asilo si svolgano in una lingua diversa da quella del paese in cui sono condotti, assicurando nel contempo che il richiedente riceva l'assistenza di un interprete in una lingua che comprende; sottolinea la necessità che l'EASO svolga la sua attività operativa rispettando i più elevati standard e che ponga gli interessi dei richiedenti che necessitano di protezione internazionale, ivi compreso l'interesse superiore del minore, al centro della sua attività; chiede l'istituzione di un'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo, dotata di risorse finanziarie e umane adeguate, che assista gli Stati membri con le procedure di Dublino; esorta a garantire l'adeguatezza dell'organizzazione e del personale delle unità europee Dublino per snellire e accelerare il completamento delle procedure connesse al sistema di Dublino e garantire, in particolare, la corretta applicazione del capo III del regolamento Dublino III, che lega un richiedente asilo a un determinato Stato membro;
Tutelare i diritti fondamentali
15. sottolinea la necessità di porre la tutela dei diritti fondamentali al centro di tutte le misure di attuazione del regolamento Dublino III, segnatamente la protezione dei minori, delle vittime della tratta di esseri umani, delle persone LGBTI e degli altri soggetti vulnerabili; mette in risalto il costo umano che le lacune del CEAS comportano per i richiedenti asilo, la cui salute mentale è già indebolita dai traumi che hanno subito nel rispettivo paese di origine e potenzialmente nel corso della rotta migratoria;
16. ricorda che i richiedenti asilo hanno diritto a essere pienamente informati sulle procedure; deplora che il livello di informazione fornito ai richiedenti asilo differisca notevolmente da uno Stato membro a un altro; esorta gli Stati membri a garantire che i minori dispongano di informazioni su misura e facilmente comprensibili e di un sostegno specifico; sottolinea che è fondamentale fornire assistenza legale e un servizio di interpretazione per garantire il diritto all'informazione dei richiedenti;
17. rileva che i trasferimenti dei richiedenti asilo, in particolare delle persone vulnerabili, dei minori e delle famiglie, possono determinare violazioni dei loro diritti umani; ribadisce che le violazioni del principio di non respingimento e dei diritti umani sono motivazioni sufficienti per sospendere un trasferimento anche quando il paese di destinazione non presenta problemi sistemici; esorta gli Stati membri a valutare adeguatamente i rischi cui i richiedenti sarebbero esposti negli Stati membri di destinazione; sottolinea, in particolare, che i trasferimenti devono essere effettuati in modo tale da non esporre in alcun caso le persone a un rischio di respingimento;
18. ricorda che, conformemente all'articolo 28, il trattenimento dei richiedenti asilo nel contesto del sistema di Dublino può essere imposto soltanto come misura di ultima istanza, unicamente nella misura in cui il trattenimento è conforme al principio di proporzionalità e laddove non sia possibile applicare in modo efficace nessun'altra misura alternativa meno coercitiva per garantire l'esecuzione del trasferimento, nei casi in cui sussista un serio rischio di fuga; invita gli Stati membri ad adoperarsi concretamente per trovare valide alternative al trattenimento;
19. ritiene che il trattenimento debba essere quanto più breve possibile e che non debba protrarsi oltre il tempo ragionevolmente necessario per espletare con la debita diligenza gli adempimenti amministrativi richiesti fino a quando non sia effettuato il trasferimento a norma del regolamento in questione; sottolinea che, in assenza di criteri armonizzati per determinare il rischio di fuga, gli Stati membri hanno adottato criteri divergenti e talvolta controversi; invita gli Stati membri e la Commissione a chiarire il significato di "rischio di fuga significativo";
20. esorta gli Stati membri e la Commissione a dichiarare chiaramente che il trattenimento non è mai nell'interesse superiore del minore;
21. ricorda che, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo[26], è illegale imporre una misura di trattenimento nei confronti di un minore senza tenere in considerazione il suo interesse superiore, la sua situazione individuale, quale, se del caso, la condizione di minore non accompagnato, senza procedere a una valutazione della proporzionalità o senza che siano disponibili misure alternative al trattenimento;
22. sottolinea che il fine ultimo della tutela del minore, come la protezione dalla tratta dei minori, deve sempre prevalere, onde garantire che i minori migranti abbiano un rapido accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria e a un alloggio adeguato; pone in evidenza che i minori non accompagnati dovrebbero beneficiare di opportune misure di protezione, ad esempio una tutela efficace;
23. prende atto delle numerose e sistematiche carenze per quanto riguarda il rispetto della gerarchia dei criteri; sottolinea che l'unità familiare è lungi dall'essere il criterio applicato con maggiore frequenza, sebbene sia in cima alla gerarchia in conformità del capo III del regolamento; ritiene che gli Stati membri, sulla base del principio della cooperazione reciproca, dovrebbero aiutare le autorità competenti e i cittadini dei paesi terzi a migliorare il processo di verifica dell'esistenza di legami familiari comprovati nella procedura di determinazione dello Stato membro competente; invita la Commissione a garantire il pieno rispetto della gerarchia dei criteri;
24. ritiene fondamentale chiarire le condizioni necessarie all'applicazione del criterio del ricongiungimento familiare e dare la priorità, conformemente all'articolo 7, paragrafo 3, del regolamento, all'applicazione degli articoli 8, 10 e 16 quali criteri principali di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo, al fine di garantire l'efficacia del diritto all'unità familiare e una più rapida attuazione delle decisioni in materia di ricongiungimento delle famiglie; invita la Commissione e gli Stati membri ad armonizzare il livello di prova richiesto per il ricongiungimento familiare, orientandolo verso livelli e requisiti più facilmente raggiungibili; rileva che l'interpretazione del concetto di "famiglia" differisce da uno Stato membro a un altro, e ciò contribuisce all'inosservanza della gerarchia dei criteri e al malfunzionamento del sistema; chiede pertanto alla Commissione di monitorare attentamente la corretta applicazione delle definizioni relative alla famiglia da parte degli Stati membri, come sancito dall'articolo 3 del regolamento;
25. ricorda che, a norma del regolamento, l'interesse superiore del minore dovrebbe essere la considerazione principale in tutte le procedure di Dublino e le decisioni concernenti il minore; lamenta che gli Stati membri applichino diverse interpretazioni dell'interesse superiore del minore;
26. deplora che meccanismi di identificazione inadeguati e metodi talvolta errati di valutazione dell'età spesso aggravino ulteriormente la situazione dei minori, causando ritardi o incidendo negativamente sull'esito delle procedure di Dublino; osserva che taluni Stati membri sviluppano buone prassi, ad esempio il ricorso a personale specializzato per minori non accompagnati o un approccio multidisciplinare per determinare l'età;
27. esprime profonda preoccupazione per il fatto che in molti Stati membri la nomina di un rappresentante incaricato di assistere i minori non accompagnati per quanto riguarda le procedure di Dublino sia spesso ritardata o non garantita a causa di problemi pratici; rileva altresì che in alcuni paesi i rappresentanti non sono sufficientemente informati in merito alle procedure di Dublino e che i minori non accompagnati non dispongono di un sostegno consono alla loro età;
Semplificare le procedure, ridurre significativamente il tempo necessario al trattamento e difendere il diritto a un ricorso effettivo
28. sottolinea che le procedure di trasferimento sono notevolmente aumentate nel 2016-2017 e generano considerevoli costi umani, materiali e finanziari; deplora, tuttavia, che i trasferimenti siano stati effettuati soltanto nell11 % dei casi, il che rappresenta un'altra causa del frequente sovraccarico dei sistemi di asilo, dimostrando chiaramente l'inefficacia del regolamento; ritiene essenziali gli sforzi volti a garantire l'accesso alle informazioni e procedure celeri per il ricongiungimento familiare e il trasferimento dei richiedenti asilo;
29. sottolinea l'importante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di giustizia dell'Unione europea degli ultimi anni, che ha chiarito i motivi ammissibili per negare i trasferimenti Dublino, segnatamente qualsiasi fonte di rischio per la persona; prende atto, in particolare, dell'aumento del numero di decisioni dei tribunali europei e nazionali di sospendere i trasferimenti verso gli Stati membri in cui a un richiedente asilo sarebbe ingiustamente negata la protezione internazionale (respingimento indiretto) o sarebbero negati i suoi diritti nel contesto del sistema di Dublino; deplora che i richiedenti asilo siano vittime di un trattamento inumano o degradante in taluni Stati membri;
30. osserva che le lacune in termini di organizzazione strutturale e funzionamento delle autorità nazionali competenti in materia di asilo, unitamente a una carenza di risorse, hanno contribuito a ritardare le procedure di Dublino e ostacolato l'applicazione del regolamento; rileva che, sebbene la maggior parte dei paesi abbia incaricato un'unica autorità specializzata delle questioni relative all'asilo, alcuni Stati membri hanno scelto di ripartire la responsabilità tra diverse autorità, creando in determinati casi complessità pratiche per i richiedenti asilo e divergenze nell'attuazione del regolamento;
31. sottolinea che l'efficacia del sistema di Dublino dipende altresì dalla qualità e dal livello dell'organico di ciascuna autorità nazionale competente in materia di asilo; prende atto delle importanti lacune tra le autorità competenti in materia di asilo in termini di numero di membri del personale per richiedente asilo; sottolinea che le unità nazionali Dublino presentano carenze di personale ma, nel contempo, devono far fronte a un aumento significativo del loro carico di lavoro; invita gli Stati membri ad aumentare le risorse per rendere operativo Dublino III, in particolare per quanto riguarda il numero di funzionari competenti in materia di asilo;
32. pone l'accento sull'assenza di cooperazione e di condivisione delle informazioni tra gli Stati membri, che compromette attivamente il principio di solidarietà dell'UE e contribuisce direttamente al sovraccarico dei sistemi in taluni Stati membri;
33. sottolinea che l'eccessiva e parzialmente inappropriata applicazione del criterio di "ingresso irregolare" grava in maniera sproporzionata sui paesi di primo ingresso, che spesso non dispongono delle risorse e delle capacità necessarie ad accogliere e registrare i richiedenti asilo; rileva che le richieste di "ripresa in carico" rappresentano il principale tipo di procedura di Dublino degli ultimi anni, vale a dire che la maggior parte delle persone sottoposte a una procedura di Dublino aveva già presentato domanda di asilo in un altro Stato membro; osserva che agli Stati membri dello spazio Schengen, nonché a quelli al di fuori di esso, dovrebbero applicarsi misure adeguate per prevenire i movimenti secondari;
34. ricorda che i limiti temporali per ogni fase del sistema di Dublino sono intesi a garantire la brevità della procedura e consentire un rapido accesso alla procedura di asilo; osserva che il calcolo dei termini temporali e la determinazione del momento in cui ha inizio ciascuna procedura non sono chiari e variano da uno Stato membro all'altro; propone di chiarire e armonizzare le condizioni che determinano l'avvio delle procedure di trasferimento;
35. ritiene che in alcuni casi le norme sul trasferimento di responsabilità nel quadro di Dublino III compromettano l'efficienza delle procedure di asilo e l'esecuzione dei trasferimenti, aggravando il pericolo di fuga; deplora le motivazioni spesso pretestuose avanzate dagli Stati membri per rifiutare i trasferimenti; ritiene che anche tali fattori abbiano contribuito all'aumento del numero di movimenti secondari, incoraggiando i richiedenti asilo a rimanere fuori dal sistema; invita la Commissione a rivedere le norme al fine di migliorare l'esecuzione dei trasferimenti e di eliminare il trasferimento di responsabilità in caso di fuga del richiedente asilo, a rinsaldare la fiducia tra gli Stati membri, a monitorare la situazione e, se del caso, imporre sanzioni agli Stati membri che rifiutano i trasferimenti;
36. osserva che l'errata applicazione delle norme sulla gerarchia dei criteri, in particolare per quanto riguarda il ricongiungimento familiare e la situazione dei minori non accompagnati, e il ricorso sproporzionato al criterio del primo paese di ingresso irregolare compromettono a loro volta le procedure di asilo; osserva che tali lacune nell'attuazione potrebbero incoraggiare i richiedenti asilo a rimanere al di fuori del sistema; sottolinea che l'ulteriore armonizzazione dei sistemi di asilo degli Stati membri è fondamentale per il funzionamento del regolamento Dublino III e per prevenire i movimenti secondari; invita la Commissione a proporre un sistema che tenga debitamente conto dei comprovati legami significativi dei richiedenti asilo con uno Stato membro, come un precedente soggiorno legale o diplomi di istruzione, e che garantisca che il trattamento dei richiedenti asilo sia lo stesso, in termini relativi, in tutta l'UE;
37. è del parere che fornire ai richiedenti asilo assistenza legale per le procedure di Dublino, in particolare negli hotspot, sia fondamentale per garantire che i richiedenti siano informati dei propri obblighi e diritti nel corso della procedura di Dublino; sottolinea che ciò rafforzerebbe le procedure rispettose dei diritti, semplificherebbe il sistema di Dublino e migliorerebbe il processo decisionale; osserva che un rappresentante legale può assicurare che ciascun fascicolo sia completo e accurato e contribuire a ridurre il tasso di ricorsi e a salvaguardare il diritto di non respingimento; rileva con preoccupazione che persistono alcune questioni specifiche a livello nazionale, ad esempio un accesso limitato a rappresentanti legali indipendenti in centri di asilo remoti, la bassa compensazione finanziaria per l'assistenza legale, l'assenza di strutture adeguate per colloqui preparatori e privati e un'inadeguata fornitura di assistenza legale ai richiedenti nei centri di trattenimento; invita gli Stati membri e la Commissione europea ad aumentare i fondi disponibili per l'assistenza legale nel corso delle procedure di Dublino;
38. sottolinea che la qualità e la quantità delle informazioni fornite ai richiedenti nel corso delle procedure di Dublino sono lungi dall'essere soddisfacenti e variano notevolmente tra i paesi e, in alcuni casi, anche al loro interno; osserva che diversi fattori incidono sul rispetto del diritto di informazione, ad esempio la qualità e la chiarezza delle informazioni, l'accesso a un interprete, la disponibilità di documenti tradotti e l'accesso alle informazioni a tempo debito; ricorda che il diritto di informazione di cui all'articolo 4 del regolamento è essenziale alla luce della natura complessa delle procedure di Dublino e per garantire l'accesso a un esame equo delle domande di asilo nell'UE; sottolinea che le carenze in tale settore possono essere attribuite all'assenza di risorse ma derivano anche da scelte politiche consapevoli di alcuni paesi, in cui è stato nominato un numero estremamente limitato di rappresentanti legali; sollecita gli Stati membri, con il sostegno della Commissione e dell'EASO, a migliorare le informazioni fornite ai richiedenti asilo in merito alle complesse procedure di Dublino, e a garantire che tali informazioni siano chiare e accessibili per tutti, in particolare in materia di ricongiungimento familiare, conformemente agli articoli 4 e 26 del regolamento, e di accesso a un ricorso effettivo e a un'assistenza legale, conformemente all'articolo 27;
39. invita la Commissione a valutare l'attuazione complessiva del CEAS così come eventuali lacune e carenze nel regolamento Dublino III che comportino un onere di responsabilità sproporzionato per i paesi situati alle frontiere esterne dell'UE;
Attuare uniformemente il sistema di Dublino in materia di asilo in Europa, dando priorità al rispetto dei diritti
40. sottolinea che il principio di un'unica domanda di asilo nell'Unione non può essere rispettato, il che è in contrasto con l'obiettivo stesso del regolamento Dublino III; osserva che l'applicazione di questo principio è ostacolata da diversi fattori, il che implica l'esistenza di molteplici ragioni per la presentazione di domande di asilo successive; ritiene che le autorità nazionali competenti debbano condividere le informazioni utili in loro possesso, soprattutto quelle riguardanti la concessione e il respingimento delle domande di asilo, attraverso una banca dati europea come Eurodac, al fine di accelerare le procedure ed evitare domande multiple di asilo, nel rispetto della tutela dei dati personali; ritiene che la registrazione di tutti i richiedenti e i migranti irregolari che attraversano le frontiere sia una priorità;
41. osserva che la portata della protezione dei richiedenti asilo varia notevolmente da uno Stato membro all'altro per talune nazionalità e che ciò può contribuire ai movimenti successivi; è del parere che prendere in considerazione le esigenze individuali del richiedente nelle procedure di Dublino permetterebbe di ridurre i movimenti secondari; ritiene che tenere conto dei "comprovati legami significativi" nei confronti di un determinato Stato membro sia un approccio efficace per ridurre i movimenti secondari e chiede che ciò sia incluso tra i criteri di ricollocazione;
Rafforzare la governance e la convergenza tra gli Stati membri
42. sottolinea che la rete della Commissione delle unità Dublino degli Stati membri si è incontrata solo una o due volte l'anno e non ha avuto un ruolo operativo; osserva che l'utilizzo non coordinato della rete delle unità Dublino dell'EASO impedisce il funzionamento efficiente del regolamento Dublino III; osserva, tuttavia, che la rete delle unità Dublino dell'EASO è stata più attiva e che l'EASO ha effettuato una serie di missioni utili a sostegno degli Stati membri per l'attuazione del regolamento Dublino III, ad esempio l'elaborazione di documenti di orientamento e analisi, l'organizzazione di corsi di formazione o l'invio di agenti; sollecita una più stretta cooperazione tra le autorità nazionali competenti in materia di asilo al fine di condividere le informazioni, promuovere l'elaborazione di migliori prassi uniformi, semplificare i trasferimenti e contribuire a prevenire i casi di domande multiple; propone di incaricare l'EASO di istituire una governance rafforzata sull'applicazione del regolamento Dublino III, includendo un dialogo operativo mensile tra le autorità nazionali, nonché una piattaforma per lo scambio e la condivisione di informazioni e migliori pratiche;
43. invita la Commissione e gli Stati membri a includere, tra le fonti utilizzate per il controllo dell'attuazione del regolamento, informazioni attendibili e aggiornate fornite da attori non statali, in particolare le organizzazioni internazionali e le ONG;
44. osserva che tra il 2008 e il 2017 un numero significativo di domande di asilo è stato presentato da cittadini di paesi terzi che hanno viaggiato senza visto o con un visto di breve durata per entrare nello spazio Schengen[27]; rileva inoltre che alcune di tali domande sono state presentate in uno Stato membro diverso da quello per cui era stato rilasciato il visto; sottolinea che, in relazione alle successive procedure di Dublino, è stato dimostrato che le norme di cui agli articoli 12 e 14 non sono sufficientemente chiare, il che ostacola la determinazione dello Stato membro competente; invita la Commissione a chiarire in che modo gli articoli 12 e 14 del regolamento dovrebbero essere applicati all'atto della determinazione dello Stato membro competente per una domanda di asilo; propone di valutare l'introduzione, come gerarchia di criteri, del possibile impatto delle domande di ingresso senza visto sull'adeguato funzionamento del sistema di Dublino;
45. osserva che sono stati conclusi accordi bilaterali tra gli Stati membri per migliorare l'efficienza delle procedure di Dublino o assicurare il trasferimento dei richiedenti asilo; sottolinea tuttavia che tali accordi hanno altresì dimostrato di determinare un effetto negativo, che indebolisce in certi casi il conseguimento degli obiettivi del regolamento a livello europeo; esorta la Commissione e tutti gli Stati membri a stilare un bilancio dei fattori che contribuiscono a una maggiore efficienza, ad adottare azioni congiunte e coordinate per ottimizzare l'efficacia dell'attuazione del regolamento Dublino III e ad adoperarsi per armonizzare l'attuazione del regolamento; 46. osserva che gli Stati membri possono elaborare piani d'azione preventivi, con il sostegno della Commissione e in coordinamento con la stessa, laddove l'applicazione del regolamento possa essere ostacolata da un comprovato rischio di particolari pressioni sui sistemi di asilo degli Stati membri e/o da problemi relativi al funzionamento di detti sistemi, a norma dell'articolo 33; rileva che le suddette misure preventive possono tenere conto delle informazioni fornite dalla Commissione e dall'EASO e possono sfociare in un'autentica solidarietà concreta, conformemente all'articolo 80 TFUE, con gli Stati membri che subiscono particolari pressioni in relazione ai loro sistemi di asilo in generale, anche a causa di flussi migratori misti, e con i richiedenti, consentendo una migliore preparazione in caso di potenziali crisi in materia di asilo;
46. ritiene che l'attuazione del regolamento Dublino III non sia efficace, in quanto gli obiettivi principali non sono raggiunti, in particolare una determinazione rapida ed equa dello Stato membro competente per una domanda di protezione internazionale; ricorda che sono state individuate significative lacune di attuazione per una serie di diposizioni del sistema di Dublino; sottolinea che l'attuazione del regolamento è molto poco efficace rispetto agli sforzi, le risorse umane e il personale impiegati dagli Stati membri;
47. invita il Consiglio ad adottare il voto a maggioranza qualificata all'atto di riformare il regolamento Dublino III e di deliberare in relazione all'articolo 78, paragrafo 2, TFUE;
48. si rammarica che la Commissione non abbia ancora pubblicato la sua relazione di valutazione a norma dell'articolo 46; invita la Commissione a garantire un'attuazione più efficace del regolamento Dublino III;
°
° °
49. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri nonché ai parlamenti nazionali.
LETTERA DELLA COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLE DONNE E L'UGUAGLIANZA DI GENERE
On. Juan Fernando López Aguilar
Presidente
Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni
BRUXELLES
Oggetto: Parere sull'attuazione del regolamento Dublino III (2019/2206(INI))
Signor Presidente,
nel quadro della procedura in oggetto la commissione per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere ha deciso di sottoporre un parere alla Sua commissione. Nella riunione del 4 dicembre 2019, ha deciso di esprimere tale parere sotto forma di lettera.
La commissione per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere ha esaminato la questione nella riunione del 16 luglio 2020. In quest'ultima riunione[28] ha deciso di invitare la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i suggerimenti in appresso.
Voglia gradire, signor Presidente, i sensi della mia più profonda stima.
(f.to) Evelyn Regner
SUGGERIMENTI
A. considerando che le donne e le ragazze rappresentano un'alta percentuale delle persone richiedenti asilo vulnerabili, in quanto sono spesso soggette a forme di discriminazione multipla e a tutte le forme di violenza di genere, tratta e sfruttamento nei loro paesi di origine, nonché nei paesi di transito e destinazione, ovvero prima di ottenere uno status documentato;
1. sottolinea l'importanza di individuare e prendere in considerazione le esigenze delle donne e delle ragazze durante l'intera procedura di asilo; chiede un aiuto psicologico specifico e l'accesso ai diritti sessuali e riproduttivi per le donne che hanno subito traumi e, in particolare, violenze basate sul genere (tra cui la contraccezione d'emergenza, servizi di interruzione di gravidanza in condizioni di sicurezza e la profilassi post-esposizione all'HIV), come pure la necessità di una formazione sensibile al genere per tutti gli attori coinvolti nell'intera procedura d'asilo, comprese le autorità incaricate dell'applicazione della legge e gli assistenti sociali addetti all'immigrazione;
2. è estremamente preoccupato per la persistente violenza di genere perpetrata in particolare nei confronti delle donne, delle persone transgender e di tutte le persone che subiscono violenza a causa della loro identità di genere e/o del loro orientamento sessuale, problema che va affrontato al fine di proteggere i diritti fondamentali; condanna le misure coercitive adottate dalle forze dell'ordine nell'attuazione dei trasferimenti di Dublino, come segnalato in diversi Stati membri, in cui i richiedenti asilo sono stati ammanettati, sedati e sottoposti a violenze commesse dalla polizia; sottolinea che le donne, in particolare le donne in gravidanza, le donne con neonati, le donne con disabilità e le donne anziane, nonché i richiedenti asilo LGBTI+ sono particolarmente vulnerabili ed esposti a conseguenze a lungo termine;
3. condanna il trattenimento dei richiedenti asilo e considera paradossale l'applicazione di misure di trattenimento nei confronti delle vittime di violenza richiedenti asilo; reputa essenziale evitare di trattenere le donne in gravidanza e le donne con neonati, nell'interesse superiore della salute fisica e mentale sia della madre che del bambino; sottolinea che occorre esplorare attivamente alternative al trattenimento e che le domande di asilo connesse a violenze dovrebbero essere gestite in modo tale da proteggere le donne e le ragazze dal rischio di vittimizzazione secondaria;
4. ricorda che il diritto alla vita familiare è essenziale, soprattutto in vista delle prospettive di vita futura, compresa l'integrazione, e che pertanto è fondamentale procedere adeguatamente al tracciamento dei familiari negli Stati membri dell'UE, in modo da ottenere informazioni pertinenti ai fini del ricongiungimento familiare nel quadro della procedura Dublino III per la determinazione dello Stato membro responsabile della domanda di asilo.
VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALE
IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE
27 |
+ |
GUE/NGL |
Elena Kountoura, Eugenia Rodríguez Palop |
NI |
Isabella Adinolfi |
PPE |
Rosa Estaràs Ferragut, Frances Fitzgerald, Cindy Franssen, Lívia Járóka, Arba Kokalari, Elżbieta Katarzyna Łukacijewska, Christine Schneider, Elissavet Vozemberg-Vrionidi |
Renew |
Karen Melchior, Samira Rafaela, María Soraya Rodríguez Ramos, Hilde Vautmans, Chrysoula Zacharopoulou |
S&D |
Robert Biedroń, Vilija Blinkevičiūtė, Heléne Fritzon, Lina Gálvez Muñoz, Maria Noichl, Pina Picierno, Evelyn Regner |
Verts/ALE |
Gwendoline Delbos Corfield, Pierrette Herzberger Fofana, Diana Riba i Giner, Ernest Urtasun |
7 |
- |
ECR |
Derk Jan Eppink, Andżelika Anna Możdżanowska, Jessica Stegrud |
ID |
Simona Baldassarre, Isabella Tovaglieri, Christine Anderson, Annika Bruna |
0 |
0 |
Significato dei simboli utilizzati:
+ : favorevoli
- : contrari
0 : astenuti
INFORMAZIONI SULL'APPROVAZIONE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO
Approvazione |
30.11.2020 |
|
|
|
Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
45 10 13 |
||
Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Magdalena Adamowicz, Katarina Barley, Pietro Bartolo, Nicolas Bay, Vladimír Bilčík, Vasile Blaga, Ioan-Rareş Bogdan, Patrick Breyer, Saskia Bricmont, Jorge Buxadé Villalba, Damien Carême, Caterina Chinnici, Marcel de Graaff, Anna Júlia Donáth, Lena Düpont, Cornelia Ernst, Laura Ferrara, Nicolaus Fest, Jean-Paul Garraud, Maria Grapini, Sylvie Guillaume, Andrzej Halicki, Balázs Hidvéghi, Evin Incir, Sophia in 't Veld, Patryk Jaki, Lívia Járóka, Marina Kaljurand, Assita Kanko, Fabienne Keller, Peter Kofod, Łukasz Kohut, Moritz Körner, Alice Kuhnke, Jeroen Lenaers, Juan Fernando López Aguilar, Nuno Melo, Nadine Morano, Javier Moreno Sánchez, Maite Pagazaurtundúa, Nicola Procaccini, Emil Radev, Paulo Rangel, Terry Reintke, Diana Riba i Giner, Ralf Seekatz, Michal Šimečka, Birgit Sippel, Martin Sonneborn, Tineke Strik, Ramona Strugariu, Annalisa Tardino, Tomas Tobé, Dragoş Tudorache, Milan Uhrík, Tom Vandendriessche, Bettina Vollath, Jadwiga Wiśniewska, Elena Yoncheva, Javier Zarzalejos |
|||
Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Beata Kempa, Leopoldo López Gil, Kris Peeters, Anne-Sophie Pelletier, Sira Rego, Franco Roberti, Miguel Urbán Crespo, Hilde Vautmans |
VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO
45 |
+ |
PPE |
Magdalena Adamowicz, Vasile Blaga, Ioan-Rareş Bogdan, Lena Düpont, Andrzej Halicki, Jeroen Lenaers, Leopoldo López Gil, Nuno Melo, Kris Peeters, Emil Radev, Paulo Rangel, Ralf Seekatz, Tomas Tobé, Javier Zarzalejos |
S&D |
Katarina Barley, Pietro Bartolo, Caterina Chinnici, Maria Grapini, Sylvie Guillaume, Evin Incir, Marina Kaljurand, Łukasz Kohut, Juan Fernando López Aguilar, Javier Moreno Sánchez, Franco Roberti, Birgit Sippel, Bettina Vollath, Elena Yoncheva |
Renew |
Anna Júlia Donáth, Fabienne Keller, Moritz Körner, Maite Pagazaurtundúa, Ramona Strugariu, Dragoş Tudorache, Hilde Vautmans, Sophia in 't Veld, Michal Šimečka |
Verts/ALE |
Patrick Breyer, Saskia Bricmont, Damien Carême, Alice Kuhnke, Terry Reintke, Diana Riba i Giner, Tineke Strik |
NI |
Laura Ferrara |
10 |
- |
PPE |
Balázs Hidvéghi, Lívia Járóka, Nadine Morano |
ID |
Nicolas Bay, Nicolaus Fest, Jean-Paul Garraud, Peter Kofod, Tom Vandendriessche, Marcel de Graaff |
NI |
Milan Uhrík |
13 |
0 |
PPE |
Vladimír Bilčík |
ID |
Annalisa Tardino |
ECR |
Jorge Buxadé Villalba, Patryk Jaki, Assita Kanko, Beata Kempa, Nicola Procaccini, Jadwiga Wiśniewska |
GUE/NGL |
Cornelia Ernst, Anne-Sophie Pelletier, Sira Rego, Miguel Urbán Crespo |
NI |
Martin Sonneborn |
Significato dei simboli utilizzati:
+ : favorevoli
- : contrari
0 : astenuti
- [1] COM(2016) 197 final.
- [2] EPRS, "Dublin Regulation on International Protection Applications, European Implementation Assessment" (Regolamento Dublino relativo alle domande di protezione internazionale, valutazione dell'attuazione a livello europeo), febbraio 2020.
- [3] COM(2008)360 final.
- [4] Eurostat.
- [5] EPRS, "La riforma del sistema di Dublino", marzo 2019.
- [6] EASO, "Special Report: asylum trends and Covid-19", aprile 2020.
- [7] Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), parere 3/2019, marzo 2019.
- [8] EPRS 2020, pag. 39.
- [9] Corte dei Conti europea 2019, pag. 4, 51.
- [10] Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, considerando 23.
- [11] Eurostat, comunicato stampa 44/2016: http://www.assemblee-nationale.fr/dyn/15/rapports/due/l15b2342_rapport-information.pdf (cfr. pag. 23); https://www.senat.fr/rap/r15-795/r15-7952.html; https://frontex.europa.eu/assets/Publications/Risk_Analysis/Annual_Risk_Analysis_2017.pdf (cfr. pagg. 18-19).
- [12] Corte dei conti 2019, pag. 48.
- [13] La Cimade, "Règlement Dublin, la machine infernale de l'asile européen" (Regolamento Dublino – La macchina infernale dell'asilo europeo), aprile 2019.
- [14] Cfr. EPRS 2020, pag. 68.
- [15] Dutch Advisory Committee on Migration Affairs 2019.
- [16] EPRS 2020, pag. 63.
- [17] Dutch Advisory Committee on Migration Affairs 2019.
- [18] Posizione sostenuta dal Comitato delle regioni. Risoluzione dell'8 dicembre 2018 sul sistema europeo comune di asilo.
- [19] EPRS 2020, pag. 35.
- [20] EASO, aprile 2020; schede informative sul CEAS.
- [21] Ad esempio: EASO, "Practical guide on the implementation of the Dublin III Regulation" (Guida pratica sull'attuazione del regolamento Dublino III), ottobre 2019.
- [22] GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31.
- [23] GU L 239 del 15.9.2015, pag. 146.
- [24] GU L 248 del 24.9.2015, pag. 80.
- [25] GU C 58 del 15.2.2018, pag. 9.
- [26] EDAL, Corte EDU — Rahimi c. Grecia, ricorso n. 8687/08, sentenza del 5 luglio 2011: https://www.asylumlawdatabase.eu/en/content/ecthr-rahimi-v-greece-application-no-868708-1
- [27] Commissione europea, rete europea sulle migrazioni, "Impact of Visa Liberalisation on Countries of Destination" (Impatto della liberalizzazione dei visti sui paesi di destinazione), marzo 2019: https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/00_eu_visa_liberalisation_2019_synthesis_report_en_0.pdf
- [28] Erano presenti al momento della votazione finale: Evelyn Regner (presidente), Robert Biedroń (vicepresidente), Gwendoline Delbos-Corfield (vicepresidente), Evelyn Regner (relatrice per parere), Elena Kountoura, Eugenia Rodríguez Palop (GUE/NGL), Isabella Adinolfi (NI), Rosa Estaràs Ferragut, Frances Fitzgerald, Cindy Franssen, Lívia Járóka, Arba Kokalari, Elżbieta Katarzyna Łukacijewska, Christine Schneider, Elissavet Vozemberg Vrionidi (PPE), Karen Melchior, Samira Rafaela, María Soraya Rodríguez Ramos, Hilde Vautmans, Chrysoula Zacharopoulou (Renew), Robert Biedroń, Vilija Blinkevičiūtė, Heléne Fritzon, Lina Gálvez Muñoz, Maria Noichl, Pina Picierno, Evelyn Regner (S&D), Gwendoline Delbos Corfield, Pierrette Herzberger Fofana, Diana Riba i Giner, Ernest Urtasun (Verts/ALE), Derk Jan Eppink, Andżelika Anna Możdżanowska, Jessica Stegrud (ECR), Simona Baldassarre, Isabella Tovaglieri, Christine Anderson, Annika Bruna (ID) a norma dell'articolo 209, paragrafo 7, del regolamento.