RELAZIONE sulla persecuzione delle minoranze sulla base della religione o del credo
28.3.2022 - (2021/2055(INI))
Commissione per gli affari esteri
Relatore: Karol Karski
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
sulla persecuzione delle minoranze sulla base della religione o del credo
Il Parlamento europeo,
– visti gli articoli 2, 18 e 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,
– visti gli articoli 2, 4, 18, 24, 26 e 27 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,
– visti gli articoli 2 e 13 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali,
– visti gli articoli 6 e 21 del trattato sull'Unione europea (TUE),
– visto l'articolo 17 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),
– visti gli articoli 10, 14, 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
– visti l'articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, l'articolo 2 del suo protocollo n. 1 e l'articolo 12 del suo protocollo n. 12,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna,
– visto lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale,
– vista la dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 25 novembre 1981, sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o sul credo,
– vista la dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 18 dicembre 1992, sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche,
– vista la risoluzione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, del 24 marzo 2011, sulla lotta contro l'intolleranza, gli stereotipi negativi e la stigmatizzazione, la discriminazione, l'incitamento alla violenza e la violenza contro le persone basata sulla religione o il credo,
– visto il piano d'azione di Rabat, del 5 ottobre 2012, sul divieto di appello all'odio nazionale, razziale o religioso che costituisce incitamento alla discriminazione, all'ostilità o alla violenza,
– vista la decisione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata il 28 maggio 2019, che ha dichiarato il 22 agosto Giornata internazionale di commemorazione delle vittime di atti di violenza basati sulla religione o sul credo,
– vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 21 gennaio 2021, sulla promozione di una cultura di pace e tolleranza per salvaguardare i siti religiosi,
– viste le relazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite, del 15 luglio 2019 e 3 marzo 2021, sulle questioni relative alle minoranze, destinate al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e riguardanti in particolare, rispettivamente, il concetto di "minoranza" e i diffusi attacchi alle minoranze attraverso l'incitamento all'odio sui social media,
– vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di religione o di credo, del 12 ottobre 2020, che pone l'accento sull'importanza di salvaguardare la libertà di religione o di credo per tutti, ai fini dell'efficace attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e che evidenzia come le persone appartenenti a minoranze religiose o di credo corrano il rischio di essere lasciate indietro,
– vista la relazione annuale dell'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 28 dicembre 2020, sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche,
– vista la dichiarazione di Marrakesh, del 27 gennaio 2016, sui diritti delle minoranze religiose nelle comunità a maggioranza musulmana,
– viste le conclusioni del Consiglio sulla libertà di religione o di credo, del 16 novembre 2009,
– viste le conclusioni del Consiglio relative all'intolleranza, alla discriminazione e alla violenza fondate sulla religione o sul credo, del 21 febbraio 2011,
– viste le conclusioni del Consiglio sulle priorità dell'UE nelle sedi delle Nazioni Unite competenti in materia di diritti umani nel 2021, del 22 febbraio 2021,
– visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo, del 24 giugno 2013,
– visti gli orientamenti dell'UE in materia di non discriminazione nell'azione esterna, del 18 marzo 2019,
– viste le relazioni dell'inviato speciale per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell'UE,
– visto il piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024, da finanziare nell'ambito del quadro finanziario pluriennale 2021-2027,
– viste la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (COM(2018)0460) e la relativa proposta modificata (COM(2020)0459),
– vista l'assegnazione del Premio Sacharov per la libertà di pensiero del Parlamento europeo a Raif Badawi nel 2015, a Nadia Murad e a Lamiya Aji Bashar nel 2016, e a Ilham Tohti nel 2019,
– vista la sua risoluzione del 10 ottobre 2013 sulla discriminazione di casta[1], in particolare il paragrafo 6 sulla religione come fattore intersezionale di discriminazione e abuso,
– vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2019 sugli orientamenti dell'UE e sul mandato dell'inviato speciale dell'UE per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell'Unione europea[2],
– vista la sua risoluzione del 4 febbraio 2016 sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte del cosiddetto "ISIS/Daesh"[3],
– vista la sua risoluzione del 4 luglio 2017 sulla lotta alle violazioni dei diritti umani nel contesto di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, incluso il genocidio[4],
– vista la sua risoluzione del 15 marzo 2018 sulla situazione in Siria[5],
– viste le sue risoluzioni del 4 ottobre 2018 sulla detenzione di massa arbitraria di uiguri e kazaki nella regione autonoma uigura dello Xinjiang[6], del 18 aprile 2019 sulla Cina, in particolare sulla situazione delle minoranze religiose ed etniche[7], del 19 dicembre 2019 sulla situazione degli uiguri in Cina (China Cables)[8] e del 17 dicembre 2020 sul lavoro forzato e la situazione degli uiguri nella regione autonoma uigura dello Xinjiang[9],
– viste le sue risoluzioni del 7 luglio 2016[10], del 15 dicembre 2016[11], del 14 settembre 2017[12], del 14 dicembre 2017[13] e del 19 settembre 2019[14] sul Myanmar e la situazione dei rohingya,
– viste le sue risoluzioni del 28 novembre 2019 sulla situazione delle libertà in Algeria[15] e del 26 novembre 2020 sul deterioramento della situazione dei diritti umani in Algeria, in particolare il caso del giornalista Khaled Drareni[16],
– vista la sua risoluzione del 19 dicembre 2019 sulle violazioni dei diritti umani, incluse le libertà religiose, in Burkina Faso[17],
– vista la sua risoluzione del 16 gennaio 2020 sulla Nigeria, in particolare i recenti attacchi terroristici[18],
– viste le sue risoluzioni del 29 aprile 2021 sulle leggi sulla blasfemia in Pakistan, in particolare il caso di Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel[19], e in cui si menziona anche il caso di Asia Bibi, del 14 aprile 2016 sul Pakistan, in particolare l'attacco a Lahore[20], e del 13 dicembre 2018 sull'Iran, segnatamente sul caso di Nasrin Sotoudeh[21],
– vista la sua risoluzione del 25 novembre 2020 sulle conseguenze della pandemia di COVID-19 sul piano della politica estera[22],
– vista la sua raccomandazione del 29 aprile 2021 al Consiglio, alla Commissione e al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza concernente le relazioni UE-India[23],
– vista la sua raccomandazione al Consiglio del 9 giugno 2021 concernente la 75a e 76a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite[24],
– vista la sua risoluzione del 15 gennaio 2020 sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia – relazione annuale 2018[25], in particolare i paragrafi 42, 43 e 45,
– vista la sua risoluzione del 20 gennaio 2021 sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia – relazione annuale 2019[26], in particolare i paragrafi 103, 104, 106 e 107,
– viste le attività dell'intergruppo del Parlamento europeo sulla libertà di religione o di credo e la tolleranza religiosa,
– visto l'articolo 54 del suo regolamento,
– visto il parere della commissione per lo sviluppo,
– vista la relazione della commissione per gli affari esteri (A9-0071/2022),
A. considerando che i trattati delle Nazioni Unite sui diritti umani, così come il diritto internazionale e dell'UE, prevedono norme per la protezione dei diritti delle persone appartenenti a minoranze di credo o religiose quale parte integrante dei diritti umani;
B. considerando che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione comprende la libertà di scegliere cosa credere o non credere, la libertà di fondare una religione o un credo, di aderirvi, di cambiarli o abbandonarli senza costrizioni, e la libertà, individualmente o in seno a una comunità, e in modo privato o pubblico, di esprimere la propria religione o il proprio credo per quanto riguarda il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza; che questa libertà comporta anche il diritto per le organizzazioni religiose, laiche e non confessionali di avere una personalità giuridica riconosciuta; che la libertà di religione o di credo include anche il diritto di esprimere opinioni critiche o satiriche sulle religioni e sulle autorità religiose, come espressione legittima della libertà di pensiero o di creazione artistica;
C. considerando che, conformemente all'articolo 21 TUE, l'UE promuove e difende il rispetto della dignità umana, e l'universalità e l'indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali quali principi guida della sua politica estera;
D. considerando che la libertà di religione o di credo è violata in numerosissimi paesi nel mondo; che un gran numero di persone vive in paesi che impongono o tollerano gravi violazioni della libertà di pensiero, coscienza, religione o credo;
E. considerando che la discriminazione e la persecuzione delle minoranze sulla base del credo o della religione vengono attuate da diversi attori – Stati, attori non statali o una combinazione di entrambi – e possono assumere diverse forme, come uccisioni, torture, attacchi fisici, incarcerazioni di massa, arresti arbitrari, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali, coercizioni, conversioni forzate, rapimenti, matrimoni precoci e forzati, violenze di genere, stupri, abusi fisici e mentali, uso forzato di anticoncezionali e aborti, lavoro forzato e sfollamenti, traffico di esseri umani, minacce, esclusione, trattamento discriminatorio e ingiusto, molestie, espropriazioni, limitazioni dell'accesso alla cittadinanza, alle cariche elettive, all'occupazione, all'istruzione, ai servizi sanitari e amministrativi, distruzione di luoghi di culto, cimiteri e patrimonio culturale, e discorsi di odio offline e online;
F. che la pandemia di COVID-19 ha esacerbato la persecuzione e la violenza contro le minoranze religiose e di credo in alcuni paesi; che, inoltre, la crisi sanitaria ha fornito ad alcuni paesi un pretesto per adottare misure persecutorie per scopi estranei alla pandemia; che le minoranze religiose e di credo sono diventate particolarmente vulnerabili alle infezioni e alla mortalità da COVID-19 a causa della disparità di accesso a cure mediche adeguate;
G. considerando che le donne appartenenti a minoranze religiose o di credo sono particolarmente a rischio di un aumento della discriminazione e della violenza, che sono entrambe legate a fattori intersezionali quali il genere, la religione, la casta, l'origine etnica, gli squilibri di potere e il patriarcato, e che in alcuni casi sono giustificate da motivazioni religiose o di credo; che esse incontrano maggiori difficoltà nell'esercizio del loro diritto di lasciare una comunità religiosa o di credo a causa della mancanza di indipendenza sociale o economica, delle minacce di violenza o della perdita della custodia dei figli;
H. considerando che la violenza di genere e la discriminazione sulla base di motivi religiosi persistono; che le donne e le persone LGBTIQ+ continuano a subire discriminazioni e violenze inflitte in nome della religione da soggetti sia statali che non statali; che la salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti, compreso l'aborto, sono vietati in nome della religione da soggetti sia statali che non statali;
I. considerando che qualsiasi persecuzione sulla base della religione o del credo merita la massima condanna e reazioni rapide da parte dei governi nazionali e degli attori internazionali;
J. considerando che le pratiche relative alle convinzioni o alle religioni indigene fanno parte dell'identità culturale di un popolo; che i popoli indigeni hanno il diritto di promuovere, sviluppare e mantenere le loro strutture istituzionali e i costumi, la spiritualità, le tradizioni, le procedure e le pratiche che li distinguono, conformemente agli standard internazionali in materia di diritti umani;
K. considerando che in quasi tutte le regioni del mondo le minoranze religiose corrono il rischio di essere definite "gruppi terroristici" e i relativi membri di essere arrestati con l'accusa di "estremismo" o "attività illegali"; che alcuni governi utilizzano motivi imperativi di sicurezza nazionale e le misure antiterrorismo per criminalizzare l'appartenenza a determinati gruppi religiosi o di credo, o le loro attività; che approcci di questo tipo pregiudicano gravemente l'esercizio del diritto alla libertà di religione o di credo;
L. considerando che le minoranze religiose o di credo spesso non dispongono di un'adeguata rappresentanza nazionale; che la legislazione spesso trascura le esigenze e gli interessi di tali minoranze e che i governi impiegano una serie di misure extra-giuridiche che perseguitano, delegittimano o stigmatizzano le minoranze in questione;
M. considerando che, in numerosi conflitti e numerose crisi in tutto il mondo, gli attacchi al patrimonio culturale sono stati uno strumento di violenza simbolica e di politicizzazione del patrimonio culturale; che gli aspetti religiosi di tali conflitti hanno contribuito direttamente alle crisi umanitarie, agli sfollamenti, alla migrazione e alla violazione dei diritti religiosi e culturali e della dignità umana; che tali conflitti e crisi possono polarizzare società, paesi, regioni, gruppi etnici e comunità aumentando il rischio di conflitti violenti; che, pertanto, la distruzione e il saccheggio del patrimonio culturale possono essere un'arma da guerra e un segnale di avvertimento di future atrocità di massa; che, inoltre, questa distruzione e questo saccheggio rappresentano importanti ostacoli al dialogo, alla pace e alla riconciliazione;
N. considerando che la distruzione del patrimonio culturale rende vulnerabili le comunità, in particolare le comunità religiose, che si ritrovano così private di una parte importante della loro identità; che i gruppi estremisti e le altre parti coinvolte nei conflitti possono facilmente diffondere la loro influenza in zone in cui le identità e la coesione sociale sono state indebolite e le divisioni in seno alle comunità sono state rafforzate;
O. considerando che, nei casi di crimini internazionali fondati sulla religione o sul credo, gli autori hanno goduto dell'impunità, con alcune eccezioni minori, e che pertanto le atrocità hanno potuto continuare;
P. considerando che, conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio del 1948, gli Stati e le autorità pubbliche hanno l'obbligo non solo di punire gli autori dei genocidi, ma anche in primo luogo di prevenire tali crimini;
1. afferma il proprio fermo impegno a promuovere e tutelare i diritti delle persone appartenenti a minoranze religiose o di credo ovunque nel mondo, compreso il loro diritto di adottare, cambiare, scegliere, manifestare, esercitare o abbandonare il proprio credo o la propria religione, nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione; condanna con la massima fermezza tutte le persecuzioni, le violenze, gli incitamenti alla violenza e agli atti di terrorismo nei confronti di qualsiasi minoranza sulla base del credo o della religione, o della loro mancanza; sottolinea che, in alcuni casi, le violazioni di tali diritti umani possono equivalere a genocidio o a crimini contro l'umanità; condanna la negazione di siffatte violazioni o gli sforzi volti a ridurle al minimo, e ribadisce il proprio impegno a favore della loro eliminazione e il suo sostegno alle vittime;
2. sottolinea che gli Stati hanno la responsabilità primaria di promuovere e salvaguardare i diritti umani delle persone che appartengono a minoranze religiose o di credo, compresi il loro diritto di esercitare la loro religione o il loro credo e il loro diritto di non credere liberamente, e di proteggerli dalle violazioni di tali diritti, in particolare dai crimini contro l'umanità e dal genocidio;
3. ritiene che, indipendentemente dal credo, dalla religione, dal pensiero o dalla coscienza, sia essenziale promuovere e garantire l'inclusione di tutte le persone nelle loro società e nella vita politica, socioeconomica e culturale, così come garantire il rispetto della loro dignità, cittadinanza e libertà nonché dei loro diritti individuali;
4. sottolinea che la libertà di pensiero, di coscienza, di credo e di religione, comprese la libertà di culto, di osservanza, di pratica e di insegnamento, la libertà di credere o non credere, la libertà di sposare opinioni teiste, non teiste, agnostiche o atee, e il diritto all'apostasia sono diritti umani protetti dal diritto internazionale; sottolinea che la promozione e la protezione di tali diritti hanno contribuito al progresso dei diritti umani e della democrazia in un certo numero di contesti, anche in contesti repressivi; riconosce che le violazioni di tali diritti spesso aggravano l'intolleranza o la generano, costituendo molte volte un indicatore precoce di potenziali violenze e conflitti;
5. ricorda che la lotta alla discriminazione nei confronti di tutte le minoranze, a prescindere da tradizioni, convinzioni o religione, nonché la promozione e la tutela dei loro diritti contribuiscono ampiamente alla stabilità sociale e politica, alla riduzione della povertà, alla governance democratica e alla prevenzione dei conflitti;
6. sottolinea che la persecuzione delle minoranze sulla base della religione o del credo spesso si intreccia con altri motivi distinti, in particolare quelli legati all'origine nazionale o etnica, al genere o alla casta; evidenzia i casi in cui gruppi religiosi o di credo subiscono persecuzioni anche quando, pur essendo fortemente presenti nel territorio di uno Stato o non essendo demograficamente minoritari, si trovano in una situazione vulnerabile che li rende facili bersagli di violenza e repressione; sottolinea altresì che i convertiti che abbandonano una fede maggioritaria possono subire gravi violazioni dei loro diritti umani, tra cui la carcerazione, il divorzio forzato, il rapimento, la violenza fisica e l'omicidio;
7. esprime profonda preoccupazione dinanzi agli elevati livelli di coercizione, discriminazione, molestie, violenza e repressione nei confronti di persone appartenenti a minoranze religiose o di credo quale fenomeno globale che si sta intensificando in alcune regioni; prende atto del fatto che tale fenomeno interessa molte comunità religiose come il buddismo, il cristianesimo, l'induismo, l'islam e l'ebraismo tra le altre religioni, come pure i gruppi di persone che si professano atee, umaniste o agnostiche, o che non si identificano con alcuna religione o alcun credo;
8. deplora fortemente che in diversi paesi del mondo le organizzazioni non religiose, laiche e umaniste stiano subendo persecuzioni crescenti, comprese ondate di incitamento all'odio e uccisioni senza precedenti; denuncia il fatto che innumerevoli individui e organizzazioni della società civile sono sotto attacco semplicemente per aver pacificamente messo in dubbio, criticato o deriso le credenze religiose; sottolinea che questa continua violazione della libertà di pensiero e di espressione supera i confini geografici e culturali, anche all'interno degli Stati membri dell'UE;
9. evidenzia che tra gli autori degli atti di persecuzione figurano i regimi autoritari, i governi inclini a imporre la supremazia delle popolazioni etniche o religiose dominanti sulle minoranze, le organizzazioni terroristiche, i partiti o i gruppi politici e religiosi estremisti e anche, talvolta, i familiari, gli amici e i vicini delle vittime, ad esempio quando queste si convertono o abbandonano la loro religione;
10. accoglie con favore il ruolo positivo svolto da alcune comunità di credo e religiose e da organizzazioni basate sulla fede (OFB) non governative nelle attività umanitarie in zone di conflitto, nella lotta contro il degrado ambientale, nella promozione della pace e della riconciliazione e nella contribuzione allo sviluppo;
11. riconosce che le chiese, le OFB e altre istituzioni e associazioni di credo e religiose svolgono un ruolo significativo nel tessuto sociale dei paesi in via di sviluppo;
12. sottolinea che talune OFB svolgono un importante ruolo strategico nell'influenzare i membri delle loro comunità perché assumano un atteggiamento di comprensione e sostegno relativamente a questioni cruciali quali l'HIV, l'assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, e l'emancipazione delle ragazze e delle donne;
13. osserva che le chiese e altre istituzioni di credo e religiose, nonché le OFB, sono spesso gli unici prestatori di assistenza sanitaria e di altri servizi sociali nelle aree remote di taluni paesi in via di sviluppo e in contesti a rischio di conflitto;
14. è del parere che gli operatori umanitari dovrebbero essere formati per quanto riguarda gli aspetti sensibili specifici delle minoranze religiose e di credo nei contesti in cui le persone sono state sfollate, per fornire un aiuto e una protezione più inclusivi a una serie di popolazioni di rifugiati;
Rispondere alle principali sfide poste dalla persecuzione nei confronti delle minoranze religiose
15. evidenzia l'estrema importanza di accertare la responsabilità degli autori delle violazioni dei diritti umani nei confronti delle persone appartenenti a minoranze religiose o di credo; sottolinea l'importanza fondamentale di condurre indagini globali sulle violazioni dei diritti umani, garantire che le vittime e le loro famiglie abbiano un accesso effettivo alla giustizia e ai mezzi di ricorso e fornire loro risarcimenti adeguati; invita l'UE e i suoi Stati membri ad adoperarsi tempestivamente con i pertinenti meccanismi e commissioni delle Nazioni Unite accelerare le loro indagini sulle attuali violazioni dei diritti umani delle minoranze religiose o di credo in tutto il mondo; ribadisce, a tale proposito, il suo sostegno alla Corte penale internazionale e sottolinea l'importanza del suo ruolo nel perseguire i reati più gravi; osserva che lo Statuto di Roma copre sia i crimini contro l'umanità che il genocidio ai danni di gruppi sulla base della religione o del credo e stabilisce un quadro giuridico internazionale fondamentale per combattere l'impunità; invita l'UE e i suoi Stati membri ad aumentare il loro sostegno finanziario alla Corte penale internazionale e invita gli Stati membri delle Nazioni Unite a impegnarsi nella lotta contro l'impunità in tale contesto attraverso la ratifica dello Statuto di Roma; sottolinea la necessità di adoperarsi per prevenire atti di violenza fondati sul credo o sulla religione, in particolare crimini internazionali quali genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra; sottolinea la necessità per l'UE e i suoi Stati membri di attuare meccanismi che consentano loro di monitorare i segnali di allarme precoce e i fattori di rischio dei crimini internazionali, in base al quadro di analisi delle Nazioni Unite per le atrocità, di analizzarli e fornire risposte esaurienti, anche in conformità del dovere di prevenire e punire il crimine di genocidio;
16. osserva con preoccupazione che in tutto il mondo la maggior parte dei crimini d'odio di matrice religiosa o di credo continua a non essere sufficientemente denunciata e a non essere non perseguita; invita il Consiglio, la Commissione, il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e gli Stati membri dell'UE a collaborare con i paesi terzi per l'adozione di misure volte a prevenire e combattere i crimini ispirati dall'odio e per l'adozione di una legislazione pienamente conforme alle norme internazionali sulla libertà di espressione e la libertà di credo e di religione; invita altresì i governi a istituire un sistema completo di raccolta di dati sui crimini di odio e altri atti discriminatori contro le comunità religiose o di credo;
17. invita il Consiglio e gli Stati membri dell'UE ad applicare sanzioni alle persone e alle entità responsabili di abusi e violazioni gravi o sistematiche della libertà di religione o di credo o coinvolte in tali atti, come previsto dal regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani;
18. è costernato dall'inasprirsi delle persecuzioni nei confronti delle minoranze religiose o di credo durante la pandemia di COVID-19; denuncia il fatto che le persone appartenenti alle minoranze religiose o di credo sono divenute il capro espiatorio, sono state incolpate di aver diffuso il virus della COVID-19, sono state discriminate nell'accesso alla sanità pubblica, al cibo o agli aiuti umanitari o si sono viste negare tale accesso sulla base del credo o di criteri religiosi;
19. sottolinea che la fornitura di assistenza umanitaria deve essere libera da ogni genere di discriminazione e condanna fermamente qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla confessione religiosa nella distribuzione dell'assistenza umanitaria;
20. invita l'UE e i suoi Stati membri a riconoscere i diritti, le convinzioni e i valori delle popolazioni indigene e ad impegnarsi ad affrontare. in modo globale attraverso l'azione esterna dell'UE, la discriminazione specifica che le popolazioni indigene subiscono sulla base delle loro convinzioni;
21. esprime preoccupazione per l'applicazione della blasfemia e di leggi religiose che in alcuni paesi prevalgono sulle leggi nazionali; sottolinea che le donne e le ragazze appartenenti alle minoranze religiose o di credo sono prese di mira sempre più spesso e in modo specifico, allo scopo di arrecare danno alle loro comunità nel loro complesso; sottolinea che in particolare sono esposte ad aggressioni violente, rapimenti, stupri, violenza sessuale e di genere, conversione forzata, sterilizzazione e aborti forzati, mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati e precoci e reclusione domestica; condanna fermamente tutte queste violazioni dei diritti umani nei loro confronti e sottolinea che le misure di confinamento adottate durante la pandemia di COVID-19 hanno reso ancora più precaria la loro situazione a livello di diritti umani e limitato ulteriormente il loro accesso alle informazioni;
22. condanna qualsiasi atto o istigazione alla violenza, alla persecuzione, alla coercizione e alla discriminazione nei confronti di individui sulla base del genere o dell'orientamento sessuale, anche da parte di leader religiosi o sulla base di motivazioni religiose o di credo; sottolinea che la difesa della "tradizione" o della "moralità pubblica" non può in alcun caso contraddire le disposizioni internazionali in materia di diritti umani alle quali gli Stati devono aderire; ricorda, in particolare, la discriminazione in materia di occupazione, istruzione, accesso alla giustizia e a mezzi di ricorso effettivi, alloggio e assistenza sanitaria; esprime profonda preoccupazione per l'abuso e la strumentalizzazione del credo o della religione per imporre politiche, leggi, anche in materia penale, o restrizioni discriminatorie che contraddicono e compromettono i diritti delle persone LGBTIQ, delle donne e delle ragazze e limitano l'accesso ai servizi di base, quali l'istruzione e la salute, compresi i diritti sessuali e riproduttivi, criminalizzano l'aborto in tutti i casi, criminalizzano l'adulterio o agevolano pratiche religiose che violano i diritti umani; chiede l'abrogazione delle politiche, delle leggi o delle restrizioni pertinenti che sono spesso tradotte nella legislazione nazionale come restrizioni secolari;
23. condanna i culti religiosi le cui attività si rivolgono alla diaspora delle popolazioni provenienti dai paesi in via di sviluppo attraverso meccanismi volti a trarre profitto finanziario dalle vulnerabilità delle comunità di tali migranti in Europa e promuovendo visioni del mondo distorte, che integrano spesso omofobia, transfobia e misoginia;
24. condanna le violazioni dei diritti umani, gli abusi sessuali, il settarismo e gli illeciti finanziari compiuti da missionari e leader religiosi in diversi paesi in via di sviluppo;
25. condanna il ricorso a normative in materia di sicurezza, sedizione, turbativa dell'ordine pubblico, incitamento alla violenza e lotta al terrorismo e all'estremismo quale strumento per perseguitare o criminalizzare le persone appartenenti a minoranze religiose o di credo, vietare o limitare la professione o l'espressione della loro religione o del loro credo, chiudere i luoghi di culto e scoraggiare l'appartenenza ad associazioni religiose o di credo e la registrazione delle stesse; invita la Commissione e il SEAE a monitorare l'attuazione di tale legislazione e a sollevare sistematicamente la questione nell'ambito dei dialoghi bilaterali con i governi interessati; esorta gli Stati membri dell'UE a respingere qualsiasi richiesta di cooperazione giudiziaria e di polizia presentata dalle autorità straniere nell'ambito di procedimenti giudiziari specifici, se basati su tale legislazione;
26. condanna fermamente qualsiasi pratica di detenzione coercitiva in campi di rieducazione statali, di lavoro forzato o di sfruttamento di persone appartenenti a minoranze religiose o di credo, quando tra gli obiettivi vi è quello di costringere tali persone ad abbandonare la propria religione e ad assimilare la cultura, la lingua o i modi di pensiero dominanti; condanna altresì l'ampio ricorso a tecnologie di sorveglianza digitale per monitorare, controllare e reprimere le persone appartenenti a minoranze religiose o di credo;
27. deplora le restrizioni all'accesso alla documentazione legale e alla registrazione per le organizzazioni e gli individui appartenenti a minoranze religiose e di credo e ricorda che l'identità giuridica è un diritto che deve essere garantito a chiunque in condizioni di parità;
28. deplora che in oltre 70 paesi al mondo le autorità impongano norme penali o cerchino di introdurre nuove norme che prevedono pene per la blasfemia, l'apostasia, la diffamazione o gli insulti contro la religione e la conversione, compresa la pena di morte; osserva che le leggi già in vigore sono utilizzate in modo sproporzionato nei confronti di persone appartenenti a minoranze religiose o di credo e fomentano un clima di violenza, discriminazione e intolleranza religiosa, che può includere la violenza contro le comunità delle minoranze e la distruzione dei luoghi di culto; invita l'UE a intensificare il dialogo politico con tutti i paesi interessati, al fine di abrogare tali norme; sottolinea che l'azione esterna dell'UE a sostegno della promozione della libertà di religione o di credo trarrebbe vantaggio dagli sforzi compiuti dall'UE e dagli Stati membri nel collaborare per abolire le leggi sulla blasfemia in tutto il mondo; invita l'UE a dare l'esempio affrontando la sua situazione interna, a tale riguardo;
29. sottolinea la necessità di proteggere i difensori dei diritti umani, gli avvocati, le organizzazioni non governative e gli attivisti della società civile che aiutano e difendono coloro che sono perseguitati per motivi religiosi o di credo; denuncia il ricorso alle denunce di blasfemia, apostasia o ad altre accuse fondate su motivazioni religiose per reprimere tali persone e organizzazioni in relazione alle loro legittime attività, anche a mezzo Internet e social media;
30. sottolinea che gli Stati in cui è previsto il servizio militare obbligatorio dovrebbero consentire l'obiezione di coscienza, anche per motivi di religione o di credo, e prevedere un servizio nazionale alternativo;
31. ritiene che la mancanza di conoscenza e il mancato riconoscimento del ruolo della diversità di religioni e per gli individui e le comunità potrebbe alimentare i pregiudizi e gli stereotipi che contribuiscono ad accrescere le tensioni, le incomprensioni, gli atteggiamenti discriminatori e la mancanza di rispetto tra individui; ricorda che, come affermato dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, l'istruzione pubblica che comprenda l'insegnamento di una religione o di un credo particolari è incompatibile con il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, a meno che non siano previste esenzioni o alternative non discriminatorie, che soddisfino i desideri delle persone interessate e dei loro tutori;
32. sottolinea l'importanza di approcci strategici e iniziative educative che comprendano l'istruzione e i dialoghi interculturali, interconfessionali e interreligiosi, compresi quelli dei leader religiosi e delle organizzazioni della società civile, nell'affrontare la persecuzione, l'intolleranza e l'incitamento all'odio nei confronti delle minoranze sulla base del credo o della religione; ricorda che i dialoghi interculturali, interconfessionali e interreligiosi possono fungere da catalizzatore per sviluppare un senso di fiducia, rispetto e comprensione e costruire il rispetto reciproco e la riconciliazione, in modo da imparare a vivere insieme in modo pacifico e costruttivo in un contesto multiculturale;
33. osserva che i giovani nei paesi in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili alle ideologie estremiste e che un'istruzione di qualità costituisce uno dei passi decisivi nella lotta alla radicalizzazione; rileva che i movimenti estremisti sfruttano spesso la scarsa presenza dello Stato nelle zone rurali;
34. deplora che le piattaforme e le reti dei social media vengano sfruttate sempre di più come spazi per l'intimidazione e l'incitamento all'odio e alla violenza; sottolinea che le minoranze religiose o di credo continuano a essere oggetto della retorica dell'odio online e offline da parte di individui e gruppi organizzati in tutto lo spettro politico e religioso e invita i governi ad affrontare e contrastare tale fenomeno;
Rafforzare la politica estera e le azioni esterne dell'UE in materia di diritti umani per tutelare la libertà di credo e di religione delle persone appartenenti alle minoranze
35. osserva che il posto di inviato speciale dell'UE per la promozione della libertà di religione o di credo al di fuori dell'UE è rimasto vacante per oltre un anno; ribadisce il suo invito al Consiglio e alla Commissione a effettuare una valutazione trasparente e completa dell'efficacia e del valore aggiunto della posizione dell'inviato speciale, a dotare quest'ultimo di risorse appropriate e a sostenerne adeguatamente il mandato istituzionale, la capacità e i compiti; ribadisce il suo invito alla Commissione a garantire la trasparenza nella nomina, nel mandato, nelle attività e negli obblighi di rendicontazione dell'inviato speciale; sottolinea che i compiti dell'inviato speciale dovrebbero incentrarsi sulla promozione della libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di credo e del diritto all'apostasia e a professare l'ateismo, prestando altresì attenzione alla situazione dei non credenti a rischio; raccomanda che l'inviato speciale operi in stretta collaborazione e in modo complementare con il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani e il Gruppo "Diritti umani" del Consiglio (COHOM);
36. invita il Consiglio, la Commissione, il SEAE e gli Stati membri dell'UE a far fronte alle persecuzioni basate sul credo o sulla religione come una delle priorità della politica estera dell'Unione in materia di diritti umani, in linea con il piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024; evidenzia che per proteggere e promuovere la libertà di religione o di credo occorre un approccio multilivello e multilaterale che comprenda i diritti umani, il dialogo, la mediazione e la risoluzione dei conflitti e la prevenzione, in collaborazione con molteplici attori statali e non statali come organizzazioni di ispirazione religiosa, leader religiosi, gruppi di non credenti, organizzazioni della società civile e difensori dei diritti umani; chiede una cooperazione rafforzata con le iniziative delle Nazioni Unite in materia; ribadisce la sua richiesta di una revisione periodica e pubblica degli orientamenti dell'UE sulla libertà di religione o di credo, che consenta di valutare la loro attuazione e le proposte di aggiornamento; osserva che gli orientamenti dell'UE prevedono che, dopo tre anni, il COHOM ne valuti l'attuazione, ma che al momento non è stata trasmessa o resa pubblica alcuna valutazione; ritiene che tale valutazione debba mettere in luce le migliori prassi, individuare gli ambiti perfettibili e formulare raccomandazioni concrete sull'attuazione degli orientamenti secondo un calendario e traguardi precisi; invita a integrare la valutazione nelle relazioni annuali dell'UE sui diritti umani e sulla democrazia nel mondo; chiede inoltre che le relazioni sui progressi compiuti nell'attuazione degli orientamenti siano regolarmente trasmesse al Parlamento;
37. invita l'UE e i suoi Stati membri a rafforzare i meccanismi di protezione a livello giuridico e istituzionale al fine di garantire i diritti umani dei membri delle minoranze religiose e di credo e di chiunque si trovi in una situazione di vulnerabilità, comprese donne e ragazze, persone di etnie o caste diverse, anziani e persone con disabilità, migranti, rifugiati e sfollati interni nonché persone LGBTIQ, in modo che siano pienamente protetti sulla base dei loro diritti fondamentali e non siano oggetto di discriminazione a causa del loro credo o della loro religione;
38. sottolinea che la strumentalizzazione della religione e del credo costituisce un importante causa di conflitti in tutto il mondo; osserva che la persecuzione e la discriminazione basate sulla religione e sul credo costringono molti individui e comunità ad emigrare o a diventare sfollati interni; invita la Commissione e gli Stati membri dell'UE ad assistere tutti gli sfollati, compresi quelli appartenenti a minoranze religiose o di credo, che desiderano ritornare volontariamente nelle loro terre d'origine quando le condizioni materiali e di sicurezza lo consentono e quando non sussistono più le circostanze che hanno portato alla loro partenza, in particolare contribuendo al loro sostentamento e alla ricostruzione delle loro abitazioni e infrastrutture di base, quali scuole e ospedali;
39. invita l'UE e i suoi partner a prendere in considerazione la mappatura del ruolo della religione in determinati conflitti, identificando e impegnandosi nei confronti delle attuali azioni positive dei leader religiosi nel quadro delle iniziative per la costruzione della pace, l'analisi e la prevenzione dei conflitti, e ascoltando e valutando le molteplici voci rappresentative dei gruppi religiosi sia di maggioranza che di minoranza;
40. pone l'accento sul fatto che la violenza nei confronti delle minoranze religiose durante i conflitti può anche renderle vulnerabili a ulteriori attacchi nei contesti di sfollamento, a causa di interpretazioni errate dei principi umanitari di neutralità e universalità nonché della diffusa convinzione che la religione sia inessenziale o divisiva;
41. esorta il SEAE e le delegazioni dell'UE a includere obiettivi espressamente correlati alla persecuzione delle minoranze per motivi di credo o religione per tutte le situazioni pertinenti, nell'ambito delle strategie nazionali in materia di diritti umani e democrazia per il periodo 2021-2024; invita il SEAE e le delegazioni dell'UE a sollevare sistematicamente questioni generali e casi specifici relativi alla persecuzione o alla discriminazione nei confronti delle minoranze religiose o di credo durante i dialoghi sui diritti umani con i paesi partner e nei consessi delle Nazioni Unite sui diritti umani, seguendo nel contempo un approccio orientato ai risultati e includendo una prospettiva di genere; reitera la sua richiesta che i deputati al Parlamento europeo possano prendere visione del contenuto di tali strategie per paese; osserva che l'ateismo e i gruppi non religiosi stanno crescendo rapidamente e non dovrebbero essere trattati su un piede di parità nel quadro politico dell'UE;
42. sottolinea che in alcuni paesi le principali fonti di discriminazione nei confronti delle minoranze provengono da attori non statali; invita la Commissione e gli Stati membri a non concentrarsi esclusivamente sulla discriminazione di origine statale e a collaborare con i paesi partner per far fronte alle cause della discriminazione sociale nei confronti delle minoranze, con particolare riguardo all'incitamento all'odio;
43. invita le delegazioni dell'UE e le rappresentanze degli Stati membri a sostenere i difensori dei diritti umani e i giornalisti che si occupano di minoranze religiose o di credo e, se del caso, a facilitare il rilascio di visti di emergenza e a fornire temporaneamente rifugio negli Stati membri dell'UE qualora questi soggetti siano a rischio;
44. invita la Commissione a sostenere le organizzazioni della società civile e le campagne sociali che promuovono la comprensione e la consapevolezza riguardo ai gruppi religiosi e di credo non maggioritari, in particolare gli umanisti e gli atei nei paesi in cui essi sono vittime di forme di discriminazione particolarmente gravi;
45. invita la Commissione e il SEAE esaminare da vicino la situazione dei diritti umani delle minoranze religiose o di credo nei paesi terzi e l'attuazione dei relativi impegni di tali paesi nell'ambito degli accordi bilaterali con l'UE; invita la Commissione a riesaminare in particolare l'ammissibilità dei paesi terzi al sistema di preferenze generalizzate a tale riguardo; sostiene un sistema che conceda preferenze in misura graduale a un paese terzo in base al rispetto di suoi impegni in materia di diritti umani, compreso il rispetto delle libertà di religione o di credo;
46. sottolinea che l'UE dovrebbe tenere conto delle sfide concrete che le minoranze religiose, etniche e linguistiche si trovano spesso ad affrontare nell'accesso all'assistenza umanitaria a causa dell'emarginazione, degli attacchi diretti o della debole posizione socioeconomica; invita la Commissione a valutare l'effettivo accesso delle minoranze all'assistenza umanitaria e a garantire che la propria politica umanitaria non le trascuri;
47. deplora la distruzione e il danneggiamento dei siti religiosi, che costituiscono parte integrante del patrimonio culturale, e ne chiede la protezione e il restauro; raccomanda che l'UE includa la protezione del patrimonio culturale tra gli elementi delle sue azioni esterne di politica estera con l'obiettivo di preservare la pace, promuovere la riconciliazione e prevenire i conflitti; raccomanda che l'UE utilizzi la cooperazione in materia di patrimonio culturale come parte delle misure di rafforzamento della fiducia nei processi di pace;
48. invita la Commissione a garantire finanziamenti adeguati per le questioni relative alla protezione delle persone appartenenti a minoranze religiose o di credo, nel quadro del programma tematico sui diritti umani dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale – Europa globale; invita l'UE a garantire il rispetto dei principi di pluralismo, neutralità ed equità e ad astenersi rigorosamente dal rafforzare le politiche o la legislazione che favoriscono una fede o un gruppo religioso rispetto ad altri nell'assegnazione dei fondi destinati a tal fine;
49. raccomanda di rafforzare l'impegno multilaterale dell'UE al fine di promuovere e integrare il rispetto delle minoranze religiose o di credo nell'ambito delle politiche in materia di diritti umani in tutto il mondo; chiede che l'UE e i suoi Stati membri rafforzino la cooperazione con le Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), intensifichino il dialogo aperto e costruttivo con l'Unione africana, l'Organizzazione degli Stati americani, l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico, l'Organizzazione per la cooperazione islamica e altre organizzazioni regionali e stringano alleanze con paesi terzi o gruppi di Stati che condividono gli stessi principi, al fine di offrire risposte internazionali ai problemi in materia di diritti umani affrontati dalle minoranze religiose e di credo, in particolare dalle minoranze più vulnerabili o più colpite nelle zone di conflitto; raccomanda che l'UE continui a essere il patrocinatore delle risoluzioni sulla libertà di pensiero, di coscienza, di religione o di credo presso l'Assemblea generale e il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite; chiede iniziative congiunte UE-ONU per contrastare la persecuzione e la discriminazione nei confronti delle minoranze religiose o di credo e dei non credenti; invita l'UE a intensificare la cooperazione con il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, in particolare attraverso le procedure speciali del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, l'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani e il relatore speciale sulla libertà di religione o di credo; raccomanda inoltre che gli inviati speciali per la libertà di religione o di credo in tutti gli Stati membri dell'UE condividano le loro migliori prassi e operino in stretta collaborazione;
50. sottolinea l'importanza del 22 agosto che celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime di atti di violenza basati sulla religione o sul credo; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri dell'UE a prestare particolare attenzione a questa giornata nella loro pianificazione e a impegnarsi attivamente con le minoranze religiose o di credo al fine di dimostrare il loro impegno a promuovere e proteggere le loro libertà e adoperarsi per prevenire futuri atti di violenza e intolleranza nei loro confronti;
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51. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e alle Nazioni Unite.
PARERE DELLA COMMISSIONE PER LO SVILUPPO (5.11.2021)
destinato alla commissione per gli affari esteri
sulla persecuzione delle minoranze sulla base della religione o del credo
Relatore per parere: György Hölvényi
SUGGERIMENTI
La commissione per lo sviluppo invita la commissione per gli affari esteri, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:
A. considerando che le chiese possono essere intese come istituzioni e organizzazioni di ispirazione religiosa, le quali comprendono qualsiasi tipo di organizzazione, comunità e associazione religiosa; che l'UE intrattiene un dialogo aperto, trasparente e costante con tutte le chiese e le organizzazioni, conformemente all'articolo 17 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
B. considerando che le donne di fede e le persone appartenenti a minoranze religiose sono particolarmente esposte al rischio di una maggiore discriminazione e violenza in virtù di fattori intersezionali quali genere, casta, origine etnica, squilibri di potere e patriarcato;
C. considerando che nei paesi in via di sviluppo le minoranze religiose e di credo sono spesso prive di un'adeguata rappresentanza nazionale, che la legislazione tende a trascurare le esigenze e gli interessi di tali minoranze e che i governi locali si avvalgono di una serie di misure extragiudiziarie volte a perseguitarle, delegittimarle o stigmatizzarle;
D. considerando che le piattaforme dei social media vengono sfruttate sempre di più come spazi di incitamento all'odio e alla violenza; che le minoranze religiose e di credo continuano a essere oggetto di incitamento all'odio online e offline da parte di individui di tutti gli schieramenti politici;
1. riconosce che le chiese[27], le organizzazioni di ispirazione religiosa e le altre istituzioni di credo e religione, nonché le associazioni religiose, svolgono un ruolo significativo nel tessuto sociale dei paesi in via di sviluppo;
2. ricorda che la libertà di credo e di religione sono diritti umani fondamentali, sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite; riconosce l'importanza della libertà di credo e di religione per costruire una società inclusiva e conseguire pienamente gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite per il 2030;
3. sottolinea che talune organizzazioni della società civile, quali le organizzazioni di ispirazione religiosa, le associazioni religiose, le organizzazioni umanitarie e le organizzazioni non governative (ONG), sono partner importanti nella fornitura di assistenza umanitaria e aiuto allo sviluppo alle comunità difficili da raggiungere, poiché sono in prima linea, lavorano a stretto contatto con la popolazione locale e ne conoscono a fondo le esigenze, trovandosi pertanto nella posizione ideale per fornire aiuti e apportare un contributo significativo allo sviluppo sostenibile e al raggiungimento degli OSS, in particolare gli OSS 3 (salute e benessere) e 4 (istruzione di qualità);
4. rileva inoltre che le chiese, le istituzioni di credo e religione, talune organizzazioni della società civile e le organizzazioni di ispirazione religiosa operano in settori sociali in cui si riscontrano carenze nei servizi statali; rammenta, a tale proposito, la necessità di fornire alle organizzazioni di ispirazione religiosa e alle associazioni religiose, come pure alle organizzazioni della società civile che svolgono attività pertinenti, un aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e bilanci nazionali adeguati al fine di sostenerle nello svolgimento di tali servizi, in linea con i criteri dell'APS;
5. ricorda che la lotta alla discriminazione nei confronti di tutte le minoranze, a prescindere da tradizioni, credo o religione, nonché la promozione e la tutela dei loro diritti contribuiscono ampiamente alla stabilità sociale e politica, alla riduzione della povertà, alla governance democratica e alla prevenzione dei conflitti;
6. sottolinea che la libertà di religione o di credo dovrebbe essere intesa come un diritto fondamentale e riconosciuta quale componente imprescindibile di società pacifiche e resilienti; respinge la tendenza a considerare la libertà di religione o di credo avversa ai diritti delle donne e delle persone LGBTIQ o alla libertà di espressione;
7. osserva che le chiese e le altre istituzioni di credo e religione, le organizzazioni di ispirazione religiosa e le associazioni religiose possono svolgere un ruolo importante nel mediare la pace e nel contribuire alla coesione sociale e alla stabilità;
8. esorta l'UE a riconoscere che i leader religiosi, le organizzazioni di ispirazione religiosa e le ONG locali non soltanto sono partner preziosi nell'attuazione di progetti umanitari, di sviluppo e di pace, ma possono altresì contribuire alla progettazione, al monitoraggio e alla valutazione di tali iniziative, in virtù dell'esperienza fondata sul profondo radicamento in talune comunità locali, della conoscenza delle sensibilità e delle esigenze locali, del contatto diretto con le persone in situazioni di povertà ed esclusione, nonché della loro lunga tradizione di assistenza umanitaria;
9. riconosce che talune organizzazioni di ispirazione religiosa e ONG sono tra le prime organizzazioni sul campo, hanno svariati anni di esperienza e forniscono servizi sociali essenziali, restando sul campo anche quando molti altri attori lo abbandonano;
10. evidenzia che le organizzazioni religiose e di ispirazione religiosa, come pure le organizzazioni della società civile che lavorano nel campo della prevenzione dei conflitti, sono spesso presenti in ogni fase del ciclo di trasformazione degli stessi, in quanto impegnate nell'educazione alla pace e nella prevenzione dei conflitti, nella mediazione e nella risoluzione dei conflitti, nel dialogo interreligioso, nella costruzione di reti di leader locali per la pace nonché nella ricostruzione sociale e nel superamento dei traumi post-risoluzione, operando altresì nelle accademie e nei tribunali in cui i diritti umani, compresa la libertà di culto, ricevono un approfondimento teorico e un fondamento interculturale;
11. chiede alla Commissione e alle delegazioni dell'UE di confrontarsi con le chiese, le istituzioni di credo e religione e le organizzazioni di ispirazione religiosa locali nella pianificazione di progetti umanitari e iniziative in materia di sviluppo ed esorta la Commissione a coinvolgere tutti i portatori di interessi pertinenti, comprese le chiese, le istituzioni di credo e religione e le organizzazioni di ispirazione religiosa nell'attuazione dei progetti dell'UE; invita la Commissione ad adottare orientamenti specifici sul partenariato e la cooperazione con le chiese, le istituzioni di credo e religione e le organizzazioni di ispirazione religiosa in materia di cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari;
12. ritiene che la libertà di religione o di credo sia possibile soltanto con la garanzia della libertà personale e umana, comprensiva del diritto alla salute sessuale e riproduttiva e del diritto all'autodeterminazione, a prescindere dall'origine o dall'orientamento sessuale;
13. osserva che i giovani nei paesi in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili alle ideologie estremiste e che un'istruzione di qualità costituisce uno dei passi decisivi nella lotta alla radicalizzazione; rileva che i movimenti estremisti sfruttano spesso la scarsa presenza dello Stato nelle zone rurali;
14. ricorda che i leader religiosi hanno una responsabilità e un ruolo nella prevenzione dell'odio e della violenza nei confronti delle minoranze religiose e di credo; invita tutte le chiese, le istituzioni di credo e religione, le organizzazioni di ispirazione religiosa e i leader religiosi a promuovere un discorso tollerante e non discriminatorio, in particolare nei confronti dei gruppi vulnerabili della popolazione;
15. denuncia tutte le forme di violenza e coercizione, comprese le dichiarazioni pubbliche di ostilità da parte di leader religiosi, perpetrate ai danni di donne, ragazze e persone LGBTIQ e motivate da pratiche o convinzioni religiose; chiede l'abrogazione delle leggi discriminatorie emanate con riferimento a considerazioni religiose che criminalizzano l'adulterio, che colpevolizzano le persone sulla base dell'orientamento sessuale o dell'identità o espressione di genere, reali o percepiti, che criminalizzano qualsiasi forma di aborto o che promuovono pratiche religiose che violano i diritti umani;
16. condanna le attività dei culti religiosi che si rivolgono alla diaspora dai paesi in via di sviluppo, avvalendosi di meccanismi volti a trarre profitto finanziario dalle vulnerabilità delle comunità di migranti in Europa e promuovendo visioni del mondo distorte, che integrano spesso omofobia, transfobia e misoginia;
17. sottolinea la necessità che le chiese, le istituzioni di credo e religione e le comunità religiose rispettino, difendano e promuovano i diritti umani fondamentali per tutte le persone, a prescindere dal credo o dalla religione, senza distinzione alcuna, ad esempio sulla base di razza, colore della pelle, sesso, lingua, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale o sociale, patrimonio, nascita o qualsiasi altra condizione, nonché a prescindere dal genere e dall'orientamento sessuale; si oppone a qualsiasi tentativo di compromettere o negare tali diritti, soprattutto per quanto riguarda le condizioni dei minori, delle donne, degli anziani, dei gruppi più vulnerabili ed emarginati e di altre minoranze etniche, sociali o religiose;
18. riconosce che, nella sola Africa subsahariana, le organizzazioni di ispirazione religiosa forniscono circa il 40 % dell'assistenza sanitaria e una parte significativa dell'istruzione, nonostante il loro ruolo resti poco riconosciuto; sottolinea che le chiese, le istituzioni di credo e di religione e le organizzazioni di ispirazione religiosa stanno contribuendo allo sviluppo umano;
19. evidenzia che l'assistenza sanitaria e l'istruzione fornite dalle organizzazioni di ispirazione religiosa, dalle ONG e dagli attori locali della società civile dovrebbero essere accessibili a tutte le persone bisognose, a prescindere dal loro credo o dal loro contesto religioso; condanna, nell'ambito degli OSS, le restrizioni all'assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva da parte delle istituzioni religiose e delle organizzazioni e associazioni della società civile, in particolare qualora risulti necessaria a causa di patologie;
20. sottolinea che talune organizzazioni di ispirazione religiosa svolgono un importante ruolo strategico nell'influenzare i membri delle loro comunità, spingendoli ad assumere un atteggiamento di comprensione e sostegno su tematiche cruciali quali l'HIV, l'assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva e l'emancipazione delle ragazze e delle donne;
21. evidenzia che la persecuzione delle minoranze per motivi di religione o di credo è spesso interconnessa ad altre forme di discriminazione, legate in particolare all'etnia, al genere, all'orientamento sessuale e alla casta; invita l'UE a garantire che venga individuata chiaramente e affrontata in modo esaustivo qualsiasi discriminazione basata sulla religione o sul credo che si intersechi con altri fattori di esclusione, emarginazione e povertà;
22. osserva che le chiese e le altre istituzioni di credo e religione, nonché le organizzazioni di ispirazione religiosa, sono spesso gli unici prestatori di assistenza sanitaria e di altri servizi sociali nelle aree remote di taluni paesi in via di sviluppo e in contesti a rischio di conflitto;
23. accoglie con favore le attività svolte dalle chiese e da altre istituzioni di credo e religione, dalle iniziative interconfessionali e dai leader religiosi nel campo della gestione dei conflitti e della mediazione, come pure i loro sforzi a favore della riconciliazione, del dialogo e della pace; rileva l'importanza di integrare le minoranze religiose e di credo nel quadro dello slancio esterno dell'UE a favore della pace, della democrazia e dello sviluppo sostenibile; sottolinea che il dialogo interreligioso e interconfessionale è spesso cruciale, specie nelle zone di conflitto, per promuovere la pace, la riconciliazione e una società inclusiva a tutti i livelli;
24. evidenzia l'importanza delle iniziative della società civile nell'affrontare la persecuzione delle minoranze per motivi di credo e di religione e nel promuovere un approccio olistico che comprenda i diritti umani, la risoluzione dei conflitti, lo sviluppo umano e le iniziative interconfessionali e interreligiose;
25. deplora fermamente il fatto che in diversi paesi del mondo le organizzazioni non religiose, laiche e umaniste stiano affrontando un progressivo aggravarsi delle persecuzioni, comprese ondate senza precedenti di incitamento all'odio e omicidi; denuncia che innumerevoli individui e organizzazioni della società civile sono sotto attacco per aver pacificamente messo in discussione, criticato o fatto oggetto di satira le credenze religiose; sottolinea che la continua violazione della loro libertà di pensiero e di espressione supera i confini geografici e culturali, anche all'interno degli Stati membri dell'UE;
26. invita l'UE e i suoi partner a prendere in considerazione la mappatura del ruolo della religione in determinati conflitti, come pure l'identificazione e l'impegno nei confronti delle attuali azioni positive dei leader religiosi nel quadro delle iniziative per la costruzione della pace, l'analisi e la prevenzione dei conflitti, nonché l'ascolto e la valutazione delle molteplici voci rappresentative dei gruppi religiosi sia di maggioranza che di minoranza;
27. deplora l'involuzione e la regressione in atto rispetto alla salute sessuale e riproduttiva, ai diritti delle donne e delle ragazze, specie di quelle emarginate per motivi di superstizione (ad esempio, la stregoneria), e ai diritti delle persone LGBTIQ all'interno dell'UE e altrove, in particolare dietro la facciata della dottrina o dei principi religiosi; osserva che i fattori intersezionali, tra cui la religione e l'appartenenza a gruppi minoritari, aumentano il rischio di discriminazione nell'ambito di questa tendenza regressiva;
28. invita la Commissione e il Consiglio a rendere la lotta contro la persecuzione delle minoranze religiose e di credo una priorità nella programmazione delle attività relative all'assistenza allo sviluppo dell'UE, in linea con le aree di cooperazione per i programmi geografici e tematici dell'NDICI-Europa globale, nonché a porre in primo piano, promuovere e proteggere la libertà di credo e di religione;
29. rileva che la persecuzione delle minoranze per motivi di credo o di religione mette in pericolo non soltanto le vite umane, i diritti umani e lo sviluppo umano, ma anche il patrimonio culturale; invita la Commissione a integrare la tutela del patrimonio culturale in tutte le pertinenti dimensioni degli strumenti dell'Unione, soprattutto nella cooperazione allo sviluppo, e chiede un adeguato sostegno finanziario per la tutela del patrimonio culturale nella programmazione dell'NDICI-Europa globale;
30. ritiene che le comunità LGBTIQ siano parte integrante delle tradizioni religiose; riconosce che, come tutti gli esseri umani, le persone LGBTIQ hanno diritto alla libertà di espressione, di parola, di credo e di religione; ribadisce l'importanza del ruolo che le autorità religiose possono svolgere per garantire che la religione e la tradizione non siano utilizzate per discriminare, criminalizzare o escludere le persone sulla base del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere;
31. sottolinea che l'UE dovrebbe tenere conto delle sfide concrete che le minoranze religiose, etniche e linguistiche si trovano spesso ad affrontare nell'accesso all'assistenza umanitaria a causa dell'emarginazione, degli attacchi diretti sul campo o della debole posizione socioeconomica; invita la Commissione a valutare l'effettivo accesso delle minoranze all'assistenza umanitaria e a garantire che la propria politica umanitaria non le trascuri;
32. pone l'accento sul fatto che la violenza nei confronti delle minoranze religiose durante i conflitti può anche renderle vulnerabili a ulteriori attacchi nei contesti di sfollamento, a causa di interpretazioni errate dei principi umanitari di neutralità e universalità nonché della diffusa convinzione che la religione sia inessenziale o divisiva;
33. sottolinea che la fornitura di assistenza umanitaria deve essere libera da ogni genere di discriminazione e condanna fermamente qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla confessione religiosa nella distribuzione dell'assistenza umanitaria;
34. invita l'UE e i suoi Stati membri a rafforzare i meccanismi di protezione a livello giuridico e istituzionale al fine di garantire i diritti umani dei membri delle minoranze religiose e di credo e di chiunque si trovi in una situazione di vulnerabilità, comprese donne e ragazze, persone di etnie o caste diverse, anziani e persone con disabilità, migranti, rifugiati e sfollati interni nonché persone LGBTIQ, in modo che siano pienamente protetti sulla base dei loro diritti fondamentali e non siano oggetto di discriminazione a causa del loro credo o della loro religione;
35. condanna l'uso e l'interpretazione strumentale della religione a scapito dei diritti umani in taluni sistemi giuridici e attraverso la persecuzione istituzionale e la criminalizzazione delle minoranze religiose e di credo;
36. è del parere che gli operatori umanitari dovrebbero essere formati sugli aspetti sensibili specifici delle minoranze religiose e di credo nei contesti di sfollamento, al fine di fornire aiuti e protezione più inclusivi alle diverse popolazioni di rifugiati;
37. evidenzia la necessità di eliminare le discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose o di credo in materia di occupazione, istruzione, accesso alla giustizia e a mezzi di ricorso efficaci, alloggi e assistenza sanitaria, compresa l'assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva in linea con gli OSS; sottolinea la necessità di collaborare con le istituzioni e le organizzazioni per i diritti umani allo scopo di monitorare l'osservanza, esaminare le denunce e contrastare le leggi e le politiche che discriminano o perseguitano le minoranze sulla base del credo o della religione;
38. invita la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) a integrare, nelle azioni esterne dell'UE, la tutela della libertà di religione e di credo, nonché il diritto di cambiare o abbandonare la propria religione e il proprio credo senza coercizione, in particolare nei paesi in via di sviluppo;
39. esorta il Consiglio, la Commissione, il SEAE e gli Stati membri a collaborare con i paesi terzi in vista dell'adozione di misure volte a prevenire e combattere i crimini generati dall'odio, nel pieno rispetto delle norme internazionali sulla libertà di espressione e la libertà di credo e di religione;
40. invita l'UE a sviluppare adeguati meccanismi di responsabilità, reazione e sanzione per combattere efficacemente le violazioni della libertà di credo o di religione, comprese le discriminazioni o le restrizioni giuridiche fondate sul credo o sulla religione nei suoi paesi partner, come pure qualsiasi tipo di ostacolo alla libertà di pensiero, credo o religione, alla libertà di associazione e alla libertà di espressione; invita inoltre la Commissione a combattere le gravi violazioni dei diritti umani, come previsto dal regime globale di sanzioni dell'UE in materia di diritti umani;
41. ricorda che la separazione di natura politica e giuridica tra religione e Stato è un requisito indispensabile per il pieno esercizio dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto; invita l'UE a garantire che i propri programmi di sviluppo e il sostegno finanziario alle autorità nazionali e locali nei paesi terzi siano coerenti con i principi di laicità, anche nel campo dell'istruzione, e ad astenersi rigorosamente dal rafforzare la normativa e le politiche governative che favoriscono un gruppo religioso o di credo rispetto agli altri;
42. riconosce che in alcuni paesi in via di sviluppo la pandemia di COVID-19 ha esacerbato la persecuzione e la violenza nei confronti delle minoranze religiose e di credo e le ha rese particolarmente vulnerabili all'infezione e alla mortalità da COVID-19 in virtù della disparità di accesso a cure mediche adeguate;
43. denuncia il ricorso a misure restrittive della libertà, nell'ambito delle misure di prevenzione della pandemia, volte a discriminare le minoranze religiose e di credo; chiede ai paesi partner in via di sviluppo di mettere a punto sistemi di protezione sociale inclusivi che non discriminino le minoranze sulla base della religione o del credo o per qualsiasi altro motivo in termini di parità di accesso all'assistenza sanitaria, ai prodotti alimentari, agli aiuti umanitari o all'istruzione; invita l'UE a dotarsi di strumenti che consentano di rivolgersi con maggiore efficacia alle popolazioni più vulnerabili, comprese le minoranze religiose e di credo;
44. riconosce il particolare ruolo svolto dai leader religiosi, dalle organizzazioni di ispirazione religiosa e dalle comunità di fede in materia di educazione, preparazione e risposta alla COVID-19; rileva che i leader religiosi sono integrati nelle rispettive comunità mediante reti di assistenza e solidarietà e sono spesso in grado di raggiungere i più vulnerabili, fornendo assistenza e informazioni sanitarie, e di individuare i più bisognosi; osserva che i leader religiosi costituiscono un nodo cruciale della rete di sicurezza per le persone vulnerabili all'interno delle rispettive comunità di fede e delle comunità in senso più ampio;
45. sottolinea che in alcuni paesi le principali fonti di discriminazione nei confronti delle minoranze provengono da attori non statali; invita la Commissione e gli Stati membri a non concentrarsi esclusivamente sulla discriminazione di origine statale e a collaborare con i paesi partner per far fronte alle cause della discriminazione sociale nei confronti delle minoranze, con particolare riguardo all'incitamento all'odio;
46. chiede alla Commissione di collegare la questione della libertà di religione ai trattati commerciali conclusi tra l'UE e i suoi partner esterni;
47. condanna le violazioni dei diritti umani, gli abusi sessuali, il settarismo e gli illeciti finanziari compiuti da missionari e leader religiosi in diversi paesi in via di sviluppo.
INFORMAZIONI SULL'APPROVAZIONE
IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE
Approvazione |
27.10.2021 |
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|
|
Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
13 4 9 |
||
Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Anna-Michelle Asimakopoulou, Hildegard Bentele, Dominique Bilde, Catherine Chabaud, Antoni Comín i Oliveres, Ryszard Czarnecki, Gianna Gancia, Mónica Silvana González, György Hölvényi, Rasa Juknevičienė, Beata Kempa, Pierfrancesco Majorino, Erik Marquardt, Janina Ochojska, Jan-Christoph Oetjen, Michèle Rivasi, Christian Sagartz, Marc Tarabella, Tomas Tobé, Miguel Urbán Crespo, Chrysoula Zacharopoulou, Bernhard Zimniok |
|||
Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Stéphane Bijoux, Caroline Roose, Patrizia Toia, Carlos Zorrinho |
VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALE
IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE
13 |
+ |
ID |
Gianna Gancia |
PPE |
Anna-Michelle Asimakopoulou, Janina Ochojska, Tomas Tobé |
Renew |
Stéphane Bijoux, Catherine Chabaud, Jan-Christoph Oetjen, Chrysoula Zacharopoulou |
S&D |
Mónica Silvana González, Pierfrancesco Majorino, Marc Tarabella, Patrizia Toia, Carlos Zorrinho |
4 |
- |
The Left |
Miguel Urbán Crespo |
Verts/ALE |
Erik Marquardt, Michèle Rivasi, Caroline Roose |
9 |
0 |
ECR |
Ryszard Czarnecki, Beata Kempa |
ID |
Dominique Bilde, Bernhard Zimniok |
NI |
Antoni Comín i Oliveres |
PPE |
Hildegard Bentele, György Hölvényi, Rasa Juknevičienė, Christian Sagartz |
Significato dei simboli utilizzati:
+ : favorevoli
- : contrari
0 : astenuti
INFORMAZIONI SULL’APPROVAZIONE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO
Approvazione |
15.3.2022 |
|
|
|
Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
59 1 13 |
||
Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Alviina Alametsä, Alexander Alexandrov Yordanov, François Alfonsi, Maria Arena, Petras Auštrevičius, Traian Băsescu, Anna Bonfrisco, Reinhard Bütikofer, Fabio Massimo Castaldo, Susanna Ceccardi, Włodzimierz Cimoszewicz, Katalin Cseh, Tanja Fajon, Anna Fotyga, Michael Gahler, Giorgos Georgiou, Sunčana Glavak, Raphaël Glucksmann, Klemen Grošelj, Bernard Guetta, Márton Gyöngyösi, Sandra Kalniete, Peter Kofod, Andrius Kubilius, Ilhan Kyuchyuk, Jean-Lin Lacapelle, David Lega, Miriam Lexmann, Nathalie Loiseau, Leopoldo López Gil, Antonio López-Istúriz White, Jaak Madison, Claudiu Manda, Lukas Mandl, Thierry Mariani, Pedro Marques, David McAllister, Vangelis Meimarakis, Sven Mikser, Francisco José Millán Mon, Javier Nart, Gheorghe-Vlad Nistor, Urmas Paet, Demetris Papadakis, Kostas Papadakis, Tonino Picula, Manu Pineda, Giuliano Pisapia, Thijs Reuten, María Soraya Rodríguez Ramos, Nacho Sánchez Amor, Isabel Santos, Jacek Saryusz-Wolski, Andreas Schieder, Radosław Sikorski, Jordi Solé, Sergei Stanishev, Tineke Strik, Hermann Tertsch, Dragoş Tudorache, Hilde Vautmans, Harald Vilimsky, Idoia Villanueva Ruiz, Viola Von Cramon-Taubadel, Thomas Waitz, Witold Jan Waszczykowski, Charlie Weimers, Isabel Wiseler-Lima, Bernhard Zimniok, Željana Zovko |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Özlem Demirel, Peter van Dalen |
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Supplenti (art. 209, par. 7) presenti al momento della votazione finale |
Alexandr Vondra |
VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO
59 |
+ |
ECR |
Jacek Saryusz‑Wolski, Hermann Tertsch, Alexandr Vondra, Witold Jan Waszczykowski, Charlie Weimers |
ID |
Anna Bonfrisco, Susanna Ceccardi |
NI |
Fabio Massimo Castaldo, Márton Gyöngyösi |
PPE |
Alexander Alexandrov Yordanov, Traian Băsescu, Peter van Dalen, Michael Gahler, Sunčana Glavak, Sandra Kalniete, Andrius Kubilius, David Lega, Leopoldo López Gil, Antonio López-Istúriz White, David McAllister, Lukas Mandl, Vangelis Meimarakis, Francisco José Millán Mon, Gheorghe-Vlad Nistor, Radosław Sikorski, Isabel Wiseler-Lima |
Renew |
Petras Auštrevičius, Katalin Cseh, Klemen Grošelj, Bernard Guetta, Ilhan Kyuchyuk, Nathalie Loiseau, Javier Nart, Urmas Paet, María Soraya Rodríguez Ramos, Dragoş Tudorache, Hilde Vautmans |
S&D |
Maria Arena, Włodzimierz Cimoszewicz, Tanja Fajon, Raphaël Glucksmann, Claudiu Manda, Pedro Marques, Sven Mikser, Demetris Papadakis, Tonino Picula, Giuliano Pisapia, Thijs Reuten, Nacho Sánchez Amor, Isabel Santos, Andreas Schieder, Sergei Stanishev |
Verts/ALE |
Alviina Alametsä, François Alfonsi, Reinhard Bütikofer, Jordi Solé, Tineke Strik, Viola Von Cramon-Taubadel, Thomas Waitz |
1 |
- |
NI |
Kostas Papadakis |
13 |
0 |
ECR |
Anna Fotyga |
ID |
Peter Kofod, Jean-Lin Lacapelle, Jaak Madison, Thierry Mariani, Harald Vilimsky, Bernhard Zimniok |
PPE |
Miriam Lexmann, Željana Zovko |
The Left |
Özlem Demirel, Giorgos Georgiou, Manu Pineda, Idoia Villanueva Ruiz |
Significato dei simboli utilizzati:
+ : favorevoli
- : contrari
0 : astenuti
- [1] GU C 181 del 19.5.2016, pag. 69.
- [2] GU C 411 del 27.11.2020, pag. 30.
- [3] GU C 35 del 31.1.2018, pag. 77.
- [4] GU C 334 del 19.9.2018, pag. 69.
- [5] GU C 162 del 10.5.2019, pag. 119.
- [6] GU C 11 del 13.1.2020, pag. 25.
- [7] GU C 158 del 30.4.2021, pag. 2.
- [8] GU C 255 del 29.6.2021, pag. 60.
- [9] GU C 445 del 29.10.2021, pag. 114.
- [10] GU C 101 del 16.3.2018, pag. 134.
- [11] GU C 238 del 6.7.2018, pag. 112.
- [12] GU C 337 del 20.9.2018, pag. 109.
- [13] GU C 369 dell'11.10.2018, pag. 91.
- [14] GU C 171 del 6.5.2021, pag. 12.
- [15] GU C 232 del 16.6.2021, pag. 12.
- [16] GU C 425 del 20.10.2021, pag. 126.
- [17] GU C 255 del 29.6.2021, pag. 45.
- [18] GU C 270 del 7.7.2021, pag. 83.
- [19] GU C 506 del 15.12.2021, pag. 77.
- [20] GU C 58 del 15.2.2018, pag. 151.
- [21] GU C 388 del 13.11.2020, pag. 127.
- [22] GU C 425 del 20.10.2021, pag. 63.
- [23] GU C 506 del 15.12.2021, pag. 109.
- [24] GU C 67 dell'8.2.2022, pag. 150.
- [25] GU C 270 del 7.7.2021, pag. 25.
- [26] GU C 456 del 10.11.2021, pag. 94.
- [27] Con il trattato di Lisbona, il dialogo tra le istituzioni europee e le chiese, le associazioni o comunità religiose nonché le organizzazioni filosofiche e non confessionali trova una base giuridica nell'articolo 17 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.