Proposta di risoluzione - B7-0376/2012Proposta di risoluzione
B7-0376/2012

PROPOSTA DI RISOLUZIONE sulla politica dell'UE relativa alla Cisgiordania e a Gerusalemme Est

27.6.2012 - (2012/2964(RSP))

presentata a seguito di una dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
a norma dell'articolo 110, paragrafo 2, del regolamento

Kyriacos Triantaphyllides, Patrick Le Hyaric, Willy Meyer, Nikolaos Chountis, Jacky Hénin, João Ferreira, Sabine Lösing a nome del gruppo GUE/NGL

Vedasi anche la proposta di risoluzione comune RC-B7-0373/2012

Procedura : 2012/2694(RSP)
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B7-0376/2012
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B7‑0376/2012

Risoluzione del Parlamento europeo sulla politica dell'UE relativa alla Cisgiordania e a Gerusalemme Est

(2012/2964(RSP))

Il Parlamento europeo,

–   vista la Carta delle Nazioni Unite,

–   viste le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, in particolare la risoluzione 181 (1947) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e le risoluzioni 242 (1967), 252 (1968), 338 (1973), 476 (1980), 478 (1980), 1397 (2002), 1515 (2003) e 1850 (2008) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,

–   vista la quarta Convenzione di Ginevra sulla protezione delle persone civili in tempo di guerra, del 1949,

–   visto il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sulle "conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nel territorio palestinese occupato, del 9 luglio 2004,

–   viste le sue precedenti risoluzioni, in particolare quella del 29 settembre 2011 sulla situazione in Palestina e del 10 settembre 2010 sulla situazione del fiume Giordano, con particolare riferimento alla zona del Basso Giordano,

–   viste le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente del 14 maggio 2012, del 18 luglio e del 23 maggio 2011 e dell'8 dicembre 2009,

–   visto il discorso sugli ultimi sviluppi in Medio Oriente e in Siria del VP/AR Catherine Ashton durante la sessione plenaria del Parlamento europeo del 12 giugno 2012,

–   viste le dichiarazioni del VP/AR Catherine Ashton, in particolare quella sull'espansione degli insediamenti, dell'8 giugno 2012, sulla decisione delle autorità israeliane per quanto riguarda lo status degli insediamenti di Sansana, Rechelim e Bruchin nel territorio palestinese occupato, del 25 aprile 2012, e quella sull'approvazione degli insediamenti israeliani, del 22 febbraio 2012,

–   vista la relazione dei capi della missione dell'UE su Gerusalemme Est, del gennaio 2012,

–   vista la relazione dei capi della missione dell'UE dal titolo "Zona C e costruzione dello Stato palestinese", del luglio 2011,

–   visto il piano biennale per la creazione di uno Stato, dal titolo "Mettere fine all'occupazione e creare uno Stato", del primo ministro palestinese Salam Fayyad, dell'agosto 2009,

–   visto l'accordo provvisorio sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza, del 18 settembre 1995,

–   visti gli accordi di Oslo (Dichiarazione dei principi riguardanti progetti di aiuto al governo ad interim), del 13 settembre 1993,

–   visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che la Cisgiordania e Gerusalemme Est, con la Striscia di Gaza, sono territori occupati; che il diritto umanitario internazionale, compresa la quarta Convenzione di Ginevra, è pienamente applicabile a tali territori; che Israele, quale forza di occupazione, è tenuto, tra l'altro, ad assicurare, in buona fede, che siano soddisfatte le necessità basiche della popolazione palestinese occupata, ad amministrare la sua occupazione in modo da arrecare beneficio alla popolazione locale, a proteggere e a preservare i beni civili, e ad evitare di trasferire la propria popolazione nel territorio occupato e la popolazione del territorio occupato nel proprio territorio;

B.  considerando che tanto il diritto inalienabile del popolo palestinese all'autodeterminazione e a uno Stato sovrano quanto il diritto di esistenza dello Stato d'Israele entro frontiere sicure sono indiscutibili; che l'appoggio alle aspirazioni del popolo palestinese a un proprio Stato e a quelle degli israeliani e dei palestinesi a favore dello sviluppo in un ambiente sicuro costituisce un elemento essenziale per una pace duratura e la stabilità e prosperità nella regione;

C. considerando che, conformemente al diritto internazionale, gli insediamenti israeliani sono illegali e costituiscono un ostacolo considerevole agli sforzi di pace; che la costruzione e espansione degli insediamenti, pianificata e condotta dal governo israeliano, costituisce una minaccia significativa alla fattibilità della soluzione basata sull'esistenza di due Stati, come affermato anche nelle recenti relazioni pubblicate dai capi della missione dell'UE su "Zona C e creazione dello Stato palestinese" e su Gerusalemme Est, entrambe trapelate nella stampa;

D. considerando che la continua espansione degli insediamenti illegali e la violenza dei coloni, le restrizioni in materia di pianificazione e la conseguente grave penuria di case, la demolizione di case, gli sfratti e gli sfollamenti, il sequestro di terre, le difficoltà di accesso all'acqua e a altre risorse naturali, e la mancanza di servizi e assistenza sociali di base, ecc., hanno un impatto negativo considerevole sulle condizioni di vita dei palestinesi in Cisgiordania, in particolare nella Zona C e a Gerusalemme Est; che la situazione economica in tali zone, aggravata dalle restrizioni all'accesso, al movimento e alla pianificazione, continua a costituire una fonte considerevole di preoccupazione;

E.  considerando che, conformemente alla relazione annuale dell'OIL, il 53,5% delle donne e il 32,3% degli uomini cisgiordani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è disoccupato, in particolare a causa delle condizioni imposte dall'occupazione;

F.  considerando che gli accordi di Oslo del 1993 hanno suddiviso il territorio della Cisgiordania in tre zone: le Zone A, B e C; che la Zona C, sotto controllo civile e di sicurezza israeliano, costituisce il 62% del territorio, ed è l'unica zona contigua a disporre della maggior parte della terra fertile e ricca di risorse della Cisgiordania; che l'accordo provvisorio sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza del 1995 dichiarava che la Zona C sarebbe stata trasferita gradualmente sotto la giurisdizione palestinese, il che non è tuttora avvenuto;

G. considerando che la presenza palestinese nella Zona C è stata minata dalle politiche del governo israeliano e che, come risultato di queste politiche, solo il 5,8% della popolazione palestinese in Cisgiordania vive nella Zona C, mentre il numero di coloni israeliani, stimato a 310 000, è più del doppio del numero stimato della popolazione palestinese nella Zona C e che, quindi, la protezione della popolazione palestinese e dei suoi diritti nella Zona C per preservare la fattibilità della soluzione basata sull'esistenza dei due Stati riveste la massima importanza;

H. considerando che Israele, nella sua "Legge fondamentale: Gerusalemme, capitale di Israele", del 1980, ha dichiarato, violando il diritto internazionale, che Gerusalemme è la capitale, completa e unita, di Israele; che la risoluzione 478 (1980) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha stabilito che tutte le misure e azioni legislative e amministrative adottate da Israele, come potenza occupante, che abbiano alterato o abbiano dato l'impressione di alterare il carattere e lo status di Gerusalemme, e in particolare la Legge fondamentale, sarebbero nulle e non avvenute e devono essere immediatamente revocate; che le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 hanno ancora ribadito che occorre trovare un modo per risolvere, attraverso i negoziati, lo status di Gerusalemme quale futura capitale dei due Stati;

I.   considerando che gli sviluppi in corso a Gerusalemme Est, come sottolineato anche nella relazione dei capi della missione dell'UE, fanno sì che le prospettive di Gerusalemme come futura capitale dei due Stati siano sempre più improbabili e impraticabili, il che mina la soluzione basata sull'esistenza dei due Stati; che Gerusalemme Est è sempre più separata dalla Cisgiordania, mentre il bacino storico in seno a Gerusalemme è sempre più separato dal resto di Gerusalemme Est, e che i palestinesi residenti nelle zone periferiche, come Silwan e Sheikh Jarrah, vivono sotto la minaccia permanente dell'espulsione e dell'esproprio;

J.   considerando che la contiguità del territorio è gravemente e ulteriormente compromessa in seguito alla costruzione di strade ad uso esclusivo dei coloni che dividono ulteriormente il territorio palestinese e privano la popolazione occupata dell'accesso alle proprie terre, all'acqua e ad altre risorse nonché alle comunità vicine, il che influisce seriamente sulla loro vita quotidiana;

K. considerando che, mentre i palestinesi residenti a Gerusalemme Est rappresentano il 37% della popolazione di Gerusalemme e il 36% delle entrate fiscali del comune, solo il 10% del bilancio comunale viene destinato a Gerusalemme Est, in cui la prestazione di servizi è altamente inadeguata; che la maggior parte delle istituzioni palestinesi, tra cui la Casa d'Oriente, sono state chiuse dalle autorità israeliane a Gerusalemme Est, creando un vuoto istituzionale e un'assenza di leadership nella popolazione locale palestinese, il che resta una delle principali preoccupazioni; che le autorità israeliane ricorrono a politiche e a tattiche che si prefiggono di cancellare la presenza palestinese a Gerusalemme, come l'invio in esilio di membri del CLP da Gerusalemme;

L.  considerando che i palestinesi residenti a Gerusalemme Est hanno lo status di residente permanente, che può essere solo trasferito ai figli in determinate condizioni e che non si trasferisce automaticamente mediante matrimonio, il che impedisce alle spose e ai figli di numerosi residenti permanenti di Gerusalemme Est di vivere con i loro familiari; che, d'altro canto, circa 200 000 coloni israeliani vivono a Gerusalemme Est e nei suoi dintorni;

M. considerando che la presenza palestinese nella Zona C e a Gerusalemme Est è stata minata dalle politiche del governo israeliano; che un elemento chiave di tali politiche è la creazione e l'espansione degli insediamenti; che, in virtù del diritto internazionale, gli insediamenti israeliani sono illegali e costituiscono un grave ostacolo agli sforzi di pace mentre sono sovvenzionati dal governo israeliano con considerevoli incentivi negli ambiti fiscale, dell'alloggio, delle infrastrutture, delle strade, dell'accesso all'acqua, dell'istruzione, dell'assistenza sanitaria, ecc.; che, nel 2011, si è registrata la maggior espansione di insediamenti nella zona di Gerusalemme dal 1967; che la violenza e le molestie contro i civili palestinesi, sotto protezione militare israeliana, hanno causato gravi incidenti e lesioni mortali; che, in mancanza di un meccanismo di controllo efficace dell'UE, continuano ad essere importati prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani nel mercato europeo sotto un regime preferenziale;

N. considerando che il muro di separazione costruito da Israele, che non segue la Linea Verde, isola una parte considerevole del territorio palestinese tanto in Cisgiordania quanto a Gerusalemme Est, e separa comunità e famiglie, bambini dalle loro scuole, adulti dalla loro attività economica; che il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sulle conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nel territorio palestinese occupato, del 2004, ha dichiarato che la costruzione del muro che Israele, potenza occupante, sta erigendo nel territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est e i suoi dintorni, e il suo regime connesso, sono contrari al diritto internazionale;

O. considerando che l'articolo 2 dell'accordo di associazione UE-Israele afferma che la relazione tra l'UE e Israele si basa sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici che guidano le loro politiche interne e esterne, quale elemento essenziale dell'accordo;

P.  considerando che più di 4000 prigionieri palestinesi, tra cui donne e bambini e alcuni detenuti da più di vent'anni, compresi ventisette membri del Consiglio legislativo palestinese, e più di trecento palestinesi in detenzione amministrativa, continuano ad essere detenuti nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani;

Q. considerando che la popolazione palestinese in Cisgiordania, in particolare nella Zona C, e a Gerusalemme Est, fa fronte a una grave scarsità di acqua; che gli agricoltori palestinesi sono duramente colpiti dalla mancanza di acqua per l'irrigazione, provocata dall'utilizzo della maggior parte dell'acqua in questione da parte di Israele e dei coloni israeliani; che la disponibilità di risorse idriche sufficienti è essenziale per la sostenibilità di un futuro Stato palestinese;

R.  considerando che il blocco della Striscia di Gaza e la crisi umanitaria di questa zona proseguono nonostante i numerosi appelli della comunità internazionale a favore di un'apertura immediata, permanente e incondizionata dei punti di passaggio per permettere il flusso dell'aiuto umanitario, delle merci e delle persone da e verso Gaza, come è stato anche ribadito nelle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012;

S.  considerando che i beduini arabi sono un popolo indigeno che conduce una vita agricola sedentaria e tradizionale nelle proprie terre ancestrali e che sono alla ricerca di un riconoscimento formale e permanente della loro situazione e del loro status unici; che i beduini arabi, minacciati dalle politiche israeliane che minano i loro mezzi di sussistenza, compresi i trasferimenti forzati, sono una popolazione particolarmente vulnerabile tanto nel territorio palestinese occupato quanto nel Negev (Naqab); che l'esercito israeliano ha deciso di avviare l'emissione di ordini di demolizione contro la comunità Jahalin (2300 persone, due terzi delle quali sono bambini) nel blocco di insediamenti di Ma’ale Adumim, il che ha portato alla distruzione di più del 90% delle case e di altre strutture, tra cui due scuole a Khan al-Ahmar e a Wadi Abu Hindi, frequentate da duecento bambini Jahalin, tagliandoli così effettivamente fuori dal sistema educativo; che il piano israeliano è quello di delocalizzare la comunità in una zona a soltanto trecento metri dalla discarica vicino alla città palestinese di Abu Dis;

T.  considerando che l'Unione europea è il maggior donatore per l'Autorità palestinese e che gli aiuti umanitari e allo sviluppo forniti dalla comunità internazionale, dall'Unione europea e dai suoi Stati membri in particolare non esonerano Israele, come potenza occupante, dai suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale; considerando che da gennaio 2011 oltre sessanta progetti finanziati dall'Unione europea o dai suoi Stati membri sono stati danneggiati o distrutti dalle forze israeliane e oltre cento progetti simili sono sotto la minaccia di demolizione;

U. considerando che il Parlamento europeo ha più volte confermato il proprio sostegno alla soluzione fondata sulla coesistenza pacifica di due Stati, che prevede lo Stato di Israele fianco a fianco, in pace e in sicurezza, a uno Stato della Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma, che ha chiesto la ripresa dei colloqui di pace diretti tra le parti e ha dichiarato che non devono essere riconosciute modifiche ai confini precedenti al 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, a prescindere da quelle concordate tra le parti;

1.  ribadisce nuovamente il proprio sostegno alla soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, in base ai confini del 1967, con Gerusalemme come capitale di entrambi, che prevede lo Stato di Israele fianco a fianco, in pace e in sicurezza, a uno Stato della Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma; accoglie favorevolmente le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente del 14 maggio 2012, ribadendo che l'UE non riconoscerà alcuna modifica dei confini precedenti al 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, rispetto a quelli concordati dalle parti e invita l'Unione europea a procedere al riconoscimento immediato di uno Stato palestinese indipendente;

2.  sottolinea nuovamente che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est sono illegali in base al diritto internazionale; chiede un congelamento immediato, completo e permanente di tutte le costruzioni degli insediamenti israeliani e delle attività di espansione che, alterando la situazione in loco e alterando la demografia, costituiscono quindi una grave minaccia per la realizzabilità della soluzione dei due Stati, nonché per lo smantellamento di tutti gli avamposti eretti da marzo 2001; accoglie e sostiene pienamente i paragrafi 6 e 7 delle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 concentrandosi sulle questioni degli insediamenti, Gerusalemme Est e della zona C; chiede che tali violazioni israeliane siano discusse al più alto livello politico, comprese le riunioni del Consiglio di associazione UE-Israele;

3.  sottolinea l'importanza di proteggere la popolazione palestinese e i suoi diritti nella zona C e a Gerusalemme Est, chiede il rispetto del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale, indispensabile per mantenere in vita la realizzabilità della soluzione a due Stati;

4.  condanna fermamente tutti gli atti di estremismo dei coloni, la violenza e i maltrattamenti nei confronti dei civili palestinesi e invita il governo e le autorità israeliane a ritirarli, a smettere di proteggerli e a processare e a condannare i colpevoli di tali atti, poiché la mancanza di responsabilità sfocia nell'impunità;

5.  ribadisce il suo appello ad eliminare immediatamente e incondizionatamente il blocco della Striscia di Gaza e ad adottare misure che consentano la ricostruzione e la ripresa economica di questa regione; sottolinea l'urgenza di ristabilire il legame politico e la comunicazione tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania;

6.  chiede il congelamento immediato, completo e permanente dell'Accordo di associazione UE-Israele in conformità dell'articolo 2; invita la Commissione e il Consiglio a garantire che siano inseriti un relativo meccanismo e un'analoga clausola di salvaguardia nelle norme di partecipazione a HORIZON 2020 (successore di FP7); esprime la sua totale opposizione alla partecipazione di Israele ai programmi AED e a progetti militari; invita gli Stati membri a conformarsi alle disposizioni della posizione comune dell'Unione europea sul commercio di armi (in base alla quale deve essere considerato il rispetto del diritto umanitario internazionale di un paese prima di rilasciare licenze di esportazione a tale paese);

7.  chiede una piena ed effettiva attuazione della vigente legislazione dell'Unione e degli attuali accordi bilaterali UE-Israele, nonché l'istituzione da parte della Commissione di un adeguato ed efficace meccanismo di controllo dell'Unione al fine di evitare che i prodotti degli insediamenti israeliani siano importati sul mercato europeo in regime preferenziale; chiede agli Stati membri di far rispettare la corretta e adeguata etichettatura;

8.  invita il governo e le autorità israeliane a rispettare i loro obblighi di potenza occupante in particolare:

–   ponendo immediatamente termine alla demolizione di case, agli sgomberi e ai trasferimenti coatti di palestinesi,

–   facilitando le attività di pianificazione e di costruzione palestinese, nonché l'attuazione di progetti di sviluppo palestinese,

–   facilitando l'accesso e gli spostamenti,

–   revocando il divieto ai ricongiungimenti familiari a Gerusalemme Est,

–   cessando immediatamente di confiscare terre palestinesi in zona C per insediamenti e altre costruzioni,

–   facilitando l'accesso dei palestinesi a terreni agricoli e a pascoli,

–   garantendo l'equa distribuzione dell'acqua per soddisfare le esigenze della popolazione palestinese,

–   migliorando l'accesso della popolazione palestinese ad adeguati servizi sociali e all'assistenza, in particolare nei settori dell'istruzione (scuole in numero sufficiente) e della sanità pubblica e

–   facilitando le operazioni umanitarie nella zona C e a Gerusalemme Est;

9.  chiede la riapertura delle istituzioni palestinesi a Gerusalemme Est con particolare riguardo alla Orient House;

10. chiede di por fine alla detenzione amministrativa dei palestinesi da parte delle autorità israeliane e a rilasciare immediatamente i prigionieri politici palestinesi e i detenuti amministrativi;

11. chiede la protezione della popolazione araba beduina che vive nei territori palestinesi occupati e nel Negev (Naqab); chiede l'immediata cessazione di trasferimenti coatti, espropriazioni o demolizioni subite da questa popolazione e chiede il miglioramento delle loro condizioni di vita, fornendo loro servizi adeguati sulle loro terre ancestrali; chiede in tale contesto il ritiro del piano Prawer da parte del governo israeliano;

12. sottolinea nuovamente l'urgenza di giungere ad una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi; chiede a Israele di sospendere immediatamente le attività di insediamento al fine di consentire la ripresa dei colloqui di pace diretti tra le due parti;

13. continua a sostenere la politica di resistenza non violenta del presidente Abbas e a incoraggiare la riconciliazione intrapalestinese e la costruzione dello Stato palestinese con elezioni parlamentari e presidenziali, che sono elementi importanti di questo processo;

14. invita il Consiglio e la Commissione a continuare a sostenere e a fornire assistenza a istituzioni palestinesi e a progetti di sviluppo nella zona C e a Gerusalemme Est con l'obiettivo di tutelare e rafforzare la popolazione palestinese; chiede inoltre di considerare Israele finanziariamente responsabile della demolizione dei progetti finanziati dalla UE e dai suoi Stati membri nei territori palestinesi occupati; sottolinea che occorre esercitare pressioni su Israele affinché smetta di rifiutarsi di comunicare le entrate doganali e fiscali appartenenti all'Autorità palestinese;

15. invita la Commissione e il Consiglio a chiedere che le autorità israeliane attuino interamente la Convenzione per i diritti del fanciullo delle Nazioni Unite del 1990 nei confronti dei bambini palestinesi, sia in Israele sia in Cisgiordania e a Gerusalemme, con particolare riguardo all'articolo 37, relativo alla punizione, all'arresto e alla detenzione di bambini;

16. invita tutti i deputati del Parlamento europeo e quelli dei parlamenti nazionali a discutere con i loro colleghi della Knesset le questioni delle violazioni commesse da parte israeliana nei territori palestinesi occupati;

17. sollecita nuovamente l'UE e gli Stati membri a svolgere un ruolo politico più attivo, nell'impegno volto a pervenire ad una pace giusta e duratura fra israeliani e palestinesi;

18. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al rappresentante speciale dell'UE nel processo di pace in Medio Oriente, all'inviato del Quartetto per il Medio Oriente, alla Knesset e al governo di Israele, al Presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese.