Proposta di risoluzione - B7-0231/2013Proposta di risoluzione
B7-0231/2013

PROPOSTA DI RISOLUZIONE sulle condizioni di lavoro e le norme sulla salute e la sicurezza a seguito dei recenti episodi di incendi di fabbriche e crolli di edifici in Bangladesh

20.5.2013 - (2013/2638(RSP))

presentata a seguito di una dichiarazione della Commissione
a norma dell'articolo 110, paragrafo 2, del regolamento

Helmut Scholz, Paul Murphy, Thomas Händel, Willy Meyer, Marie-Christine Vergiat, Alda Sousa, Nikolaos Chountis, Patrick Le Hyaric, Marisa Matias a nome del gruppo GUE/NGL

Vedasi anche la proposta di risoluzione comune RC-B7-0223/2013

Procedura : 2013/2638(RSP)
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B7-0231/2013
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B7‑0231/2013

Risoluzione del Parlamento europeo sulle condizioni di lavoro e le norme sulla salute e la sicurezza a seguito dei recenti episodi di incendi di fabbriche e crolli di edifici in Bangladesh

(2013/2638(RSP))

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sul Bangladesh, in particolare quelle del 17 gennaio 2013[1], del 6 settembre 2007[2] e del 10 luglio 2008[3],

–   viste le sue risoluzioni del 25 novembre 2010 sui diritti umani e le norme sociali e ambientali negli accordi commerciali internazionali[4] e sulla responsabilità sociale delle imprese negli accordi commerciali internazionali[5],

–   visto l'Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica popolare del Bangladesh sul partenariato e sullo sviluppo[6],

–   viste le convenzioni dell'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro, OIL) sul quadro promozionale per la sicurezza e la salute sul lavoro (C-187 del 2006) e sulla sicurezza e la salute dei lavoratori (C-155 del 1981), che non sono state ratificate dal Bangladesh e dal Pakistan, e le rispettive raccomandazioni (R-197); viste inoltre la convenzione sull'ispezione del lavoro (C-81 del 1947), della quale il Bangladesh è firmatario, e le relative raccomandazioni (R-164),

–   vista la comunicazione della Commissione intitolata "Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese" (COM(2011)0681);

–   viste le proprie risoluzioni del 6 febbraio 2013 "sulla responsabilità sociale delle imprese: comportamento commerciale trasparente e responsabile e crescita sostenibile"[7] e "sulla responsabilità sociale delle imprese: promuovere gli interessi della società e un cammino verso una ripresa sostenibile e inclusiva"[8],

–   visti i principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani, che hanno definito un quadro per i governi e le aziende finalizzato alla tutela e al rispetto dei diritti umani, quali sono stati approvati dal Consiglio dei diritti dell'uomo nel giugno 2011,

–   visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che il Bangladesh è il secondo esportatore mondiale di prodotti d'abbigliamento, per un volume complessivo pari a 19 miliardi di dollari USA nel 2011; che esso è anche il terzo maggior fornitore di tessile-abbigliamento dell'UE, dopo Cina e Vietnam; che questo settore rappresenta il 13% del PIL del Bangladesh e l'80% delle sue esportazioni;

B.  considerando che la stragrande maggioranza delle importazioni di cotone del Bangladesh è utilizzata per la fabbricazione di prodotti tessili e d'abbigliamento destinati all'esportazione, settore che rappresenta l'80% di tutte le esportazioni di manufatti, e che la maggior parte dei prodotti tessili e di abbigliamento che il paese produce sono esportati verso i paesi sviluppati, in particolare Stati membri dell'UE, Canada e Stati Uniti;

C. considerando che la sabbiatura di jeans denim e altri prodotti tessili è una pratica particolarmente diffusa in Bangladesh, visto che, secondo le stime, metà dei 200 milioni di paia di jeans esportate dal paese è sottoposta a sabbiatura, e che detta pratica espone i lavoratori a rischi estremi per la salute dovuti alle particelle di silice che entrano nell'organismo e causano malattie mortali, come la silicosi;

D. considerando che nell'industria bangladese dell'abbigliamento il costo del lavoro rappresenta circa il 5% del costo del prodotto finale; che un aumento della paga mensile dei lavoratori tessili del Bangladesh dal suo livello attuale di circa 30 euro a un livello di 80 euro porterebbe a un incremento stimato dei prezzi dei prodotti tessili per i rivenditori al dettaglio tedeschi di circa 28 centesimi al pezzo, se restassero invariati i tassi di profitto dei maggiori rivenditori;

E.  considerando che la globalizzazione capitalista e il desiderio, da parte soprattutto delle multinazionali, di trasferire la produzione in paesi a bassi salari, come il Bangladesh, hanno determinato la delocalizzazione delle industrie tessili dai paesi sviluppati, tra cui gli Stati membri dell'UE, con conseguenze in termini di disoccupazione e gravi crisi socioeconomiche;

F.  considerando che il 40% della popolazione del Bangladesh vive al di sotto della soglia di povertà (cioè con meno di 1,25 dollari al giorno), il che significa che il Bangladesh è in 146a posizione su 182 paesi secondo l'Indice di Sviluppo Umano (ISU o HDI);

G. considerando che il 24 aprile 2013 a Savar, alla periferia di Dacca, l'edificio Rana Plaza, che ospitava varie fabbriche di abbigliamento, è crollato causando la morte di oltre 1000 persone, mentre più di 2500 sono rimaste ferite;

H. considerando che l'edificio crollato era stato costruito illegalmente e non rispettava le norme di sicurezza, e che i proprietari delle fabbriche avevano insistito affinché i lavoratori tornassero al lavoro nonostante il giorno prima fossero state scoperte delle crepe e malgrado un ingegnere consulente avesse avvertito che l'edificio doveva restare evacuato;

I.   considerando che il disastro è stato preceduto da un incendio nella fabbrica Tazreen Fashion di Ashulia nel novembre 2012, in cui oltre 100 lavoratori sono morti e molti altri sono rimasti feriti, e che pochi giorni dopo la tragedia di Savar, l'8 maggio, un incendio nella fabbrica d'abbigliamento Tung Hai, nel distretto di Mirpur (Dacca), è costato la vita a otto persone;

J.   considerando che una commissione d'inchiesta governativa, composta dal ministero dell'Interno e dalla commissione parlamentare permanente per il ministero del Lavoro e dell'occupazione, è giunta alla conclusione che il proprietario della fabbrica della Tazreen dev'essere incriminato per "negligenza imperdonabile", ma che egli non è mai stato arrestato; che il 28 aprile è stata presentata all'Alta Corte del Bangladesh una petizione con cui si chiede il suo arresto e in cui le autorità sono accusate di inerzia;

K. considerando che il 16 maggio, nella provincia di Kampong Speu, in Cambogia, il tetto di una fabbrica di calzature è crollato causando la morte di almeno due persone;

L.  considerato che, in tutti i casi citati, l'elevato numero di vittime è stato imputato principalmente all'assenza di misure minime di sicurezza, alle modalità illegali e disfunzionali di costruzione degli edifici e al mancato riconoscimento del diritto dei lavoratori di difendere i propri interessi;

M. considerando che, secondo quanto riferito dai giornali bangladesi, nel paese ci sono solo 51 ispettori per controllare oltre 200 000 fabbriche;

N. considerando che, in base alle informazioni pubblicate dall'International Labour Rights Forum (ILFR, il forum internazionale per i diritti del lavoro), dal 2005 oltre 600 lavoratori del settore dell'abbigliamento hanno perso la vita in incendi nelle fabbriche del Bangladesh, mentre, stando a quanto riferito dalle organizzazioni per i diritti umani, nessuno dei proprietari o dei dirigenti degli impianti è mai stato sottoposto a processo;

O. considerando che esiste una responsabilità comune, a tutti i livelli della catena di produzione e distribuzione, dai consumatori finali in Europa, passando per i rivenditori al dettaglio e risalendo fino ai dirigenti delle fabbriche e ai governi, che impone di agire per migliorare le norme sul lavoro e la sicurezza nel settore dell'abbigliamento, a beneficio dei lavoratori;

P.  considerando che, sebbene alcune imprese occidentali sostengano di applicare "codici di buona condotta", le condizioni di lavoro restano tuttora deplorevoli, specialmente per quanto riguarda gli orari di lavoro, i salari, il lavoro minorile e la sicurezza dei lavoratori;

Q. considerando che la concorrenza nell'economia globalizzata – che determina nel settore dell'abbigliamento e delle calzature cicli sempre più brevi, ritmi di produzione sempre più intensi e livelli di consumo sempre più elevati – genera pressioni insostenibili sui costi di produzione e sul costo del lavoro e fa pagare prezzi inaccettabili in termini di sicurezza e salute dei lavoratori;

R.  considerando che il settore tessile e dell'abbigliamento rappresenta oggi la seconda maggiore attività economica al mondo in termini di intensità degli scambi e che l'industria tessile è ritenuta uno dei settori industriali più inquinanti; che la filatura, la tessitura e la produzione di fibre industriali danneggiano la qualità dell'aria, e che la tintura e la stampa consumano grandi quantità di acqua e di sostanze chimiche e rilasciano nell'atmosfera numerosi agenti volatili particolarmente nocivi per i lavoratori, i consumatori e l'ambiente;

S.  considerando che le condizioni inumane di lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e la devastazione dell'ambiente non riguardano soltanto determinate regioni del mondo o determinati settori industriali, ma sono realtà che vanno combattute in tutto il mondo, anche all'interno dell'UE;

T.  considerando che dalle informazioni fornite dal governo del Bangladesh risulta che i prezzi dell'abbigliamento nel Regno Unito sono diminuiti del 20% dal 2005, e considerando che secondo il consorzio bangladese per i diritti dei lavoratori il prezzo di fabbrica di ciascuno dei 7 miliardi di capi d'abbigliamento che il Bangladesh vende ogni anno alle marche occidentali aumenterebbe di meno di 10 centesimi se le 5 000 fabbriche bangladesi del settore venissero portate in cinque anni al livello degli standard di sicurezza occidentali;

1.  esprime profonda tristezza per la perdita di vite umane e i numerosi feriti provocati dalla tragedia di Rana Plaza, uno dei più devastanti disastri industriali mai registrati, ed estende le sue condoglianze alle persone rimaste ferite o mutilate e alle famiglie in lutto;

2.  invita tutti i rivenditori europei i cui ordinativi venivano evasi al momento del crollo a sostenere le autorità locali e a coinvolgere le parti sociali nell'istituzione di un sistema di indennizzo adeguato e trasparente per le vittime e le loro famiglie, nonché a contribuirvi; ritiene che tale sistema debba coprire la perdita di reddito e i danni riportati dalle persone ferite e dalle famiglie delle persone decedute, la riabilitazione medica gratuita per i feriti nonché l'assistenza e l'istruzione per i familiari a carico dei lavoratori deceduti;

3.  esprime la propria indignazione per le terribili condizioni di lavoro nel settore tessile e dell'abbigliamento nei paesi meno sviluppati e nei paesi in via di sviluppo e condanna i responsabili di questa situazione; sottolinea che tra i principali beneficiari della manodopera a basso costo e delle violazioni dei diritti dei lavoratori e delle norme di salute e sicurezza nei paesi meno sviluppati e in quelli in via di sviluppo figurano anche le multinazionali stabilite in Europa che vendono prodotti al dettaglio, spesso avvalendosi di subappalti; è convinto che i tragici avvenimenti in Bangladesh abbiano illustrato il fallimento del concetto di regime volontario della responsabilità sociale delle imprese (RSI) e rileva che serve un regime giuridicamente vincolante di responsabilità sociale delle imprese per porre fine a questo flagrante sfruttamento;

4.  esprime simpatia e solidarietà nei confronti delle proteste dei lavoratori in Bangladesh e, in particolare, delle manifestazioni che hanno fatto seguito agli ultimi incendi; sottolinea che i diritti sociali e i diritti dei lavoratori sono diritti umani fondamentali che devono essere rispettati e tutelati a livello mondiale; deplora profondamente che la politica dell'Unione europea nel settore dei diritti umani trascuri troppo spesso questo aspetto;

5.  propugna il diritto dei lavoratori in Bangladesh di fondare, registrare e aderire a sindacati indipendenti senza temere vessazioni; ritiene che l'esistenza di strutture sindacali democratiche sia uno strumento fondamentale nella lotta per migliorare le norme di salute e sicurezza e le condizioni di lavoro, compresi salari più elevati; chiede al governo del Bangladesh di garantire questi diritti fondamentali;

6.  sostiene l'appello della Confederazione europea dei sindacati affinché tutte le multinazionali presenti in Europa si impegnino a rispettare la dichiarazione di principi tripartita dell'OIL sulle imprese multinazionali e la politica sociale;

7.  sostiene l'appello lanciato dalla Federazione internazionale dei lavoratori del settore tessile, abbigliamento e pelletteria a favore di un divieto globale della sabbiatura dei capi di abbigliamento nell'intera catena logistica; invita la Commissione a presentare rapidamente una proposta per l'applicazione di un divieto di importazione dei prodotti tessili e dei capi di abbigliamento fabbricati utilizzando la pratica della sabbiatura, che nuoce alla salute dei lavoratori e pregiudica il loro diritto a un ambiente di lavoro sicuro;

8.  prende atto della convenzione bangladese sulla sicurezza degli edifici e la protezione antincendio, sottoscritta il 15 maggio 2013 da sindacati, ONG e un migliaio di multinazionali del tessile, che mira a migliorare le norme di sicurezza negli impianti produttivi (e include disposizioni per finanziare tali misure), in particolare istituendo un sistema di ispezioni indipendente, comprese relazioni pubbliche e riparazioni e ristrutturazioni obbligatorie, e sostenendo attivamente la creazione di comitati per la salute e la sicurezza con la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori in ciascuna fabbrica; invita tutti i marchi tessili interessati a contribuire a questo sforzo, compresi i rivenditori di prodotti tessili Walmart e Gap, che continuano a respingere ogni accordo vincolante;

9.  prende atto del piano d'azione deciso il 4 maggio 2013 da governo, datori di lavoro, lavoratori e OIL, in cui le parti si impegnano, in particolare, a riformare le norme sul lavoro, consentendo ai lavoratori di fondare sindacati e di tenere contrattazioni collettive, a valutare entro la fine del 2013 la sicurezza di tutte le fabbriche di abbigliamento confezionato destinato all'esportazione attive in Bangladesh, a trasferire i laboratori non sicuri e ad assumere centinaia di ispettori supplementari;

10. auspica che il piano d'azione sia applicato in tutti i suoi elementi;

11. prende atto della decisione del governo del Bangladesh di aumentare il salario minimo nel corso delle prossime settimane; fa osservare che questa misura riguarderà circa 4 milioni di lavoratori, prevalentemente donne, e sollecita il governo del Bangladesh a sanzionare le imprese che praticano un salario inferiore; si attende che le associazioni padronali rispettino l'impegno di ricollocare i lavoratori che hanno perso il lavoro in seguito agli incidenti come pure i lavoratori riabilitati, e invita il governo anche ad adottare una legge per proteggere i sindacalisti dal rischio di licenziamento;

12. invita la Commissione a presentare una proposta per un ampio divieto dei prodotti tessili e di abbigliamento fabbricati e prodotti in paesi come il Bangladesh che non rispettano le convenzioni di base dell'OIL sulle norme in materia di salute e sicurezza, libertà di associazione e contrattazione collettiva;

13. rileva le iniziative intraprese dal governo bangladese per sostenere le vittime e le loro famiglie e per assicurare alla giustizia i responsabili dell'elevato numero di vittime; invita le autorità a obbligare la direzione aziendale a pubblicare i nomi di tutti i lavoratori che hanno subito danni a causa degli incendi e a garantire a tutte le vittime il pieno accesso al sistema giudiziario, affinché possano reclamare un indennizzo;

14. condanna il fatto che imprese europee non rispettino i diritti dei lavoratori e le norme di sicurezza nonostante i "codici di buona condotta" da loro adottati; sollecita le competenti autorità dell'Unione europea e degli Stati membri a prender spunto dalle inchieste esistenti e a effettuare, in collaborazione con gli organismi internazionali competenti, un'inchiesta imparziale su queste pratiche, al fine di adottare le misure necessarie per garantire che queste imprese non siano colpevoli di violazioni dei diritti umani in paesi terzi;

15. invita tutte le imprese, in particolare le marche di abbigliamento, che appaltano o subappaltano a fabbriche in Bangladesh o in altri paesi ad aderire senza riserve alle pratiche di responsabilità sociale delle aziende internazionalmente riconosciute e di controllare minuziosamente le loro catene di approvvigionamento per garantire che i loro prodotti siano fabbricati esclusivamente in fabbriche che rispettano appieno le norme di sicurezza e i diritti del lavoro;

16. invita il governo del Bangladesh a garantire il rispetto della legge del 2006 sul lavoro da parte di tutti i fabbricanti;

17. chiede l'avvio di negoziati su un salario minimo internazionale per l'industria dell'abbigliamento a livello mondiale; sostiene appieno le proposte del Premio Nobel per la pace Muhammad Yunus di aumentare il prezzo di produzione in piccolissima parte per creare un fondo di previdenza per i lavoratori dell'abbigliamento;

18. invita il Consiglio e la Commissione a inserire una clausola vincolante sulla responsabilità sociale delle imprese in tutti gli accordi bilaterali in materia di scambi e investimenti sottoscritti dall'Unione europea, sulla base dei principi di RSI definiti a livello internazionale, segnatamente le linee guida dell'OCSE riviste nel 2010 e le norme delle Nazioni Unite (in particolare, i principi guida relativi alle imprese e ai diritti umani), dell'OIL e dell'UE; suggerisce che tale clausola dovrebbe armonizzare norme e concezioni esistenti, in modo da assicurare comparabilità ed equità, e prevedere misure volte a monitorare l'efficace attuazione dei principi sopra citati a livello di Unione europea;

19. invita il Consiglio e la Commissione a introdurre una legislazione che imponga alle società che intendono operare sul mercato europeo conformemente al diritto dell'UE di fornire informazioni sull'intera catena di approvvigionamento dei loro prodotti, in linea con i principi guida delle Nazioni Unite in materia di imprese e diritti umani;

20. prende atto dell'intenzione della Commissione di aiutare il Bangladesh a migliorare la sicurezza e la salute sul lavoro nonché la responsabilità sociale delle imprese;

21. chiede che nei futuri accordi commerciali dell'UE con paesi terzi sia attribuita una maggiore importanza alla sicurezza e alla salute sul lavoro, come parte dell'agenda per il lavoro dignitoso, e che l'UE fornisca assistenza tecnica per l'attuazione di queste disposizioni;

22. chiede l'istituzione di un sistema di cooperazione giuridica transnazionale tra l'Unione europea e i paesi terzi firmatari di accordi commerciali bilaterali, al fine di garantire che le vittime di violazioni della legislazione sociale o ambientale o della mancata osservanza della responsabilità sociale delle imprese (RSI) o delle pratiche di commercio equo da parte delle multinazionali e delle loro filiali dirette abbiano un effettivo accesso alla giustizia nel paese in cui la violazione ha avuto luogo, nonché a sostegno dell'introduzione di procedure giudiziarie internazionali che permettano, se del caso, di sanzionare le imprese che infrangono la legge;

23. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, alla vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché al governo e al parlamento del Bangladesh.