PROPOSTA DI RISOLUZIONE sui massacri nella regione orientale del Congo
17.6.2016 - (2016/2770(RSP))
a norma dell'articolo 123, paragrafo 2, del regolamento
Maria Lidia Senra Rodríguez, Marie-Christine Vergiat, Malin Björk, Paloma López Bermejo, Jiří Maštálka, Ángela Vallina, Helmut Scholz, Barbara Spinelli, Javier Couso Permuy, Xabier Benito Ziluaga, Tania González Peñas, Estefanía Torres Martínez, Miguel Urbán Crespo, Lola Sánchez Caldentey a nome del gruppo GUE/NGL
B8-0805/2016
Risoluzione del Parlamento europeo sui massacri nella regione orientale del Congo
Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni, in particolare quelle del 10 marzo 2016 e del 7 ottobre 2010 sulle carenze nella tutela dei diritti umani e della giustizia nella Repubblica democratica del Congo e le risoluzioni adottate dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE,
– visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966),
– vista la Costituzione della Repubblica democratica del Congo, in particolare l'articolo 56 che stabilisce che: "qualsiasi atto, accordo, convenzione, intesa o qualsiasi altro fatto che abbia la conseguenza di privare la nazione, le persone fisiche o giuridiche della totalità o di una parte dei propri mezzi di sussistenza derivanti dalle loro risorse o dai loro valori naturali, fatte salve le disposizioni internazionali sulla criminalità economica, è considerato illecito saccheggio punito dalla legge",
– vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
– vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo,
– visto l'articolo 3 e il protocollo II della Convenzione di Ginevra del 1949, che vietano le esecuzioni sommarie, gli stupri, il reclutamento forzato e altre atrocità,
– vista la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989,
– vista la risoluzione 2211 del marzo 2015 del Consiglio di sicurezza che ha prorogato fino al 31 marzo 2016 il mandato della missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica democratica del Congo (Monusco),
– vista la consegna del premio Sacharov 2014 al dott. Denis Mukwege, ginecologo congolese, per la sua lotta per la tutela dei diritti delle donne in Congo,
– vista la posizione del Parlamento europeo, votata il 20 maggio 2015, sulla certificazione degli importatori di alcuni minerali o metalli originari di zone di conflitto e ad alto rischio,
– vista la relazione del PNUE del 15 aprile 2015 sullo sfruttamento e il commercio illegali delle risorse naturali a beneficio dei gruppi criminali organizzati,
– visto l'accordo di Cotonou,
– visto l'articolo 123, paragrafo 2, del suo regolamento,
A. considerando che la moltiplicazione delle fazioni armate, la disorganizzazione e l'assenza di uno Stato stabile, l'incapacità delle Nazioni Unite di avere una risposta coerente di fronte al genocidio e alle sue conseguenze e la complicità dei paesi con interessi nella regione, come gli Stati Uniti e la Francia, hanno portato a una situazione drammatica che avrebbe fatto dal 1996 diverse centinaia di migliaia o addirittura milioni di morti, in maggior parte civili, vittime di malnutrizione, malattie e povertà dopo le guerre del 1996 e del 1998; che tale situazione continua ad avere ripercussioni ancora oggi nel paese;
B. considerando che, secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), la mortalità perinatale è diminuita del 30% tra il 2007 e il 2014: da 148 per 1 000 nascite nel 2007 a 104 nel 2014; che la mortalità tra le giovani madri è diminuita del 35%: da 1 289 ogni 100 000 parti nel 2007 a 846 nel 2014;
C. considerando l'instabilità che caratterizza nuovamente la Repubblica democratica del Congo dal 2012 e che ha provocato migliaia di vittime, legata ai combattimenti e alle atrocità, che riguardano in particolare le province del Nord Kivu e del Sud Kivu, nell'est del paese; che, secondo l'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), al 31 luglio 2015 si contavano circa 1,5 milioni di sfollati interni, ossia il 7% della popolazione totale del paese; che più di 400 000 rifugiati congolesi vivono ancora in esilio; che i rifugiati in fuga dalla grave crisi umanitaria nella Repubblica centrafricana, paese confinante, giungono nella Repubblica democratica del Congo;
D. considerando che tra i belligeranti figurano le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (milizie Hutu), l'RCD-Goma (Rassemblement Congolais pour la Démocratie) sostenuto dal Ruanda contro il governo della Repubblica democratica del Congo, l'Esercito di resistenza del Signore (LRA) derivante da una ribellione in Uganda, i "Mai-Mai" nel Katanga, il Movimento popolare di autodifesa (MPA); che, anche se talune fazioni sono state mobilitate a partire dal 2010 e, in alcuni casi, parzialmente integrate nell'esercito congolese (FARDC), l'insicurezza persiste; che la strumentalizzazione della "questione etnica" nella regione ha fortemente contribuito a attivare i conflitti e continua a parcellizzare i territori;
E. considerando che la violenza è ulteriormente aumentata dall'inizio del 2016; che il 13 giugno l'esercito congolese ha annunciato la morte di sei ribelli ugandesi delle Forze democratiche alleate (ADF) e di un militare congolese in uno scontro nella regione di Beni, a est del Congo; che dopo un periodo di calma relativa le violenze sono riprese dall'inizio del mese di maggio 2016; che, nella notte tra il 3 e il 4 maggio, 17 persone sarebbero state uccise con armi da taglio nel villaggio di Eringeti, a 60 km a nord-est di Beni e a 200 metri dei due campi della Monusco; che i massacri perpetrati nella regione di Beni avrebbero fatto un centinaio di morti tra febbraio e maggio 2016;
F. considerando che il governo congolese e la Monusco attribuiscono tali massacri all'ADF ma che numerosi esperti e ONG sono più "prudenti" in quanto forze "ufficiali potrebbero essere coinvolte"; che, a metà maggio 2016, in un rapporto riservato del comitato delle sanzioni delle Nazioni Unite, il gruppo di esperti che lo ha elaborato punta il dito contro i militari congolesi e un generale vicino a Kabila nell'organizzazione e esecuzione delle atrocità; che gli attivisti della società civile e dell'opposizione denunciano la mancanza di reazione e la complicità della Monusco e del governo di fronte a tali attacchi; che diverse manifestazioni hanno avuto luogo dopo tali massacri per reclamare giustizia, alcune delle quali sono state disperse con la forza; che la repressione nei confronti dei membri dell'opposizione continua;
G. considerando che, il 1º e 2 giugno 2016, alcuni membri del Front citoyen 2016 (opposizione) si sono recati all'Aia per chiedere alla Corte penale internazionale (CPI) di indagare sui massacri e sull'implicazione di soldati dell'esercito ufficiale; che alla Corte è stato altresì richiesto di indagare su atti di repressione dei manifestanti dell'opposizione nell'ambito del processo elettorale;
H. considerando i numerosi crimini di guerra e crimini contro l'umanità, le violazioni su larga scala dei diritti umani, l'inasprimento della repressione contro gli oppositori, gli stupri di massa ai danni di donne e ragazze, gli spostamenti massicci di popolazione; considerando che gli stupri nella Repubblica democratica del Congo avrebbero fatto ufficialmente almeno 200 000 vittime dal 1996 e, sicuramente di più, poiché molti stupri non sono stati repertoriati; che lo stupro costituisce un'arma di guerra utilizzata da tutti i belligeranti, comprese le forze armate ufficiali; che il reclutamento forzato, in particolare dei bambini, per farne dei combattenti è un fatto comune nella Repubblica democratica del Congo;
I. considerando che l'esercito regolare (FARDC) è regolarmente accusato di abusi; che nell'ottobre 2012 il governo ha adottato un piano d'azione per porre fine al reclutamento di bambini, alla violenza sessuale e alle altre gravi violazioni dei diritti dei minori da parte delle forze armate e di sicurezza; che i problemi persistono e l'impunità resta la regola;
J. considerando che il bilancio della Monusco (Missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica democratica del Congo), istituita nel 1999, è un fallimento totale nella misura in cui non ha consentito di migliorare la sorte della popolazione civile colpita duramente dalla guerra e che il suo sostegno all'esercito nazionale congolese (FARDC) non ha fatto che acuire i crimini di quest'ultimo; che dopo una sospensione della cooperazione militare nel febbraio 2015 tra la Monusco e le FARDC, l'ONU ha deciso il 2 marzo 2016 di riaccordare il sostegno militare alle forze governative;
K. considerando che la Repubblica democratica del Congo è ricca di risorse naturali (oro, cassiterite, coltan, gas metano, ecc.) e che il persistere dello sfruttamento illegale delle risorse, soprattutto nella parte orientale della RDC, ancora spesso sotto il controllo di gruppi armati paramilitari, contribuisce a finanziare e sostenere il conflitto e rimane una fonte di insicurezza per tutta la regione;
L. considerando che le società transnazionali finanziano il conflitto armato per poter proseguire lo sfruttamento del sottosuolo congolese; che tale fenomeno è stato denunciato a più riprese in alcune relazioni pubblicate dalle Nazioni Unite; che Ibrahim Thiaw, direttore esecutivo aggiunto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), ha dichiarato nell'aprile 2015 che lo sfruttamento delle risorse naturali genera ogni anno oltre 1 miliardo di dollari e che la maggior parte dei profitti (fino al 98% degli utili) va a gruppi internazionali, mentre il restante 2% alimenta i gruppi armati interni;
M. considerando che le istituzioni finanziarie internazionali, attraverso i loro piani di aggiustamento strutturale, hanno reso ancora più fragile il paese facendone un paradiso giuridico e fiscale per le multinazionali, soprattutto nel settore minerario; che lo smantellamento dei pilastri dell'economia congolese e il licenziamento di migliaia di lavoratori dipendenti da istituzioni internazionali, ai primi posti dei quali figura la Banca mondiale, ha portato alla privazione dei mezzi di sussistenza e al peggioramento delle condizioni di vita della popolazione per l'accaparramento delle risorse e il controllo dell'economia da parte di grandi gruppi industriali, soprattutto occidentali;
N. considerando che il prezzo delle derrate alimentari è aumentato considerevolmente dall'inizio del conflitto, aggravando ulteriormente l'indigenza e l'insicurezza alimentare delle popolazioni locali e l'instabilità della regione; che la situazione è inoltre peggiorata dall'accaparramento delle terre da parte delle multinazionali con la complicità del governo;
O. considerando che l'aumento della disoccupazione, il deterioramento delle condizioni sociali e l'impoverimento della popolazione sono fattori determinanti dell'instabilità di cui soffre la regione;
1. condanna tutti gli atti di violenza, le violazioni dei diritti umani e la violenza sessuale; esprime solidarietà a tutte le popolazioni colpite da anni di conflitto; denuncia di nuovo la strumentalizzazione della "questione etnica" che ha portato all'uccisione di milioni di persone nella regione e serve soltanto a dividere la popolazione;
2. esprime particolare preoccupazione per la recrudescenza di atti di violenza nella parte orientale del paese e chiede che un'indagine internazionale e indipendente sia attuata al fine di accertare le responsabilità di ciascuno, compresa quella della Monusco e dell'esercito, in questi massacri; chiede alla comunità internazionale di attuare tutte le misure concrete necessarie per mettere fine al genocidio e allo sfruttamento delle risorse e ottenere un risarcimento per le vittime del conflitto;
3. è inoltre preoccupato per il protrarsi delle violenze in vista delle elezioni; chiede la liberazione immediata e incondizionata di tutte le persone detenute arbitrariamente e la fine delle persecuzioni giudiziarie e di polizia nei confronti dei membri dell'opposizione;
4. ritiene che la lotta contro l'impunità per le violazioni del diritto umanitario e per i reati economici e finanziari è una delle condizioni indispensabili al ripristino della pace nella Repubblica democratica del Congo;
5. è particolarmente preoccupato per la situazione delle donne nel paese e dei crimini e delle discriminazioni di cui sono vittime; ritiene indispensabile intensificare gli sforzi delle autorità e della comunità internazionale per porre fine agli stupri di massa come tecnica di guerra, garantire l'accesso ai servizi sanitari pubblici e gratuiti, in particolare all'assistenza sanitaria riproduttiva, alla contraccezione e all'aborto e promuovere un'autentica parità tra i sessi;
6. ritiene inoltre che la fine del fenomeno dei bambini soldato deve essere una priorità delle autorità e della comunità internazionale;
7. denuncia il fatto che le necessità di base della popolazione congolese sono sistematicamente sacrificate a favore degli interessi economici e geopolitici delle multinazionali e delle potenze straniere;
8. ritiene, pertanto, che la drammatica situazione nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo potrà essere risolta in maniera duratura unicamente se viene presa un'iniziativa affinché la popolazione profitti infine delle risorse naturali; sottolinea che, a tal fine, il paese deve recuperare la sovranità sulle sue risorse naturali introducendo un controllo sull'attività delle multinazionali straniere e sviluppando infrastrutture nazionali per gestire, trasformare e commercializzare le sue materie prime, il che significa la revisione e l'abrogazione di tutti i contratti minerari e forestali, a norma dell'articolo 56 della Costituzione congolese al fine di garantire che tali risorse siano accessibili al più grande numero e non a una minoranza;
9. ribadisce la necessità di garantire il diritto della Repubblica democratica del Congo alla sovranità alimentare, che comprende il diritto degli agricoltori di produrre il cibo per il popolo, mettendo fine al fenomeno dell'accaparramento delle terre e assicurando l'accesso di chi coltiva la terra alle sementi e all'acqua;
10. invita la comunità internazionale, in particolare i paesi "creditori" nei confronti della Repubblica del Congo (segnatamente il Belgio) ad eliminare gli ostacoli allo sviluppo della RDC e quindi alla pace, eliminando il debito e gli interessi del debito che il paese continua a pagare e attuando una vera cooperazione internazionale rispettosa dei diritti umani fondamentali e della sovranità dello Stato congolese in sostituzione degli accordi di libero scambio e dei piani di aggiustamento strutturale; invita le autorità della RDC a esigere l'audit dei loro debiti e la cancellazione di tutti i debiti illegittimi nei confronti dei creditori stranieri ai fini dell'eliminazione totale del debito e per soddisfare le esigenze umane fondamentali della popolazione;
11. chiede all'Unione europea e ai suoi Stati membri di aumentare il sostegno finanziario e gli aiuti umanitari per far fronte alle urgenti necessità delle popolazioni indigene; chiede che l'aiuto dell'Unione europea e degli Stati membri assuma la forma di donazione e non di prestiti al fine di evitare l'aggravamento del fardello del debito; deplora che numerosi Stati membri dell'Unione non abbiano conseguito l'obiettivo di utilizzare in tal senso lo 0,7% del loro RNL e che alcuni abbiano ridotto la loro percentuale di aiuto allo sviluppo; deplora la scarsa partecipazione degli Stati membri ai programmi di aiuto alimentare; chiede fermamente che l'aiuto allo sviluppo non sia strumentalizzato per controllare le frontiere o provvedere alla riammissione dei migranti; chiede che l'assistenza fornita dall'Unione e dagli Stati membri alla Repubblica democratica del Congo serva in primo luogo a risolvere i problemi legati alle disuguaglianze, alla povertà, alla malnutrizione cronica, all'accesso all'assistenza sanitaria e ai servizi pubblici, in particolare alle cure riproduttive e al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile; chiede allo stesso modo che l'aiuto alimentare sia aumentato e sia destinato in via prioritaria all'acquisto di alimenti dai contadini locali;
12. ribadisce che le attività delle imprese europee presenti nei paesi terzi devono rispettare pienamente le norme internazionali in materia di diritti umani; chiede, a tale proposito, agli Stati membri di fare in modo che le imprese soggette al loro diritto nazionale non siano esenti dal rispetto dei diritti umani e delle norme sociali, sanitarie e ambientali che si impongono loro quando si insediano o intraprendono attività in un paese terzo; invita la Commissione e gli Stati membri a prendere i provvedimenti necessari nei confronti delle imprese europee che non rispettano tali norme o che non risarciscono in modo soddisfacente le vittime delle violazioni dei diritti umani di cui sono direttamente o indirettamente responsabili;
13. invita il Consiglio a concordare rapidamente un compromesso con il Parlamento europeo nel trilogo in corso su un regolamento vincolante per quanto riguarda i minerali dei conflitti e di esigere che le fonderie, le raffinerie e gli importatori di metalli europei, compresi i produttori di prodotti finiti quali automobili e smartphone, applichino norme rigorose nelle loro catene di approvvigionamento per porre fine al finanziamento dei gruppi armati e alle violenze in zone di conflitto;
14. chiede in particolare, per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo, che sia svolta un'indagine indipendente sul rispetto delle norme sociali e ambientali da parte delle imprese europee, segnatamente nel settore delle risorse naturali e sui collegamenti che tali imprese possono avere con il finanziamento dei gruppi armati; chiede allo stesso modo che sia svolta un'indagine internazionale onde far luce sulla presunta complicità tra i piani di adeguamento strutturale, il sostegno finanziario delle istituzioni finanziarie internazionali e i crimini commessi nel paese;
15. si oppone a qualsiasi tentativo di esternalizzazione delle politiche migratorie dell'Unione verso paesi terzi; denuncia il fatto che il processo di Rabat, in cui la Repubblica democratica del Congo è coinvolta, non è in grado di affrontare le cause profonde della migrazione, ma semplicemente di promuovere politiche di rimpatrio e di riammissione; ritiene che tali politiche sono contrarie al diritto alla libera circolazione e al diritto di asilo; chiede al riguardo l'immediata interruzione dei negoziati con la RDC nel quadro del processo di Rabat;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, all'Unione africana, ai governi dei paesi della regione dei Grandi Laghi, al presidente, al primo ministro e al parlamento della RDC, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani nonché all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE.