Proposta di risoluzione - B9-0046/2020Proposta di risoluzione
B9-0046/2020

PROPOSTA DI RISOLUZIONE sul Green Deal europeo

10.1.2020 - (2019/2956(RSP))

presentata a seguito di una dichiarazione della Commissione
a norma dell'articolo 132, paragrafo 2, del regolamento

Marco Zanni, Tom Vandendriessche
a nome del gruppo ID

Procedura : 2019/2956(RSP)
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B9-0046/2020
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B9-0046/2020

Risoluzione del Parlamento europeo sul Green Deal europeo

(2019/2956(RSP))

Il Parlamento europeo,

 visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in particolare gli articoli 9, 107, 153, 173, 174, 191 e 194,

 vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni intitolata "Il Green Deal europeo" (COM(2019)0640 final),

 vista la dichiarazione della Commissione dell'11 dicembre 2019 sul Green Deal europeo,

 visto l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che la tutela dell'ambiente, ossia la gestione dei rifiuti, la protezione delle acque dall'inquinamento, la gestione delle risorse idriche, la protezione del suolo, la protezione dell'aria e la riduzione delle emissioni inquinanti nell'atmosfera, nonché la protezione della biodiversità, non può essere disgiunta dalla protezione del paesaggio, vale a dire il cosiddetto "ambiente visibile", che copre pienamente tutti gli aspetti relativi al rapporto tra l'uomo e la natura; che l'antropizzazione non è necessariamente sinonimo di impatto negativo sull'ambiente;

B. considerando che l'ambiente non dovrebbe essere considerato come astratto e immutabile per natura; che l'ambiente è costituito di elementi architettonici e ambientali e comprende il patrimonio ambientale, storico e artistico, rappresentando quindi la vera "essenza culturale", sedimentata per secoli e in continua evoluzione, di una nazione;

C. considerando che una politica di protezione dell'ambiente che voglia essere efficace dovrebbe concentrarsi principalmente sugli aspetti più inquinanti del nostro modello di produzione e consumo; che la globalizzazione, ossia la libera circolazione dei fattori di produzione, è un fattore molto importante che contribuisce al deterioramento dell'ambiente;

D. considerando che dal dopoguerra ad oggi si è assistito a una crescita quasi continua delle emissioni globali di CO2, temporaneamente interrotta in corrispondenza della crisi economica del 2007-2008; che a partire dagli anni '70 si osserva una relativa dissociazione tra le emissioni di CO2 da combustibili fossili e il PIL globale, "ossia una diminuzione delle emissioni in intensità anziché in valore assoluto, dovuta all'azione degli altri macro-fattori, come la popolazione e il reddito reale pro capite, che l'aumento dell'efficienza non può compensare"[1]; che la totale dissociazione tra crescita economica ed emissioni, vale a dire l'ipotesi teorica di un "modello di sviluppo a zero emissioni", non tiene adeguatamente conto dei limiti imposti dalle leggi della fisica; che, pertanto, la ricerca di "emissioni zero" si configura come un modello insostenibile, poiché non solo comporta necessariamente la deindustrializzazione e quindi l'impoverimento dei paesi avanzati, ma condanna anche i paesi poveri all'eterno sottosviluppo, impedendone l'industrializzazione;

E. considerando che il clima cambia fin dall'inizio del mondo e l'umanità, come gli altri esseri viventi sulla Terra oggi, si è sempre adattata con successo a tale cambiamento; che questo fatto è confermato da dati empirici, secondo cui tutti gli indicatori di resilienza, mortalità, vulnerabilità e perdite economiche dovute agli eventi climatici sono migliorati in modo significativo, soprattutto per i paesi più poveri[2];

F. considerando che le attuali conoscenze del sistema climatico non ci permettono ancora di separare con precisione l'effetto antropico dalle altre cause naturali del cambiamento, né di quantificarlo; che esse sono ancora ben lungi dal permetterci di definire in modo sufficientemente accurato i diversi contributi che determinano l'aumento o la diminuzione della temperatura media del pianeta;

G. considerando che l'IPCC è un organismo intergovernativo che non svolge attività di ricerca scientifica o di monitoraggio né di raccolta di dati, ma basa le sue valutazioni su una scelta antologica di letteratura scientifica sottoposta a valutazione inter pares e sui rapporti delle maggiori istituzioni mondiali;

H. considerando che è essenziale che le istituzioni pubbliche e gli organi politici mantengano un approccio razionale e pragmatico alla questione del cambiamento climatico, senza strumentalizzare i metodi scientifici al fine di ridurre gli spazi del dibattito pubblico e i meccanismi di controllo democratico garantiti dalle costituzioni sovrane degli Stati membri;

I. considerando che modificare l'obiettivo dell'UE di ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 significa dover riscrivere frettolosamente l'intero corpus del diritto dell'Unione in materia di clima ed energia per il periodo 2021-2030, appena approvato nel corso dell'ultima legislatura; che in tal modo la Commissione e il Consiglio sono in chiara contraddizione con il loro stesso obiettivo di voler dare stabilità e certezza ai mercati nel medio e lungo periodo;

J. considerando che l'accesso all'energia a prezzi abbordabili è una condizione indispensabile per garantire il benessere a tutti;

K. considerando che il passaggio alle energie rinnovabili ha portato a un aumento del costo dell'energia, oltre che ad una minore stabilità dell'approvvigionamento, data la natura variabile di diverse fonti di energia rinnovabili;

L. considerando che le misure di inasprimento fiscale sui combustibili fossili e sull'energia recentemente adottate da alcuni governi con l'intento dichiarato di stimolare la "transizione ecologica" hanno suscitato le proteste delle classi medie e inferiori – già sottoposte a politiche di austerità permanenti – talvolta degenerate in gravi sommosse nei paesi in via di sviluppo e nell'UE;

M. considerando che il sistema di scambio di quote di emissione (ETS dell'UE) è l'esempio più chiaro del fallimento dei meccanismi basati sul mercato, così come concepiti e adottati in applicazione del protocollo di Kyoto e dell'accordo di Parigi; che tali meccanismi sono stati corretti più volte mentre erano in vigore come conseguenza di fallimenti del mercato, compresa la proposta di fissare ope legis un prezzo del carbonio, il che costituisce una negazione del concetto stesso di "mercato"; che l'ETS dell'UE ha fallito non solo i suoi obiettivi finanziari, ma anche quelli climatici, poiché non è stato in grado di impedire la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;

N. considerando che il produttore non può, in linea di principio, essere ritenuto responsabile dell'uso che il consumatore fa del suo prodotto; che il problema dell'abbandono dei rifiuti nell'ambiente è una questione che riguarda essenzialmente il comportamento dei cittadini e l'efficacia degli attuali sistemi di raccolta e smaltimento dei rifiuti;

O. considerando che diversi Stati membri, al fine di risparmiare sulla spesa pubblica, hanno preferito esportare i loro rifiuti in paesi terzi e reimportare le materie prime secondarie ivi prodotte, piuttosto che costruire le infrastrutture necessarie per trattare e riciclare pienamente i rifiuti in loco;

P. considerando che la Commissione associa l'economia circolare all'"economia collaborativa"; che quest'ultima non è né innovativa né sostenibile, in quanto si tratta di un modello economico basato sulla massima riduzione dei costi del lavoro e sull'esternalizzazione del rischio d'impresa, nonché sul ricorso su larga scala a forme tipiche dell'economia di sussistenza;

Q. considerando che le quote e i sussidi per i veicoli elettrici non sono in linea con il principio di una libera economia di mercato e potrebbero mettere a rischio inutilmente la nostra posizione di leader del mercato in molti settori;

R. considerando che obiettivi più rigorosi in materia di emissioni aumenterebbero i costi di possesso e di utilizzo di un'automobile, cosicché molte famiglie non potrebbero più permettersi di essere indipendenti in termini di mobilità; che un potenziale divieto dei motori a combustione porterebbe a un esproprio ai danni dei consumatori;

S. considerando che la categorizzazione dei veicoli elettrici come "veicoli a emissioni zero" inganna il consumatore, dato che la produzione di batterie e di energia genera essa stessa emissioni, spesso in maggiore quantità rispetto all'utilizzo di motori a combustione di ultima generazione;

T. considerando che l'etichettatura dei prodotti dovrebbe fornire informazioni ai consumatori; che non è ragionevole aspettarsi che abbia una natura etica;

U. considerando che il consumo di pesce selvaggio costituisce un modo per proteggere il clima, poiché si tratta di gran lunga della proteina animale con la più bassa impronta di carbonio;

V. considerando che occorre dare priorità al settore della pesca in quanto uno dei principali utilizzatori dello spazio marino, poiché è impossibile attuare strategie efficaci per l'ambiente marino senza tener conto dei pescatori;

W. considerando che l'area dell'UE coperta da boschi e foreste è cresciuta per secoli e continua a crescere, soprattutto grazie al progressivo abbandono dell'utilizzo del legno come combustibile e materiale da costruzione, nonché a causa dell'abbandono delle campagne in anni più recenti;

X. considerando che il finanziamento locale svolge un ruolo fondamentale nel ripristino del legame tra il capitale e il territorio;

Y. considerando che l'ambiente è una competenza condivisa dell'Unione; che la legislazione dell'UE in materia di ambiente contiene norme astratte e generiche, stabilite inizialmente per tutti gli Stati membri e precisate solo successivamente, il che è in contrasto con i principi di sussidiarietà e proporzionalità; che il Green Deal europeo segue lo stesso approccio razionalista e costruttivista;

1. sottolinea che una delle sfide dei prossimi decenni è la riduzione dell'inquinamento dell'atmosfera, del suolo e delle acque; è consapevole del fatto che ciò implica la necessità di un profondo intervento sugli aspetti più inquinanti dei nostri modelli di produzione e di consumo: la produzione di rifiuti, la dispersione delle materie prime e l'uso inefficiente dell'energia prodotta; sottolinea pertanto il suo impegno a sfruttare il Green deal europeo come un'occasione per riportare il tema dell'ambiente in un contesto di discussione razionale e per riconciliare le politiche ambientali e sociali;

Rendere più ambiziosi gli obiettivi climatici dell'UE per il 2030 e il 2050

2. osserva che aumentare ulteriormente al 50 o al 55 % la soglia di riduzione delle emissioni di gas serra dell'UE come previsto dal Green deal europeo comporterà una pressione amministrativa e finanziaria insostenibile per le imprese dell'Unione e accelererà la loro delocalizzazione al di fuori dell'UE al fine di ridurre i costi di produzione, compromettendo in tal modo ulteriormente la competitività dell'Unione, aumentando la deindustrializzazione e rafforzando la concorrenza sleale da parte di paesi terzi; osserva con rammarico che tali obiettivi possono compromettere la sostenibilità dei principali settori economici dell'UE, come l'industria siderurgica; deplora che l'adozione di nuovi obblighi ambientali non sia ancora stata accompagnata dall'introduzione di strumenti adeguati per proteggere l'industria dell'UE dalla concorrenza esterna sleale;

3. ritiene opportuno che ciascuno Stato membro sia libero di determinare la tassazione dei prodotti energetici secondo le modalità che ritiene più efficaci e appropriate per il conseguimento degli obiettivi ambientali, in funzione del proprio mix energetico, nonché delle proprie particolari condizioni geografiche, climatiche e antropiche e della propria situazione socioeconomica;

4. ribadisce che la fiscalità è una competenza esclusiva degli Stati membri e respinge pertanto respinge l'idea stessa di una fiscalità dell'Unione; invita la Commissione, a norma dell'articolo 194, paragrafo 2, TFUE, a proporre l'abrogazione della direttiva 2003/96/CE, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità (Testo rilevante ai fini del SEE)[3];

5. respinge la proposta della Commissione di estendere i meccanismi di limitazione e scambio, come l'ETS dell'UE, ad altri settori; ribadisce che l'UE è responsabile solo del 10 % circa delle emissioni di CO2 globali; sottolinea pertanto che sarebbe più efficace sostituire il sistema ETS dell'UE con un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera conforme alle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) basato sull'impronta di carbonio delle merci importate, che tenga conto delle emissioni dirette, delle emissioni prodotte dalla generazione di elettricità nonché delle emissioni derivanti dall'uso di materie prime; ritiene opportuno che la Commissione e gli Stati membri sostengano tale misura commerciale con adeguate politiche di incentivo per il trasferimento della produzione dai paesi terzi agli Stati membri;

6. ricorda che l'acciaio è un prodotto oggetto di scambi commerciali intensi, considerato che la sovraccapacità globale è stata di circa 500 milioni di tonnellate nel 2018, pari a quasi il 25 % della capacità produttiva globale di acciaio; osserva che le importazioni di acciaio dell'UE sono aumentate in modo significativo, passando da 18 milioni di tonnellate nel 2013 al livello record di 30 milioni di tonnellate nel 2018;

7. osserva che, per evitare una concorrenza sleale alle spese del settore siderurgico dell'UE, l'UE deve adottare misure per contrastare il dumping, le sovvenzioni governative e altri regimi di sostegno nei paesi terzi migliorando l'applicazione degli strumenti di difesa commerciale; sottolinea inoltre che l'UE deve modernizzare il corpus di norme dell'OMC per contrastare più efficacemente le distorsioni degli scambi commerciali;

8. sottolinea che l'Unione dovrebbe applicare una politica di reciprocità nei casi in cui i paesi terzi negano l'accesso agli appalti pubblici, assicurare il controllo degli investimenti esteri diretti, nonché verificare i nuovi accordi di libero scambio e, se del caso, rivedere quelli esistenti, al fine di garantire l'accesso al mercato e lo sviluppo sostenibile dell'industria dell'UE;

9. ricorda che la crescita della produzione di carbone in Cina può da sola neutralizzare gli sforzi dell'UE volti a ridurre le emissioni di CO2;

10. invita la Commissione e gli Stati membri a concentrare l'azione politica e legislativa sull'adattamento ai cambiamenti climatici anziché su un'utopica "lotta" ai medesimi;

Garantire l'approvvigionamento di energia pulita, economica e sicura

11. ricorda che il costo della produzione di energia è inversamente proporzionale alla possibilità di garantire il benessere per tutti;

12. ricorda che gli obiettivi previsti di decarbonizzazione del sistema energetico garantiscono un approvvigionamento sicuro e a prezzi accessibili, ma non sono effettivamente realizzabili se ci si concentra soltanto sulla promozione dell'energia rinnovabile;

13. deplora che le assicurazioni della Commissione in merito al rispetto della neutralità tecnologica e alle prerogative esclusive degli Stati membri in materia di mix energetico siano contraddette dai fatti; osserva al riguardo che l'Unione dell'energia si configura come un'indebita centralizzazione delle politiche energetiche degli Stati membri nelle mani della Commissione;

Mobilitare l'industria a favore di un'economia pulita e circolare

14. ritiene, in linea di principio, che l'economia circolare possa rappresentare un valore aggiunto, purché sia uno strumento per conciliare le politiche ambientali e sociali, vale a dire se promuove la produzione in loco di beni a basso impatto ambientale e contribuisce alla crescita della domanda interna; respinge pertanto la proposta della Commissione di creare un modello dell'UE per la raccolta differenziata dei rifiuti, il che, tra l'altro, è contrario ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

15. riconosce che il diritto dell'UE – ad esempio in materia di igiene alimentare e sicurezza dei prodotti – ha altresì contribuito alla produzione di imballaggi superflui e, di conseguenza, di rifiuti; invita la Commissione a semplificare l'attuale legislazione anziché proporre ulteriori requisiti giuridicamente vincolanti;

16. osserva che le tempistiche della campagna di stigmatizzazione della plastica prodotta e consumata nell'UE hanno coinciso con la crisi del riciclaggio dei rifiuti – in particolare plastica – negli Stati membri con sistemi nazionali carenti per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti; invita la Commissione e gli Stati membri, al fine di raggiungere più efficacemente gli obiettivi di riduzione della quantità di rifiuti abbandonati nell'ambiente, a porre maggiormente l'accento sulla sensibilizzazione del pubblico e sull'efficacia dei sistemi di raccolta e trattamento dei rifiuti;

17. ribadisce con forza che la piccola proprietà privata diffusa rappresenta uno dei principali fattori di emancipazione e riduzione delle disuguaglianze e costituisce un pilastro delle democrazie nazionali occidentali; ritiene che l'"economia collaborativa" potrebbe determinare, al contrario, la concentrazione della proprietà in oligopoli privati, il che renderebbe i beni e i servizi accessibili solo alle poche persone che possono permettersi di affittarli; invita gli Stati membri ad adottare senza indugio tutte le misure legislative e regolamentari necessarie per equiparare le attività delle piattaforme online e dell'"economia collaborativa" alle attività economiche tradizionali corrispondenti;

Costruire e ristrutturare in modo efficiente dal punto di vista energetico e delle risorse

18. ritiene fondamentale proseguire gli sforzi per un consumo più efficiente dell'energia; ricorda tuttavia il paradosso di Jevons: l'"efficienza" non equivale al "risparmio", poiché rendere la stessa quantità di energia accessibile a un maggior numero di persone comporta una diminuzione complessiva dell'intensità dell'energia anziché una diminuzione del consumo energetico in termini assoluti; invita la Commissione a proporre la sostituzione, nella Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE[4], degli obiettivi di consumo energetico, fissati in termini assoluti, con obiettivi di intensità di energia;

19. ritiene eccessivamente ambizioso dare il via all'auspicata "ondata di ristrutturazioni" visti gli attuali vincoli di bilancio e le politiche monetarie e di bilancio controproducenti in vigore;

20. esorta la Commissione ad astenersi dall'includere le emissioni degli edifici nell'ETS dell'UE e dall'obbligare i destinatari dei finanziamenti per progetti di ristrutturazione a realizzare economie di scala; sottolinea che, anziché stimolare la transizione verso basse emissioni di CO2 e l'efficienza energetica, entrambe le disposizioni determinerebbero una concentrazione della proprietà immobiliare nelle mani di un oligopolio privato in grado di operare sui mercati finanziari del CO2 e accedere ai complicati strumenti finanziari dell'UE, il che favorirebbe la formazione di bolle immobiliari e accelererebbe il fenomeno, già in atto, dell'espulsione della classe media dal centro delle grandi città;

Accelerare la transizione verso una mobilità sostenibile e intelligente

21. ricorda che l'elettrificazione forzata non tiene debitamente conto dell'impatto ambientale, socioeconomico e geopolitico; sottolinea che finché le batterie non avranno una densità energetica (in MJ/kg) paragonabile a quella dei combustibili fossili di oggi, la mobilità elettrica sarà solo un ballon d'essai o un'operazione di greenwashing per i ricchi; invita la Commissione a procedere a una revisione completa del pacchetto "L'Europa in movimento" per garantire la neutralità tecnologica, affinché che tutte le tecnologie con il miglior rapporto costi-benefici possano essere liberamente utilizzate in condizioni di parità;

22. ribadisce che gli obiettivi restrittivi della riduzione delle emissioni di CO2 avrebbero gravi ripercussioni negative sulla competitività delle imprese dell'UE che devono fronteggiare una crescente concorrenza da parte di paesi terzi che non applicano le stesse norme ambientali;

23. osserva che l'aumento della circolazione delle merci e delle persone risultante dalle politiche orientate al mercato promosse dall'UE negli anni precedenti ha contribuito notevolmente all'aumento dell'inquinamento e che è necessario adottare un modello economico diverso e favorire modalità di trasporto più efficienti, in particolare sulle lunghe distanze;

24. deplora qualsiasi aumento della tassazione per i cittadini dell'UE che punta ad abbandonare e a eliminare gradualmente l'uso degli attuali veicoli per passare a veicoli più nuovi e meno inquinanti, in quanto ciò significherebbe trasformare in rifiuti capitali e beni di consumo perfettamente utilizzabili; ricorda che sia i cittadini che le piccole e medie imprese (PMI) spesso non sono in grado di rinnovare il loro parco auto a causa della scarsa capacità finanziaria e che non dovrebbero farsi carico di oneri aggiuntivi tali da compromettere ulteriormente la loro situazione economica; ribadisce che si dovrebbero preferire i meccanismi di incentivazione ai meccanismi sanzionatori;

25. ricorda che, per quanto riguarda il settore stradale, e nel quadro degli obiettivi molto restrittivi di riduzione delle emissioni di CO2 del 30 % per i nuovi automezzi pesanti entro il 2030, con un obiettivo intermedio del 15 % entro il 2025, la prevista transizione verso la mobilità elettrica non può essere realizzata senza tener conto delle attuali carenze della rete stradale europea in termini di sviluppo infrastrutturale per la ricarica dei veicoli che utilizzano energie alternative;

26. sottolinea che la Commissione dovrebbe tener conto delle esigenze degli Stati membri nel riesame della direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri[5] (direttiva sul trasporto combinato), considerando che i tre precedenti tentativi di varare una nuova legislazione non hanno prodotto i risultati attesi a causa degli eccessivi obblighi finanziari e legislativi previsti per gli Stati membri e per la necessità di una maggiore tutela dei diritti sociali e della competitività nel settore;

27. deplora l'assenza di progressi nell'ambito del cielo unico europeo e la mancata attuazione dei blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), che hanno determinato una minore efficienza e costi più elevati per il settore dell'aviazione;

28. sottolinea l'importanza di salvaguardare le questioni relative alla sicurezza, all'occupazione, alla responsabilità e all'etica nel campo della mobilità multimodale automatizzata e connessa;

29. ricorda che quella che oggi viene solitamente spacciata per "mobilità sostenibile" è in realtà, nel migliore dei casi, una delocalizzazione delle emissioni dal centro alla periferia (vale a dire dai quartieri più ricchi a quelli meno abbienti); sottolinea che, nel peggiore dei casi, può effettivamente portare a un aumento delle emissioni inquinanti;

30. sottolinea che gli incentivi pubblici che promuovono l'utilizzo di mezzi di trasporto privati a noleggio sono contrari agli obiettivi della coesione sociale e territoriale, in quanto offrono un vantaggio aggiunto a coloro che vivono nei centri metropolitani e già beneficiano di una maggiore offerta di mezzi di trasporto;

31. ribadisce la funzione insostituibile, ai fini della coesione sociale e territoriale, svolta dal trasporto pubblico locale; osserva che la liberalizzazione del mercato del trasporto, unitamente ai tagli alle sovvenzioni pubbliche e agli investimenti nel rispetto della disciplina di bilancio, ha inevitabilmente portato alla concentrazione dell'offerta laddove vi è una maggiore domanda (cioè nelle aree metropolitane); deplora che intere regioni siano pertanto rimaste scollegate dai centri urbani, costringendo gli abitanti che vi risiedono a ricorrere al trasporto privato; ritiene inutile concepire l'"economia della condivisione" come un modo per risolvere le lacune del trasporto pubblico locale;

32. sottolinea che la riduzione della mobilità forzata verso le città, indotta dall'urbanizzazione, sarebbe un modo decisivo per ridurre le emissioni inquinanti e di CO2 ;

Dai campi alla tavola: concepire un sistema alimentare equo, sano ed ecocompatibile

33. ricorda che le politiche monetarie e fiscali controproducenti e la standardizzazione della produzione alimentare a livello globale sono inversamente proporzionali alla qualità dei regimi alimentari;

34. osserva che l'iniziativa "dai campi alla tavola" denota una concezione iniqua del settore primario in cui gli agricoltori e i pescatori sono ridotti a "custodi del clima"; osserva, inoltre, una dimensione etica preoccupante in cui le azioni quotidiane e gli stili di vita delle persone sono soggetti a un controllo scrupoloso;

35. invita la Commissione a proporre una revisione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione[6], affinché l'etichettatura degli alimenti sia limitata alla fornitura di informazioni pertinenti che dovrebbero essere comunicate in modo da non indurre in errore i consumatori; sottolinea che tale etichettatura dovrebbe includere informazioni sugli ingredienti (tra cui la loro origine e la presenza di OGM), gli allergeni, i valori nutrizionali e il luogo in cui il prodotto alimentare è stato prodotto e confezionato; invita pertanto la Commissione ad astenersi dal rendere obbligatoria in tutta l'UE un'etichettatura ambigua, fuorviante e arbitrariamente discriminatoria, come ad esempio i "semafori", il Nutriscore e l'impronta di CO2;

36. sottolinea che occorrono maggiori sforzi per una migliore gestione della catena di approvvigionamento alimentare, per realizzare un vero e proprio cambiamento di paradigma sul piano culturale verso un approccio più locale; esorta la Commissione a sostenere e promuovere attivamente una catena alimentare dell'UE che punti a preservare l'agricoltura e la pesca nazionali, invece di utilizzare il cibo come moneta di scambio per gli accordi commerciali;

Preservare e ripristinare gli ecosistemi e la biodiversità

37. ricorda la necessità di una politica agricola comune che crei un sistema semplice di premi per gli agricoltori che attuano azioni volte a proteggere la biodiversità; ricorda che la protezione del paesaggio rurale, la prevenzione dell'erosione e dell'instabilità idrogeologica devono figurare nell'elenco delle azioni ambientali finanziate dalla PAC;

38. esorta la Commissione e gli Stati membri ad attuare azioni più concrete contro i rifiuti marini e la plastica in mare;

L'ambizione di azzerare l'inquinamento per un ambiente libero da sostanze tossiche

39. sottolinea che le politiche in materia di clima non sono sempre state coerenti con l'obiettivo di ridurre l'inquinamento (ad esempio il "dieselgate", la mobilità elettrica, alcuni biocarburanti e alcune biomasse); osserva che, partendo a torto dal presupposto che le emissioni di gas a effetto serra debbano essere combattute per prime per ridurre l'inquinamento del pianeta, la questione di salvare il clima ha fatto passare in second'ordine quella del salvataggio dell'ambiente; sottolinea che, per tale motivo, sono state impiegate ingenti risorse finanziarie per tagliare le emissioni di CO2 , a prescindere da quanto siano trascurabili i risultati, mentre tali risorse avrebbero potuto essere utilizzate a vantaggio dell'ambiente in modo migliore, dal momento che la riduzione dell'inquinamento avvantaggia anche il clima;

40. ricorda che l'ambiente non può essere protetto efficacemente ricorrendo a un approccio legislativo univoco che ignori le condizioni geografiche, climatiche e antropiche di ciascun territorio;

Perseguire i finanziamenti e gli investimenti verdi e garantire una transizione giusta

41. prende atto con preoccupazione che la Commissione intende replicare gli stessi strumenti finanziari che si sono già dimostrati un fallimento; sottolinea che i fondi dell'UE, per le loro caratteristiche intrinseche, sono inadeguati a soddisfare il fabbisogno finanziario stabilito dalla Commissione; ritiene, in particolare, che il meccanismo per una transizione giusta sia stato delineato come una duplicazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), che si è dimostrato essere solo un rimedio palliativo contro la piaga della disoccupazione indotta dalla deindustrializzazione; rileva inoltre che, per quanto riguarda il piano di investimenti per l'Europa sostenibile, l'ingegneria finanziaria sarà aumentata sulla base del modello dell'inefficace "piano Juncker";

42. ritiene che le banche regionali a pieno titolo e non sistemiche siano strumenti decisivi per finanziare una transizione ecologica giusta secondo le preferenze e le peculiarità regionali;

Rendere più ecologici i bilanci nazionali e inviare i giusti segnali di prezzo

43. sottolinea che il Green Deal europeo, mantenendo gli stessi vincoli di bilancio (che in realtà contraddirebbero l'idea di una presunta "emergenza climatica") e procedendo a un allentamento mirato degli orientamenti sugli aiuti di Stato, diventerà inevitabilmente l'ennesima sovvenzione destinata alla trasformazione di alcuni settori industriali di certi Stati membri;

44. deplora che la Commissione determini indebitamente quali sono le politiche di bilancio, oltre agli altri tipi di politiche, che gli Stati membri dovrebbero attuare; sottolinea, a tale proposito, che il Green Deal europeo rischia di essere un "New Deal" solo di nome e che, ricordando lo slogan dei Democratici statunitensi, potrebbe essere visto come una operazione di greenwashing dell'immagine dell'UE;

45. sottolinea che la "sostenibilità" è concepita come il "vincolo esterno" per eccellenza delle democrazie nazionali; ricorda, a tale proposito, che qualsiasi programma di sviluppo industriale e di creazione di posti di lavoro soggetto al vincolo esterno relativo al clima è stato soffocato dal vincolo stesso; chiede che il Green Deal europeo inverta la natura di tale vincolo; sottolinea pertanto che, per ridurre l'inquinamento e creare più posti di lavoro, il Green Deal europeo dovrebbe concentrarsi in primo luogo sullo sviluppo industriale e sull'occupazione per migliorare la qualità dell'ambiente;

Mobilitare la ricerca e promuovere l'innovazione

46. incoraggia la Commissione e gli Stati membri a sviluppare e promuovere ulteriormente la ricerca e sviluppo in settori cruciali, come l'immagazzinamento dell'energia, l'efficienza energetica e il riciclaggio delle materie prime;

47. ricorda che gli strumenti dell'UE per la ricerca e l'innovazione, come Orizzonte Europa, devono garantire un'inclusione reale e non solo nominale delle microimprese e delle piccole imprese; esprime il suo rammarico per il fatto che diverse microimprese e piccole imprese siano state finora escluse dall'accesso agli strumenti finanziari dell'UE a causa di criteri di candidatura eccessivi e spesso irrealistici;

Attivare l'istruzione e la formazione

48. ricorda alla Commissione che l'istruzione e la formazione sono di competenza esclusiva degli Stati membri; invita gli Stati membri a individuare e attuare, nei pertinenti corsi di formazione scolastica e professionale in ambito tecnico-scientifico, ricompense per le iniziative concernenti progetti innovativi destinati a tutelare meglio l'ambiente;

49. esprime il suo rammarico per il fatto che non sia stata effettuata alcuna valutazione d'impatto per determinare quale impatto sociale e occupazionale avrà il "Green Deal" europeo sui settori manifatturieri dell'UE; deplora inoltre che non sia stata individuata alcuna strategia concreta per trasferire e migliorare le competenze dei lavoratori dell'UE o per definire i quadri giuridici ed economici del presunto "mercato del lavoro verde"; rileva, per quanto riguarda la riqualificazione delle competenze, che è illusorio credere che un semplice corso di formazione sia sufficiente per trasformare un metalmeccanico in uno startupper (verde);

Un giuramento verde: "non nuocere"

50. esprime il suo interesse all'impegno della Commissione di presentare ogni proposta legislativa e di atti delegati con una relazione che illustri il modo in cui è garantito il rispetto del principio del "non nuocere"; invita la Commissione a procedere ad approfondite valutazioni d'impatto ambientale e socioeconomico ex ante ed ex post e ad astenersi dall'effettuarle con l'intento di dimostrare la validità di una soluzione automatica predefinita;

L'UE in quanto leader globale

51. osserva che è iniziata una fase di presa di distanza dalla "globalizzazione"; sottolinea, a tale proposito, che sarebbe opportuno che l'UE utilizzasse il "Green Deal" europeo come un'opportunità per prepararsi in anticipo a questo nuovo scenario economico e geopolitico, anziché insistere in chiave ideologica sul multilateralismo solo per respingere l'idea del "sovranismo";

52. rileva che il "Green Deal" europeo dovrebbe essere considerato un'opportunità per affrontare il ruolo importante del commercio mondiale per quanto riguarda l'inquinamento; invita, a tale proposito, l'UE a sviluppare una strategia che dia la priorità alla produzione interna anziché importare gli stessi beni da paesi terzi molto distanti; chiede pertanto un'attenta revisione della strategia commerciale dell'UE, in particolare per quanto riguarda gli scambi con i paesi terzi che hanno norme meno rigorose, per garantire condizioni di parità;

53. sottolinea che l'Africa non ha una base industriale consolidata, né scambi economici interni; sottolinea che è per questo motivo che l'Africa è colpita dalla piaga dell'emigrazione, mentre le imprese cinesi stanno compiendo grandi progressi in tale continente; deplora, in tale contesto, la mancanza di visione dell'UE;

54. riconosce le conseguenze naturali, talvolta disastrose, causate dai cambiamenti climatici, in particolare le catastrofi naturali, l'aumento dei livelli del mare, i fenomeni meteorologici estremi, la desertificazione e la scarsità d'acqua che costringono le persone ad abbandonare le loro case e i loro mezzi di sussistenza; avverte che tali conseguenze naturali contribuiscono all'instabilità politica e alle difficoltà economiche, il che, a sua volta, può portare a crisi dei rifugiati; sottolinea che queste crisi destabilizzano non solo le regioni colpite, ma anche l'UE; sottolinea la mancanza di una definizione universale di "rifugiati climatici" e invita l'UE a riflettere su tale ambiguità e a promuovere e assistere le operazioni di sostegno locali e regionali che ricevono i rifugiati colpiti dai cambiamenti climatici;

È il momento di agire - insieme: un Patto climatico europeo

55. prende atto della somiglianza del "Patto europeo per il clima" con il "grand débat national" istituito dal Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron nel tentativo di rispondere alla rivolta dei "gilet gialli" che è sorta a causa dell'applicazione, su base sperimentale, di talune politiche di transizione ecologica; sottolinea che le stesse politiche sono definite anche nell'ambito del Green Deal europeo;

56. osserva che l'istituzione di "assemblee dei cittadini" è un metodo già ampiamente utilizzato quando si tratta di ottenere un consenso dal basso nei confronti di politiche di transizione ecologica; teme che tali assemblee siano spesso manipolate per raggiungere un risultato prestabilito e far credere alla gente di aver contribuito al suddetto risultato;

57. sottolinea che è fondamentale contrastare i crimini contro l'ambiente; sottolinea, tuttavia, che ciascuno Stato membro dovrebbe stabilire le proprie norme in materia di accesso alla giustizia;

 

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58. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio europeo, al Consiglio nonché ai parlamenti degli Stati membri.

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 14 gennaio 2020
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