Proposta di risoluzione - B9-0373/2020/REV1Proposta di risoluzione
B9-0373/2020/REV1

PROPOSTA DI RISOLUZIONE sul divieto di fatto del diritto all'aborto in Polonia

24.11.2020 - (2020/2876(RSP))

presentata a seguito di dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
a norma dell'articolo 132, paragrafo 2, del regolamento

Sirpa Pietikäinen, Andrzej Halicki, Elżbieta Katarzyna Łukacijewskaa nome del gruppo PPERobert Biedroń, Heléne Fritzon, Maria Noichl, Evelyn Regner, Lina Gálvez Muñoz, Pina Picierno, Vilija Blinkevičiūtė, Predrag Fred Matić, Maria-Manuel Leitão-Marques, Vera Tax, Monika Beňová
a nome del gruppo S&D
Samira Rafaela, Karen Melchior, Chrysoula Zacharopoulou, María Soraya Rodríguez Ramos, Hilde Vautmans, Abir Al-Sahlani, Sylvie Brunet, Radka Maxová, Susana Solís Pérez, Irène Tolleret
a nome del gruppo Renew
Sylwia Spurek, Terry Reintke, Alice Kuhnke, Saskia Bricmont, Kira Marie Peter-Hansen, Monika Vana, Gwendoline Delbos-Corfield, Ernest Urtasun
a nome del gruppo Verts/ALE
Malin Björk, Eugenia Rodríguez Palop
a nome del gruppo GUE/NGL


Procedura : 2020/2876(RSP)
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B9-0373/2020
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B9-0373/2020
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B9-0373/2020

Risoluzione del Parlamento europeo sul divieto di fatto del diritto all'aborto in Polonia

(2020/2876(RSP))

Il Parlamento europeo,

 visto il trattato sull'Unione europea (TUE), in particolare l'articolo 2 e l'articolo 7, paragrafo 1,

 viste la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), del 4 novembre 1950, e la relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo(CEDH),

 vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in appresso "la Carta"),

 vista la Costituzione della Repubblica di Polonia,

 vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948,

 visti il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite (ICESCR), del 16 dicembre 1966, e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR), del 16 dicembre 1966,

 vista la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, del 18 dicembre 1979,

 vista la Convenzione delle Nazioni Unite del 10 dicembre 1984 contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti,

 viste le osservazioni conclusive della commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 23 novembre 2016, sulla settima relazione periodica della Polonia,

 visti gli orientamenti tecnici internazionali dell'Unesco in materia di educazione sessuale del 10 gennaio 2018,

 visti la Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo (ICPD) tenutasi al Cairo nel 1994 e il suo programma d'azione, nonché l'esito delle successive conferenze di revisione, in particolare il Vertice di Nairobi sulla ICPD25 del 2019,

 visti la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, adottate alla quarta Conferenza mondiale sulle donne il 15 settembre 1995, e i successivi documenti finali adottati in occasione delle sessioni speciali delle Nazioni Unite di Pechino +10 (2005), Pechino +15 (2010) e Pechino +20 (2015),

 viste la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), entrata in vigore il 1° agosto 2014, e la risoluzione del Parlamento del 28 novembre 2019 sull'adesione dell'UE alla convenzione di Istanbul e altre misure per combattere la violenza di genere[1],

 visti gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) stabiliti nel 2015,

 visto il documento tematico della commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa del 4 dicembre 2017 sulla salute sessuale e riproduttiva delle donne e sui relativi diritti in Europa,

 viste le conclusioni del convegno annuale 2017 sui diritti fondamentali sul tema "Diritti delle donne in tempi turbolenti", organizzato dalla Commissione,

 viste le raccomandazioni del 2018 dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti e sui relativi diritti,

 visti il resoconto di missione del 10 luglio 2017, redatto dalla commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere a seguito della visita effettuata in Polonia dal 22 al 24 maggio 2017 e il resoconto di missione del 3 dicembre 2018, redatto dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni a seguito della visita effettuata in Polonia dalla sua delegazione ad hoc sulla situazione dello Stato di diritto dal 19 al 21 settembre 2018,

 viste le sue precedenti risoluzioni sulla Polonia e, in particolare quella del 15 novembre 2017 sulla situazione dello Stato di diritto e della democrazia in Polonia[2] e quella del 17 settembre 2020 sulla proposta di decisione del Consiglio sulla constatazione dell'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia[3],

 viste le quattro procedure di infrazione avviate dalla Commissione nei confronti della Polonia in relazione al sistema giudiziario polacco e la proposta di decisione del Consiglio del 20 dicembre 2017 sulla constatazione dell'esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia (COM(2017)0835),

 vista la sua risoluzione del 1° marzo 2018 sulla decisione della Commissione di attivare l'articolo 7, paragrafo 1, TUE relativamente alla situazione in Polonia[4],

 vista la sua risoluzione del 14 novembre 2019 sulla criminalizzazione dell'educazione sessuale in Polonia[5],

 viste la sua risoluzione legislativa del 4 aprile 2019 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell'Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri[6] e la sua risoluzione legislativa del 17 aprile 2019 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Diritti e valori[7],

 vista la sua risoluzione del 13 febbraio 2019 sull'attuale regresso dei diritti delle donne e dell'uguaglianza di genere nell'UE[8],

 vista la sua risoluzione del 18 dicembre 2019 sulla discriminazione in pubblico e sull'incitamento all'odio nei confronti delle persone LGBTI, comprese le zone libere da LGBTI[9],

 vista la sua risoluzione del 17 aprile 2020 sull'azione coordinata dell'UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze[10],

 visti la relazione 2020 della Commissione sullo Stato di diritto, del 30 settembre 2020, dal titolo "La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea" e il capitolo per paese sulla situazione dello Stato di diritto in Polonia,

 vista la lettera inviata dai cinque leader dei gruppi di maggioranza del Parlamento europeo al primo ministro polacco il 30 ottobre 2020[11],

 visto l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,

A. considerando che l'UE dichiara di essere fondata sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, della giustizia, dello Stato di diritto, del rispetto dei diritti umani e della non discriminazione, come sancito dall'articolo 2 TUE; che tutti gli Stati membri hanno assunto obblighi e doveri, nel quadro del diritto internazionale e dei trattati dell'Unione, di rispettare, garantire e soddisfare i diritti fondamentali;

B. considerando che il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione è un diritto fondamentale sancito dai trattati e dalla Carta che deve essere pienamente rispettato; che, secondo la Carta, la CEDU e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, i diritti sessuali e riproduttivi delle donne sono connessi a molteplici diritti umani, tra cui il diritto alla vita, la libertà da trattamenti disumani e degradanti, il diritto di accesso all'assistenza sanitaria, il diritto al rispetto della vita privata, il diritto all'informazione e all'istruzione e il divieto di discriminazione; che tali diritti umani sono sanciti anche dalla Costituzione polacca;

C. considerando che il Parlamento ha affrontato la questione della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti nel quadro del programma "UE per la salute", al fine di garantire un accesso tempestivo ai beni necessari per il rispetto, in tutta sicurezza, della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti (ad esempio medicinali, contraccettivi e attrezzature mediche);

D. considerando che nell'agosto 2018 il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne e il Comitato sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui si sottolinea che l'accesso all'aborto sicuro e legale, come pure ai servizi e alle informazioni ad esso inerenti, sono aspetti essenziali della salute riproduttiva delle donne, esortando nel contempo i paesi a porre fine alle restrizioni sulla salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti delle donne e delle ragazze, in quanto rappresentano una minaccia per la loro salute e le loro stesse vite; che l'accesso all'aborto costituisce un diritto umano, mentre il ritardo e la negazione dello stesso costituiscono forme di violenza di genere e possono equivalere a tortura e/o a trattamenti crudeli, disumani e degradanti; che la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti rientrano nei traguardi per l'OSS 3, mentre la violenza di genere e le pratiche lesive nei traguardi dell'OSS 5;

E. considerando che l'accesso a informazioni complete e adeguate all'età, all'educazione in materia di sessualità e rapporti affettivi e alla salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti, compresi la pianificazione familiare, i metodi contraccettivi e l'aborto sicuro e legale, nonché l'autonomia e la capacità delle donne e delle ragazze di decidere in maniera libera e indipendente sul proprio corpo e sulla propria vita, rappresentano un prerequisito per la loro indipendenza economica e sono pertanto essenziali per conseguire la parità di genere ed eliminare la violenza di genere; che si tratta del loro corpo ed è dunque una loro scelta;

F. considerando che la Polonia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, la Convenzione di Lanzarote, l'ICCPR, l'ICESCR e la Convenzione sui diritti del fanciullo, ed è tenuta, a norma del diritto internazionale in materia di diritti umani, a fornire l'accesso a un'educazione e a informazioni complete sulla sessualità, compresi i rischi di sfruttamento e abuso sessuale, e a contrastare gli stereotipi di genere nella società; che la Polonia non ha attuato le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo inerenti l'accesso all'aborto legale; che il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha espresso critiche nei confronti della Polonia per la mancanza di progressi al riguardo;

G. considerando che l'accesso all'aborto presenta notevoli differenze tra gli Stati membri; che la Polonia registra uno dei punteggi più bassi dell'Unione europea nell'Atlante europeo della contraccezione del 2020, in quanto applica una delle politiche più restrittive in materia di accesso alle forniture di contraccettivi, pianificazione familiare, consulenza e disponibilità di informazioni online; che la Polonia è uno dei pochi paesi in cui è necessaria una prescrizione medica per la contraccezione di emergenza, spesso negata da medici obiettori di coscienza;

H. considerando che, a seguito di un'altra decisione del Tribunale costituzionale del 16 luglio 2020 relativa alla legge del 5 dicembre 1996 sulle professioni mediche e odontoiatriche, né i medici né le strutture sanitarie sono legalmente obbligati a fornire i nomi di strutture alternative o di altri medici se negano ai pazienti servizi di salute sessuale e riproduttiva in ragione di convinzioni personali;

I. considerando che, secondo talune organizzazioni della società civile quali la Federazione per le donne e la pianificazione familiare, nel 2018 solo il 10 % degli ospedali convenzionati con il Fondo sanitario nazionale polacco ha effettuato aborti legali, il che significa che interi voivodati polacchi si rifiutano di fornire aborti sicuri e legali, rendendo in tal modo estremamente difficile, e spesso impossibile, l'accesso delle donne a tali servizi;

J. considerando che, a causa della paura e delle pressioni da parte dei colleghi e delle autorità mediche, i medici polacchi preferiscono non essere associati alle procedure di aborto; che oltre all'obiezione di coscienza, cui fanno ampiamente ricorso, i medici creano ulteriori ostacoli non regolamentari, quali visite mediche superflue, visite psicologiche o consultazioni aggiuntive con esperti, o limitano i diritti delle donne ai test prenatali e alle informazioni, che dovrebbero invece essere garantiti a tutti nel quadro del regime di sanità pubblica;

K. considerando che l'accesso alle cure ginecologiche in Polonia è fortemente limitato e quasi impossibile in alcune regioni, il che comporta un elevato numero di gravidanze indesiderate, una scarsa salute riproduttiva, un'elevata prevalenza del tumore al collo dell'utero e un accesso inadeguato alla contraccezione; che l'accesso alla salute sessuale e riproduttiva e diritti delle persone LGBTI + sono limitati; che le persone transessuali e non binarie che necessitano di cure ginecologiche sono vittime di discriminazioni in ambito medico e spesso si vedono negare l'accesso alle cure;

L. considerando che dall'inizio del 2019 oltre 80 regioni, distretti o comuni polacchi hanno approvato risoluzioni contro le persone LGBTI+, con cui dichiarano di essere esenti dalla cosiddetta "ideologia LGBT" o hanno adottato, totalmente o parzialmente, le "Carte regionali dei diritti della famiglia", discriminando in particolare le famiglie monoparentali e i genitori e le persone LGBTI+ e limitando di fatto la libertà di circolazione di detti cittadini dell'UE;

M. considerando che, secondo le stime, ogni anno in Polonia fino a 200 000 donne interrompono la gravidanza e sono costrette a sottoporsi ad aborti clandestini, affidandosi principalmente a pillole abortive senza la necessaria supervisione e consulenza medica professionale; che si stima che ogni anno circa 30 000 donne siano costrette a recarsi all'estero dalla Polonia per ricevere l'assistenza sanitaria di cui necessitano e abortire[12]; che l'accesso a tali misure è legato al pagamento dei servizi, il che significa che essi non sono accessibili in egual misura per tutte le donne, in particolare coloro che sono svantaggiate sotto l'aspetto economico e sociale e le donne migranti in situazioni irregolari; che tale situazione implica che in Polonia l'aborto sicuro è accessibile solo a un gruppo limitato di donne;

N. considerando che il 22 ottobre 2020, in risposta alla proposta di 119 deputati al parlamento polacco sostenuta dai cosiddetti "movimenti a favore della vita", il Tribunale costituzionale polacco ha dichiarato incostituzionale la disposizione della legge del 1993 sulla pianificazione familiare, la protezione del feto umano e le condizioni per l'interruzione della gravidanza, che consente l'aborto nei casi in cui gli esami prenatali o altre considerazioni mediche indichino un'elevata probabilità di anomalia grave e irreversibile o di una malattia incurabile che minaccia la vita del feto;

O. considerando che l'elevata probabilità di anomalia grave e irreversibile o di una malattia incurabile del feto hanno costituito la base giuridica per 1 074 delle 1 110 interruzioni di gravidanza praticate nel 2019, mentre nei restanti casi la gravidanza costituiva una minaccia per la vita o la salute della donna o era il risultato di un atto vietato (ossia uno stupro), e che questi sono gli unici altri casi consentiti dalla legge del 1993 sulla pianificazione familiare;

P. considerando che la sentenza diventerà applicabile al momento della sua pubblicazione, che a norma del diritto polacco è obbligatoria e, una volta pubblicata, comporterà un divieto quasi totale del diritto all'aborto in Polonia, configurandolo come reato e comportando la diffusione dell'aborto clandestino e non sicuro e del turismo dell'aborto, che è accessibile solo ad alcuni, compromettendo in tal modo la salute e i diritti delle donne e mettendone a rischio la vita; che, nonostante la sentenza non sia stata pubblicata, molte donne incinte che sono state informate dell'elevata probabilità che il loro feto abbia un'anomalia grave e irreversibile o una malattia incurabile hanno avuto un accesso limitato all'aborto legale;

Q. considerando che detta sentenza costituisce un nuovo attacco allo Stato di diritto e ai diritti fondamentali nonché un ulteriore tentativo, tra i tanti compiuti negli ultimi anni, di limitare la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti in Polonia; che i precedenti tentativi sono stati inizialmente interrotti nel 2016, nel 2018 e nel 2020, a seguito dell'opposizione di massa manifestata dai cittadini polacchi con le marce del "Venerdì nero", fortemente sostenute da deputati al Parlamento europeo appartenenti a diversi gruppi politici;

R. considerando che la sentenza è stata pronunciata in un momento in cui, a causa della seconda ondata della pandemia di COVID-19, in tutti gli Stati membri dell'UE, compresa la Polonia, erano in vigore restrizioni legate alla sanità pubblica, il che ha fortemente ostacolato lo svolgimento di qualsiasi dibattito democratico e di un giusto processo, che costituiscono aspetti cruciali per quanto riguarda le questioni relative ai diritti fondamentali;

S. considerando che, nonostante le restrizioni e i rischi sanitari, proteste senza precedenti hanno avuto luogo in tutta la Polonia e nel mondo; che migliaia di manifestanti continuano a protestare contro gravi restrizioni che compromettono la loro salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti  fondamentali; che la polizia antisommossa e la gendarmeria militare sono state dispiegate per controllare le proteste e che agenti delle forze dell'ordine hanno fatto un uso eccessivo della forza e della violenza fisica contro manifestanti pacifici, tra cui deputati al parlamento polacco e deputati polacchi al Parlamento europeo; che tali azioni sono in contrasto con gli obblighi del governo polacco ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, compresa la Carta, che garantisce il diritto di riunione pacifica, e con gli orientamenti del relatore speciale per i diritti alla libertà di riunione pacifica e di associazione, secondo i quali, di norma, l'esercito non dovrebbe essere utilizzato per presidiare le adunanze;

T. considerando che le autorità pubbliche hanno tentato con minacce, tra cui consistenti sanzioni pecuniarie, di impedire ai cittadini polacchi e alle persone che vivono in Polonia di partecipare alle manifestazioni, mentre il procuratore nazionale e ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, ha annunciato che accuse penali che potrebbero portare a una pena detentiva fino a otto anni saranno intentate nei confronti degli organizzatori delle proteste; che molti manifestanti, anche minorenni, sono stati detenuti illegalmente;

U. considerando che il 28 ottobre 2020, il vice primo ministro Jarosław Kaczyński ha incoraggiato le persone a difendere i valori tradizionali polacchi e a proteggere le chiese "a tutti i costi", il che ha portato ad atti di aggressione contro i manifestanti da parte di teppisti nazionalisti; che i valori culturali e religiosi in Polonia sono utilizzati a torto come ragioni per impedire la piena realizzazione dei diritti delle donne, l'uguaglianza delle donne e il loro diritto di prendere decisioni sul proprio corpo; che un'organizzazione fondamentalista, Ordo Iuris, strettamente legata alla coalizione di governo, è stata una forza trainante dietro alle campagne volte a minare i diritti umani e la parità di genere in Polonia, compresi i tentativi di vietare l'aborto, chiede il ritiro della Polonia dalla convenzione di Istanbul e la creazione di "zone libere da LGBTI";

V. considerando che, secondo recenti sondaggi, la maggioranza delle persone in Polonia sostiene il diritto di accedere all'aborto su richiesta fino alla 12a settimana; che i manifestanti chiedono inoltre le dimissioni del governo a causa dei suoi ripetuti attacchi allo Stato di diritto; che le proteste sono state organizzate e coordinate soprattutto da organizzazioni guidate da donne, attivisti e organizzazioni della società civile, con il sostegno dell'opposizione politica polacca; che la proposta di legislazione sull'aborto del Presidente polacco a seguito delle proteste è insoddisfacente;

W. considerando che le leggi del parlamento polacco relative al Tribunale costituzionale adottate il 22 dicembre 2015 e il 22 luglio 2016, nonché il pacchetto di tre leggi adottato alla fine del 2016, hanno minato gravemente l'indipendenza e la legittimità del Tribunale costituzionale; che le leggi del 22 dicembre 2015 e del 22 luglio 2016 sono state dichiarate incostituzionali dal Tribunale costituzionale, rispettivamente, il 9 marzo 2016 e l'11 agosto 2016; che tali sentenze non sono state pubblicate né sono state attuate all'epoca dalle autorità polacche; che la costituzionalità delle leggi polacche non può più essere effettivamente garantita in Polonia dall'entrata in vigore delle suddette modifiche legislative[13];

X. considerando che la sentenza di cui sopra era stata pronunciata da giudici eletti e totalmente dipendenti dai politici della coalizione guidata dal PiS (legge e giustizia); che il presidente del Senato polacco ha considerato la sentenza inesistente e ha invitato il governo a non pubblicarla, in particolare perché viola gli obblighi della Polonia in materia di diritti umani e non è in linea con la precedente legislazione sulla Costituzione polacca nonché a causa delle nomine illecite di tre giudici e del presidente del Tribunale costituzionale[14];

Y. considerando che la Commissione e il Parlamento hanno espresso serie preoccupazioni in merito allo Stato di diritto, inclusa la legittimità, l'indipendenza e l'efficacia del Tribunale costituzionale; che la Commissione ha avviato una procedura ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, in seguito alle riforme del sistema giudiziario in Polonia nel 2015;

1. condanna con forza la sentenza del Tribunale costituzionale e il passo indietro per quanto riguarda la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti delle donne in Polonia; dichiara che la sentenza mette a rischio la salute e la vita delle donne; ricorda di aver fortemente criticato qualsiasi proposta legislativa o restrizione intesa a proibire e limitare ulteriormente l'accesso all'aborto sicuro e legale in Polonia, che equivale quasi a proibire l'accesso all'assistenza in caso di aborto in Polonia, dato che la maggior parte degli aborti legali sono eseguiti sulla base di un difetto grave e irreversibile del feto o di una malattia incurabile che minaccia la vita del feto; ribadisce che l'accesso universale all'assistenza sanitaria e alla salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti sono diritti umani fondamentali;

2. osserva che il fatto di limitare o vietare il diritto all'aborto, invece di eliminarlo, lo rende semplicemente clandestino, con un conseguente aumento di aborti illegali, non sicuri, clandestini e potenzialmente mortali; insiste sul fatto che l'aborto non dovrebbe configurarsi come reato penale, in quanto ciò ha un effetto dissuasivo sui medici che si astengono dal fornire servizi di salute sessuale e riproduttiva per timore di sanzioni penali;

3. deplora il fatto che la sentenza sia stata emessa in un momento in cui le restrizioni sanitarie connesse alla pandemia di Covid-19 compromettono gravemente i processi democratici; critica fermamente il divieto restrittivo sulle riunioni pubbliche, che è stato in vigore senza l'introduzione di uno stato di calamità naturale, come stabilito all'articolo 232 della Costituzione polacca;

4. ricorda che i diritti delle donne sono diritti umani fondamentali e che le istituzioni dell'UE e gli Stati membri hanno l'obbligo giuridico di rispettarli e proteggerli conformemente ai trattati e alla Carta, nonché al diritto internazionale;

5. osserva che l'eccesso ingiustificato di restrizioni all'accesso all'aborto derivante dalla summenzionata sentenza del Tribunale costituzionale non tutela la dignità intrinseca e inalienabile delle donne, in quanto viola la Carta, la CEDU, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, numerose convenzioni internazionali di cui la Polonia è firmataria, nonché la Costituzione della Repubblica di Polonia;

6. esorta vivamente il parlamento e le autorità polacche ad astenersi da qualsiasi ulteriore tentativo di limitare la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, in quanto tali misure sono contrarie al principio di non regressione ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani; afferma con forza che la negazione della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti è una forma di violenza di genere; invita le autorità polacche ad adottare provvedimenti per dare piena esecuzione alle sentenze emesse dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nelle cause contro la Polonia, le quali hanno stabilito che le leggi restrittive sull'aborto violano i diritti umani delle donne; sottolinea che l'accesso incondizionato e tempestivo ai servizi di salute riproduttiva e il rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza decisionale delle donne in materia di riproduzione sono fondamentali per tutelare i diritti umani delle donne e l'uguaglianza di genere;

7. sottolinea la necessità di fornire un'educazione sessuale e informazioni complete a tutti, basate su dati concreti, non discriminatorie e adeguate all'età, dal momento che la mancanza di informazioni e di educazione in materia di sesso e sessualità comporta un aumento delle gravidanze indesiderate;

8. condanna fermamente la recente decisione del ministro della Giustizia polacco di avviare ufficialmente il ritiro della Polonia dalla convenzione di Istanbul, che rappresenterebbe un grave passo indietro per quanto riguarda la parità di genere, i diritti delle donne e la lotta contro la violenza di genere; sollecita le autorità polacche a garantire una pratica ed efficace attuazione di tale Convenzione, garantendo anche la fornitura di strutture di accoglienza sufficienti in termini di quantità e qualità per le donne vittime di violenza e i loro figli, tenendo conto dell'aumento della violenza di genere durante la pandemia di COVID-19, nonché l'accesso ai servizi di sostegno e sanitari essenziali, inclusa l'assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva;

9. si rammarica che l'accesso alle cure sanitarie in alcune aree della Polonia sia ancora limitato e che, secondo la Corte dei conti, nel 2018 solo il 2 % delle donne incinte che vivevano in zone rurali in Polonia ha potuto sottoporsi a tutti i normali esami medici necessari durante la gravidanza, come ad esempio l'ecografia, la cardiotocografia e l'analisi del sangue materno;

10. deplora il maggiore ricorso all'obiezione di coscienza, che si traduce nell'assenza di meccanismi di riferimento affidabili per coloro che cercano servizi di aborto e nella lentezza delle procedure di ricorso per coloro ai quali tali servizi sono negati, e deplora altresì il fatto che i ginecologi spesso invocano l'obiezione di coscienza quando devono prescrivere contraccettivi, limitando così di fatto l'accesso alla contraccezione in Polonia; sottolinea che l'obiezione di coscienza ostacola anche l'accesso allo screening prenatale, il che costituisce non solo una violazione del diritto delle donne ad avere informazioni sulla condizione del feto, ma ostacola anche l'efficacia delle terapie alle quali sottoporre il bambino durante o immediatamente dopo la gravidanza; esorta le autorità polacche ad abrogare la legge che limita l'accesso alla pillola del giorno dopo;

11. esprime profonda preoccupazione per il fatto che migliaia di donne debbano viaggiare per accedere a un servizio sanitario essenziale come l'aborto; sottolinea che i servizi transfrontalieri di aborto non sono un'opzione praticabile per le persone più vulnerabili ed emarginate; esprime preoccupazione per il fatto che viaggiare all'estero metta a rischio la salute e il benessere delle donne in quanto spesso sono sole; sottolinea l'importanza dell'assistenza post-aborto, in particolare per le donne che subiscono complicazioni dovute a un aborto incompleto o non sicuro;

12. esprime sostegno e solidarietà a migliaia di cittadini polacchi, in particolare alle donne polacche e alle persone LGBTI + che, nonostante i rischi sanitari, si sono recate in strada per protestare contro gravi restrizioni delle loro libertà e dei loro diritti fondamentali; osserva che le richieste dei manifestanti comprendono non solo l'annullamento della sentenza del Tribunale costituzionale, ma anche la denuncia del cosiddetto "compromesso sull'aborto", la liberalizzazione del diritto all'aborto e il rispetto dell'autonomia fisica; ricorda che la libertà di riunione e la libertà di associazione definiscono l'Unione europea, anche durante una pandemia;

13. condanna fermamente l'uso eccessivo e sproporzionato della forza e della violenza contro i manifestanti, compresi gli attivisti e le organizzazioni per i diritti delle donne, da parte delle autorità di contrasto e di attori non statali quali gruppi nazionalisti di estrema destra; invita le autorità polacche a garantire che coloro che attaccano i manifestanti siano chiamati a rispondere delle loro azioni;

14. esorta le autorità polacche a rafforzare la legislazione nazionale per la promozione dei diritti delle donne e dell'uguaglianza di genere, fornendo tutte le risorse finanziarie e umane necessarie alle istituzioni che si occupano di discriminazioni fondate sul sesso e sul genere;

15. invita la Commissione a procedere a una valutazione approfondita della composizione del Tribunale costituzionale, la cui illegittimità costituisce un motivo per contestare le sue sentenze e quindi la sua capacità di difendere la Costituzione polacca; sottolinea che la sentenza di cui sopra è un ulteriore esempio di appropriazione politica della magistratura e del collasso sistemico dello Stato di diritto in Polonia;

16. invita il Consiglio ad affrontare la questione e altre presunte violazioni dei diritti fondamentali in Polonia ampliando l'ambito di applicazione delle sue attuali audizioni sulla situazione in tale paese, conformemente all'articolo 7, paragrafo 1, TUE; esorta il Consiglio a procedere all'audizione formale sulla situazione in Polonia prevista il 10 e l'11 dicembre 2020;

17. si compiace dell'accordo provvisorio raggiunto il 5 novembre 2020 sulla legislazione che istituisce un meccanismo che consente la sospensione dei finanziamenti di bilancio a uno Stato membro che viola lo Stato di diritto; esorta la Commissione ad agire con determinazione sulla condizionalità concordata di recente per il futuro quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027;

18. invita il Consiglio e la Commissione a fornire finanziamenti adeguati alle organizzazioni della società civile nazionali e locali per promuovere un sostegno di base alla democrazia, allo Stato di diritto e ai diritti fondamentali negli Stati membri, inclusa la Polonia; esorta la Commissione a sostenere immediatamente e direttamente i programmi e le organizzazioni della società civile polacca che operano per garantire la protezione della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti delle donne; invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere campagne di sensibilizzazione e formazione attraverso programmi di finanziamento;

19. invita la Commissione a privilegiare la garanzia che tutti dispongano di una protezione giuridica pari e solida per tutti i motivi previsti dall'articolo 19 del TFUE; invita il Consiglio a sbloccare e concludere immediatamente i negoziati sulla direttiva orizzontale sulla non discriminazione e accoglie con favore i nuovi impegni della Commissione in tale ambito;

20. chiede alla Commissione di sostenere gli Stati membri nel garantire un accesso universale ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva, incluso l'aborto; esorta la Commissione a garantire la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti includendo il diritto all'aborto nella prossima strategia europea in materia di sanità;

21. sottolinea le manifestazioni di sostegno e di interesse nei confronti della causa delle donne polacche provenienti da molti Stati membri; invita l'UE a finanziare le organizzazioni che agevolano la cooperazione transfrontaliera tra le organizzazioni che forniscono aborti sicuri e legali;

22. invita la Commissione a confermare l'applicazione della direttiva 2004/113/CE[15] ai beni e servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti e a riconoscere che i limiti e gli ostacoli all'accesso ai beni e ai servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti costituiscono una discriminazione basata sul genere, in quanto colpiscono in modo sproporzionato un genere (le donne) o gruppi vulnerabili (ad esempio persone transgender e non binarie); condanna l'abuso del potere giudiziario e dei suoi poteri legislativi da parte del governo polacco per strumentalizzare e politicizzare la vita e la salute delle donne e delle persone LGBTI +, determinando la loro discriminazione al riguardo;

23. invita la Commissione ad adottare orientamenti per gli Stati membri al fine di garantire parità di accesso ai beni e ai servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, in linea con il diritto dell'UE e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo;

24. invita il Consiglio a concludere con urgenza la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte dell'UE; condanna fermamente i tentativi in atto in alcuni Stati membri di revocare le misure già adottate ai fini dell'attuazione della Convenzione e della lotta alla violenza di genere; invita la Commissione a presentare una proposta volta ad aggiungere la violenza di genere all'elenco dei reati dell'UE a norma dell'articolo 83 TFUE;

25. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio, al Presidente, al governo e al parlamento della Polonia nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

 

Ultimo aggiornamento: 25 novembre 2020
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