PROPOSTA DI RISOLUZIONE su un nuovo strumento commerciale inteso a vietare i prodotti realizzati con il lavoro forzato
3.6.2022 - (2022/2611(RSP))
a norma dell'articolo 136, paragrafo 5, del regolamento
Bernd Lange
a nome della commissione per il commercio internazionale
B9‑0291/2022
Risoluzione del Parlamento europeo su un nuovo strumento commerciale inteso a vietare i prodotti realizzati con il lavoro forzato
Il Parlamento europeo,
– visto il discorso sullo stato dell'Unione pronunciato il 15 settembre 2020 dalla Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen,
– vista la proposta della Commissione, del 23 febbraio 2022, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 (COM(2022)0071),
– vista la comunicazione della Commissione, del 23 febbraio 2022, sul lavoro dignitoso nel mondo per una transizione globale giusta e una ripresa sostenibile (COM (2022) 0066),
– visti gli orientamenti della Commissione e del Servizio europeo per l'azione esterna, del 12 luglio 2021, sul dovere di diligenza per le imprese dell'Unione di affrontare il rischio di lavoro forzato nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento,
– vista la sua risoluzione del 17 dicembre 2020 sul lavoro forzato e la situazione degli uiguri nella regione autonoma uigura dello Xinjiang[1],
– vista la sua risoluzione del 16 dicembre 2021 sul lavoro forzato nello stabilimento di Linglong e le proteste ambientali in Serbia[2],
– vista la sua risoluzione del 10 marzo 2021 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti la dovuta diligenza e la responsabilità delle imprese[3],
– vista la convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del 1930 sul lavoro forzato e il relativo protocollo del 2014,
– vista la Convenzione dell'OIL del 1999 sulle peggiori forme di lavoro minorile,
– vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
– visti i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani,
– visti gli orientamenti dell'OCSE per le imprese multinazionali,
– vista l'interrogazione alla Commissione su un nuovo strumento commerciale per vietare i prodotti ottenuti dal lavoro forzato (O-000018/2022 – B9-0000/2022),
– visti l'articolo 136, paragrafo 5, e l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,
– vista la proposta di risoluzione della commissione per il commercio internazionale,
A. considerando che la Convenzione n. 29 dell'OIL del 1930, ratificata da 29 paesi, definisce come lavoro forzato "ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente"; che l'OIL utilizza 11 indicatori per individuare l'esistenza del lavoro forzato; che tali indicatori sono: abuso di vulnerabilità, inganno, limitazione dei movimenti, isolamento, violenza fisica e sessuale, intimidazioni e minacce, sottrazione dei documenti di identità, trattenuta dei salari, servitù per debiti, condizioni di vita e di lavoro abusive e straordinari eccessivi; che talvolta è necessaria la presenza di più di uno degli indicatori elencati per determinare la presenza di lavoro forzato;
B. considerando che, secondo le stime dell'OIL, 25 milioni di persone si trovano attualmente in una situazione di lavoro forzato nel mondo e, di questi, 20,8 milioni sono soggetti a lavoro forzato imposto privatamente e 4,1 milioni a lavoro forzato imposto dallo Stato; che le donne e le ragazze rappresentano il 61 % delle persone che svolgono lavoro forzato; che i lavoratori migranti sono particolarmente vulnerabili al lavoro forzato; che la pandemia di COVID-19 ha aggravato tale fenomeno;
C. considerando che, secondo le ultime stime globali dell'OIL, all'inizio del 2020 160 milioni di bambini prestavano lavoro minorile a livello mondiale, cioè quasi 1 su 10 di tutti i bambini del mondo; che 79 milioni di bambini, ovvero quasi la metà di quelli impiegati in lavoro minorile, sono vittime delle peggiori forme di tale lavoro ed esercitano lavori pericolosi che mettono direttamente a repentaglio la loro salute, la loro sicurezza e il loro sviluppo morale;
D. considerando che la ricerca ha dimostrato che il lavoro forzato ostacola lo sviluppo sostenibile e ha un impatto negativo sulla povertà a livello intergenerazionale, sulla disuguaglianza e sulla governance e alimenta la corruzione e i flussi finanziari illeciti;
E. considerando che l'economia dell'Unione è collegata a milioni di lavoratori in tutto il mondo attraverso catene di approvvigionamento globali; che i consumatori dell'Unione vogliono essere sicuri che i beni che acquistano siano prodotti in un modo sostenibile ed equo, che garantisca un lavoro dignitoso a coloro che li producono;
F. considerando che il lavoro forzato è un fattore esterno a prezzo zero che frena l'innovazione e la produttività e conferisce un indebito vantaggio competitivo alle imprese e ai governi che lo sostengono;
G. considerando che la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha affermato, nel suo discorso sullo stato dell'Unione del 2021, che la Commissione proporrà di vietare nel mercato dell'Unione prodotti ottenuti attraverso il lavoro forzato;
H. considerando che, nella sua proposta di direttiva sul dovere di diligenza in materia di sostenibilità delle imprese, la Commissione stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza per le grandi imprese al di sopra di una determinata soglia e per talune altre imprese in settori particolarmente sensibili, al fine di individuare, prevenire, mitigare e tenere conto degli effetti negativi reali e potenziali sui diritti umani, compresi i diritti dei lavoratori, e sull'ambiente, lungo le catene di approvvigionamento globali;
I. considerando che la comunicazione della Commissione sul lavoro dignitoso nel mondo per una transizione globale giusta e una ripresa sostenibile (COM(2022)0066), del 23 febbraio 2022, illustra i piani della Commissione per preparare una nuova iniziativa legislativa che vieti l'immissione sul mercato dell'UE di prodotti ottenuti dal lavoro forzato, compreso il lavoro minorile forzato; che tale iniziativa riguarderà sia i prodotti nazionali che quelli importati e combinerà il divieto con un solido quadro di applicazione basato sul rischio;
J. considerando che il lavoro forzato è un fenomeno complesso e che il divieto dei prodotti di lavoro forzato non sarà sufficiente per eliminare il lavoro forzato e affrontare la questione alle sue radici; che, per affrontare tale questione globale, l'Unione dovrebbe concentrarsi anche sul dialogo con i paesi terzi, sull'assistenza tecnica, sullo sviluppo di capacità e sulla sensibilizzazione; che l'Unione dovrebbe inoltre lavorare attivamente a livello multilaterale per trovare soluzioni collettive al fine di eliminare il lavoro forzato;
K. considerando che varie imprese dell'UE seguono diverse serie volontarie e sovrapposte di orientamenti in materia di comportamento responsabile delle imprese, ma che la diffusione di tali orientamenti deve ancora essere migliorata; che, per far fronte a tale situazione, l'Unione dispone già di norme obbligatorie in materia di dovere di diligenza in settori specifici quali il legname e l'approvvigionamento dei cosiddetti minerali dei conflitti;
L. considerando che l'efficacia dell'esclusione dei prodotti del lavoro forzato dipenderà da diversi fattori, come la percentuale della domanda settoriale globale che partecipa al boicottaggio, i costi e la redditività per le imprese esportatrici della diversione degli scambi, della ridistribuzione degli scambi o della trasformazione dei prodotti del potere di mercato dei fornitori e dal modo in cui il governo interessato risponde alle pressioni esterne;
M. considerando che è necessario combinare vari strumenti per risolvere i diversi problemi legati al lavoro forzato;
N. considerando che, per essere compatibile con l'OMC, qualsiasi esclusione di prodotti deve essere strutturata in modo tale da evitare di violare gli impegni di libero scambio di non discriminare le merci in base all'origine geografica; che l'articolo XX dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio fornisce le basi giuridiche per giustificare le decisioni di esclusione dei prodotti; che qualsiasi esclusione di questo tipo deve essere basata su dati concreti e seguire la consultazione delle parti interessate;
O. considerando che l'introduzione di un divieto dei prodotti realizzati con il lavoro forzato rappresenta una priorità politica sia per il Parlamento che per l'UE nel suo insieme;
1. chiede un nuovo strumento commerciale compatibile con l'OMC per integrare le norme relative al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, che vieti l'importazione e l'esportazione di prodotti realizzati o trasportati con il lavoro forzato e che dovrebbe essere integrato da misure per il commercio all'interno dell'UE; sottolinea che qualsiasi futuro quadro dell'UE deve essere proporzionato, non discriminatorio ed efficace, nel rispetto dell'impegno a favore di un sistema commerciale aperto e basato su regole; sottolinea che la nuova proposta potrebbe basarsi sulle migliori pratiche di paesi in cui vige una legislazione simile, come gli Stati Uniti e il Canada;
2. sottolinea che la determinazione dell'eventuale ricorso al lavoro forzato dovrebbe essere basata sugli indicatori del lavoro forzato dell'OIL, tra cui i suoi orientamenti dal titolo "Hard to see, harder to count – Survey guidelines to estimate forced labour of adults and children";
3. ritiene che il nuovo strumento dovrebbe consentire il divieto dei prodotti realizzati con il lavoro forzato provenienti da un particolare sito di produzione, da un particolare importatore o impresa, da una particolare regione nel caso del lavoro forzato sostenuto dallo Stato e da una determinata nave o flotta di trasporto;
4. ritiene che, nell'ambito del nuovo strumento dell'UE, le autorità pubbliche, di propria iniziativa o agendo in base alle informazioni ricevute, dovrebbero trattenere le merci alle frontiere dell'UE quando ritengono che vi siano prove sufficienti del fatto che tali merci siano state realizzate o trasportate con lavoro forzato; osserva che all'importatore le cui merci sono state bloccate dovrebbe essere data la possibilità di confutare tale accusa dimostrando che le merci non sono state realizzate o trasportate con il lavoro forzato, il che può portare allo svincolo delle merci; sottolinea che le prove che dimostrano l'assenza di lavoro forzato devono basarsi sulle norme dell'OIL;
5. osserva che i prodotti dovrebbero essere sequestrati a seguito delle conclusioni delle autorità pubbliche basate su prove sufficienti del fatto che è stato fatto ricorso al lavoro forzato per produrre o trasportare le merci, o se le merci provengono da una particolare regione in cui è prevalente il lavoro forzato imposto dallo Stato; sottolinea che il carico sequestrato è liberato se l'impresa è in grado di dimostrare che non è stato fatto ricorso al lavoro forzato o che sono state attuate misure di riparazione e che non sono più presenti indicatori del lavoro forzato;
6. riconosce che diverse imprese dell'UE stanno già compiendo sforzi per garantire che nelle loro catene di approvvigionamento non siano seguite pratiche che violano i diritti umani e i diritti del lavoro; invita la Commissione a offrire alle imprese, in particolare alle PMI, adeguata assistenza tecnica e di altro tipo per conformarsi alle nuove norme, al fine di evitare inutili oneri per le PMI; invita inoltre la Commissione a valutare l'attuazione dello strumento e il suo impatto sulle imprese dell'UE;
7. ritiene che la Commissione, in particolare il responsabile dell'esecuzione degli accordi commerciali, nonché le autorità nazionali, debbano avere la facoltà di avviare indagini; osserva che le autorità pubbliche dovrebbero poter agire sulla base delle informazioni fornite dalle parti interessate, dalle ONG o dai lavoratori interessati e attraverso una procedura di reclamo formalizzata e sicura, ad esempio attraverso lo sportello unico;
8. invita la Commissione a garantire che il nuovo strumento dell'UE imponga alle imprese responsabili di offrire un risarcimento ai lavoratori interessati prima che siano revocate le restrizioni all'importazione; chiede che il monitoraggio delle azioni di risarcimento e correttive sia intrapreso in cooperazione con le parti interessate, tra cui le organizzazioni della società civile e i sindacati;
9. ritiene che si dovrebbe creare un sistema di coordinamento a livello dell'UE per sostenere le autorità doganali degli Stati membri e garantire la trasparenza di tutte le procedure avviate;
10. sottolinea che le autorità pubbliche possono chiedere alle imprese di divulgare le informazioni pertinenti riguardanti controllate, fornitori, subfornitori, contraenti e partner commerciali nella catena di approvvigionamento, nel debito rispetto della riservatezza commerciale; invita, a tal fine, la Commissione a elaborare orientamenti per assistere le imprese nella creazione di un processo di mappatura della catena di approvvigionamento al fine di individuare cosa costituisca un'informazione pertinente; sottolinea che una banca dati pubblica contenente informazioni sui singoli fornitori, sul rischio che essi comportano o, al contrario, la prova di un lavoro dignitoso, potrebbe ridurre gli oneri amministrativi per le imprese;
11. chiede la creazione e il mantenimento di un elenco pubblico delle entità, delle regioni e dei prodotti sanzionati;
12. sottolinea l'importanza di cooperare con partner che condividono gli stessi principi per porre fine al lavoro forzato a livello globale e garantire che le merci realizzate con il lavoro forzato non siano commercializzate; osserva che sono necessari sforzi congiunti per garantire che il divieto non sia eluso e che le merci sospettate di essere state realizzate con il lavoro forzato non possano essere ridistribuite per vie alternative;
13. ritiene che, al fine di realizzare cambiamenti a livello globale, l'UE dovrebbe collaborare strettamente con i suoi partner attraverso azioni e indagini congiunte; chiede che le delegazioni dell'UE svolgano un ruolo attivo nel dialogo con i paesi terzi e le parti interessate sulle questioni relative alla nuova legislazione;
14. osserva che il nuovo strumento commerciale per vietare i prodotti ottenuti dal lavoro forzato dovrebbe essere coerente e complementare ad altre iniziative in materia di dovere di diligenza e alle disposizioni in vigore in materia di diritti umani e sostenibilità; osserva che si dovrebbe tenere conto di tale aspetto nella revisione del piano d'azione in 15 punti sui capitoli relativi al commercio e allo sviluppo sostenibile e nei successivi capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile contenuti negli accordi di libero scambio dell'UE;
15. chiede l'utilizzo di investimenti pubblici e privati per sviluppare ulteriori capacità di produzione prive di lavoro forzato nelle catene di approvvigionamento interessate;
16. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio e agli Stati membri.
- [1] GU C 445 del 29.10.2021, pag. 114.
- [2] Testi approvati, P9_TA(2021)0511.
- [3] GU C 474 del 24.11.2021, pag. 11.