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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 27 ottobre 1999 - Strasburgo Edizione GU

2. Relazione sulla CIG
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione concernente la relazione del Gruppo d’alto livello sulla Conferenza intergovernativa.

Ha facoltà di parlare il Commissario Barnier, che interviene a nome della Commissione.

 
  
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  Barnier (Commissione)(FR) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, per la Commissione, che ho l’onore di rappresentare, il nostro dibattito ha un limite, pur essendo motivo di grande interesse.

Il limite che ognuno comprenderà e rispetterà è che, fino a questo momento, né la Commissione né il Parlamento europeo hanno fissato in modo chiaro e dettagliato le loro posizioni e i loro propositi in vista dei prossimi negoziati istituzionali che si terranno all’inizio dell’anno prossimo. Oggi si tratta quindi, e sarebbe già tanto, di sondare e valutare lo spirito col quale, voi e noi, ci avviciniamo a tali negoziati.

Vorrei a tale proposito comunicarvi, onorevoli parlamentari, o piuttosto confermarvi, lo stato d’animo del Presidente Prodi e del Collegio dei Commissari, e ascoltare con estrema attenzione quello che direte a nome dei vostri gruppi politici o a titolo personale.

Onorevoli deputati, la Commissione, chiedendo a tre personalità stimate ed autorevoli di riflettere ed esprimere liberamente le proprie idee, ha voluto avviare ed accendere senza indugi il dibattito. Siamo così sicuri di fare la nostra parte, nello spirito dell’articolo 48, comma primo, del Trattato sull’Unione europea.

Il primo obiettivo è raggiunto. Il dibattito inizia. Esso deve aver luogo qui come deve aver luogo all’interno degli Stati membri, in seno ai parlamenti nazionali. Anch’io vi contribuirò, assieme a tutti coloro che hanno a cuore la costruzione dell’Europa, e sono più di quanti si creda, restando il più vicino possibile ai cittadini.

Vorrei, signor Presidente, esprimere la nostra riconoscenza al Primo ministro Jean-Luc Dehaene, al Presidente von Weizsäcker e a Lord Simon per il loro prezioso contributo, e porgervi i miei ringraziamenti per l’accoglienza e l’attenzione che avete riservato alla loro relazione, in modo particolare all’interno della commissione per gli affari costituzionali, presieduta dall’onorevole Napolitano.

Onorevoli deputati, il principale merito della relazione Dehaene è quello di definire la posta in gioco e di dare alla riforma istituzionale un’autentica prospettiva politica. Ma torneremo su questo tra un attimo. Si possono, sin d’ora, trarre vari insegnamenti: sulle scadenze innanzitutto, poi sull’ambito delle riforme che bisogna portare a termine, ed infine sul modo di prepararsi ai negoziati.

Per quanto riguarda le scadenze mi sia consentito dire, onorevoli deputati, che questa è l’ultima occasione per varare una vera riforma prima del grande ampliamento dell’Unione, prima che gli Stati ed i popoli europei si trovino riuniti in una grande comunità politica ed economica. Tale prospettiva di ampliamento non è più solo una lontana ipotesi. Abbiamo anche deciso, il 13 ottobre scorso, in seno al Collegio, di prepararci con la serietà di sempre, ma con maggiore anticipo. Ecco perché è necessario che la Conferenza intergovernativa termini entro la fine dell’anno 2000.

Dobbiamo riuscirci. Forse che, onorevoli deputati, la scadenza ci costringe ad una mini-conferenza intergovernativa? Non crediamo. La riforma, che tutti consideriamo in fondo necessaria, non è soltanto, e neanche innanzitutto, una questione di tempo, ma soprattutto una questione di volontà politica, di chiarezza sul funzionamento attuale delle Istituzioni e sulle sue carenze; è questione di coraggio, di coraggio collettivo che si può avere o non avere, per dare una buona volta priorità all’Unione, ad una visione a lungo termine, ad una visione che vada al di là, per quanto difficile possa essere, della prudenza e degli interessi immediati.

Tenuto conto delle scadenze dei negoziati e dei termini per la ratifica da parte di ognuno degli Stati membri, è quindi adesso che bisogna volere ed ottenere la vera riforma. Onorevoli parlamentari, non sto parlando di una riforma definitiva delle Istituzioni europee, ma di una riforma abbastanza energica da evitare il blocco delle Istituzioni, o il loro soffocamento; di una riforma abbastanza profonda, come ha detto l’altro giorno un vostro collega, da permettere, in futuro, ulteriori evoluzioni. Sarebbe un errore credere, e voglio sottolinearlo, di poter realizzare in seguito, in diciotto, venti o ventisette, la riforma che non siamo riusciti ad ottenere ad Amsterdam o che non abbiamo voluto fare adesso.

Riguardo all’ambito della riforma, abbiamo parlato di ambizioni per questa Conferenza intergovernativa, ed è proprio questo lo spirito della Commissione. Nessuno, onorevoli parlamentari, deve meravigliarsene perché il grande progetto di ampliamento, come ho appena detto, sarà più rapido e più vasto di come lo si era immaginato ad Amsterdam. Quindi lo ripeto: il ruolo della Commissione e del Parlamento europeo è quello di tenere alto il livello della Conferenza, sollecitando la realizzazione immediata di tutte le riforme necessarie affinché la nostra Unione possa accogliere un gran numero di Stati.

Non si tratta, onorevoli parlamentari, di contestare le conclusioni di Colonia. Il primo dovere della Conferenza intergovernativa sarà quello di trattare, ed in modo esauriente, i temi lasciati in sospeso ad Amsterdam; di trattarli, ribadisco, con una certa ambizione perché, permettetemi di dirlo in base alla mia esperienza, questi tre temi possono essere trattati con maggiore o minore ambizione. Gli argomenti da affrontare – il numero di Commissari all’interno di un’Unione più ampia, il nuovo sistema di ponderazione dei voti, l’ambito di applicazione della maggioranza qualificata – sono estremamente impegnativi, ma necessari. La nostra sensazione, consentitemi di dirlo, è che sarà più facile affrontarli se considerati in una prospettiva politica.

Ecco perché la lista degli argomenti citati nella relazione Dehaene ci sembra da accogliere. Nessuna delle idee proposte può essere considerata superflua. Non è superfluo lavorare ad una ristrutturazione del Trattato per renderlo più leggibile, più accessibile ai cittadini, e per immaginare un giorno la possibilità di apportare più agevolmente modifiche alle politiche comuni, in opposizione ai principi fondamentali dell’Unione.

Non è superfluo cercare di migliorare il meccanismo della cooperazione rafforzata, senza tuttavia, e sono categorico, correre il benché minimo rischio di uno smantellamento dell’acquis comunitario. Non è superfluo sperare di poter trarre, alla fine dell’anno 2000, con il nuovo Trattato, le conseguenze istituzionali delle decisioni che potrebbero essere prese nel frattempo, nello spirito di Colonia, per la sicurezza e la difesa del continente europeo. Non è superfluo, onorevoli parlamentari, lavorare alle questioni istituzionali che si presenteranno con l’ampliamento dell’Unione. Per esempio, quella dello statuto giuridico dell’Unione, quella del funzionamento della Corte di giustizia, o anche quella di una più decisa azione europea nella lotta contro la frode. Dico questo a seguito di quanto è stato deciso al Consiglio di Tampere, del quale avete parlato con il mio collega ed amico, il Commissario Vitorino. Su questi punti, e forse anche altri, la Commissione ascolterà con interesse le vostre reazioni ed i vostri suggerimenti.

Infine, signor Presidente, onorevoli parlamentari, due parole sulla preparazione ai negoziati. Le intenzioni della Presidenza portoghese e poi di quella francese, nonché le intenzioni della Presidenza finlandese, prima di Helsinki, sono essenziali affinché la Conferenza intergovernativa si avvii su buone basi e, permettetemi di dirlo, abbia inizio il più presto possibile nell’anno 2000. Da parte nostra, ci prepariamo in modo serio: è il minimo che ci si possa aspettare dalla Commissione. Dal 10 novembre prossimo discuteremo in seno al Collegio della forma e degli orientamenti della nostra relazione ufficiale che sarà resa nota all’inizio dei negoziati.

In tutti i casi, onorevoli parlamentari, tale relazione sarà un documento politico globale e solido, costruito e strutturato per essere utile alle trattative, per facilitarle e, si spera, per accelerarle. Ricordando la qualità degli interventi, nel periodo precedente ad Amsterdam, dei due rappresentanti del Parlamento europeo, la onorevole Elisabeth Guigou e l’onorevole Elmar Brok, tengo anche a dire che mi sembra utile per tutti che la vostra Assemblea possa far sentire la propria voce partecipando, in condizioni migliori, ai negoziati.

Concludendo, onorevoli parlamentari, tra la prudenza e la temerarietà, tra il realismo e l’utopia, siamo convinti che esista uno spazio ed una strada per un’autentica riforma delle nostre Istituzioni, per un più efficace e più democratico funzionamento dell’Unione, non certo per ritardarne l’ampliamento, ma per conseguirlo con successo.

(Applausi)

 
  
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  Poettering (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare, a nome del gruppo del Partito popolare europeo e dei democratici europei, Jean-Luc Dehaene, Richard von Weizsäcker e Lord Simon per questa relazione che è ambiziosa e coraggiosa, ma al contempo realistica e, quindi, lungimirante. La settimana scorsa, il nostro gruppo ha condotto il dibattito con Jean-Luc Dehaene; lei era presente, signor Commissario, e vorrei sottolineare che nutriamo piena fiducia che, con il suo contributo, i lavori della Commissione conducano l’Unione europea ad un futuro positivo. In tal senso le assicuriamo tutto il nostro appoggio.

Ad Helsinki si deciderà in merito ai negoziati di adesione con altri sei paesi. Pertanto negozieremo con dodici paesi ed appare molto probabile che in una prima fase entri a far parte dell’Unione europea un numero di Stati superiore a cinque. Non è quindi realistico limitare il Protocollo di Amsterdam a tre temi, dobbiamo andare oltre. Il nostro gruppo del Partito popolare europeo e dei democratici europei ribadisce perciò di volere più di quanto prospettato ad Amsterdam, vogliamo un Amsterdam plus, ossia una riforma basilare dell’Unione europea, per prepararla all’ampliamento, che ai nostri occhi rappresenta una delle massime priorità!

(Applausi)

Il nocciolo della questione è senz’altro racchiuso nella decisione a maggioranza in sede di Consiglio, che siamo favorevoli a far diventare la procedura decisionale applicata in linea generale da tale Istituzione, mentre il Parlamento europeo deve essere legittimato con pari diritti alla codecisione in tutte le questioni legislative, come accade già oggi per la politica agricola, ma questo è un altro punto. Ci rendiamo conto, anche se bisognerà ancora discuterne, che ogni Stato deve essere rappresentato in seno alla Commissione e che nel Consiglio dei ministri occorre definire una nuova ponderazione. La doppia maggioranza è uno strumento, ma ne esistono altri. Comunque, è ovvio che nella nuova ponderazione dei voti in seno al Consiglio dei ministri debba esservi un riscontro democratico. Tuttavia, onorevoli colleghi, aggiungo che esiste una dimensione al di là di tutte le procedure giuridiche. Se oggi i rappresentanti di alcuni dei maggiori Stati membri manifestano una certa sufficienza o arroganza nei confronti di Stati più piccoli, noi rifiutiamo questo atteggiamento asserendo che tutti gli Stati membri dell’Unione europea danno il loro contributo e devono essere coinvolti. A tale proposito anche i maggiori Stati membri dovrebbero riconoscere che alcune Presidenze di piccoli Stati hanno ottenuto più risultati e dimostrato maggiore efficienza ed impegno di quanto non abbiano fatto altri grandi Stati!

(Applausi)

Consideriamo buona la proposta elaborata dal comitato dei Saggi di adottare un Trattato fondamentale. In particolare, mi compiaccio del fatto che questo punto trovi l’approvazione del nostro amico Jacques Santer, esempio di efficienza di un piccolo Stato membro, in questo caso il Lussemburgo. Sottolineiamo che è giusto – e trovo l’idea geniale – che il gruppo di lavoro abbia proposto di elaborare un Trattato fondamentale e un Trattato allargato. Il Trattato fondamentale permetterà a ciascun Stato membro e a tutti i parlamenti nazionali di prendere parte attiva ad ogni riforma, e ciò è positivo. Il Trattato allargato prevede invece che siano il Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo a prendere decisioni in materia. Ciò crea flessibilità e potrebbe offrire la possibilità di soddisfare diversi requisiti.

Il Commissario Barnier ha parlato dello statuto giuridico dell’Unione europea. Dal punto di vista giuridico, oggi l’Unione europea è uno zero assoluto, non è neppure in grado di acquistare un immobile, figuriamoci se può essere rappresentata in un organismo internazionale! Dobbiamo modificare tale situazione, se vogliamo che l’Unione europea abbia un suo peso nel mondo!

Occorre agire inoltre sul versante della politica estera e di sicurezza e della difesa. Giusto la settimana scorsa, l’Istituto di studi strategici di Londra ha dichiarato che gli europei non hanno capacità di agire. Ciò non riguarda soltanto le Istituzioni, bensì anche la disponibilità da parte degli Stati membri di fornire alle nostre forze armate la logistica e i chiarimenti necessari. Ci attendiamo dal nostro nuovo Alto rappresentante, signor Solana, in accordo con il Commissario Patten, che si intraprendano le necessarie iniziative. Ora si deve avviare un ampio dibattito anche in merito all’ampliamento geografico dell’Unione europea, oltre che ai suoi contenuti, ed esortiamo il Consiglio dei ministri – gli uomini e le donne che vi sono rappresentati – ad avere il coraggio di guidare l’Europa verso un futuro positivo, perché ne va della stabilità, della pace e della democrazia sul nostro continente nel XXI secolo!

(Applausi)

 
  
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  Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, il mio gruppo accoglie con favore la pubblicazione della relazione Dehaene, Lord Simon e von Weizsäcker, in quanto sostiene in modo chiaro e corretto la necessità che la CIG non sia confinata ai cosiddetti “tre leftover di Amsterdam”. Dobbiamo affrontare questioni di più ampia portata. Questa CIG, tuttavia, non riguarderà tanto l’ampliamento della sfera di responsabilità o dei poteri dell’Unione europea, bensì la riforma strutturale, la riforma istituzionale, che renderà l’Unione più aperta, più efficiente, più democratica e più trasparente. Soprattutto, la CIG consentirà all’Unione europea di operare e di assolvere le proprie responsabilità quando conterà oltre 20 Stati membri.

Le questioni rimaste in sospeso ad Amsterdam faranno parte del pacchetto, ma non in modo esclusivo. Stiamo riuscendo ad ottenere un’agenda più ampia. Ma persino quelle tre questioni, come ha sottolineato il Commissario Barnier, non sono facili da affrontare. Per esempio, l’estensione del voto a maggioranza qualificata spingerà immediatamente varie persone, tra cui euroscettici assortiti, a dichiarare nei rispettivi Stati membri che il proprio paese sta rinunciando al diritto di veto e alla sovranità. Persino la posizione di uno dei più grossi partiti che costituiscono il PPE è che non si dovrebbe estendere il voto a maggioranza qualificata. Tuttavia, se si fermassero un minuto a pensare, si renderebbero presto conto che il loro paese, ogni paese, probabilmente ha più da perdere dal veto posto da altri paesi che da guadagnare ponendo il proprio in molti settori di competenza dell’Unione europea.

Tuttavia, la modifica va introdotta non solo per i tre leftover di Amsterdam: l’estensione del voto a maggioranza qualificata, la composizione della Commissione e la ponderazione dei voti in seno al Consiglio. E’ necessaria una modifica anche per la Corte di giustizia. Come funzionerà se sarà composta da quasi 30 membri? Si dovrà modificare anche la composizione del Parlamento, se vogliamo rispettare il limite di 700 deputati stabilito dai Trattati su nostra richiesta. Vanno presi provvedimenti per dar seguito alle conclusioni raggiunte dai nostri Stati membri riguardo all’integrazione dell’UEO e al trasferimento delle sue funzioni, o di parte delle sue funzioni, all’Unione europea.

C’è poi la questione della codificazione e semplificazione dei Trattati, questione che il Parlamento è stato il primo a porre in rilievo durante i preparativi per i negoziati di Amsterdam; il lavoro è stato avviato ad Amsterdam, ma è ben lungi dall’essere completo, ed anche questo è un punto evidenziato e sottolineato nella relazione Dehaene.

Aggiungere nuove questioni, quali quelle sopra citate, all’agenda della CIG non significa necessariamente renderla più difficoltosa. Un pacchetto più ampio potrebbe agevolare il raggiungimento di un accordo e favorirne la ratifica da parte degli Stati membri, ma posso garantire, a nome del mio gruppo, la nostra disponibilità nei confronti di una stretta cooperazione tra Parlamento e Commissione, nello spirito indicato dal Commissario Barnier, cosicché si possa insieme presentare alla CIG un pacchetto equilibrato di proposte che lui, e i nostri rappresentanti ad ogni riunione della CIG, possano sostenere: un pacchetto che porrà l’Unione in condizione di funzionare quando avrà più di 20 Stati membri.

 
  
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  Duff (ELDR).(EN) Signor Presidente, mi compiaccio della relazione perché ci indica la questione fondamentale, cioè il metodo da usare in futuro per la revisione dei Trattati. Dobbiamo riconoscere che sarà praticamente impossibile – e di sicuro impraticabile – raggiungere un accordo tra 25 o 30 Stati su questioni essenziali di sovranità. Pertanto, la riforma centrale è l’articolo 48 relativo alla modifica dei Trattati. Dobbiamo rafforzare gli articoli costitutivi del Trattato ed introdurre un sistema semplice e snello per le modifiche dei capitoli del Trattato relativi alle politiche. La prima riforma smorzerà i timori di oscuri trasferimenti di sovranità e la seconda dovrebbe incoraggiare una partecipazione più visibile dei cittadini alle decisioni politiche che vengono assunte a Bruxelles e a Strasburgo.

La seconda riforma essenziale è l’eliminazione del veto nazionale dalle disposizioni sulla cooperazione rafforzata; la terza sarà il riconoscimento del diritto dei cittadini di adire direttamente la Corte di giustizia.

 
  
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  Frassoni (Verts/ALE). – Commissario Barnier, il rapporto Dehaene contiene luci ed ombre, come quasi tutto nella vita; vorrei aggiungere che le sue idee principali sono portate avanti dal Parlamento europeo da decenni, per cui non mi sembra particolarmente originale. Vorrei ora approfittare del mio scarso tempo di parola per invitare lei e il Presidente Prodi a riflettere sui rischi che si corrono a voler avere come unici interlocutori i governi, a voler convincere solo loro, soprattutto i più riluttanti, e a far rimare sempre realismo e credibilità con proposte spesso ambigue e modeste.

E’ preoccupante, secondo me, che perfino dei Saggi, senza più obblighi verso nessuno, abbiano come priorità un tentativo di compromesso e vogliano giocare un ruolo che non appartiene a loro. Spero che la Commissione e lei, nella proposta che ci farete, avrete il coraggio di volare più alto, che saprete motivare con qualcosa di più appassionante della semplice riorganizzazione di testi confusi dei Trattati la necessità di definire una parte costituzionale nei testi fondanti dell’Unione europea. Mi dispiace che il presidente Dehaene non abbia avuto questo coraggio. Spero anche che la Commissione saprà liberarsi dell’inefficiente e anacronistica struttura a pilastri e rifiutare nettamente l’idea davvero bizzarra, che è stata espressa dai Saggi, che il Parlamento sia legittimato a codecidere soltanto nel primo pilastro. Il coraggio di cercare alleanze e consenso fuori dai palazzi del potere, tra la gente, in questo Parlamento, è una sfida che la Commissione deve accettare. Se non lo farà, perderemo tutti.

 
  
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  Kaufmann (GUE/NGL).(DE) Signor Presidente, il Presidente della Commissione Prodi aveva pienamente ragione quando in Aula ha parlato di un errore di portata storica riferendosi all’ipotesi che la Conferenza intergovernativa si limitasse ai cosiddetti leftover di Amsterdam. No, ciò che a ragione i cittadini si attendono è vera democrazia, trasparenza ed efficienza nelle decisioni. E’ necessario, soprattutto, avere il coraggio di condurre una verifica critica delle politiche sinora attuate dall’Unione. La giustizia sociale in Europa resta un tema di estrema attualità. Ci occorre una riforma dell’Unione orientata a porre finalmente al centro della politica la lotta contro la disoccupazione di massa e la povertà. Ciò implica anche il coraggio di modificare l’art. 4 del Trattato CE, che definisce l’Unione nei termini del neoliberalismo classico, ossia come un’economia di mercato aperta in regime di libera concorrenza. Lo stesso vale per l’art. 105 del Trattato CE, se si vuole che la BCE adempia il compito politico definito dal Trattato di promuovere la crescita e l’occupazione mediante la sua politica monetaria. I cittadini devono essere coinvolti nel dibattito sugli obiettivi e i contenuti della riforma. Devono poter usufruire della possibilità di formulare con autodeterminazione il proprio giudizio sui risultati della Conferenza intergovernativa, mediante un referendum.

Ho esaminato con interesse le proposte avanzate dal Primo ministro Dehaene, dal Presidente von Weizsäcker e da Lord Simon. Ritengo che alcune di esse siano senz’altro degne di attenzione, ad esempio quelle volte a semplificare i Trattati, al pari della proposta secondo la quale in futuro la decisione a maggioranza in seno al Consiglio e la procedura di codecisione del Parlamento dovranno costituire la regola. In veste di deputato di uno dei maggiori Stati membri reputo della massima importanza non permettere che vengano limitati i diritti degli Stati più piccoli.

Per concludere, vorrei comunque dire in tutta chiarezza che il mio gruppo rifiuta con decisione l’integrazione dell’UEO nell’Unione europea. Vogliamo un’Europa civile e solidale, non un’Unione militare, che in futuro ci veda calcare la scena politica internazionale armati fino ai denti nel ruolo di gendarmi d’Europa!

 
  
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  Berthu (UEN). (FR) Signor Presidente, signor Commissario, il gruppo Unione per l’Europa delle nazioni ritiene la relazione Dehaene sulle implicazioni istituzionali dell’ampliamento insoddisfacente nei metodi come nella sostanza delle sue conclusioni.

Sul metodo: il Consiglio di Colonia, nel giugno scorso, si era rifiutato di nominare un gruppo ristretto per preparare i lavori di revisione del Trattato. Voleva infatti che la discussione fosse aperta fin dall’inizio. Ebbene, a cosa abbiamo assistito? La Commissione, indispettita per non aver potuto tenere sotto controllo il dibattito, si è affrettata a nominare per conto proprio un gruppo di lavoro ristretto, subito qualificato gruppo di Saggi, pur non essendo i suoi membri più saggi della media delle persone qui presenti. E questo per tentare di spingere il Consiglio ad accettare l’ordine del giorno della Conferenza voluto dalla Commissione. Non ci meravigliamo quindi di constatare che la relazione Dehaene, in fondo, cerca di rafforzare i poteri della Commissione e di aggirare i diritti degli Stati. Innanzitutto, per una curiosa coincidenza, il testo conclude che la Commissione dovrà, già all’inizio della Conferenza intergovernativa, depositare un progetto di trattato completo sul tavolo delle trattative. Si continua quindi con il solito metodo dell’imposizione con la forza.

Con lo stesso atteggiamento, il gruppo avanza al Consiglio la vecchia proposta federalista della generalizzazione del voto a maggioranza qualificata. Tale proposta, unita al mantenimento del monopolio d’iniziativa da parte della Commissione, porterebbe, si sa, ad un considerevole rafforzamento dei poteri di quest’ultima e alla relativa diminuzione del diritto degli Stati. D’altra parte è interessante constatare come, con un bell’esempio di eufemismo europeo, il sistema di decisione a maggioranza è presentato nella relazione, cito testualmente, come “propizio al consenso”, mentre è chiaramente il contrario. La regola della maggioranza obbliga la minoranza a piegarsi, in particolare i piccoli Stati, mentre l’unanimità impone di negoziare fino a raggiungere un accordo.

Insistendo nell’atteggiamento di aggirare gli Stati, la relazione Dehaene propone che il Trattato possa in alcuni casi essere modificato con semplice decisione del Consiglio o addirittura con decisione a maggioranza qualificata. Questo è del tutto inaccettabile, in quanto assolutamente contrario alla nostra concezione di un’Europa che rispetta le sue nazioni. Tuttavia la relazione, oltre ai soliti luoghi comuni federalisti, abbozza timidamente una nuova idea, quella della flessibilità istituzionale necessaria ad un’Europa più estesa. Riconosce, cosa che noi abbiamo sempre detto, che la cooperazione rafforzata del Trattato di Amsterdam non può risolvere il duplice problema della crescente eterogeneità e dell’impossibilità totale di abbandonare poteri sovrani a procedure di decisione a maggioranza qualificata, meno ancora in un’Europa di trenta o più Stati. Ecco, onorevoli colleghi, il vero punto da aggiungere all’ordine del giorno della CIG. Il secondo argomento, analogo al primo, in quanto anch’esso postula il libero esercizio delle sovranità nazionali dovrebbe essere: “Come riportare l’Europa sotto il controllo dei suoi popoli?”

 
  
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  Dimitrakopoulos (PPE).(EL) Signor Presidente, la relazione Dehaene, ancora informale, va comunque nella giusta direzione. Nel leggerla, in realtà, ci si accorge che non fa menzione delle prospettive, degli obiettivi e delle sfide che l’Unione si trova ad affrontare in vista del XXI secolo, ma almeno propone alcuni orientamenti generali relativi a tutta una serie di questioni istituzionali, che vanno disciplinate. Dopo l’interessante intervento del Commissario competente Barnier, resta da vedere quante e quali di dette proposte verranno adottate e che cosa si dovrà aggiungere per permettere all’Unione di iniziare a prepararsi correttamente per il futuro.

E’ significativa l’espressione usata dal Commissario Barnier, secondo il quale la Commissione presenterà un testo “global et fort”, che restiamo in attesa di poter leggere. Da parte sua, il Parlamento non può esimersi dal raccomandare che detto testo preveda un approccio sistematico a tutti gli aspetti dell’UE, affinché la nuova Conferenza intergovernativa possa occuparsi di ciascuna delle questioni e delle problematiche attuali, sempre nell’ambito della logica aristotelica secondo cui la politica è l’arte del possibile.

 
  
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  Leinen (PSE).(DE) Signor Presidente, nella relazione del gruppo di esperti vedo un importante passo avanti e concordo pienamente con il Commissario Barnier sul fatto che le riforme globali dell’Unione devono ormai passare alla fase di attuazione e non possono più essere rimandate al periodo successivo all’ampliamento. Ciò potrebbe avere esiti fatali, perché se 15 Stati non riescono a darsi regole comuni, tanto meno potranno farlo 20 o 25 Stati. Questa è l’ultima possibilità per riformare l’Unione affinché funzioni, risulti comprensibile ai cittadini e possa sopportare l’ampliamento.

Mi compiaccio che si proceda ad una revisione dei Trattati. Non vi è cittadino dell’Unione che riesca ad addentrarsi nel Trattato di Maastricht o nel Trattato di Amsterdam. Leggere questo genere di testi è un vero azzardo! Bisogna riuscire a suddividere gli elementi prettamente costituzionali da quelli di carattere più tecnico. Occorre operare una distinzione, così come è attuata nelle leggi fondamentali o nelle costituzioni degli Stati membri.

Un cenno a proposito della riforma delle Istituzioni. Il gruppo Dehaene si è concentrato in modo particolare sulla riforma della Commissione. Credo che il Consiglio rappresenti il punto focale della riforma. Con le misure previste la Commissione funzionerà. Il Parlamento ha attuato talune riforme e funziona. L’Istituzione che non va e che frena l’Unione è il Consiglio! Per questa ragione concentreremo il nostro intervento in Parlamento sulle richieste di riforma del Consiglio. Occorre regolamentare in qualche modo tale duplice struttura, che ha funzione di organo legislativo e di organo esecutivo, soprattutto in vista di un’Unione formata da 20 o 25 Stati membri. Spero, Commissario Barnier, che la Commissione riesca a presentare una proposta concreta in merito alla modifica del Trattato, sulla quale apriremo poi la discussione.

 
  
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  Malmström (ELDR).(SV) Signor Presidente, Commissario Barnier, il chiaro messaggio di cambiamento lanciato dagli elettori il 13 giugno deve essere preso in seria considerazione da noi politici. Dobbiamo agire di conseguenza ed adoperarci per un cambiamento. E la Conferenza intergovernativa fornirà un’eccellente occasione.

La relazione del comitato di esperti indipendenti rappresenta un’ampia fonte di ispirazione, mentre occorre cogliere l’occasione della Conferenza intergovernativa per una vera revisione dei Trattati. Occorre semplificare, rendere trasparenti, chiarire e rivedere tutti i compiti dell’Unione, dando vita a un ordinamento in cui l’UE si concentri su meno ambiti, ossia sulle sole problematiche genuinamente transfrontaliere. I cittadini dell’UE necessitano di una costituzione democratica, con un elenco di competenze in cui le responsabilità siano chiare e in cui il principio di sussidiarietà abbia un contenuto reale.

Con queste ambizioni in vista della Conferenza intergovernativa, credo proprio che potremo assicurare il rispetto dei due grandi compiti dell’Unione europea: la creazione di un’Unione più vasta, democraticamente funzionante, e il ripristino di parte della credibilità e della legittimazione perdute agli occhi dei cittadini.

 
  
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  Voggenhuber (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, per le menti lucide e illuminate il 2000 è certo un anno come tutti gli altri, ma all’alba di un nuovo secolo non solo i romantici subiscono una certa magia, che li induce a staccarsi dalle occupazioni quotidiane assumendo un atteggiamento per così dire progettuale verso il proprio futuro. Constato con rammarico, Commissario Barnier, che nei preparativi per la Conferenza intergovernativa non vi è traccia di tale magia di fine secolo, né della capacità di cogliere prospettive. Deploro inoltre il fatto che neanche il comitato dei Saggi abbia avuto tale coraggio, in contrasto con alcuni inni di lode intessuti in Aula.

Per quanto attiene alla riforma delle Istituzioni, a proposito dei motivi e delle necessità, ci si richiama ad un concetto tecnocratico di incremento dell’efficienza e della capacità di azione, senza peraltro degnare di uno sguardo la questione quanto mai urgente e necessaria dell’istituzione di una democrazia europea. Neppure sul secondo e terzo pilastro di quella democratica terra di nessuno rappresentata dalla cooperazione intergovernativa il comitato dei Saggi ha speso una sola parola di critica, né ha avanzato proposte che lo impegnassero nel senso di una riforma democratica europea. Non una sola idea è stata elaborata in merito ai metodi della Conferenza intergovernativa, della quale intanto tutti sappiamo che non è in grado di progredire nella realizzazione dell’idea europea. In realtà, il coinvolgimento del Parlamento non è tra gli obiettivi.

Analogamente, nella relazione del gruppo di esperti non si fa alcun cenno alla dimensione sociale dell’Unione, premessa necessaria per una democrazia europea. In merito alla questione della politica estera e di sicurezza, la relazione concede invece notevole spazio – al pari dei Capi di stato e di governo – alla politica di sicurezza, dimenticando che la politica in materia di sicurezza altro non è che una funzione della politica estera.

(Applausi)

 
  
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  Sjöstedt (GUE/NGL).(SV) Signor Presidente, volendo ricapitolare in un minuto la relazione del gruppo Dehaene, cosa che io tenterò di fare ora, si potrebbe dire che essa contiene ciò che i fautori dell’UE in Svezia avevano promesso non sarebbe mai accaduto. Qualora le proposte del gruppo trovassero attuazione, l’Unione compirebbe un passo decisivo verso la trasformazione in un soggetto avente caratteristiche d Stato. Il residuo diritto di veto verrebbe abolito, l’influenza dei paesi piccoli diminuirebbe, il Presidente della Commissione diverrebbe una sorta di primo ministro nel quadro di un esecutivo europeo sempre più potente, e l’Unione europea diverrebbe un organismo militare.

Pare particolarmente negativo il fatto che il gruppo proponga che il potere dei singoli Stati sulle modifiche del Trattato venga ridotto in modo drastico. In vasti ambiti dell’attuale Trattato, il gruppo Dehaene chiede che sia possibile apportare modifiche senza l’approvazione de parlamenti nazionali e senza il requisito dell’unanimità. Si tratta di una proposta direttamente rivolta contro l’eventualità che gli Stati membri e le loro popolazioni possano influire in modo democratico sull’evoluzione dell’Unione.

 
  
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  Méndez de Vigo (PPE).(ES) Signor Presidente, cosa deve fare la prossima Conferenza intergovernativa? Deve preparare l’Unione per un’Europa di 27 Stati membri. Pertanto, quanto maggiore sarà la portata della riforma istituzionale, tanto maggiore sarà la portata dell’ampliamento.

Cosa deve fare? Deve mantenere l’equilibrio istituzionale, che ha permesso il progresso della costruzione europea negli ultimi quarant’anni. Cosa non deve significare? Non deve significare nuove competenze per l’Unione europea. Questo è già stato fatto dal Trattato di Amsterdam. E non deve significare nemmeno lo snaturamento dell’Unione.

In questo contesto, tengo a dire che la relazione Dehaene è molto azzeccata sotto vari aspetti, ma contiene un elemento che mi preoccupa parecchio. Se la consideriamo nel suo complesso, la relazione Dehaene chiede, da un lato, l’estensione della maggioranza qualificata e, al tempo stesso, la costituzionalizzazione dei Trattati e la loro divisione in due parti, una sottoposta ad una procedura molto rigorosa, che richiede l’unanimità per qualsiasi modifica, e l’altra che richiede la maggioranza semplice. A questo si deve aggiungere una flessibilizzazione delle cooperazioni rafforzate.

Quello che mi preoccupa – mi rivolgo alla Commissione, che deve preparare una comunicazione al riguardo – è che l’unione di questi tre fattori – estensione della maggioranza qualificata, ratifiche di tipo diverso e flessibilizzazione delle cooperazioni rafforzate – porti a un’Europa “alla carta”, un’Europa in cui ogni Stato membro sceglie quello che vuole essere. Devo dire, signor Presidente, che questa non è l’Unione europea per cui molti di noi hanno lottato e in cui molti di noi credono.

 
  
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  Van den Bos (ELDR).(NL) Signor Presidente, lo stesso Gruppo Dehaene ritiene che i suoi piani siano alquanto ambiziosi, ma in realtà lo sono soltanto se rapportati alla situazione e alle resistenze attuali. Mentre, quegli stessi piani appaiono invece modesti in rapporto alle esigenze poste da un’Unione con più di trenta Stati membri. Quando l’Unione avrà il doppio di membri rispetto agli attuali, il processo decisionale si bloccherà completamente a meno che non intervengano cambiamenti drastici, molto più drastici di quelli ora in discussione. Sarà inevitabile ampliare le competenze della Commissione in quanto garante del comune interesse europeo, e ciò a spese delle competenze dei governi, rappresentati in Consiglio. Tale modifica dell’assetto europeo comporterà una legittimazione democratica della Commissione molto maggiore di quella attuale nonché, a lungo termine, l’elezione diretta di tutti i Commissari. E’, poi, evidente che anche il nostro Parlamento dovrà ricevere tutte le competenze che gli spettano. Ciò che ora appare rivoluzionario, ben presto sembrerà molto realistico.

 
  
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  MacCormick (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, c’è un cane che non ha ancora abbaiato in questa discussione, e vorrei proprio richiamare l’attenzione sulla totale incapacità della relazione Dehaene di affrontare in modo adeguato – lo menziona solo di passaggio – l’aspetto regionale del governo in Europa. La sussidiarietà sembra un concetto cui si dedicano grandi parole ma nessuna azione concreta e senza dubbio dev’essere ridefinito nel Trattato.

Le regioni e nazioni autonome all’interno di Stati membri dell’Unione europea – quali quelle esistenti in Spagna, nel Regno Unito o in Belgio – devono ottenere un riconoscimento effettivo nel nostro sistema. La riforma del Consiglio è una condizione fondamentale. Potrebbe introdurre un’adeguata differenziazione tra i propri ruoli esecutivo e legislativo e, riguardo a quest’ultimo, iniziare ad assumere le caratteristiche di un organo territoriale.

Il Comitato delle regioni, nella sua attuale costituzione, è senza denti e neppure lontanamente rappresentativo. I parlamentari sono consapevoli che il Lussemburgo ha sei membri in seno al Comitato delle regioni mentre la Scozia ne ha quattro? Non ho grande familiarità con le differenze tra la regione orientale e quella occidentale del Lussemburgo, ma so qualcosa in merito alle differenze all’interno della Scozia, e il principio di rappresentanza, così com’è ora concepito, è assurdo. Un Comitato che dovrebbe consentire alle regioni e alle nazioni interne di controbilanciare gli Stati è dominato dal sistema statale.

Con l’ampliamento, saranno eletti al Parlamento nuovi deputati, molti dei quali rappresenteranno nazioni che in precedenza facevano parte di una confederazione. Pensate alla Slovenia o all’Estonia. Sono piccoli Stati, ma il numero dei loro rappresentanti sarà automaticamente superiore a quello dei Paesi baschi, delle Fiandre, della Scozia e del Galles. Il principio di rappresentanza in Europa, così come è applicato alle nazioni e regioni europee, dev’essere riesaminato, e mi rattrista molto che la relazione Dehaene non abbia praticamente sfiorato questo argomento.

(Applausi)

 
  
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  Lamassoure (PPE).(FR) Signor Presidente, meno di un anno dopo lo storico successo dell’unione monetaria ecco l’Unione europea in una strana posizione. Corre, corre, ma non sa più né dove sta andando, né come ci va.

Le banconote della moneta europea non circolano ancora ed ecco che già si è parlato a giugno a Colonia di un esercito europeo, a settembre a Tampere di una giustizia penale europea, mentre si prepara una Carta dei diritti fondamentali e, soprattutto, la Commissione invita il Consiglio europeo ad accettare la prospettiva di un’Europa che si estende fino all’Asia minore e fino alle frontiere occidentali dell’Iraq e dell’Iran. Questo non è più un ampliamento, è un’esplosione.

Alcuni degli appartenenti all’UDF, all’interno del PPE, sono favorevoli a nuovi spostamenti in avanti dei confini europei. Altri, tra cui noi, sono più riservati o perfino contrari. Ma credo che saremo tutti d’accordo sul fatto che è ormai tempo che i responsabili politici riprendano il controllo della situazione e abbiano alla fine il coraggio di discutere dell’obiettivo che ci si prefigge in termini di dimensioni geografiche e di cammino dell’Europa politica, come abbiamo fatto per l’Europa economica e monetaria.

L’Europa fino a dove? Fino a dove, in termini geografici? Non ne abbiamo mai parlato né qui, né in Consiglio, né in Commissione. L’Europa fin dove, in termini di competenze? L’Europa dei Trenta non potrà funzionare come l’Europa dei Dodici! Da un lato, le sarà indispensabile un sistema decisionale molto più efficace, di natura politica e non più diplomatica. Dall’altro, i punti d’interesse comune saranno meno numerosi e l’esigenza di decentralizzazione molto più forte.

Fin dove vogliamo arrivare? Seguendo quale cammino e con chi? E’ a queste domande che bisogna rispondere prima di dare ai giuristi istruzioni su, per esempio: “la futura ponderazione dei voti della bella isola di Malta”.

(Applausi)

 
  
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  Väyrynen (ELDR). (FI) Signor Presidente, erano già circolate voci in merito alle quali il gruppo di lavoro ad alto livello intendeva proporre un modello d=integrazione europea a “cipolla@, una variante del sistema a cerchi concentrici. E= un peccato che la relazione non contenga il termine “cipolla@, poiché la ripartizione delle competenze istituzionali sembra essere l=unica soluzione realista a fronte di un forte ampliamento dell=Unione.

In futuro l=Europa verrà ad essere costituita da tre cerchi istituzionali. La circonferenza più esterna sarebbe rappresentata dal Consiglio europeo delle cui istituzioni intergovernative si potrebbe usufruire meglio rispetto ad ora affidando al Consiglio nuovi compiti. Al secondo cerchio vi sarebbe l=Unione europea che si evolverebbe in futuro in una Confederazione di Stati. Essa implicherebbe un decentramento del processo decisionale ed un rafforzamento della cooperazione intergovernativa. Una siffatta Confederazione di Stati dell=Unione europea potrebbe agevolmente far fronte a un rapido ampliamento. Il cerchio più interno sarebbe costituito dalla Federazione europea che si comporrebbe degli Stati dell=Unione europea che si sarebbero spinti più avanti nel processo di integrazione, ossia gli Stati che fanno parte sia della Nato che dell=area euro. L=Unione europea diventerebbe dunque una Confederazione di Stati il cui nucleo sarebbe costituito dallo Stato federale.

 
  
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  Van Hecke Johan (PPE).(NL) Signor Presidente, della relazione Dehaene si può dire che ha indubbiamente il pregio di essere chiara e che testimonia di creatività e forza, di pragmatismo ed ambizione. Non esistono – potremmo dire così – mille ricette pronte per una Conferenza intergovernativa veloce ed efficiente. Se vogliamo evitare un nuovo caso di alta tecnologia giuridica, se non vogliamo finire in un groviglio inestricabile, dovremo far sempre riferimento, in un modo o nell’altro, al nocciolo di questa relazione chiara e trasparente. Non è necessario che questa circostanza si trasformi in una sorta di veni vidi vici per l’onorevole Dehaene. Però, se si accolgono soltanto gli elementi essenziali del Trattato di Amsterdam, senza aggiungerci nulla, l’Europa corre il rischio di ritrovarsi con le ali tarpate. Il pallone è ora nel campo degli Stati membri e della Commissione. Dal nostro punto di vista, e vogliamo dirlo con grande chiarezza, la riforma dell’Unione rimane una condizione irrinunciabile per l’allargamento. Occorre prima approfondire, e poi si potrà allargare. Noi siamo, infatti, contrari ad un’Europa che abbia sempre più membri ma sempre meno sostenitori, sempre meno efficienza e sempre meno anima.

 
  
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  Barnier, Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, a questo punto e tenuto conto dei vincoli dell’ordine del giorno, mi limiterò a poche osservazioni. La regola del gioco per la discussione odierna era chiara. La discussione rivestiva per la Commissione una grande importanza, con il limite però che, come il Collegio, neppure voi avete per il momento definito esattamente la vostra posizione e le vostre proposte. Quello auspicato dal Presidente Prodi era quindi uno scambio di vedute sulla relazione Dehaene per arrivare a questa discussione chiarificatrice. Ho ascoltato con molta attenzione, signor Presidente, tutti coloro che sono intervenuti, che ringrazio per la loro attenzione ed il loro contributo. Terremo conto delle domande, dei suggerimenti, se non addirittura talvolta delle critiche e dei timori, emersi nella discussione nei pochi giorni che ci separano dal 10 novembre. In tale giorno infatti il Collegio adotterà la sua prima posizione politica, cui farà seguito la discussione su questo primo documento politico della Commissione. Dopodiché avremo ancora molto lavoro da sbrigare, fra il 10 novembre e l’inizio dei negoziati, giacché la Commissione dovrà presentare un documento di cui io stesso ho già detto che sarà un documento politico forte, globale, strutturato in modo da essere utile ai negoziatori e favorire i negoziati. Nel corso di questo periodo dovremo lavorare in stretta intesa con la commissione per gli affari istituzionali e con il Parlamento. Per concludere, signor Presidente, vorrei quindi ringraziare il Parlamento europeo per questo primo scambio di vedute sulla prossima Conferenza intergovernativa e sulle ambizioni con cui dobbiamo affrontarla.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà tra qualche istante.

 
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