Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A5-0206/2000), dell’onorevole Morillon, a nome della commissione per gli affari esteri, i diritti dell’uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa, sulla posizione comune decretata dal Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al varo di azioni finalizzate allo sviluppo economico e sociale della Turchia [7492/1/2000 REV - C5-0325/2000 - 1998/0300(COD)].
Morillon (PPE-DE),relatore. – (FR) Signor Presidente, la posizione comune del Consiglio di cui lei ha ricordato l’argomento è presentata al Parlamento per la seconda lettura, non per questioni di merito ma per questioni di forma. Potrebbe sembrare ridicolo, ma non lo è affatto.
Quanto al merito, il Parlamento ha approvato lo stanziamento di 135 milioni di euro nel corso dei prossimi cinque anni, a favore di azioni volte a compensare i sacrifici sostenuti dalla Turchia in vista dell’ingresso in un’unione doganale con l’Unione europea. Su questo punto non vi è alcuna divergenza con il Consiglio.
Quanto alla forma, avevamo voluto evidenziare alcuni settori per i quali le azioni avrebbero dovuto essere autorizzate con priorità, ma il Consiglio non ha voluto riprendere tre delle nostre proposte. Tali proposte riguardavano l’enunciazione di un principio di precauzione sullo sviluppo dell’energia nucleare, specialmente nelle zone sismiche, la protezione e il riconoscimento dell’identità culturale delle minoranze e il sostegno alle iniziative a favore dell’abolizione della pena di morte e infine, ma forse il più importante, lo sviluppo di qualsiasi forma di cooperazione tesa a risolvere la questione curda.
Tali questioni di forma non sono trascurabili in un dibattito che precede quello sull’adesione che si svolgerà in sede di commissione per gli affari esteri nel mese di ottobre. Successivamente a tale dibattito io presenterò, nel mese di novembre, la relazione sul progresso dei lavori e sul modo di sentire dell’opinione pubblica degli stati d’animo nell’Unione e in Turchia.
Ad Helsinki, la porta dell’adesione è stata riaperta ma nessuno sa dove condurrà il cammino intrapreso, né quanto tempo sarà necessario per percorrerlo. Credo di poter affermare che esistono ampi consensi per il riconoscimento alla Turchia di una posizione privilegiata, per motivi geografici, storici, economici e politici. Tuttavia, questa posizione privilegiata può e deve essere prevista sia all’interno dell’Unione che in una stretta collaborazione con essa. Questa scelta spetta democraticamente ai cittadini dell’Unione europea da noi rappresentati e ai cittadini turchi. Commissario Verheugen, credo che questa fosse la sua opinione e ritengo di poterle assicurare, in questo ambito, il sostegno di una grande maggioranza dei miei colleghi.
La decisione della Turchia di aderire sarà troppo importante per il futuro dell’Unione e della Turchia perché possa concludersi nel silenzio più totale o addirittura nel segreto dei governi. Richiederà ampi dibattiti, sia qui che in seno ai parlamenti nazionali ed è per questo che tutti sono concordi nel riconoscere che il cammino sarà lungo e difficile. In qualità di relatore per l’ampliamento, mi sono convinto di ciò non solo in ragione della ricchezza e della passione dei dibattiti già svolti in seno al nostro Parlamento, ma anche osservando le reazioni registrate in Turchia, sia a livello di ceti dirigenti che in seno alla società civile.
Mi soffermerò in maniera più dettagliata su queste reazioni contrastate in occasione della presentazione della mia relazione; per il momento mi accontento di trarne la conclusione fondamentale. I cittadini turchi ritengono che il loro ingresso nell’Unione richieda non solo una revisione indolore del loro armamentario giuridico e l’abbandono parziale di una sovranità alla quale rimangono attaccati, ma anche un cambiamento radicale delle loro abitudini e della loro mentalità a cui non sembrano pronti. Alla luce di tutto ciò il Parlamento ha proposto la creazione di un forum euroturco, che associ in una riflessione approfondita i rappresentanti qualificati della comunità turca e i parlamentari europei che ne riceveranno il mandato. Rinnoverò questa proposta nella mia relazione e penso di poter affermare che il governo turco non vi si oppone, anzi sembra vero il contrario.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, all’inizio di questo lungo cammino, consapevoli di queste realtà, credo che sia giunto il momento di abbandonare qualsiasi ipocrisia e di smettere di nascondere gli ostacoli, primo fra tutti il problema dei curdi. Oggi, ai francesi non verrebbe in mente di negare che esiste la questione della Corsica, anche se i cittadini francesi e i loro dirigenti non sono concordi sulle sue possibili soluzioni. In Turchia esiste un problema curdo. Il Consiglio non deve impedire al Parlamento europeo di contribuire alla sua risoluzione. Se il testo di questo regolamento ritorna per la seconda lettura non è per semplici ragioni formali, ma perché il Parlamento rifiuta simili astuzie politiche.
Ζacharakis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, condivido senza riserve la raccomandazione dell'onorevole Morillon di porre fine all'ipocrisia con la quale talvolta, per ragioni di convenienza politica, si affrontano alcuni problemi che pure sono reali. Credo infatti che non vi siano dubbi sul fatto che i problemi trattati dai tre emendamenti respinti dal Consiglio siano reali, così come è probabile che questa posizione del Consiglio tradisca una volontà quantomeno ipocrita di liquidarli o di minimizzarne l'importanza.
Eppure quegli emendamenti rispecchiano posizioni consolidate del Parlamento europeo, hanno tutti e tre un peso sostanziale e giustamente il relatore insiste per la loro adozione, dal momento che essi ribadiscono le garanzie contro il rischio che le autorità turche costruiscano una centrale nucleare in una zona sismica, l'esplicita menzione della pena di morte e il chiaro impegno della Turchia a riconoscere e tutelare l'identità culturale delle minoranze, nel quadro del più generale impegno assunto dal paese verso il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, ma anche l'adeguata promozione dell'incontrovertibile problema curdo e della necessità di risolverlo, non certo con i bombardamenti turchi contro i civili inermi, come il 18 agosto nella regione di Kentakor.
Desidero sperare che l'insistenza del Parlamento sull'adozione di questi tre emendamenti aiuti anche la controparte turca a comprendere, anche se – come ricorda l'onorevole Morillon – essa non pare molto propensa a farlo, che la sua marcia di avvicinamento all'Europa non è un cammino a senso unico in cui sono soltanto gli Stati membri dell'Unione a dover mostrare buona volontà e benevola comprensione verso le specificità della Turchia, ma che anche la società e le autorità turche devono dare prova di un'analoga disponibilità ad adattarsi alle norme etiche e giuridiche su cui si regge l'Unione europea e che valgono indistintamente per tutti i paesi candidati; norme che, purtroppo, la Turchia continua a disattendere non soltanto in rapporto alla questione curda e al deficit democratico, ma anche in molti altri ambiti, come per esempio la questione cipriota o i rapporti con la Grecia.
Un cambiamento effettivo e globale del comportamento e di questo atteggiamento della Turchia incoraggerà in parte quanti, forse in un eccesso di ottimismo, hanno voluto accelerare il cammino europeo della Turchia, e contribuirà ad abbreviare quella che si preannuncia come una strada lunga e difficile – cito ancora una volta le parole dell'onorevole Morillon – verso l'adesione della Turchia alla famiglia europea.
Swoboda (PSE). - (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto ringraziare il collega Morillon per l'ottimo lavoro svolto e per la determinazione con la quale ha fatto valere le sue richieste e i suoi importanti emendamenti. Sono in grado di esprimergli l’appoggio a nome del mio gruppo, e sono persuaso che sia possibile trovare un accordo con il Consiglio. Tramite tale strumento dopotutto vogliamo promuovere lo sviluppo sociale ed economico della Turchia. Naturalmente ci auguriamo che contestualmente, e magari anche grazie a tali iniziative, in Turchia si possa affermare una tendenza politica volta a consolidare la democrazia, il rispetto dei diritti umani, in particolare il rispetto della propria popolazione curda, ed anche che si possa giungere all'abolizione della pena di morte.
Ciò nondimeno, come continuo a ripetere in questa sede e anche in Turchia, continuiamo ad essere estremamente insoddisfatti dell’evoluzione dal punto di vista politico. Si potrebbe naturalmente sostenere che non si tratta di un problema nostro; in realtà si tratta del problema più grave della Turchia stessa, che non è pronta e che non crea quelle istituzioni politiche in grado di rendere più visibili i progressi compiuti.
La Turchia ha di recente eletto un nuovo presidente. Si tratta di un magistrato, un professionista molto stimato, che gode del sostegno del governo. E il governo, tra le prime sue iniziative, cosa fa? Invia al presidente, nel corso dell'estate, una specie di ordinanza tesa a limitare certi diritti di persone che rivestono cariche dello Stato, e si meraviglia pure perché il presidente, ex alto magistrato, respinge l'ordinanza che gli è stata inoltrata e ritiene che se ne debba occupare il Parlamento, fatto del resto assolutamente ovvio in democrazia.
Anch'io, come molti onorevoli colleghi di quest'Aula, nutro poca simpatia per gli islamici, soprattutto quando rappresentano un'ottica fondamentalista, come accade in queste regioni, o come è emerso anche oggi nel dibattito tra i due presidenti dei Parlamenti palestinese ed israeliano. La soluzione va individuata a livello legislativo. Tuttavia non si può sollevare improvvisamente dal proprio incarico tutti gli islamici sulla base di un'ordinanza solo perché il governo desidera che sia così. E' davvero un problema? Ebbene, in questo caso è un problema di cui si deve occupare il Parlamento.
Il problema dei curdi è già stato menzionato. Anche a questo proposito non si sono registrati passi avanti. Continuano ad esserci segnali positivi e negativi. Coloro i quali si rendono conto dell'importanza di tale problema non hanno il coraggio per far progredire le cose. Lei ha menzionato il problema dei corsi. Direi che anche la Francia dovrebbe trovare il coraggio occorrente per affrontare dopo così tanti anni il problema. Un po’ di questo coraggio vorrei che lo trovasse la Turchia, per incanalare finalmente verso una soluzione il problema dei curdi. Esistono naturalmente anche altri problemi legati alle minoranze.
Si è parlato di pena di morte. Si è tanto sentito parlare della convinzione di doverla abolire, eppure quanto tempo ci vuole per adottare le misure necessarie! Sono questi casi, come quando la Turchia non adotta provvedimenti, che deludono coloro, me compreso, che accoglierebbero ben volentieri la Turchia nell’Unione europea. Malgrado ciò, sono dell'opinione che dobbiamo mantenere quanto abbiamo promesso. Le nostre promesse sono realizzabili e vengono esaudite, proprio al fine di promuovere lo sviluppo sociale ed economico. Rimaniamo in vigile attesa, per vedere se la Turchia perseguirà autonomamente lo sviluppo politico.
Haarder (ELDR). - (DA) Signor Presidente, le nostre relazioni con la Turchia devono promuovere democrazia, stabilità e coerenza. La strada per arrivarci è rappresentata, tra l’altro, dallo sviluppo economico e sociale, e la strada verso lo sviluppo economico e sociale è costituita, tra le altre cose, dagli investimenti esteri. Il pacchetto finanziario dell’Unione costituirà la forza propulsiva per ulteriori investimenti in Turchia e potrà in questo modo anche promuovere e consolidare la democrazia e i diritti umani. Abbiamo visto che una strategia simile ha funzionato negli ex regimi dittatoriali dell’Europa meridionale, la vedremo funzionare in Europa centrale e orientale, e deve poter funzionare anche in Turchia. Tale strategia deve essere appoggiata dal Parlamento, e nel contempo dobbiamo insistere affinché vengano soddisfatti i criteri di Copenaghen - per quanto riguarda democrazia e diritti umani - prima che si possa in qualsiasi modo iniziare a parlare di negoziati di adesione. Infine, vorrei sottolineare la necessità di ricostruire le migliaia di villaggi curdi rasi al suolo. Questa deve essere un’esplicita priorità della nostra politica nei confronti della Turchia, e dobbiamo insistere affinché anche il governo turco la renda un’importante priorità, così come dobbiamo insistere affinché vengano rispettati i diritti delle minoranze curde, così come i diritti delle minoranze vengono rispettati nei paesi dell’Unione e negli altri paesi candidati.
Ceyhun (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, a nome del mio gruppo vorrei ringraziare il relatore per aver raccomandato la seconda lettura. E' un autentico conoscitore della situazione della Turchia. Conosce i problemi di questo paese e delle persone che ci vivono. Non è un segreto che ci potrà essere una Turchia democratica, nel senso che diamo noi a tale accezione, soltanto quando verranno risolti gli attuali problemi sociali ed economici. E' altrettanto noto che senza il nostro aiuto, la Turchia non potrà risolvere questi problemi da sola.
Per tale motivo, le richieste contenute negli emendamenti del relatore - egli parla della tutela delle minoranze, chiede legittimamente l'abolizione della pena di morte e pretende una soluzione al problema dei curdi - non vanno in nessun caso interpretate come condizioni volte ad ostacolare tali aiuti, bensì si tratta di proposte valide per le riforme democratiche in necessarie Turchia. In fin dei conti, sarà la Turchia a trarre vantaggio dalla realizzazione di tali riforme. In questo senso sosteniamo la raccomandazione e rinnoviamo i ringraziamenti per il suo lavoro!
Κorakas (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, sono passati soltanto nove mesi – o piuttosto a già nove mesi – dalla decisione di Helsinki di riconoscere alla Turchia lo status di candidato all'adesione. All'epoca avevamo avvertito che questa decisione non solo non avrebbe contribuito, come molti invece sostenevano, alla democratizzazione, al miglioramento del livello di vita dei popoli che vivono in Turchia, ma che avrebbe invece incoraggiato il regime a intensificare ancor più la repressione in atto. A nove mesi di distanza dobbiamo constatare con rammarico di avere avuto ragione, mentre avremmo preferito senz'altro essere smentiti.
Ecco ora la proposta del Consiglio di rendre disponibili 135 milioni di euro per lo sviluppo socioeconomico della Turchia. Temiamo fortemente che una consistente quota di tale importo verrà impiegata, a dispetto dei possibili controlli, per rafforzare ulteriormente la macchina della repressione.
Consentitemi di citare alcuni dati. Come ben sappiamo, nonostante le promesse la Costituzione rimane profondamente antidemocratica; il codice penale altrettanto; le carceri turche ospitano allo stato attuale oltre 15 mila prigionieri politici, in condizioni disumane che vengono ammodernate inasprendo l'isolamento, cosa che ha scatenato una violenta reazione nella stessa Turchia, persino da parte del Collegio degli avvocati di Istambul, che in un'apposita relazione ha denunciato questi provvedimenti. Recentemente vi sono stati arresti in occasione delle manifestazioni per il 1° settembre, Giornata mondiale della pace; Cipro risulta tuttora occupata. Proprio mentre noi svincoliamo i fondi, Ecevit, primo ministro turco, dichiara che la questione di Cipro è stata risolta nel 1974, vale a dire con una barbara invasione e con un'occupazione che dura ancor oggi, in spregio alle risoluzioni delle Nazioni Unite. Ricordo inoltre che in termini analoghi si esprime anche Gem, in merito alle relazioni greco-turche. Ed è inutile che alcuni ne vadano tanto orgogliosi e se ne vantino, dal momento che queste relazioni sono fatte in realtà di continue concessioni del governo greco che finiranno per tradursi in una fonte di ulteriori tensioni.
Voi volete usare questo denaro come esca per penetrare ancor più a fondo nell'economia turca, per depredare ancor più il popolo turco delle sue ricchezze. Non saremo noi a dirvi di allentare i cordoni della borsa o di non farlo, ma vogliamo semplicemente segnalare in quali condizioni e per quali ragioni vengono erogati questi finanziamenti.
Souladakis (PSE). – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi trovo del tutto d'accordo con l'eccellente lavoro svolto dal collega Morillon, come egli l'ha illustrato, e come sostanzialmente integrato dal collega Swoboda. Non starò dunque a ripetere argomentazioni che condivido appieno. Ma desidero fare alcune osservazioni.
La peculiarità delle relazioni fra Unione europea e Turchia, come sappiamo dopo anni di esperienza, è caratterizzata, nel livello di partenza e nella sostanza, da quel problema politico che risponde al nome di «Turchia». In questo modo Helsinki, 9 o 10 mesi fa, ha tracciato un percorso tale da racchiudere sostanzialmente al suo interno, in prospettiva, la soluzione del problema politico di nome Turchia. Da questo punto di vista, e poiché è qui presente il Commissario Verheugen, competente in materia di ampliamento, e visto che esiste un diffuso clima di attesa verso il testo che definirà il partenariato UE-Turchia che riceveremo in un secondo tempo, sono certo che egli appoggerà l'idea di includere nel testo del trattato, e non nel preambolo, tutto quanto è stato previsto a Helsinki in materia di diritti umani, questione cipriota, Egeo, situazioni di crisi.
Basta guardare alla Turchia: è un caso singolare. Riesce a irradiare crisi in tutte le zone geograficamente circostanti. Noi che viviamo in quella regione vorremmo vedere una buona volta la fine di queste crisi. Che vengono generate dalla struttura stessa del sistema politico. Recentemente abbiamo assistito alle manifestazioni dei turcociprioti a Cipro, che finalmente hanno aperto bocca per denunciare ormai la Turchia come potenza occupante. Ho ascoltato proprio ieri alla BBC un esponente di un partito di turcociprioti – non di coloni – , e a Cipro ne resta soltanto la metà, dichiarare: "Insomma, cari turchi, lasciateci aderire all'Unione europea, visto che anche voi tenete tanto a entrarci, lasciate prima entrare noi".
Da questo punto di vista, poiché in questa relazione sono in gioco la fisionomia politica dell'Europa, le sue prospettive e i suoi principi, sono certo che il Commissario Verheugen ci assicurerà che la Commissione, come custode di questi principi, vincolerà il processo di adesione della Turchia a questi stessi principi. Ritengo sia questa la vera posta in gioco, questo l'itinerario, questo il cammino. Perché non ritengo, Commissario Verheugen, che si possa accettare che da un lato noi eleggiamo parlamenti, votiamo governi e dall'altro esista un sistema in mano all'esercito che detta condizioni politiche arrogandosi di parlare per tutti noi. Sotto questo profilo, la relazione Morillon rappresenta una prospettiva incoraggiante. Noi, come greci, desideriamo che la Turchia aderisca all'Unione europea, desideriamo una Turchia democratica, perché questa Turchia democratica rappresenterà il punto di partenza per la cessazione definitiva delle crisi nella regione, crisi che tutti noi abbiamo vissuto per anni con un impatto negativo per tutti.
Verheugen, Commissione. - (DE) Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare il relatore Morillon per l'approfondita relazione. Sono lieto di poter constatare la presenza di un ampio consenso. Mi compiaccio inoltre per la rapidità con la quale il Parlamento ha reagito alla posizione comune, che è stato approvata all'unanimità al Consiglio, e soprattutto per il fatto che il Parlamento possa in gran parte sottoscrivere tale posizione, che era stata proposta dalla Commissione.
La relazione ora propone di integrare il progetto di regolamento in tre punti. Posso comunicare che a proposito di questi punti, la Commissione condivide il parere del Parlamento. La Commissione pertanto esaminerà le modifiche proposte dal Parlamento in questo senso, comunicherà quanto prima al Consiglio il proprio parere chiedendogli di ultimare l'iter legislativo.
Tale proposta di regolamento riveste un'importanza particolare in quanto a fianco delle misure a favore della Turchia nell'ambito del programma MEDA e del regolamento emanato in aprile dal Consiglio, rappresenta l'ultimo dei tre pilastri dell'assistenza finanziaria per la Turchia. Tali fondi sono volti a sostenere la realizzazione della strategia di convergenza. La strategia di convergenza vuole rendere la Turchia più pronta al negoziato. La Turchia sarà pronta al negoziato soltanto quando verranno attuate radicali riforme sociali, economiche e politiche.
Il miglioramento dei rapporti tra Unione e Turchia in seguito al Consiglio di Helsinki ha consentito di dialogare su tutti i problemi in modo aperto e critico. Il dialogo politico rafforzato a tutti i livelli, che contraddistingue il clima del dopo Helsinki, ha dato un impulso decisivo in questa direzione. Devo anche dire, che confronti aperti e critici, che talvolta affrontano anche temi dolorosi, che toccano anche questioni sensibili, sono indispensabili se vogliamo giungere in fondo al cammino che ci sta davanti.
Vorrei cogliere questa occasione per ribadire nuovamente che ci aspettiamo da parte della Turchia un impegno energico per proseguire sulla via intrapresa delle riforme. La Turchia ha sottoscritto poche settimane fa entrambe le Convenzioni ONU sui diritti politici e civili e sui diritti sociali ed economici. A mio modo di vedere ciò è legato alla decisione che abbiamo preso lo scorso anno, e può essere considerato un risultato. Mi compiaccio di tale adesione, che considero un passo nella giusta direzione. Vorrei tuttavia anche sottolineare che quello che conta ora è che entrambe le convenzioni siano celermente ratificate dal Parlamento turco e che gli impegni che ne derivano siano anche tradotti nella pratica.
Nel corso della mia ultima visita in Turchia in luglio sono stato minuziosamente informato della relazione presentata al governo tesa a istituire una commissione interministeriale per l'attuazione delle riforme necessarie per soddisfare i criteri di Copenhagen. La relazione contiene una serie di progetti di riforma volti al miglioramento della situazione dei diritti umani. Ora però si tratta di attuare i provvedimenti proposti per le riforme da parte del governo turco nel quadro di un programma legislativo coerente. Su questo punto ho pesantemente insistito durante i colloqui in Turchia.
Come sapete, il Consiglio europeo a Helsinki ha confermato che il rispetto dei criteri politici di adesione rappresenta una condizione vincolante per poter intensificare i rapporti tra Unione europea e Turchia. Questo sarà anche il filo conduttore che ispirerà l'elaborazione del partenariato di adesione, che la Commissione presenterà nell'autunno di quest'anno in conformità con il mandato conferitole dal Consiglio.