Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo tra la Comunità e Malta recante adozione delle condizioni e delle modalità per la partecipazione di Malta a programmi comunitari nel settore della formazione, dell'istruzione e della gioventù [COM(2000) 416 - C5-0372/2000 - 2000/0176(CNS)] (commissione per la cultura, la gioventù, l’istruzione, i mezzi di informazione e lo sport)
(Il Parlamento approva la decisione)
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Relazione (A5-0213/2000) dell'onorevole Bouwman a nome della delegazione del Parlamento europeo al Comitato di conciliazione, sul progetto comune approvato dal Comitato di conciliazione, concernente la direttiva del Consiglio relativa agli impianti portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico [C5- 348/2000 - 1998/0249(COD)]
(Il Parlamento approva il progetto comune)
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Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0206/2000) della commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli interventi per lo sviluppo economico e sociale della Turchia [7492/1/2000 REV - C5-0325/2000 - 1998/0300(COD)] (Relatore: onorevole Morillon)
De Palacio,Commissione. - (ES) Signora Presidente, la Commissione può accettare i tre emendamenti presentati dal Parlamento nella seconda lettura della relazione dell'onorevole Morillon.
(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune così modificata)
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Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0196/2000) della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente naturale [C5-0180/2000 - 1996/0304(COD)] (Relatore: onorevole Schörling)
De Palacio,Commissione. - (ES) Signora Presidente, per quanto riguarda questa relazione, possiamo accettare gli emendamenti nn. 1, 5 (parte seconda e quinta), 6, 12, 28 (parte prima) e 29.
Possiamo accettare, in linea di principio, con alcune modifiche al testo, gli emendamenti nn. 9 (nella parte relativa alla richiesta di motivare che la valutazione ambientale strategica non sia necessaria), 10 (parte prima e seconda), 15, 17, 18, 20, 23, 24 e 25.
La Commissione non può invece accettare - ossia respinge - gli emendamenti nn. 2, 3, 4, 5 (parte prima, terza e quarta), 7, 8, 9 (nella parte relativa alla richiesta di motivare la necessità di una valutazione ambientale strategica), 10 (parte terza), 11, 13, 14, 16, 19, 21, 22, 26, 27, 28 (parte seconda), 30 e 31.
(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune così modificata)
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Relazione (A5-0204/2000) dell'onorevole Valdivielso de Cué a nome della commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia, sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) 1488/96 sulle misure di accompagnamento finanziarie e tecniche (MEDA) a sostegno della riforma delle strutture economiche e sociali nel quadro del partenariato euromediterraneo COM(1999) 494 - C5-0023/00 - 1999/0214(CNS)]
(Il Parlamento approva la risoluzione legislativa)
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Relazione (A5-0194/2000) dell'onorevole Varela Suanzes-Carpegna a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall'accordo tra la Comunità economica europea e il governo della Repubblica di Guinea sulla pesca al largo della costa della Guinea, per il periodo dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2001 [COM(2000) 304 - C5-0315/2000 - 2000/0154(CNS)]
(Il Parlamento approva la risoluzione legislativa)
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Relazione (A5-0188/2000) dell'onorevole Varela Suanzes-Carpegna a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conclusione del protocollo che fissa, per il periodo dal 3 dicembre 1999 al 2 dicembre 2002 le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste nell'accordo tra la Comunità europea e il governo di Maurizio sulla pesca nelle acque di Maurizio [COM(2000) 229 - C5-0253/2000 - 2000/ 0094(CNS)]
(Il Parlamento approva la risoluzione legislativa)
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Relazione (A5-0201/2000) dell'onorevole Watson a nome della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa al diritto al ricongiungimento familiare COM(1999) 638 - C5-0077/2000 - 1999/0258(CNS)]
Prima dell'inizio della votazione
Gollnisch (TDI). - (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho l'onore di proporvi una mozione di rinvio in commissione della relazione ai sensi dell'articolo 144 del Regolamento.
Non intendo ritornare sulle disposizioni legate alla discussione, ma credo che sia effettivamente necessario che la Commissione riprenda in esame la relazione. Non è un segreto per nessuno che la sua elaborazione è stata difficile, che la relatrice inizialmente designata, onorevole Klamt, alla fine si è ritirata ed ha espresso il desiderio che il suo nome non venisse associato alla relazione, motivo per cui il documento ci è stato presentato dall'onorevole Watson.
A mio avvio, tre incertezze giustificano un rinvio in commissione: una riguarda il concetto di ricongiungimento, che non si capisce se sia aperto ai residenti permanenti, ai rifugiati o ai residenti temporanei.
Un'incertezza relativa al concetto di famiglia: si tratta di famiglia nucleare, legittima, allargata, poligama, di fatto…
(Reazioni diverse)
Onorevoli colleghi, quest'enumerazione scaturisce dai vostri stessi interventi. Dato che è stato chiesto addirittura di inserire le famiglie "omosessuali", non vedo il motivo per cui dobbiate protestare.
Infine, un'incertezza relativa al concetto di controllo espresso nel parere della commissione giuridica: si deve effettuare questo controllo solo su presunzione, su presunzione fondata? Dev'essere mirato, puntuale? Tutti questi criteri devono essere precisati e per questo motivo, signora Presidente, ho l'onore di presentare una mozione di rinvio in commissione.
Presidente. - Una collega desidera esprimere parere contrario.
Terrón i Cusí (PSE). - (ES) Signora Presidente, non riesco a capire cosa vuole il PPE. Mi rendo conto che la posizione di alcuni deputati è contraria alla direttiva che ci accingiamo a votare, ma la votazione in sede di commissione per le libertà dei cittadini si è risolta a netto favore di tale direttiva. Questa mattina ha avuto luogo una discussione molto proficua con il Commissario e credo che, quasi un anno dopo il Vertice di Tampere, non approvare la prima proposta di direttiva di armonizzazione in materia di giustizia e di politica interna nell'ambito dell'immigrazione, presentata dalla Commissione, sarebbe un atto inspiegabile ed immotivato.
Capisco che ci siano deputati la cui posizione è totalmente contraria al diritto degli immigrati a vivere in famiglia, ma non si tratta della posizione maggioritaria dell'Assemblea, come è emerso in sede di commissione per le libertà dei cittadini. Pertanto, chiedo che si proceda alla votazione di tale proposta della Commissione.
Presidente. - La ringrazio, onorevole Terrón i Cusí.
Se lo desidera, invito il relatore ad esprimersi in merito.
Watson (ELDR), presidente della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni. – (EN) Signora Presidente, sono contrario al rinvio in commissione. Rilevo che durante l’intera procedura in seno alla commissione nessun membro del gruppo dell’onorevole Gollnisch ha sollevato problemi in merito alla definizione di ricongiungimento, di famiglia e di controllo. La questione è stata discussa in modo esauriente in seno alla commissione ed è stata esaminata in seduta plenaria questa mattina. Non vedo motivi per non procedere alla votazione.
Le devo delle scuse, signora Presidente, perché temo che lei non abbia a disposizione il parere del relatore su tutti i diversi emendamenti. Se è così, sarò ben lieto di illustrare all’Assemblea, prima della votazione, la mia posizione sugli emendamenti della commissione. Tuttavia, per quanto riguarda gli emendamenti presentati per la seduta plenaria, poiché sono stati oggetto di discussione all’ultimo minuto, li affido alla saggezza dell’Assemblea.
Presidente. - La ringrazio, onorevole Watson, per la sua chiarezza.
(Il Parlamento respinge la richiesta di rinvio in commissione)
Prima della votazione sulla proposta della Commissione
Gebhardt (PSE). - (DE) Signora Presidente, scusi l’interruzione, ma vorrei porre una domanda al Commissario Vitorino, prima di passare alla votazione conclusiva. Stamane lei ha detto che approverebbe l’emendamento n. 19 qualora fosse votato in questa sede. Vorrei semplicemente avere conferma che lei accoglierebbe di fatto tale emendamento.
Watson (ELDR). – (EN) Signora Presidente, vorrei chiedere al Commissario se può comunicarci quali emendamenti approvati in mattinata intende accettare, prima della votazione finale sulla risoluzione legislativa.
Vitorino,Commissione. - (FR) Signora Presidente, devo dire che la votazione ha assunto un ritmo tale che ho cercato di fare del mio meglio per stare al passo con la vostra capacità decisionale. Per quanto riguarda gli emendamenti approvati, la Commissione nutre alcuni dubbi sull'emendamento n. 9 e credo che dovremmo riconsiderare la nostra posizione. Vi prometto di pensarci.
Quanto all'emendamento n. 19, che è stato approvato e che chiede di mantenere i rifugiati nella proposta di direttiva, ma di escludere dalla direttiva sul ricongiungimento familiare le persone che usufruiscono di una protezione temporanea o di una protezione sussidiaria, ribadisco la posizione da me espressa dinanzi a voi nel corso della discussione. Riteniamo di dover tener conto, in tale direttiva, solo dei rifugiati riconosciuti in base alla Convenzione di Ginevra. Le questioni che riguardano il ricongiungimento familiare delle persone che beneficiano della protezione temporanea o di quella sussidiaria devono essere valutate nell'ambito di uno strumento giuridico autonomo che la Commissione peraltro sta già preparando e che verrà presentato al Parlamento e al Consiglio il prossimo anno.
(Il Parlamento approva la risoluzione legislativa)
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Proposta di risoluzione (B5-0658/2000), presentata dall'onorevole Luís Queiró a nome del gruppo UEN, sulle priorità dell'Unione in materia di azioni esterne
Prima dell'inizio della votazione
Barón Crespo (PSE). - (ES) Signora Presidente, prima della votazione vorrei rivolgermi a lei e chiederle, in considerazione del fatto che un gruppo politico ha firmato il testo di compromesso senza aver partecipato ai negoziati per tale testo, di dare le opportune istruzioni al servizio amministrativo competente affinché un simile malcostume non torni a verificarsi. Bisogna concedere a tutti i gruppi il diritto di esprimersi in Aula, ma il testo, in linea di principio, è dei gruppi che lo hanno negoziato. Se qualcuno vuole aggiungersi è necessario che vi sia l'accordo di tutti i gruppi che hanno elaborato il testo di compromesso.
Dupuis (TDI). - (FR) Signora Presidente, la procedura di compromesso è una procedura ad hoc che non fa parte del Regolamento del Parlamento. Tuttavia, quando un testo viene presentato, esso appartiene a tutti i deputati che vogliono farlo proprio. Ritengo quindi che l'obiezione mossa dall'onorevole Barón Crespo sia priva di qualsiasi fondamento.
Barón Crespo (PSE). - (ES) Signora Presidente, i deputati e i gruppi politici hanno la possibilità di esprimersi in Aula, ma la proposta è di coloro che l'hanno elaborata e non deve essere oggetto di appropriazione indebita, cosa che può creare confusione su un tema così importante e su possibili alleanze non desiderate con l'estrema destra.
Presidente. - Come lei sa, onorevole Barón Crespo, non c'è un articolo del Regolamento che precisi questo particolare, ma è consuetudine che coloro che presentano un testo accettino che esso venga sottoscritto da altri. Questo è il metodo che è sempre stato adottato nel nostro Parlamento.
(Il Parlamento respinge la proposta di risoluzione)
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Proposta di risoluzione comune(1) sulle priorità dell'Unione in materia di azioni esterne
(Il Parlamento approva la proposta di risoluzione)(2)
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Proposta di risoluzione comune(3) sulla creazione di un Osservatorio dei mutamenti industriali
Prima dell'inizio della votazione
Goebbels (PSE). - (FR) Signora Presidente, vorrei chiedere ai colleghi dei gruppi PPE-DE ed ELDR se intendono mantenere la loro proposta di risoluzione, tenuto conto che contiene flagranti falsità ed è in ritardo sui tempi. La discussione che abbiamo avuto ieri sera ha dimostrato che sia la Commissione che il Consiglio sostengono la creazione di un Osservatorio dei mutamenti industriali. D'altro canto lei, signora Presidente, l'ha chiesto a nome di tutti noi al Consiglio europeo di Lisbona. Non si può approvare una risoluzione nella quale i gruppi dicono che né il Consiglio né la Commissione approvano l'idea della creazione di tale Osservatorio. Si tratta di una palese falsità e credo che, a rigor di logica, i due gruppi dovrebbero ritirare la loro proposta di risoluzione.
Presidente. – Non vedo segnali in questo senso. Va bene, onorevole Plooij-van Gorsel, le do la parola.
Plooij-Van Gorsel (ELDR). – (NL) Signora Presidente, non c’è nessun motivo per cui noi dovremmo ritirare questa proposta di risoluzione, e pertanto non lo faremo.
(Il Parlamento respinge la proposta di risoluzione comune)
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Proposta di risoluzione (B5-0653/2000), presentata dall'onorevole Chichester a nome del gruppo PPE-DE, sulla creazione di un Osservatorio dei mutamenti industriali
(Il Parlamento respinge la proposta di risoluzione)
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Proposta di risoluzione (B5-0656/2000), presentata dalla onorevole Plooij-van Gorsel e dall'onorevole Clegg a nome del gruppo ELDR, sulla creazione di un Osservatorio dei mutamenti industriali
Relazione (A5-0209/2000) dell'onorevole Veltroni a nome della commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione, i mezzi d'informazione e lo sport, sulla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni – Principi e orientamenti per la politica audiovisiva della Comunità nell'era digitale [COM (1999) 657 – C50144/2000 – 2000/2087(COS)]
(Il Parlamento approva la risoluzione)
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Relazione (A5-0199/2000) dell'onorevole Heaton-Harris a nome della commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione, i mezzi d'informazione e lo sport sulla relazione della Commissione: Indagine sulla situazione socio-economica degli studenti Erasmus [COM(2000) 4 - C5-0146/2000 - 2000/2089(COS)]
(Il Parlamento approva la risoluzione)
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Relazione (A5-0207/2000) della onorevole Boumediene-Thiery a nome della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni, sulla relazione della Commissione relativa all'applicazione delle direttive 90/364, 90/365 e 93/96 (diritto di soggiorno) e sulla comunicazione della Commissione relativa ai provvedimenti speciali in tema di circolazione e residenza dei cittadini dell'Unione giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica [COM(1999) 127, COM(1999) 372 - C5-0177/1999, C5-0178/1999 - 1999/2157(COS)]
Meijer (GUE/NGL). – (NL) Signora Presidente, le vicende che hanno caratterizzato la relazione Bouwman dimostrano chiaramente quanto poco chiaro e ordinato sia il processo decisionale a livello europeo e a quali complicati compromessi porti. Il Parlamento era diviso tra i sostenitori di due diverse soluzioni; alla fine, una di esse ha avuto il sostegno della maggioranza, di cui faceva parte anche il gruppo della Sinistra unita europea. Nell’ambito di rapporti istituzionali normali, un pronunciamento di questo tipo avrebbe posto fine all’intera questione; nell’Unione europea, invece, le cose non funzionano così: bisogna ricorrere ad una conciliazione.
La procedura di conciliazione tra Consiglio e Parlamento ha prodotto un compromesso che non ha alcun significato se non si legge anche la dichiarazione della Commissione, che spiega in che modo la Commissione interpreti il termine “sostanziale”, contenuto all’articolo 8, paragrafo 1. “Sostanziale” sembra significare, in questo caso, il 30 percento, ma questo valore non può essere scritto a chiare lettere nel testo del documento. Sin dall’inizio il motivo del contendere ha riguardato le percentuali, laddove la maggioranza voleva il 90 percento e la minoranza lo 0 percento. Il risultato è stato un valore più vicino a 0 che a 30 e che per di più non può essere citato expressis verbis. Tutti concordano sul fatto che i rifiuti e i residui del carico delle navi non possono più essere buttati in mare; tuttavia, permangono profonde divergenze di opinione sulle modalità di raccolta dei rifiuti delle navi e soprattutto sulle modalità di pagamento. Nei porti del Mar Baltico e del Mare del Nord si è deciso di finanziare i costi relativi imponendo una tassa generalizzata a tutte le navi, per evitare che qualcuno possa avvantaggiarsi economicamente non consegnando i propri rifiuti nei luoghi ufficiali a ciò preposti. Per contro, nei porti del Mar Mediterraneo è stato deciso di far pagare le navi in base alla quantità di rifiuti raccolti. Invece di permettere che questi due sistemi possano continuare, per un po’ di tempo, a svilupparsi autonomamente, in maniera distinta l’uno dall’altro, per poter poi mettere a confronto le rispettive ripercussioni sull’ambiente, si cerca ora di imporre una soluzione unitaria. In questo modo, però, si danneggia il modello adottato nei mari nordici. Sarebbe meglio stabilire le regole non a livello dell’intera l’Unione, bensì a livello di singolo mare. Se l’Unione europea non esistesse, sarebbe molto più semplice fissare regole valide per singoli gruppi di paesi, separatamente per ciascun mare. In questo caso, l’esistenza dell’Unione europea non ha effetti produttivi ai fini della ricerca di una soluzione comune da applicare in ambito transfrontaliero. Ciò nonostante, il mio gruppo ha votato a favore della relazione poiché la regolamentazione proposta è pur sempre meglio di nulla. Mi auguro che entro qualche anno si possa tuttavia procedere ad una sua revisione per affermare le intenzioni originarie della relazione Bouwman.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, i pensionati e gli anziani amano il mare pulito e quindi, quale rappresentante dei pensionati in questo Parlamento, ho votato a favore della direttiva che mira a rendere più pulito il mare, particolarmente in prossimità dei porti.
E' ancora vivo nella mia memoria quello che mi accadeva quando, da ragazzo, facevo il bagno in mare a Genova, la mia città natale, e spesso si risaliva sulla spiaggia incatramati come Calimero dei fumetti, che è sempre tutto nero e giustamente se ne lamenta.
Con questa direttiva, finalmente, viene organizzata la raccolta dei rifiuti delle navi quando approdano nei porti, e questo è un fatto positivo. Ho votato a favore, anche se sarebbe stato meglio regolamentare anche quanto avviene nei porti del Mediterraneo degli altri Stati. Si danno tanti contributi, ad esempio con il programma MEDA, ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo: si dovrebbe chiedere anche a loro di organizzare la raccolta dei rifiuti nei loro porti!
Caudron (PSE),per iscritto. - (FR) Ho già avuto occasione di esprimermi nella tornata di marzo su quest'argomento che, all'epoca, era piuttosto scottante poiché il dibattito sulla sicurezza marittima, dopo il naufragio della petroliera Erika era quanto mai agitato. Oggi, anche se si svolgono in un'atmosfera più distesa, le discussioni non sono meno importanti.
I cittadini europei sono infatti profondamente preoccupati dall'inquinamento dei mari e delle coste degli Stati membri. Il Parlamento europeo si è fatto eco di questi legittimi timori e ha modificato la direttiva proposta dalla Commissione in materia di gestione dei rifiuti delle navi in modo da responsabilizzare gli Stati membri. Esso ha suggerito quindi come alternativa al principio "chi inquina paga", principio di cui non si può che constatare l'inefficacia, la creazione di un sistema di tariffe che tutte le navi facenti scalo in un porto sono tenute a versare, a prescindere dal loro utilizzo effettivo degli impianti di raccolta dei rifiuti. Gli importi in tal modo versati servirebbero a finanziare detti impianti in misura pari al 90 per cento. Questo sistema indurrebbe le navi a scaricare i residui del carico o altri rifiuti nei porti anziché in mare. Era evidente che il Consiglio non avrebbe accettato una proposta del genere. Le discussioni sono proseguite quindi logicamente in seno al Comitato di conciliazione.
L'accordo al quale sono giunti i negoziatori del Parlamento e del Consiglio è il seguente: tutte le navi che approdano nei porti di uno Stato membro dovranno contribuire in misura sostanziale (una dichiarazione della Commissione allegata al testo ritiene che ciò significhi almeno per il 30 per cento) ai costi, a prescindere dall'effettivo uso degli impianti. La parte dei costi eventualmente non coperta da tale tariffa sarà coperta in base ai quantitativi e ai tipi di rifiuti effettivamente consegnati dalla nave.
Inoltre la Commissione, entro tre anni dall'adozione della direttiva, presenterà una relazione per valutare l'impatto della differenza dei sistemi di recupero dei costi sull'ambiente marino. Se necessario, a seguito di questa valutazione, essa presenterà una proposta che modifichi la direttiva introducendo un sistema che preveda il versamento, da parte di tutte le navi facenti scalo in un porto di uno Stato membro, di un anticipo corrispondente ad una percentuale adeguata – pari ad almeno un terzo dei costi degli impianti portuali di raccolta – indipendentemente dall'impiego degli impianti da parte delle navi.
Sono soddisfatto del compromesso da noi raggiunto. La direttiva costituisce un significativo passo avanti nell'attuazione di una più efficace strategia di protezione degli spazi marini.
Darras (PSE),per iscritto. - (FR) Eccoci oggi giunti alla fase finale della definizione della proposta di direttiva e, pur non potendomi dichiarare del tutto soddisfatto del risultato della procedura di conciliazione, non posso che approvare questo compromesso che, lo si deve ammettere, torna ad onore del Parlamento europeo, della padronanza e della maturità con cui partecipa al processo legislativo dell'Unione europea.
Infatti, consapevole dell'intempestività delle degassificazioni selvagge in mare, se non addirittura del comportamento inammissibile di alcuni equipaggi che approfittano di un incidente drammatico per scaricare ulteriori rifiuti nella totale impunità, aggravando in tal modo l'inquinamento marino, la Commissione europea propone di concentrare la sua azione sugli impianti nei porti europei. È indispensabile dotare tutti i porti di impianti di trattamento dei rifiuti delle navi e al tempo stesso fare in modo che tutte le navi facenti scalo in uno di tali porti contribuisca ai costi di raccolta e di trattamento dei rifiuti (in una misura che secondo il Parlamento europeo avrebbe dovuto essere pari al 90 per cento, ma che in seguito al compromesso raggiunto con il Consiglio è stata fissata ad almeno il 30 per cento), a prescindere dall'impiego effettivo degli impianti.
Si tratta di un primo passo, del riconoscimento del principio "chi inquina paga", passo quanto mai necessario, ma non ancora sufficiente. Non nascondiamo la testa nella sabbia. Se abbiamo davvero l'ambizione di pulire gli oceani e di preservare l'equilibrio naturale per le generazioni future, si dovranno prevedere misure più radicali, in particolare a livello di assunzione del carico finanziario di questi impianti, di necessità di evitare le distorsioni della concorrenza tra i porti: in una parola, si dovrà prevedere la creazione di un autentico servizio pubblico di trattamento dei rifiuti.
Per il momento, non posso che raccomandare al Parlamento di approvare i risultati scaturiti dalla procedura di conciliazione.
Piétrasanta (Verts/ALE). - (FR) Il gruppo Verde/Alleanza libera europea si compiace del fatto che su proposta del relatore, membro del gruppo, siano state previste disposizioni più vincolanti sulla creazione di impianti portuari di raccolta e trattamento dei rifiuti delle navi. In particolare è importante che venga resa obbligatoria per ogni unità di trasporto una tariffa che consenta di compensare almeno il 30 per cento dei costi. Si deve evitare infatti che, con il pretesto di realizzare "navi ecologiche" in grado di trattare tutti i loro rifiuti in mare, essenzialmente tramite incenerimento, questo comportamento, senza reale possibilità di controllo, consenta di aggirare la normativa contro l'inquinamento e faccia registrare lo scarico di idrocarburi non realmente inceneriti e di rifiuti domestici, l'assenza di selettività e un contributo all'effetto serra.
Queste proposte sono in linea con quelle della prossima direttiva contro l'inquinamento dell'ambiente marino di cui sono relatore per parere della commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia.
Esse consentono inoltre un comportamento omogeneo delle navi nello spazio marittimo europeo e contribuiscono all'installazione delle infrastrutture necessarie nei porti dell'Unione ed al finanziamento di tutti gli impianti.
Queste disposizioni devono essere accompagnate da un controllo rigoroso e da una verifica del comportamento delle navi in particolare grazie ai sistemi EQUASIS e GALILEO, di cui la Presidenza francese è decisa a promuovere l'attuazione nel più breve tempo possibile.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, ho votato a favore. Mi trovavo, quest'estate, come turista in Turchia per visitare la città scoperta da Schliemann, la mitica Troia dell'Iliade, quando mi si è avvicinato un anziano pensionato turco che mi aveva riconosciuto e che, accompagnandomi nella visita delle rovine di Troia, mi ha chiesto: "Ma come mai, nel discutere la direttiva Morillon, non sono stati accolti gli emendamenti in cui si invitava la Turchia a non costruire centrali nucleari o per lo meno a far sì che queste non fossero inquinanti, a risolvere il problema dei curdi, ad abrogare la pena di morte? Per quale motivo non si è voluto inserire chiaramente questi punti nel documento?"
Ebbene, è questo che io rimprovero, in parte, al documento che abbiamo votato.
Speroni (TDI). - Signora Presidente, non ho votato a favore in quanto ritengo che non siano adeguatamente condizionati gli aiuti a un vero rinnovamento dello Stato turco, a una vera tutela dei diritti umani, a una vera tutela delle minoranze. Certo, vanno aiutati i paesi che di aiuto necessitano ma, d'altro canto, è opportuno chiedere loro preventivamente il rispetto di quanto ho citato.
Alavanos (GUE/NGL),per iscritto. – (EL) Il Parlamento europeo deve insistere su tre emendamenti volti a:
- escludere la produzione di energia nucleare nelle zone sismiche della Turchia,
- tutelare l’identità culturale ed abolire la pena di morte, e
- contribuire alla soluzione del problema curdo.
Ho quindi votato a favore dei tre emendamenti.
Credo però che il Parlamento avrebbe dovuto insistere sugli emendamenti della prima lettura relativi all’articolo 5 (criteri per l’adesione della Turchia), all’articolo 15 (sospensione della cooperazione con la Turchia in caso di ostacoli in ambiti relativi alla democrazia, allo Stato di diritto, ai diritti dell’uomo e alla tutela delle minoranze) e all’articolo 35 (relazione annuale sul rispetto dei principi democratici, dello Stato di diritto, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché del diritto internazionale). Purtroppo la commissione parlamentare per gli affari esteri ha ceduto alle pressioni del Consiglio, che promuove una realpolitik sfrenata con il regime turco, privando così gli stessi cittadini della Turchia dell’impulso democratico che potrebbe dare loro l’Unione europea.
Bordes, Cauquil e Laguiller (GUE/NGL),per iscritto. - (FR) L'integrazione della Turchia nell'Unione europea interessa ovviamente in sommo grado il grande capitale europeo di cui le Istituzioni europee, Parlamento compreso, si fanno portavoce. Il Parlamento europeo potrebbe almeno sfruttare l'aspirazione parallela del governo turco di entrare nell'Unione europea per esigere misure elementari quali l'abolizione della pena di morte, le libertà democratiche o la cessazione della repressione perpetrata contro il popolo curdo.
Anche in questi settori, tuttavia, la relazione utilizza formulazioni talmente edulcorate da essere prive di qualsiasi significato, avendo come preoccupazione dichiarata quella di non "urtare alcuna sensibilità". La sensibilità che non si deve urtare è soprattutto quella dello Stato Maggiore turco che bombarda, rastrella e tortura nella regione a popolazione curda.
Inoltre, mentre il relatore del Parlamento si adopera per trovare il modo di parlare dei diritti dell'uomo senza offendere i militari che li calpestano, un consorzio franco-tedesco-belga si appresta, come riportato dagli organi di stampa, a fornire alla Turchia una fabbrica per la produzione di munizioni.
Ecco ciò che, molto più delle leziosaggini sulle quali siamo chiamati a pronunciarci, rivela la reale natura dei rapporti tra il grande capitale europeo e la dittatura turca.
Lang (TDI),per iscritto. - (FR) In questa tornata il Parlamento europeo tocca il culmine dell'ipocrisia. Nello spazio di ventiquattro ore approverete una dotazione finanziaria di diverse decine di milioni di euro a favore della Turchia ed al tempo stesso condannerete la stessa Turchia per aver bombardato, violando lo spazio aereo di un altro paese, le popolazioni curde del nord dell'Iraq. Quando dico condannare, esagero non poco la portata non solo del testo, ma anche delle vostre intenzioni.
Ci si chiede che fine abbia fatto il rispetto dei diritti dell'uomo, da voi invocato in tutte le occasioni, che deve condizionare qualsiasi aiuto o cooperazione dell'Unione europea. In questo caso specifico, sembra che sia finito nel dimenticatoio e che la vostra coscienza sia a geometria variabile.
Sarebbe ora che cercaste di far coincidere azioni e parole. Questo contribuirebbe a dare di voi stessi un'immagine diversa e, soprattutto, conferirebbe maggiore coerenza ed autorità alle politiche europee.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione che introduce la valutazione ambientale strategica, cioè un'attenzione particolare ai problemi dell'ambiente nel momento in cui si costruiscono grandi opere, perché ritengo positivo tutto quanto va verso la bellezza della natura, la bellezza dei paesaggi, e così via. Questo è importante anche per i pensionati. Purtuttavia ci sono delle mancanze. Per le grandi opere che gli Stati decidono di realizzare si dovrebbe lasciare allo Stato interessato di decidere, senza troppo regolamentare la materia, se la grande opera è corretta dal punto di vista del rispetto della natura oppure no. E questo perché le grandi opere devono essere realizzate rapidamente e i pensionati anziani non hanno tempo per aspettare troppo!
Kuntz (UEN),per iscritto. - (FR) Sono quasi cinque anni che questo testo vaga nei labirinti delle procedure.
Se non abbiamo sostenuto l'emendamento inteso a respingere la direttiva, è ovvio che non è per ricompensare coloro che in seno alla Commissione, al Consiglio ed al Parlamento hanno lavorato anni sul testo. Non siamo qui per legittimare la smania spesso eccessiva della tecnocrazia di Bruxelles di voler legiferare su qualsiasi cosa. Se abbiamo respinto l'emendamento è perché per agire le imprese hanno bisogno di un quadro chiaro.
La chiave di volta della questione è quindi il campo d'applicazione, vale a dire la definizione stessa di "piani e programmi".
La parte obbligatoria del campo d'applicazione riguarda i piani ed i programmi che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti nei settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli. Questo criterio obbligatorio è integrato da un meccanismo di selezione, uno studio preliminare ("screening") affidato all'iniziativa degli Stati membri (detto campo facoltativo).
Concordo sul fatto che la protezione e la considerazione dell'ambiente siano una necessità, se non addirittura un obbligo, ma gli Stati membri, nell'ambito della sussidiarietà, sono in grado di operare meglio! Non sosterremo quindi gli emendamenti volti ad estendere il campo d'applicazione, che dev'essere limitato ai soli piani e programmi che possono avere effetti significativi.
È estenuante constatare che da tutte le parti si tenta sempre in modo subdolo di conferire maggiori competenze all'Unione a scapito degli Stati membri. In questo caso, con il pretesto di una preoccupazione ambientale, la relatrice vuole occuparsi di tutte le politiche degli Stati membri. L'importanza di tener conto dell'ambiente nella fase di valutazione delle politiche è fuori discussione, ma è inconcepibile applicarvi la stessa procedura e, soprattutto, una procedura imposta dall'Unione europea.
Abbiamo fiducia nei nostri Stati e difendiamo la posizione comune; l'alibi ambientale non è che lo strumento di dominio dell'Unione in tutti i settori, in questo caso le scelte politiche. Conosciamo bene le competenze dell'Unione in materia e le sue armi. Utilizzare l'ambiente per potersi infiltrare dappertutto, passando dalle condotte dell'acqua per arrivare fino alla condotta delle politiche nazionali. Noi diciamo no. La Francia, come molte altre delegazioni, ha precisato con estrema chiarezza che non vuole che il campo d'applicazione venga esteso alle politiche nazionali.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, ho votato a favore di questo documento, presentato dall'onorevole Valdivielso de Cué, che riguarda il nuovo regolamento del programma MEDA. Io sono favorevolissimo - e non soltanto perché sono qui in rappresentanza dell'Italia - a tutte le iniziative che avvicinano fra di loro i paesi del Mediterraneo; anzi, auspicherei che venisse aumentata la dotazione finanziaria del regolamento MEDA. Nel mio piccolo ho costituito una confederazione dei partiti dei pensionati degli Stati del Mediterraneo per sottolineare l'importanza del Mediterraneo per l'Europa e per i paesi confinanti con l'Europa, giacche anche i paesi dell'Africa e dell'Oriente che si affacciano sul Mediterraneo sono confinanti con l'Europa. Per questo ho votato a favore.
Alyssandrakis (GUE/NGL),per iscritto. – (EL) La politica dell’Unione verso i paesi mediterranei si prefigge non tanto lo sviluppo in dette nazioni, quanto una maggiore influenza del capitale europeo. E’ questo l’obiettivo che persegue il programma MEDA.
La creazione di una zona euromediterranea di libero scambio mira appunto ad agevolare la penetrazione dei prodotti dell’industria europea nei mercati in questione e a mettere le grinfie sulle ricchezze di tali paesi.
Gli appelli al consolidamento della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell’uomo non sono che il solito pretesto dell’UE per interferire con le questioni interne di un altro paese.
Gli adeguamenti strutturali, consolidati mediante MEDA, mirano appunto all’imposizione in detti paesi delle cosiddette regole del mercato e al predominio degli interessi economici più forti. Di conseguenza, questi paesi finiranno con lo sprofondare ancor di più nel sottosviluppo e col divenire regioni satellite dell’Unione a causa delle disparità nei rapporti di partenariato.
Il partito greco KKE si batte a favore della cooperazione tra i popoli a parità di condizioni e senza intervenire nelle questioni interne di un paese. Ribadisce in particolare la responsabilità dei paesi capitalisti sviluppati rispetto alla situazione odierna nei paesi sottosviluppati, che è la diretta conseguenza di una loro politica di ladrocinio. Questo è un motivo in più per ricordare l’obbligo dei paesi sviluppati di aiutare le regioni arretrate a sviluppare una propria base produttiva e a migliorare il tenore di vita degli abitanti.
Poiché sia il precedente programma MEDA che gli emendamenti proposti sono ben lungi dal conseguire i suddetti obiettivi, gli europarlamentari del KKE votano contro la relazione Valdivielso de Cué.
Martinez (TDI),per iscritto. - (FR) L'Europa si amplierà a est: è scritto nell'Agenda 2000. Tuttavia, l'Europa ha una frontiera marittima a sud: è scritto nella sua geografia.
Attraverso tale frontiera, nella parte meridionale di Italia e Spagna, arrivano in Europa navi e zattere cariche e stracariche di albanesi, turchi, musulmani, uomini, donne, bambini provenienti da tutti i paesi del bacino del Mediterraneo. È un'onda dilagante che cresce di anno in anno e che sommergerà l'Europa, anche se nel 1999 a El Elejido, e in qualche altro raro luogo, c'è stata una reazione delle popolazioni stanziali contro questa fiumana di nomadi.
Volendo evitare di respingerli e non riuscendo a contenerne il flusso, i dirigenti europei cercano di bloccare, come vuole la logica, i nomadi prima della partenza. Questo è lo scopo che, con molto buonsenso, si prefigge il programma MEDA.
Delineata al Vertice europeo di Cannes nel giugno 1995, istituita dalla Conferenza di Barcellona nel novembre 1995, sotto il nome di partenariato euromediterraneo, ed attuata dal regolamento MEDA il 23 luglio 1996, questa politica mediterranea europea è fondata su alcuni progetti di investimenti regionali e nazionali. Non è molto: 3,3 miliardi di euro dal 1995 al 1999, dal Marocco a Gaza e alla Cisgiordania, anche se aggiungendo il prestito di 3,6 miliardi della BEI si arriva ad uno sforzo finanziario superiore ai 4,4 miliardi di euro della Banca mondiale.
È poco, non solo perché questi 3,6 miliardi di stanziamenti d'impegno si riducono in realtà a un pagamento collettivo limitato a 648 milioni di euro, ma perché quest'approccio è inadeguato alla portata del problema.
Non si può negare che sia un bene essere passati dagli aiuti bilaterali ad un approccio globale e multilaterale, e che, per il periodo 2000-2006, MEDA II aumenti gli stanziamenti di almeno il 47,1 per cento, arrivando ad una dotazione finanziaria di 8,5 miliardi di euro. Gli agricoltori europei si accontenterebbero di un aumento due, tre volte inferiore.
Tuttavia, una politica mediterranea non è questo, non bastano i programmi ed un maggior numero di funzionari a Bruxelles per gestirli. Una politica mediterranea all'altezza della sfida demografica, ambientale, climatica, islamica e culturale è una grande visione strategica che fissi, integri, stabilizzi e ordini il Mediterraneo attorno ad istituzioni originali ed intergovernative con settori generali comuni da esplorare: acqua, ambiente, migrazioni, deforestazioni, eccetera.
A queste condizioni, e con un metodo ed istituzioni integrate quali un Alto segretariato del Mediterraneo, si potrà parlare di bilancio, poiché esisteranno progetti strategici e non frammentarie e dispersive operazioni tattiche. Occorre tuttavia fare in fretta, molto in fretta, prima che ad un'Europa colonizzata resti da condividere solo un declino dei popoli depauperati della loro cultura tradizionale.
Schröder, Ilka (Verts/ALE),per iscritto. - (DE) Il partenariato fra l’Unione europea e i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo contiene una serie di elementi positivi ed andrebbe ulteriormente sviluppato ed approfondito. La relazione sulla riforma del programma MEDA segue tuttavia, sotto molteplici aspetti, la direzione sbagliata.
L’Unione europea si concentra infatti, con i paesi mediterranei meridionali, sulla conclusione di accordi di libero scambio che, paradossalmente, comportano una mera liberalizzazione unilaterale. Tali accordi esercitano particolari effetti negativi sui paesi finanziariamente svantaggiati, come hanno dimostrato gli accordi di libero scambio già esistenti. La relazione ammette che in tali accordi sia insito questo pericolo: altrimenti, perché mai descrivere e promuovere “misure di sostegno” con cui alleviare le ripercussioni negative del libero scambio?
Se si riconoscono i pericoli di questa strategia per poi, ciononostante, perseverare sulla stessa strada, l'elemento sociale, nonché quello ambientale e culturale del programma si limiteranno sempre solo a riparare e contenere i danni, mentre dovrebbero costituire le linee direttrici di tali accordi.
Inoltre, per essere ammessi agli aiuti, i paesi MEDA devono soddisfare i requisiti posti dalle istituzioni di Bretton Woods (ad esempio dal FMI), i cui programmi sono noti per le strategie asociali e mirate unicamente alla liberalizzazione.
Il partenariato euromediterraneo deve tendere a colmare le disparità fra le regioni settentrionali e meridionali del bacino mediterraneo, a migliorare la qualità di vita delle popolazioni e a promuoverne la comprensione reciproca nelle diverse regioni. Ma se il libero scambio diviene il filo conduttore, questi principi si riducono ad obiettivi di facciata e, ancora una volta, ne escono vincitori pochi ricchi.
Inoltre, contesto il fatto che lo strumento del partenariato euromediterraneo venga utilizzato abusivamente per impedire la migrazione dall’area in questione verso l’Europa. Non soltanto negli accordi con i paesi mediterranei, ma in tutti gli accordi con uno o più paesi terzi, l’Unione europea inserisce da qualche tempo come obiettivo la “lotta contro l’immigrazione clandestina” e il “rimpatrio” dei profughi “illegali”. Di conseguenza, ogni singolo accordo rafforza la roccaforte dell’Unione. Anche questa relazione costituisce un esempio della politica europea di sbarramento a migranti e profughi: i paesi Mediterranei meridionali vengono considerati un avamposto della fortezza Europa. Infatti, si chiede loro di far sì che “persone non grate” non possano fare il loro ingresso nell’Unione. Mi chiedo come l’Unione europea possa rivendicare il rispetto dei diritti dell’uomo e della libertà dell’individuo nei confronti dei partner del Mediterraneo se a sua volta non rispetta i diritti dei migranti, li dichiara illegali e tenta ad ogni costo - persino a prezzo della loro vita - di tenerli lontani dall’Europa. Questa relazione non fa che ribadire la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, ma, una volta di più, calpesta la libertà e i diritti delle persone. Perciò, benché essa contenga alcuni elementi positivi, voterò contro.
Vlasto (PPE-DE),per iscritto. - (FR) Ho votato a favore della relazione dell'onorevole Valdivielso de Cué perché il partenariato euromediterraneo si deve fondare su un programma MEDA operativo ed efficace. In qualità di rappresentante eletta di una città affacciata sul Mediterraneo, vorrei che nel corso del periodo 2000-2006 a questo partenariato venissero accordate risorse paragonabili a quelle destinate ai paesi dell'Europa centrale e orientale.
Nell'attuazione del programma MEDA, le misure di semplificazione proposte dalla Commissione europea, e rafforzate dalla relazione, sono quanto mai utili. Se si guarda l'esecuzione degli stanziamenti del primo programma MEDA, come si può giustificare il fatto che di questi solo un quarto sia stato effettivamente pagato, e ciò nell'arco di un periodo medio di quattro anni? Problemi del genere nuocciono alla nostra credibilità internazionale ed inviano ai contribuenti europei un'immagine deplorevole dell'utilizzo dei fondi pubblici da parte delle Istituzioni comunitarie. Non possiamo essere soddisfatti di un simile bilancio.
Ne consegue che non si possono non sostenere le modifiche proposte dalla Commissione europea. L'aiuto ai paesi mediterranei dev'essere efficace e rapido, in accordo con le priorità politiche dell'Unione europea. Proponendo una decentralizzazione dell'amministrazione dei progetti ed un riorientamento del comitato di gestione MED e insistendo sul rafforzamento della cooperazione tra Unione e Stati membri, la relazione dell'onorevole Valdivielso de Cué contribuisce al miglioramento del programma MEDA.
Il rafforzamento della partecipazione del Parlamento europeo al processo decisionale MEDA è un altro punto che mi pare cruciale. Trovo deplorevole infatti che su una questione tanto importante come la modifica del regolamento MEDA il Parlamento possa pronunciarsi solo sulla base della procedura di consultazione.
Grazie alle modifiche da noi proposte nella relazione, il programma MEDA disporrà di procedure di attuazione semplificate, decentralizzate e trasparenti. Mi auguro fin d'ora che questo programma disponga nel bilancio comunitario di risorse finanziarie corrispondenti alle ambizioni politiche da noi manifestate per la zona mediterranea. La Commissione europea si è impegnata a potenziare il personale incaricato di MEDA per arrivare ad un numero di risorse umane analogo a quello assegnato ad altri grandi programmi quali PHARE e TACIS. In fase di esame del bilancio 2001 il Parlamento europeo dovrà assicurarsi che quest'impegno diventi realtà.
Per quanto riguarda gli stanziamenti destinati al programma MEDA, auspico che la dotazione finanziaria rispecchi la volontà politica manifestata sia dal Consiglio che dal Parlamento di fare del partenariato euromediterraneo una priorità nelle azioni esterne.
La modifica del regolamento MEDA volto a rafforzare il processo decisionale ed a semplificare la procedura di attuazione dei progetti costituisce una tappa importante del partenariato euromediterraneo. Starò attenta a che la votazione del bilancio MEDA rappresenti un ulteriore passo avanti con cui poter ribadire l'importanza da noi attribuita a tale partenariato.
- Relazione Varela Suanzes-Carpegna (A5-0194 e A5-0188/2000)
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, sulla relazione Varela, concernente la convenzione di pesca con la Guinea ho votato a favore, anche se i gamberetti e i tonni non accoglieranno favorevolmente questa relazione che regolamenta la loro cattura. Ho espresso all'onorevole Fernández Martín questa mia opinione, quando si è trattato delle isole Canarie, ed egli mi ha giustamente detto: "Sì, ma i gamberetti non votano, e poi io sono un pescatore".
Signora Presidente, questa relazione presenta delle mancanze, in quanto dà dei denari allo Stato della Guinea, da un lato, per agevolare il ripopolamento ittico e diminuire la quantità di pesce pescato e, dall'altro, per mandare i pescherecci dell'Unione europea a pescare i gamberetti e il tonno in quei mari. Ebbene, io credo che questa sia una forma di colonialismo che dovrebbe essere cancellata.
Per quanto riguarda la seconda relazione Varela, relativa alla convenzione di pesca con l'isola Maurizio, ho votato sì a favore, signora Presidente, ma debbo sottolineare che l'ho fatto a fatica. Perché? Perché la commissione per lo sviluppo ha presentato un emendamento in cui chiedeva che venissero controllati i salari dei pescatori, e io aggiungo, anche le loro pensioni. Purtroppo questo emendamento non è stato accolto. Ora, noi ci accingiamo, attraverso questo documento, a stipulare un accordo commerciale, diamo dei danari dell'Unione ma non chiediamo di poter controllare i contratti dei pescatori. Questo, a mio parere, è negativo!
Ludford (ELDR). – (EN) Signora Presidente, vorrei fare una dichiarazione di voto a nome del gruppo ELDR. Il nostro obiettivo prioritario era di approvare quest’importantissima relazione, come primo documento di comunitarizzazione delle leggi della Comunità europea in materia di immigrazione e per una questione di giustizia verso i cittadini dei paesi terzi. Ci siamo quindi dimostrati solidali con altri gruppi e deputati di orientamento analogo. Abbiamo sostenuto gli emendamenti del gruppo socialista intesi ad escludere i beneficiari di protezione sussidiaria, alla luce dell’impegno assunto dal Commissario di presentare una proposta riguardante questi ultimi ed i beneficiari di protezione temporanea.
Avremmo preferito che i beneficiari di protezione sussidiaria rimanessero inclusi per una questione di principio, giacché si tratta di persone legalmente residenti da lungo periodo, ma abbiamo deciso di agevolare l’approvazione della relazione. Per lo stesso motivo, ci siamo astenuti sulle questioni riguardanti gli ascendenti, perché, laddove possibile, desideriamo eliminare le obiezioni al fine di garantire una netta maggioranza a favore della relazione, e riconosciamo che l’inclusione degli ascendenti solleva problemi particolari per alcuni deputati. Taluni membri del mio gruppo, tuttavia, avrebbero preferito adottare una posizione più generosa. Le onorevoli Malmström e van der Laan hanno chiesto di essere specificamente menzionate al riguardo.
Il mio gruppo ha intenzionalmente votato a favore dell’inclusione dei partner non coniugati, qualora lo Stato membro interessato riconosca legalmente questo tipo di unioni, e mi risulta che ciò riguardi attualmente tre paesi. Riteniamo giusto non interferire su una decisione interna riguardante il riconoscimento giuridico di tali unioni.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, ho votato contro la relazione Watson, come tutto il Partito popolare europeo, non soltanto perché non sono stati accolti gli emendamenti presentati dal gruppo, al quale ho il piacere di appartenere, ma anche perché i pensionati sono stanchi di vedere il territorio dell'Unione europea sempre più pieno di extracomunitari che non hanno i mezzi per vivere. E' previsto in questo documento che possano entrare e ricongiungersi con i loro famigliari - cosa di per sé ottima e sulla quale sono d'accordo - anche i famigliari di immigrati che vivono in un determinato Stato dell'Unione europea con un reddito pari alla sola pensione minima della previdenza sociale. Ma la pensione minima della previdenza sociale è già una pensione da fame per una persona! Come farà a sfamare tutti i famigliari l'immigrato che ha questo così basso reddito?
Berthu (UEN),per iscritto. - (FR) Pur essendo eccessivamente lassista, la relazione Watson relativa alla proposta di direttiva concernente il ricongiungimento familiare è stata appena adottata dal Parlamento a larga maggioranza con 323 voti favorevoli e 212 contrari. L'esito della votazione dimostra fino a che punto i deputati europei e la Commissione, autrice della proposta iniziale, stiano fallendo nel loro compito principale che consiste non nel soddisfare il mondo intero, ma nel tutelare i popoli europei.
Tale risultato è inoltre una conferma di ciò che abbiamo sempre detto a proposito della comunitarizzazione della politica in materia di immigrazione ad opera del Trattato di Amsterdam, applicata nella fattispecie al caso particolare del ricongiungimento familiare dall'articolo 63, paragrafo 3 del Trattato sull'Unione europea: il trasferimento dei poteri decisionali dal livello nazionale a quello europeo viene utilizzato non per rafforzare le nazioni, come alcuni hanno asserito per ingannare gli elettori, ma piuttosto per demolire ancor più le loro difese.
La proposta di direttiva sul ricongiungimento familiare, nella versione approvata dalla relazione Watson, proclama a livello europeo un diritto al ricongiungimento familiare che sotto il profilo giuridico non esiste ancora a tale livello e che, a nostro avviso, non dovrebbe esistere in quanto diritto. Infatti, lo Stato ospitante non obbliga l'immigrato ad entrarvi. Si tratta di una decisione presa dallo stesso immigrante che, se accolto, non deve rivendicare il diritto di far venire altre persone.
Si può notare peraltro che la motivazione della proposta di direttiva si riferisce nobilmente alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ed ai patti internazionali del 1966 che riconoscono "che la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e che in quanto tale ha diritto ad essere protetta ed assistita dalla società e dallo Stato". Ebbene, al tempo stesso la pretesa Convenzione che elabora una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea si sta rifiutando con ostinazione di tener conto di questo principio. Se ne deve desumere che il riconoscimento della famiglia come nucleo naturale e fondamentale della società è valido quando serve a giustificare il ricongiungimento familiare, ma non lo è più quando potrebbe servire a sostenere le famiglie europee.
La proposta di direttiva approvata dalla relazione Watson non si limita a proclamare questo diritto inesistente, ma attribuisce il titolo di "richiedente il ricongiungimento" non solo agli immigrati legali, ma anche alle persone che godono dello status di rifugiato. Inoltre, i beneficiari del ricongiungimento familiare non sono solo il coniuge ed i figli minorenni del richiedente, ma anche "il partner non sposato che ha una relazione duratura con il richiedente", definizione che comprende le coppie omosessuali nel caso in cui la legislazione dello Stato membro li assimili alle coppie sposate. La direttiva vi aggiunge anche i figli maggiorenni che "non possono provvedere obiettivamente ai loro bisogni", nonché gli ascendenti del richiedente, del coniuge o addirittura del partner non sposato.
Si può vedere chiaramente che le porte sono completamente spalancate e che lo scopo è di favorire in maniera massiccia un movimento colonizzatore che cambierà la natura delle società europee.
Le classi politiche nazionali non avrebbero potuto approvare un testo del genere, perché esse sono maggiormente controllate dai loro popoli. Per questo motivo hanno trasferito la competenza a Bruxelles, incaricandola di svolgere il lavoro sporco al loro posto all'oscuro di tutti. Questa è la vera funzione dell'Europa di oggi.
Blak, Lund e Thorning-Schmidt (PSE),per iscritto. - (DA) I socialdemocratici danesi al Parlamento europeo accolgono favorevolmente l’iniziativa relativa all’introduzione di regole comuni per il ricongiungimento familiare, pur avendo votato contro alcuni singoli punti, tra i quali la regola dell’anno. Conseguentemente, e tenuto conto della riserva danese nel settore giuridico, i socialdemocratici danesi si sono astenuti dal voto sulla proposta finale.
Busk, Haarder, Jensen e Riis-Jørgensen (ELDR),per iscritto - (DA) I deputati iscritti al partito Venstre deplorano che il governo danese, in ragione della riserva danese, non abbia potuto intervenire per influenzare la direttiva e sia l’unico paese a non avere il diritto di veto, deploriamo altresì che il governo non voglia, come altri paesi, introdurre condizioni più rigide in materia di capacità di autosostentamento, alloggi, eccetera, per gli immigrati in Danimarca che desiderano un ricongiungimento familiare. La proposta contenuta nella proposta di direttiva relativa al diritto di ricongiungimento familiare dopo un anno non costituirebbe alcun problema, se la Danimarca, analogamente agli altri paesi, imponesse le condizioni esplicitamente previste dalla proposta di direttiva. In tal caso, non sarebbe compito dei comuni procurare un alloggio e provvedere al sostentamento delle persone in questione, come avviene oggi. Ma allo stato attuale delle cose, la regola dell’anno non è praticabile in Danimarca, senza che questo causi gravi problemi. Ci asteniamo purtroppo quindi dal voto sulla relazione, poiché vorremmo che ci fosse una politica comune, in particolare nel settore dell’asilo.
Caudron (PSE),per iscritto. - (FR) Dopo i progressi compiuti in occasione del Consiglio europeo di Tampere nell'ottobre 1999 in materia di spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, e nel momento in cui discutiamo della Carta dei diritti fondamentali, la relazione che oggi stiamo esaminando mi sembra della massima importanza. Si tratta della problematica del ricongiungimento familiare.
Per il momento questo diritto è riconosciuto solo da strumenti giuridici internazionali, in particolare dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950. A livello nazionale, le situazioni sono assai eterogenee. Partendo dal presupposto che il ricongiungimento familiare consente di tutelare l'unità familiare e favorisce l'integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, era indispensabile inserire il diritto al ricongiungimento familiare nella legislazione comunitaria.
La proposta della Commissione europea è intesa quindi a riconoscere tale diritto ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato membro a condizione che venga soddisfatto un certo numero di condizioni materiali e procedurali.
Mi compiaccio del lavoro svolto dai colleghi della commissione per le libertà pubbliche che si sono battuti per combattere la visione estremamente restrittiva e conservatrice espressa dal primo relatore nominato, riuscendo a redigere un testo che si avvicina alla proposta di base della Commissione europea che, a mio giudizio, era nel complesso soddisfacente.
Pertanto, beneficeranno del diritto al ricongiungimento familiare le persone che appartengono ad una delle seguenti categorie:
- cittadini di un paese terzo in situazione regolare sul territorio di uno Stato membro e in possesso di un permesso di soggiorno con un periodo di validità di almeno un anno;
- rifugiati, indipendentemente dal periodo di validità del permesso di soggiorno, o cittadini dell'Unione che non esercitano il diritto di libera circolazione delle persone.
Le persone ammesse al ricongiungimento familiare sono:
- il coniuge o il partner non sposato del richiedente il ricongiungimento (compreso il partner dello stesso sesso); si noti che la disposizione relativa al partner non sposato si applica unicamente negli Stati membri in cui la situazione delle coppie non sposate è assimilata a quella delle coppie sposate;
- i figli della coppia, sposati o meno, nati nel o al di fuori del matrimonio o di un matrimonio precedente;
- sono compresi altresì i figli di uno solo dei coniugi o dei partner, a condizione che questi ultimi ne abbiano la custodia o il carico effettivo;
- gli ascendenti, quando tali persone sono a carico del richiedente nonché i figli maggiorenni a carico.
Evans, Robert J.E. (PSE), per iscritto. – (EN) Mi esprimo a nome mio e dei 28 colleghi del partito laburista britannico. Siamo soddisfatti di avere sostenuto e votato a favore di questa relazione, sebbene, per diversi motivi, il governo del Regno Unito abbia esercitato il suo diritto di non aderire all’iniziativa.
Come gli onorevoli deputati sanno, il governo del Regno Unito ha sottoscritto le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere. Sussistono, tuttavia, diversi aspetti e questioni pratiche riguardanti la sovranità che il Regno Unito prende molto seriamente, il che significa che la partecipazione del Regno Unito in questa fase non è opportuna né possibile. Tuttavia, questo non sminuisce l’impegno del nostro governo nei confronti dei principi e dei valori fondamentali che informano la relazione. Infatti, è intenzione dichiarata del governo che il Regno Unito non debba trovarsi in grave disarmonia con i partner europei in questa sfera importante della politica in materia d’immigrazione.
I deputati laburisti hanno quindi votato a favore della relazione e confermano il sostegno ai principi del ricongiungimento familiare.
Lulling (PPE-DE),per iscritto - (DE) Il Lussemburgo è il paese dell’Unione europea la cui popolazione presenta la più elevata percentuale di stranieri: il 37 per cento. La maggioranza di essi, l’87 per cento, proviene da paesi dell’Unione europea, ma da qualche tempo la percentuale di immigrati di paesi terzi cresce più rapidamente di quella dei cittadini degli altri 14 Stati membri.
Il nostro mercato del lavoro dipende dagli immigrati, anche se le carenze più gravi sono colmate da lavoratori frontalieri di Francia, Belgio e Germania. Quasi un terzo della forza lavoro, oltre 80 000 persone, è costituito da frontalieri, ed oltre la metà della popolazione attiva non ha la cittadinanza lussemburghese. Questi dati denotano la rilevanza, per il mio paese, di una politica di immigrazione ragionevole, e naturalmente, della questione cruciale del ricongiungimento familiare. Rientra senz’altro fra i compiti della Commissione, specie dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, proporre, nell’ambito della Comunità europea, misure in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi, soprattutto nell’intento, indubbiamente lodevole, di conseguire un ravvicinamento delle legislazioni nazionali quanto alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi.
Nella sua proposta di direttiva concernente il diritto al ricongiungimento familiare, la Commissione fa giustamente rilevare che la presenza dei congiunti favorisce una vita familiare normale e, di conseguenza, una maggiore stabilità ed un più profondo radicamento delle persone nel paese di accoglienza. Sappiamo ed apprezziamo che la Dichiarazione generale dei diritti dell’uomo ed altre convenzioni internazionali riconoscono la famiglia quale fondamento naturale della società, cui sono dovute protezione ed assistenza.
In siffatto contesto, anche se diversi accordi internazionali non riconoscono alcun diritto al ricongiungimento familiare, in linea di principio sono favorevole alla proposta della Commissione circa uno strumento giuridico comunitario in questo ambito. Peraltro, non vogliamo indurre il caos assoluto, né creare nuove possibilità per le organizzazioni criminali di immigrazione clandestina. Dobbiamo anzitutto garantire che le norme in materia tengano conto della capacità d’accoglienza dei singoli Stati membri, risultato che non otterremmo certo approvando nella forma attuale la relazione della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni. La relatrice ha fatto bene a ritirare il proprio nome dalla relazione approvata in sede di commissione con 25 voti contro 13. Infatti, una direttiva nella forma attualmente proposta dalla maggioranza della commissione competente è semplicemente inattuabile, pericolosa e controproducente. Soltanto gli emendamenti del mio gruppo e della relatrice originaria, la onorevole Klamt, avrebbero potuto convincermi a votare a favore di questa relazione.
Ricongiungimento familiare, sì! Ma come definire la famiglia? Quanti sono i consorti, in caso di poligamia, i figli, i compagni, i parenti nel senso ampio del termine, i partner nei matrimoni fittizi, per cui il cittadino di un paese terzo può chiedere il ricongiungimento con permesso di soggiorno regolare? 10, 20, 100, a seconda della tradizione e delle credenze religiose?
Devono senz'altro avere un peso considerazioni di tipo umanitario, ma il tutto dev’essere gestibile e controllabile. Bisogna anzitutto evitare che, a causa di una direttiva europea, i singoli Stati membri si trovino in una situazione che non sono più in grado di controllare.
Naturalmente, gli Stati membri che abbiano una normativa più favorevole in materia devono poterla mantenere.
Questa dichiarazione intende mettere in guardia da eccessi che possono comportare conseguenze imprevedibili, senza peraltro mettere in discussione il principio dell’unità familiare, al contrario!
Sacrédeus e Wijkman (PPE-DE),per iscritto. – (SV) La relazione verte principalmente su due categorie diverse, cittadini extracomunitari e profughi, e sul loro diritto al ricongiungimento familiare nei paesi dell'Unione. Noi, cristiano-democratici svedesi, siamo del parere che queste due categorie vadano trattate in modo distinto. Il diritto dei profughi al ricongiungimento familiare va trattato sì in modo analogo, ma in una direttiva distinta.
La famiglia è il mattone della società e per questo noi dobbiamo vigilare sul diritto a una vita familiare. Soprattutto occorre tutelare il diritto dei bambini al ricongiungimento con i genitori, ma questo stesso diritto dovrebbe valere, in alcuni casi (per esempio in caso di gravi motivi di salute), anche per i familiari ascendenti e per i figli maggiorenni. E' inoltre importante che i membri della famiglia, per esempio a seguito di un divorzio o di un decesso, ricevano un permesso di soggiorno autonomo nel paese d'accoglienza, e che sia riconosciuto loro il diritto di lavorare e studiare in questo paese.
Con queste riserve e precisazioni, appoggiamo la relazione.
Schröder, Ilka (Verts/ALE),per iscritto. - (DE) Nonostante la limitazione ai rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra in materia, voto a favore di questa relazione. La proposta della Commissione non comporta alcun progresso per la maggior parte degli omosessuali e dei rifugiati che si trovano sotto tutela temporanea o sussidiaria.
Tuttavia, dal punto di vista strettamente tedesco essa implica un miglioramento della situazione per quei rifugiati che, in base al criterio della parentela, possono consentire ad altri una migrazione legale. Sono favorevole anche perché, benché quasi ogni giorno si inveisca contro l’estremismo di destra in Germania, è proprio il Ministro degli interni tedesco Schily a pronunciarsi contro una normativa tollerante in materia d’immigrazione. Egli teme infatti che, con l’entrata in vigore della direttiva, il numero dei migranti che affluiscono in Germania salga “a sei zeri”. Con il suo intervento, egli apre verbalmente la strada a coloro che vogliono espellere con la forza dalla Repubblica federale tedesca, vive o morte, questa massa di persone “a sei zeri”. In tal modo, l’impegno contro l’estremismo di destra non soltanto diventa una maschera ipocrita, ma si tramuta nel suo contrario.
Lulling (PPE-DE). - (FR) Signora Presidente, non si potrebbe procedere come in passato, ovvero nominare tutti coloro che vogliono rilasciare la loro dichiarazione di voto per iscritto in modo da poter iniziare? È una situazione impossibile. Si è costretti ad aspettare in Aula una mezz'ora dopo la votazione per dire che si presenta la propria dichiarazione di voto per iscritto. In precedenza esisteva un altro sistema che perlomeno era organizzato meglio.
Presidente. - Non si arrabbi, onorevole Lulling. Come lei sa, è molto difficile riuscire ad annunciare il nome dei colleghi che vogliono rilasciare una dichiarazione di voto per iscritto. I servizi del Parlamento verificano se i colleghi sono presenti e registriamo tutte le richieste per iscritto senza doverle annunciare. Si verifica che il collega sia presente in Aula all'inizio delle dichiarazioni di voto e quindi io provvedo a chiamare i deputati solo per le dichiarazioni orali. Di conseguenza, lei è sollevata da qualsiasi obbligo di rimanere.
De Rossa (PSE). – (EN) Sono rimasto qui seduto quasi mezz’ora in attesa di sentire chiamare il mio nome, perché i servizi mi hanno comunicato che avrei dovuto essere presente in Aula per presentare la mia dichiarazione di voto scritta. Non comprendo il problema. Per quale motivo i servizi non possono fornire informazioni chiare e semplici? Ho espresso l’intenzione di presentare la dichiarazione di voto per iscritto e mi è stato riferito che sarei comunque dovuto essere presente in Aula per la votazione e quindi avrei dovuto attendere di essere chiamato per segnalare l’intenzione di presentarla per iscritto. Per quale motivo ho dovuto sprecare mezz’ora qui?
Presidente. - Mi dicono che si tratta di un malinteso. Le è stato detto che avrebbe dovuto essere presente durante la votazione. Mi è sempre parso che fosse così, e non che si dovessero attendere tutte le dichiarazioni di voto.
De Rossa (PSE). – (EN) Signora Presidente, mi è stato detto esplicitamente che avrei dovuto essere presente in Aula per comunicare la mia intenzione di presentare la dichiarazione di voto per iscritto. In una precedente occasione non ero presente e sono stato bacchettato sulle dita per la mia assenza.
Presidente. - Non si può protrarre questa discussione, ma vi prometto che chiariremo la situazione in seno all'Ufficio in modo che tutti i presidenti dei turni di votazione applichino le stesse regole per le dichiarazioni. Personalmente, penso che il metodo corretto consista nel verificare che i colleghi siano presenti alla votazione in modo che se intendono presentare la loro dichiarazione per iscritto si possano ritenere sollevati da qualsiasi obbligo e che non si tenga conto delle dichiarazioni di voto per iscritto dei deputati che non hanno preso parte alla votazione. Penso che sia una buona regola, ma prima voglio poter esaminare la questione con gli altri vicepresidenti che, come me, presiedono i turni di votazione. Grazie per la vostra comprensione.
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- Creazione di un Osservatorio dei mutamenti industriali
Caudron (PSE),per iscritto. - (FR) Tengo a manifestare il mio sostegno all'elaborazione di un nuovo incarico affidato ad una delle agenzie dell'Unione europea il cui scopo è analizzare e soprattutto anticipare i mutamenti industriali. Ciò costituisce un forte messaggio politico che dimostra la volontà di reagire a tali mutamenti che sono il risultato di eventi destabilizzanti di vario genere dovuti in particolare alle evoluzioni economiche e finanziarie, allo sviluppo di nuove tecnologie, alla concorrenza internazionale ed alla mondializzazione degli scambi.
Al Vertice di Lussemburgo del novembre 1997 si è presa coscienza dell'importanza di studiare meglio questi fenomeni per non doverli più subire e per contrastarne gli effetti negativi. Questa riflessione ha portato alla creazione di un gruppo di esperti meglio noto sotto il nome di Gruppo Gyllenhammar incaricato di analizzare le implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali.
Le conclusioni di tale gruppo hanno suggerito al Consiglio europeo di Cardiff, nel dicembre 1998, la creazione di un Osservatorio dei mutamenti industriali, proposta di cui oggi finalmente discutiamo e che, mi auguro, si concretizzerà in un futuro molto prossimo.
Questi ultimi anni sono stati infatti contrassegnati dal moltiplicarsi di trasferimenti, ristrutturazioni e fusioni che hanno modificato in maniera considerevole il paesaggio industriale europeo e che hanno avuto gravi ripercussioni in termini di occupazione e di coesione economica e sociale.
Gli Stati membri non adeguatamente preparati a questi cambiamenti li hanno troppo spesso subiti ed hanno poi tentato, volenti o nolenti, di raccoglierne i cocci sotto lo sguardo talvolta pieno di rimprovero della Commissione europea che non ha esitato a condannarne più d'uno per aiuti di Stato illeciti.
Le prime vittime di questi mutamenti imprevisti sono naturalmente i lavoratori che, nonostante una ripresa della crescita ed il miglioramento della situazione economica generale, continuano a vivere in un clima d'incertezza.
Infatti, come si è visto di recente, le imprese licenziano anche quando sono in attivo perché non si può fare a meno di ristrutturare e fondere società senza pensare ad adempiere gli obblighi imposti in materia d'informazione e di comunicazione dei lavoratori. Ne approfitto per lanciare un appello al Consiglio che blocca la proposta di direttiva relativa all'informazione ed alla consultazione dei lavoratori.
In breve, l'osservatorio dovrà essere utilizzato come strumento di previsione dei mutamenti industriali. In questo modo, si potranno adottare le misure necessarie per meglio preparare i lavoratori, in particolare proponendo loro una formazione orientata alla riconversione verso settori di attività promettenti per il futuro. Sostengo la proposta contenuta nella risoluzione volta ad introdurre nella Carta dei diritti fondamentali il diritto alla formazione lungo tutto l'arco della vita. È ovvio che si debba dare ampia diffusione alle analisi dell'osservatorio.
De Rossa (PSE), per iscritto. – (EN) Deploro la decisione del PPE, dell’ELDR e dell’UEN di votare contro la risoluzione del PSE, relativa alla creazione di un Osservatorio europeo dei mutamenti industriali. Tale Osservatorio agevolerebbe l’adozione di una strategia più orientata all’azione nei riguardi dei mutamenti industriali a medio e lungo termine, il che andrebbe a vantaggio di tutti gli interessati: la Commissione, il Parlamento europeo, le parti sociali, i governi e le autorità locali.
L’Osservatorio potrebbe essere integrato in un organismo o una fondazione esistente, ampliandone le competenze attuali, come proposto nella risoluzione del PSE.
E’ incomprensibile che alcuni deputati irlandesi votino contro una proposta di questo tipo, dal momento che la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di Dublino sarebbe candidata a svolgere tali funzioni.
Figueiredo (GUE/NGL),per iscritto. – (PT) Le radicali trasformazioni industriali degli ultimi anni derivanti dalla crescente globalizzazione, dalle nuove tecnologie e dai mutamenti sociali non sono soltanto all'origine della crescita economica e di nuovi settori produttivi, ma anche di un numero crescente di concentrazioni, chiusure e trasferimenti di imprese che si sono tradotti nella perdita di mercati locali, in disoccupazione, degrado dei sistemi di sicurezza sociale e di tutela del lavoro, maggiore esclusione sociale e sofferenze umane enormi.
Pertanto, al fine di contribuire ad evitare le conseguenze più gravi delle trasformazioni industriali, è della massima importanza creare un Osservatorio europeo dei mutamenti industriali che favorisca un approccio più attivo e responsabile nei confronti dello sviluppo industriale e veda la partecipazione delle parti sociali.
Ma è altrettanto urgente che la Commissione acceleri la revisione della direttiva 94/95/CE relativa all'istituzione di un comitato aziendale europeo e del regolamento (CEE) n. 4064/89 in modo da garantire una maggiore partecipazione delle organizzazioni dei lavoratori alla fase che precede le decisioni riguardanti le concentrazioni ed i trasferimenti di imprese ed una maggior garanzia di tutela e difesa dei diritti dei lavoratori.
- Priorità in materia di azioni esterne
Korakas (GUE/NGL),per iscritto. – (EL) Votiamo contro la risoluzione comune sulle priorità in materia di azioni esterne dell’Unione poiché riteniamo che, su proposta dello stesso Parlamento europeo, si promuova sia un’ulteriore negazione di qualsiasi possibilità per gli Stati membri di attuare una politica estera e di sicurezza comune davvero indipendente, sia l’assimilazione nella PESC ancora in gestazione, ma che ha già lasciato il segno con una serie di interventi politici e militari in paesi terzi allo scopo di servire gli interessi imperialistici dell’UE, contrari a qualsiasi concezione dl diritto internazionale e a scapito dei popoli dell’Unione e degli altri paesi. Ciò si è ripetuto di recente nel caso del Kosovo e, più in generale, della Jugoslavia.
La militarizzazione dell’Unione, la corsa agli armamenti, l’adeguamento degli arsenali e dell’industria bellica, l’imposizione della volontà del più forte nella giungla della “globalizzazione” e del libero mercato sono agli antipodi rispetto ai sogni e alle lotte dei popoli per conquistare la pace, giungere ad una soluzione politica e pacifica delle controversie e far prevalere il diritto internazionale.
E’ palese che questa politica va di pari passo con le recenti decisioni del Consiglio di vietare l’accesso ai documenti relativi alla politica di sicurezza e difesa.
L’orientamento generale tende ad allontanare i cittadini degli Stati membri dell’UE dai centri decisionali, impedendo loro di interferire con gli sviluppi, e a frapporre ostacoli al movimento popolare e ai parlamenti nazionali ed europeo che desiderano esercitare il controllo democratico.
Ci preoccupa soprattutto il fatto che oggi l’Unione, violando i suoi stessi Trattati, cerchi di eludere la concorrenza interna con mezzi indiretti. Si prefigge di sostenere di più gli interessi del grande capitale europeo, di conquistare nuovi mercati e di difendere l’euro anche con le armi. Il “nuovo ordine” presenta nuove sfide ai popoli e ai paesi meno sviluppati al fine di consolidare il proprio predominio.
In pratica si promuove una politica che fa il gioco del grande capitale e che si schiera dalla parte degli USA, piegandosi ai loro ordini e favorendo il “nuovo ordine” a scapito dei popoli. Così si comprende meglio perché l’UE non sia infastidita dalla barbara invasione e l’ininterrotta occupazione del 38 percento di Cipro o dai bombardamenti turchi sull’Iraq.
A nostro avviso, la questione da affrontare non è tanto se e quanto sovvenzionare le azioni comuni mediante il bilancio comunitario, ma mettere fine a questa tragedia per gli interessi dei popoli e la politica della pace.
Il problema non è se Solana o un qualsiasi mister PESC presenterà comunicazioni annuali in Parlamento, ma come i popoli europei si riapproprieranno del loro destino per intervenire in modo efficace e imporre la pace, la solidarietà e la cooperazione internazionale fondata sul vantaggio reciproco.
La risoluzione comune si limita a queste due questioni di importanza secondaria per giungere ad una conclusione arbitraria e al tempo stesso pericolosa, in base alla quale il “sistema intergovernativo”, fondamento della politica estera dell’Unione, costituisce la ragione del fallimento della politica estera comune, mentre il suo successo dipenderebbe dalla sua comunitarizzazione. Così si disorientano i cittadini, lasciandoli alla mercé delle scelte incontrollabili del grande capitale.
Per tutti i suddetti motivi riteniamo che la risoluzione “comune” in questione dimostri in modo drammatico l’urgenza di un’opposizione e di una resistenza comune dei cittadini contro questa politica criminale, assumendosi la responsabilità dei propri atti.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, ho votato a favore della relazione Veltroni anche e soprattutto perché, come rappresentante del Partito dei pensionati al Parlamento europeo, so che i pensionati e gli anziani passano molto del loro tempo guardando la televisione. Avrei però voluto che in questa relazione ci fosse un'indicazione per la costituzione, finalmente, di un programma televisivo europeo. I cittadini dell'Europa hanno il diritto di vedere che l'Europa esiste, e questo lo possiamo fare - e facilmente - con dei programmi televisivi europei. Inoltre, sarebbe bene che si regolamentassero le televisioni degli Stati dell'Unione europea in modo da lasciare libertà di espressione a tutte le forme di partecipazione politica nei vari Stati, cosa che ad oggi, purtroppo, non sempre avviene.
Speroni (TDI). - Signora Presidente, ho votato contro perché questa politica conserva ancora, al suo interno, gravi elementi di statalismo e assistenzialismo. Non c'è una vera apertura alla concorrenza e si continua, soprattutto, a prevedere finanziamenti a un'industria - quella cinematografica - senza guardare ai risultati. Si continuerà, quindi, a dare dei soldi a registi che producono pellicole che fanno schifo, che nessuno va a vedere ma che, comunque, sono pagate anche da chi si rifiuta di guardarne anche solo la pubblicità.
Alavanos (GUE/NGL),per iscritto. – (EL) La relazione Veltroni della commissione per la cultura indubbiamente arricchisce la comunicazione della Commissione su “principi e orientamenti per la politica comunitaria nel settore degli audiovisivi nell’era digitale”. I punti principali dell’intervento del Parlamento sono i seguenti:
1) la competitività dell’industria europea su scala mondiale, specie rispetto agli USA, che deve essere accompagnata da una garanzia di pluralismo e di multiculturalità;
2) una maggiore efficacia delle misure contenute nella direttiva 89/552/CE sulla “televisione senza frontiere” riguardo alla promozione delle opere europee;
3) la promozione della pluralità linguistica;
4) la tutela dei minori mediante nuovi sistemi di controllo sui programmi;
5) la creazione di un forum europeo per cooperare nell’ambito della trasparenza e dello sviluppo di strategie per far fronte alle concentrazioni sul mercato;
6) il sostegno al settore pubblico degli audiovisivi con la possibilità di trasmettere su scala mondiale;
7) la promozione del mercato interno del cinema mediante l’elaborazione di una nuova direttiva.
Pur votando a favore della relazione Veltroni, che migliora decisamente la comunicazione della Commissione, formulo una riserva dovuta, da un lato, ad una concezione di concorrenza che potrebbe giustificare i grandi gruppi e le concentrazioni negli audiovisivi nel nome di un rafforzamento europeo rispetto agli USA, estendendo così il fenomeno Berlusconi, e dall’altro alla mancanza di meccanismi per effettuare controlli, in modo che gli obiettivi politici del Parlamento non siano condannati a restare pii desideri, come spesso accade con i successivi emendamenti alla direttiva sulla “televisione senza frontiere”.
Caudron (PSE),per iscritto. - (FR) Accolgo con soddisfazione questa relazione relativa alla comunicazione della Commissione il cui scopo è definire i principi e gli orientamenti della politica audiovisiva della Comunità per adattarla all'era digitale. Tale adattamento è infatti indispensabile tenuto conto del recente sviluppo delle tecnologie digitali.
Ciò si potrà fare solo a condizione di rispettare i principi prevalenti in questo settore.
- Tutela del pluralismo:
per quanto riguarda tale aspetto, insisto nuovamente sul fatto che, come disposto dal protocollo allegato al Trattato di Amsterdam, la radiodiffusione pubblica svolge un ruolo centrale nella salvaguardia del pluralismo e della diversità culturale e linguistica.
- Possibilità di orientare gli interventi a sostegno strategico dei servizi di interesse generale:
occorre garantire ai cittadini l'accesso ai servizi audiovisivi secondo criteri di universalità, abbordabilità e non discriminazione.
- Maggiore tutela per chi produce opere audiovisive e quindi possibilità di garantire meglio i diritti di proprietà intellettuale, il diritto d’autore, i diritti patrimoniali connessi:
l'effettività della tutela del diritto d'autore è compromessa nell'ambiente digitalizzato. Eppure, il rispetto della proprietà intellettuale è un fondamento della vitalità del settore audiovisivo e cinematografico. È di fondamentale importanza quindi adottare rapidamente la proposta di direttiva sui diritti d'autore e i diritti connessi nella società dell'informazione sia per proteggere la creazione sia per assicurare l'accesso e la circolazione delle opere.
- Maggiore tutela per gli utenti che godono di garanzie diverse a seconda dei diversi servizi di cui usufruiscono:
approvo l'idea di potenziare le sperimentazioni dei sistemi di filtraggio dei programmi e di altri metodi di controllo parentale per la tutela dei minori.
Vorrei concludere insistendo sull'indispensabile revisione della direttiva 89/552/CEE sulla televisione senza frontiere. Occorre rafforzare le disposizioni relative alla circolazione delle opere europee ed alla produzione indipendente per renderle più efficaci. In questa normativa si deve anche prevedere l'obbligo per le emittenti televisive pubbliche e private di riservare una parte dei loro proventi annuali netti agli investimenti nella produzione e nell'acquisto di programmi audiovisivi europei, fra cui film, opere destinate ai minori e quelle realizzate da produttori indipendenti.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, ho votato a favore della relazione Heaton-Harris, che riguarda la circolazione degli studenti delle università all'interno dell'Unione europea. Si è fatta un'indagine che, però, ha evidenziato un aspetto che ritengo molto negativo: esattamente la metà degli studenti universitari, che avrebbero avuto diritto di utilizzare il programma ERASMUS, non lo ha utilizzato. Quindi, qualcosa che non funziona sicuramente c'è!
Vorrei tuttavia sottolineare che il mio voto a favore ha significato anche un auspicio, cioè che domani ci sia un programma, in Europa, non solamente per far circolare nelle università i giovani studenti ma per far circolare anche gli anziani che sono iscritti alle università della terza età e che sarebbero felici di poter effettuare degli scambi con i loro coetanei degli altri Stati dell'Unione europea, coetanei naturalmente di sessanta, settanta, ottant'anni o anche più.
Caudron (PSE),per iscritto. - (FR) Sono soddisfatto di potermi esprimere oggi su questa relazione che fa seguito ad una richiesta formulata nel 1998 dal Parlamento europeo nel quadro dei negoziati sulla revisione del bilancio della prima fase di SOCRATES. Quest'inchiesta socioeconomica effettuata nel corso dei primi mesi del 1998 è fondata sulle risposte fornite da quasi 10 000 studenti universitari che hanno partecipato ad azioni di mobilità durante il periodo 1997-1998.
Avviato nel 1987 nel quadro del programma SOCRATES, di cui assorbe il 40 per cento della dotazione totale, il programma ERASMUS mira ad incoraggiare la mobilità degli studenti sviluppando la dimensione europea dell'istruzione e consentendo ai giovani di effettuare una parte dei loro studi in un altro Stato membro. Il programma SOCRATES è entrato nella sua seconda fase con la decisione del 24 gennaio 2000. È un peccato che la relazione sia stata pubblicata così tardi rispetto all'adozione formale del programma SOCRATES II, in quanto in tal modo le sue conclusioni non hanno potuto essere prese in considerazione.
Sono tutti concordi sulla validità di quest'iniziativa grazie alla quale ogni anno 90 000 studenti usufruiscono della possibilità di andare a studiare all'estero. Più di 9 su 10 di loro si sono dichiarati molto soddisfatti del loro soggiorno all'estero, sia da un punto di vista educativo che socioculturale.
Eppure si deve ammettere che il tasso di partecipazione resta basso, se si pensa che a questo programma aderiscono 18 paesi. È ciò che emerge dall'inchiesta della Commissione: nel 1998 solo l'1 per cento degli studenti ha partecipato alle azioni di mobilità che rientrano nell'ambito di ERASMUS. Resta ancora molto da fare per raggiungere l'obiettivo del 10 per cento previsto dal programma.
Occorre quindi scoprire i motivi che sono all'origine di questo basso tasso di partecipazione. L'inchiesta ci fornisce elementi di risposta.
Più del 57 per cento degli studenti di ERASMUS incontrano problemi di carattere finanziario, nonostante il fatto che i partecipanti siano spesso giovani provenienti da ambienti privilegiati. Si tratta peraltro di una discriminazione inammissibile che si deve combattere fornendo un aiuto particolare alle categorie socioeconomiche svantaggiate. Sussistono numerosi problemi in materia di riconoscimento dei diplomi. In qualità di rappresentante eletto di una regione frontaliera, incontro regolarmente giovani diplomati disorientati perché ci si rifiuta di tener conto degli studi da loro seguiti in un altro Stato membro.
Vorrei concludere quindi lanciando un appello alla Presidenza francese affinché integri tutti questi elementi nella riflessione da lei avviata attraverso il gruppo Vision sulla mobilità transnazionale nel settore dell'istruzione, riflessione che dovrà sfociare nella presentazione al Vertice di Nizza di un piano d'azione volto a combattere gli ostacoli che si frappongono a questa mobilità.
Figueiredo (GUE/NGL),per iscritto. – (PT) Ci congratuliamo per l'approvazione della presente relazione alla quale abbiamo contribuito con varie proposte. Adesso speriamo che Commissione e Stati membri adottino le misure necessarie a rendere il programma ERASMUS maggiormente accessibile agli studenti dei ceti meno abbienti, in particolare attraverso l'ottimizzazione del coordinamento tra gli aiuti nazionali destinati all'istruzione superiore e le borse di studio ERASMUS, al fine di promuovere la giustizia sociale nell'accesso al programma ed il suo pieno utilizzo.
Non si può continuare ad accettare che il tasso globale di partecipazione al programma superi a malapena il 50 per cento e che, anche così, il 57 per cento circa degli studenti ERASMUS incontri problemi finanziari preoccupanti.
Come si afferma nella relazione, è deplorevole che del programma ERASMUS abbiano beneficiato essenzialmente studenti di classi sociali i cui genitori dispongono di un livello d’istruzione elevato, con buone possibilità finanziarie e/o originari di paesi dove il sostegno statale concesso agli studenti è più elevato. Da qui la necessità di misure che portino alla realizzazione dell'obiettivo iniziale: consentire al 10 per cento della totalità degli studenti della Comunità di trascorrere parte del loro corso di laurea in un altro Stato membro, e non solo all'1 per cento, com'è avvenuto nel 1997-98, favorendo l'accesso al programma degli studenti provenienti da ceti meno privilegiati dal punto di vista economico.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signora Presidente, "in cauda venenum", dicevano i latini, cioè "alla fine il veleno". In questa relazione, sulla quale ho votato contro - e a buona ragione - è stato bocciato un emendamento, da me presentato, con cui si chiedeva che le persone inabili, le persone non vedenti, le persone che non sentono, le persone affette da gravi malattie o molto anziane, che per questi motivi ricevono dagli Stati membri una pensione di assistenza, non vengano trattate secondo l'attuale regolamento dell'Unione europea per cui, se si recano in uno Stato dell'Unione diverso dal loro, perdono la loro pensione. In pratica, un inabile non si può spostare nell'Unione europea - dall'Italia alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Germania, e così via - perché, se si sposta e cambia la residenza, perde tutte quelle pensioni che gli consentono di vivere. Quando metteremo fine a questa ingiustizia?
Bordes, Cauquil e Laguiller (GUE/NGL),per iscritto. - (FR) Riteniamo che tutti i lavoratori immigrati che vivono e lavorano in uno qualsiasi dei paesi dell'Unione europea debbano avere gli stessi diritti e le stesse libertà, in particolare quella di circolazione, dei cittadini dell'Unione.
Nonostante i limiti della relazione al riguardo e pur non condividendone tutte le formulazioni, l'abbiamo approvata perché le misure in essa previste rappresentano un passo avanti rispetto all'attuale deplorevole situazione dei lavoratori immigrati e dei lavoratori migranti cittadini dei paesi membri.
L'accanimento razzista dell'estrema destra contro la relazione ci conforta in tal senso.
Caudron (PSE),per iscritto. - (FR) Fin dal 1957 il Trattato che istituiva la Comunità economica europea conteneva disposizioni destinate ad assicurare la libera circolazione dei lavoratori sul territorio della Comunità. Vari strumenti comunitari hanno consentito di fare di questo diritto una realtà.
Nel 1990 due direttive (90/364/CEE e 90/365/CEE) hanno esteso il diritto di soggiorno grazie alla definizione di principi generali e di norme per i lavoratori che hanno cessato l'attività. Una terza direttiva (93/96/CE), adottata nel 1993, contiene disposizioni specifiche per gli studenti. Dopo il 1993 ed il Trattato di Maastricht, tutti i cittadini di uno Stato membro possono circolare e risiedere liberamente nell'Unione europea (articolo 14 del Trattato CE), dato che tale diritto è legato alla cittadinanza europea (articolo 18).
La relazione di cui oggi discutiamo intende fare il punto sull'applicazione delle direttive sul diritto di soggiorno di studenti, pensionati e altre persone non economicamente attive, nonché valutare i provvedimenti speciali in tema di circolazione e residenza dei cittadini dell'Unione giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica (direttiva 64/221/CEE).
Per quanto attiene alla prima parte, si deve ammettere che anche se le direttive in questione sono state recepite negli ordinamenti giuridici nazionali talvolta in maniera laboriosa, permangono numerosi ostacoli che dovranno essere abbattuti adottando tutta una serie di misure mirate. Per parlare di un problema che conosco bene, quello degli studenti, mi sembra indispensabile informarli meglio sui loro diritti se desiderano proseguire gli studi in un altro Stato membro. Si dovrebbe inoltre risolvere il problema del riconoscimento dei diplomi che per alcune professioni riveste un'importanza fondamentale.
Per quanto riguarda la seconda parte, esistono numerose difficoltà nell'applicazione della direttiva 64/221/CEE. Il Trattato consente agli Stati membri di imporre limiti in materia di libera circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. Orbene, la Commissione constata che gli Stati interpretano questi concetti in maniera completamente diversa, spesso estensiva, insistendo sul fatto che devono essere applicati in conformità del principio di proporzionalità e motivati da una minaccia reale e sufficientemente grave che riguardi un interesse fondamentale della società. In ogni caso, questi concetti devono essere conformi alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Per rimediare a tali difficoltà sembra indispensabile adottare una direttiva quadro che organizzi e garantisca l'esercizio fondamentale della libertà di circolazione e di soggiorno. Ciò si renderà possibile con una rifusione globale dei testi esistenti, che avrebbe il merito di porre fine alle disparità di trattamento attualmente esistenti nei vari Stati membri.
Solo a questa condizione si consentirà ai cittadini degli Stati membri di prendere coscienza e di dare corpo al concetto, che per molti è ancora un guscio vuoto, della cittadinanza europea.
Figueiredo (GUE/NGL),per iscritto. - (PT) Mentre è positivo che il documento presentato al Parlamento dalla relatrice sia stato approvato, non si può affermare la stessa cosa della maggior parte degli emendamenti proposti dall'Assemblea. Il principio della libera circolazione delle persone, inserito cinquant'anni fa nel Trattato di Roma, incontra ancora molte difficoltà nella sua applicazione pratica. Come riferito nella relazione, l'applicazione delle direttive sul diritto di soggiorno degli studenti e dei pensionati (90/364, 90/365, 93/96) è del tutto insoddisfacente, e lo stesso vale per quello dei lavoratori migranti.
I lavoratori che svolgono mansioni "atipiche", a tempo parziale, di breve durata o altro, incontrano difficoltà di soggiorno nei paesi di accoglienza. Inoltre, come mette in rilievo la relatrice, vi sono in questo momento milioni di cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente in Europa che di frequente si vedono privati del diritto di libera circolazione e stabilimento. Pertanto è indispensabile che gli Stati membri e la Commissione adottino le misure necessarie a garantire l’osservanza dei diritti dei lavoratori migranti e a migliorare le loro situazione.
E' altrettanto indispensabile, per quanto riguarda studenti e pensionati, alleggerire gli iter burocratici e facilitare la libera circolazione, i trasferimenti ed il soggiorno di detti cittadini dell'Unione europea in qualsiasi Stato membro.
Lulling (PPE-DE),per iscritto - (DE) Non ho nulla in contrario a che ci si sforzi di risolvere i problemi restanti in materia di soggiorno dei cittadini dell’Unione, affinché essi possano circolare e soggiornare liberamente nell’intero territorio dell’Unione, anche qualora si tratti di studenti e pensionati.
Tuttavia, nella sostanza non posso appoggiare questa relazione, in quanto essa abusa della possibilità di rivendicare, nell’intera Unione, la libertà di circolazione e di stabilimento per tutti i cittadini di paesi terzi che soggiornino legalmente in uno Stato membro.
Questi ultimi sono milioni, ed è semplicemente inammissibile aspettarsi che altri Stati membri si accollino gli oneri della libera circolazione di milioni di persone, senza tener conto della loro capacità d’accoglienza.
Alcuni esprimono preoccupazioni circa l’adesione di Malta all’Unione europea. Quanto la relazione Boumediene rivendica, in materia di libera circolazione dei cittadini di paesi terzi, sarebbe molto più drastico che non accordare ai cittadini dei paesi candidati dell’Europa centrale ed orientale l’immediata libertà di circolazione e di stabilimento senza alcun periodo transitorio, cosa inconcepibile per ogni persona assennata.
Se veramente vogliamo attizzare la xenofobia nella Comunità, non vi è modo migliore che accogliere le proposte esagerate ed irragionevoli della relazione Boumediene, che, fortunatamente, è stata approvata, in sede di commissione, con soli 23 voti contro 15.
E’ una prevaricazione nei confronti degli altri Stati membri che il governo tedesco accordi, a titolo di doppia cittadinanza, la cittadinanza tedesca a circa due milioni di cittadini di paesi terzi che risiedono sul territorio della Repubblica federale. Infatti, in tal modo esso crea, con un solo tratto di penna, alcuni milioni di nuovi cittadini dell’Unione, che godono del diritto alla libertà di circolazione e di stabilimento, nonché di voto nelle elezioni comunali ed europee, mentre al tempo stesso il Commissario Verheugen chiede un referendum per l’allargamento ad Est. Che ne è allora del nostro diritto di referendum se la Repubblica federale tedesca, senza consultare gli altri Stati membri, con una decisione unilaterale ci appioppa due milioni di cittadini comunitari in più?
Non possiamo accettare le conseguenze di tale magnanimità, senz’altro animata da buone intenzioni, in quanto di essa abuserebbero soprattutto le organizzazioni criminali di immigrazione clandestina.
Sì ad una politica dell’immigrazione ragionevole, che siamo in grado di attuare! No al caos che scaturirebbe inesorabilmente dalla relazione Boumediene!
Theonas (GUE/NGL),per iscritto. – (EL) I problemi e gli ostacoli relativi ai diritti dei cittadini europei che si spostano all’interno dell’Unione o che risiedono in uno Stato membro diverso dal paese di cui hanno la cittadinanza, oppure a quelli di cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nell’Unione, sono così numerosi che per molti il famoso diritto alla “libera circolazione” è inesistente o assomiglia ad una continua corsa a ostacoli.
Studenti, pensionati, salariati di varie categorie e lavoratori atipici o a tempo parziale devono tutti confrontarsi con un mucchio di problemi e intoppi con la residenza nel paese di accoglienza a causa delle numerose formalità per la concessione o il rinnovo del permesso di soggiorno e di altre difficoltà relative alla necessità di dimostrare che si dispone di risorse sufficienti.
In realtà il famoso “spazio europeo di libertà” non solo non sussiste, ma è così strettamente legato ai criteri economici che il diritto alla residenza, pur essendo riconosciuto come diritto “inalienabile”, viene concesso solo agli individui economicamente indipendenti. Abbiamo a che fare non solo con un travisamento del concetto, ma anche con un palese raggiro a scapito di centinaia di migliaia di cittadini europei e di loro familiari.
Se a tutto ciò aggiungiamo anche gli inaccettabili casi di interpretazione errata del concetto di ordine pubblico e di sicurezza, allora la libertà di spostarsi e di insediarsi non solo è spesso minata e violata, ma diventa anche un pretesto per prevaricare i fondamentali diritti democratici e individuali, come quello alla tutela dei dati di carattere personale. Con la scusa dell’ordine pubblico il sistema informativo di Schengen archivia, diffonde ed elabora i dati dei cittadini violando i Trattati nonché il diritto comunitario e internazionale. Segnaliamo inoltre i numerosi casi d’espulsione di cittadini per motivi economici o preventivi che non costituiscono mai accuse vere o così gravi da giustificare l’allontanamento forzato.
Per ragioni imprescindibili di tutela dei diritti fondamentali e per la stessa dignità dei cittadini dell’Unione e dei paesi terzi che risiedono legalmente nell’Unione, è necessario operare un’immediata semplificazione delle procedure di insediamento e soggiorno, in modo da provvedere a garantire un libero esercizio del diritto in questione e da evitare le disparità e le violazioni di fondamentali principi democratici.
Gli Stati membri dovranno allentare e semplificare il più possibile le procedure e le formalità previste per studenti e pensionati per quanto riguarda la questione delle risorse sufficienti e il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno. E’ necessario facilitare il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno per i lavoratori trasferitisi in un altro Stato membro, migliorando il sistema di protezione sociale e di offerta di cure mediche, in modo da metter fine alle discriminazioni cui sono esposti i suddetti lavoratori. Si deve inoltre agevolare il ricongiungimento familiare semplificando le condizioni per l’insediamento dei familiari e snellire il meccanismo per la concessione e il rilascio del permesso di soggiorno per almeno cinque anni nel caso il richiedente soddisfi le condizioni necessarie. Infine si deve porre fine al ricorso arbitrario alla giustificazione dell’ordine pubblico, che trasforma i cittadini europei nei “soliti sospetti” per motivi estranei alla pubblica sicurezza, violando palesemente lo Stato di diritto, la Convenzione dei diritti dell’uomo e la Carta dei diritti fondamentali.
(La seduta, sospesa alle 13.50, riprende alle 15.00)
Presentata dagli onorevoli Brok e altri a nome del gruppo PPE-DE; Haarder a nome del gruppo ELDR; Hautala, Maes e Elisabeth Schroedter a nome del gruppo Verts/ALE e Dupuis a nome del gruppo TDI, volta a sostituire con un nuovo testo le risoluzioni di cui ai docc. B5-0659, 0662, 0668 e 0671/2000
Presentata dagli onorevoli Chichester a nome del gruppo PPE-DE; Plooij-van Gorsel a nome del gruppo ELDR; Montfort a nome del gruppo UEN, volta a sostituire con un nuovo testo le risoluzioni di cui ai docc. B5-0653, 0656, e 0675/2000.