4. Programma pluriennale a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità
Presidente. - L'ordine del giorno reca la discussione sulla relazione (A5-0267/2000), presentata dalla onorevole Montfort a nome della commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa ad un programma pluriennale a favore dell'impresa e dell’imprenditorialità (2001-2005) [COM(2000) 256 - C5-0274/2000 - 2000/0107(CNS)].
Montfort (UEN), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ciascuno di noi ha in mente la propria lista di delusioni ricorrenti contro le quali nulla si può. Tuttavia è opportuno denunciarle di tanto in tanto per dimostrare che non ci si adagia e che impotenza non fa sempre rima, almeno non ancora, con indifferenza. Ascoltando gli interventi di alcuni miei colleghi della commissione che frequentano il Parlamento da più tempo di me, ho avuto l’impressione che l’esercizio del programma pluriennale a favore dell’impresa e dell’imprenditorialità, affrontato per la quarta volta in Parlamento, appartiene a questa categoria. Tutte le buone intenzioni sono benvenute, si diceva in sostanza, ma facciamo in modo che, contrariamente quanto accaduto finora, la prossima relazione su questo argomento non esponga le stesse osservazioni della precedente, poiché niente di concreto sarà cambiato nella situazione delle imprese europee.
Il testo presentato oggi mira a trasformare quella che era un’inutile prova di figure obbligate in un promettente esame di figure libere, al quale l’Unione europea, purché capisca quali dovranno essere il suo posto e il suo ruolo nel dispositivo, può fornire il suo valore aggiunto. E’ finita l’epoca in cui la difesa delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese, assomigliava ad una lotta corporativistica. Questo non solo perché ormai ci sono soltanto pochi irriducibili che guardano al mondo dell’impresa esclusivamente attraverso il prisma deformante della lotta di classe, ma soprattutto perché alla vigilia del terzo millennio, ciascuno sa quanto i problemi dell’occupazione e della coesione sociale saranno determinanti per le nostre società e l’impresa svolge un ruolo preminente in relazione a tale problematica.
Infatti non è superfluo ricordare che, sia sul piano economico che sul piano sociale, l’impresa detiene il primo posto. Si tratta infatti della principale creatrice di occupazione e del principale motore dell’integrazione sociale. Inoltre, l’impresa ha acquisito progressivamente una notevole importanza in materia di formazione, nel caso dei giovani, di formazione continua o ancora in termini di pianificazione del territorio, per la quale essa è lo strumento più efficace. Forti di questa constatazione, in occasione del Consiglio europeo di Feira del giugno scorso, i Quindici hanno approvato la Carta per le piccole imprese, la cui esistenza ci fa capire oggi che è stato realizzato un enorme passo avanti.
La Carta, oltre a rappresentare incontestabilmente la base sulla quale dobbiamo costruire una politica per le imprese che sia al servizio delle imprese, ha il grande merito di non ridurre la nostra azione alle sole piccole imprese. Infatti, essa fa di queste ultime il punto centrale della nostra riflessione, l’unità di riferimento della quale dobbiamo occuparci in modo prioritario. Il Parlamento, composto da eletti che sono regolarmente a contatto con le situazioni reali, ha il dovere di esprimere questa scelta che traduce allo stesso tempo una realtà obiettiva e induce un metodo che è il solo a poter abbracciare la diversità del mondo imprenditoriale.
Le PMI non sono multinazionali in miniatura e non basta estrapolare con un metodo quantitativo le difficoltà di una piccola impresa per comprendere correttamente i problemi delle grandi unità. Sembra tuttavia preferibile, dal punto di vista politico, optare per una manovra pragmatica e di prossimità, che ponga la piccola impresa al centro del dispositivo, piuttosto che per una proposta che, col pretesto di evitare l’eccessiva dispersione, servirebbe solo a produrre statistiche giuste, ma impossibili da utilizzare concretamente.
Sono lieta quindi che la commissione per l’industria abbia deciso all’unanimità di optare per un approccio settoriale al problema delle imprese. Si tratta di una scelta inevitabile se si vogliono individuare nel modo più preciso possibile le esigenze reali e specifiche delle imprese, le cui diversità si prestano difficilmente ad un approccio orizzontale, insufficiente per essere efficace. Le nozioni di paragone dei risultati e di scambio delle migliori prassi sono, in assoluto, interessanti, ma non si può pensare di intervenire positivamente nella realtà quotidiana delle imprese solo in questo modo.
Cosa fare, allora? Bisogna cominciare con tre semplici idee. Innanzitutto, invece di rinunciare in partenza a coinvolgere direttamente il maggior numero di imprese, è opportuno utilizzare le reti esistenti che, grazie alla loro conoscenza delle realtà rappresentano dei partner indispensabili per l’elaborazione e per l’attuazione efficace di una politica destinata alle imprese.
E’ per questa ragione che la relazione insiste sulla necessità di associare strettamente le camere di commercio e gli organismi di rappresentanza delle imprese, che hanno molto da insegnarci e possono evitarci di trasformare, per ignoranza, una buona idea in una cattiva decisione. In seguito, bisogna fare attenzione a non complicare ancora di più l’accesso delle imprese al capitale, specie per quelle più piccole. Si tratta di un fattore chiave per l’avviamento, lo sviluppo, la ripresa, la trasmissione, nonché per la sopravvivenza delle imprese. Tuttavia, alcune decisioni già prese, o sul punto di esserlo, fanno sorgere preoccupazioni sia che si tratti dell’oscuro rimaneggiamento dei compiti rispettivi della Banca europea per gli investimenti o del Fondo europeo d’investimento o del progetto di direttiva sui fondi propri delle banche, relativamente al quale dovremo convincerci che avrà un effetto indolore sulla capacità delle imprese di ottenere un credito.
In ogni caso, nell’epoca della nascita di un’economia basata più di prima sulla conoscenza e sull’innovazione tecnologica, appare indispensabile che la Commissione si impegni a facilitare e preservare le possibilità offerte ai più coraggiosi, ai più innovatori, a quelli che rischiano e di interpretare concretamente il loro spirito imprenditoriale. Infine, poiché l’imprenditorialità non si dissocia dalla nozione di responsabilità, è necessario stabilire esplicitamente in che cosa può consistere il valore aggiunto europeo in materia di politica imprenditoriale.
I responsabili delle decisioni politiche sono gli Stati ed è il Consiglio che ha preso queste decisioni a Feira, adottando la Carta per le piccole imprese. Concentrando gli sforzi sul coordinamento delle politiche definite in questo ambito e applicate dagli Stati membri e, soprattutto, impegnandosi per far crollare tutte le barriere tecniche e amministrative il cui peso grava inutilmente sul buon corso delle nostre imprese, queste decisioni avrebbero un’applicazione magistrale. Mi auguro che l’Assemblea rinnovi, in occasione del voto in plenaria, l’unanimità ottenuta in seno alla commissione per l’industria. Così facendo, darebbe un segnale chiaro e forte al mondo imprenditoriale, di cui esso ha bisogno.
Onorevoli colleghi, vi ringrazio anticipatamente del sostegno che vorrete dare alla mia relazione.
Signor Commissario, so di poter contare sulla sua energia e determinazione per l’attuazione di questo programma. E’ necessario unirlo agli altri programmi comunitari e farne un bilancio annuale, eventualmente per riadattarlo. E’ così che insieme potremo rispondere agli obiettivi della piena occupazione e della coesione sociale. Vi ringrazio, a nome di tutte le imprese, ma anche a nome delle nostre società.
Radwan (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo innanzi tutto con la onorevole Montfort per la sua relazione e la ringrazio per l’ottima collaborazione. E’ stato un piacere lavorare con lei. L’Europa ha l’obiettivo di diventare il numero 1 in campo economico e il programma pluriennale di cui discutiamo oggi può fornire un contributo in tal senso. Però, proprio in questo settore è necessario anche promuovere l’imprenditorialità all’interno della società, in modo che i giovani considerino con maggiore favore l’ipotesi di svolgere un’attività autonoma e di lavorare in piccole imprese. Affinché ciò avvenga dobbiamo intervenire soprattutto a livello di formazione.
Ancora fino a poco tempo fa, dopo gli studi o dopo un periodo di formazione molti giovani si immaginavano un impiego nel servizio pubblico oppure in grandi imprese, assimilabili allo Stato. E’ giunto il momento di modificare questa mentalità, anche se va detto che un cambiamento si avverte già adesso poiché molti giovani oggi fondano nuove imprese, le cosiddette start up companies, e dal canto nostro faremmo bene a favorire l’imprenditorialità.
Concretamente ho tre osservazioni sul programma proposto. Primo: la Commissione si accinge a promuovere e definire in futuro politiche favorevoli alle imprese e a tale scopo si vuole avviare un processo di benchmarking. Si tratta senz’altro di un approccio interessante, però occorre verificare che questo processo produca degli effetti. Per il momento si prevede che esso si svolga tra l’Unione europea e gli Stati membri. Non è però così che si può ottenere un quadro esatto della realtà. Prendiamo ad esempio il mio paese, la Germania, dove la rilevazione statistica unitaria a livello nazionale non è in grado di riflettere la situazione delle singole regioni. Tra la Baviera e il Meclemburgo-Pomerania anteriore, ad esempio, esistono grandissime differenze, come esistono tra l’area metropolitana londinese, la cosiddetta Greater London, e la Scozia. Occorre dunque differenziare di più e coinvolgere le regioni per poter ottenere un quadro adeguato delle politiche favorevoli alle imprese.
Secondo: la Commissione sta valutando di ridurre un po’ il suo impegno a favore della promozione delle piccole e medie imprese. Anche questo è un approccio che merita di essere discusso, dato che i finanziamenti concessi a quelle imprese dovrebbero essere commisurati all’efficacia, e in tale contesto viene da chiedersi in che misura ciò sia possibile a livello europeo nella forma attuale.
Ma se si decide di ridurre l’impegno a livello europeo, occorre poi ridare alle regioni maggiori opportunità. A tale proposito appare necessario rivedere in ogni caso la norma di minima, nonché emendare il regolamento sull’esenzione per gruppi relativo alle PMI.
Terzo: il rapporto tra le imprese tradizionali e il commercio elettronico. Distinguiamo sempre tra new e old economy. Da noi, in Baviera, c’è un’impresa di falegnameria che produce il 70 per cento del suo fatturato tramite Internet. Si tratta di new o old economy? Penso che dovremmo mettere insieme questi due settori affinché anche l’economia tradizionale possa diventare new economy. Su questo punto rivolgo due richieste al Commissario. La prima è che la Commissione potrebbe darsi da fare per sviluppare concretamente software che, per le loro dimensioni e i loro costi, siano adatti per l’utilizzo nelle piccole e medie imprese. I grandi pacchetti di software per l’industria sono infatti troppo complicati e troppo costosi per le PMI. La seconda richiesta è che la Direzione generale Imprese, nata dalla fusione della ex Direzione generale delle piccole e medie imprese e di quella dell’industria, si occupi maggiormente di temi riguardanti le PMI e svolga anche una funzione di vigilanza nell’organismo competente per le questioni inerenti alle piccole e medie imprese, nel senso che dovrebbe rivedere tutti gli atti legislativi e le comunicazioni della Commissione nell’ottica delle tematiche che coinvolgono le PMI.
Infine, esprimo l’auspicio che i programmi di promozione che la Commissione offrirà in futuro alle piccole e medie imprese siano presentati in modo tale da poter essere valutati dalla prospettiva dei beneficiari, affinché le PMI li possano quindi applicare in ogni momento.
(Applausi)
Caudron (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sono deputato da undici anni e sono uno di quelli che sanno che i dibattiti sulle piccole e medie imprese in seno al nostro Parlamento non sono né nuovi né rari.
Bisogna dire che, secondo i criteri dell’Unione europea, più del 99 per cento delle imprese può essere considerato come PMI. Questo oltre tutto non è molto serio e mostra l’imprecisione dell’Europa su questo concetto, spiegando molte incertezze. Ricordiamo che il primo programma d’azione comunitaria in questo ambito è stato approvato nel 1983, cioè diciassette anni or sono.
La relatrice Montfort nel corso delle ultime settimane ha svolto un ottimo lavoro, accurato, collaborando con tutti i colleghi. Ha individuato opportunamente nel testo della Commissione i punti che mancavano di chiarezza e gli enormi divari fra le affermazioni e le realtà. Il suo lavoro, che tutti abbiamo seguito, è consistito nel chiarire le cose e nel cercare di effettuare una classificazione più precisa delle diverse forme di PMI, di microimprese e di imprese artigianali. Inoltre noi, ed io l’ho fatto personalmente, abbiamo presentato e sostenuto una serie di proposte concrete e forti in questo senso. Lo abbiamo fatto per passare, nell’ambito delle PMI, dai discorsi alla realtà, dando loro accesso all’innovazione e al commercio elettronico, semplificando alcune formalità doganali, mettendo fine ad alcune divergenze amministrative e regolamentari, sviluppando, voglio sottolinearlo, l’accesso al capitale di rischio, sviluppando anche gli Eurosportelli per incrementare il ruolo d’informazione e di sostegno presso le imprese, orientando il programma quadro di ricerca e di sviluppo tecnologico verso una maggiore apertura alle PMI innovatrici.
Per quanto mi riguarda, con i miei amici, ho voluto mettere l’accento sull’artigianato e sulle microimprese, ho chiesto che si tenga debito conto degli obiettivi ambientali e di sviluppo sostenibile e che sia favorito l’accesso delle PMI alle nuove tecnologie di comunicazione e di informazione. Ho anche chiesto che siano incoraggiate le azioni riguardanti gruppi specifici quali le donne, i giovani e i settori dell’economia sociale, senza dimenticare in maniera generale la partecipazione dei dipendenti alla vita di queste PMI.
In qualità di principali creatrici di posti di lavoro, sia in termini di qualità che di quantità, le PMI svolgono infatti un ruolo cruciale per la coesione sociale e per la pianificazione del territorio. E’ per questo motivo che è più che urgente eliminare i numerosi ostacoli al loro sviluppo e organizzare le formazioni necessarie.
Signora relatrice, mi auguro quindi che un massiccio voto a favore della sua relazione permetta di fare un salto qualitativo in questo ambito e che siano respinti, fra l’altro, alcuni emendamenti troppo liberali, come quello che mira a ridurre il numero di programmi di promozione e quello che propone la creazione di un nuovo osservatorio.
Signor Presidente, se dovessi concludere il mio intervento in modo conciso direi: meno ideologia e più azioni.
Beysen (ELDR). – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero in primo luogo ringraziare la relatrice, che ha elaborato il suo documento con tanta accuratezza. Questa accuratezza è più che mai necessaria se vogliamo realizzare per il 2005 l’impresa Europa e trasformare l’Unione europea nell’economia fondata sulla conoscenza più competitiva e dinamica al mondo. Gli emendamenti alla relazione elaborati in seno alla commissione – anche su mia proposta – sottolineano che il programma pluriennale deve essere impiegato come strumento per promuovere la crescita economica, la piena occupazione e la coesione sociale. Si tratta di un accento importante – voglio ribadirlo – che deve essere posto in modo più esplicito sull’informazione, giacché non si sottolinea mai a sufficienza l’importanza fondamentale dell’imprenditorialità e del clima ad essa favorevole. Occorre quindi prestare particolare attenzione alla formazione dei giovani, ma anche alla formazione continua del personale delle piccole e medie imprese.
Oggi voglio soprattutto chiedere che siano eliminati sistematicamente quanti più ostacoli possibile – se non tutti – al fine di realizzare il mercato unico. Si potrà così ottimizzare la competitività delle piccole e medie imprese, che potranno quindi continuare a svilupparsi in modo dinamico e sostenibile. Inoltre, sono sempre stato favorevole a che gli interventi di questo tipo si fondassero su una politica efficace e pragmatica. Ho particolarmente apprezzato la frase di chiusura dell’onorevole Caudron che ha affermato: meno ideologia e più azioni politiche efficaci e pragmatiche. Ciò significa che tutti gli oneri amministrativi devono essere ridotti al minimo. A questo proposito è necessario partire innanzi tutto dalla semplificazione delle formalità doganali nell’Unione, giacché la differenza di costi fra gli Stati membri a livello fiscale, sociale e amministrativo rappresenta a tutti gli effetti un freno alla parità di accesso al mercato unico.
Infine, signor Presidente, vorrei chiedere di tenere in considerazione il prossimo ampliamento dell’Unione europea. L’effettiva attuazione dell’acquis è necessaria per garantire che l’ampliamento vada a beneficio di entrambe le parti, Stati membri e paesi candidati.
Piétrasanta (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto congratularmi con la collega Montfort per l’ottima relazione relativa al programma pluriennale per le imprese e l’imprenditorialità per il periodo 2000-2005. L’attenzione da lei dedicata allo studio delle proposte e la concertazione che si è preoccupata di condurre con molte parti interessate sono stati un atout per meglio definire e ottimizzare l’attuazione di questo programma.
Vorrei sottolineare alcuni punti forti che ci preoccupano, se vogliamo migliorare l’apporto europeo all’impresa in questa nuova economia definita "economia della conoscenza". In che modo possiamo migliorare l’impresa Europa, come l’ha definita il Presidente Prodi in un recente intervento?
Innanzitutto, qualsiasi impresa deve essere considerata in questo contesto. Certo, ci sono le grandi imprese, che occupano svariate migliaia di persone, per le quali dobbiamo prendere in considerazione non solo ciò che apportano nell’ambito dell’economia di mercato, l’occupazione e il profitto che ne risulta, ma anche ciò che esse forniscono alla conoscenza tramite il loro sostegno ai programmi di ricerca applicata e alla creazione, alla scissione delle imprese. I loro contatti con laboratori di ricerca spesso pubblici ci permettono indubbiamente di completare finanziamenti pubblici che ne hanno spesso bisogno e di fare delle scoperte. E’ bene quindi fare attenzione ad attuare azioni positive in questa direzione.
Veniamo alle PMI e alle microimprese. Queste ultime rappresentano, come ha detto l’onorevole Caudron, il 98 per cento del nostro tessuto economico. Esse presentano il maggior potenziale di adattamento. Direi che si tratta di veri e propri commandos economici e d’innovazione, dal momento che si trovano in prima linea e molto esposte ai rischi presenti in questo ambito. Dobbiamo avere per esse un’attenzione particolare e vegliare a che siano intraprese azioni concrete che possano facilmente assimilare.
In secondo luogo, non ritornerò sulle azioni ricordate nella relazione che, fra l’altro, sono il risultato di una valutazione effettuata lo scorso anno. Tuttavia, vorrete constatare che l’essenziale dei vecchi temi è ripreso: semplificazione delle formalità relative agli aiuti, ancora troppo pesanti, e direi addirittura soffocanti per le PMI; aiuti per l’accesso al finanziamento e al capitale di rischio al fine di assicurare una maggiore stabilità; aiuto alla ricerca di nuove tecnologie; creazione di un referente europeo attraverso la procedura BEST; aiuto alla comunicazione e all’informazione. Le imprese devono essere sostenute nel loro ambiente, geografico o tecnologico. E’ necessario favorire la loro azione, favorire uno sviluppo locale basato sulle risorse locali, materiali e umane e sulle loro relazioni con gli enti locali. In questo senso, dobbiamo aiutare non solo le imprese di tipo classico, ma anche quelle a economia mista e a economia solidale e che vanno verso una maggiore stabilità e favoriscono la creazione di posti di lavoro.
In terzo luogo, dobbiamo ricercare il valore aggiunto europeo. Potrebbe trattarsi in particolare della creazione di una rete europea, sia fisica che elettronica, nella quale ogni PMI impresa potrebbe entrare, informarsi, scambiare informazioni tramite meccanismi e norme etiche appropriate e godere dei vantaggi forniti dall’Unione europea a suo sostegno.
Mi sembra evidente che non possiamo ammettere che in questo ambito tutto sia gestito da Bruxelles. Dobbiamo attuare azioni concrete, costituire delegazioni che potremo gestire a livello regionale, tramite la Commissione, il Parlamento o il Consiglio, come auspicava recentemente la relazione Majo. Bisognerebbe anche scegliere alcuni ambiti d’intervento. Li troveremo facilmente, in particolare nella società dell’informazione, nello sviluppo sostenibile di cui tanto si parla, nei settori dell’ambiente, delle tecnologie pulite, delle tecnologie ecologiche, delle nuove energie e dei nuovi materiali. Questa rete di aiuti europea dovrebbe accreditare alcuni centri, quali gli Eurosportelli.
Lavorare con una simile rete europea riconosciuta potrebbe, se vi è sinergia, evitare ad una PMI di dover costituire un consorzio con più imprese di diversi Stati membri. Questo infatti conduce spesso a costruzioni artificiali e a pratiche opprimenti con numerose complicazioni. Vorrei che la Commissione costituisse in questo ambito un gruppo di lavoro che raccolga deputati motivati.
In quarto luogo, per concludere, vorrei ricordare la necessità di esaminare le proposte dello Spazio comune per la ricerca che stiamo mettendo in cantiere. Allo stesso tempo proponiamo di creare uno Spazio comune per l’innovazione e sono grato alla relatrice per aver accettato di inserire questa proposta nella relazione. Dovremo infine tenere conto dei risultati dei lavori del convegno “Scienze e gestione”, svoltosi la settimana scorsa a Bruxelles sotto l’egida del Centro di prospettiva tecnologica di Siviglia, come pure del follow-up del convegno poiché vi sono numerosi legami con il tema di cui ci occupiamo oggi.
Infine, sono convinto che sia giunto il momento, per aiutarci nelle nostre scelte e nel follow-up delle nostre azioni, di creare in seno al Parlamento europeo un vero e proprio ufficio parlamentare di valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche, come ve ne sono nei parlamenti nazionali e di cui esso sarebbe il corrispondente.
La Presidente Fontaine ci chiede oggi, in qualità di responsabile dello STOA, di rivolgere un messaggio di sostegno all’EPTA. Quest’ultima è un’organizzazione specializzata nell’ambito della valutazione tecnologica in Europa, fondata sotto l’egida del collega Barón Crespo, che si riunirà a Berlino il 10 novembre prossimo. Tuttavia lo STOA non è l’organismo omologo e noi abbiamo proposte precise da fare a questo proposito. Onorevole Montfort, il nostro gruppo sosterrà compatto la sua relazione.
Markov (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, qualsiasi piccola e media impresa che opera nel settore produttivo o in quello dei servizi può sopravvivere sul mercato soltanto se può fare affidamento su molti ordini. Affinché ci siano molti ordini, occorre che ci siano molti committenti. I committenti si possono dividere in tre categorie: primo, le grandi imprese; secondo, i consumatori privati; terzo, il settore pubblico. Da ciò discende che le piccole e medie imprese possono vivere bene soltanto se c’è poca disoccupazione e se i bilanci pubblici a tutti i livelli non registrano passivi e dispongono di fondi sufficienti per compiere investimenti. Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, vorrei rivolgere particolare attenzione alle imprese molto piccole e alle microimprese, poiché nel loro caso ci sono anche fattori specifici da considerare che costituiscono un problema in più, soprattutto nel settore produttivo. Queste imprese raramente hanno a disposizione un proprio potenziale di ricerca e di sviluppo, cosicché per loro i rischi di scindere i due momenti dello sviluppo e dell’ottimizzazione di un prodotto nuovo, di utilizzare tecnologie obsolete e di non riuscire ad adeguarsi alle esigenze di una qualità sempre maggiore risultano particolarmente elevati.
Spesso, poi, a tale situazione si aggiunge un ulteriore elemento, che ha la sua origine nell’insufficiente qualificazione del personale dirigente, ovvero il fatto che le possibilità di finanziamento, ampiamente disponibili in questo settore, non vengono utilizzate a sufficienza. Non vanno poi dimenticati i problemi principali delle PMI, tuttora irrisolti, quali la perenne sottocapitalizzazione, le cattive condizioni di accesso al credito a causa della mancanza delle garanzie abitualmente richieste dalle banche, la limitazione regionale dei loro mercati, nonché le mancate riscossioni. Da tutto ciò consegue la necessità di una politica per le piccole e medie imprese che sia mirata e che, da un lato, proceda ad un’armonizzazione dei programmi di finanziamento e, dall’altro lato tenga conto anche degli interessi e delle problematiche specifici, legati alle dimensioni delle imprese, alla loro struttura, alle linee di produzione e così via.
La relazione della onorevole Montfort migliora in modo sostanziale la relazione della Commissione. Verrebbe quasi da dire, onorevole Montfort, che lei è una piccola imprenditrice impegnata. La sua relazione è eccellente. Cionondimeno avrei apprezzato se due tendenze presenti a livello di macroeconomia vi avessero trovato un’eco maggiore. La prima è il rafforzamento – preferisco non parlare di un nuovo orientamento – della politica economica rivolta alla domanda rispetto a quella rivolta all’offerta. La seconda è lo spostamento del baricentro nel settore del finanziamento degli investimenti verso gli investimenti per l’ampliamento con una minore attenzione per quelli per la razionalizzazione. Tutto ciò significa che il contribuente mette a disposizione un gettito fiscale che le imprese utilizzano per razionalizzare; poi licenziano le persone che avevano lavorato per loro e dicono al contribuente che dev’essere lui ad occuparsi dei lavoratori disoccupati. Ma non può essere questo il fine delle strategie macroeconomiche! Un simile ragionamento è sicuramente accettabile dal punto di vista della singola impresa, tenuto conto delle sue aspettative di guadagno; non lo è affatto, invece, nel contesto dell’economia nazionale. Ritengo che, come Parlamento europeo, abbiamo una responsabilità per quanto riguarda l’economia nazionale che deve avere la precedenza rispetto alla responsabilità verso le singole imprese.
Belder (EDD). – (NL) Signor Presidente, questo programma pluriennale offre un quadro europeo per lo sviluppo del potenziale innovativo e della competitività delle imprese negli Stati membri. In questo caso il principio di sussidiarietà riceve l’attenzione che, a nostro giudizio, merita. Siamo d’accordo con la relatrice, onorevole Montfort, che giustamente presta tanta attenzione alla piccola, media e micro impresa nonché alla necessità di fornire un aiuto prioritario ai giovani imprenditori che stanno avviando una propria attività. La relazione elenca alcuni elementi chiave destinati a migliorare il clima in cui operano gli imprenditori. In tal senso la onorevole Montfort caldeggia la necessità di collegare le imprese alle nuove tecnologie dell’informazione delle comunicazioni. Viene spontaneo chiedersi quale può essere il contributo concreto del programma pluriennale al rafforzamento della competitività delle imprese. A prescindere da questo interrogativo, alla Commissione spetta il compito di incoraggiare lo scambio di esperienze regionali e di prassi migliori.
Un altro elemento chiave menzionato dalla onorevole Montfort è il miglioramento – leggasi semplificazione – della legislazione degli Stati membri. Siamo sempre disponibili ad abbattere inutili ostacoli amministrativi che complicano la vita degli operatori economici.
Un terzo punto che ci preoccupa, signor Presidente, è la tutela dei diritti di proprietà intellettuale a livello europeo. Ci riferiamo, in particolare, ai brevetti sull’innovazione del software. Le imprese hanno bisogno di chiarezza. In altre parole: ha ancora senso investire in questo settore? A questo proposito ci chiediamo se il ritardo europeo rispetto agli Stati Uniti non sia forse imputabile alla mancanza di un brevetto europeo per il software.
Infine, signor Presidente, gli interventi sul piano nazionale e regionale saranno determinanti per il successo del programma pluriennale. Secondo la nostra visione politica le iniziative per l’impresa devono essere adottate proprio a questo livello. Un sostegno europeo all’imprenditorialità è sempre benvenuto.
Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, io stesso provengo da una bottega di fabbro, nella quale sono cresciuto. Conosco, pertanto, i problemi che una piccola impresa si trova ad affrontare e perciò mi congratulo con il Commissario Liikanen perché oggi siamo riusciti a fare qualcosa di particolare importanza per le piccole imprese e per le numerosi imprese individuali che ci sono nei nostri paesi.
La disaggregazione all’ultimo minuto mette a disposizione nuove capacità concorrenziali e, di conseguenza, buone possibilità di acquisto e buone chance di affermazione in questo settore per le nuove imprese. Dividendo la dotazione del programma, circa 230 milioni di euro, per il numero delle piccole e medie imprese dell’Unione europea, ovvero 16 milioni, si ricava che a ciascuna impresa spettano annualmente tre euro. Proprio per questo il programma è molto importante, perché dà impulsi e, meglio ancora, dà gli impulsi giusti, il che è rilevante anche per noi eurodeputati, come dimostra l’esempio degli Euro Info Centre. Il mio partner in questo campo è il dottor Leitner: se ho un problema con i finanziamenti, un problema con le Istituzioni europee, dico ai miei imprenditori che c’è questa persona competente, che conosce la materia ed è in grado di fornire nel più breve tempo possibile informazioni su appalti pubblici, programmi di finanziamento, ricerca e infrastrutture. Egli offre un servizio eccellente per l’Europa, un aiuto professionalmente corretto, competente e rapido.
Proprio per le piccole imprese è importante poter contare su un aiuto in tempi rapidi. Per queste imprese, i tre o sei mesi di attesa prima di ricevere un’informazione o prima che arrivi un programma sono un periodo lunghissimo. Quanto più piccola è un’impresa, tanto più veloci sono le procedure, senza dimenticare che le nuove tecnologie, ovviamente, rendono queste ultime ancora più veloci. Sappiamo tutti che i nostri ritmi di vita sono diventati più serrati con l’uso dei telefoni cellulari, della posta elettronica e di Internet; questi nuovi ritmi offrono nuove opportunità. E’ quindi importante che riguardo ai finanziamenti riusciamo a garantire alle imprese l’accesso anche al mercato dei capitali e non solo alle borse. In particolare, se un’impresa individuale o un’impresa con meno di 250 addetti ha un progetto da realizzare, dovrebbe poter trovare i necessari finanziamenti solo in forza delle sue buone idee, e non perché può fornire una garanzia del 120 per cento a copertura del prestito, magari ipotecando tutto il suo patrimonio fondiario. Purtroppo, però, in Europa siamo ancora molto, troppo lontani da una mentalità di questo tipo.
Abbiamo, inoltre, bisogno di nuovi specialisti, capaci di aiutare le nostre imprese a livello europeo nei momenti di difficoltà. A titolo di esempio vorrei citare le norme vigenti. In linea di principio, una piccola impresa non sa molto bene come nasca una norma e come poi venga applicata a livello europeo. Per questo motivo sono così importanti i raggruppamenti come NORMAPRE, perché consentono anche ad una piccola impresa di procurarsi know-how in maniera rapida ed efficiente, perché su Internet ci possono essere offerte interessanti e, molto semplicemente, perché aiutano nel lavoro quotidiano.
Una questione rilevante è, però, l’aliquota fiscale. Se consideriamo che in America l’aliquota media è del 30 per cento, mentre in Europa è del 45 per cento, risulta evidente che le piccole imprese europee devono essere più produttive del 15 per cento o devono lavorare il 15 per cento in più se vogliono guadagnare tanto quanto le loro omologhe americane. Dovremmo quindi impegnarci ad approvare leggi più snelle che riducano quanto più possibile le aliquote fiscali con il ricorso allo slim benchmark e alle prassi migliori, al fine di stabilire per le nostre imprese un quadro normativo semplice e valido.
Carraro (PSE). - Signor Presidente, desidero anch'io associarmi ai ringraziamenti per l'eccellente lavoro svolto dall'onorevole Montfort.
Credo che il dibattito svolto dalla commissione per l'industria, che mi auguro che il Parlamento vorrà con il voto tradurre in concreto, sia stato quanto mai utile e necessario per reintrodurre in questo programma pluriennale, che andiamo ad approvare, uno spazio e un'attenzione adeguati alle piccole e medie imprese e in particolare alle microimprese, le imprese artigianali, che hanno così tanta importanza nell'economia dell'Unione europea.
Sotto questo punto di vista credo che non possiamo valutare positivamente il fatto che, nel programma pervenuto dalla Commissione, ben poco sia lo spazio e l'attenzione dedicati in particolare alle microimprese, mentre in questi ultimi anni il concetto di microimpresa e di impresa artigiana si è affermato con una certa forza. Dobbiamo, invece, fare di più e meglio per la piccola e per la microimpresa e, soprattutto, dobbiamo farlo in concreto quando parliamo di economia della conoscenza e dell'informazione, di ricerca e di innovazione. Sotto tale profilo credo che questo programma pluriennale sia necessariamente soltanto il primo passo, dopo il quale è necessario proseguire in concreto - condivido al riguardo quanto diceva poc'anzi il collega Rübig - favorendo, ad esempio, la rete degli Euro InfoCentre, che costituiscono uno degli aspetti e dei supporti fondamentali nell'azione a favore delle piccole e medie imprese dell'Unione europea e a cui credo dovrebbe essere affidato anche un ruolo di coordinamento, a livello locale, delle reti europee già operanti.
Inoltre, si dovrebbero prevedere in concreto quote precise e riservate, nell'azione dell'Unione europea, alle piccole e alle microimprese nell'ambito di tutte le attività relative alla ricerca, all'innovazione, al progetto e-Europe e così via.
(Applausi)
Bordes (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, questa relazione è un’ode all’imprenditorialità, ma dietro alle espressioni liriche si celano sovvenzioni e aiuti distribuiti dalle Istituzioni europee, poiché si ritiene che l’imprenditorialità abbia bisogno di incoraggiamenti sonanti.
Nelle motivazioni si parla delle PMI e si insiste sul fatto che per PMI si intendono sia imprese che impiegano al massimo 500 dipendenti sia artigiani che hanno alle loro dipendenze solo due o tre persone; nell’insieme esse rappresenterebbero oltre il 99 per cento delle imprese dell’Unione. Ma quante tra le PMI sono in realtà filiali di grandi gruppi industriali? E come sono ripartite le sovvenzioni tra queste e gli artigiani?
La relazione tace in merito perché altrimenti sarebbe costretta a riconoscere che il chiamare in causa le piccole imprese altro non è che la giustificazione demagogica degli aiuti concessi alle grandi aziende. Gli Stati nazionali, se non addirittura i poteri regionali o locali, fungono già da giganteschi distributori di finanziamenti, destinati a far affluire il denaro dei contribuenti, ossia le somme prelevate dalla maggioranza della popolazione, comprese le fasce meno abbienti, verso le grandi imprese e quindi nelle mani dei loro proprietari e azionisti.
La prospettiva delle Istituzioni europee si limita ad amplificare ulteriormente stanziamenti ingiusti, mentre persino nella parte ricca del continente europeo, rappresentata dall’Unione, diverse decine di milioni di persone vivono in povertà. Signor Presidente, mi consenta di rispondere alla onorevole Montfort facendole notare che sono i grandi imprenditori a portare avanti quotidianamente la lotta di classe contro i lavoratori e che quella minoranza alla quale ella allude difende gli interessi della classe operaia.
Chichester (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, innanzitutto devo dire che nutro un interesse personale per il dibattito; infatti sono il proprietario, spesso assente, di una microimpresa, un'azienda a conduzione familiare con sede a Londra. Non parlerò della sua attività per evitare ogni forma di pubblicità, ma vi dirò che è stata fondata da mio padre, Francis Chichester, e che ne sono molto orgoglioso. Peraltro, essa mi consente di venire qui, a lavorare per i cittadini del mio collegio elettorale.
Sono a favore di qualsiasi misura che, come quelle previste dalla proposta e dalla relazione che stiamo discutendo, dimostri come, a livello europeo, ci stiamo impegnando per sostenere le PMI e le microimprese in particolare. Vorrei congratularmi con la onorevole Montfort per l'arduo lavoro svolto nell'elaborare la relazione, la quale, come abbiamo sentito, merita l'approvazione di ampi settori di quest'Aula.
A mio avviso, la cosa migliore per le microimprese è che le autorità le lascino in pace e desistano dalla tentazione di individuarne le migliori. La diversità e la numerosità, da cui emergeranno le migliori, sono la strada giusta su cui procedere. A questo proposito, ricordo che un anno fa il Commissario ci parlò dell'esperienza degli Stati Uniti, un paese che non teme l'insuccesso e che crede nel vecchio detto scozzese "se non riesci la prima volta, provaci ancora". L'importante è raggiungere il giusto equilibrio ed evitare i ripetuti fallimenti di alcuni a spese di altri.
Temo che i veri ostacoli e impedimenti per le microimprese stiano in altri settori della legislazione europea e nazionale, che impongono gravosi oneri amministrativi, fiscali e normativi; è una situazione estremamente difficile per queste imprese, costrette ad affrontare compiti sproporzionati alle proprie dimensioni. Recentemente ho esaminato i moduli per le dichiarazioni delle imposte utilizzati dalle microimprese nel Regno Unito e devo dire che per rispondere nei dettagli alle varie informazioni richieste era necessaria una grande concentrazione.
Vorrei concludere esprimendo la convinzione che per le microimprese la cosa più importante, la migliore medicina, è la concorrenza; in tal modo esse riusciranno a raggiungere efficienza, innovazione e redditività.
Zorbà (PSE). - (EL) Signor Presidente, è importante segnalare la priorità attribuita dal nuovo programma pluriennale alle aziende e all’imprenditorialità delle PMI.
Come tutti sanno, oggi la situazione è sfavorevole a queste imprese; più specificamente, la mia esperienza personale nell’ambito editoriale e librario non mi permette di essere particolarmente ottimista, in quanto sono consapevole degli enormi problemi, spesso insormontabili, che tali imprese si trovano ad affrontare a causa delle loro piccole dimensioni. A mio avviso, viste le sue restrizioni economiche, il programma pluriennale individua semplicemente il problema e dà un’impronta politica positiva e incoraggiante, senza poter però assicurare un aiuto sostanziale o invertire le tendenze che oggi prevalgono nell’economia e che letteralmente schiacciano le piccole imprese in tutti i settori.
E’ risaputo che le PMI costituiscono un pool di nuovi talenti e idee innovative, un banco di prova per nuovi prodotti e servizi, per una creatività indipendente. Sono però pochissime le imprese che riescono a trasformare in applicazioni commerciali tutti questi elementi così preziosi non solo per l’economia e la società, ma anche per la cultura europea.
Il vivaio delle piccole e medie imprese vanta migliaia di fragili germogli che poi assicurano risorse umane e idee alle grandi aziende. La concorrenza che le PMI devono affrontare è enorme; se anche ce la fanno sul piano della produzione, avvalendosi spesso di proposte nuove, originali e ingegnose, che possono mai fare per la distribuzione, il marketing o la pubblicità dei loro prodotti? Oggigiorno la distribuzione è incredibilmente complessa e costosa ed esige grossi quantitativi di prodotti e una buona organizzazione, che spesso vanno al di là delle capacità delle PMI. La pubblicità, poi, è spesso al di fuori della loro portata per motivi di costi.
Le esportazioni, che negli ultimi anni sono assai aumentate in molti settori, letteralmente uccidono questi sforzi, svilendo la creatività e livellando la competitività, in modo da far sopravvivere sul mercato solo quei prodotti che accettano il compromesso e gli stereotipi.
Fatuzzo (PPE-DE). - Signor Presidente, signor Commissario, plaudo a questo documento e sono felice che l'onorevole Montfort abbia potuto porre alla nostra attenzione l'importante azione delle piccole e medie imprese in Europa. Anzi, io mi domando quanto tempo dovremo attendere perché l'Unione europea abbia la competenza di modificare le norme che regolamentano le piccole e medie imprese in tutta Europa e, soprattutto, quando cambierà il clima che, in quaranta-cinquant'anni di governi di sinistra, o prevalentemente di sinistra, ha danneggiato l’imprenditorialità delle imprese in Europa. In molti dei nostri Stati chi si mette a lavorare in proprio, anziché essere considerato creatore perlomeno di un posto di lavoro - il proprio - è considerato a volte come un delinquente, un profittatore, un ladro o un evasore fiscale.
Si dovrebbero esentare le nuove imprese da imposte e tasse per almeno cinque anni e si dovrebbe affiancare al giovane che intraprende il lavoro un anziano che porti la sua esperienza. Per quanto riguarda, poi, l'aspetto che più conosco - quello delle pensioni e della previdenza sociale - si dovrebbe dare all'imprenditore che lavora in proprio almeno quanto si dà al lavoratore dipendente. In molti dei nostri quindici Stati, i lavoratori in proprio hanno, rispetto ai dipendenti privati, un livello più basso di pensione, assistenza mutualistica e assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Questa non è giustizia, e quindi sostengo questa relazione!
(Applausi)
Harbour (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, a mio parere l'articolata relazione della onorevole Montfort ha dato maggior vigore al documento originariamente presentato dalla Commissione. Nei confronti del lavoro del Commissario Liikanen cerco di esercitare una critica costruttiva: il primo documento che ci è stato sottoposto non mi è parso calibrato con la precisione che sarebbe stata desiderabile, mentre la onorevole Montfort ha messo in evidenza i problemi cruciali che riguardano le piccole e medie imprese. In particolare voglio ricordare l'innovazione introdotta dalla commissione per l'industria, il commercio esterno, la ricerca e l'energia, che ha tenuto un'audizione sulle questioni sollevate dalla relazione della onorevole Montfort: quanto più spesso faremo venire in Parlamento i rappresentanti delle piccole e medie imprese a illustrarci i loro problemi, tanto meglio assolveremo il nostro compito. Sarebbe bene che nella commissione per l'industria questa diventasse una consuetudine.
Vorrei concludere riaffermando la necessità di calibrare meglio il nostro discorso. Il problema delle piccole e medie imprese è che esse spesso non dispongono delle risorse necessarie per procurarsi informazioni, individuare l'assistenza e i finanziamenti disponibili, e svolgere i compiti amministrativi di cui sempre più i governi nazionali le vanno sovraccaricando. Sta a noi trovare il modo di far sì che le informazioni siano facilmente disponibili per le piccole e medie imprese. Rispetto al ventaglio di provvedimenti che sono stati proposti, vorrei che il Commissario facesse fronte soprattutto alla necessità di rendere l'accesso alle informazioni e all'assistenza tanto facile e rapido da permettere alle piccole e medie imprese di servirsene efficacemente. Come sappiamo, nell'Unione europea sono disponibili numerose forme di sostegno. Si fa un gran parlare di sostegno alle PMI ma, come ha ricordato l'onorevole Caudron che di queste cose è un esperto, molte imprese non riescono a sfruttare gli aiuti disponibili. Se vogliamo che questo programma abbia l'efficacia desiderata, quel che ci vuole è una serie di misure calibrate, efficaci, mirate e semplici.
Liikanen , Commissione. – (FR) Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare la relatrice Montfort e la commissione per il lavoro effettuato sul progetto di decisione. Li ringrazio inoltre per il sostegno alla proposta della Commissione.
Il programma pluriennale a favore dell’impresa e dell’imprenditorialità costituirà uno strumento essenziale di sostegno alle imprese europee. Esso si rivolge principalmente alle piccole e medie imprese.
Sono le piccole imprese quelle che maggiormente risentono degli ostacoli che si frappongono all’ambiente imprenditoriale; esse sono colpite duramente dalle procedure imposte da regolamenti amministrativi vincolanti. E’ per questo che dobbiamo innanzitutto pensare “piccolo”, “think small first”.
Questo è anche il principio che regge la Carta per le piccole imprese. Accogliamo favorevolmente il principio dell’emendamento che si riferisce alla Carta.
Sono molti gli emendamenti si riferiscono alle microimprese e all’artigianato. Ci rallegriamo per il sostegno che viene loro offerto. Bisognerà tenerne conto nell’attuazione del programma, ma non è il caso di menzionarli separatamente nel testo legislativo.
Per perseguire gli obiettivi del Vertice di Lisbona in materia di imprenditorialità e di transizione verso una società dell’informazione per tutti, abbiamo bisogno di imprese dinamiche e competitive. Solamente imprese con queste caratteristiche sono in grado di offrire posti di lavoro migliori e più numerosi. Soltanto disponendo di imprese competitive potremo porre fine all’emarginazione sociale.
Abbiamo bisogno di imprenditori provenienti da tutte le fasce sociali. Più donne imprenditrici, più giovani imprenditori e più imprenditori provenienti dalle fasce che non hanno la rappresentanza che si meritano. Essi occuperanno un posto prioritario nell’ambito del programma pluriennale.
Le imprese in fase di evoluzione necessitano di un tipo di finanziamento adeguato a ogni tappa del loro ciclo di vita. Il mercato presenta delle lacune che devono essere colmate soprattutto relativamente alla fase di avvio. L’ampliamento e la sostenibilità costituiscono le priorità dei nostri lavori. I parlamentari hanno sottolineato tali principi e anche noi siamo convinti della loro importanza.
Auspichiamo un numero di progetti limitato ma efficace, di gran lunga preferibile a una molteplicità di attività frazionate. Vi sarei grato se voleste sostenere quest’approccio.
Grazie alla procedura BEST, la Commissione individuerà e applicherà le pratiche migliori. I risultati saranno ampiamente pubblicizzati e il Parlamento ne sarà informato.
D’altro canto, dobbiamo riflettere attentamente sul tipo di gestione europea più consona a questa o a quell’iniziativa. Non abbiamo intenzione di imporci per quanto riguarda attività che trarrebbero vantaggio da una conduzione a livello nazionale; tuttavia accoglieremo con favore, ove necessario, la partecipazione degli Stati membri all’offerta di sostegno e di informazioni per le imprese in merito alle modalità di accesso al mercato europeo. Il programma farà in modo che le informazioni vengano fornite dalle reti.
Nell’ambito di questo impegno, sono indispensabili i consigli offerti dalle imprese e da altri gruppi di interesse. Stiamo migliorando la nostra struttura di consulenza in modo da poter rimanere in contatto in qualsiasi momento con tali operatori.
Signor Presidente, le imprese europee hanno bisogno di un ambiente imprenditoriale favorevole che permetta loro di evolversi. Il programma pluriennale si adopererà per migliorare il modus operandi delle piccole e medie imprese. La ringrazio per il suo sostegno in merito.
Accolgo favorevolmente l’idea di fissare un appuntamento annuale destinato a stilare un bilancio dell’attuazione del programma. Per quanto riguarda la forma del bilancio, sono aperto ad ogni suggerimento. Riflettiamoci tutti insieme.