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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 19 settembre 2001 - Bruxelles Edizione GU

6. Lotta al terrorismo
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  Presidente. – Mi pregio di porgere il benvenuto alla signora Neyts-Uyttebroeck, Ministro responsabile degli affari europei, Presidente in carica del Consiglio. Porgo inoltre il benvenuto al Commissario Vitorino.

L'ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione in vista della riunione informale e straordinaria del Consiglio europeo del prossimo venerdì 21 settembre sulle misure da adottare in materia di lotta al terrorismo.

Cedo immediatamente la parola alla signora Ministro.

 
  
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  Neyts-Uyttebroeck, Consiglio.(FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, l'Europa, i suoi cittadini e le sue Istituzioni sono profondamente sconvolti dall’attacco terroristico subito dagli Stati Uniti lo scorso martedì 11 settembre.

La Presidenza e il Consiglio hanno immediatamente condannato con estrema fermezza gli esecutori, gli organizzatori e i mandanti di questi atti barbari. Gli attentati perpetrati ai danni del popolo americano attaccano direttamente i valori che gli americani e gli europei condividono e sui quali si fondano le nostre società, pur non avendone noi il monopolio, vale a dire la democrazia, la tolleranza, il rispetto dei diritti dell’uomo e lo Stato di diritto.

Sin dalla sessione di urgenza di mercoledì 12 settembre, il Consiglio dei ministri degli esteri ha espresso la sua profonda solidarietà al popolo americano. Abbiamo affermato che non risparmieremo alcuno sforzo per identificare, portare dinanzi alla giustizia e punire gli autori e, in tal senso, l'Unione dovrà attuare e rafforzare diversi strumenti operativi che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune, nonché nel campo della giustizia e degli affari interni. Il terrorismo, proprio perché internazionale, richiederà una risposta globale.

 
  
  

(NL) Signora Presidente, sotto la spinta del Consiglio “affari generali”, il Consiglio “trasporti” si è riunito il 14 settembre. Il Consiglio ha stilato un inventario delle misure urgenti che sono state adottate da ciascuno Stato membro per assicurare la sicurezza del trasporto aereo. E’ stato inoltre istituito uno speciale gruppo di lavoro, composto dagli Stati membri e dalla Commissione, incaricato di rafforzare la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri al fine di garantire un’applicazione uniforme ed efficace delle misure di sicurezza, compresi i provvedimenti giuridici. Nel corso del Consiglio “trasporti” del prossimo 15 ottobre si dovrà presentare una prima relazione sul tema. I Ministri dei trasporti hanno alla fine deciso di formulare proposte comuni in materia di prevenzione. Tali proposte dovranno poi essere difese, a nome dell’Unione, nel quadro dell’assemblea generale della Conferenza delle organizzazioni del trasporto aereo civile del prossimo 25 settembre.

Il Consiglio “giustizia e affari interni” si riunirà il 20 settembre. In tale occasione verranno esaminati il meccanismo per lo scambio di informazioni e il rispettivo ruolo di istituzioni quali Europol ed Eurojust in tale ambito. Il Consiglio valuterà le due proposte di decisione quadro che la Commissione ha presentato.

La prima proposta riguarda il diritto penale degli Stati membri, che dev’essere armonizzato al fine di giungere ad una definizione comune di “atto terroristico” e di elaborare provvedimenti penali a livello comunitario.

La seconda proposta concerne l’introduzione di un mandato di cattura europeo. Il Consiglio esaminerà anche gli strumenti utilizzati nelle indagini penali e farà sì che si trovi un equilibrio tra la tutela dei dati personali e le esigenze delle autorità penali nelle indagini. Infine i Ministri della giustizia e degli interni vaglieranno una serie di provvedimenti volti a consolidare la cooperazione a livello giudiziario e nel campo della polizia, dell’intelligence e dell’immigrazione.

 
  
  

FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, la lotta al terrorismo impone l’uso di vari strumenti che consentano il controllo dei flussi finanziari, l’identificazione dei sospetti, il rafforzamento della sicurezza dei trasporti aerei, il controllo sui traffici di armi e tanti altri elementi ancora.

L'Unione europea è indubbiamente la struttura più in grado di rispondere in maniera globale alla lotta al terrorismo. La battaglia contro il terrorismo internazionale costituisce però un’impresa impegnativa e a lungo termine. Come hanno dichiarato i Capi di stato e di governo, l’Unione dovrà impegnarsi ancor più nella gestione delle tensioni e dei conflitti regionali al fine di spegnere i focolai che alimentano il terrorismo internazionale, così come l’integrazione di paesi fragili e di regioni instabili in un mondo di pace e di diritto potrà potenziare notevolmente la lotta contro il flagello del terrorismo.

Sviluppando la sua politica estera e di sicurezza comune, nonché rendendo operativa al più presto la sua politica comune di sicurezza e di difesa, l'Unione accrescerà la propria efficacia, ma dovrà utilizzare la politica europea di sicurezza e di difesa come uno strumento di prevenzione, non come un mezzo di rappresaglia. La lotta al terrorismo, affinché sia realmente efficace, dovrà essere accompagnata da un rafforzamento delle nostre politiche nei confronti dei paesi e delle regioni del mondo in cui il terrorismo pare trovare le sue origini. Dovremo dunque intensificare e approfondire il dialogo politico e avvalerci di tutti gli strumenti a nostra disposizione per combattere, stroncare e infine sradicare il terrorismo internazionale.

L'Unione, onorevoli deputati, è una potenza globale in fieri. Ciò ci conferisce responsabilità maggiori che dovremo assumerci assieme. I tragici avvenimenti dell’11 settembre scorso ci porteranno anche a sviluppare i nostri rapporti con gli Stati Uniti al di là della cooperazione già ben consolidata e il dialogo transatlantico ci permetterà di scambiarci le informazioni e le analisi rispettivamente in nostro possesso per quel che riguarda la minaccia terroristica in tutti i suoi aspetti.

Il Ministro degli esteri belga Louis Michel si recherà questa sera a Washington per uno scambio di opinioni con il Segretario di stato Powell sulla cooperazione transatlantica, colloquio in merito al quale riferirà al Consiglio europeo straordinario convocato per il prossimo venerdì 21 settembre. Se la convocazione del Consiglio europeo straordinario ha principalmente lo scopo di fare il punto su tutti i mezzi politici, diplomatici, economici, giuridici e finanziari di cui dispone l’Unione per combattere il terrorismo, essa offre anche l’occasione per procedere ad una riflessione sul ruolo diplomatico dell’Unione nella stabilizzazione dei conflitti regionali.

Per essere efficace, la lotta al terrorismo deve basarsi sugli sforzi di tutti i paesi che condividono i nostri valori di libertà, tolleranza e democrazia. Per questo la Presidenza si è preoccupata di coinvolgere i paesi terzi nelle azioni intraprese dall’Unione. Tutti i paesi candidati si sono associati, senza eccezioni, alle dichiarazioni del Consiglio "affari generali" e a quelle dei Capi di stato e di governo. Inoltre, per il tramite delle ambasciate degli Stati membri all’estero, abbiamo invitato anche i paesi terzi a confermare i propri impegni per lottare senza tregua contro il terrorismo. Questa è la via, signora Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, che l’Unione deve seguire per contribuire alla costruzione di un mondo di pace e di diritto per tutti i popoli.

(Applausi)

 
  
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  Vitorino, Commissione.(FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, la Commissione sta preparando attivamente la riunione del Consiglio europeo del prossimo venerdì nel cui quadro si inserisce, a pieno diritto, la riunione della troika dell’Unione europea prevista per domani negli Stati Uniti. Per questo il mio collega Chris Patten, che desiderava intervenire soprattutto sulle relazioni esterne in riferimento alla lotta al terrorismo, non ha potuto presenziare a questo dibattito.

Tengo a sottolineare, a nome della Commissione, che sosteniamo il principio secondo cui l’Unione deve compiere uno sforzo ulteriore per parlare all’unisono in materia di lotta al terrorismo e che, in merito, abbiamo bisogno di un’agenda europea che riconosca il ruolo centrale da attribuire all’organizzazione delle Nazioni Unite nella lotta al terrorismo su scala mondiale.

Apprezziamo quindi l’iniziativa della Presidenza belga di convocare per il prossimo venerdì un Consiglio straordinario e informale e siamo lieti di prender parte oggi a questo dibattito del Parlamento europeo. Noi dobbiamo trasmettere la solidarietà di tutta l’Unione al popolo americano e alle autorità americane ma, affinché l’Unione possa influire sugli orientamenti della lotta al terrorismo, dobbiamo necessariamente parlare all’unisono.

Il terrorismo non è un fenomeno recente. Viceversa sono nuovi e più sofisticati gli strumenti, come nuove sono le minacce, di cui si servono i terroristi.

I tragici avvenimenti degli Stati Uniti dimostrano dolorosamente l’attualità di due proposte che la Commissione ha approvato oggi, proposte intimamente legate tra loro e che peraltro rispondono ad una richiesta di questo Parlamento adottata in occasione della sessione plenaria di settembre a Strasburgo.

Tengo a precisare che le nostre proposte non sono una risposta a quanto è accaduto negli Stati Uniti, ma sono semplicemente dovute al fatto che anche noi, nei nostri Stati membri, abbiamo problemi di terrorismo ai quali dobbiamo prestare attenzione.

Da oltre un anno la Commissione lavora su queste proposte in stretta collaborazione con il Parlamento europeo; teniamo a ribadire che queste proposte sono un contributo affinché l’Europa, al suo interno, possa collaborare alla lotta al terrorismo e, così facendo, cooperare alla lotta su scala internazionale.

Il terrorismo costituisce una delle più grandi minacce contro la democrazia, il libero esercizio dei diritti dell’uomo e il libero sviluppo economico e sociale. In questi ultimi anni, occorre sottolinearlo, abbiamo assistito ad un incremento delle attività terroristiche, sia all’interno delle frontiere dell’Unione che a livello mondiale. Questa escalation della potenza del terrorismo è caratterizzata da un mutamento profondo nella natura dei reati terroristici. Gli effetti reali o potenziali degli attacchi armati sono sempre più devastanti e mortali. La maggiore dipendenza della nostra società dallo sviluppo tecnologico fa apparire nuove forme di terrorismo. Sempre più spesso il terrorismo è opera di reti che agiscono a livello internazionale ed hanno legami molto stretti con altre forme di criminalità organizzata con basi in vari paesi, reti che sfruttano le lacune giuridiche risultanti dai limiti geografici delle indagini e che talvolta beneficiano di cospicui aiuti finanziari e logistici.

Pertanto, oggi più che mai, è necessario adottare misure per lottare contro questo flagello. Il Trattato sull’Unione europea prevede esplicitamente che la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia includa la graduale adozione di misure che instaurino norme relative agli elementi costitutivi dei reati penali e alle sanzioni applicabili in materia di terrorismo.

Il Parlamento europeo ha recentemente adottato una risoluzione che esprime la determinazione dei rappresentanti dei cittadini europei affinché la lotta al terrorismo venga condotta con vigore ed efficacia.

In questa fase, la risposta della Commissione consta di due capitoli.

In primo luogo, noi proponiamo una definizione comune degli atti terroristici e la fissazione di livelli di sanzioni che rispecchino, in tutti gli Stati membri, la gravità di questi atti. I terroristi si avvantaggiano di qualsiasi differenza di trattamento giuridico tra gli Stati, soprattutto nel momento in cui il reato non è previsto dal diritto nazionale di uno di essi. La situazione infatti, bisogna riconoscerlo, è molto diversa da un paese membro all’altro. Nella maggior parte dei nostri Stati membri non esistono norme specifiche in materia di terrorismo e gli atti terroristici sono sanzionati come reati di diritto comune. Sei Stati membri, invece, dispongono di leggi o di strumenti giuridici specifici riguardanti il terrorismo nei quali il termine "terrorismo" o "terrorista" compare esplicitamente. La proposta di una decisione quadro sul terrorismo, formulata dalla Commissione, è volta ad un’armonizzazione a questo livello. Essa comprende un elenco di reati che va dall’omicidio ad altre forme d’azione che possono essere altrettanto devastanti, anche se più insidiose, e che vengono considerate terroristiche nel momento in cui sono perpetrate intenzionalmente da individui o gruppi contro uno o più paesi, le loro istituzioni o la loro popolazione, al fine di minacciarli e di arrecare grave danno alle loro strutture politiche, economiche o sociali, o di distruggerle. E’ previsto che questi atti vengano sanzionati con pene privative della libertà particolarmente severe che possono andare da 2 a 20 anni di reclusione a seconda del reato commesso.

In secondo luogo, la Commissione presenta una proposta di tipo orizzontale alquanto ambiziosa, lo riconosco, che consiste nella sostituzione delle procedure tradizionali di estradizione con un sistema di consegna alle autorità giudiziarie basato su un mandato di arresto europeo. Tale proposta, che è peraltro complementare a quella sul terrorismo sebbene il suo campo di applicazione sia più ampio, si fonda sul principio del mutuo riconoscimento delle sentenze dei tribunali, principio che, secondo gli auspici del Consiglio europeo di Tampere, dovrebbe diventare la pietra angolare della cooperazione giudiziaria europea. L’idea di base è che, nel momento in cui l’autorità giudiziaria di uno Stato membro chiede la consegna di una persona oggetto di una condanna definitiva o di procedimenti penali in atto, la sua decisione debba essere riconosciuta ed eseguita su tutto il territorio dell’Unione al fine di semplificare ed accelerare al massimo le procedure. E’ prevista la definizione di un termine di tre mesi e la limitazione del rifiuto di esecuzione ad un numero ristretto di ipotesi. In particolare, dovrebbe essere abolito il principio della doppia incriminazione, così come si dovrebbe abolire l’eccezione basata sulla nazionalità. Infatti il criterio più pertinente nell’Unione non è quello della nazionalità, ma quello del luogo di residenza della persona. Pertanto, la proposta è tesa ad agevolare il più possibile l’esecuzione della pena nel paese dell’arresto, visto che lì è più probabile un buon reinserimento sociale della persona.

Signora Presidente, onorevoli parlamentari, come certamente saprete avrò l’opportunità di presentare domani queste proposte ai Ministri durante il Consiglio straordinario convocato dalla Presidenza belga per discutere del contributo dell’Unione alla lotta contro la minaccia terroristica.

Scopo di questo incontro è avere l’occasione per porre ai Ministri questioni di principio a livello politico, cercando di chiarirle. Ciò riguarda non solo le nostre proposte legislative, ma anche tutta una serie di misure che dovrebbero essere adottate per rafforzare la nostra azione sul piano operativo e per migliorare la nostra collaborazione con i partner rendendola più efficace.

A livello operativo, lo sapete bene, la Commissione non ha competenza, ma essa ritiene che al suo interno l’Unione dovrebbe adottare un certo numero di misure tra cui alcune volte ad assicurare che Europol divenga uno strumento operativo nella lotta contro diverse forme di criminalità, terrorismo compreso. A tal fine, occorre attuare le disposizioni del Trattato di Amsterdam su Europol che prevedono la sua partecipazione a team investigativi comuni e la possibilità di invitare gli Stati ad avviare inchieste, il che richiede tra l’altro una sostanziale revisione del contenuto della convenzione Europol, anche per ciò che riguarda le questioni del controllo giudiziario e del controllo democratico. Sin d’ora sarebbe necessario da parte degli Stati membri un impegno forte per stabilire una cooperazione che sia reale ed efficace tra i loro servizi di intelligence, dimostrando così l’esistenza di una reciproca fiducia tra loro. Ciò è indispensabile, peraltro, per migliorare le condizioni nelle quali i servizi di polizia e di intelligence degli Stati membri forniscono ad Europol le informazioni necessarie per l’assolvimento di questi compiti, tra i quali il più importante è, a mio giudizio, la prevenzione degli atti terroristici.

E’ anche importante che l’Unione rafforzi la cooperazione a livello internazionale; si tratterà quindi di adottare tutte le misure necessarie in materia di assistenza giudiziaria, estradizione, cooperazioni giudiziarie e di polizia per migliorare la capacità di prevedere e di lottare contro il terrorismo su scala internazionale.

Signora Presidente, onorevoli deputati, vi ho esposto solo alcune delle idee elaborate dalla Commissione e proposte al Parlamento e al Consiglio europeo. In questi attimi difficili, in cui sono certo che i cittadini dei nostri Stati membri percepiscono il futuro con incertezza e con un senso di insicurezza, ritengo che il messaggio politico migliore che possiamo loro rivolgere sia che questo momento rappresenta un’occasione unica per dimostrare che l’avventura europea offre un reale valore aggiunto per garantire loro un futuro di libertà, di sicurezza e di giustizia.

(Applausi)

 
  
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  Poettering (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, Presidente del Consiglio Neyts-Uyttebroeck, Commissario Vitorino, onorevoli colleghi, il nostro gruppo, il gruppo del Partito popolare europeo (cristiano-democratici) e dei democratici europei, accoglie con grande favore l’iniziativa della Presidenza belga di convocare per venerdì prossimo un Vertice straordinario dei Capi di stato e di governo europei, in occasione del quale lei, signora Presidente, esprimerà la voce del Parlamento europeo. Come Parlamento possiamo essere veramente orgogliosi di aver approvato nel corso dell’ultima sessione plenaria la relazione Watson, che fungerà a guisa di bussola per la nostra lotta comune contro il terrorismo.

Il Vertice che si terrà venerdì prossimo qui a Bruxelles dovrebbe lanciare una serie di segnali. Una volta di più dovrebbe lanciare ai nostri amici americani il segnale che i terribili attentati di Washington e New York sono stati un attacco non solo contro gli Stati Uniti, ma anche contro l’intero mondo civilizzato, un attacco contro ciascuno di noi! Sono stati un attacco contro i nostri ideali di democrazia, diritti dell’uomo e pace.

Ciò che abbiamo affermato la settimana scorsa in questa sede, nel corso di una seduta emotivamente coinvolgente, vale ancora oggi. Stamani, alla Conferenza dei presidenti, ho chiesto all’Alto rappresentante Solana – che ora è in viaggio per Washington assieme al Presidente del Consiglio Michel e al Commissario Patten – di dire durante le consultazioni con il Segretario di Stato americano Powell che noi, il Parlamento liberamente eletto dagli europei nell’UE, subito dopo quei terribili eventi abbiamo immediatamente espresso la nostra solidarietà.

Ma a Washington noi diremo anche che ci aspettiamo che in quella sede non siano soltanto rese note decisioni già prese, delle quali i nostri responsabili europei vengono semplicemente informati, bensì che si svolgano colloqui e consultazioni veri e propri, affinché le azioni che si renderanno necessarie siano espressione di un agire comune, di un agire la cui responsabilità è comune agli europei e agli americani.

Signora Presidente, nutro il massimo rispetto per l’Alto rappresentante Solana. In futuro, però, dobbiamo far sì che qui, al Parlamento europeo, si possa anche discutere con l’Alto rappresentante dell’Unione europea. Credo che a questo proposito sia ancora possibile migliorare qualcosa.

(Applausi)

Il Vertice di venerdì dovrà lanciare un segnale anche al Medio Oriente. Invitiamo Israele e Palestina a ricominciare a parlarsi. Questo non è il momento di incontri negati o colloqui cancellati; è invece il momento del dialogo e di misure atte a creare la fiducia, se vogliamo che quella regione possa conoscere la pace.

(Applausi)

Dobbiamo dirlo una volta per tutte: chi oggi rifiuta il dialogo comincia a perdere la nostra simpatia e la nostra solidarietà. Nel Medio Oriente, proprio in questi giorni, abbiamo bisogno di far crescere la pace e di adottare misure atte a creare la fiducia!

(Applausi)

E’ necessario inviare un segnale anche al mondo arabo e musulmano. Stamattina, durante la Conferenza dei presidenti, il nostro gruppo ha deciso di invitarla, signora Presidente, ad organizzare quanto prima un incontro del Parlamento europeo con i parlamentari del mondo arabo e musulmano nell’ambito del forum del Mediterraneo, ovvero con quei paesi ai quali siamo legati nel contesto del processo di Barcellona e del dialogo mediterraneo. Ci permetta di lanciare questo segnale, affinché essi sappiano che noi vogliamo partnership e amicizia.

Vorrei ora affrontare un altro aspetto che, credo, dovrebbe essere il vero contenuto operativo del Vertice di venerdì prossimo qui a Bruxelles. Commissario Vitorino, le esprimiamo il nostro grazie per le proposte che ha presentato oggi. E’ proprio vero che dobbiamo trasformare Europol in uno strumento di lotta contro il crimine; invitiamo quindi gli Stati membri a fornire a Europol le informazioni necessarie, a differenza di quanto avvenuto sino ad ora. Sappiamo bene che fino ad oggi solo uno Stato membro ha fornito tali informazioni in misura più o meno sufficiente, mentre gli altri si sono finora rifiutati di farlo.

Siamo senz’altro favorevoli all’istituzione del mandato di arresto europeo, e questo è proprio il momento giusto di agire in tal senso. Chi, di questi tempi, volesse frenare il rafforzamento degli europei e non fosse a favore di una cooperazione europea nel nome di Europol, negherebbe, a ben guardare, la sua solidarietà non solo agli europei, ma anche ai nostri amici americani poiché, nella lotta al crimine, dobbiamo essere uniti anche contro il terrorismo se vogliamo restare a fianco dei nostri partner e amici americani!

(Applausi)

Per tali motivi il nostro gruppo ha presentato un emendamento al bilancio dell’anno 2002. Il nostro intento è quello di mettere a disposizione di Europol i mezzi necessari affinché possa agire ed essere realmente operativa. E’ passato il tempo delle parole ed è venuta l’ora dei fatti, l’ora di agire in quanto europei. Nello stesso tempo, però, dobbiamo agire in modo accorto e soprattutto dobbiamo risolvere i conflitti per vie pacifiche ogniqualvolta ciò sia possibile. Un intervento militare non è mai una rappresaglia; il suo scopo dev’essere sempre quello di creare maggiore sicurezza. Il nostro invito è di agire con avvedutezza, ma anche con coerenza al fine, innanzi tutto, di dare il nostro contributo alla convivenza pacifica dei popoli di questa Terra!

(Applausi)

 
  
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  Barón Crespo (PSE).(ES) Signora Presidente, signora Presidente del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, la scorsa settimana abbiamo espresso in modo solenne il nostro cordoglio per le vittime americane, europee e di tutto il mondo, causate da questi attacchi; abbiamo espresso la nostra solidarietà agli Stati Uniti e ora, con dolore e con fermezza, dobbiamo preparare una risposta al terrorismo globale, a questa miscela di fanatismo e di tecnologia avanzata, una minaccia reale per la nostra civiltà, per la società aperta, democratica e multiculturale.

Credo si debba inviare alle nostre concittadine e ai nostri concittadini un messaggio molto chiaro: il terrorismo può ferire e uccidere, ma nessuna democrazia è mai stata sconfitta dal terrorismo, e in questo consiste il nostro punto di forza. Perciò dobbiamo lavorare insieme: il Parlamento ha elaborato la relazione Watson, la Commissione ha accelerato i suoi lavori e questa settimana è stato convocato un Consiglio straordinario. Voglio sottolineare che, tra ieri e oggi, il Presidente del Consiglio, il Ministro degli affari esteri belga, il signor Michel, l'Alto Rappresentante per la PESC, il signor Solana, e il Vicepresidente della Commissione, il Commissario Patten, hanno partecipato a discussioni in Parlamento su tale questione. Ritengo ci si debba rallegrare di tale condotta, che non fa che accrescere la trasparenza e la comunicazione.

Per i socialisti, la risposta che dobbiamo dare deve partire da un dato fondamentale: si deve trattare di una risposta globale, basata sulla risoluzione 1368 di quest'anno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la quale stabilisce una collaborazione tra le parti interessate, volta a tradurre davanti alla giustizia gli organizzatori, i mandanti e gli autori degli attacchi, insieme ai loro complici. Si tratta della base su cui stiamo costruendo una coalizione mondiale con gli Stati Uniti, con i paesi candidati, con la Russia e con tutti quegli Stati, a livello mondiale, difensori dei valori universali da noi condivisi. Vorrei aggiungere che è necessario accelerare la ratifica del Tribunale penale internazionale per avere uno strumento giuridico globale proprio in questo campo.

Dobbiamo operare, inoltre, con fermezza e perseveranza, inquadrando la nostra azione in una politica a tutto campo, che si ricolleghi con ciò che stiamo realizzando alle Nazioni Unite. Ciò spiega la decisione della NATO di ricorrere all'articolo 5.

Dobbiamo affermare che non esiste nulla che sia causa di povertà, ingiustizia o conflitti, che possa giustificare la barbarie. Non esiste alcun contrasto tra Oriente e Occidente, tra Islam e Cristianità, tra tradizione e modernità che spieghi come, uccidendo innocenti, si possa progredire nel mondo.

(Applausi)

Credo che il Parlamento europeo, ovvero noi rappresentanti eletti di cittadini con differenti credi, ideologie e religioni, siamo l'espressione di come gli europei abbiamo trovato una risposta al fanatismo e all'intolleranza.

Che cosa possiamo fare per preparare la nostra politica? Qui sono stati dati vari contributi, la Commissione ha anticipato alcuni provvedimenti, e ve ne sono anche altri che la Commissione e il Consiglio potrebbero mettere in pratica più rapidamente – ad esempio, accelerando l'attuazione delle conclusioni del Vertice di Tampere e del Trattato di Amsterdam, accelerando la ratifica delle convenzioni internazionali contro il terrorismo - anche questo di competenza degli Stati membri - e, segnatamente, la convenzione per la soppressione del finanziamento al terrorismo. Non sia mai che, come sembra stia accadendo, si stia aiutando le organizzazioni terroristiche a finanziarsi tramite operazioni speculative in borsa. Si deve inoltre accrescere la cooperazione tra i servizi d'intelligence e potenziare Europol.

Infine, signora Presidente, sulla scorta delle informazioni date stamani dall’Alto rappresentante Solana - e ciò deve essere sottolineato - dobbiamo mettere in pratica e proseguire nella nostra politica di ricerca di uno spiraglio, di un'opportunità di pace in Medio Oriente, basandoci sulla relazione Mitchell. Non si deve pensare che le misure improntate alla fiducia siano una ricompensa; tali misure devono anzi essere parte integrante di questo processo. E dobbiamo farlo insieme agli Stati Uniti. Il messaggio che dobbiamo inviare loro è di non mettersi al riparo di scudi illusori, ma di condividere con noi la responsabilità di conseguire un mondo in pace, giusto, libero e sicuro.

(Applausi)

 
  
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  Watson (ELDR).(EN) Signora Presidente, gli attentati terroristici che la scorsa settimana hanno mietuto vittime innocenti a New York e Washington suscitano la costernazione e lo sdegno dei popoli di tutto il mondo civile. Tali avvenimenti dimostrano quanto sia difficile per qualsiasi Stato - ma soprattutto per una democrazia - difendere i propri cittadini dall'azione dei terroristi. Queste atrocità, con la successiva caccia ai responsabili, hanno inoltre messo in luce la debolezza del nostro sistema di difesa della popolazione civile, e ci hanno anche posto bruscamente di fronte alla penosa lentezza con cui si concreta nell'Unione europea quella cooperazione in materia di giustizia e affari interni che è stata così orgogliosamente sbandierata ad Amsterdam e a Tampere. Gli americani, che ora cercano di ottenere l'arresto di alcuni presunti responsabili che si trovano in Europa, stanno probabilmente scuotendo il capo increduli di fronte al groviglio di accordi di estradizione bilaterali cui dovranno ricorrere.

Apprezzo la dichiarazione del Commissario Vitorino. Le proposte che egli ha avanzato oggi fanno proprie le raccomandazioni essenziali della relazione da noi adottata il 5 settembre - relazione che l'onorevole Poettering ha così gentilmente ricordato. Queste misure meritano di essere immediatamente prese in esame, per un successivo rapido passaggio all'azione, già dai Ministri della giustizia e degli interni nella loro riunione di domani. Se adottate dal Consiglio, esse rappresenteranno un decisivo passo in avanti nell'elaborazione di una politica antiterrorismo comune da parte dell'Unione europea. Sfido qualsiasi Ministro, il quale intenda opporsi a queste proposte nella riservata atmosfera delle riunioni del Consiglio, a spiegare poi in pubblico ai cittadini del proprio paese, o dell'Europa intera, perché mai voglia ritardare l'adozione di efficaci iniziative in questo settore.

(Applausi)

Pur apprezzabili e importanti, le proposte della Commissione sono palesemente insufficienti. Esse forniscono una risposta valida per il mondo com'era prima di martedì scorso; affrontano i reati di terrorismo all'interno dell'Unione, ma non fanno niente per migliorare la cooperazione con i paesi esterni all'UE, né risolvono i conflitti di competenza fra autorità giudiziarie. Infine, come ha fatto notare il Commissario Vitorino, esse fanno dipendere dai veti nazionali la cooperazione e il vitale problema delle attività di polizia. Se l'Unione europea vuole combattere seriamente il terrorismo, deve mettere a punto gli strumenti operativi per un'azione comune; dobbiamo cioè permettere ad Europol di collaborare efficacemente con paesi terzi e dobbiamo conferire ad Eurojust una dimensione esterna. Nella procedura di conciliazione attualmente in corso dobbiamo agire con decisione per stroncare il riciclaggio del denaro sporco; infine, come ha rilevato la signora Ministro Neyts, è necessario elaborare politiche comuni per raccogliere e mettere a disposizione le informazioni relative alle indagini penali.

Urgono inoltre alcuni provvedimenti in materia di politica estera e di sicurezza: una migliore cooperazione nell'ambito delle Nazioni Unite, del G8, del Consiglio d'Europa: Ancora, occorre esortare gli Stati membri a firmare la Convenzione delle Nazioni Unite sui finanziamenti al terrorismo, controllare le esportazioni di prodotti sensibili e concludere poi più stretti accordi d’associazione coi paesi terzi. Dobbiamo però evitare quella confusa applicazione del secondo e del terzo pilastro che la dichiarazione emessa la settimana scorsa dal Consiglio sembrava prefigurare; infine dobbiamo attentamente badare a non stravolgere quel delicato equilibrio tra le esigenze della sicurezza e le libertà civili di cui godono i nostri cittadini.

Chiedo quindi se non sia giunto il momento di consegnare alla pattumiera della storia l'antiquato e farraginoso meccanismo del secondo e terzo pilastro della cooperazione interna all'UE; il contenuto di questi pilastri deve rientrare fra le basilari competenze dell'Unione europea.

(Applausi)

La foglia di fico della sovranità nazionale serve solo a nascondere l'impotenza degli Stati nazionali. La democrazia si trova di fronte a sfide sovrannazionali, che esigono risposte sovrannazionali. Le nostre politiche avranno bisogno del sostegno dell'opinione pubblica, e quindi la loro elaborazione dovrà sottostare a un pubblico controllo democratico. Sono convinto che il nostro Parlamento è pronto a fare la sua parte; dobbiamo spingere i nostri leader nazionali a dar prova del coraggio e della lungimiranza che il momento richiede.

(Applausi)

 
  
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  Lannoye (Verts/ALE).(FR) Signora Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, al di là dell’emozione legittima che proviamo da oltre dieci giorni, al di là dei messaggi di solidarietà e di compassione, dobbiamo guardare al futuro con serenità. Gli attacchi criminali perpetrati ai danni degli Stati Uniti lo scorso 11 settembre, che hanno mietuto migliaia di vittime, inducono infatti ad una riflessione approfondita sulle azioni da condurre per evitare che siffatti atti si ripetano, per smantellare le reti criminali terroriste e per evitare la spirale della violenza, violenza che è peraltro quotidiana per molte popolazioni del mondo. Penso in particolare al popolo afghano poc’anzi ricordato, il quale subisce non solo una guerra che dura da decenni, ma anche un regime politico insostenibile, quello dei talebani.

Mi rallegro, a nome del mio gruppo, per l’atteggiamento del nostro Alto rappresentante per la PESC, signor Solana, in particolare in relazione al conflitto israelo-palestinese, e per le posizioni assunte da diverse settimane, per bocca del signor Michel, dal Consiglio e dalla Presidenza. Il signor Michel si comporta in un modo decisamente interessante per l’Unione europea e per il mondo intero.

Fermezza e determinazione sono necessarie per un’azione politica efficace, ma non si tratta di rispondere ad atti barbari come quelli dell’11 settembre con iniziative militari le cui vittime sarebbero popolazioni civili, gente innocente.

(Applausi)

Credo che i nostri rappresentanti ne siano convinti e penso che tutti gli interventi dei presidenti di gruppo e degli altri deputati siano andati in questa direzione. Auspicherei tuttavia che l’Unione europea, per voce del nostro Presidente del Consiglio, persuadesse di ciò non solo le autorità americane, ma anche il Presidente Bush e il suo entourage, che da qualche giorno prorompono in affermazioni di vendetta, affermazioni che continuano a preoccupare me personalmente, come pure tutti gli europei.

La situazione attuale richiede sicuramente un approccio internazionale e multilaterale. Per gestire problemi planetari abbiamo bisogno di strumenti planetari, ed il terrorismo internazionale è un fenomeno planetario. Se dunque, in primo luogo, occorre ovviamente un approccio europeo, comunitario, non dobbiamo dimenticare che siamo un elemento attivo a livello internazionale e che pertanto dobbiamo agire là dove siamo presenti, cioè ad entrambi i livelli. Ritengo quindi che l’Unione europea debba esprimersi con fermezza affinché azioni criminali come quelle perpetrate l’11 settembre conducano i loro autori e mandanti dinanzi al Tribunale penale internazionale, che sarebbe senza dubbio la sede più appropriata per giudicare atti del genere che sono, l’abbiamo già detto, crimini contro l’umanità.

La multilateralità è ancor più un imperativo perché, nei paesi musulmani, corriamo il grosso rischio di assistere al formarsi di una coalizione contro il mondo occidentale, su istigazione dei regimi più fanatici al potere, e penso soprattutto all’Afghanistan, regimi che potrebbero convincere gli altri della nostra ostilità nei loro confronti. Credo quindi che sia nel nostro interesse stabilire il dialogo più stretto possibile con i paesi arabi ed i paesi musulmani in generale. La proposta che ho avuto il piacere di formulare ieri alla Conferenza dei presidenti, e tutti i presidenti di gruppo mi hanno appoggiato, mi pare positiva. Peraltro è stata preannunciata un’iniziativa dei servizi per la sua attuazione, vale a dire l’organizzazione di un forum internazionale euro-arabo, o ancor meglio euro-musulmano, per dialogare sui problemi internazionali – dialogo che sarebbe sicuramente costruttivo per il futuro dei nostri rapporti e per il futuro del mondo.

Infine, signora Presidente, ringrazio il Commissario Vitorino per le proposte della Commissione sulla lotta al terrorismo, ma ritengo che sia anche necessario affrontare il problema alla radice. Vorrei richiamare in trenta secondi un problema fondamentale. Alla radice del male vi è in realtà il finanziamento delle reti terroristiche e, in questo campo, esistono strumenti che, ahimè, sono in vigore e che consentono il finanziamento di tali reti: mi riferisco al segreto bancario e all’esistenza dei paradisi fiscali. Ritengo che l’Unione europea debba adottare iniziative per eliminare questi due elementi e, così facendo, estirpare il male alla radice.

(Applausi)

 
  
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  Wurtz (GUE/NGL).(FR) Signora Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, la mia convinzione, e quella del mio gruppo, sin dal giorno successivo agli attentati terroristici di New York e di Washington, è che non sia mai stata così palese la necessità per l’Unione europea di dimostrare che ha una sua identità e una sua utilità nella conduzione degli affari del mondo. Il prossimo periodo e forse già i prossimi giorni le forniranno senza dubbio l’opportunità di dar prova della sua volontà e della sua capacità di raccogliere soprattutto tre sfide che le vengono lanciate in queste drammatiche circostanze.

La prima di tali sfide sarà, a mio giudizio, quella di definirsi partner degli Stati Uniti, ma non obbligata nei suoi confronti - "alleata, ma non allineata", come ha detto un collega nel corso del dibattito di ieri alla commissione per gli affari esteri. Ciò non significa, naturalmente, mancare alla necessaria e legittima solidarietà, soprattutto nella lotta comune per ricercare, giudicare, punire i colpevoli di questa barbarie e, più in generale, per smantellare le reti terroristiche. Viceversa ciò significa avere il coraggio di dire chiaramente ai nostri interlocutori americani quale contributo siamo incondizionatamente disposti a dare e ciò che non possiamo in alcun caso avallare. Ieri e anche questa mattina il signor Solana ha sottolineato a ragione che la nostra lotta al terrorismo soprattutto non va interpretata dai popoli del mondo arabomusulmano come una guerra contro la loro civiltà, se non addirittura una crociata, per riprendere una delle espressioni più spaventose utilizzate in proposito dal Presidente Bush. Ieri l’Alto rappresentante per la PESC aveva già raccomandato, nello stesso spirito, "di essere prudenti, di non umiliare nessuno, di evitare qualsiasi confusione, di non creare fratture che rappresenterebbero un grave errore". Mi compiaccio per questo linguaggio responsabile e il mio gruppo auspica che esso si traduca in un rifiuto categorico dell’Unione di lasciarsi trascinare in una logica di guerra, in un meccanismo che aggiungerebbe ancora sangue al sangue e vittime innocenti a vittime innocenti.

La seconda sfida da raccogliere è direttamente legata a quanto ho appena menzionato. Dobbiamo non solo evitare una siffatta frattura, ma anche rivisitare e rilanciare il rapporto euromediterraneo. Non è ancora tempo, a mio giudizio, per parlare di zone di libero scambio con i nostri partner del Sud e dell’Est del Mediterraneo. Dovremmo piuttosto parlare di sviluppo, di dialogo politico, di ravvicinamento delle società e di dignità umana. Tra gli impegni concreti da assumere per corroborare questa scelta strategica, vi è in primo luogo l’azione ferma per risolvere con giustizia il conflitto nel Vicino Oriente. Apprezzo gli sforzi profusi nella regione dal signor Solana e da tutti i rappresentanti dell’Unione europea. Essi stanno producendo i primi effetti, ma tutti ne percepiamo l’estrema fragilità. E’ dunque il momento di far sentire tutto il nostro peso non contro, ma in collaborazione con gli Stati Uniti ed altri attori, soprattutto nella regione.

La terza sfida che ci viene lanciata mi pare sia l’idea di lavorare su un nuovo approccio alla sicurezza internazionale. La tragedia dell’11 settembre non è forse un’esemplificazione terribile del fallimento della maniera in cui il mondo è stato gestito dalla caduta del muro di Berlino? Quanti conflitti irrisolti! Quante potenti forze occulte all’opera! Quante fonti di destabilizzazione! La risposta a questi mali profondi non sta nel protrarsi dell’unilateralità, ma in una vera cooperazione planetaria rispettosa dello spirito e della lettera della Carta delle Nazioni Unite. Essa non consiste nell’optare unicamente per l’intervento militare o per il rafforzamento della sicurezza, ma in una politica ambiziosa e multiforme di prevenzione delle crisi. Ovunque in Africa, nel Mediterraneo, in America latina, ad est del nostro continente e persino negli Stati Uniti, le società e spesso gli stessi Stati manifestano l’aspettativa che la forma di governo del mondo venga rivisitata. Per il momento quest’appello è rivolto in particolare all’Europa. E’ un’opportunità da cogliere e, da questo punto di vista, i prossimi giorni rischiano di essere il momento di verità.

 
  
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  Pasqua (UEN).(FR) Signora Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, credo che abbiamo già avuto occasione di discutere il merito del problema e certo l’avremo ancora. Pertanto non interverrò in questo dibattito sul piano della filosofia generale dell’azione da condurre. Vorrei semplicemente ricordare qualche punto che attualmente mi pare non sia presente con chiarezza nella mente di alcuni nostri responsabili. In primo luogo, il problema che ci troviamo a dover affrontare, occorre rendersene conto, è quello di identificare l’avversario. Non facciamoci illusioni: esiste un islamismo fondamentalista che è deciso a proseguire le sue aggressioni contro le democrazie occidentali, e di questo dobbiamo essere consapevoli. Dobbiamo inoltre ricordare che in ognuno dei nostri paesi esistono organizzazioni terroristiche più o meno dormienti che domani potrebbero benissimo passare all’azione.

In proposito vorrei aggiungere questo alle osservazioni e alle riflessioni estremamente interessanti formulate dal signor Commissario: auspico che l’Unione europea smetta di sovvenzionare gli Stati che danno rifugio ai terroristi o che li aiutano. Credo sia una misura pratica che noi stessi possiamo adottare, e possiamo farlo abbastanza rapidamente.

In secondo luogo, è assolutamente evidente che non possiamo pensare di condurre un’azione degna di questo nome se, nel contempo, non vi è cooperazione politica sincera tra gli Stati, e ciò riguarda anzitutto gli Stati membri dell’Unione. Ho conosciuto il periodo non poi così lontano - e non sono certo che sia passato - in cui il gioco dell’ognuno per sé prevaleva sul resto e si accettava la presenza sul proprio territorio di alcune organizzazioni a patto che queste non vi commettessero alcuna azione; poco importa se ne avessero commesse nel paese vicino. Credo dunque che vi debba essere una vera solidarietà e che essa debba manifestarsi con chiarezza.

In terzo luogo, a mio avviso è giunto il momento di rendersi conto che, per essere valida, l’azione contro il terrorismo deve collocarsi a monte. Si tratta quindi di rafforzare l’azione dei servizi d’intelligence. Ho inteso perfettamente tutto ciò che è stato detto poc’anzi sulla necessità dell’efficacia di Europol. Sono assolutamente favorevole al rafforzamento dell’efficacia di Europol, ma non è così che potremo lottare subito contro il terrorismo. Occorre che vi sia una cooperazione reale ed immediata tra i servizi d’intelligence e di sicurezza, che vi sia uno scambio di informazioni sincero e che gli Stati – non dispiaccia ad alcuni, ma per il momento sono gli Stati che, nell’ambito della loro cooperazione, hanno la responsabilità della sicurezza – siano in grado di adottare i provvedimenti necessari.

Non mi dilungherò ulteriormente. Questo è quanto intendevo dire stasera insistendo su un aspetto, ovvero il dibattito filosofico per decidere se l’azione contro gli Stati Uniti sia un atto di guerra o un atto di terrorismo. Tenuto conto della portata di quest’azione, personalmente credo si tratti di un atto di guerra. E se non siamo coscienti del fatto che si tratta unicamente di un primo atto che rischia di essere seguito da altri, allora pagheremo molto cara la nostra cecità.

 
  
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  de Gaulle (TDI).(FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, gli avvenimenti drammatici dell’11 settembre non chiamano solo in causa un’organizzazione criminale che esprimerebbe il proprio odio per l’Occidente attraverso attentati spettacolari. Essi rivelano anche un’immensa frustrazione nei confronti della politica americana condotta in Medio Oriente almeno dal 1991. L’accanimento inglorioso contro l'Iraq a fini strategici mediocri aveva già fatto perdere agli Stati Uniti una parte del loro prestigio. Soprattutto l’allineamento sistematico degli Stati Uniti alla politica espansionista dello Stato di Israele, allineamento che gli americani avevano cercato di compensare con un sostegno più o meno ufficiale alle organizzazioni islamiche estremiste, ha diffuso nei paesi arabi il sentimento di una profondissima ingiustizia.

Così infatti sono state condannate, da un lato, la politica di colonizzazione attuata dalla guerra dei Sei giorni e, dall’altro, la presenza ingiustificata delle truppe americane nella regione. Se lo Stato di Israele non porrà fine alla sua politica razzista ed evacuare le colonie insediate sulla sponda occidentale del Giordano, il mondo arabo, rispondendo ad un appello legittimo, si solleverà e destabilizzerà i dirigenti della Penisola arabica. Perché attribuire peraltro tanta importanza a questo Stato di Israele, le cui capacità militari molto esagerate esistono unicamente per volontà degli Stati Uniti?

Per la Francia e per l’Europa non è neanche ipotizzabile la partecipazione ad una nuova crociata contro il mondo arabo, sia essa in forma militare o in forma di estradizioni e di mandati di arresto europei. La Francia non è membro della NATO. Alla NATO l'Afghanistan non interessa. Da un punto di vista strategico, alla Francia interessa invece essere con fermezza al fianco del mondo arabo nella sua lotta contro il razzismo della politica dello Stato di Israele.

 
  
  

PRESIDENZA DELL'ON. IMBENI
Vicepresidente

 
  
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  Blokland (EDD). (NL) Signor Presidente, quanto accaduto a New York e Washington è terribile. Noi condividiamo il dolore ed esprimiamo il nostro cordoglio agli Stati Uniti. Soltanto adesso ci rendiamo ben conto di quanto è successo. All’interno dell’Unione europea dovremo sviluppare, di comune accordo con gli Stati Uniti, una politica contro il terrorismo: è un nostro preciso dovere nei confronti delle vittime e dei superstiti. Pertanto mi congratulo con il Commissario Vitorino per la rapidità con la quale vengono presentate nuove proposte.

Questa non è una lotta contro l’Islam o contro i suoi sostenitori, bensì una lotta contro coloro che intendono raggiungere i propri obiettivi seminando terrore, a prescindere dalla giustificazione che cerchino di addurre. Dobbiamo esigere che tutti gli Stati e i governi diano il loro incondizionato appoggio a questa politica. Questa lotta mira a difendere l’inviolabilità della vita umana quale principio fondamentale della nostra democrazia.

Signora Presidente, mi auguro che possiamo seguire compatti questa linea.

 
  
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  Souchet (NI).(FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, se veramente vogliamo, come sosteniamo, contribuire in modo effettivo all’attuazione di una politica globale di lotta all’internazionale terrorista, la maniera più efficace per farlo sarebbe sicuramente quella di lanciare un appello solenne al Consiglio affinché esamini una buona volta tutti i testi relativi soprattutto alla circolazione delle persone dal punto di vista della sicurezza, anziché dal punto di vista dell’abolizione sistematica dei controlli.

Questo cambiamento di orientamento, tuttavia, non deve riguardare unicamente i provvedimenti a venire. Esso deve anche tradursi in una revisione sistematica dei testi già adottati alla luce dell’esigenza, ormai prioritaria, di sicurezza e di protezione delle nostre popolazioni. Il Consiglio deve intraprendere rapidamente tale revisione in modo da riformare e, se del caso, eliminare tutte le disposizioni che, per il loro lassismo, potrebbero essere utilizzate dalle reti terroristiche per insediarsi o svilupparsi nei nostri paesi, che si tratti, in particolare, di transito comunitario, di controlli alle frontiere, di ricongiungimento familiare o di applicazione dello status di rifugiato.

Non possiamo, da un lato, chiudere gli occhi sull’ingresso, nei nostri territori, di popolazioni che vivono ai margini del diritto e, dall’altro, lamentarci di vedere reti terroristiche prosperare su questo terreno che noi stessi abbiamo preparato. Da domani avremo modo di rendere i nostri atti coerenti con le nostre dichiarazioni poiché all’ordine del giorno sono iscritte due relazioni le cui indicazioni vanno esattamente in direzione opposta rispetto all’imperativo di sicurezza e di lotta al terrorismo che sosteniamo di voler privilegiare. Non è possibile, domani, votare a favore della relazione Watson, che, senza esporre motivazioni, amplia a 360 gradi le disposizioni relative all’attuazione del diritto d’asilo al punto da snaturare completamente tale diritto fondamentale e da revocare in maniera irresponsabile alle autorità degli Stati membri la possibilità di esercitare un controllo. Apprezzo peraltro il coraggio del relatore iniziale, il nostro collega Schmitt, il quale si è rifiutato di veder associato il suo nome ad una simile deriva. Alla stessa maniera, potremmo chiederci se sia veramente opportuno adottare la relazione Coelho che, al paragrafo 2, chiede al Regno Unito e all’Irlanda di abolire quanto prima tutti i loro controlli alle frontiere. Questa richiesta non pare un po’ anacronistica rispetto agli ultimi avvenimenti?

Onorevoli colleghi, abbiamo la possibilità di essere responsabili ed efficaci, per esempio lanciando questo appello al Consiglio affinché riveda tutta la nostra legislazione alla luce dell’imperativo della sicurezza. Se così non dovesse essere, almeno domani potremmo cercare di non essere completamente schizofrenici.

 
  
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  Galeote Quecedo (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, noi cittadini europei abbiamo assistito attoniti e in diretta a un crimine contro l'umanità, come ha detto tra gli altri il presidente del mio gruppo, volto ad annientare la nostra libertà e la nostra democrazia.

Anzitutto dobbiamo condividere il dolore del popolo nordamericano. Concedetemelo, noi spagnoli capiamo bene la sofferenza delle vittime. Subito dopo, però, si deve reagire con determinazione per difendere la nostra libertà e rendere giustizia alle vittime, dimostrando ai terroristi e ai loro complici che i loro obiettivi non sono stati raggiunti. Come in altre epoche della nostra storia, riaffermare oggi i valori democratici è la chiave per allontanare la via totalitaria cui ci conduce il terrorismo.

Il Parlamento europeo ha dimostrato un impegno inequivocabile nella lotta al terrorismo, e la relazione Watson ne è un esempio lampante. Dobbiamo però continuare a dare, in particolare adesso, il nostro impulso politico e il nostro incoraggiamento alle iniziative concrete presentateci dalla Commissione europea. Il presidente del mio gruppo ha presentato alcune iniziative in materia di bilancio, volte a potenziare il ruolo di Europol. La commissione per le libertà - e lancio un appello al suo presidente - potrebbe magari organizzare, da parte sua, il proprio programma di lavoro in modo da presentare in Aula una proposta già entro l'anno, così da permettere alle Presidenze belga e spagnola di concludere il lavoro nei prossimi mesi.

Le Istituzioni europee hanno l'inderogabile responsabilità di accelerare le procedure, in modo da mettere a disposizione della giustizia strumenti comunitari che rendano più efficace la lotta al terrorismo e al crimine organizzato. La Commissione europea, segnatamente il Commissario Vitorino, deve sapere di poter contare sul sostegno del Parlamento nel garantire la cooperazione e un'azione concertata, volte a perseguire i criminali, perché questa è la strada per sconfiggere il terrore.

 
  
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  Terrón y Cusí (PSE).(ES) Signor Presidente, in effetti, come ricordato, il 5 settembre scorso il Parlamento ha approvato la relazione Watson assieme a diverse misure che rappresentano il minimo indispensabile per affrontare la questione del terrorismo.

Come già detto, una definizione di terrorismo comune a tutti gli Stati membri, un mandato di ricerca e cattura - come è stato definito - in ambito europeo e l'eliminazione dell'estradizione ci sembravano il minimo indispensabile all’epoca della richiesta del Parlamento quel 5 settembre. In quella stessa relazione, però, il Parlamento inviava anche più di un messaggio politico alle altre Istituzioni comunitarie: chiedeva che fossero considerati terroristici anche alcuni atti - e leggo testualmente - "orchestrati ed eseguiti da gruppi organizzati su scala internazionale", sottolineando la presenza di alcuni Stati dietro a tali azioni, situazione che doveva essere contrastata.

Il 5 settembre, signor Presidente, questo Parlamento prendeva l'iniziativa nel chiedere alle altre Istituzioni un atteggiamento fermo su tali questioni. Avevamo già la promessa di una reazione positiva da parte del Commissario Vitorino. Il giorno 11, signor Presidente, pochissimo tempo dopo, ci siamo resi conto di essere arrivati tardi, tragicamente tardi, e che il problema esplodeva non nell'Unione europea, ma negli Stati Uniti, in modo ancora più spettacolare - non dico tragico, perché tragico lo è sempre - di come lo avevamo conosciuto nell'Unione.

L'onorevole Watson afferma modestamente che quanto richiesto nella sua relazione è utile soltanto nell'ambito dell'Unione europea. Non credo sia vero. Ritengo che, attuando tali provvedimenti, si possa agire a livello interno con un'azione che sia, come diceva l'onorevole Poettering, una dimostrazione di solidarietà verso gli Stati Uniti. Se procedessimo rapidamente con l'urgenza impostaci dalla realtà - e già prima eravamo incalzati dal tempo - nel dare l'esempio di come, in un contesto sovrannazionale, si possa reagire operativamente nella lotta contro il terrorismo, daremmo agli Stati Uniti il miglior segnale di solidarietà, daremmo l'immagine migliore e sceglieremmo la migliore alternativa per operare nel contesto sovrannazionale, come ci è stato richiesto dalle Nazioni Unite poco tempo fa, a Palermo, nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata.

Spero che per le altre misure, come la lotta contro il riciclaggio di denaro sporco e tante altre che sono all'esame del Consiglio, non s'attenda di dovere agire in fretta, né si aspettino eventi tragici prima di attuarle. Penso che siano tutte misure imprescindibili per la difesa del mondo e, soprattutto, della libertà.

 
  
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  Sterckx (ELDR). (NL) Signor Presidente, quando la scorsa settimana siamo stati a Washington con la delegazione del Parlamento europeo e ci siamo fermati lì un paio di giorni in più del previsto, la consapevolezza di un interesse comune si è rafforzata non soltanto in me, ma anche nei nostri colleghi statunitensi. Ho avuto modo di rilevare che gli americani e il loro governo dimostrano maggiore compostezza di quanto si supponga in generale, come possiamo desumere dalle parole – a volte infelici – scelte dal Presidente.

Alcuni dei nostri colleghi americani ci hanno detto chiaramente che “il tempo delle belle parole è ormai finito” e penso che abbiano ragione. Ciò non vale soltanto per i rapporti tra loro e noi, ma anche per quanto faremo qui, nel Parlamento europeo. Se parliamo di pene per i terroristi, arriviamo in ritardo.

Mi auguro si possa discutere talvolta di prevenzione. Ciò implica la cooperazione tra servizi di polizia, giudici d’istruzione e servizi d’intelligence. Signor Commissario, spero che le sue proposte vengano presentate quanto prima, come di sicuro avverrà. Poi vedremo chi in Parlamento è favorevole o contrario ad una maggiore cooperazione, chi intende davvero compiere passi avanti e chi no.

Signora Presidente del Consiglio, mi auguro che emerga anche dalle sue riunioni segrete chi è favorevole e chi è contrario, chi intende progredire e chi no, in modo da poter trarre le nostre conclusioni e quindi giudicare e condannare, perché adesso siamo tutti scossi, siamo ancora affranti assieme ai nostri amici americani. Ma tra uno o due anni chi parlerà ancora di questo dibattito? Spero che la nostra attenzione sarà ancora desta e che ci ricorderemo di quanto detto quest’oggi.

 
  
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  Maes (Verts/ALE). (NL) Signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, signor Commissario, la solidarietà alle vittime degli atroci attentati è la prima cosa che abbiamo espresso e abbiamo dovuto esprimere, ed è un bene che Consiglio e Commissione si siano messi al lavoro con determinazione per presentare proposte concrete.

Abbiamo assistito ad una globalizzazione del terrorismo. Tutti sono vulnerabili, ma possiamo fare del nostro mondo vulnerabile un mondo più sicuro: è questa la sfida cui far fronte. Ciò richiede però cooperazione multilaterale per poter combattere in modo globale contro il terrorismo. Questo è l’aspetto positivo che cerco di intravedere nel ricorso all’articolo 5 del Trattato NATO, che va visto come un segnale di solidarietà. Non si tratta di un assegno in bianco per qualsiasi azione militare che faccia nuove vittime e crei nuovi risentimenti e frustrazioni, ma un invito alla concertazione e al dialogo al di là dell’Oceano, anche se spesso ciò rischia di non essere compreso in questo senso.

Dobbiamo essere consapevoli che i nostri cittadini sono inquieti e che molte persone temono di venir risucchiate nella macchina della guerra. Dobbiamo renderci conto che dobbiamo spiegare quali sono le nostre effettive intenzioni.

Dobbiamo rendere più sicuro questo mondo vulnerabile facendo ricorso a soluzioni politiche per porre fine a conflitti che si trascinano all’infinito, come quello mediorientale. Dobbiamo portare la speranza in molte parti del mondo, costrette a vivere nella disperazione. Senza un ordine mondiale giusto, stabilità e pace rimarranno un’utopia, mentre continuerà a sussistere un terreno fertile per il terrorismo.

Ci rallegriamo per la volontà comune che emerge in questi giorni e che qui viene espressa da Consiglio e Commissione. Ci auguriamo che non ci si fermi alle belle parole, perché in passato, quando si è trattato di attribuire all’Europa gli strumenti per raggiungere gli obiettivi qui descritti, alcuni Stati membri hanno posto continui ostacoli. Da quanto ormai non si attua la cooperazione necessaria per rendere Europol uno strumento efficiente? Tale problema è già stato sollevato ad Amsterdam.

L’estradizione di terroristi è stata definita dal Commissario Vitorino la pietra angolare della lotta contro il terrorismo. Staremo a vedere se troveremo un accordo! La signora Presidente del Consiglio ha citato diversi strumenti per prevenire il terrorismo. Ma riusciremo mai a controllare il flusso di capitali che alimentano il terrorismo in tutto il mondo? Vorremo e potremo mai controllare il traffico di armi? O domani gli argomenti economici avranno di nuovo il sopravvento su quelli legati alla sicurezza e alla prevenzione del terrorismo? Perché il terrorismo esiste, il fanatismo esiste, l’ingiustizia esiste. Ci sono molte armi che finora non sono state utilizzate dai terroristi, ma che sono disponibili grazie alla società tecnologica.

 
  
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  Morgantini (GUE/NGL). – Signor Presidente, "non c'è causa - neanche una causa giusta - che possa fare delle uccisioni di civili innocenti un atto legittimo. Il terrore non lastrica la strada per la giustizia ma il cammino più breve per l'inferno. Noi condanniamo e deploriamo questo crimine orrendo, condanniamo chi l'ha pianificato e perpetrato, con tutta la nostra forza possibile. La nostra partecipazione al dolore per le vittime, al dolore delle loro famiglie e dell'intero popolo americano in questi momenti difficili non è che l'espressione del nostro profondo impegno verso l'unicità del destino umano".

Non sono parole mie ma alcune parole di intellettuali, politici e ministri palestinesi, come Yaser Abed Rabbo, Hanan Ashrawi, Mahmoud Darwish. Sono parole forti che danno speranza perché vengono da persone che vivono e soffrono sotto l'occupazione militare israeliana.

Questi sono tempi in cui tutti - persone, Stati, istituzioni - dobbiamo assumerci il massimo della responsabilità e della determinazione per mettere il terrorismo fuori dalla storia e, insieme a questo, mettere fuori dalla storia la globalizzazione della povertà, dell'ingiustizia e delle guerre.

"Le parole devono sostituire le armi" diceva Xavier Solana. Per questo non devono evocare, incitare all'odio o alla cultura del cowboy, "o vivi o morti": come dicono le donne contro la guerra, tra uccidere e morire c'è una terza via, che è vivere. L'educazione alla pace, al rispetto del diritto non deve escludere nessuno, meno che mai i capi di Stato. Oggi dalla Palestina e da Israele, con l'annuncio della tregua, viene una striscia di futuro, esile, sì, ma è indispensabile aggrapparvisi. L'Unione europea ha contribuito alla possibilità di ripresa del dialogo. Questo ruolo politico deve crescere e, se si accresce, si accresce nella fermezza della difesa del diritto. Come si è detto ad Arafat che deve avere fermezza nel controllare il terrorismo, così si dica chiaramente a Sharon che non può continuare impunemente a confiscare terre palestinesi, a costruire insediamenti, a uccidere e tenere i palestinesi segregati nei villaggi o, come ha fatto nella mattina di ieri, a distruggere il costruendo porto di Gaza, finanziato dai paesi dell'UE.

Ci vogliono misure concrete: dare ai palestinesi fiducia per uno Stato nella sicurezza e dare ad Israele la certezza che nessuno attenta alla sua esistenza, cioè che in discussione è la sua politica coloniale e di espansione, non la sua esistenza.

Ieri, in Libano, insieme a una delegazione italiana ho incontrato il Presidente Lahoud. Egli ha espresso chiaramente il rifiuto del terrorismo, ma ha ribadito con forza quanto sia indispensabile la soluzione della questione palestinese e lo sviluppo della cooperazione politica ed economica con l'Europa e il mondo arabo. Dobbiamo credere in noi stessi, ed essere portatori di pace, portatori del diritto.

 
  
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  Muscardini (UEN). – Signor Presidente, la lotta al terrorismo richiede che ognuno comprenda che la democrazia non può vivere senza regole e senza punizione di chi viola le leggi e distrugge la libertà e la sicurezza. In aprile, venne al Parlamento europeo, a cercare aiuto contro il fondamentalismo dei talebani, il comandante Massoud. Gli abbiamo sorriso con simpatia umana, come abbiamo sorriso con partecipazione alle vittime del fondamentalismo algerino e degli altri paesi dove sono stati trucidati cittadini, uomini politici, giornalisti: pensiamo alla stessa Spagna.

Oggi, Massoud è morto, ucciso da terroristi suicidi, poche ore prima che altri terroristi perpetrassero l'assurda strage, l'orrenda strage, l'abominevole strage negli Stati Uniti. E' evidente che il terrorismo e l'integralismo avevano stabilito una precisa sequenza, eliminando come primo atto il più autorevole referente della lotta antitalebana.

Se vogliamo veramente combattere e debellare per sempre il terrorismo, le sue centrali, la sua potenza economica, il suo messaggio di odio contro la democrazia e la libertà, dobbiamo oggi dare tutto il nostro aiuto al Movimento di liberazione dell'Afghanistan del nord: quello che abbiamo negato a Massoud vivo, lo dobbiamo a Massoud morto; lo dobbiamo agli uomini e alle donne che lottano per la libertà; lo dobbiamo dare a tutti coloro che nel mondo combattono contro il terrorismo e contro l'integralismo.

Chiediamo anche che, forse, l'Unione europea rimediti la necessità di organizzare al meglio i propri confini, anche sospendendo provvisoriamente Schengen, e che, comunque, come ha già ricordato il presidente Pasqua, siano tolti gli aiuti a quei paesi che ospitano, finanziano, proteggono organizzazioni terroristiche e criminali; che sia controllato l'uso di Internet, ponendo finalmente delle regole, perché sappiamo che il terrorismo si aiuta e lavora a livello internazionale anche attraverso l'assenza di regole per l'utilizzo di questo strumento; che siano chiuse le sedi di quelle organizzazioni che professano la lotta religiosa, predicano la violenza e tollerano che i propri aderenti pratichino il terrorismo.

Chiediamo infine, signor Presidente, di avere il coraggio di una Conferenza euromediterranea per confrontarci se si vuole lavorare per la pace, per lavorare insieme, per combattere chi vuole ancora seminare odio e violenza.

 
  
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  Borghezio (TDI). – Signor Presidente, la preoccupazione che la risposta ai grandi attentati non si configuri come una crociata contro l'Islam è condivisibile, ma con alcune precisazioni. E' bene ricordare, intanto, che una delle organizzazioni collegate a Bin Laden si chiama "Fronte islamico contro i crociati e gli ebrei". Vorrei ricordare anche che i flussi finanziari di miliardi di dollari, che giungono annualmente alle organizzazioni caritatevoli o assistenziali musulmane, vedono partirne una parte in direzione del terrorismo fondamentalista. Di più, gli utili di banche, di società finanziarie e coraniche, oggi finalmente controllate e individuate anche sul mercato internazionale, site in paradisi fiscali, contribuiscono a sostenere l'Internazionale del terrorismo islamico. Qui in Europa ci sono centri islamici, moschee, nei quali per anni - e ancora oggi - i fondamentalisti legati al terrorismo hanno trovato ospitalità, coperture, addirittura la fornitura di passaporti falsi, ciò che è documentato. Queste complicità esistono e non credo proprio che qualche generica parola di presa di distanza da Bin Laden possa rassicurarci sulla conversione alla pace, ai diritti umani di questi settori della galassia dell'Internazionale islamica presente in Europa.

Condivido il richiamo al realismo fatto stamani alla Conferenza dei presidenti dalla collega Garaud per una seria politica internazionale ...

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Abitbol (EDD).(FR) Signor Presidente, un proverbio cinese dice che “quando il saggio indica la luna l’idiota guarda il dito”. L’Unione europea farebbe bene a meditare su questo proverbio perché in realtà le nostre discussioni odierne sembrano non avere alcun rapporto con lo stupro inaudito dell’integrità americana commesso l’11 settembre scorso.

L’America è stata forse risparmiata perché disponeva di una polizia o di un sistema informativo federale? Certo che l’aveva, ed era il più potente del mondo, ma questo non ha evidentemente permesso di prevedere né di impedire gli avvenimenti di martedì 11 settembre e non si capisce davvero quale sia il ruolo di Europol nella vicenda, né tanto meno quello di questa Unione europea che ancora una volta sembra preoccuparsi unicamente del suo potere e disinteressarsi completamente del merito dei problemi.

Noi che pretendiamo di rappresentare tutti i popoli europei dovremmo semmai riflettere sulla nostra resa e sulla responsabilità di avere lasciato soli gli Stati Uniti nello scontro con il resto del mondo mentre le nostre nazioni potevano contare su oltre mille anni di consuetudini diplomatiche, storiche, militari…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Gorostiaga Atxalandabaso (NI).(EN) Signor Presidente, vorrei anzitutto ribadire la profonda solidarietà che proviamo per le vittime dell'aggressione terroristica della settimana scorsa. Già ora, ancor prima dell'inizio di una qualsiasi azione militare, stiamo assistendo a una terribile tragedia umanitaria, che in Afghanistan si abbatte su molte migliaia di persone innocenti.

Gli Stati Uniti hanno annunciato che toglieranno ogni limitazione ai servizi d’intelligence, permettendo loro di assoldare anche criminali. Cito le parole del Vicepresidente Cheney: "Per infiltrarsi in queste organizzazioni terroristiche è necessario avere sul libro paga personaggi assai sgradevoli".

Quando il Presidente Bush ha dichiarato la guerra - una guerra tra ricchi e poveri, poiché tale è essenzialmente la lotta sottesa a questa vicenda - egli ha aggiunto che la guerra si vince con gli strumenti dell'azione. Gli strumenti da usare in questo caso, però, devono essere quelli della giustizia: non la sospensione delle norme dello Stato di diritto né la soppressione delle libertà, ma al contrario la loro gelosa conservazione.

Signor Presidente, signora Ministro, signor Commissario, onorevoli deputati di questo Parlamento, se combatteremo una guerra sbagliata saremo destinati a perderla.

 
  
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  McMillan-Scott (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, non dimenticheremo mai le azioni terroristiche che hanno colpito gli Stati Uniti, contro le quali pronunciamo la nostra più ferma condanna. Condividiamo il dolore per le vittime civili e le loro famiglie, così come condividiamo i valori del nostro grande alleato: democrazia e libertà individuale. Il terrorismo crea un'atmosfera psicologica, suscita sdegno e volontà di reagire; dobbiamo perciò essere uniti, determinati e vigili.

Una reazione politica unitaria però non basta; dobbiamo anche rettificare la posizione diplomatica dell'Unione europea. Nel quadro dell'attuale processo di bilancio dobbiamo ripensare il vasto programma di aiuti dell'UE, in particolare nei confronti di quegli Stati che sono in qualsiasi modo coinvolti in trame terroristiche.

L'Unione europea gode fama di essere filoaraba; me ne rammarico, poiché dovremmo essere favorevoli semplicemente alla democrazia. La guerra è stata dichiarata e noi dobbiamo schierarci inequivocabilmente dalla parte dei nostri alleati americani. Il mio partito e il mio gruppo si impegnano a sostenere senza riserve il governo britannico in primo luogo, e inoltre i suoi partner dell'Unione europea e i nostri alleati della NATO. Le dimensioni e la natura dell'atto di barbarie che la scorsa settimana è stato perpetrato contro gli Stati Uniti costituiscono il minaccioso preludio di ciò che potrebbe riservarci il nuovo millennio; dobbiamo quindi esaminare in modo pragmatico le misure che sarà necessario prendere insieme.

Dobbiamo sforzarci di apprendere gli uni dagli altri i metodi più efficaci per garantire la sicurezza dei nostri cittadini, nonché per attenuare quelle tensioni che sfociano nella violenza politica e nel terrorismo. Bisogna consentire per quanto possibile ai nostri elettori di continuare la loro vita normale, ma noi - come rappresentanti politici - non potremo avere tregua fino a quando il terrorismo sopravvivrà.

 
  
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  Read (PSE).(EN) Signor Presidente, la settimana scorsa mi trovavo a Washington, alla guida della delegazione del Parlamento europeo responsabile delle nostre relazioni con il Congresso degli Stati Uniti; abbiamo iniziato la riunione preliminare alla seduta in Commissione alle nove del mattino di martedì 11 settembre, ossia pochi minuti dopo il momento in cui il primo aereo aveva colpito una delle torri, e poco prima che andasse a bersaglio il secondo. Non occorre dire che la nostra riunione è durata ben poco; come gran parte dei cittadini degli Stati Uniti, anche noi ci siamo ben presto ritrovati, in angoscioso silenzio, di fronte a un televisore. Questa era l'atmosfera che si respirava in America martedì; mercoledì - com'è comprensibile - tra la gente prevalevano la rabbia e la paura (gli stessi sentimenti che provavamo anche noi); in seguito sono emerse reazioni più meditate ed equilibrate.

Sono stati molto apprezzati i numerosi messaggi giunti dall'Unione europea e dal nostro stesso Parlamento, oltre al gran numero di messaggi personali che esprimevano simpatia e solidarietà. Abbiamo potuto adempiere una parte del nostro compito di delegazione parlamentare; abbiamo incontrato alcuni esponenti della commissione per gli affari esteri del Congresso e con loro abbiamo avuto discussioni assai utili, anche se velate da grande tristezza. La domanda che essi ci hanno rivolto è stata questa: l'Europa ci darà il suo appoggio? Come ci aiuterà? Un quesito veramente difficile, e sarebbe stato prematuro e inopportuno che una delegazione parziale come la nostra azzardasse una risposta - e naturalmente non sapevamo quale risposta dare. A nome della delegazione ho fatto perciò una dichiarazione che è stata registrata negli atti del Congresso; col suo permesso spero che possa essere registrata pure negli atti del nostro Parlamento. Oltre alla naturale solidarietà che era nostro desiderio esprimere, tale dichiarazione sottolineava essenzialmente il fatto che questo problema andava affrontato con uno sforzo comune da parte degli Stati Uniti, dell'Unione europea e di molti altri paesi.

Diviene sempre più chiaro che la risposta dev'essere calibrata e proporzionata; bisogna inoltre prevederne e pianificarne le conseguenze. S'impongono, con ogni evidenza, iniziative politiche e diplomatiche di grande portata, tese a mantenere la collaborazione coi paesi più prossimi ai possibili obiettivi o più esposti ad azioni militari, nonché con le nazioni che potrebbero più facilmente subirne le conseguenze. Ci aspetta forse un futuro terribile, ma dobbiamo conservare il coraggio e la passione necessari a valutare lucidamente le alternative possibili.

Vorrei ringraziare tutti coloro che in Parlamento hanno espresso la propria preoccupazione per la nostra sicurezza: tra gli altri la Presidente, e in particolare i deputati miei colleghi (tra cui l'onorevole Belder e la onorevole Peijs, i miei due vicepresidenti), gli altri deputati del Parlamento europeo, il personale del Parlamento, gli interpreti facenti parte del personale del Consiglio e della Commissione, e soprattutto il personale della Commissione a Washington. Nel corso di una settimana che è stata veramente tremenda, essi ci hanno dimostrato una gentilezza infinita.

 
  
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  Wiebenga (ELDR). (NL) Signor Presidente, gli attentati contro gli USA mi fanno pensare soprattutto a quello perpetrato a Sarajevo contro l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria nel giugno 1914. Allora sbucò dal nulla un terrorista che colpì al cuore l’impero asburgico, una potenza ritenute inattaccabile. Tale assassinio suscitò una reazione eccessiva da parte asburgica, che portò alla I guerra mondiale.

E’ importante combattere il terrorismo internazionale. E’ altrettanto essenziale farlo assieme con forza e, lo sottolineo, con ponderatezza.

L’Unione europea deve agire. Grazie, signor Commissario: né lei né il Parlamento sono il problema. Mi rivolgo al mio ex collega, il Ministro che rappresenta la Presidenza belga. Sono passati due anni da Tampere. Invito la Presidenza belga ad abolire il diritto di veto nel terzo pilastro, perché altrimenti continueremo ad arenarci e non potremo affrontare in maniera adeguata il terrorismo.

 
  
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  Schmid, Herman (GUE/NGL). (SV) Signor Presidente, ho fatto parte della delegazione che si è recata in visita a Washington la settimana scorsa. Ho potuto toccare con mano la devastazione, l’orrore e la disperazione causata dall’attacco, e ho provato e condiviso a mia volta quel dolore e quella disperazione. E’ ancora fortissima in me la preoccupazione non solo per gli scomparsi, ma anche per i sopravvissuti.

Signor Presidente, dopo avere ascoltato questa discussione ho deciso di mettere in un cassetto la traccia che avevo preparato per il mio intervento. Vorrei piuttosto parlare di una sensazione che si è fatta strada in me dopo avere ascoltato gli altri intervenuti.

Sono estremamente preoccupato sia per l’accaduto, sia per la reazione che quegli eventi hanno scatenato in America e in Europa. Sono convinto che, proprio mentre noi provavamo orrore, in giro per il mondo milioni e milioni di persone fossero invece in tripudio per questo atto di terrorismo. Credo che molti poveri in Asia, Africa e altri continenti abbiano esultato. Abbiamo letto sui giornali che i giovani palestinesi hanno festeggiato questo attentato. Non penso che fossero i soli; credo invece che, in tutto il mondo, milioni e milioni di persone abbiano reagito nello stesso modo. Questo pensiero mi riempie di un orrore e un terrore inauditi, perché significa che ci incamminiamo verso un mondo in cui vi sono milioni di potenziali terroristi e di violenti di questa risma.

Dobbiamo iniziare a chiederci se non siamo ormai davanti a una sorta di guerra sociale. Che questo abbia qualche analogia con le rivolte coloniali? Quand’ero giovane vi fu la rivolta dei Mau-mau, che venne presentata come terrorismo. Ci ricordiamo tutti della guerra in Vietnam. E’ forse un conflitto sociale quello che si cela dietro gli accadimenti degli ultimi tempi? E’ forse un’avvisaglia? Se così è, non hanno alcun senso né i progetti di bombardamenti massicci sul Medio Oriente, né i controlli di polizia inauditi e folli.

La nostra unica chance risiede in tal caso in una colossale politica di riconversione e di ridistribuzione, una politica che cancelli tutta la disperazione e lo sbando presenti nel mondo che generano terrorismo. Altrimenti non potremo mai vivere in sicurezza, con buona pace dei bombardamenti a tappeto e di tutti i servizi segreti di questa Terra.

 
  
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  Queiró (UEN).(PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli Stati Uniti d'America e il mondo libero sono stati travolti da un'ondata di attentati barbari che hanno colpito diverse migliaia di persone, uomini, donne e bambini originari di oltre 60 paesi, assassinati in circostanze terribili di orrore e brutalità. Ancora una volta le nostre prime parole devono essere, alla pari di tante altre, di solidarietà e di cordoglio. Dobbiamo inchinarci dinanzi a tante vite stroncate e alla sofferenza dei familiari. Tali attentati hanno oltrepassato di gran lunga i limiti dell’immaginabile e hanno confermato il timore che il fanatismo dei gruppi terroristi non cede e non vacilla dinanzi ad alcun tipo di considerazione di compassione, facendo temere il peggio per il futuro, salvo che non venga fatto ciò che è necessario per combattere o sradicare il terrorismo. Lungi da noi agognare un nuovo scisma tra Occidente e Oriente. Distinguiamo bene coloro che professano liberamente e pacificamente la propria fede islamica da coloro che, in modo assolutamente intollerabile, cercano nell’appropriazione di un concetto medioevale di guerra santa l’ispirazione per aggredire a livello internazionale cittadini, popoli e Stati che aspirano a vivere in pace.

È quindi necessario rispondere con fermezza ai responsabili di questi gesti ignobili, veri e propri atti di guerra contro il mondo libero, contro coloro che li preparano direttamente, ma anche contro tutti quelli che li accolgono, proteggono, finanziano o ispirano. In tutto ciò l’Unione europea ha enormi responsabilità in quanto comunità depositaria dei valori universali della vita, della libertà, della pace e della sicurezza. Parallelamente alla promozione delle relazioni di fiducia, di cooperazione e di dialogo culturale con tutti i popoli e i cittadini di religione islamica che condividono questi valori universali, avendo in vista un loro coinvolgimento in un accordo attivo contro il terrorismo e la minaccia che rappresenta, l’Unione europea e gli Stati membri devono stabilire, fra loro e a livello internazionale, nuove e più efficaci forme di cooperazione nel campo della raccolta e del trattamento di informazioni nel settore della polizia, dell’armonizzazione dei sistemi giudiziari e legali e, infine, a livello di sicurezza e difesa comuni, che aiutino a prevenire e permettano di punire severamente tutti coloro che ispirano questa nuova forma di minaccia mondiale o coloro che fungono da agenti del terrorismo.

Qui desideriamo esprimere l’auspicio e la speranza che il dibattito di oggi e le conclusioni del Consiglio europeo di venerdì prossimo costituiscano un passo decisivo di una lotta lunga e difficile contro il terrorismo internazionale, lotta che non può non essere presa in considerazione, vista l’attualità e il persistere della minaccia, come nostra priorità fondamentale sul piano della sicurezza europea, atlantica e mondiale.

 
  
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  Bigliardo (TDI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato tanti buoni propositi e anche qualche luogo comune. Devo però dire che non si lotta contro i terroristi se le banche europee accettano i loro depositi per accrescerne il peso finanziario; non si lotta contro il terrorismo se, a seconda degli interessi geopolitici, si vendono armi ai vari paesi che, di volta in volta, accettano il ruolo di ascari di questa o di quella potenza.

Signor Presidente, io credo che non si possa parlare di pace se tutti i giorni si pronuncia la parola "guerra". Il mondo intero è in apprensione per le dichiarazioni, forti - capisco lo stato d'animo e la situazione politica - del Presidente americano, al quale riconosciamo le ragioni di Stato e al quale manifestiamo tutta la nostra solidarietà politica e umana. Ci auguriamo, però, che la parola "guerra" sia mirata contro frange ben individuate di un mondo, quello arabo, che non merita di essere criminalizzato nella sua totalità per i gesti criminali di una criminale e sparuta minoranza di delinquenti, resi apolidi da una lucida, insulsa e barbara follia.

 
  
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  Farage (EDD). (EN) Signor Presidente, a nome del mio partito vorrei porgere le mie più sentite condoglianze al popolo degli Stati Uniti. Data la speciale relazione che ci lega, e le centinaia di cittadini britannici ancora dispersi, partecipiamo anche noi alla tragica perdita che li ha colpiti.

La prima osservazione che devo fare concerne il Primo ministro del mio paese, che si è assunto la responsabilità di rilasciare più di 400 terroristi già condannati; dobbiamo combattere il terrorismo in tutte le sue forme, ed è perciò necessario rifiutare ogni compromesso. Vorrei inoltre ammonire il Consiglio e la Commissione a non sfruttare quest'occasione per portare avanti il progetto dell'integrazione europea. I popoli d'Europa non perdonerebbero quei politici che volessero anteporre i propri interessi particolari alla sicurezza dei cittadini.

Pur di fronte a un futuro incerto e minaccioso, dobbiamo mantenere saldamente il nostro posto a fianco degli Stati Uniti d'America, come quella nobile nazione ha fatto per noi nell'ora più buia della nostra storia. Il nostro impegno nella lotta al terrorismo non dev'essere minore di quello degli Stati Uniti.

 
  
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  Sichrovsky (NI).(DE) Signor Presidente, l’attacco terroristico contro gli Stati Uniti tocca purtroppo anche tutti noi, e non solo perché tra le vittime vi sono probabilmente anche centinaia di europei. Considerando solo i cittadini austriaci, fino ad ora ne risultano dispersi ben trenta. La solidarietà e la cooperazione che ispirano la reazione all’attacco terroristico dovrebbero essere intese come un’offerta illimitata da parte degli europei, e i partner europei farebbero bene a rinunciare ad ogni condizione.

La Spagna, membro dell’Unione europea, ha sicuramente lanciato un segnale in tal senso, al pari della Francia. Entrambi questi paesi hanno infatti inviato prontamente loro esponenti politici negli USA. Rivolgo ora un appello ai partiti politici austriaci affinché rinuncino completamente alla cosiddetta neutralità, poiché di fronte a terroristi e vittime innocenti non vi può essere alcuna neutralità. Nell’ambito di questa collaborazione internazionale, altrettanto importante dei rapporti reciproci tra i paesi democratici sarà la cooperazione con i paesi arabi moderati e con quelli in cui i musulmani sono la parte maggioritaria della popolazione. Un’efficace solidarietà internazionale sarà in questa circostanza l’elemento più importante di una valida contromossa. A coloro che qui si sono riempiti la bocca di “sagge parole” contro un intervento militare e hanno dato sfogo alle loro fantasie pacifiste vorrei dire di andare a New York, di andare nella scuola frequentata anche dai miei figli e di parlare a quei bambini che hanno perso la mamma o il papà o entrambi i genitori a causa di questo attentato!

 
  
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  Nassauer (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, alla solidarietà delle parole deve ora far seguito la solidarietà dei fatti. La CDU-CSU tedesca si pone in ogni caso al fianco degli americani anche nella comune lotta contro il terrorismo. Gli americani hanno avuto un ruolo decisivo nella ricostruzione del nostro paese e nella riconquista della nostra unità. Per ciò abbiamo il dovere di accollarci, assieme a loro, il peso della lotta contro il terrorismo.

Le proposte del Commissario Vitorino rappresentano un primo e giusto passo in tale direzione, ma non sono un programma di immediata applicazione. Le prime delle misure proposte entreranno in vigore appena nel 2002. Per quanto esse siano giuste, noi possiamo e dobbiamo fare di più! Ad esempio, possiamo dotare Europol di maggiori mezzi di quanti ne abbia ora. E’ assolutamente necessario che Europol stipuli, nell’ambito del diritto vigente, un accordo con gli Stati Uniti d’America sullo scambio di dati relativamente alla lotta contro il terrorismo. Si tratta di un progetto che finora non è andato in porto perché abbiamo sempre usato le nostre disposizioni sulla tutela dei dati come lo strumento di misura di ogni cosa. Ma con questo tipo di tutela dei dati abbiamo reso un servizio più ai terroristi che alle loro vittime.

Dobbiamo conferire a Europol senza indugio le capacità necessarie per agire in modo operativo. Dobbiamo finalmente mettere in campo unità investigative congiunte ovunque possibile. Europol dev’essere coinvolta in tutte le indagini sui terroristi e deve favorire uno scambio immediato di informazioni tra gli inquirenti e chi opera nella centrale di Europol. Simili possibilità esistono già oggi ed è nostro dovere sfruttarle: esse rientrano nell’ambito del diritto vigente e non c’è bisogno di aspettare il recepimento di direttive.

 
  
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  Goebbels (PSE).(FR) Signor Presidente, signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non vi è alcuna scusante per un atto terroristico. Il terrorismo è prima di tutto disprezzo per la vita, disprezzo per la vita di cittadini innocenti e talvolta disprezzo per la propria vita. Tutti i popoli devono innalzare un muro contro il terrorismo; non basta arrestare e giudicare gli autori e i mandanti di atti terroristici, ma occorre soprattutto bonificare il terreno sul quale cresce il terrorismo: povertà, sottosviluppo, ignoranza sono terreno fertile per tutti gli integralismi.

E’ un paradosso che ogni avvenimento imprevedibile possa essere facilmente spiegato a posteriori; ma non basta spiegare il mondo, bisogna cambiarlo.

L’economia mondiale versa in pessime condizioni. Dopo l’attacco contro gli Stati Uniti, la situazione rischia di aggravarsi in particolare in caso di azione militare prolungata. L’Europa, per poter aiutare gli altri, deve prima affrontare i propri problemi economici. Plaudiamo alla recente diminuzione del costo del denaro, ma la BCE avrebbe potuto preparare meglio i mercati, risparmiando così grosse perdite in borsa.

Se non si registrerà una crescita equilibrata a lungo termine, senza risanamento dei disavanzi pubblici, un tale choc esterno, imprevisto ed imprevedibile, dovrà indurre l’Europa a lasciar agire gli stabilizzatori automatici per tutti i Paesi dell’Unione. Non si tratta di lassismo, ma di buon senso economico.

Gli amici americani ci fanno vedere che cos’è il buon senso economico. Hanno appena stanziato un consistente pacchetto di aiuti a favore della loro aviazione civile. L’Europa si lamenterà presso l’OMC per questa distensione della concorrenza? Oppure definirà anch’essa una politica di sostegno ai settori economici scossi dalla barbarie? Per fortuna abbiamo l’euro. Senza moneta comune ci sarebbe stata una tempesta sui mercati monetari che avrebbe spinto talune monete come il marco tedesco verso l’alto e altre monete ritenute più deboli verso il basso con un conseguente scompaginamento del mercato interno.

Tuttavia non c’è solo l’Europa; ci sono i paesi poveri che rischiano di soffrire maggiormente di eventuali inversioni della congiuntura e di una recessione sempre possibile. La nostra priorità assoluta dovrebbe essere la reale integrazione di tutti i paesi nel commercio mondiale. La globalizzazione spesso sbandierata non tocca di fatto che un limitatissimo numero di paesi. I quattro quinti degli scambi mondiali avvengono fra una trentina di paesi. Non ci sarà sviluppo senza commercio. L’economia, per poter esportare, deve favorire una crescita endogena che crei maggiore equità all’interno del paese. Onde permettere tale sviluppo endogeno nei paesi poveri, occorre sciogliere al più presto il nodo dell’indebitamento del terzo mondo. Solo sradicando la povertà e l’ignoranza vinceremo definitivamente il terrorismo.

 
  
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  Caveri (ELDR). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il terrorismo internazionale mostra la volontà di una vera e propria escalation nelle proprie azioni e anche nell'efferatezza delle tecniche applicate, come si è purtroppo visto con gli orribili fatti degli Stati Uniti, mentre altre gravi minacce aleggiano, come le armi chimiche o quelle nucleari. Reazioni coerenti e comuni di difesa e di risposta in ambito europeo sono indispensabili e, con le dichiarazioni rese dal Consiglio e dalla Commissione, siamo nella giusta direzione. Resta tuttavia un nodo cruciale nell'ordine internazionale o, se preferite, nel diritto internazionale: il ruolo di istituzioni come l'Unione europea o anche le Nazioni Unite rispetto agli Stati tolleranti e complici del terrorismo. Su tutto ciò non ci possono essere sconti o mezze misure, come talvolta è avvenuto sino ad oggi. Nulla comunque è più come prima, e il Vertice straordinario di venerdì sarà certamente in grado affrontare anche questo argomento.

 
  
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  Tajani (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Commissario, l'Europa e il Parlamento europeo sono al fianco degli Stati Uniti in questo momento buio della storia dell'umanità, certamente il più buio dalla fine della Seconda guerra mondiale. Siamo al fianco degli Stati Uniti anche perché tra le vittime dei vari attentati ci sono decine e decine di europei, molti italiani. L'11 settembre non sono stati colpiti soltanto i simboli della libertà economica e della sicurezza collettiva dell'Occidente: siamo stati colpiti tutti noi.

L'Europa dovrà essere protagonista nella nuova fase politica che si è aperta dopo le ultime tragiche vicende. Le nostre Istituzioni, a cominciare dal Parlamento, dovranno svolgere un ruolo non di secondo piano nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. Assieme a tutti i paesi del mondo, l'Unione sarà chiamata ad essere in prima linea, e le scelte che siamo chiamati a fare dovranno concentrarsi su alcune grandi questioni, prima fra tutte l'individuazione dei colpevoli. Questa è indispensabile per arrivare alla reazione contro il terrorismo che gli Stati Uniti, con gli alleati che riterranno di doverlo fare, dovranno effettuare, ma dovrà essere mirata a colpire i responsabili delle stragi di New York e Washington.

Per vincere questa guerra contro il terrorismo serve, signor Commissario, un deciso rinnovamento nel settore dei servizi segreti. Per questo, accanto al potenziamento di Europol, che condividiamo, appare sempre più necessario dar vita a una sorta di intelligence sovrannazionale. E' un argomento di cui si è discusso nel Vertice tra il presidente del Consiglio italiano e il premier inglese: un progetto che ha l'obiettivo di dar vita a un'organizzazione che possa scoprire e contribuire a colpire i tentacoli della piovra del terrorismo.

La strategia e la mobilitazione internazionale dovranno necessariamente coinvolgere tutti i paesi arabi. Sia chiaro che lo scontro che stiamo vivendo in questo momento non è tra l'Occidente e l'Islam: è tra tutto il mondo e la follia terroristica. Per questo consideriamo molto importante l'annuncio della Russia e della Cina, come positive sono le posizioni di Yasser Arafat e certe decisioni del governo israeliano che contribuiscono a fare dei passi incoraggianti per la pace in Medio Oriente.

Una risposta militare e di intelligence deve insomma essere accompagnata da una forte iniziativa politica dell'Unione nelle aree di crisi più calde: un'azione destinata a spegnere i focolai di disperazione e di intolleranza. Il sospetto di speculazioni finanziarie avviate dai terroristi nelle Borse di tutto il mondo e la crisi di molte compagnie aeree, destinata a provocare il taglio di migliaia di posti di lavoro, richiedono alla comunità internazionale anche una serie di interventi per proteggere l'economia.

Signor Presidente, l'Europa con tutte le sue Istituzioni è chiamata a una grande prova. Siamo tutti convinti, però, che, grazie a una straordinaria concentrazione delle coscienze, alla fine prevarranno i valori di libertà, democrazia e tolleranza, nei quali oggi tutti ci riconosciamo, e che il Parlamento europeo, istituzione che rappresenta i popoli d'Europa, fin da venerdì saprà certamente fare la sua parte.

 
  
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  Hume (PSE).(EN) Signor Presidente, senza alcun dubbio l'intera Unione europea si unisce agli Stati Uniti nell'esprimere la più totale e assoluta condanna verso coloro che hanno perpetrato le orribili atrocità verificatesi in quel paese; esprimiamo inoltre la più profonda solidarietà alle famiglie che hanno perduto i propri cari in questa tremenda tragedia. L'Unione europea e tutte le società democratiche del mondo devono unirsi agli Stati Uniti nel tentativo di assicurare alla giustizia i responsabili di tali delitti; in quest'opera bisogna essere certi di colpire effettivamente le organizzazioni terroristiche e i loro affiliati, e non le comunità in cui costoro vivono - cosa che potrebbe procurare gravi sofferenze a persone innocenti.

In generale il terrorismo si sviluppa nelle zone in cui sono in corso conflitti, e in tali situazioni purtroppo molti di coloro che si fanno coinvolgere nell'attività terroristica credono veramente in quello che fanno. L'Unione europea può svolgere un ruolo importante nella soluzione dei conflitti che gravano su numerose zone del mondo, non inviando eserciti, ma con l'esempio di una filosofia di pace basata su saldi principi. Si dimentica spesso che, in tutta la storia mondiale, l'Unione europea costituisce il migliore esempio di soluzione di un conflitto.

Sessant'anni fa chi avrebbe potuto prevedere la nostra attuale situazione? Chi l'avrebbe prevista nel 1941, quando il furore della seconda guerra mondiale mieteva vittime a milioni? Se i nostri genitori o i nostri nonni si fossero detti "Non temete, i nostri nipoti si riuniranno insieme nel Parlamento di un'Europa unita", nessuno avrebbe creduto a un tale sogno; però quel sogno si è avverato, ed è essenziale comprendere come e perché si è avverato. Per queste ragioni l'Unione europea, anziché mantenere un esercito, dovrebbe istituire presso la Commissione un dipartimento per la riconciliazione e la pace, con un Commissario per la riconciliazione e la pace incaricato di diffondere tale filosofia.

In primo luogo in tutte le aree di conflitto le popolazioni sono divise, e tali divisioni non si possono sanare con la violenza: il primo passo dev'essere il dialogo. In secondo luogo vi è il principio del rispetto per le differenze, poiché tutti i conflitti vertono su qualche tipo di differenza, religiosa, nazionale o etnica. In terzo luogo è necessario creare istituzioni che rispettino tali differenze. Il quarto elemento, infine, è la collaborazione in vista di un interesse comune. Ecco i principi basilari dell'Unione europea, che sono riusciti a risolvere i più aspri conflitti della storia del mondo; questi stessi principi andrebbero impiegati per risolvere altri conflitti ovunque si presentino.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PEREIRA
Vicepresidente

 
  
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  Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, al momento attuale l’Unione europea è in ogni caso più vulnerabile degli Stati Uniti, e continuerà ad esserlo finché la cooperazione tra i paesi membri contro il terrorismo non sarà ottimizzata sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista operativo. Pur essendo disponibile un’Istituzione - Europol – che è competente anche per la lotta contro il terrorismo, essa è però impotente se non tutti gli Stati membri si attengono alla Convenzione e non forniscono in tempo utile tutte le informazioni che servono per le necessarie indagini e successivamente per aiutare gli stessi Stati membri.

Europol resterà un cane che abbaia, ma non morde se continuerà a non disporre di personale sufficiente - attualmente ci sono solo dodici funzionari che indagano sul terrorismo in Europa - e se non le verrà messa a disposizione la dotazione tecnica necessaria. Per tali motivi è urgente, necessario e doveroso approvare un pacchetto di misure. Riterrei opportuno lanciare un monito agli Stati membri: se non rispetteranno tassativamente la Convenzione su Europol, in particolare l’articolo 4, sarà applicato nei loro confronti un meccanismo cogente riguardo alla fornitura delle informazioni.

In secondo luogo, dobbiamo stanziare fondi di bilancio in misura sufficiente a costituire una sede centrale in cui possa operare un numero adeguato di analisti che si occupino delle indagini sul terrorismo. In terzo luogo, dobbiamo istituire unità investigative congiunte per la lotta contro il terrorismo, nell’ambito della cooperazione tra analisti di Europol e rappresentanti degli Stati membri. Accogliamo con favore l’iniziativa accelerata del Commissario Vitorino con le due decisioni quadro come una nuova base giuridica, di cui abbiamo peraltro urgente bisogno per poter iniziare una lotta efficace contro il terrorismo.

Dall’Europa ci si aspetta molto, ci si aspetta che ora intervenga e agisca contro il terrorismo in modo più che deciso: è questo l’imperativo del momento!

 
  
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  Van den Berg (PSE). (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’attacco dell’11 settembre al WTC e al Pentagono è un attacco al cuore della nostra democrazia. Il nuovo terrorismo persegue quale obiettivo principale quello di farci paura, di mettere in subbuglio il nostro mondo e allo stesso tempo di sfruttare l’impotenza degli altri applicando semplici modelli in bianco e nero. Sostanzialmente lo considero un attacco contro il nostro mondo, contro l’intero mondo, e contro il nostro ordine mondiale ed è proprio quest’ultimo che intendo difendere.

Il terrorismo si globalizza e di conseguenza fa uso anche di tecnologie moderne e globali e di strutture criminali internazionali. Pertanto occorre dare una risposta a livello mondiale. Mi riferisco ad una cooperazione più intensa tra i nostri servizi segreti e all’infiltrazione in reti terroristiche. Non ci possiamo permettere di lavorare come Stati indipendenti senza cooperare tra di noi. Dobbiamo intraprendere un’azione comune e con questa nuova azione congiunta dobbiamo spingerci più in là di quanto siamo soliti pensare.

Anche i consorzi finanziari internazionali e le multinazionali devono collaborare attivamente. Produzione di stupefacenti, estrazione petrolifera in aree in cui divampano conflitti e traffico dei cosiddetti “diamanti di sangue” sono forme di finanziamento di azioni illegali, di lotte e di guerre, strettamente collegate con le reti terroristiche.

Dobbiamo bloccare i finanziamenti o dobbiamo smettere di collaborare al commercio di materie prime qualora con tali risorse si alimentino i conflitti e si crei un terreno fertile per il terrorismo. In tal modo possiamo paralizzare in maniera particolarmente efficace il finanziamento delle reti terroristiche. Il nuovo tipo di guerra impone anche uno sforzo continuo nel campo dello scambio di informazioni di carattere economico e sulla criminalità anche se, per motivi di sicurezza, alcuni servizi pubblici diventeranno più costosi o lenti.

Il nostro auspicio di vivere in una democrazia aperta, accessibile a tutti, ci rende vulnerabili, ma la cooperazione è anche la nostra forza. Ciò vale a prescindere dalla razza, dalla fede o dalla nazionalità. Qualsiasi tentativo di un terrorista di dividere il mondo nel loro mondo e nel nostro mondo, di mettere i vari gruppi o le diverse religioni gli uni contro gli altri, è trasparente. I terroristi non sono animati da fede o ideali: la loro è fame di potere. Le loro armi sono la paura e la distruzione. Non vogliono la pace nei Paesi Baschi, in Liberia o nel Medio Oriente: vogliono fare vittime civili. Per questo motivo ci schieriamo dalla parte degli Stati Uniti e di chiunque intenda difendere in maniera pacifica l’ordine internazionale esistente.

 
  
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  Brok (PPE-DE), presidente della commissione per gli affari esteri, i diritti dell’uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa. – (DE) Signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, signor Commissario, credo si possa constatare come la risposta all’attacco terroristico di cui oggi discutiamo venga preparata – a mio parere – con grande cura. Gli Stati Uniti stanno affrontando questa vicenda con calma e cercano di risolvere il problema nell’ambito di un approccio multilaterale, anche in collaborazione con la NATO. Ciò dimostra come tutto stia procedendo all’insegna dell’accortezza.

Ritengo che, proprio per questi motivi, sia nostro dovere affermare chiaramente che non esiste nessuna ragione che ci esima dalla nostra responsabilità e dai nostri impegni, e non solo per una questione di gratitudine, non solo per garantire il futuro delle relazioni transatlantiche, bensì perché è nel nostro stesso interesse! Questo terrorismo che ha assunto le proporzioni di una guerra e ha provocato distruzioni tali che finora avevamo sperimentato solo in tempi di guerra, questo terrorismo – dicevo – è in grado di colpire allo stesso modo Bruxelles oggi, Londra domani e Madrid dopodomani!

I combattenti sono già in mezzo a noi e quindi nessuno può più chiamarsi fuori! Credo che nessuno dovrebbe cercarsi un alibi per non partecipare alle azioni, quando verrà il momento di attuarle, e saranno azioni che noi dobbiamo sviluppare a partire da una nuova concezione della politica di sicurezza. Dovrà trattarsi di azioni militari accompagnate dal ricorso a tutti gli strumenti della politica estera – anche al fine, per esempio, di impedire il formarsi di alleanze favorevoli alla parte avversa – e collegate con la sicurezza interna, di cui il Commissario Vitorino e molti deputati hanno già parlato.

Riguardo all’ultimo punto dev’essere chiaro che contro il terrorismo transfrontaliero si possono adottare provvedimenti anch’essi transfrontalieri, e che persino la migliore legislazione nazionale e la migliore polizia nazionale nulla possono se non c’è cooperazione in questo campo!

Vorrei dire ancora una cosa: non c’è alcuna ragione che giustifichi il terrorismo; dobbiamo però provvedere affinché siano rimosse le cause che permettono al terrorismo di trovare appoggi. Per tale motivo dobbiamo dare il nostro contributo all’eliminazione, in Medio Oriente come in altre regioni, del terreno fertile su cui il terrorismo cresce.

(Applausi)

 
  
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  Díez González (PSE).(ES) Signor Presidente, gli attacchi terroristici dell'11 settembre hanno reso di grande attualità il nostro dibattito sulla necessità di un'azione comune nella lotta al terrorismo. Siamo ancora atterriti dalle terribili immagini, dalla tremenda realtà, dalle gravissime conseguenze che hanno avuto e da quelle che, immaginiamo e siamo certi, avranno.

A parte le conseguenze sull'economia o sulle relazioni politiche a livello mondiale, però, sono morte migliaia di persone e vi sono migliaia di persone che hanno perso genitori, figli, mariti, amici, persone care. A queste persone afflitte e alle vittime voglio dedicare le mie prime parole: loro, le vittime, devono essere presenti nelle nostre deliberazioni e nelle nostre decisioni future, perché siamo loro debitori. Dovremo agire, in particolare, per fare giustizia ed evitare che, per azione od omissione, vi siano altre vittime innocenti. Sappiamo di dover fare qualcosa, che è necessario dare una risposta giusta, democratica, adeguata - comunque sia una risposta - perché i terroristi non credano di essere o di restare impuniti, e perché abbiamo l'obbligo di assicurare ai cittadini che lo Stato di diritto possiede gli strumenti necessari per tutelare la loro vita, la loro libertà e la loro sicurezza.

Non posso né desidero astrarmi dalla mia condizione di basca. Mi piacerebbe non avere questa esperienza in materia, darei qualsiasi cosa per non averla, ma ce l'ho. So che la cooperazione internazionale è la strada, che le iniziative presentate oggi dal Commissario Vitorino sono la via da seguire: cooperazione politica, cooperazione giudiziaria e cooperazione tra forze di polizia. La corresponsabilità di fronte al terrorismo è la nostra principale risposta politica, la più efficace.

Onorevoli colleghi, il terrorismo - come è già stato detto - non ha confini, né patria, né religione, né ideologia. Ha un obiettivo e un metodo comuni, e non ha mai desiderato la pace. I terroristi hanno sempre tentato di sconfiggerci e di sconfiggere la democrazia. Pertanto vi dico che quanto è stato oggi deciso dalla Commissione, quanto oggi è stato approvato, è un fatto storico. Permettetemi di definirlo come tale. E' stato compiuto il passo che mancava per passare dalla solidarietà, necessaria, ma non sufficiente, all'azione comune di tutti.

La ringrazio moltissimo, Commissario Vitorino, e ringrazio tutti per questa decisione.

 
  
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  Oostlander (PPE-DE). (NL) Signor Presidente, ricchissimi gruppi elitari, i cui membri e complici hanno usufruito di una formazione universitaria, attaccano le nostre istituzioni finanziarie, economiche e di sicurezza. Questo atroce dramma non può rimanere senza risposta. I cittadini chiedono alle autorità di intervenire attivamente.

A livello di politica estera, l’Unione europea lo può fare perché siamo sempre più in grado di rispondere con un’unica voce. Il valore del nostro contributo per eliminare il terreno fertile al diffondersi del terrorismo è aumentato vertiginosamente. Mi auguro che di ciò sapremo renderci conto anche nel prossimo futuro. A livello interno non si riesce ancora a parlare con un’unica voce, in quanto vige ancora il principio “ciascuno per conto suo”. Per fortuna, la Commissione ha capito che non è possibile continuare su questa strada.

Commissario Vitorino, le esprimo il mio apprezzamento per il fatto che sia lei sia la Commissione vi siete resi conto che parlare con un’unica voce a nome dell’Unione europea è assolutamente necessario. Nel lasso di una settimana lei ha presentato un piano contenente proposte pratiche e indispensabili. Ciò si ripercuoterà positivamente con un aumento della fiducia da parte dei cittadini. Mi auguro che nessuno Stato membro abbia il coraggio – del tutto fuori luogo - di prendere le distanze da questo piano così necessario, facendo ricadere su di sé lo sdegno dei propri cittadini.

E’ ovvio che in questo caso è importante fare giustizia perché, in primo luogo, è stato perpetrato un reato, a prescindere dai motivi che possano essere addotti per renderlo meno grave. Lo vediamo anche con l’Irlanda del Nord dove, per definire degli accordi, vengono utilizzati – a torto – dei termini che rappresentano un’offesa per chiunque prenda sul serio la religione.

Possiamo dichiararci soddisfatti della relazione Watson, che offre un primo approccio per gli sforzi del Parlamento e che può essere integrata con affermazioni relative ai preparativi per i reati che vengono compiuti altrove, ossia al di fuori dell’Unione europea.

Facciamo affidamento sul fatto che il signor Commissario non ammetterà proposte di decisioni quadro con formule vaghe, come oggigiorno abbiamo a volte modo di vedere, o con formule prive di qualsiasi significato. Il vero valore aggiunto sta nel fatto che per i cittadini deve diventare chiaro che l’Unione europea è in grado di prendere le redini quando si tratta di garantire la sicurezza interna.

 
  
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  Jarzembowski (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente del Consiglio, signor Commissario, da questa vicenda dobbiamo trarre le conseguenze anche per il trasporto aereo. Abbiamo bisogno di misure atte ad impedire il ripetersi di simili attacchi terroristici mediante aerei. Abbiamo urgente bisogno di aumentare la sicurezza dei passeggeri, e meglio sarebbe farlo a livello internazionale. Però ciascuno di noi dovrebbe cominciare con l’aumentare la sicurezza nei suoi aeroporti nazionali. Abbiamo bisogno di controlli più severi sui bagagli, compreso il bagaglio a mano, nonché sul personale degli aeroporti. Ma soprattutto non basta che i controlli negli aeroporti siano intensificati oggi e domani e che tra sei mesi siano di nuovo allentati in determinate regioni d’Europa. No, abbiamo bisogno di controlli severi e duraturi.

In certi casi e su determinate tratte abbiamo probabilmente bisogno di accompagnatori armati, e dobbiamo verificare la necessità di rendere più sicure le cabine di pilotaggio da attentati terroristici, per evitare che gli aerei diventino la più grande arma del mondo. Le nostre preoccupazioni, però, riguardano non solo la sicurezza dei passeggeri – che è di primaria importanza – bensì anche un fenomeno che si sta ora verificando, ovvero l’enorme calo del numero di passeggeri delle linee aeree. Dobbiamo continuare a seguire la situazione. Questa diminuzione nel numero di passeggeri è dovuta forse agli attentati terroristici o ha piuttosto cause congiunturali o strutturali? Le richieste di alcuni governi pubblicate sui giornali di oggi – sovvenzioni, sovvenzioni – non possono essere la risposta giusta!

Il mio gruppo è contrario a concedere aiuti alle compagnie aeree; dobbiamo piuttosto riflettere sui modi per aiutarle, e questi modi possono essere accordi su un code sharing o autorizzazioni per ristrutturazioni, merger e acquisition delle compagnie stesse. Potremo così risolvere il problema in maniera un po’ più elegante e garantire la competitività delle compagnie. Quello che invece non dobbiamo fare è concedere sovvenzioni indiscriminate.

E’ senz’altro possibile che questa situazione cambi. Se gli Stati Uniti daranno copiosi finanziamenti alle loro compagnie aeree, dovremo stare attenti e vedere quali conseguenze ciò avrà sul mercato transatlantico, nel qual caso non potremo abbandonare le nostre compagnie a sé stesse bensì dovremo aiutarle, ma – e questo è il mio invito – con moderazione. Prima di tutto dobbiamo comunque accrescere la sicurezza dei passeggeri!

 
  
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  Morillon (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, martedì scorso ci siamo risvegliati con stupore dinanzi al manifestarsi di una nuova forma di totalitarismo. Il nazismo l’altro ieri, lo stalinismo ieri, il fondamentalismo islamico oggi avevano ed hanno in comune il più profondo disprezzo per l’essere umano che essi intendono piegare al compimento dei propri disegni di dominio universale.

L’11 settembre a New York e Washington non è stata attaccata solo la libertà, ma anche la dignità della persona umana. I mandanti di questo mostruoso attentato hanno deliberatamente sacrificato la vita dei loro stessi uomini al solo scopo di uccidere il maggior numero possibile di vittime innocenti, per suscitare il terrore nella mente degli oppositori e riaccendere il fanatismo dei sostenitori. La risoluzione espressa in tutto il mondo dimostra che non hanno conseguito il primo obiettivo, ma le manifestazioni di giubilo alle quali abbiamo assistito in vari paesi provano forse che il secondo obiettivo potrebbe non essere stato mancato. Dinanzi a questa minaccia saremo costretti a rivedere la nostra difesa comune, ma anche a lavorare sull’istituzione di un nuovo ordine mondiale che permetta in particolare all’Europa di impegnarsi di più nella soluzione dei conflitti regionali che nel Vicino Oriente, come anche in Afghanistan e in Africa, non cessano di insanguinare il pianeta.

Per lottare contro il terrorismo fondamentalista dobbiamo concentrare i nostri sforzi su un sostegno più deciso ai fautori di un Islam moderato e tollerante, siano essi al potere o all’opposizione. In Afghanistan, ad esempio, non abbiamo saputo rispondere alla pressante richiesta del comandante Massoud di distruggere il vespaio che si è creato in quel paese. Dobbiamo appoggiare i suoi sostenitori in seno all’Alleanza del Nord, unici rappresentanti del governo riconosciuto del paese, ed aiutarli con tutti i mezzi a rovesciare il regime barbaro dei talebani. Per lottare contro i terrorismo fondamentalista dobbiamo riformare profondamente la nostra difesa. L’Europa non ne ha i mezzi. Il Congresso ed il Senato americani hanno appena concesso 40 miliardi di dollari al Presidente degli Stati Uniti. Di quale somma disponete oggi, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, per manifestare non solo a parole la nostra volontà di schierarci a fianco del popolo americano nella lotta che ci viene imposta?

Onorevoli colleghi, oggi nulla è più come prima. Spero che nell’approvare in seconda lettura il progetto di bilancio 2002 sapremo trarne le debite conseguenze.

 
  
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  Cushnahan (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, io rappresento un paese che con gli Stati Uniti ha sviluppato una relazione storica assai stretta, anzi unica nel suo genere. Noi irlandesi abbiamo grandemente apprezzato l’aiuto che abbiamo ricevuto dagli Stati Uniti per estirpare la violenza dalla nostra isola.

Ciò che è accaduto a New York e a Washington non è nuovo: attacchi condotti contro obiettivi economici e politici, o contro istituzioni responsabili della sicurezza, con gravi perdite fra i civili, hanno spesso contraddistinto il terrorismo internazionale. Ne abbiamo avuto esempi in Irlanda, Gran Bretagna, Spagna e in altri paesi europei; ecco perché comprendiamo e condividiamo il dolore di coloro che ne hanno sofferto. In Irlanda speriamo che questo crimine ponga fine all’abitudine, invalsa in alcune parti degli Stati Uniti, di trattare alla stregua di celebrità gli esponenti di organizzazioni che si macchiano di simili delitti in Irlanda; si può anche sperare che ne venga diminuita la capacità di raccogliere finanziamenti, soprattutto in quanto la loro sezione paramilitare, oltre ad allacciare stretti legami con altri capi terroristi, detiene ancora armi per l’attività terroristica e addirittura strumenti di distruzione di massa.

Il più grave problema che i leader dei paesi democratici devono affrontare in questo momento è quello di trovare la risposta adatta a quest’ultimo episodio di barbarie. Devo però dire che il linguaggio abitualmente usato dal Presidente George W. Bush desta in me qualche preoccupazione: l’invito a catturare qualcuno “vivo o morto” figurerebbe bene in un film western, ma è del tutto fuori luogo in bocca a un leader mondiale, tanto più nel corso di una crisi internazionale.

Il moto di ribellione che ha fatto seguito agli avvenimenti della settimana scorsa fornisce una spinta capace di raccogliere tutti a difesa degli ideali democratici nella lotta contro il terrorismo internazionale; se però questa tendenza venisse manipolata in modo poco avveduto, potrebbe far precipitare il mondo occidentale in un conflitto col mondo islamico, e ciò avrebbe conseguenze catastrofiche per tutti. La nostra reazione dev’essere quindi meditata e proporzionata; non deve provocare perdite inutili fra i civili, cosa che farebbe nascere un’altra generazione di terroristi.

Abbiamo un’occasione unica per liberare il mondo dalla mala erba del terrorismo e rinvigorire invece la democrazia; le future generazioni non ci perdoneranno se la sprecheremo.

 
  
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  Van Orden (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, il Regno Unito affronta questa tragica circostanza con unità d'intenti, rincuorato dalla solidarietà che i leader politici di tutta Europa hanno espresso nei confronti degli Stati Uniti. In passato l'entusiasmo che numerosi politici del nostro continente dimostravano per l'integrazione europea era in realtà alimentato dall'antiamericanismo; si tratta però di un atteggiamento da abbandonare, poiché raramente l'esigenza dell'unità euroatlantica si è fatta sentire in maniera più imperiosa.

Confido che i leader dell'Unione europea vigileranno affinché nessun governo europeo sia tentato di farsi da parte quando il gioco si farà duro – in precedenti periodi di crisi, la risolutezza di alcuni non tardò a dissolversi. Sarebbe poi veramente inopportuno servirsi di questa crisi per promuovere e accelerare il programma d’integrazione dell'Unione, soprattutto per ciò che riguarda gli elementi della politica di difesa europea, essenzialmente separatisti. Dobbiamo puntare a una seria azione contro il terrorismo, non limitarci a cogliere un'occasione per estendere le competenze dell'Unione europea.

Sul fronte interno, spero che la definizione comune di reato di terrorismo, proposta a livello di UE con la legislazione connessa, sarà abbastanza forte per consentire un'efficace azione contro numerosi individui aderenti alle organizzazioni terroristiche che agiscono in Europa. Devo però confessare che ho i miei dubbi: il fatto è che troppi terroristi trovano chi li giustifica, o riescono a presentarsi con un manto di rispettabilità.

E' necessario individuare i metodi adatti per impedire ai fiancheggiatori del terrorismo di svolgere quelle attività che nei nostri paesi sono ancora considerate legali: reclutamento, indottrinamento ideologico, diffusione di trasmissioni, nonché raccolta di fondi per finanziare azioni illegali commesse altrove. Più specificamente, è ormai ora che i sette Stati membri dell'Unione europea che ancora non lo hanno fatto (tra cui il Belgio, che detiene la Presidenza) si affrettino a ratificare e ad applicare la Convenzione delle Nazioni Unite per la soppressione dei finanziamenti al terrorismo, così da stroncare quelle reti di finanziamento in nero che alimentano le organizzazioni terroristiche.

La società democratica ha bisogno di proteggersi e dev'essere in grado di affrontare i pericoli concreti; negli ultimi anni, invece, la nostra società è stata progressivamente disarmata.

 
  
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  Gemelli (PPE-DE). – Signor Presidente, nell'esprimere la condanna più ferma nei confronti degli atti terroristici e nell'affermare che il terrorismo non ha bisogno di aggettivi né di collocazioni ideologiche per essere esecrato, condivido il pensiero di chi ritiene che bisogna stabilire una fortissima collaborazione con gli Stati Uniti nel formare una larghissima alleanza mondiale contro il terrorismo, con tutti i paesi che vorranno aderire. L'alleanza mondiale contro il terrorismo dovrà affrontare sicuramente gli aspetti militari per garantire la sicurezza, ma dovrà anche prendere in considerazione tutte le forme possibili di terrorismo che potranno essere messe in atto e che vanno dal terrorismo finanziario a quello bancario, dal terrorismo economico e quello alimentare, da quello ambientale a quello elettronico e informatico.

Il dibattito delle assemblee parlamentari del Parlamento europeo, dell'OSCE, dell'UEO, riunite nell'assemblea del Patto di stabilità dell'Europa orientale e meridionale, ha posto l'accento, nella maggior parte degli interventi, da un lato, sulla necessità di accelerare il processo di democratizzazione di quei paesi e, dall'altro, sulla difesa dei diritti umani, che rappresentano i due pilastri fondamentali che sconfiggeranno la povertà e il sottosviluppo attraverso un uso razionale delle risorse economiche.

La difesa dei diritti umani e l'attuazione della democrazia deve, da questo momento, essere una pretesa irrinunciabile, che l'Unione europea deve richiedere a tutti i paesi con i quali intrattiene rapporti. Tale pretesa è rigida e incondizionabile perché rappresenta la garanzia della tutela della difesa della dignità di ogni cittadino nel mondo. L'Unione europea deve ribadire il rispetto di ogni confessione religiosa e, nel contempo, deve richiedere a tutte le confessioni di condannare ed esecrare gli atti terroristici per tracciare un chiaro solco tra società civile e libera di manifestare qualsiasi religione e terrorismo a cui dev'essere negata qualsiasi motivazione religiosa. Condivido l'idea di convocare un forum mediterraneo che condanni il terrorismo, supporti il processo di pace in Medio Oriente e rilanci il partenariato euromediterraneo.

Infine, Europol e Eurojust insieme devono divenire strumenti europei efficaci, ponendo il problema di arricchire il corpus juris europeo e creando così un quadro di riferimento giuridico di fondamento che dia origine al diritto civile, penale e amministrativo europeo.

 
  
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  Atkins (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, vorrei esprimere la mia solidarietà agli Stati Uniti e alle altre vittime di questa terribile tragedia. Da ex Ministro dell'Irlanda del Nord, anch'io sono stato un bersaglio dei terroristi e anch'io mi sono trovato circondato dalle telecamere in mezzo alle distruzioni provocate da un attentato. So perciò quanto sia importante individuare la reazione giusta, ma anche come, per una democrazia, sia essenziale proteggere il più possibile tutti i cittadini.

Come l’onorevole collega Jarzembowski, anch'io mi interesso soprattutto dell'aviazione e di coloro che se ne servono - per lo più gente comune. Come membro della commissione per i trasporti ho scritto al presidente della commissione stessa chiedendogli di esaminare tempestivamente le ripercussioni dell'attuale situazione su questo importante settore. Servono anzitutto provvedimenti di sicurezza negli aeroporti e sui velivoli, e poi il controllo dello spazio aereo già congestionato, in previsione di un probabile incremento dell'attività militare, tenendo in debito conto anche il pericolo di incursioni ostili nello spazio aereo civile europeo e naturalmente il mantenimento della vitalità economica delle compagnie aeree – un aspetto segnalato dallo stesso presidente della commissione. E' essenziale affrontare con coerenza i problemi della sicurezza pubblica e del mantenimento di una serena atmosfera psicologica in tutta l'Unione.

Dobbiamo evitare le reazioni eccessive, che servirebbero solo ad acuire i comprensibili timori dei viaggiatori, compromettendone anche le libertà civili; dobbiamo invece trovare la risposta giusta e agire immediatamente insieme ai nostri amici ed alleati negli Stati Uniti e nell'ambito di organizzazioni internazionali come l'ICAO. Trovare la strada giusta richiede lavoro ed impegno: come ha sottolineato l'onorevole Van Orden, bisogna essere certi che fra sei mesi faremo e diremo le stesse cose che affermiamo ora. Il messaggio, in conclusione, è semplicissimo: dobbiamo scongiurare la vittoria del terrorismo!

 
  
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  Krarup (EDD).(DA) Qualsiasi attacco contro civili è esecrabile e per questo anche la minaccia di guerra che sentiamo a Washington – il Presidente utilizza espressioni come "crociata" – è altrettanto esecrabile. E’ mostruoso, poiché sappiamo che un intervento militare in ogni caso distruggerà la società civile e creerà il terreno più fertile per altri atti terroristici. Il nostro compito più importante è proprio quello di ricordare ai nostri alleati negli Stati Uniti la prudenza, le azioni ponderate; infatti non si combatte il terrorismo con l’intervento militare. Per quanto riguarda le proposte presentate dalla Commissione, vorrei dire brevemente che quello che è necessario per evitare il terrorismo non è contenuto nelle proposte. Le radici sono molto più profonde. Quello che viene proposto non è necessario e nemmeno sufficiente per debellare il terrorismo. Si tratta di fondamentali problemi di ripartizione di natura totalmente diversa. Questa è la cosa importante: evitiamo certe metafore militari, certi scontri, lotte e crociate.

 
  
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  Neyts-Uyttebroeck, Consiglio.(NL) Signor Presidente, onorevoli deputati, ho ascoltato con grande attenzione i numerosi interventi susseguitisi nell’odierno dibattito. Credo che sia stata pronunciata una serie di affermazioni di tutto rilievo.

E’ ovvio che quanto accaduto lo scorso martedì è un campanello d’allarme per l’Europa. Come diversi onorevoli hanno ribadito, in futuro dovremo eliminare le differenze tra primo, secondo e terzo pilastro dell’integrazione, ossia eliminare il secondo e terzo pilastro della costruzione europea. Forse qualcuno si renderà conto in queste circostanze che lanciare un appello in tal senso non è una prova di necessità istituzionale, bensì dimostra la preoccupazione di garantire l’efficacia dell’azione dell’Unione.

In tale contesto ho preso buona nota dell’invito formulato al mio indirizzo dal vostro collega e mio amico Wiebenga. Vorrei dirgli che può già iniziare a svolgere il suo lavoro convincendo il suo partito e il suo governo a lasciar cadere qualsiasi veto in merito al terzo pilastro. Ciò rappresenterebbe un bel passo avanti nella giusta direzione.

Per quanto riguarda la nostra cooperazione con gli Stati Uniti, a nome del Consiglio ho affermato che essa dev’essere potenziata e spingersi più in là delle consuete forme di collaborazione. Assieme a molti di voi mi auguro che la questione americana legata al sostegno da parte dell’Europa, così come ribadito da numerosi deputati, continui ad essere chiara anche in futuro e che si possa sviluppare una cooperazione equilibrata in cui scambiarci mutuamente – su base ugualitaria – informazioni, supporto e aiuto nella maniera più completa possibile, per portare avanti tutte le azioni necessarie per combattere il terrorismo internazionale.

Sulla scia di alcuni vostri interventi vorrei sottolineare, a nome del Consiglio, che sarebbe un errore terribile se vedessimo in quanto accaduto la scorsa settimana una specie di conflitto tra due civiltà o, peggio ancora, un conflitto tra due visioni filosofico-religiose del mondo. Purtroppo il radicalismo non è monopolio di nessuno e non lo è neppure il fanatismo.

Quanto successo la settimana passata è così atroce a causa delle dimensioni di tali eventi e dell’enorme numero di vittime causato. Le immagini rimarranno per sempre impresse nella nostra memoria, ma purtroppo ogni giorno veniamo nuovamente messi a confronto con espressioni di cieco fanatismo - ben più vicino a noi - che non possiamo certo attribuire, come certi fanno, a determinate concezioni del mondo. Voglio lanciare un fermo monito contro tale comportamento. Non possiamo muoverci in quella direzione, anzi dobbiamo far sì che tutti i focolai di conflitti esistenti nel nostro continente, ma anche al di fuori di esso, vengano trasformati quanto prima in processi di pace. Mi riferisco, come molti deputati, al Medio Oriente, ma non solo a quello. Penso anche ai Balcani e all’Africa e proprio stamani ho parlato del programma della Presidenza in relazione all’Africa.

Come ho già affermato nel corso del mio primo intervento, l’Unione europea sta trasformandosi – più velocemente di quanto molti pensino e più lentamente di quanto molti vorrebbero – in una potenza mondiale. Ciò comporta ulteriori responsabilità. Mi auguro che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi ci dimostreremo degni di far fronte a queste nuove, pesanti responsabilità.

(Applausi)

 
  
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  Vitorino, Commissione. – (PT) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, la Commissione ha gradito i contributi apportati a questo dibattito. Non mancherò di trasmettere al Presidente Prodi e al mio collega, Commissario Patten, le domande che hanno a che vedere direttamente con le loro responsabilità nell’ambito della Commissione. Da parte mia, desidero sottolineare solamente tre punti. Voglio dire anzitutto che condivido totalmente l’idea secondo cui la strategia contro il terrorismo non deve disperdersi tra i pilastri dell’Unione europea. È d'uopo adottare una strategia globale che metta in moto diversi strumenti: la politica di prevenzione dei conflitti, naturalmente, lo sviluppo di un dialogo politico con le regioni più problematiche nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, naturalmente, la politica di aiuto allo sviluppo, ma anche - sia chiaro - la politica di sicurezza e la politica di cooperazione di polizia e giudiziaria. Non possiamo ignorare le cause profonde del terrorismo, ma non possiamo nemmeno permettere che rimanga la minima ambiguità, per cui affermiamo che non vi è ragione che giustifichi il ricorso al terrorismo e alla violenza che sacrifica vite innocenti. Per questo la miglior forma di lotta al terrorismo nel nome dei valori della democrazia consiste nell’utilizzare le armi della legge, della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria.

In ogni caso è ovviamente opportuno sottolineare che ci sono alcune responsabilità in merito alle quali noi stessi dobbiamo interrogarci: la questione del finanziamento del terrorismo, la necessità di applicare rigorosamente la Convenzione delle Nazioni Unite contro il finanziamento occulto del terrorismo, l’esigenza di adottare meccanismi efficaci contro il riciclaggio del denaro e i paradisi fiscali che alimentano finanziariamente i gruppi terroristici, nonché la questione della Convenzione delle Nazioni Unite sul traffico delle armi, ossia il seguito della Convenzione di Palermo sulla criminalità organizzata. Si tratta di forme multilaterali per dimostrare, nell’ambito delle Nazioni Unite, che le vittime dell’11 settembre non sono morte invano. Ciò equivale a dire che gli Stati hanno capito la lezione e che sono disposti a dar prova inequivocabile del rafforzamento della cooperazione nella lotta contro il terrorismo.

Il secondo punto che desidero sottolineare riguarda la sicurezza dei trasporti aerei. Mi fa piacere comunicarvi che il Consiglio dei ministri dei trasporti ha deciso che un gruppo di lavoro presenterà il 15 ottobre prossimo una prima relazione non solo sulle misure di sicurezza più immediate al momento adottate negli aeroporti e sugli aeroplani, ma anche sulla necessità di raggiungere un accordo, soprattutto con i nostri partner americani, per la pronta definizione di queste misure volte al rafforzamento della sicurezza del trasporto aereo. Desidero aggiungere che tali questioni verranno già poste sul tavolo dai rappresentanti dell’Unione europea in seno all’Assemblea generale dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile che avrà inizio il 25 settembre.

Relativamente alle decisioni politiche (ad esempio alle due decisioni quadro che la Commissione è riuscita ad approvare) è più che evidente che l’unanimità potrà rivelarsi un ostacolo difficile da superare in Consiglio. La Commissione ha già detto a più riprese di essere favorevole all’idea di semplificare e sveltire i metodi di decisione nell’ambito del terzo pilastro. In ogni caso, al di là della questione dell’unanimità, nell’ambito della lotta al terrorismo, la posizione politica della Commissione è chiara: nessuno Stato deve bloccare né tanto meno escludersi dalla lotta al terrorismo. L’efficacia del progetto delle decisioni quadro dipende dalla possibilità che esse siano o meno applicate uniformemente in tutti gli Stati membri dell’Unione senza eccezioni, perché vogliamo che nell’Unione non ci sia alcun paradiso per le attività terroristiche o criminali. A questo riguardo auspico che gli appelli di questo Parlamento e dell’opinione pubblica siano sufficienti affinché si possano trovare le formule di compromesso necessarie a rafforzare la cooperazione di polizia e la cooperazione giudiziaria, formule legittime in democrazia per lottare contro il terrorismo.

 
  
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  Presidente. – Molte grazie, Commissario Vitorino.

 
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