Torna al portale Europarl

Choisissez la langue de votre document :

 Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 19 settembre 2001 - Bruxelles Edizione GU

7. Futuro della politica di coesione
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul futuro della politica di coesione.

 
  
MPphoto
 
 

  Neyts-Uyttebroeck, Consiglio. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, dal 1988 ad oggi la politica regionale ha riscosso innegabili successi, che non sono certo dovuti al caso, ma sono il frutto di una scelta politica importante a favore della solidarietà, scelta che si è tradotta sul piano del bilancio con lo stanziamento di oltre un terzo delle spese comunitarie alla coesione economica e sociale.

Mentre è in corso il periodo di programmazione 2000-2006, il 31 gennaio scorso la Commissione ha approvato la seconda relazione sulla coesione economica e sociale, ai sensi dell’articolo 159, comma 2, del Trattato. Oltre all’inventario pertinente di studi e indicazioni statistiche nella prospettiva dell’ampliamento, il rapporto contiene conclusioni e raccomandazioni che invitato al dibattito sul futuro della politica regionale. La coesione economica e sociale è una realtà di cui ci si deve preoccupare sin d’ora, poiché dobbiamo trovare risposte per il prossimo periodo di programmazione, ovvero quello che inizierà il 1° gennaio 2007, quando l’ampliamento ai nuovi membri sarà divenuto una realtà.

Alla luce degli elementi statistici della seconda relazione sulla coesione, un fatto colpisce l’immaginazione. Una sfida due volte maggiore ci attende con l’ampliamento, poiché i dati indicano che le disparità regionali sono destinate a raddoppiare. In termini relativi, i ritardi di sviluppo e di riconversione riguarderanno un maggior numero di regioni e presenteranno una maggiore intensità quando saremo 27 Stati. Inoltre, per un semplice effetto meccanico, un certo numero di regioni dell’attuale Unione europea non si ritroverà più nel novero delle regioni in difficoltà, senza però che la loro situazione economica reale abbia registrato un’effettiva evoluzione positiva.

 
  
  

(NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione soprattutto a due questioni.

La prima è se sia possibile procedere all’ampliamento senza una forte politica strutturale e di coesione. La seconda riguarda la maniera in cui la politica in materia di contesto economico e sociale debba continuare a rivolgersi alle regioni che accusano un ritardo nello sviluppo degli odierni Stati membri e con quali obiettivi. Entrambe le questioni sono state ampiamente discusse nel corso del Consiglio informale “politica regionale” tenuto a Namur il 13 luglio scorso.

Per quanto riguarda la prima questione, tutti hanno riconosciuto che l’ampliamento comporterà un notevole aumento delle esigenze in materia di coesione sociale ed economica. Ciò è stato anche sottolineato nella seconda relazione della Commissione sulla coesione economica e sociale. I dati riportati nella relazione sono chiari; in seguito all’ampliamento, le differenze aumenteranno in due modi: in primo luogo, raddoppierà la parte di popolazione in regioni con un PIL pro capite inferiore al 75 percento dell’attuale media comunitaria; ciò significa che il numero di cittadini che ricadono nell’obiettivo 1 dei Fondi strutturali passerà dal 19 percento dell’Unione dei Quindici al 36 percento dell’Unione dei Ventisette.

In secondo luogo, le differenze aumenteranno anche di portata. Oggigiorno il PIL medio pro capite nelle regioni che accusano un ritardo è pari al 66 percento della media UE. Se a ciò si aggiungono le regioni con un ritardo nello sviluppo appartenenti ai paesi candidati, il PIL medio pro capite scende a meno della metà della media UE, ossia al 77 percento.

Sulla base di tali dati si può desumere che con l’ampliamento il problema della coesione diventerà due volte maggiore per portata e numero rispetto a quanto sia ora. Povertà e disparità sono un problema assai difficile da risolvere e ci rendiamo conto che ci vorrà molto tempo per sradicarlo. Anche se i paesi candidati crescessero più rapidamente di quanto fatto dai paesi della coesione nello scorso decennio, l’attuale livello del PIL pro capite implicherebbe un processo di convergenza di almeno due generazioni. Persino con un tasso di crescita simile a quello irlandese degli ultimi dieci anni ci vorrebbero vent’anni per giungere al 90 percento del PIL pro capite dell’Unione dei Quindici.

E’ da tale prospettiva che oggi si devono valutare le priorità e gli obiettivi della nostra politica regionale. Anche la gestione tout court del previsto pacchetto di misure rappresenta un elemento importante nel senso che non bisogna perdere di vista il fatto che attualmente la maggior parte dei paesi candidati non dispone di strutture idonee per gestire la politica regionale così come noi per lo più pensiamo.

Ciò premesso, durante il Consiglio informale di Namur si è dato un chiaro segnale, cioè che è necessario continuare a sostenere le attuali aree dell’Unione europea che presentano un ritardo. Il sostegno legato agli odierni obiettivi, previsto per le aree svantaggiate sia degli Stati membri sia dei paesi candidati, deve essere concesso in maniera equa. Ciò dovrà essere necessariamente abbinato ad un impiego ancora più efficace delle risorse comunitarie.

Pertanto vi è unanimità circa la prosecuzione dell’attuale politica regionale a favore delle regioni che continuano a lottare con difficoltà strutturali.

 
  
  

Signor Presidente, onorevoli deputati, i Quindici sono favorevoli ad un rafforzamento della coerenza delle politiche da sviluppare a tutti i livelli, particolarmente tra i Fondi strutturali ed il Fondo di coesione, concentrando ulteriormente gli interventi.

Del resto, le domande di valutazione complementari, segnatamente sull’efficacia del sistema attuale, sono state formulate da taluni Stati membri prima che essi si impegnassero con più decisione nella determinazione delle modalità e dei meccanismi che disciplineranno in futuro la politica di coesione economica e sociale. Detti meccanismi e modalità saranno oggetto di una proposta globale della Commissione nel 2004, nella sua terza relazione sulla coesione economica e sociale. Comunque sia, è chiaro che i progetti e le azioni sostenuti dalla politica di coesione economica e sociale rivestono un’importanza particolare per i cittadini europei. Ciò contribuisce ad avvicinare i cittadini alle Istituzioni ed alle politiche europee.

Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, nel pubblicare la seconda relazione sulla coesione economica e sociale la Commissione ha compiuto il primo passo nell’importante cammino per il futuro della politica delle azioni strutturali nell’Unione europea. Il Consiglio, in occasione della riunione informale di politica regionale che si è svolta a Namur, ha ascoltato con estrema attenzione la presentazione svolta dal Commissario Barnier. Il Consiglio ne ha poi discusso in un’atmosfera serena basata sull’ascolto reciproco. Le discussioni si sono concentrate su questioni di merito e si è instaurato un clima complessivamente favorevole.

Per il momento, tuttavia, non è stata avanzata alcuna opzione definitiva. Per farlo occorrerà approfondire le questioni sollevate dalla seconda relazione. La Commissione continuerà il lavoro di analisi e alimenterà il dibattito con l’istituzione dei gruppi di lavoro su ogni singola tematica. I risultati di quei lavori saranno messi a profitto per la redazione della terza relazione, prevista per il 2004. Attualmente spetta al Consiglio ed al Parlamento, sulla base delle proposte della Commissione, impegnarsi ulteriormente nell’elaborazione della futura architettura della politica di coesione.

 
  
MPphoto
 
 

  Barnier, Commissione. – (FR) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, onorevoli deputati, sono lieto di poter a mia volta fare il punto su questo grande dibattito apertosi il 31 gennaio scorso in questa stessa Aula, quando sono venuto a presentarvi la seconda relazione sulla coesione economica e sociale che la Commissione aveva appena approvato. In tale circostanza abbiamo avviato un dibattito che, lo ribadisco, si rivelerà franco ed obiettivo, senza questioni tabù, su una delle grandi politiche comunitarie, centrale per l’immagine e per l’idea che abbiamo di questa Unione europea, ovvero la politica di solidarietà. Da allora il dibattito si è arricchito di nuovi contributi. Penso in particolare al Forum sulla coesione tenutosi il 21 e 22 maggio scorsi e organizzato in questa sede grazie al Parlamento europeo, con l’accordo della vostra Presidente ed il concorso dei miei colleghi, Commissari Anna Diamantopoulou e Franz Fischler.

I negoziati per l’ampliamento progrediscono con tutti i paesi candidati. L’ampliamento, come sapete, è una delle tematiche essenziali del dibattito in corso. Ci preme distinguere nettamente tra negoziati di adesione, basati sull’applicazione dell’acquis comunitario nei nuovi Stati membri, e riforma delle politiche strutturali per il periodo successivo al 2006. Il dibattito al quale vi invito a partecipare riguarda il “dopo 2006”. Ben inteso, non si tratta di rimettere in discussione quanto spetterà agli attuali Stati membri fino al 2006 a titolo di Fondi strutturali.

La vostra Assemblea, chiedendo alla Commissione di esprimersi in merito, ha inteso fare il punto della situazione. Vorrei ringraziarvi di questa opportunità ed accennare brevemente ad alcuni temi.

Anzitutto vorrei ricordare il Forum del 21 e 22 maggio scorsi, che è stato un momento di profonda riflessione. Dal 31 gennaio in poi, presentare gli insegnamenti desunti dalla relazione di coesione è stato compito prioritario per me e per i miei collaboratori della Direzione generale della politica regionale. Potete stare certi che farò la mia parte, settimana dopo settimana, sul campo. Venerdì scorso a Helsinki, ad esempio, ho incontrato i venti presidenti delle regioni finlandesi; domani e dopodomani, a Oporto, parteciperò ad un’assemblea della conferenza delle regioni periferiche marittime, dove parleremo di questa futura politica di coesione. Il dibattito deve quindi estendersi e decentrarsi, in modo che rimbalzi verso Bruxelles, ma prima di tutto verso gli Stati membri, un certo numero di idee, istanze e orientamenti. Il Forum del 21 maggio è stato per me un momento molto importante e molto ricco di insegnamenti. Ha visto la partecipazione di numerosi Ministri, ex Primi ministri e Primi ministri in carica e di rappresentanti delle regioni e delle città non solo dei Quindici, ma anche dei paesi candidati, e molti dei contributi sono stati di altissimo livello. Tre sono gli aspetti interessanti di detti contributi e del dialogo di cui ci ha parlato poco fa il Ministro, signora Neyts-Uyttebroeck, che ho avuto il piacere di incontrare a Namur con i quindici Ministri incaricati della politica regionale, su invito della Presidenza belga.

Prima di tutto, sottolineo l’interesse che suscita il futuro di questa politica dopo il 2006 in tutti gli Stati membri e nei paesi candidati, nonché l’insistenza di molti sulla dimensione davvero politica della solidarietà europea. Non è solo una questione di denaro. Come ha detto giustamente a nome della Presidenza il Ministro Neyts-Uyttebroeck, è anche l’espressione forse più concreta, più precisa e più visibile dei valori sui quali si fonda l’Unione, la prova che questa Unione non è solo una grande zona di libero scambio e un grande mercato, ma una comunità solidale che dovrà essere un giorno una potenza politica.

In secondo luogo, non ho raccolto echi negativi riguardo al processo d’ampliamento. Naturalmente, si avverte una certa preoccupazione, ma anche il senso del dovere storico che spetta all’Unione e l’interesse per i nuovi come per i vecchi Stati membri di promuovere lo sviluppo sostenibile ed equilibrato dell’intero continente europeo.

In terzo luogo, per il buon esito del dibattito è fondamentale non dimenticare i fabbisogni delle regioni degli Stati che sono attualmente membri dell’Unione. Ribadisco il mio convincimento: non è perché si faranno entrare nell’Unione regioni molto povere dell’Est – dell’Estonia, della Slovenia, della Polonia, della Bulgaria, eccetera – che le regioni povere o in difficoltà del Nord, del Centro e del Sud, senza parlare delle regioni ultraperiferiche, diventeranno ricche per un colpo di bacchetta magica. Ci saranno ancora, dopo l’ampliamento, problemi e necessità da soddisfare nell’attuale Unione.

Ecco il motivo per il quale dobbiamo promuovere il mantenimento di una politica di coesione consona alle nuove sfide economiche ed alla futura geografia dell’Europa.

Il secondo punto riguarda la procedura da seguire in futuro. Come sapete, a seguito delle richieste espresse dal Consiglio a giugno, la Commissione si è impegnata a presentare regolarmente allo stesso un rapporto sull’andamento dei lavori relativi alla futura politica di coesione. Questa informazione che devo al Consiglio, la devo, naturalmente, anche al Parlamento europeo. Proporrò alla Commissione di adottare il primo di questi rapporti interinali regolari proprio all’inizio dell’anno prossimo, a gennaio, non appena disporremo di nuove statistiche che chiariranno, aggiorneranno e preciseranno le informazioni sin d’ora contenute nella relazione di coesione. Tengo a precisare che queste nuove statistiche, forniteci da Eurostat, riguardano ad esempio il PIL pro capite del 1999 o le statistiche sulla disoccupazione per il 2000. Quindi più le cifre saranno aggiornate, più il dibattito sarà serio ed obiettivo. Questo rapporto interinale di gennaio conterrà pertanto un aggiornamento dei dati e delle analisi della prima parte della relazione sulla coesione consacrata alla situazione delle regioni, ma presenterà anche i risultati dei diversi studi che abbiamo commissionato, nonché l’esito di approfonditi dibattiti e seminari. Posso fornire alcune precisazioni sugli studi complementari da noi commissionati: abbiamo richiesto uno studio sulla situazione insulare, nonché uno studio sull’impatto macroeconomico dei Fondi strutturali. A proposito di quest’ultimo, sarei lieto di fornirvi una serie di dati sull’impatto dei Fondi strutturali in termini di ricadute dirette dell’impegno di questi Fondi nei paesi contributori netti. Ho anche in animo di sollecitare uno studio complementare sulla situazione delle regioni di montagna o delle regioni che presentano perduranti handicap naturali. Per alimentare il dibattito, saranno inoltre organizzati dei seminari nel corso del primo semestre 2002 su ciascuna delle dieci priorità comunitarie individuate nella relazione sulla coesione, con la partecipazione di esperti degli Stati membri e delle regioni che inviteremo in funzione dei diversi temi.

Il terzo punto concerne, sempre a proposito del futuro, il merito del dibattito. A tale riguardo permettetemi di esprimere tre convinzioni. La prima è che con l’imminente prospettiva dell’ampliamento dell’Unione gli Stati membri e le regioni sentono un maggiore bisogno di politica di coesione comunitaria. Non credo che una forma di rinazionalizzazione della politica regionale possa costituire una valida risposta a tale esigenza, a questo bisogno di coesione in un’Unione ampliata ove ci saranno – i dati sono eloquenti – più disparità di oggi. Tuttavia, nel riaffermare il succitato bisogno di coesione e nell’immaginare una nuova politica di coesione e una nuova politica regionale, mi dichiaro altresì risolutamente propenso a cercare di ottenere con il vostro aiuto più decentramento, più semplificazione e meno burocrazia. In materia di procedure europee, mi impegno per quanto possibile ad individuare e proporre tutti i mezzi volti ad ottenere maggiore semplificazione e decentramento.

La mia seconda convinzione è di ordine finanziario. Anche se il dibattito finanziario propriamente detto è oggi prematuro, non sono l’unico a ritenere, come ho già avuto modo di dire a titolo personale in Aula, che uno sforzo finanziario che rappresenti globalmente lo 0,45 percento del PIL dell’Unione costituisca una soglia minima al di sotto della quale la credibilità della politica di coesione futura sarebbe messa in causa. Reputo pertanto di poter affermare che, salvo mettere in discussione la credibilità di questa politica di coesione, non si potrà scendere al di sotto dello 0,45 percento che è la soglia globalmente ammessa dai Capi di stato e di governo a Berlino.

La mia terza convinzione è che la futura politica di coesione deve essere equa e non discriminatoria. Deve pertanto applicarsi a regioni con difficoltà strutturali molto diverse, che affrontano questioni di natura eterogenea, ossia regioni molto arretrate in termini di sviluppo situate per la maggior parte nei paesi candidati, ma anche alle regioni dei Quindici che non hanno ancora completato il processo di convergenza reale e per le quali sarà opportuno trovare il giusto trattamento in modo che non vengano penalizzate da un effetto statistico o meccanico legato alla soglia o ai nuovi mezzi a disposizione nel quadro dell’Unione ampliata. Infine sarà necessario affrontare le difficoltà di talune zone che presentano handicap particolari o questioni sociali preoccupanti quali le pari opportunità o la situazione delle zone urbane.

Per concludere, signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, onorevoli deputati, vorrei ricordare che la relazione che presenteremo all’inizio dell’anno si ispirerà ai risultati degli approfonditi dibattiti che saranno portati avanti nel secondo semestre di quest’anno. Non è che il primo degli appuntamenti che vi ho proposto; ve ne saranno altri prima che io vi presenti la terza relazione di coesione nel 2004. In questo spirito mi dichiaro disponibile oggi e nelle settimane future ad ascoltare i vostri suggerimenti, raccomandazioni o critiche.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARINHO
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Hatzidakis (PPE-DE), presidente della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo.(EL) Signor Presidente, non credo che questa discussione possa dare un contributo nettamente nuovo alla politica regionale in quanto, a mio avviso, il momento attuale non si presta a simili svolte. Ad ogni modo, visto che molti onorevoli colleghi si interessano alla questione e che la politica regionale rappresenta il 35 percento del bilancio, penso che per l’ennesima volta si possa ribadirne l’importanza per l’Unione europea; in tal senso, la discussione può forse essere opportuna.

Vorrei poi aggiungere che sarebbe bello poter discutere – e sicuramente lo faremo in seno alla commissione per la politica regionale – dei progressi nelle opere e nei programmi dei quadri comunitari di sostegno nei singoli paesi. Personalmente non sono affatto certo che in tutti i paesi ogni cosa vada per il meglio e questo non a causa della Commissione, bensì di taluni Stati membri. Non voglio parlare di gravi ritardi, ma indubbiamente ci sono problemi in alcuni paesi.

Relativamente al futuro della politica di coesione, dopo la seconda relazione della Commissione sulla coesione è stato avviato un dibattito che credo abbia già portato ad alcune conclusioni indiscutibili. Infatti, sempre più regioni avranno bisogno di copertura, mentre nelle regioni degli Stati membri che già beneficiano della copertura il PIL crescerà in modo artificioso, senza che ciò comporti automaticamente un aumento della ricchezza, come ha sottolineato il Commissario. Va da sé che servono maggiori dotazioni finanziarie, le quali non verranno reperite in modo necessariamente agevole.

Per me le conseguenze sono quasi ovvie. Anzitutto non dobbiamo affidarci al destino e decidere all’ultimo momento, perché potremmo ritrovarci davanti ad una situazione esplosiva nell’Unione. In secondo luogo, dal 2006 in poi dovremmo invece concentrarci su chi ha veramente bisogno e, in terzo luogo, non si dovrà causare uno choc alle regioni che non riceveranno più la copertura finanziaria, altrimenti le condurremo sulla via dell’euroscetticismo. Ora mi restano da dire due cose spiacevoli che riguardano rispettivamente i paesi più poveri e quelli più ricchi.

Per gli Stati più poveri dovremmo pensare ad un modo per usare meglio i crediti, accompagnato da opportuni strumenti, incentivi e magari sanzioni, se necessario, per evitare che il denaro sia speso invano. Per i paesi più ricchi dovremmo rivedere l’intera logica del bilancio comunitario, in modo da riuscire ad aumentare i fondi visto che l’incremento del fabbisogno sarà enorme e che la politica regionale – come ha detto il Commissario – non sarà credibile se giocheremo al ribasso.

 
  
MPphoto
 
 

  Simpson (PSE).(EN) Signor Presidente, signor Commissario, come sapete, la commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo ha iniziato la discussione sulla coesione economica e sociale con la seconda relazione sulla coesione; tale relazione inaugura il dibattito sui metodi con cui affrontare il problema dei finanziamenti regionali e della politica strutturale nell'Europa allargata. Mentre apprezzo l'odierna dichiarazione del Commissario, devo segnalare che il mio gruppo continua a deplorare l'atteggiamento della Commissione, la quale - come sembra - non ha fatto uso del proprio diritto d’iniziativa e non si è impegnata a fondo su quest'argomento. Si pone quindi il problema dell'effettivo contenuto delle proposte della Commissione.

Il Commissario Barnier ha ricordato la riunione di maggio - cui hanno partecipato molti deputati - ma neppure da quell'incontro, mi pare, è scaturito alcun risultato concreto. Il nostro schieramento politico ha compreso tempestivamente la delicatezza di questo problema; il catalizzatore che ci ha permesso di cogliere questa situazione è stato l'esperienza che abbiamo fatto con Agenda 2000. Ma il Commissario di allora, signora Wulf-Matthies, agevolò l'elaborazione di una posizione comune col Parlamento; a nostro avviso è giunto quindi il momento di iniziare a lavorare insieme alla Commissione, dal momento che quest'ultima sta assumendo un atteggiamento più attivo, concreto e deciso.

Il mio gruppo ha analizzato in dettaglio le questioni da lei poste; i punti essenziali emersi dal nostro dibattito riguardano il mantenimento del concetto di coesione sociale ed economica assieme al suo più importante strumento attuativo, ossia il Fondo di coesione. Prima di prendere qualsiasi decisione sui futuri finanziamenti agli aiuti strutturali è però necessario discutere dettagliatamente la realizzazione degli obiettivi della politica di coesione.

In questo momento siamo di fronte a numerosi e complessi problemi; quindi ogni discussione sulla messa in opera del Fondo di coesione deve accogliere, sotto l'ombrello dello sviluppo sostenibile, anche altri settori, quali l'occupazione e l'agricoltura. Dobbiamo continuare a garantire anche in futuro un equo trattamento alle regioni più povere che attualmente ricevono aiuti strutturali; bisogna inoltre assicurare il mantenimento delle iniziative comunitarie, come INTERREG e URBAN. Ci chiediamo poi se la quota dell'1,27 percento del PIL comunitario, fissata nell'ambito di Agenda 2000, sia sufficiente per il nuovo Fondo di coesione.

Nell'avviare questo dibattito non possiamo fare a meno di notare che, secondo noi, le nostre discussioni sarebbero state più fruttuose e significative se la Commissione avesse avanzato alcune idee di propria iniziativa, in maniera tale da incoraggiare la discussione stessa. Siamo ben consapevoli dell'importanza del problema; per il momento abbiamo in mano solo alcuni questionari, ma possiamo assicurare al Commissario che nei prossimi mesi il nostro gruppo si impegnerà a fondo in queste discussioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Pohjamo (ELDR). (FI) Signor Presidente, la discussione sul futuro della politica di coesione è di grande attualità. Ringrazio la Commissione di aver voluto discuterne anche con il Parlamento e ringrazio al contempo per le visite effettuate negli Stati membri. Sono estremamente utili.

Oltre ai mezzi per un'efficace attuazione della politica regionale negli Stati membri attuali e nei paesi candidati, a preoccuparmi è anche la continuazione della politica strutturale negli attuali Stati membri nel prossimo periodo dei Fondi strutturali. La gestione della politica dei Fondi strutturali è attualmente troppo pesante. Ora è il momento di valutare tra l'altro i mezzi per trarre insegnamento dai ritardi delle procedure di preparazione dei programmi, pensando al periodo successivo. Come aumentare l'efficienza, ottenere risultati migliori e ridurre la burocrazia? Desidererei a questo punto sapere quale sia la posizione della Commissione sugli effetti dell'ampliamento per quanto riguarda la quota del finanziamento totale della politica strutturale. Qualora le condizioni della coesione economica e sociale dell'Europa lo richiedano, è la Commissione disposta ad aumentare gli stanziamenti destinati alla politica strutturale nel prossimo periodo dei Fondi strutturali?

Desidererei al contempo far notare alla Commissione anche il fatto che il finanziamento dell'ampliamento a spese delle regioni povere degli attuali Stati membri non è un modello accettabile. Tali regioni presentano tuttora problemi cronici dovuti fra l'altro alle difficili condizioni naturali, alle lunghe distanze o alla scarsa densità abitativa. L'azione dell'Unione europea dovrà essere solidale anche in futuro, in modo da trovare nuove risorse per far fronte alle nuove sfide della politica strutturale tramite un nuovo strumento di finanziamento. Tali risorse dovranno provenire fra l'altro da quelle aree centrali che per prime trarranno vantaggio dall'ampliamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Schroedter (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, nel quadro dell’allargamento la politica di coesione costituisce la sfida maggiore che la Comunità si troverà ad affrontare. Allo stesso tempo, la politica di coesione sarà il banco di prova della capacità di un’Unione composta da ventisette membri di trovare stabilità, e di trovarla in tutte le sue regioni. Negli Stati membri si è peraltro diffusa la tendenza a valutare il successo della politica di coesione non dai risultati ottenuti nelle regioni svantaggiate, bensì da quanto i vari paesi riescono a ricavare per sé dalle varie trattative. E’ evidente che tutto ciò dovrà cambiare a partire dal 2006! Dopo di allora, infatti, la stabilità e lo sviluppo proficuo di un’Unione allargata saranno garantiti solo se la condizione per la concessione di fondi sarà l’applicazione di comuni criteri obiettivi, non il mantenimento di una rendita di posizione. Ciò significa che una politica di coesione nuova e comune dovrà essere messa alla prova rispetto a quella vecchia, in tutte le regioni dell’Unione.

La seconda relazione sul Fondo di coesione contiene alcune proposte valide, però si trascina dietro molti errori della politica di coesione e non è una proposta di riforma radicale. Per quanto riguarda le proposte della relazione, dirò ancora che trovo positivo che tutte le regioni dell’Unione allargata vengano giudicate allo stesso modo e che, nel contempo, non si provochi uno choc alle attuali regioni beneficiarie. Concordo quindi pienamente sul principio di phasing out. Aumentare il decentramento e favorire la partnership: questo concetto va bene, ma deve valere anche per i paesi candidati nell’ambito dei Fondi di adesione – e quindi deve valere già ora – affinché le loro amministrazioni si possano impratichire della gestione di tali Fondi. E’ necessario, tuttavia, anche un phasing in per i paesi candidati all’interno di una politica strutturale decentralizzata già a partire dal 2002, anche in questo caso per fare esperienza. Meglio fare un po’ di esercizio prima, per essere poi pronti nel momento che conta. Una politica regionale integrata è l’unico strumento che meriti la fiducia anche da parte del donatore. Per questo la qualità deve avere la precedenza sulla quantità.

 
  
MPphoto
 
 

  Markov (GUE/NGL).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, ritengo che la politica di coesione economica e sociale sia una delle conquiste assolutamente positive dell’Unione europea poiché testimonia l’attuazione del principio di solidarietà tra le regioni più sviluppate e quelle più deboli. Ciò non di meno, se si valuta con attenzione il modo in cui la politica dei Fondi strutturali ha funzionato finora, non si può fare a meno di rilevare l’esistenza di numerosi difetti.

Anzitutto, pur essendosi ridotte le differenze tra gli Stati membri, sono tuttavia aumentate quelle al loro interno, ovvero tra le regioni più sviluppate e le regioni più deboli.

Il tasso di disoccupazione nelle regioni deboli, in secondo luogo, non è diminuito in misura significativa.

In terzo luogo, il reddito pro capite medio delle regioni più ricche, dove vive il 10 percento dei cittadini dell’Unione, è tuttora 2,6 volte superiore al reddito delle regioni in cui vive il 10 percento più povero della popolazione dell’Unione.

In quarto luogo, le regioni meno sviluppate continuano a non disporre di circuiti economici e sociali in grado di reggersi da soli. Anche per tale motivo esse incontrano grosse difficoltà a ridurre realmente il loro ritardo rispetto alle regioni più sviluppate.

Infine avete notato che alla fine del 1999 gli stanziamenti d’impegno non ancora eseguiti erano pari a quasi 42 miliardi di euro? Ciò vuol dire che l’utilizzo della dotazione dei Fondi strutturali per determinati progetti è inefficiente! Ma vuol dire anche che occorre decisamente scegliere altre misure e altri progetti, e lo si può fare solo in collaborazione con gli Stati membri.

Nonostante questi difetti, non dobbiamo dimenticare che molto è stato fatto. In caso contrario, le differenze sarebbero state ben maggiori. Ne consegue che la politica dei Fondi strutturali deve essere portata avanti. Commissario Barnier, lei ha appena detto che non ci devono essere tabù. Ha ragione! Alla riunione informale di Namur anche tutti gli Stati membri hanno detto, più o meno, la stessa cosa, e sono state presentate proposte. Però, a un dato momento, occorre arrivare al dunque, a un dato momento occorre dire che quelle proposte costano tot soldi; dobbiamo quindi o decidere di stanziare questi soldi, o ammettere che non li stanzieremo.

Non si può andare avanti all’infinito senza prendere una decisione. Sapete che il limite massimo è pari all’1,27 percento del prodotto interno lordo nell’ambito delle previsioni finanziarie per il periodo 2000-2006. A che livello siamo però in realtà? Siamo al livello dell’1,02 percento. Ma non è così che si può mettere in pratica una vera politica strutturale! Dipende anche dal Parlamento...

(Commento dell’onorevole Jarzembowski)

Non ho fatto solo delle critiche al Commissario. Ogni volta dobbiamo sopportare scene come questa! Il mio gruppo ha sempre presentato gli emendamenti necessari. Forse, onorevole Jarzembowski, se la prossima volta il PPE decidesse di essere della partita, potremmo avere quasi la maggioranza! Anche nell’ambito di questa discussione non dobbiamo ovviamente dimenticare che ci sono regioni molto particolari. Il programma stilato dalla Commissione per le regioni di confine – mi spiace doverlo dire, signor Commissario – è del tutto insufficiente! Forse sarebbe il caso, una buona volta, di riflettere se non si possa fare una cosa del genere...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
MPphoto
 
 

  Raschhofer (NI).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, il Fondo di coesione è stato istituito per preparare i paesi dell’Unione strutturalmente deboli all’adesione all’Unione economica e monetaria. I paesi che ne hanno beneficiato hanno registrato negli ultimi anni notevoli progressi e hanno potuto aderire tutti all’Unione economica e monetaria. Posso quindi constatare che l’obiettivo del Fondo di coesione è stato raggiunto. Ciò nonostante, nell’Agenda 2000 è stato deciso di mantenere in vita il Fondo. Non sarebbe stato coerente, piuttosto, non dico interromperne bruscamente l’attività, ma quanto meno ridurla gradualmente secondo un criterio di phasing out? Con l’allargamento a Est, la politica di coesione dell’Unione, così come è strutturata attualmente, non appare più praticabile. Sappiamo tutti che per l’allargamento a est dovremo pagare un prezzo, e lo dobbiamo anche dire apertamente. Credo anch’io, peraltro, che nella politica di coesione dell’Unione ci siano molte cose che non vanno, soprattutto in termini di efficienza, di spese di amministrazione e di vulnerabilità alle frodi. Sarebbe necessario avviare una discussione approfondita sui punti forti e sui punti deboli di questa politica, quindi su una riforma della politica di coesione.

So che una discussione del genere non sarebbe facile perché andrebbe a toccare rendite di posizione; essa però dovrebbe affrontare anche una questione fondamentale, ovvero il significato della solidarietà nell’Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  Jarzembowski (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, voglio cogliere anch’io il suo invito ad affrontare la questione senza tabù. Credo che in quest’Aula nessuno, in realtà, sia contrario ad una politica di coesione. L’interrogativo che dobbiamo porci è il seguente: non sarebbe forse meglio praticare una politica di coesione senza un Fondo di coesione?

Ci sono due problemi. Anzitutto, quando entreranno i nuovi paesi membri, a rigor di logica essi dovrebbero aderire tutti al Fondo di coesione, dato che sarebbero gli Stati più poveri. Non si può dire che la politica regionale vale per tutti, ma che il Fondo di coesione vale per quattro paesi e che i dieci membri nuovi si sistemano tutti alla bell’e meglio da qualche parte! No, se si vuole mantenere in vita il Fondo di coesione, esso deve valere per tutti i paesi candidati. Personalmente credo però sia meglio praticare la politica di coesione attraverso una politica regionale e strutturale di carattere generale, senza un Fondo di coesione, tanto più che esso presenta, a mio parere, lo svantaggio di ragionare in termini di Stati e non di regioni. Noi però vogliamo aiutare le regioni, quelle svantaggiate, non gli Stati. Ritengo quindi che tale questione, signor Commissario, dovrebbe essere riconsiderata con grande attenzione.

In secondo luogo, credo che anche noi dovremmo operare una distinzione, come lei ha sempre sostenuto, tra la riforma dei contenuti e l’interrogativo su quanti soldi, alla fin fine, siamo disposti a spendere. Penso che dobbiamo decidere in fretta riguardo alla riforma dei contenuti, dato che i paesi candidati hanno il diritto di sapere da noi entro il 2002-2003 come sarà la politica di coesione dopo che avranno aderito all’Unione.

Signor Commissario, non sono del tutto certo di averla capita bene; ad ogni modo, ritengo che il suo modello possa essere valido di per sé. Lei dice che si applicano gli stessi criteri – diciamo, due o tre – a tutte le regioni e che poi si procede a un phasing out per quelle regioni che finora hanno ricevuto finanziamenti, ma che secondo i criteri nuovi non vi hanno più diritto, oppure perché non ci sono più fondi. Si pone allora una domanda: in base a quali criteri si concederanno i finanziamenti in futuro? Sarei disponibile a discutere di uno o due, forse anche tre criteri; nutro però il vago sospetto – vi ha accennato lei prima – che poi alla fine ci si potrebbe ritrovare con ben dieci criteri. E in tal caso, come si fa a decidere quale criterio applicare ad una data regione? Se ci sono un paio di montagne, applichiamo i criteri per le regioni di montagna? Se è un’isola, applichiamo quelli per le regioni insulari?

Credo piuttosto che sarebbe meglio prendere come riferimento una percentuale, non importa quale, ad esempio il prodotto nazionale lordo più forse il tasso di disoccupazione. Se poi, continuando il ragionamento, si dice che anche la percentuale di uomini e donne e il livello di istruzione di uomini e donne debbano valere come criteri generali, allora la faccenda si fa confusa, se posso esprimermi in questi termini. Quindi continuiamo pure questa nostra discussione, come ci ha detto lei prima. Noi siamo dalla sua parte e siamo ben lieti di continuare a discutere con lei!

 
  
MPphoto
 
 

  Duin (PSE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, esprimo il mio fermo appoggio a quanti hanno sostenuto che questa discussione non deve occuparsi di rendite di posizione bensì di aiuti per coloro che ne hanno più urgente bisogno. Voglio anche sottolineare in tutta evidenza che, a mio giudizio, nessuno deve chiudere gli occhi di fronte al fatto che l’ampliamento porrà tutti noi di fronte a grandi sfide, anche di carattere finanziario. I tedeschi hanno fatto l’esperienza della riunificazione; allora si cercò, in un primo momento, di far credere ai cittadini che il processo di riunificazione non avrebbe comportato oneri finanziari. Ma la realtà ha dimostrato che le cose sono andate in modo ben diverso! Perché non sorgano equivoci, dirò subito che noi siamo ovviamente favorevoli all’allargamento, però occorre affrontare le conseguenze che esso avrà sulla politica strutturale. Non ci può essere e, credo, non ci sarà un semplice “avanti come prima”.

Se non vogliamo mettere a repentaglio la fiducia dei cittadini che vivono nelle regioni interessate, abbiamo il dovere di chiarire questi punti preventivamente e onestamente. Onde evitare un brusco risveglio, dobbiamo trovare una via che ci consenta, da un canto, di aiutare appieno i paesi candidati a potenziare le loro infrastrutture e, dall’altro canto, di garantire che le regioni più deboli dei Quindici possano proseguire il loro processo di recupero, cioè la marcia di avvicinamento alla media dell’Unione. Ciò sarà possibile soltanto se si attuerà qualche cambiamento – e dei cambiamenti sarebbero stati comunque necessari, anche senza l’allargamento. Va anzitutto considerato che i paesi beneficiari del Fondo di coesione hanno ottenuto, in alcuni casi, risultati molto diversi tra loro nel processo di recupero, ed è dimostrato che i risultati migliori sono stati ottenuti laddove i protagonisti di questo processo sono legati al territorio e si sono formalmente impegnati ad assicurare la massima efficienza degli aiuti.

Per poter misurare il grado di efficienza dei mezzi impiegati è necessario inoltre migliorare ulteriormente la fase di valutazione dei progetti e premiare più di quanto si sia fatto finora le gestioni economicamente corrette dei mezzi stessi. Un ultimo ma non meno importante aspetto: è imprescindibile agganciare più saldamente questa politica alle altre politiche dell’Unione, in particolare alla PAC. A nostro parere, i decentramenti e le semplificazioni proposti dal Commissario Barnier ci mettono in condizione di raggiungere entrambi gli obiettivi.

 
  
MPphoto
 
 

  Gasòliba i Böhm (ELDR).(ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei anzitutto segnalare una posizione favorevole alle due relazioni, che presentano una buona analisi dell'applicazione dei fondi nell'anno 1999, sia per il Fondo di coesione che per i Fondi strutturali. Partendo dall'analisi offerta da queste due relazioni, vorrei fare riferimento a tre punti.

Il primo è ovvio: nell'ambito della politica dell'Unione europea esiste la politica di coesione, e un elemento fondamentale di questa politica sono i Fondi che stiamo qui esaminando. Non si può prescindere da questi Fondi nelle regioni che possiedono un livello inferiore alla media dell'Unione europea, con o senza ampliamento. Pertanto è insito nella politica di coesione dell'Unione europea il fatto che le regioni meno sviluppate ricevano fondi e risorse volti a eliminare le disparità territoriali esistenti. Come si è detto, esiste ancora un margine finanziario, all'interno del bilancio dell'Unione europea, per poter soddisfare tali necessità.

La seconda questione è che le presenti relazioni si riferiscono all'anno 1999 e che si dovrebbero prendere in considerazione le critiche fatte all'applicazione dei Fondi. Speriamo che nel 2001, grazie all'azione del Commissario e dei suoi collaboratori, i difetti e i limiti riscontrati siano stati superati.

In terzo luogo, si deve considerare che le serie di statistiche analizzate e gli studi realizzati sull'applicazione dei fondi a lungo termine nell'Unione europea dimostrano sempre, tranne pochissime eccezioni, che le aree più sfavorite hanno ridotto il livello di disparità rispetto alla media dell'Unione europea. Pertanto, visto che parliamo del futuro dell'applicazione dei Fondi, si consideri in modo specifico tale dato nelle nuove politiche dell'Unione, elaborate in tale contesto.

 
  
MPphoto
 
 

  Nogueira Román (Verts/ALE).(ES) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come tutti, osservo con grande soddisfazione che sia la signora Presidente del Consiglio sia il Commissario responsabile della politica territoriale hanno convenuto, in primo luogo, sulla necessità, in vista del futuro ampliamento, di una doppia politica di coesione anche se di carattere minoritario: una politica di coesione per le regioni che appartengono ai quindici Stati attuali, e una politica di coesione supplementare per gli Stati dell'ampliamento.

Vedo inoltre che sono d'accordo anche su di una questione che mi sembra elementare, al di là di ogni ipocrisia: non c'è Europa politica senza un'Europa economica, non c'è Europa politica senza politica di coesione. Ciò avviene anche negli Stati membri attuali, e l'Unione europea deve assumersi queste responsabilità in futuro.

Come farlo? Come riuscirci e con quali strumenti? Si deve evidentemente migliorare l'applicazione attuale dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione. Basta osservare, se permettete, le differenze nei risultati degli scorsi anni tra Irlanda e Spagna, oppure tra Portogallo, da un lato, e Italia o Grecia, dall'altro. L'applicazione è stata diversa, tanto che l'Irlanda ha fatto un balzo in avanti straordinario, e il Portogallo ha saputo sfruttare, meglio di molti altri Stati, i Fondi strutturali. Non è stato così per Spagna, Italia o Grecia; in questi tre paesi, anche se il reddito dello Stato si è avvicinato alla media europea, non così è stato per le regioni interne, e ciò indica che i Fondi sono male applicati, probabilmente perché lo Stato ha approfittato dei Fondi destinati a certe regioni o perché, a livello statale, non è stato applicato il principio di addizionalità.

Commissario Barnier, lei ha detto, e lo aveva già fatto in precedenza, che i Fondi strutturali e il Fondo di coesione non possono essere inferiori allo 0,46 percento del PIL comunitario. Le ricordo che questo è il livello che avevamo nel 1999 e che nel 2006 sarà dello 0,31 percento. Se nel 1999, considerando il risultato, con tali Fondi non siamo stati in grado di eliminare le disparità tra le regioni europee, allora bisogna essere molto più ambiziosi di quanto lei propone, anche se lo fa con spirito positivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Musotto (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Commissario, la domanda che abbiamo di fronte è quale politica di coesione dobbiamo mirare a disegnare nel nuovo panorama che si apre per l'effetto dell'allargamento. La risposta va articolata a due livelli: da una parte, vanno identificati i principi che dovranno ispirare le politiche di coesione dal 2006 in poi; dall'altra, occorre stabilire le priorità.

Due sono, a mio parere, i principi che devono ispirare la politica di coesione: da una parte, l'egualitarismo delle opportunità; dall'altra, la regionalizzazione. Le moderne teorie economiche ci insegnano, con dovizia di particolari e con il sostegno di un'abbondante evidenza empirica, che il successo delle politiche di sviluppo locale è legato strettamente all'accrescimento dell'autonomia decisionale degli individui e al disegno di istituzione di politiche regionali che siano accettate presso gli stessi elettori.

Allo stesso modo, parlare di regionalizzazione equivale a disegnare le politiche economiche a livello locale, in modo che esse rispettino e stimino i vantaggi comparati di ciascuna regione, e le istituzioni di governo locale, in modo che esse operino scelte collettive con il supporto di una reale base democratica, soggette ad un vincolo di controllo da parte dei elettori che le rende politicamente responsabili.

La realizzazione di questi obiettivi richiede certamente un nuovo tipo di informazione statistica sulle realtà delle economie, a livello sia locale che nazionale e comunitario. Non basta più disporre di dati relativi al reddito pro capite per valutare le opportunità di accesso dei singoli nelle regioni europee; occorre molto di più: servono indicatori sul grado di accesso alle risorse, indicatori che misurino il godimento delle libertà economiche, che diano conto del godimento dei diritti umani fondamentali, che misurino, più in generale, la qualità della vita.

 
  
MPphoto
 
 

  Walter (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, la politica di coesione è un fattore integrante dell’Unione europea. Non potremmo registrare alcun passo avanti nel processo d’integrazione dell’Unione europea se ciascuno di questi passi non fosse accompagnato anche da un po’ di solidarietà. Sappiamo tutti che i più forti e i più ricchi devono aiutare quelli che sono più poveri o non sono ancora così forti o sono impegnati in processi di recupero. Oggi discutiamo di quanto è avvenuto negli anni scorsi e, ovviamente, anche delle conseguenze che da quell’esperienza dobbiamo trarre per gli anni a venire.

Vorrei ora prendere in esame molto concretamente la situazione attuale della nostra politica di coesione, ovvero verificare in che modo spendiamo i soldi stanziati per questa politica così importante per l’Unione europea. In passato, fino all’Agenda 2000, le nostre discussioni più vivaci riguardavano la quantità di danaro da spendere; se oggi però analizziamo il modo in cui va avanti la realizzazione della nostra politica, non possiamo non nutrire forti dubbi sulla serietà dell’approccio.

Da un anno a questa parte ci troviamo all’inizio del nuovo periodo di aiuti e, pur essendo naturale che all’inizio il ritmo non sia così veloce come a metà corsa, va tuttavia rilevato che i tassi d’esecuzione nei diversi settori sono penosamente bassi: non ci sono altri termini per descrivere la situazione. In sede di commissione per i bilanci ne abbiamo parlato più volte, e anche la commissione per la politica regionale ne ha parlato e ne parlerà in futuro.

Dalla discussione attualmente in corso nell’ambito delle consultazioni di bilancio – e qui mi devo rivolgere al Consiglio – emerge che il Consiglio prevede per i nuovi impegni del prossimo anno solo l’1 percento, una percentuale che poi va anche tradotta in pagamenti. Ci saranno pagamenti solo per l’1 percento di tutti gli impegni che intendiamo stanziare! Così creeremo anche quest’anno, come già spesso in passato, un backlog. Invece di fornire aiuti immediati, accumuliamo fondi, laddove aiuti immediati sarebbero l’unica misura valida per far sì che molti paesi e molte regioni non abbiano più bisogno di aiuto nel momento in cui sarà realizzato l’ampliamento. Chi intende aiutare veramente questi paesi e queste regioni a uscire dalla loro situazione, chi intende veramente creare uno spazio per poter accogliere i paesi che desiderano aderire all’Unione, deve fornire un aiuto pronto e rapido, un aiuto concentrato: ergo, dobbiamo modificare di conseguenza le nostre previsioni di spesa.

Invito il Consiglio e la Commissione, che ha già presentato proposte in merito, a tradurre le loro parole in fatti concreti, poiché la coesione va bene solo quando raggiunge realmente i suoi destinatari e lo fa nel minor tempo possibile!

 
  
MPphoto
 
 

  Berend (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero anzitutto ringraziare il Commissario per le sue parole chiare e per la doppia promessa che ci ha fatto, ovvero di dedicare un’attenzione adeguata, nell’ambito della coesione economica e sociale, sia alle difficoltà nuove, quelle dei paesi candidati, sia alle difficoltà vecchie, quelle che persistono tuttora in molte regioni degli attuali quindici Stati membri. La voglio ringraziare, signor Commissario, anche per aver ribadito che nella discussione non ci devono essere tabù. Ci troviamo all’inizio di una discussione su questo tema, durante la quale dovremmo sondare anche tutta la questione della revisione dei Fondi strutturali.

La coesione economica e sociale di ventisette paesi ha connotati indubbiamente diversi da quelli della coesione di quindici paesi. E’ certo che le disparità all’interno dell’Unione europea aumenteranno in modo considerevole a seguito dell’adesione di dodici nuovi membri. Se, da un lato, sarà doveroso dare la priorità a questi ultimi, dall’altro non potremo negare una certa continuità ai beneficiari attuali. Al riguardo sappiamo bene che il Fondo di coesione e i Fondi strutturali sono sempre misure temporanee, che non devono essere trasformate in aiuti stabili e perenni. Ciò nonostante dobbiamo assolutamente evitare che dopo il 2006 le regioni dell’obiettivo 1 perdano tale loro status solo perché, a seguito dell’ampliamento, la loro situazione relativa è migliorata, senza però che si sia avviato uno sviluppo in grado di autoalimentarsi.

Ritengo che la politica di coesione possa essere credibile soltanto se stanzia i mezzi finanziari sulla base di criteri obiettivi, validi per tutti allo stesso modo, e fra tali criteri quelli del benessere nazionale e regionale devono costituire i punti di riferimento. In vista di un’ormai prossima revisione della politica regionale europea, diventa ineludibile trovare soluzioni, e il senso e lo scopo della discussione appena iniziata è quello di considerare su un piano di parità sia le situazioni nei paesi di futura adesione, sia le condizioni delle regioni dell’obiettivo 1 negli Stati membri attuali.

 
  
MPphoto
 
 

  Izquierdo Collado (PSE).(ES) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, credo che, rispetto a quanto diceva un collega, questo sia proprio il momento adatto per parlare di coesione economica e sociale. Magari tale nozione superasse le frontiere europee e fosse applicata in altri contesti regionali! Avremmo trovato, probabilmente, una soluzione a numerosi conflitti.

Se è vero che questo è il momento giusto per affrontare tale discussione, dobbiamo anche ammettere che, almeno a mio parere, le risposte del Consiglio e della Commissione sono insoddisfacenti. Anzitutto stento a credere che si possa parlare di coesione economica e sociale senza fare neanche minimamente riferimento al mercato unico e a tutte le politiche dell'Unione europea. Stiamo attualmente esaminando il sesto programma quadro, un programma che già, sin dall'inizio, non soddisfa le condizioni di coesione disposte dai Trattati. La coesione economica e sociale esige che si prendano in considerazione tutte le politiche dell'Unione.

Signor Presidente, nella sua relazione il Commissario Barnier poneva alcune domande a questo Parlamento. Quando abbiamo formulato le stesse domande al Consiglio, il Consiglio ha dichiarato che non era il momento adatto per rispondervi; tuttavia il Parlamento ha il diritto di porre queste domande alla Commissione e al Consiglio, per conoscere la loro opinione prima di elaborare la sua relazione. Dissento profondamente e radicalmente dall'atteggiamento tenuto dal Consiglio e, in misura minore, dal Commissario poiché ritengo che certi elementi fondamentali debbano ormai essere chiariti. Stiamo parlando di come il progetto 2006 inciderà in futuro sulle diverse regioni. Se non lo facessimo, non faremmo altro che continuare a discutere in linea teorica su questo elemento, senza approfondire la riforma necessaria per la coesione economica e sociale in Europa, perché continueremmo tutti a guardarci in cagnesco: gli uni parlando di eliminare il Fondo di coesione, gli altri della necessità che alcune regioni escano dal Fondo stesso. Questa cortina di fumo impedirà di svolgere fino in fondo l'analisi del problema.

 
  
MPphoto
 
 

  Mastorakis (PSE).(EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come tutti sappiamo, l’Unione europea considera la coesione economica e sociale delle regioni come la quintessenza della sua stessa esistenza. Ha quindi quantificato l’obiettivo fissando come limite minimo della coesione desiderata il 75 percento della media del reddito pro capite dei Quindici.

Nel contempo l’Unione ha giustamente deciso di consentire l’adesione di nuovi Stati membri con un reddito pro capite dichiaratamente basso. E’ forse logico, morale e quindi definitivamente accettato che il secondo obiettivo venga perseguito a scapito del primo, visto che l’ampliamento ridurrà sensibilmente la media del reddito pro capite? E’ senza dubbio una fortuna che almeno tutti abbiano compreso che la politica di coesione non può continuare ad essere ancorata al 75 percento; vengono pertanto proposti e discussi vari scenari che, pur lasciando intravedere una via d’uscita, non rappresentano certo la soluzione giusta. E’ dunque opportuno – addirittura ovvio, direi io – che il primo obiettivo rimanga lo stesso anche per l’Unione allargata, ovvero il superamento da parte di tutti i paesi membri, di oggi e di domani, del 75 percento della media del reddito pro capite negli attuali 15 Stati membri. Questa si chiama coerenza.

E’ naturale che l’ampliamento necessiti maggiori fondi di quanti non ce ne siano. Spetta dunque ai responsabili mettere questi nuovi elementi in una prospettiva reale, affrontarli con lo spirito giusto e considerare più a lungo termine il rapporto costi-benefici di una politica regionale riadattata e coraggiosa, senza deludere le regioni che continuano a necessitare l’aiuto dell’Europa – l’Europa così come la immaginano e in cui credono. Devono ricordare le parole pronunciate in greco classico da un grande dell’antica Grecia, Demostene, e cioè: “senza il denaro non si può fare nulla”. Se le relative decisioni sono già state prese, allora ricordatevi che qualunque decisione può sempre essere rivista, qualora fosse necessario.

 
  
MPphoto
 
 

  Darras (PSE).(FR) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi. Come sottolineato dagli onorevoli Marques e Nogueira Román nelle rispettive relazioni, il Fondo di coesione e i Fondi strutturali rivestono particolare importanza nello sviluppo della maggior parte delle regioni dell'Unione sia per quanto riguarda le infrastrutture, sia nell'ambito dell'integrazione sociale. Nonostante gli impegni di bilancio convenuti, le regioni europee versano però in condizioni di sviluppo estremamente diverse e il collega Fruteau si dimostra molto preoccupato per le regioni ultraperiferiche. Capirete quindi perché temo che la prospettiva dell'ampliamento porti l'Unione europea a rivolgere il proprio sguardo esclusivamente verso est. Ciò comporterebbe conseguenze drammatiche per molte regioni europee attualmente beneficiarie.

Sia chiaro: non intendo con questo rimettere in causa l'adeguatezza dell'ampliamento che corrisponde al consolidamento della pace nel nostro continente, un nobile e fragile obiettivo in questo periodo così difficile. Al contrario, intendo dire che bisogna riflettere sulle condizioni di riuscita. Rientro infatti in quella categoria di persone secondo le quali il successo dell'ampliamento dipenderà dal rafforzamento della coesione. Ma la coesione ha un prezzo che non deve essere pagato dai paesi più poveri dell'Unione.

In concreto, signor Commissario, mi auguro che i criteri di eleggibilità riferiti agli obiettivi 1 e 2 siano rivisti con la massima scrupolosità, di modo che la povertà degli uni non comporti la morte delle speranze e l'impoverimento degli altri. L'ampliamento rappresenta una sfida enorme, quella della solidarietà, e potremo vincerla solamente se saremo in grado di comprenderla e di accettarla. Non dimentichiamolo.

 
  
MPphoto
 
 

  Pittella (PSE). – Signor Presidente, le dichiarazioni che abbiamo ascoltato, sia da parte del Consiglio sia da parte del Commissario Barnier, e gli interventi di tutti i colleghi hanno confermato in maniera limpida che le politiche di coesione rimangono uno dei pilastri fondamentali delle politiche dell'Unione e che l'allargamento ne richiede non soltanto la reiterazione ma anche il rafforzamento.

Tuttavia, penso che i nodi siano altri. Ne indico alcuni: primo, è ancora attuale lo strumentario che abbiamo usato in questi anni a governare squilibri che sono sempre di più differenziati? Possono indicatori generici, come il prodotto interno lordo, o percentuali schematiche, come il 75 percento, continuare ad essere gli unici parametri di chiarificazione e di classificazione di eleggibilità? Può ancora reggere un finto paradigma egualitario per il quale si adottano misure uguali per soggetti e contesti solo statisticamente eguagliati?

Secondo: i principi chiave della sussidiarietà e dell'addizionalità significano la stessa cosa oggi rispetto a vent'anni fa, quando c'era un diverso assetto istituzionale nell'Unione europea? E' proprio così lontana dal vero e dal possibile l'idea, lanciata qualche giorno fa dall'onorevole Giuliano Amato, già presidente del Consiglio italiano, di una profonda innovazione che lasci alla Commissione europea la potestà sui grandi investimenti strategici e decentralizzi le azioni di sviluppo sul piano territoriale?

Io spero davvero che il dibattito dei prossimi mesi si doti del coraggio necessario ad affrontare anche questi nodi.

 
  
MPphoto
 
 

  Lage (PSE).(PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la coesione è un pilastro fondamentale dell’Unione europea. Infatti, senza coesione economica e sociale non ci sarà coesione politica, malgrado quel che pensano alcuni federalisti. Ma, d’altro canto, non potrà esserci coesione economica e sociale senza coesione politica, per quanto ciò possa dispiacere ad alcuni difensori della sovranità dello Stato. Il ruolo della politica di coesione, che è diventato significativo in questi ultimi anni, sarà ancora più incisivo in futuro, dopo l’ampliamento. È evidente! La politica di coesione è anche una condizione del successo dell'ampliamento. É evidente! Eppure, signor Presidente, l’ampliamento porta con sé dei paradossi: rendendo l’Unione europea più povera in termini di reddito medio pro capite, si fa sì che i paesi attualmente più svantaggiati diventino più ricchi, quasi si avverasse una sorta di magia numerica. Questo è il problema. Ora, ciò che il mio paese, il Portogallo, e altri paesi della coesione non possono accettare è di essere relegati, in seguito all’ampliamento, ai margini della politica di coesione, vittime di una meccanica statistica che li colloca automaticamente al di sopra della soglia fatale del 75 percento.

Detto ciò, credo che la futura politica di coesione non possa allontanarsi dai seguenti principi:

i) consolidamento dei mezzi finanziari destinati alla coesione; a questo non si può sfuggire, malgrado quanto affermato dall’onorevole Walter;

ii) garanzia che gli interessi delle regioni e dei paesi più sfavoriti non siano toccati e che si troverà una formula adeguata per continuare a beneficiare del livello di aiuti oggi percepiti;

iii) profonda riforma della politica agricola comune e maggiore tutela a favore del mondo rurale;

iv) definizione e applicazione di una strategia di sviluppo del territorio europeo che decongestioni le attuali zone centrali urbane, dense e concentrate, a vantaggio di tutto il territorio europeo.

 
  
MPphoto
 
 

  Neyts-Uyttebroeck, Consiglio.(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, questo intendeva essere essenzialmente un dibattito preliminare e di orientamento sui futuri sviluppi della politica strutturale e di coesione come da voi auspicata. Ho ascoltato la discussione con estrema attenzione e, chiaramente, terremo conto delle osservazioni da voi fatte. Ma permettetemi, signor Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, di limitarmi a questa brevissima risposta.

 
  
MPphoto
 
 

  Barnier, Commissione.(FR) Signor Presidente, come ha appena affermato il Ministro, signora Neyts-Uyttebroeck, anch'io ho ascoltato con estrema attenzione - e ciò non la sorprenderà - le osservazioni fatte. A mia volta mi ero augurato che, in questa fase iniziale del dibattito, ci fosse molta franchezza, che si muovessero alcune critiche, come ho appena detto, o che si fornissero suggerimenti.

Tuttavia mi permetta di dire che sono stato colpito dai commenti dell'onorevole Simpson. Li reputo veramente ingiusti. Per altri versi, anche l'onorevole Izquierdo Collado ha denotato una certa impazienza. Ciononostante vorrei invitarvi a essere giusti nei confronti della Commissione. Poiché l'onorevole Simpson ha voluto a tutti i costi ricordare il precedente citando il nome di una donna per la quale provo molto rispetto e amicizia, la signora Wulf-Matthies, che è stata mio predecessore, vorrei ricordare il calendario del precedente dibattito sull'agenda di Berlino. Il forum che ha aperto il dibattito sull'agenda di Berlino si è svolto nel 1996 per un Consiglio europeo tenutosi nel 1999 che apriva l'agenda per il periodo 2000-2006 - con tre anni di anticipo! Se avessi rispettato lo stesso calendario, non vi avrei dato appuntamento nel gennaio 2001 per aprire il dibattito, ma nel 2003, ovvero tra due anni.

Non mi si venga a dire adesso che la Commissione non è abbastanza aggressiva e che da lei ci si aspettano proposte. Abbiamo anticipato di due anni l’avvio del dibattito senza preconcetti, senza aspettare l'ampliamento. Vi chiedo quindi di essere giusti con la Commissione. Quando sarà il momento, quando vi avrò ascoltati, quando avrò interpellato il Comitato delle regioni, le regioni stesse, gli Stati membri, contate pure su di me per dare prova di audacia, all'occorrenza di aggressività, e per avanzare proposte coraggiose. Ma non chiedetemi oggi di concludere un dibattito che è appena cominciato con due anni di anticipo rispetto alle procedure abituali. Ho dato prova di trasparenza e di apertura nei confronti del Parlamento europeo. E penso sia abbastanza ingiusto che oggi mi si rimproveri per averlo fatto.

Detto questo vorrei dire al presidente Hatzidakis e agli onorevoli Schroedter, Duin, Gasòliba i Böhm e Markov che nei loro discorsi hanno - se ho ben inteso - insistito ulteriormente sulla gestione attuale, che condivido in gran parte le loro osservazioni e i loro appelli per un miglior consumo, per il rispetto degli impegni e per un vero e proprio partenariato nelle regioni. Insieme al gruppo della Direzione generale faccio tutto il possibile affinché queste parole scritte nei regolamenti - partenariato, sano consumo, rigore, parità e altre ancora - si traducano poi in realtà.

Presidente Hatzidakis, tra qualche giorno comparirò davanti alla sua commissione per farvi il punto della situazione sul periodo 1994-1999 e anche sui consumi, spero, definitivi del precedente periodo che registrava ancora eccedenze prima del 1994. Farò anche risuonare un campanello d'allarme sul rispetto degli obblighi finanziari e dei primi stanziamenti di credito nel periodo attuale, e presenterò alla commissione per la politica regionale un resoconto molto preciso ed estremamente obiettivo.

L'onorevole Markov ha di nuovo insistito sulla questione delle regioni transfrontaliere. Riconosco, onorevole Markov, che la risposta data con il Commissario Verheugen non è totalmente soddisfacente se rapportata alla problematica delle regioni transfrontaliere, ma anche in questo caso non mi si chieda oggi di dare più di quanto non possa, perché stiamo lavorando nel quadro che voi conoscete bene, che voi stessi avete approvato, cioè quello di Berlino. Io ho un quadro finanziario da rispettare: utilizzo tutti i margini di flessibilità e di manovra possibili, ma fino al 2006 devo attenermi al quadro di Berlino e non posso distaccarmene.

L'onorevole Pohjamo, così come altri, ha menzionato il finanziamento dell'ampliamento. Non sarà la Commissione a prendere decisioni in merito, onorevole Pohjamo; lo farà il Consiglio, il Consiglio dei Capi di stato e di governo nel 2006, in base alle proposte che presenteremo. A questo proposito vorrei dire - come avrei potuto dire successivamente agli onorevoli Nogueira Román, Walter, Mastorakis e Pittella che hanno ricordato le finalità e i valori dell'Unione iscritti nella politica di coesione - che nel 2006 potremo avere valide decisioni finanziarie se prima avremo avuto un dibattito politico vero e positivo e se, naturalmente, durante lo svolgersi e al termine di questo dibattito la Commissione, nel ruolo che le compete, avrà presentato proposte audaci e coraggiose. Potete contare su di me e sui Commissari Diamantopoulou e Fischler per assumere posizioni e presentare proposte che porteranno avanti la politica di coesione con le debite modifiche e riforme. Permettetemi però di dirvi che per vincere questa sfida nel 2004 o 2005 ho bisogno di un vero e proprio dibattito politico preliminare. Ho bisogno che dimostriate in quest'Aula, nei vostri paesi e dialogando insieme l'utilità di questa politica regionale, la necessità della sua attuazione e dei suoi risultati. Se non ne daremo prova, allora sì che dovremo temere le decisioni finanziarie finali. Vi invito dunque nei vostri gruppi politici, tra di voi, tra paesi, tra regioni, a partecipare a questo dibattito, a reagire alle prime possibilità ventilate dalla Commissione e ad avanzare proposte.

Onorevole Raschhofer, lei ha affermato che è necessario attuare riforme. Non so se ci siamo capiti bene, ma il dibattito è stato aperto proprio per questo motivo e da questa discussione mi aspetto idee di riforma. L'onorevole Raschhofer ha utilizzato una parola che non posso accettare perché bisogna fare attenzione alle parole che si scelgono: ha parlato di frode. Personalmente sono estremamente rigoroso, e addirittura spietato sulla questione legata al rigore nella gestione dei Fondi strutturali. Probabilmente ci sono alcuni errori e ritardi e spesso possono esserci alcune irregolarità. Ma non ho mai notato che nelle relazioni della Corte dei conti, nella commissione per i bilanci e nella commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento si siano individuati molti casi di frode nella gestione dei Fondi strutturali. Si tratta fondamentalmente di errori, di ritardi e di irregolarità che ridurremo progressivamente adottando l'atteggiamento appena descritto.

L'onorevole Jarzembowski è a sua volta entrato nel dibattito e per questo lo ringrazio. Non vorrei che ci fossero malintesi: quando ho parlato della dimensione territoriale della futura politica, come lei stesso potrà vedere, onorevole Jarzembowski, ho inserito nel titolo della relazione sulla coesione "Unità dell'Europa, solidarietà dei popoli, diversità dei territori". In altre parole avanzo l'idea che forse, nella nuova e futura politica dell'obiettivo 2, se come spero questa politica esiste ancora, si possa non fare della burocrazia e dividere il territorio in zone, bensì arrivare a un decentramento di questa politica partendo però da alcune priorità europee che sceglieremo insieme. Al servizio di ogni priorità potrebbe esserci uno strumento finanziario, o meglio alcuni strumenti finanziari al servizio di alcuni grandi obiettivi che voi stessi desiderate raggiungere: aiutare le regioni con svantaggi naturali permanenti, aiutare la politica urbana e favorire la cooperazione transfrontaliera. Ecco alcuni esempi di obiettivi territoriali, ma potremmo anche trovare obiettivi tematici, quali ad esempio la società dell'informazione.

Onorevole Korakas, anche lei ha fatto appello a una maggiore fiducia e a una maggiore regionalizzazione. Sono d'accordo; avanzerò alcune proposte a favore di una maggiore semplificazione e regionalizzazione nella nuova agenda per il 2004. Tuttavia, ritengo che il limite sia non permettere lo sfaldamento o lo smantellamento di questa politica di coesione, che è una delle grandi e più forti politiche comunitarie e che si rivela fondamentale per la solidarietà in Europa.

L'onorevole Berend, come altri, ha mosso una critica che accetto, o che capisco, relativa al criterio attualmente utilizzato del PIL per abitante. Sono aperto ad altre possibilità, ma voglio dire che fino a questo momento tale criterio mi è sembrato il più giusto e il più obiettivo. Viene accettato da tutti gli Stati membri. Siamo in grado di avere statistiche affidabili con gli strumenti messi a nostra disposizione. Prima di cambiarlo, è necessario riflettere per essere giusti e obiettivi proprio come lo siamo con il criterio del PIL per abitante.

Onorevole Darras, mi permetta di dirle chiaramente che al momento opportuno proporrò una politica regionale e di coesione che interesserà tutti i paesi dell'Unione. Naturalmente mi concentrerò, come abbiamo fatto oggi, sulle regioni e sui paesi più poveri, perché è questo che si intende per coesione, che del resto è fatta per essere abbandonata nel momento in cui sono stati raggiunti gli obiettivi. Ma non sono assolutamente intenzionato ad attuare una politica che ignori le altre regioni, che hanno meno difficoltà ma che hanno ancora progetti e problemi specifici, e che a volte sono zone di povertà. Al momento opportuno, quindi, proporrò una politica che interesserà, con diversa intensità a seconda del livello di sviluppo, tutte le regioni dell'Europa e tutti i paesi dell'Europa. Al contempo farò tutto il possibile - e con questo voglio rispondere all'onorevole Lage - per trattare tutte queste regioni su base egualitaria soprattutto per evitare, onorevole Lage, l'effetto meccanico di cui io stesso ho parlato nella relazione sulla coesione e l'effetto statistico che, se applicato brutalmente, potrebbe penalizzare alcune regioni attuali dell'Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Izquierdo Collado (PSE).(ES) Signor Presidente, un breve intervento a causa delle allusioni all'origine dell'intervento del Commissario, che mi sembra inappropriato e, in particolare, anomalo per lei, un Commissario che ci ha abituati a rapporti estremamente cortesi con il Parlamento e con ciascun parlamentare. Forse c'è stato un problema di comprensione.

L'unica cosa che ho fatto, signor Commissario, è chiederle quanto lei, a sua volta, aveva chiesto al Parlamento. Non mi può dire perciò che sono impaziente. Lei, in gennaio, nella seconda relazione sulla coesione, ha chiesto quale dei quattro criteri il Parlamento ritenga debba essere adottato. Il Parlamento chiede la stessa cosa al Consiglio e alla Commissione.

In secondo luogo, signor Commissario, c'è di mezzo l'ampliamento. Stiamo parlando di un altro momento e di un'altra epoca. Voglio che sappia, quindi, che tutte le mie osservazioni sono state fatte con spirito costruttivo che, nel mio caso, non è certo una novità, ma è dovuto ai molti anni passati a lottare per la coesione in questa Camera.

 
  
  

PRESIDENZA DELL'ON. PUERTA
Vicepresidente

Presidente. - L'onorevole Izquierdo Collado ha fatto una dichiarazione spiegando la sua posizione e le sue intenzioni. Fino a poco fa non ero presente in Aula. Credo che ciò non debba dar luogo a un dibattito tra deputati. Pertanto chiedo all'onorevole Jarzembowski di attenersi a una mozione di procedura.

 
  
MPphoto
 
 

  Jarzembowski (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, non è corretto che, dopo che è scaduto il tempo di parola e dopo che il Commissario ha fatto il suo intervento, si ricominci la discussione un’altra volta. La prego di evitare che in futuro si verifichi una cosa del genere, perché altrimenti chiederei anch’io altri due minuti di parola. Ad ogni modo, volevo dire solo che il Commissario ha risposto molto bene a tutte le nostre domande e che gli siamo veramente riconoscenti!

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. - La discussione è chiusa.

 
Note legali - Informativa sulla privacy