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Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 14 maggio 2002 - Strasburgo Edizione GU

14. Prodotti alimentari
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  Presidente. - L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta, tre relazioni:

- A5-0129/2002, presentata dall’onorevole Horst Schnellhardt a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari (COM(2000) 438 - C5-0376/2000 - 2000/0178(COD));

- A5-0131/2002, presentata dall’onorevole Horst Schnellhardt a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme specifiche in materia d'igiene per i prodotti alimentari di origine animale (COM(2000) 438 – C5-0377/2000 – 2000/0179(COD));

- A5-0452/2001, presentata dall’onorevole Heinz Kindermann a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce norme di polizia sanitaria per la produzione, la commercializzazione e l'importazione di prodotti di origine animale destinati al consumo umano (COM(2000) 438 – C5-0382/2000 – 2000/181(CNS)).

 
  
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  Schnellhardt (PPE-DE), relatore e relatore per parere della commissione per l’ambiente, la salute pubblica e la politica dei consumatori. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, all’inizio del mio intervento desidero ringraziare con particolare calore i funzionari della Commissione, nonché i cari colleghi parlamentari per la collaborazione molto costruttiva e fondata su un’ottima competenza nella materia. Le relazioni oggi in esame, che fanno parte del quadro di riferimento necessario alla produzione di alimenti sicuri e innocui per la salute, sono l’esito di questa collaborazione.

Tuttavia, mentre a quest’ora della sera ci troviamo qui riuniti per discutere provvedimenti destinati a migliorare la sicurezza dei generi alimentari, i cittadini dell’Unione europea siedono nei ristoranti o a casa propria e si gustano gli alimenti senza quasi chiedersi se siano sicuri. Certo, i nostri alimenti sono sicuri, più sicuri che in molti altri luoghi. Il signor Commissario ha però considerato le crisi degli ultimi tempi – e negli scorsi anni ne abbiamo davvero attraversate molte – una buona occasione per elaborare una nuova strategia. Concordo anch’io, sebbene ritenga che queste crisi, da sole, non bastino ad indurci a modificare la nostra normativa in campo alimentare perché sono definitivamente superate e nessuno ne parla più. E’ invece notevole la pressione esercitata dalle trasformazioni intervenute nei processi di produzione dei generi alimentari e riscontrabili anche nel comportamento dei consumatori, che ci impongono di riflettere per aumentare la sicurezza della produzione alimentare. I cittadini hanno infatti esigenze diverse e chiedono una sicurezza sempre maggiore.

Si deve ammettere che, malgrado le numerose normative promulgate, la legislazione comunitaria in campo alimentare continua a presentare ampie lacune. Le singole disposizioni si limitano a disciplinare determinati settori senza seguire una filosofia unitaria. Il diritto alimentare comunitario si caratterizza in particolare per la forte mancanza di coerenza e di certezza del diritto, carenze che non rappresentano certo solo un problema formale, ma che hanno ripercussioni sostanziali in quanto compromettono l’efficacia e l’esecuzione delle disposizioni comunitarie in campo alimentare.

A maggior ragione ci dobbiamo pertanto compiacere della strategia radicalmente nuova proposta dal Libro verde della Commissione che, ad un esame più attento, rivela di essere non tanto una nuova formula di sicurezza, quanto piuttosto una nuova filosofia legislativa. Per la prima volta non si esita a proporre una normativa alimentare generale a livello europeo, con definizioni e principi omogenei. Tale nuova legislazione alimentare poggia su un’idea globale ed unitaria – dal produttore al consumatore – e crea un sistema coerente di norme in campo alimentare. Si è inoltre colta l’opportunità offerta dal processo di consolidamento per migliorare contemporaneamente e in modo radicale anche la finora carente qualità giuridica di varie disposizioni. Il consolidamento di regolamentazioni finora incoerenti in un corpus legislativo omogeneo mi sembra ineludibile.

In materia di igiene alimentare abbiamo bisogno di basi giuridiche che – primo – possano essere agevolmente attuate dalle aziende del settore, - secondo – consentano uno scambio di informazioni tra le diverse fasi della produzione, - terzo – rispettino i requisiti del mercato interno e siano pertanto in vigore in tutti gli Stati membri, - quarto – estendano la responsabilità delle aziende alimentari e – quinto – facilitino i controlli ufficiali garantendo l’esecuzione dei provvedimenti amministrativi. A questo scopo è indispensabile ricorrere allo strumento giuridico del regolamento, su cui il Parlamento non intende recedere. Raccogliere le diciassette direttive del passato in quattro regolamenti porta a tracciare frontiere più nette tra i settori dell’igiene alimentare, delle patologie animali e del controllo ufficiale dei generi alimentari, creando così una base legislativa più facilmente applicabile.

Questo collima anche con la posizione della stragrande maggioranza dei settori economici interessati. Oggi quasi tutti i produttori operano su scala internazionale. Imponendo gli stessi requisiti in tutti gli Stati membri, un regolamento offre un quadro di riferimento operativo unitario e stabilisce pertanto, meglio di una direttiva, condizioni leali nell’intero mercato interno. Tengo particolarmente a sottolineare che la nuova normativa alimentare può tenere conto di peculiarità nazionali e regionali solo in casi eccezionali.

Con i più di 200 emendamenti la commissione ha apportato modifiche sostanziali al regolamento sull’igiene alimentare, migliorandone la qualità. Molti emendamenti richiamano solo il testo del regolamento già emanato sull’igiene degli alimenti e non rappresentano dunque che necessari adeguamenti redazionali. Il motivo conduttore di tutte le proposte di regolamento è la responsabilità primaria dei produttori di generi alimentari relativamente alla sicurezza degli alimenti da loro immessi sul mercato. La crisi dell’ESB ha palesato, non da ultima, la nostra incapacità di attribuire alla produzione agricola primaria le stesse responsabilità già assunte da tempo dalle aziende dell’intera filiera alimentare.

Giudico che tra queste responsabilità si debba annoverare anche il principio del sistema HACCP. Naturalmente sono consapevole che esso si applica soltanto in pochi settori della produzione primaria, ma gli allevamenti con molti capi di bestiame possono definire i cosiddetti punti critici, che richiedono una sorveglianza permanente. Se da un lato vogliamo applicare il principio “dall’azienda alla tavola”, dall’altro dovremmo anche avvalerci di tutte le possibilità di autocontrollo già nella produzione primaria. Secondo le proposte della Commissione, l’HACCP non andrebbe introdotta nella produzione primaria anche se, d’altro canto, i regolamenti in esame elencano prescrizioni generali in materia di igiene per la produzione primaria.

Si tratta qui di un capitolo completamente nuovo della legislazione sull’igiene dei prodotti alimentari. Se, ad esempio, si impone agli agricoltori di registrare tutti i provvedimenti adottati per la riduzione dei rischi, in alcuni ambiti ciò equivale a un inizio di applicazione dell’HACCP. Per riuscire ad individuare le cause degli errori di produzione, inevitabili malgrado gli elevati standard di sicurezza e la completezza dei controlli, si deve sempre garantire la rintracciabilità dei prodotti.

La commissione non considera necessaria l’ulteriore etichettatura prevista dalla proposta della Commissione europea. Per assicurare la rintracciabilità negli Stati dell’UE vigono senza dubbio diverse norme di etichettatura, ma tutte consentono di rappresentare la filiera produttiva senza soluzione di continuità. Avendo ascoltato le dichiarazioni rilasciate dal Commissario lunedì scorso, secondo le quali si dovrà semplificare l’etichettatura dei prodotti, credo che questa proposta della commissione sia destinata ad incontrare il suo consenso.

Il regolamento prevede degli orientamenti per buone pratiche di lavorazione, volti a sostenere i processi produttivi. Si tratterà generalmente di orientamenti di stampo settoriale o nazionale, elaborati dai molti gruppi interessati, e il cui rispetto sarà naturalmente volontario – anche il Parlamento condivide questo principio. Se tuttavia si dovessero elaborare direttrici europee per un determinato settore o una determinata produzione, esse si baseranno sul consenso generale e comporteranno la conoscenza delle migliori pratiche esistenti in Europa. Per questo motivo gli orientamenti europei dovrebbero allora subentrare a quelli settoriali, nazionali o regionali, tanto più che imporrebbero appunto ai produttori di alimenti il ricorso alle migliori pratiche e l’introduzione di questi metodi.

In Europa il settore della produzione alimentare è molto variegato. I regolamenti dovranno pertanto permettere un certo margine di flessibilità, prevedendo anche la possibilità di deroghe. Il Parlamento desidera circoscrivere il godimento di tali deroghe alle regioni geograficamente svantaggiate, alle regioni con difficoltà di approvvigionamento, nonché ai metodi tradizionali di produzione e di rifornimento dei mercati locali.

Le procedure per il riconoscimento delle deroghe dovrebbero essere semplici; il Parlamento non può tuttavia accettare che si accordi alla Commissione piena facoltà di emendare, tramite procedure di comitatologia, gli allegati di questo regolamento sull’igiene alimentare, che definiscono il quadro di riferimento generale delle disposizioni nel campo dell’igiene. Questo implicherebbe infatti la possibilità teorica di modificare nuovamente tutti gli allegati già il giorno successivo all’emanazione del regolamento. Un simile accordo non promuove certo uno spirito di buona collaborazione tra il Parlamento e la Commissione.

La procedura del regolamento relativo alle specifiche norme igieniche dovrebbe però essere diversa. Gli allegati esaminano questioni specifiche relative alle attività volte ad assicurare l’igiene. I nuovi sviluppi tecnologici devono potervi figurare con rapidità, tramite emendamenti elaborati con procedure di comitatologia. A questo scopo abbiamo scorporato dagli allegati determinati aspetti - le definizioni, l’autorizzazione delle aziende, l’etichettatura, eccetera – che sono stati invece ripresi nell’articolato perché le eventuali modifiche di quest’ultimo richiedono una procedura legislativa. Ma per gli altri aspetti – ne convengo anch’io – si dovrà seguire la comitatologia.

Il capitolo dedicato alla caccia sta diventando una delle chiavi di volta dell’esame del regolamento sulle specifiche disposizioni igieniche. Il Parlamento l’ha discusso con molta concitazione. Ora però abbiamo avanzato una proposta che incontra anche il consenso della Commissione. E’ evidente che si deve ammettere l’esistenza di particolarità nazionali e riconoscere che sono andate creandosi tradizioni venatorie diverse. Ora gli emendamenti ne tengono conto, fornendoci al contempo la garanzia quasi assoluta di innocuità della carne della nostra selvaggina. In tal modo si mira in particolare a salvaguardare le varie tradizioni esistenti.

Credo che con queste proposte e con le proposte del regolamento che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per la produzione e la commercializzazione di prodotti alimentari di origine animale si sia riusciti a creare un importante presupposto per il miglioramento delle norme che disciplinano il settore alimentare. Desidero rivolgere un ringraziamento particolare all’onorevole Kindermann, che ha impostato e realizzato la sua relazione in modo eccellente. Ha illustrato le norme relative all’importazione dei prodotti alimentari in modo così chiaro da risparmiarmi ulteriori spiegazioni. A mio avviso i regolamenti in esame costituiscono una buona base per l’estensione del regolamento relativo ai controlli ufficiali sui prodotti alimentari, che aspetto con grande trepidazione perché vogliamo trattarlo in tempi molto brevi.

 
  
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  Kindermann (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente il pacchetto delle proposte di regolamento in esame rappresenta una rielaborazione e una semplificazione dell’intero Codex alimentarius europeo. La proposta di regolamento su cui riferisco stabilisce norme specifiche di polizia sanitaria per prodotti di origine animale e tratta la loro importazione da Stati terzi allo scopo di impedire la diffusione di epizoozie nella fase di commercializzazione di tali prodotti. Questo settore è attualmente disciplinato da sette direttive diverse. La proposta legislativa in esame mira a rendere più trasparenti le norme di polizia sanitaria e a raccogliere le direttive esistenti nel testo di un unico regolamento. Mi congratulo espressamente con la Commissione per la scelta dello strumento giuridico del regolamento, destinato ad assicurare l’omogeneità di applicazione delle disposizioni future sia nell’Unione europea sia in paesi terzi.

Appoggio la proposta nel suo complesso, anche se devo muovere una critica di principio. A più riprese la Commissione introduce la procedura ex articolo 11, vale a dire la procedura di regolamentazione nel quadro della comitatologia. Non è nulla di nuovo, né di particolare. Proprio nel campo della lotta contro le epizoozie è giusto e importante che la Commissione possa reagire più rapidamente e più adeguatamente di fronte a nuove conoscenze scientifiche e a situazioni impreviste, senza dover sempre avviare lunghi e macchinosi processi legislativi. In questo caso, tuttavia, il ricorso alla procedura del comitato di regolamentazione, che non assicura una partecipazione sufficiente del Parlamento europeo, mi sembra si spinga troppo in là. Ho pertanto proposto integrazioni, o forse anche precisazioni, di alcuni passaggi del testo, in cui sancisco alcuni criteri.

Primo: il riconoscimento di deroghe è subordinato alla effettiva situazione epidemiologica e non può in alcun modo pregiudicare il livello di protezione contro le epizoozie. Secondo: i controlli devono avvenire a sorpresa e ad intervalli irregolari. Terzo: nella compilazione degli elenchi dei paesi terzi si deve tenere conto anche di tutti gli elementi addizionali, ivi compresi gli organici dei rispettivi organismi di vigilanza e l’affidabilità delle informazioni trasmesse dalle autorità dei paesi terzi in questione.

La mia relazione comprende inoltre due nuove proposte. Innanzitutto sia gli Stati membri, sia gli organismi competenti dei paesi terzi devono presentare, su richiesta della Commissione, una relazione sui controlli esercitati dalla quale risultino in particolare la frequenza dei controlli, il tipo di carenze e di abusi rilevati e le sanzioni previste dalle autorità competenti. Sappiamo tutti che l’efficacia di un quadro giuridico dipende strettamente dai controlli condotti. Siffatte relazioni esaustive sui controlli esercitati sono dunque imprescindibili se si vuole garantire un’efficace esecuzione dei controlli negli Stati membri. Le relazioni sono inoltre di ausilio alla Commissione, che può reagire immediatamente laddove emergano delle carenze. In secondo luogo, la Commissione dovrebbe redigere un elenco per categorie delle possibili infrazioni al regolamento, alle sue norme di attuazione o alle misure di protezione e valutare se le autorità nazionali competenti debbano punire tali infrazioni in sede penale o in sede amministrativa. Le sanzioni per la violazione delle disposizioni del regolamento dovrebbero essere stabilite in modo possibilmente omogeneo in tutti gli Stati membri. Non è accettabile che nello Stato membro X la stessa violazione abbia conseguenze diverse che nello Stato membro Y. Questo problema, che certamente risulta ancora più allarmante in altri settori, va affrontato alla radice una volta per tutte.

Con la mia proposta volevo cominciare a farlo, anche se la Commissione europea ha già indicato alla commissione parlamentare che, per motivi giuridici, una tale procedura oggi è probabilmente impraticabile. Sono tuttavia convinto della sua necessità, e i colleghi della commissione per l’agricoltura si sono dichiarati concordi anche su questo aspetto. In conclusione desidero ringraziare la Commissione per la collaborazione costruttiva, che spero possa proseguire.

 
  
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  Lucas (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per l’industria, il commercio estero, la ricerca e l’energia. - (EN) Signor Presidente, a nome della commissione per l’industria, il commercio estero, la ricerca e l’energia, vorrei complimentarmi con gli onorevoli Schnellhardt e Kindermann per il lavoro svolto. Il parere da me presentato in qualità di relatrice a nome della commissione per l’industria, il commercio estero, la ricerca e l’energia sulla relazione Schnellhardt, si sofferma in particolare sulla necessità che vi sia coerenza tra le pratiche in materia di sicurezza alimentare, essenziali in rapporto alla vendita o all’offerta interne di prodotti alimentari, e le pratiche che riguardano la vendita dei prodotti alimentari a livello internazionale. La commissione ha cercato, quindi, di chiarire in termini espliciti che l’ambito di qualsiasi regolamento deve applicarsi in maniera uniforme alle esportazioni ma anche alla vendita e al consumo interni.

Era poi nostra intenzione allargare la composizione del comitato permanente per i prodotti alimentari in modo da includere esperti in rappresentanza delle autorità pubbliche e dei gruppi di consumatori. Riteniamo sbagliata la decisione della Commissione del 18 maggio 2000 in materia di composizione dei comitati permanenti, con la quale vengono specificatamente esclusi i gruppi di consumatori. E’ evidentemente di grande importanza che comitati di questo tipo si guadagnino la fiducia dei consumatori e siano davvero rappresentativi dei gruppi interessati. Appare dunque essenziale che in essi vengano rappresentati anche i consumatori.

Per quanto concerne le norme specifiche in materia d'igiene per i prodotti alimentari di origine animale, la commissione per l’industria, il commercio estero, la ricerca e l’energia è dell’opinione che il provvedimento debba incorporare una maggiore flessibilità, a favore in particolare dei macelli. Abbiamo perciò proposto di introdurre misure che consentano ai macelli che si trovino in regioni periferiche o remote di applicare in maniera flessibile il cosiddetto sistema HACCP. Il rigore delle norme ha prodotto, in passato, inutili difficoltà ai macelli localizzati nelle regioni più remote dell’UE, spesso a causa del fatto che i limiti geografici possono causare condizioni sleali di concorrenza a tutto favore, in genere, delle imprese di più grandi dimensioni.

Inoltre, ed è una delle lezioni apprese in seguito all’epidemia di afta epizootica nel Regno Unito, è ovvio che una delle cause della rapida e larga diffusione della malattia è stata appunto la chiusura dei macelli locali. Dobbiamo evitare di provocare, seppure non intenzionalmente, ulteriori chiusure in quest’area vitale.

Infine, a titolo personale, vorrei esprimere una preoccupazione relativa all’intero regolamento. Ritengo che esso non sia sufficientemente flessibile particolarmente per le piccole imprese. Dobbiamo considerare l’onere supplementare che tali imprese potrebbero trovarsi ad affrontare e garantire che il regolamento, qualsiasi forma esso assuma, non rischi di compromettere la loro esistenza.

 
  
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  MacCormick (Verts/ALE), relatore per parere della commissione giuridica e per il mercato interno.(EN) Signor Presidente, il mio compito, generalmente piuttosto noioso, consiste nel riferire che la commissione giuridica ha vagliato il testo e ha ritenuto che esso non mostra mancanze di sorta. In effetti, la proposta in esame si basa sull’Articolo 37, la qual cosa è perfettamente giustificata considerando che il tema riguarda la politica agricola comune. Le procedure adottate, dunque, sono appropriate. E’ certamente importante verificare la presenza di un’adeguata base giuridica. Stiamo ora discutendo, in sede di Convenzione e altrove, la questione di mantenere gli organi comunitari entro i limiti delle proprie competenze e sono lieto che il regolamento in esame vada proprio in questa direzione.

E’ poi un fatto positivo, come ha affermato l’onorevole Kindermann, che questo complesso corpus normativo venga consolidato in un unico regolamento che consentirà all’intera Comunità di disporre di un’impostazione uniforme. Non sono certo di sentirmi giustificato ad utilizzare il tempo dell’Aula, avendo detto quanto c’era da dire sulla materia, ma voglio aggiungere un’osservazione a quanto oggi stiamo discutendo. L’importazione di prodotti animali destinati al consumo umano è intimamente connessa, come ha appena indicato la onorevole Lucas, con la disastrosa epidemia di afta epizootica che ha colpito il Regno Unito e in particolare, come i colleghi sanno, il mio collegio, ovvero Dumfries e Galloway.

Se davvero intendiamo promuovere con sempre maggiore decisione un contesto in cui il consumo locale si appoggi alla produzione locale, come ha affermato qualche attimo fa la onorevole Lucas, dovremmo evitare taluni rischi. E’ di vitale importanza che, nell’introdurre queste norme assolutamente indispensabili, il Parlamento presti la dovuta attenzione alla necessità di garantire che non si creino circostanze tali da provocare un eccessivo spostamento di animali. Spero che questo punto verrà tenuto nella giusta considerazione.

Se anche ho ecceduto i limiti assegnati alla commissione giuridica, per lo meno non ho superato il tempo a mia disposizione.

 
  
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  Piétrasanta (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per l’industria, il commercio estero, la ricerca e l’energia. - (FR) Riguardo alla relazione Kindermann, riteniamo deplorevole che un regolamento così importante, come le altre quattro proposte della Commissione, non rientri nell’ambito della codecisione.

In effetti, tale proposta di regolamento si basa sull’articolo 37, che concerne la politica agricola comune. Si tratta di stabilire delle regole più razionali onde evitare la contaminazione degli animali da allevamento con l’impiego di prodotti di origine animale contenenti agenti patogeni. Ricordiamo tutti l’epidemia di afta epizootica propagatasi in tutta Europa poco tempo fa e la crisi dell’agricoltura da essa generata, soprattutto nel Regno Unito. Le prime indagini confermano che la contaminazione è dovuta a prodotti alimentari di origine animale provenienti da paesi terzi e utilizzate per l’alimentazione dei suini.

Quanto alle condizioni di polizia sanitaria applicabili alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti comunitari, occorre effettuare un monitoraggio preciso e periodico sullo stato sanitario delle regioni produttrici. I controlli nazionali e le ispezioni comunitarie devono avvenire senza preavviso. Al fine di disporre di mezzi adeguati dobbiamo riflettere, come ha detto l’onorevole Kindermann, sul numero necessario di veterinari negli Stati membri così come in seno all’Ufficio europeo dei prodotti alimentari di Dublino. Inoltre, il nostro dispositivo giuridico deve tenere conto degli Stati candidati. E’ necessario uniformare le sanzioni.

Per quanto riguarda le importazioni provenienti da paesi terzi, si dovranno loro applicare le stesse disposizioni in vigore per gli Stati comunitari. Tuttavia, misure di igiene troppo severe non dovranno fungere da barriere commerciali. In tal caso, dovranno essere operati degli adeguamenti sulla base dell’obiettivo iniziale del regolamento.

Assicuriamo il nostro sostegno alla relazione Kindermann che apporta le precisazioni necessarie alla proposta della Commissione.

 
  
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  Ayuso González (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, sarebbe ingiusto non riconoscere alla Commissione il merito di avere lavorato in modo proficuo per raggiungere l’obiettivo del Libro bianco, ossia semplificare e chiarire la legislazione eliminando tutti gli inconvenienti di una legislazione suddivisa in diciassette direttive. Inoltre, le proposte presentateci sono ragionevolmente buone e molto precise. Credo che tutti i settori interessati lo abbiano riconosciuto.

Vorrei anche sottolineare l’importanza del lavoro svolto dai due relatori, in quanto la catena alimentare è lunga e pertanto la materia da trattare molta. Essi hanno dovuto studiare e giungere ad un accordo su una numerosa serie di emendamenti che certamente miglioreranno il progetto.

Tali norme legislative si basano sul controllo della sicurezza alimentare dall’azienda agricola alla tavola del consumatore per offrirgli le massime garanzie. Assicuro il mio appoggio a tutto ciò che sostengono i relatori. Uno dei punti cruciali della futura normativa è l’applicazione obbligatoria del sistema HACCP in tutte le imprese alimentari, compreso il settore primario.

L’analisi dei rischi e dei punti critici è stata concepita per essere applicata nell’industria alimentare e probabilmente ha segnato un grande passo avanti per quanto attiene all’igiene degli alimenti. Tuttavia, resta il fatto che molte piccole imprese non sono ancora in grado di applicare tale misura. Proprio perché essa non viene applicata ancora nella totalità del settore della trasformazione e perché il sistema è stato concepito unicamente per l’industria, non bisognerebbe estenderla, per ora, al settore primario.

Il settore primario è già obbligato a rispettare i cosiddetti principi guida di buone prassi procedurali, la cui finalità è la stessa di quella perseguita attraverso il sistema HACCP, più adatto alle caratteristiche di tale settore economico. Se vi sono stati problemi, ciò non si è verificato per assenza di norme bensì per la mancata applicazione di queste stesse norme. Non voglio dire che in futuro si debba richiedere al settore primario di attuare le norme HACCP, ma che bisognerebbe adeguare tali norme alle caratteristiche di versatilità proprie dell’agricoltura e dell’allevamento. L’applicazione di tali norme deve essere considerata una misura essenziale per la sicurezza alimentare, senza che essa, tuttavia, sostituisca i controlli. Occorre, a mio parere, insistere su tali controlli e effettuarli in tutti i paesi secondo la stessa procedura.

Gli operatori economici debbono assumersi la responsabilità della sicurezza degli alimenti, garantire la qualità di questi e dei loro ingredienti e stabilire delle procedure di ritiro in caso di emergenza.

Infine, vorrei ricordare che le esportazioni e, soprattutto, le importazioni devono rispettare le norme di igiene, altrimenti l’insicurezza potrà giungere dall’esterno, e le nostre imprese perderanno competitività nei confronti di quelle imprese che invece non rispettano gli stessi requisiti.

 
  
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  Corbey (PSE). – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, questa sera gli alimenti assumono nuovamente una posizione di spicco nel quadro del nostro ordine del giorno. Negli ultimi due anni abbiamo indubbiamente conseguito dei progressi: gli alimenti devono essere sicuri ed è essenziale potersene fidare; il mercato interno deve basarsi su regole comunitarie; i consumatori devono poter confidare nella sicurezza degli alimenti prodotti in altri Stati membri e nella loro conformità ai requisiti igienici. Per questo motivo sostengo di cuore le proposte della Commissione: è utile creare un quadro globale per l’igiene degli alimenti e del settore veterinario. E’ positivo raccogliere tutte le normative in un unico pacchetto. Mi congratulo sentitamente anche con l’onorevole Schnellhardt per la sua relazione, risultato di molte ore di lavoro e di concertazione.

Desidero nondimeno esporre sette considerazioni.

Innanzitutto si sono eccessivamente enfatizzate le procedure relative all’igiene, perdendone un po’ di vista le finalità. Mi sembra che si dovrebbero chiarire i risultati a cui miriamo con questa legislazione.

Sulle procedure e le modalità operative credo sia invece consentita una certa flessibilità, perché tutte le strade portano a Roma.

Una seconda osservazione: dobbiamo renderci conto della portata di ciò che stiamo esaminando. Sappiamo che i temi relativi all’alimentazione scatenano reazioni fortemente emotive contro la mondializzazione, contro la produzione su ampia scala, a favore della produzione locale e a favore della tradizione. Spesso queste emozioni sono giustificate e la politica non può né deve ignorarle. Ma dobbiamo anche renderci conto che spesso solo le aziende di grandi dimensioni possono rispettare regole più rigide e rigorose. Norme più severe promuovono quindi la produzione industriale, proprio quella forma di produzione di cui i consumatori diffidano. In questo senso, regole molto minuziose si rivelano spesso controproducenti. Dobbiamo inoltre fare spazio alle culture nazionali. E’ quindi auspicabile essere flessibili nell’applicazione dei manuali di corretta prassi operativa. Non v’è nessun motivo di ritenere che i manuali europei siano a priori migliori di quelli nazionali. Si deve effettuare una scelta, soprattutto alla luce del fatto che tali manuali, in ultima analisi, non rappresentano null’altro che uno strumento ausiliario. In questo contesto si pone la questione dell’opportunità di applicare il sistema HACCP in agricoltura. Il sistema HACCP non è stato concepito per le aziende agricole e una rigida applicazione dei principi Hesep potrebbe mettere in difficoltà le imprese individuali e le aziende familiari. Anche qui vige il principio che il sistema HACCP è uno strumento ausiliario, non un fine in sé, bensì un metodo di lavorazione degli alimenti responsabile.

La terza considerazione riguarda la caccia. Si tratta indubbiamente di un aspetto che ha suscitato un eccessivo interesse politico. Per la caccia su piccola scala mi sembra si possano mantenere le normative nazionali, sebbene anche qui si debbano rispettare dei limiti. Non siamo favorevoli ad una deroga all’intera sezione II che riguardi l’uso privato e locale. Se da una verifica dovesse emergere che non vi sono indizi preoccupanti, non avremmo nessuna obiezione ad accordare lo stesso trattamento del consumo privato anche alle piccole forniture destinate ai mercati locali.

In quarto luogo vorrei spendere qualche parola sui paesi terzi. Dobbiamo assicurarci che l’igiene degli alimenti importati sia pari a quella degli alimenti prodotti a casa nostra, e questo presuppone controlli corretti ed efficaci. Ma la sicurezza alimentare non può fungere da pretesto al protezionismo. La sicurezza alimentare è un compito che unisce il mondo intero, e dobbiamo aiutare i paesi membri ad attribuirle la giusta priorità.

In quinto luogo, le responsabilità devono essere chiare. Ai cittadini e ai politici, ma indubbiamente anche alle aziende e ai loro dipendenti. La formazione dei lavoratori è importante e anche un aggiornamento annuale può essere utile. Nel corso del processo legislativo questo emendamento va però ulteriormente affinato: i dipendenti che denunciano carenze igieniche non devono pagarne le conseguenze. Questo è l’emendamento destinato a chi può suonare campanelli di allarme.

La sesta osservazione riguarda il livello di dettaglio della normativa. Non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo dell’igiene degli alimenti. Gli operatori del settore e i responsabili dei controlli sono persone qualificate, non è necessario che la politica europea si pronunci sul numero di piastrelle che ci devono essere sui muri delle macellerie sotto casa. Anche noi ci siamo ormai fatti un’idea dei requisiti di confezionamento dei molluschi bivalvi. Sappiamo che mantengono la loro vitalità, ma, sinceramente, non mi sono data alla politica per occuparmi di tali questioni.

E giungo così ad un’ultima valutazione di natura politica. Dobbiamo chiederci se questa è la via che ci farà procedere. Il Parlamento deve davvero continuare ad soffermarsi su simili dettagli? Appoggiamo l’emendamento dell’onorevole Schnellhardt sulla comitatologia; voglio però ribadire che noi, come Parlamento, non dobbiamo occuparci di tutte le minuzie tecniche, ma dobbiamo demandarle alla Commissione, che può ricorrere al supporto degli esperti dell’Autorità per la sicurezza alimentare. Propongo di riflettere ancora una volta su questo aspetto in vista della seconda lettura.

Ringrazio nuovamente l’onorevole Schnellhardt. Grazie per l’attenzione.

 
  
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  Paulsen (ELDR). (SV) Signor Presidente, mi congratulo con i relatori che hanno svolto un lavoro eccellente: qualificato, specialistico e molto attento. Sono molto lieta del fatto che sia stata presa in considerazione la produzione primaria e che, finalmente, risulti coperta l’intera catena alimentare. E sono altrettanto lieta che sia stata ulteriormente precisata la responsabilità individuale del produttore nella legislazione alimentare. Il solo ricorso alla forza pubblica non serve a nulla, se non sono i singoli ad assumersi la responsabilità della propria azienda, del proprio lavoro e del proprio operato.

Sono personalmente molto soddisfatta della disponibilità al compromesso mostrata dall’onorevole Schnellhardt, grazie alla quale l’articolo 4, paragrafo 4 (corrispondente all’emendamento n. 31) consente ora che l’infinita varietà di alimenti tradizionali che contraddistingue l’Europa non sparisca dal mercato, senza tuttavia dare modo ai singoli Stati membri di aggirare le disposizioni in materia etichettando tutti i loro prodotti come tradizionali.

Con quella formulazione abbiamo inoltre fatto sì che le disposizioni non si applichino alle sole produzioni locali; infatti, buona parte delle principali esportazioni alimentari europee è data da prodotti caseari e insaccati tradizionali, che richiedono particolari metodi di produzione senza per questo essere nocivi.

Sono veramente soddisfatta che sia stato superato questo ostacolo, perché sarebbe stato rovinoso ritrovarsi con una legislazione alimentare europea adatta unicamente alla Nestlé o a McDonald’s.

Infine, tengo a manifestare la mia soddisfazione anche per il fatto che sono stati definiti compromessi ragionevolmente sostenibili sul tema della caccia. In Svezia abito nel bel mezzo della foresta e, francamente, avrei avuto paura a tornarmene a casa se qualche cacciatore di alci si fosse messo in testa che ho votato contro la caccia all’alce. Si tratta di un argomento molto delicato sul piano dei simboli e, a mio avviso, è stato raggiunto un compromesso accettabile agli occhi di chi pratica la caccia al fagiano o all’alce.

 
  
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  Sjöstedt (GUE/NGL). (SV) Signor Presidente, anch’io ringrazio il relatore Schnellhardt per il lavoro che ha svolto su una materia tanto vasta e complessa. La maggior parte degli emendamenti, inoltre, ha condotto a un risultato finale assai diverso rispetto all’iniziale proposta della Commissione.

In un ambito in particolare, la proposta della Commissione avrebbe dato adito, se attuata, a gravi difficoltà: il trattamento riservato alla selvaggina. La proposta della Commissione avrebbe rischiato di influire molto negativamente sulla caccia e sulla vendita di selvaggina al dettaglio. Credo invece che, con gli emendamenti adottati in commissione, tali rischi siano sventati.

E’ altresì importante salvaguardare il ricorso a sistemi di controllo nazionali diversi, nell’ottica del comune obiettivo di un’adeguata igiene alimentare. Sono quindi particolarmente soddisfatto di veder recepita l’idea che la selvaggina può essere controllata in modi diversi, che vi sono condizioni climatiche molto varie alle quali corrispondono tempi di raffreddamento diversi, e che anche la formazione professionale può essere organizzata in modi diversi.

 
  
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  Esclopé (EDD). - (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, per riformare la legislazione comunitaria relativa alle norme di igiene alimentare - 17 sono le direttive interessate - la Commissione applica il principio della responsabilità degli esercenti del settore alimentare.

Sono pienamente d’accordo sull’applicazione di tale principio all’industria agroalimentare, che nutre milioni di consumatori. Tuttavia, la direttiva concerne la totalità della produzione primaria, ossia i prodotti della terra, dell’allevamento, della caccia e della pesca, e a questa produzione si vuole imporre un sistema vincolante di rintracciabilità. Come è possibile assumersi la propria responsabilità personale su un fungo colto in un bosco o su un pesce pescato in un fiume? Tutto ciò sembra piuttosto irrealistico.

L’articolo primo del regolamento "Campo di applicazione" precisa che tali disposizioni non vengono applicate né alla produzione primaria di prodotti alimentari a fini di utilizzo privato né alla preparazione domestica di prodotti alimentari a fini di consumo privato. Occorre estendere tale misura all’approvvigionamento dei mercati locali e alla commercializzazione dei prodotti naturali provenienti dalla produzione primaria.

Questi prodotti della terra - bacche o funghi - contribuiscono all’immagine di marca delle regioni, rafforzano la loro identità e la loro notorietà gastronomica e favoriscono il turismo verde, indispensabile per l’economia rurale. Posti di lavoro e pratiche tradizionali sono in gioco.

Quanto alla selvaggina e alla carne di animali selvatici, consegnata direttamente dal cacciatore al consumatore o al dettagliante, deve essere considerata una produzione alimentare tradizionale e beneficiare di metodi di commercializzazione specifici. Per la spiralis, l’emendamento n. 92 ci sembra eccessivo, in quanto il congelamento o la cottura a più di 65º sopprime la presenza del parassita.

Le autorità competenti in seno a ciascun Stato membro sono le più adatte per valutare la situazione e per stabilire le prescrizioni in grado di garantire una protezione appropriata del consumatore. Torniamo alla ragione privilegiando l’elasticità, tenuto conto della diversità delle situazioni geografiche e climatiche ed evitiamo di chiuderci in una normativa rigida che può soltanto portare a una strada senza uscita e a un grande malcontento.

 
  
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  Grossetête (PPE-DE). - (FR) Signor Presidente, gli scandali legati ai prodotti alimentari hanno fin troppo messo in luce, negli ultimi anni, le lacune dovute all’assenza di una responsabilità precisa. Per questo, occorre riaffermare regole chiare, precise, semplificando, sì, i testi ma senza ridurre le esigenze. Al contrario.

Bisogna, pertanto, definire la responsabilità che ricade sui fabbricanti, ossia il rispetto delle regole, la rintracciabilità del prodotto, l’analisi preliminare dei rischi. I fabbricanti sono i garanti di un’alimentazione di qualità, di un’alimentazione di fiducia. Sì, le esigenze sono importanti ma non possono far altro che sostenere lo sviluppo dell’immagine dei loro prodotti.

Responsabilità anche del consumatore che deve poter disporre della libertà di scelta. In tale ambito è ugualmente fondamentale il ruolo dell’informazione e delle associazioni dei consumatori.

Oltre ai testi che ci vengono proposti, auspicherei che l’Unione europea decidesse veramente di lanciare una campagna di informazione e di sensibilizzazione sulle misure igieniche indispensabili da osservare a domicilio. Si tratta di semplici cose della vita quotidiana ma sufficienti per evitare determinati rischi. E’ importante. ad esempio, tenere pulito il frigorifero, conservare adeguatamente i prodotti, controllare la temperatura di conservazione, eccetera.

La responsabilità ricade anche sulle autorità, che dovranno attuare controlli severi sulla fabbricazione, sulla produzione e la commercializzazione e che dovranno anche applicare sanzioni efficaci in caso di mancato adempimento, non solo nei riguardi delle parti interessate ma anche degli Stati membri che non rispettino la legislazione comunitaria. In definitiva, bisogna mostrare grande fermezza.

Risultano infine numerose le discussioni sulla carne di animali selvatici. Occorre, ovviamente, garantire la qualità di tale prodotto e sappiamo che le procedure variano da uno Stato membro all’altro. Bisogna aver fiducia nei professionisti, ossia nei cacciatori, che sono assolutamente in grado di giudicare lo stato della selvaggina abbattuta.

Concludo, signor Presidente, ribadendo che la catena alimentare europea è una fra le più sicure al mondo e che bisogna semplicemente rispondere alle attese dei nostri concittadini.

 
  
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  Whitehead (PSE).(EN) Signor Presidente, vorrei trattare brevemente un certo numero di emendamenti su cui sono state sollevate talune perplessità.

L’emendamento n. 31 concerne i prodotti che fanno uso di metodi tradizionali o la cui produzione è localizzata in regioni remote. Tutti noi conosciamo esempi di questo genere e, nel caso del Regno Unito, penso a quanti cercano di rendere operativo il nostro regime di garanzia sulla carne bovina. Dovremmo promuovere questo emendamento, perché esso afferma esplicitamente che i prodotti devono dimostrare di non avere effetti negativi in termini di igiene alimentare. In modo simile, i riferimenti al sistema HACCP presenti nell’emendamento n. 9 sono di carattere facoltativo e non prescrittivo, tanto da poter affermare che il settore delle piccole imprese può certamente farvi fronte.

Voglio ora soffermarmi, come l’onorevole Goodwill si aspetta che io faccia, sull’emendamento n. 18 a firma Goodwill e Bernier; tale emendamento intende esonerare i cacciatori dalle disposizioni dei regolamenti in discussione. Possiamo accettare che l’esenzione riguardi il singolo cacciatore che consumi o passi ad altri la selvaggina che egli stesso ha ucciso o catturato. Ma esiste pur una differenza tra il nobile cacciatore nordico che scala le vette più estreme per inseguire un singolo alce, secondo l’immagine che l’onorevole Sjöstedt vorrebbe proporci, e i gruppi di flaccidi imprenditori che affollano i fondi terrieri inglesi col risultato di consegnare al mercato una quota rilevante di uccelli o animali maldestramente uccisi.

In simili circostanze, ritengo che sia cosa ben diversa se tali prodotti finiscono a un dettagliante o a un ristorante. Oscar Wilde, grande uomo di spirito, descrisse la conventicola dei cacciatori inglesi come “gli indicibili a caccia dell’immangiabile”. Nulla in contrario. Ma quando “gli indicibili” cominciano a mettere in giro il “mangiabile”, dovrebbero essere disposti a rispettare le norme d’igiene previste da questo regolamento.

Non vedo dunque alcuna buona ragione che motivi un’esenzione nei casi in cui ciò che inizia come un piccolo sbocco privo di rischi e pericoli e che riguarda qualche coppia di uccelli qua e là, finisce per diventare una nuova catena di rifornimento alimentare. Dobbiamo certamente difendere il diritto del cacciatore di svolgere la propria attività ma non possiamo garantirgli un accesso indiscriminato alla vendita al dettaglio.

 
  
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  Pesälä (ELDR). (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero intervenire brevemente sulla caccia. Sono infatti dell'avviso che in taluni Stati membri quest'attività contribuisca notevolmente all'alimentazione. Nel mio paese, ad esempio, 300000 cacciatori cacciano due milioni di capi di selvaggina e 100000 capi di grosse dimensioni. Si tratta quindi di un'attività importante. Naturalmente, la selvaggina viene venduta nei negozi, donata o venduta a vicini e parenti.

Ora bisogna decidere se sia opportuno regolamentare sul piano comunitario tale attività, spesso basata sulla fiducia e su un rapporto di conoscenza. Quando il negoziante del villaggio acquista dal cacciatore la carne per rivenderla, il controllo sociale è una sorta di garanzia della qualità. In tali questioni bisognerebbe conservare la moderazione. Do pertanto tutto il mio sostegno all'approvazione dell'emendamento numero 82 nella relazione dell'onorevole Schnellhardt.

 
  
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  Fiebiger (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, la proposta di regolamento del Consiglio che rende più trasparenti le norme di polizia sanitaria nel campo delle epizoozie e riassume le direttive esistenti in un unico testo rappresenta a mio avviso un ulteriore progresso verso la semplificazione della politica agricola in questo campo e, in particolare, verso la creazione di una base anche giuridica per i controlli esercitati sulle diverse attività. Desidero tuttavia dichiararmi espressamente favorevole alla prosecuzione della ricerca scientifica e dell’analisi dei prodotti di origine animale finalizzata, ad esempio, alla diagnosi dell’encefalopatia spongiforme bovina e dell’afta epizootica su animali vivi, naturalmente a costi accessibili. Si devono poter applicare standard tecnici e organizzativi nuovi e più elevati, ma questo presuppone anche la loro accessibilità economica. Affermo a chiare lettere che questo principio va applicato anche alle importazioni di prodotti alimentari da paesi terzi. Al contempo – e con questo giungo alla fine – si devono anche sostenere con la necessaria serietà le numerose organizzazioni per la protezione dei consumatori.

 
  
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  Farage (EDD). - (EN) Signor Presidente, pur essendo un flaccido e rugoso imprenditore a cui piace scovare la selvaggina per spararle, voglio concentrarmi su un aspetto, ovvero sul fatto che siamo in presenza di un singolo provvedimento che raccoglie diciassette direttive in materia d’igiene. Il regolamento si spinge molto oltre le direttive che esso sostituisce. In particolare, estende l’articolo 3 della direttiva 93/43/CE, che introduce i cosiddetti principi HACCP. L’analisi del rischio e i punti critici di controllo vennero sviluppati negli anni Sessanta per la NASA con la finalità di garantire un alto grado di genuinità al cibo destinato agli astronauti. Un rilascio incontrollato delle funzioni corporali in una tuta spaziale potrebbe provocare un certo disagio! Ma il sistema HACCP è un sistema di gestione della sicurezza alimentare concepito in relazione a operazioni altamente sofisticate di trasformazione degli alimenti.

Si vuole ora rendere obbligatorio per l’intera Unione europea questo sistema degno dell’epoca dei voli spaziali. Esso, soltanto nel Regno Unito, riguarderà 300.000 imprese con un costo stimato di 2 miliardi di sterline l’anno solo per le PMI.

Ciò che è stato sviluppato per un’organizzazione provvista di un grado sofisticato di tecnologia non può essere adatto al Joe’s Café di Lewisham High Street o al bistro Jean Dupont di rue de la Révolution di Marsiglia.

Al principio di quest’anno, ho fatto un giro nei pressi di questo edificio visitando i mercati locali con un esperto di sicurezza alimentare. Ho riscontrato decine di casi in cui non venivano rispettate le norme di base dell’igiene alimentare. Là, come ovunque, le disposizioni della direttiva 93/43/CE attendono ancora di essere soddisfatte. Perché, dunque, la Commissione vuole introdurre nuove norme? I tecnocrati non hanno alcun contatto con la realtà. Sono andati in orbita per atterrare su un altro pianeta come gli astronauti per i quali il sistema HACCP venne concepito. Per questa sola ragione, la Commissione non dovrebbe nemmeno proporre l’introduzione di nuove normative. Non abbiamo bisogno di ulteriore complessità. Se il Parlamento approverà le proposte, dimostrerà di vivere anch’esso su un altro pianeta.

 
  
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  Lisi (PPE-DE). - Signor Presidente, è senz'altro da condividere lo sforzo della Commissione di semplificare il quadro legislativo passando da 17 direttive a un regolamento. Ma, signor Commissario, proprio per il fatto che si tratta di un regolamento, lei sa meglio di me che è una questione da trattare con cautela in quanto il regolamento si applica immediatamente e, per sua natura, armonizza, direi quasi omologa, tutte le procedure in un territorio vasto come quello dell'Unione e in un settore, quello dell'alimentazione, della gastronomia, che, non dimentichiamolo mai, rappresenta anche gran parte della cultura e della civiltà di questo nostro continente. D'accordo quindi sulla necessità di armonizzare, ma ricordiamoci di trattare la questione con cautela.

Vorrei segnalare tre punti in particolare: il primo, che è già stato ampiamente trattato nella relazione e dal relatore, è la questione dei prodotti tipici, prodotti che hanno una loro storia, non solo come prodotti ma anche come processi di produzione. Non basta limitarli ad aree geografiche o a mercati locali; sono veri e propri prodotti che vanno trattati con un'attenzione particolare.

In secondo luogo: la questione del settore primario, che certamente non è totalmente coperto da questo regolamento, ma che si trova in qualche modo regolamentato. Per il settore primario la situazione è diversa, soprattutto per le piccole e medie imprese che vi operano. Ho proposto un emendamento che vi prego di sostenere, che tende almeno a ridurre l'impatto burocratico, amministrativo, per quanto riguarda la conservazione dei documenti, che per un ortaggio non si capisce perché debba essere di cinque anni.

In terzo luogo - vi sarebbe anche la questione relativa alla selvaggina, che cito rapidamente, per la quale comunque mi pare sia stata trovata una soluzione equilibrata - vi è la formazione. E' giusto far sì che i nostri operatori della catena alimentare siano sempre formati. Anche per quanto riguarda questo aspetto evitiamo tuttavia di estendere impropriamente la questione alla qualità, che è altra cosa: formazione sull'igiene, non su altro.

 
  
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  Patakis (GUE/NGL). - (EL) Signor Presidente, sarebbe come minimo ingenuo sostenere che la mancanza di direttive aggiornate è la causa della deplorevole situazione nel settore alimentare. D’altronde quelle già esistenti vengono palesemente violate.

Prima ancora di parlare di intervento legislativo e di questioni di ordine tecnico, è necessario individuare le cause che hanno portato al degrado, all’alterazione e alla sofisticazione non solo dei prodotti per l’alimentazione, ma dell’intera catena alimentare.

Una gestione della catena alimentare conforme alle leggi del massimo profitto e della speculazione più indegna è la principale responsabile del degrado nella qualità degli alimenti. Finché si continuerà ad intensificare la produzione e la catena alimentare resterà nelle grinfie e sotto il controllo delle grandi multinazionali del settore, che determinano i processi produttivi e la qualità degli alimenti, mai e poi mai si riuscirà ad avere garanzie effettive per la salute dei consumatori.

Il problema è eminentemente politico. Solo invertendo la tendenza a identificare il profitto capitalistico con il massimo obiettivo del processo produttivo sarà possibile escludere il ricorso a metodi illeciti e pericolosi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti. Altrimenti continueremo a vedere solo la pagliuzza, ignorando la trave nell’occhio della salute pubblica.

 
  
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  Müller, Emilia Franziska (PPE-DE)(DE) Signor Presidente, signor Commissario, l’onorevole Schnellhardt ha presentato due relazioni fondate su una solida competenza, che migliorano notevolmente le proposte della Commissione in materia di igiene alimentare. In futuro i produttori e le aziende di trasformazione dovranno documentare tutte le fasi della produzione e della lavorazione. Tale obbligo riguarda anche i mangimi utilizzati e lo stato di salute degli animali. In questo modo ai consumatori europei si accorda la possibilità di ricostruire, in futuro, la via seguita dagli alimenti e dai loro ingredienti per arrivare dal produttore agli scaffali dei negozi. Si otterrà così la trasparenza della filiera alimentare, anche nelle piccole e medie imprese.

In questa sede mi sia consentito concentrarmi in particolare su queste piccole e medie imprese di lavorazione della carne. Nell’Unione europea esistono circa 150.000 macellerie artigiane, che contano complessivamente più di un milione di addetti e realizzano un fatturato annuo di 60 miliardi di euro. Sono proprio queste piccole aziende ad assicurare l’approvvigionamento locale a breve distanza e a garantire la sopravvivenza di un’offerta differenziata negli ambienti rurali. Con abilità artigiana, esse producono specialità locali e contribuiscono in modo determinante alla creazione dell’Europa delle ghiottonerie gastronomiche. Il loro stretto contatto con i consumatori trasmette fiducia nella qualità e nella sicurezza dei prodotti. Dobbiamo pertanto prestare particolare riguardo alle piccole strutture aziendali, emanando norme di legge adeguate e praticabili per queste imprese che offrono a molti cittadini europei possibilità di formazione professionale e di lavoro.

Insieme al relatore ho presentato un emendamento relativo ai cosiddetti abbattimenti a postazione unica nelle macellerie, in quanto, accanto alle disposizioni destinate alle linee di macellazione dei grandi impianti, si deve considerare anche la realtà delle piccole imprese artigianali. Se si adottano le necessarie precauzioni e se effettuato con competenza, l’abbattimento su una postazione può avvenire a condizioni igieniche ineccepibili. Chiedo pertanto che si sostenga l’emendamento n. 133.

 
  
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  Arvidsson (PPE-DE). (SV) Signor Presidente, pratico la caccia all’alce nel Nord della Svezia. Se questo tipo di caccia non viene praticato regolarmente ogni anno, la popolazione di alci cresce molto rapidamente, e con essa anche il numero di morti sulle strade nonché i danni al patrimonio forestale.

In settembre, quando si va a caccia la mattina presto fa un freddo cane; il clima di quel periodo può tranquillamente essere paragonato alla temperatura all’interno di un frigorifero. A tal punto che, nel mio villaggio, sul piano ecologico non vi è sistema di refrigerazione migliore per la selvaggina dell’ambiente esterno stesso.

Quanto più l’Unione si amplia, tanto più diviene difficile legiferare in dettaglio mediante disposizioni comunitarie. Le direttive dell’Unione devono essere efficacemente applicabili sull’intero territorio comunitario e devono quindi contemplare la possibilità di adattare le loro disposizioni alle varie situazioni riscontrabili. Gli Stati membri già dotati di adeguate procedure di ispezione prima dell’immissione della selvaggina sul mercato devono poterle mantenere.

Nel mio paese, i politici decisi a screditare la cooperazione europea agli occhi dell’opinione pubblica hanno strumentalizzato questa proposta di direttiva per fomentare il sospetto che l’UE rappresenti una minaccia per le tradizionali attività venatorie. E’ molto importante dimostrare che si sbagliano. L’Unione non dispone di competenze legislative che le permettano di disciplinare la caccia finalizzata all’autoconsumo o il trattamento della selvaggina destinata al consumo privato.

Ciò ribadisce ancora una volta la necessità che le disposizioni in ambito venatorio siano decise in ossequio al principio di sussidiarietà. Con il contributo dell’onorevole Schnellhardt, il capitolo di questa direttiva dedicato alla selvaggina è ora ottimo.

 
  
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  Redondo Jiménez (PPE-DE). - (ES) Signor Presidente, signor Commissario, il Parlamento si pronuncerà domani su un pacchetto di normative volte a garantire l’igiene dei prodotti alimentari, in generale, e la creazione di norme specifiche per i prodotti di origine animale, in particolare. Tale nuova legislazione si basa sull’imperativo di garantire la sicurezza alimentare dall’azienda agricola alla tavola, in linea con le iniziative che si stanno adottando da alcuni mesi per offrire le massime garanzie al consumatore.

Vorrei congratularmi con il relatore che ha compiuto un grande sforzo per formare il consenso fra tutti i gruppi e che ha elaborato, a mio parere, un’eccellente relazione. Mi congratulo, inoltre, con la Commissione che ha presentato una proposta ugualmente ragionevole ed equilibrata.

Tuttavia, uno dei punti chiave della futura normativa è l’applicazione obbligatoria dell’analisi dei rischi e dei punti critici di controllo HACCP in tutte le imprese alimentari. Ciò nonostante, l’applicazione del sistema HACCP deve essere considerata una misura complementare della sicurezza e non può sostituire i controlli ufficiali. Il sistema HACCP non deve essere esteso, per il momento, al settore primario, in quanto tale sistema è stato concepito unicamente per l’industria. Il settore primario è già tenuto a rispettare i cosiddetti principi guida di buone prassi procedurali; tale regime persegue la stessa finalità del sistema HACCP: pertanto esso è maggiormente adatto alle caratteristiche di tale settore economico, e non sono opportune duplicazioni.

Le crisi alimentari che si sono via via verificate hanno reso necessario un consolidamento della normativa sull’igiene per recuperare la fiducia dei consumatori, obiettivo che la Commissione europea ha debitamente considerato nella sua proposta; tale normativa sarà, probabilmente, migliorata dal Parlamento europeo con l’approvazione dei suoi emendamenti sui prodotti tradizionali, la caccia, eccetera, che sono già stati enumerati dagli onorevoli che mi hanno preceduto.

Gli operatori economici devono continuare ad assumersi le loro responsabilità circa la sicurezza degli alimenti, garantire la rintracciabilità degli alimenti e degli ingredienti alimentari, e stabilire procedure di ritiro nei casi di emergenza. Tutti i settori devono elaborare codici di buona condotta per fornire linee guida circa la sicurezza alimentare. D’altra parte, sia le importazione che le esportazioni dovranno rispettare le stesse norme.

(Il Presidente toglie la parola all’oratrice)

 
  
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  Byrne, Commissione. - (EN) Signor Presidente, sono lieto di intervenire nella discussione di questa sera e di presentare le mie conclusioni sulle tre relazioni concernenti il pacchetto in materia di igiene alimentare.

Per giungere al punto in cui oggi ci troviamo, c’è stato bisogno di un notevole apporto da parte degli onorevoli deputati. In primo luogo, mi si consenta di ringraziare tutti gli onorevoli deputati che hanno così instancabilmente lavorato per portare avanti il dossier, in particolare gli onorevoli Schnellhardt e Kindermann e i membri della commissione per l’ambiente e delle altre commissioni, i quali hanno apportato un contributo davvero prezioso.

Sono passati quasi due anni dall’approvazione delle proposte. Un progresso lento, potrebbe dire qualcuno. Ma così facendo si ignorerebbe non solo l’importanza del provvedimento ma anche l’opera avviata contemporaneamente dal Parlamento su altre iniziative correlate, in particolare sulla proposta concernente una legge generale in materia di alimenti e sull’istituzione dell’Autorità europea per gli alimenti, oggi operativa grazie al regolamento 178/2002/CE.

In sede di commissione per l’ambiente e di altre commissioni, è stato discusso un gran numero di emendamenti. Sono grato agli onorevoli deputati non solo per la quantità del lavoro svolto ma anche e specialmente per la qualità dei risultati che, a mio avviso, è ottima.

Gran parte degli emendamenti proposti cerca di migliorare i testi dal punto di vista testuale e tecnico. Un’altra parte rilevante di emendamenti punta invece ad allineare le nostre proposte con il regolamento 178/2002/CE recentemente approvato. Accolgo con favore tutti questi emendamenti, ritenendo che essi offrano suggerimenti importanti e razionali per migliorare i nostri testi.

Se mi è consentito, vorrei iniziare con le relazioni presentate dall’onorevole Schnellhardt sulle misure orizzontali concernenti il settore alimentare nel suo complesso.

Devo innanzitutto fare riferimento al tema ricorrente della comitatologia. Guardo con favore all’accettazione del principio che la Commissione possa adottare misure di attuazione nel rispetto delle procedure di comitatologia. Sono, tuttavia, contrariato nel dover constatare che l’emendamento n. 30 intende togliere dagli allegati del regolamento la facoltà attribuita alla Commissione di concedere deroghe. Tale facoltà già esiste e non vedo ragioni contrarie al suo mantenimento. Non posso, quindi, accettare l’emendamento in questione. Forse gli onorevoli deputati sono a conoscenza delle mie opinioni sulla comitatologia, che è una forma importante di diritto derivato, utile per trasformare in breve tempo misure in leggi. Il Parlamento, poi, dispone pur sempre della possibilità di esercitare il “droit de regard” e nel caso dovesse avvalersene in riferimento ad un provvedimento legislativo per cui io sono competente, ne terrò pienamente conto. In questo senso, sono spesso deluso dall’opinione del Parlamento in relazione alla procedura di comitatologia, anche a tener conto della necessità di modifiche, riforme e modernizzazioni.

Gli allegati del regolamento sono di carattere tecnico e devono perciò essere suscettibili di eventuali adattamenti utilizzando la procedura di comitatologia. Non posso quindi accogliere gli emendamenti nn. 28, 29, 58 e 59.

Il sistema HACCP ha già suscitato forti reazioni. Un certo numero di emendamenti mira ad attuare il sistema a livello di singola azienda agricola. Si tratta di un obiettivo eccessivamente ambizioso e mi trovo perciò costretto a non accogliere l’emendamento n. 8, la prima parte dell’emendamento n. 9 e gli emendamenti nn. 35, 37, 38 e 67.

La seconda parte degli emendamenti nn. 36 e 104 vuole obbligare le imprese alimentari a conservare la documentazione relativa al sistema HACCP per un lungo periodo di tempo. La proposta non è accettabile, poiché le misure da noi proposte relative alla documentazione a carico delle piccole imprese devono essere realistiche.

Restando ancora sul sistema HACCP, esso è affidato totalmente alla responsabilità degli operatori del settore alimentare. Non possiamo, perciò, accogliere l’emendamento n. 108.

La flessibilità nel contesto dell’igiene alimentare è un tema a cui guardo con grande attenzione. In tutta l’Unione europea, esistono antiche tradizioni culturali in tema di alimenti e di preparazioni alimentari, tradizioni che io intendo fermamente tutelare e promuovere. Ho cercato quindi di fare in modo che questa particolare disposizione fosse inserita nel testo di legge.

La proposta della Commissione, infatti, contiene una procedura, il cui fine è di consentire una flessibilità sufficiente a garantire la sopravvivenza delle suddette tradizioni. Accolgo con favore il fatto che tale misura sia stata in generale accettata. Cercherò di tenere conto, nella misura possibile, dei suggerimenti proposti dagli emendamenti nn. 31 e 32, apportando, quando ciò sia necessario, eventuali modifiche testuali.

Il nostro testo propone di introdurre manuali di corretta prassi, destinati alle imprese alimentari per favorire il raggiungimento del livello più alto possibile di igiene alimentare. Posso accogliere gli emendamenti il cui scopo è di chiarire le procedure con cui introdurre tali manuali e quelli che sottolineano il carattere volontario di tali strumenti. Devo però esprimere parere contrario sugli emendamenti nn. 47 e 48, i quali avrebbero l’effetto di imporre inutili obblighi alle imprese del settore alimentare e alla Commissione.

Per quanto riguarda la registrazione delle imprese alimentari, sono ben contento di tenere conto dei suggerimenti riguardanti la flessibilità relativa alle procedure di registrazione. Per quanto attiene, invece, alla questione della rinrintracciabilità, sono dell’opinione che essa sia esaurientemente affrontata dal regolamento 178/2002/CE. Devo perciò esprimere parere contrario sull’emendamento n. 53.

Trovo molto interessante l’emendamento n. 13 concernente il sostegno ai paesi in via di sviluppo. Si tratta di un tema importante, che richiede una profonda riflessione. Seppure io sia costretto a rifiutare l’emendamento, voglio che l’Aula sappia che ho tutta l’intenzione di tornare sull’argomento.

Devo esprimere parere contrario anche sugli emendamenti nn. 69, 71, 76, 77, 83, 89, 92, 93, 95, 101 e 105, a causa dell’impatto negativo che essi potrebbero avere sulle piccole imprese. Lo stesso vale per gli emendamenti nn. 5 e 14, per la seconda parte del n. 16, 53, 55, e 107, poiché si tratta di temi già affrontati in maniera adeguata da altre leggi comunitarie, e per l’emendamento n. 39, che riprende una questione già risolta con l’emendamento n. 6.

Sono anche fermamente intenzionato a mantenere una rigorosa separazione tra i doveri degli operatori del settore alimentare e quelli delle autorità competenti. L’emendamento n. 55 non è in linea con tale obiettivo e mi trovo perciò costretto a rifiutarlo.

Gli altri emendamenti sono in tutto o in parte accettabili, fatte salve le opportune modifiche testuali.

Voglio ora passare alla relazione Schnellhardt sulla proposta in materia di igiene dei prodotti alimentari di origine animale.

Il tema che emerge sopra tutti gli altri è quello della carne di selvaggina. Sembra proprio che la nostra proposta abbia fatto drizzare un bel po’ di piume! Posso rassicurare l’Aula sul fatto che il nostro obiettivo, nell’elaborare la proposta, era di definire norme improntate al pragmatismo e di tutelare le tradizioni degli Stati membri, come nel caso della fornitura di piccole quantità di carne di selvaggina da parte del cacciatore al consumatore o al dettagliante locale.

Non era certo nostra intenzione interferire nelle modalità private di consumo. Sono grato per l’impegno con cui si è cercato di ottenere il giusto equilibrio e ritengo che gli onorevoli deputati siano largamente riusciti nell’opera.

In breve, per quanto concerne la carne di selvaggina, sono disposto ad accogliere gli emendamenti nn. 90, 92, 94, 95, 96, 97, 129, 13 e la prima parte del n. 130.

L’emendamento n. 91, invece, si sovrappone al regolamento 178/2002/CE e mi trovo perciò costretto a rifiutarlo. Devo esprimere parere contrario anche su parte del n. 85 e sul n. 132, in considerazione del fatto che essi sono incompatibili con altri emendamenti che invece giudico possibile accogliere.

A causa dell’impatto potenzialmente negativo sulle piccole imprese o della sovrapposizione con altre leggi comunitarie, devo anche rifiutare gli emendamenti nn. 17, 33, 35, prima parte, 38, 44, 45, prima parte, 55, 58, 65, 69, 91, 101, 116.

Sono costretto ad esprimere posizione contraria anche sull’emendamento n. 8, a causa del fatto che esso sovrappone obblighi a carico degli operatori del settore alimentare con obblighi affidati alle autorità competenti; su parte del n. 10, in considerazione del fatto che esso amplia eccessivamente l’ambito della proposta, specie in riferimento alle garanzie speciali in materia di presenza di salmonella nella carne; sull’ultima parte del n. 13, che finirebbe per compromettere il diritto di iniziativa della Commissione.

Gli altri emendamenti sono in tutto o in parte accettabili, fatte salve le opportune modifiche testuali.

Arrivo, infine, alla relazione dell’onorevole Kindermann sulla proposta concernente questioni di salute animale in conseguenza del consolidamento delle norme in materia di igiene alimentare.

Sono lieto di constatare che la proposta ha incontrato grande sostegno e che è stato presentato un numero ridotto di emendamenti. Non posso accogliere, tuttavia, sei di essi. Devo esprimere parere contrario sul n. 4, relativo all’ESB, considerato che già esiste un’ampia normativa che affronta la questione e non è necessario né coerente con una buona prassi legislativa introdurre eventuali ripetizioni.

La Commissione non può accogliere l’emendamento n. 5 concernente la rinrintracciabilità, poiché l’argomento è già oggetto dell’articolo 3, paragrafo 2, comma (a) ed è già incluso nella normativa in materia di salute animale. Potremmo accogliere l’emendamento se i termini “salute umana” venissero sostituiti con “salute animale”, poiché l’afta epizootica non rappresenta un rischio per gli esseri umani.

Il parere contrario riguarda anche gli emendamenti nn. 8 e 9 relativi alle violazioni e alla pubblicazione di risultati. Si tratta di una materia affidata alla sussidiarietà, che ricade perciò nelle competenze di ciascuno Stato membro. Oltre a ciò, non esistono preoccupazioni a carico della sanità pubblica e non è possibile redigere un elenco completo di violazioni in materia di salute animale, cosa che condurrebbe ad inevitabili omissioni. Se necessario, vi si potrà provvedere mediante misure orizzontali. Tuttavia, mi pare preferibile incoraggiare gli Stati membri a sfruttare le disposizioni nazionali di attuazione per realizzare il livello di trasparenza indicato negli emendamenti.

L’emendamento n. 12, che vorrebbe introdurre deroghe a favore dei paesi in via di sviluppo, suscita in me forti perplessità. Il fatto che le norme proposte siano più rigorose di quelle dell’OIE trova ragione nella necessità di garantire che la situazione della salute animale nell’area comunitaria non venga esposta ad eventuali rischi. Consentire ai paesi in via di sviluppo di godere di norme meno severe sarebbe chiaramente controproducente. Non posso perciò accogliere tale emendamento.

Per quanto concerne l’emendamento n. 16, il sistema di allarme rapido è stato concepito per far fronte a specifiche preoccupazioni in ordine alla sanità pubblica e non per lo scopo indicato dall’emendamento. In simili casi, la Commissione in genere presenta agli Stati membri una proposta di decisione finalizzata a sospendere l’importazione dei prodotti animali interessati. In presenza di consegne a rischio, inoltre, essa avverte immediatamente i servizi veterinari degli Stati membri fornendo nel dettaglio le informazioni del caso. L’inclusione nel sistema di allarme rapido risulta dunque superflua.

Oltre ai sei emendamenti di cui ho detto, ve ne sono altri due che posso accogliere solo in parte. Il primo, l’emendamento n. 7, riguarda le ispezioni senza preavviso e le sanzioni. Concordo sul fatto che sarebbe opportuno disporre controlli ufficiali senza preavviso ma l’emendamento sembra limitare tali controlli alle sole ispezioni. Sarebbe comunque sufficiente adottare una formulazione diversa, in modo da consentire che alcuni controlli avvengano senza preavviso.

Il secondo, l’emendamento n. 11, concerne l’assistenza e la notifica di risultati. La prima frase ripete il paragrafo 1 dell’articolo e deve essere perciò cancellata. Gli altri emendamenti sono del tutto o in parte accoglibili, fatte salve le necessarie modifiche testuali.

Mi sia consentito, a questo punto, indicare in dettaglio la posizione sugli emendamenti delle tre relazioni all’esame. Per quanto concerne la relazione Schnellhardt sull’igiene dei prodotti alimentari, la Commissione è in grado di accogliere del tutto o in parte i seguenti emendamenti, fatte salve le modifiche testuali indicate: 1, 2, 3, 4, 6, 7, 9, 10, 11, 12, dal n. 15 al n. 27, 31, 32, 33, 34, 36, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 49, 50, 51, 52, 54, 56, 57, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 68, 70, 72, 73, 74, 75, 78, 79, 80, 81, 82, 84, 85, 86, 87, 88, 90, 91, 94, 96, 97, 98, 99, 100, 102, 103 e 106. La Commissione non può accogliere i seguenti emendamenti: 5, 8, 13, 14, 28, 29, 30, 35, 37, 38, 39, 47, 48, 53, 55, 58, 59, 67, 69, 71, 76, 77, 83, 89, 92, 93, 95, 101, 104, 105, 107 e 108.

Per quanto concerne la relazione Schnellhardt in materia di norme specifiche sull’igiene dei prodotti alimentari di origine animale, la Commissione è in grado di accogliere del tutto o in parte, fatte salve le necessarie modifiche testuali, gli emendamenti nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, dal n. 18 al n. 32, i nn. 34, 35, 36, 37, 39, 40, 41, 42, 43, dal n. 45 al n. 54, i nn. 56, 57, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 68, dal n. 70 al n. 90, dal n. 92 al n. 100, dal n. 102 al n. 115, dal n. 117 al n. 131 e i nn. 133 e 134. La Commissione esprime invece parere contrario sugli emendamenti nn. 8, 17, 33, 38, 44, 55, 58, 65, 69, 91, 101, 116 e 132.

In riferimento alla relazione Kindermann, la Commissione è in grado di accogliere del tutto o in parte, fatte salve le necessarie modifiche testuali, gli emendamenti nn. 1, 2, 3, 6, 7, 10, 11, 13, 14, 15 e 17. La Commissione esprime invece parere contrario sugli emendamenti nn. 4, 5, 8, 9, 12 e 16.

Spero che gli onorevoli deputati comprenderanno le ragioni che sottendono alla decisione di rigettare o modificare alcuni degli emendamenti presentati dalle commissioni.

Desidero, infine, esprimere ancora una volta il mio sincero ringraziamento a quanti hanno preso parte a quest’impresa paragonabile davvero a una delle fatiche di Ercole. Il pacchetto in materia di igiene alimentare segna un altro passo importante nel processo di revisione complessiva delle norme in materia di alimenti, il cui scopo è di garantire che i consumatori europei possano avere accesso ai prodotti alimentari più sicuri del mondo.

 
  
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  Presidente. - La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 11.30.

 
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