Turco (NI),per iscritto. A nome dei deputati radicali voglio motivare la nostra astensione nel voto che “deplora che ... permanga una situazione di concentrazione del potere mediatico nelle mani del Presidente del Consiglio” della Repubblica italiana.
Il 4 aprile 1996, nella sede di Mediaset, a Cologno Monzese, nel corso di un comizio elettorale, la berlusconiana holding Mediaset venne tra l’altro definita: “Una grande azienda del paese ... una grande impresa della comunicazione ... un patrimonio dell’Italia ... un patrimonio del lavoro e di competenze che appartiene al paese”.
Non erano definizioni di Silvio Berlusconi ma di Massimo D’Alema, leader post-comunista dell’allora PDS, oggi DS, che meno di un anno dopo sarebbe stato eletto – d’intesa con Silvio Berlusconi e l’intero centro-destra – Presidente della Bicamerale – un tentativo di Convenzione – e subito dopo Presidente del Consiglio in luogo di Romano Prodi.
Individuare nella concentrazione di potere proprietario mediatico di Silvio Berlusconi la maggiore, gravosa ipoteca sulla realtà dell’informazione e della stessa democrazia in Italia è operazione profondamente errata, demagogica, settaria e menzognera.