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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 11 febbraio 2004 - Strasburgo Edizione GU

2. Disarmo nucleare
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione congiunta sulle interrogazioni orali (B5-0008/2004), al Consiglio, e (B5-0013/2004), alla Commissione, a nome dei gruppi PSE, Verts/ALE, ELDR e GUE/NGL, sul disarmo nucleare: conferenza sulla revisione del trattato di non proliferazione nel 2005 – preparazione dell’UE al terzo “NPT Prepcom” (New York, 26 aprile – 7 maggio 2004).

 
  
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  Wiersma (PSE), autore. – (NL) Signor Presidente, abbiamo chiesto questo dibattito perché presto vi saranno i preparativi per un nuovo ciclo di colloqui nel quadro dell’ONU sul futuro del trattato di non proliferazione, l’accordo che si oppone alla proliferazione nucleare. Siamo lieti che, negli ultimi mesi, si sia deciso di elaborare un’altra risoluzione a se stante sull’argomento, che sarà messa al voto nella prossima seduta plenaria. Pensiamo sia importante che l’Unione europea svolga un ruolo di prim’ordine, come ha già fatto in passato, e prenda l’iniziativa nel dibattito sulle armi di distruzione di massa e, in particolare, sulla diffusione delle armi nucleari e sui rischi cui ultimamente abbiamo dovuto far fronte. Il tema è estremamente attuale alla luce di quanto sta succedendo in Iraq, in Iran, nella Corea del Nord e, nelle ultime settimane, in Pakistan con il cosiddetto affare Khan.

Come ho già annunciato, alla fine di aprile vi sarà anche una consultazione sull’andamento del trattato di non proliferazione. Per noi socialdemocratici esistono alcuni principi guida in questo dibattito: siamo a favore di una strategia multilaterale poiché non esistono soluzioni unilaterali ai problemi cui ci troviamo di fronte. Tutti gli obiettivi del trattato di non proliferazione sono ancora validi, anche quelli sul disarmo generale. I paesi riconosciuti come potenze nucleari dovrebbero dare il buon esempio, e da parte nostra continuiamo ad attribuire grande importanza alla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. Inoltre, occorre esortare chi intende sviluppare nuove armi nucleari, le cosiddette armi intelligenti, ad abbandonare i propri propositi. E’ giusto concentrare la nostra attenzione su quelli da noi definiti gli Stati sociali, e a questo proposito vorrei sottolineare la nostra piena approvazione dell’approccio recentemente adottato dall’UE nei confronti dell’Iran, con il quale si intende persuadere il paese ad aderire agli accordi e alle ispezioni dell’Agenzia per l’energia atomica mediante pressioni di natura politica, economica e diplomatica. Al contempo, in sede di revisione e valutazione del TNP occorrerebbe riflettere sul modo in cui migliorare l’accordo in materia di sanzioni e ispezioni, un punto sul quale vorremmo avere il parere del Consiglio e della Commissione. Dopo tutto, è questa la via che ci dovrebbe consentire di migliorare la situazione a livello mondiale. E’ necessario, inoltre, fare attenzione al pericolo che potrebbero rappresentare gli Stati dotati di armi nucleari non riconosciuti in quanto tali, che sono lasciati liberi di agire per sviluppare conoscenze tecniche e attrezzature. Ho già accennato all’affare Khan molto brevemente, e gradirei avere una risposta anche a questo proposito. Cosa hanno fatto i paesi dell’Unione europea per evitare episodi di questo tipo? I rischi sembrano aumentare, anche nell’ex Unione Sovietica. Le iniziative adottate hanno funzionato solo in parte, e vorrei che il Consiglio e la Commissione si esprimessero anche su questo punto. Stiamo semplicemente aspettando che qualcosa vada storto, o stiamo veramente cercando di impedirlo?

Un’ultima domanda: è inutile ricordare che vi sono stati interessanti sviluppi in Medio Oriente, anche di recente con l’apertura nei confronti della Libia. Ora possiamo affermare che l’Iran, più o meno, aderisce agli accordi del TNP; la Libia sta rinunciando al proprio programma sulle armi nucleari, mentre l’Iraq sembra non averne. Non sarebbe ora di valutare la possibilità di avviare un dibattito su una zona libera da armi nucleari in Medio Oriente?

 
  
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  Evans, Jillian (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, il trattato di non proliferazione nucleare è un accordo di 189 nazioni che sancisce l’eliminazione delle armi nucleari. Tuttavia, a 34 anni dalla sua entrata in vigore la situazione è tale per cui gli Stati Uniti intendono lanciare attacchi nucleari preventivi, il Regno Unito si è rifiutato di proibire l’uso delle armi nucleari in Iraq, la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione in materia continuano, le armi nucleari sono ancora considerate un elemento fondamentale dei piani di difesa della NATO, prosegue lo sviluppo di nuove generazioni di armi nucleari da usare in guerra e la nuclearizzazione dello spazio è in fase avanzata.

Durante l’ultima Conferenza di revisione del 2000 è stato raggiunto un accordo su un piano di 13 misure teso a dare attuazione al TNP, che ha rinnovato il chiaro impegno assunto dagli Stati nuclearizzati a smantellare i propri arsenali. Il Prepcom di New York rappresenta l’ultima possibilità di attuare questo programma prima della prossima Conferenza di revisione del 2005. Senza una decisa presa di posizione da parte nostra, il TNP rischia di perdere qualsiasi significato, di diventare un documento pieno di buone intenzioni seguito da ben poche iniziative politiche. L’Unione europea ha il dovere di assumere un ruolo di primo piano in questo senso e garantire l’adozione di misure concrete.

Le armi nucleari rendono il mondo più insicuro e pericoloso. Nel 1996 la Corte internazionale di giustizia ne ha giudicato illegittimo l’uso o la minaccia di uso, rendendo ancora più urgente il consolidamento del TNP. Qui si sta parlando di armi di distruzione di massa che esistono veramente, e di distruggerle il più efficacemente possibile mediante l’applicazione di accordi internazionali.

Chiediamo alla Presidenza, al Consiglio e alla Commissione che cosa si stia esattamente facendo in preparazione al Prepcom di New York. Che progressi ci sono stati compiuti, ad esempio, sulle 13 misure pratiche e sulle zone denuclearizzate? Il mio paese, il Galles, si è dichiarato non nucleare nel 1982. Cosa si sta facendo per sostenere l’iniziativa d’avanguardia dei sindaci di Hiroshima e Nagasaki, che stanno mobilitando le città di tutto il mondo per promuovere la totale abolizione delle armi nucleari? Questo dev’essere l’obiettivo comune a noi tutti.

 
  
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  Roche, Consiglio. – (EN) Signor Presidente, è per me un grande piacere, a nome della Presidenza, rispondere all’interrogazione presentata.

L’Unione europea aderisce al sistema dei trattati multilaterali, che costituisce la base giuridica e normativa per le iniziative di non proliferazione. Il 12 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato una strategia comunitaria contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, che include i testi adottati dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 prendendoli come spunto.

Tale strategia sottolinea lo speciale impegno assunto dall’UE nei confronti del trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP). L’Unione ritiene che tutti gli sforzi debbano essere mirati a difendere e rafforzare questo strumento fondamentale per la pace e la sicurezza internazionale. Essa sostiene fermamente gli obiettivi sanciti dal trattato e si impegna a garantire un’efficace attuazione del documento finale della Conferenza del 2000 sulla revisione del TNP e delle decisioni e risoluzioni adottate alla Conferenza del 1995 per la revisione e la proroga del trattato.

L’Unione europea ha più volte ribadito che il trattato di non proliferazione costituisce la pietra angolare del regime globale di non proliferazione e una base fondamentale per il perseguimento del disarmo nucleare, ai sensi dell’articolo VI ivi contenuto. La dichiarazione dell’UE rilasciata lo scorso anno al secondo comitato preparatorio per la Conferenza del 2005 sulla revisione del TNP ha ricordato che gli Stati membri continuano ad attribuire grande importanza all’universalità e all’accettazione globale del trattato di non proliferazione. A questo proposito, accogliamo con favore l’adesione al trattato da parte di Cuba nel 2002 e di Timor Est nel 2003, che gli conferiscono un carattere ancor più universale. Tuttavia, tre paesi (India, Israele e Pakistan) rimangono ancora fuori da questo sistema e, da parte nostra, continuiamo a esortarli a ratificare incondizionatamente il TNP in qualità di Stati non nuclearizzati.

Il 17 novembre 2003 il Consiglio ha adottato una posizione comune sull’universalizzazione e il rafforzamento degli accordi multilaterali in materia di non proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori. L’articolo 4 della posizione comune conferma che è particolarmente importante l’adesione universale al TNP. A tal fine, l’Unione europea farà innanzi tutto appello a tutti gli Stati che non sono ancora parti del TNP affinché vi aderiscano incondizionatamente in qualità di Stati che non dispongono di armi nucleari e affinché sottopongano tutti i loro impianti e attività nucleari alle disposizioni del sistema completo di salvaguardie dell’AIEA.

In secondo luogo, l’Unione inviterà quegli Stati che non hanno ancora aderito agli accordi di salvaguardia con l’AIEA ad adempiere ai loro obblighi ai sensi dell’articolo III del TNP e a concludere con urgenza tali accordi.

In terzo luogo, essa promuoverà tutti gli obiettivi stabiliti nel TNP.

L’Unione sosterrà altresì il documento finale della Conferenza di revisione del TNP del 2000 nonché le decisioni e la risoluzione adottate alla Conferenza del 1995 per la revisione e la proroga.

Essa, inoltre, promuoverà un ulteriore esame delle garanzie di sicurezza.

Infine, promuoverà misure volte a garantire l’effettiva esclusione di qualsiasi sviamento di programmi nucleari civili a fini militari.

Il Consiglio non ha effettuato alcuna analisi comune sugli sviluppi registrati nell’attuazione delle 13 misure, ma l’Unione europea si impegna a promuovere i progressi a favore di iniziative sistematiche e innovatrici verso il disarmo. Essa continuerà a incoraggiare tutti gli sforzi di attuazione dell’articolo VI del TNP, nonché dei paragrafi 3 e 4, lettera c) della dichiarazione del 1995 sui principi e gli obiettivi relativi alla non proliferazione e al disarmo nucleari, e le misure pratiche convenute nel documento finale del 2000.

E’ evidente anche l’impegno comunitario nei confronti del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, recentemente ribadito dalla posizione comune dell’UE sull’universalizzazione degli strumenti multilaterali adottata nel novembre 2003. L’Unione europea continuerà a promuovere la rapida entrata in vigore del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT), in attesa della quale invita tutte le potenze nucleari a rispettare la moratoria sulle esplosioni nucleari, comprese quelle legate agli esperimenti, e ad astenersi da qualsiasi azione contraria alle disposizioni del CTBT.

L’Unione europea ha riconosciuto l’importanza delle zone libere da armi nucleari, istituite in base agli accordi liberamente stipulati tra gli Stati delle regioni interessate, che contribuiscono al rafforzamento della pace e della sicurezza globale e regionale. Accogliamo e approviamo la firma e la ratifica dei relativi protocolli da parte degli Stati nucleari.

Per quanto attiene alle verifiche e alle misure di salvaguardia, l’Unione europea è dell’avviso che esse rappresentino uno strumento tecnico a sostegno dell’obiettivo politico a favore di un ambiente che prevede l’uso pacifico dell’energia atomica senza minaccia di proliferazione. In questo senso, appoggiamo pienamente il ruolo di controllo svolto dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. L’UE, inoltre, ritiene che l’adozione e l’attuazione di accordi globali di salvaguardia e dei relativi protocolli addizionali siano un requisito fondamentale per garantire l’efficacia e la credibilità del sistema.

L’Unione continua ad attribuire grande importanza alla lotta al terrorismo e sostiene fermamente tutte le misure tese a impedire l’acquisizione di armi nucleari, chimiche e biologiche da parte dei terroristi. La strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa sottolinea l’impegno dell’UE nel consolidamento delle politiche e delle procedure di controllo delle esportazioni all’interno e all’esterno dei propri confini, in collaborazione con i partner. L’Unione si impegnerà a migliorare gli attuali meccanismi di controllo delle esportazioni, e promuoverà il rispetto di efficaci criteri di controllo da parte dei paesi che non aderiscono al regime e agli accordi in essere anche in ambito nucleare.

Il Consiglio non ha adottato alcuna posizione in merito all’Iniziativa sulla sicurezza in materia di proliferazione. Non tutti gli Stati membri vi aderiscono. La campagna internazionale dei sindaci non è stata presa in considerazione dal Consiglio.

Il terzo comitato preparatorio per la Conferenza del 2005 sulla revisione del trattato di non proliferazione delle armi nucleari, che si terrà dal 26 aprile al 7 maggio 2004, sarà un evento di fondamentale importanza per il disarmo e la non proliferazione nell’arco del 2004. La Presidenza si impegnerà all’interno dell’Unione e con i principali partner per pervenire a un valido accordo che garantisca un esito positivo del ciclo di revisione. I lavori si svolgeranno, innanzi tutto, nell’ambito del gruppo “non proliferazione” e durante gli incontri della troika con i paesi terzi, e prevedono la preparazione delle dichiarazioni comuni dell’UE sui vari aspetti del trattato che, successivamente, saranno comunicate dalla Presidenza al comitato preparatorio. La Presidenza informerà il Parlamento europeo sui progressi compiuti in materia in conformità dell’articolo 21 del Trattato sull’Unione europea.

 
  
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  Patten, Commissione. – (EN) Colgo l’occasione per contribuire al dibattito odierno anche se, inevitabilmente, toccherò alcuni punti già magistralmente trattati dalla Presidenza.

Le recenti rivelazioni sulla proliferazione della tecnologia inerente alle armi nucleari in Iran, in Libia e nella Corea del Nord hanno messo in luce l’importanza di mantenere e consolidare controlli efficaci. La storia ci ricorda che, negli anni novanta, l’acquisizione clandestina di armi nucleari da parte dell’India e del Pakistan e l’impatto che ha avuto sulla stabilità regionale hanno destato grande preoccupazione. Il ritiro, lo scorso anno, della Corea del Nord dal trattato di non proliferazione delle armi nucleari si è rivelato un altro episodio pericoloso e destabilizzante, sia per la regione stessa sia per l’intera comunità internazionale.

Il trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), entrato in vigore nel 1970, ha istituito il regime internazionale di non proliferazione nucleare che noi conosciamo. Tale regime ha fissato le principali norme di comportamento e, come noto all’Assemblea, prevede l’interdizione giuridica della proliferazione nucleare (ad eccezione delle cinque potenze nucleari riconosciute dal trattato) e dichiara illegittima l’attività di proliferazione nucleare nella comunità internazionale. Esso ha portato alla regolamentazione del commercio nucleare, al concetto di salvaguardia nucleare e, naturalmente, all’istituzione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che si contraddistingue per l’ottimo lavoro svolto.

Com’è comprensibile, la nostra attenzione si è in gran parte rivolta agli insuccessi di questo regime, di cui spesso, però, sottovalutiamo le vittorie. Durante un dibattito presidenziale del 1960, John F. Kennedy aveva previsto un mondo con forse 20 nazioni dotate di arsenali nucleari: se questa prospettiva non si è mai concretizzata è stato dovuto, in gran parte, alla messa a punto del TNP. Sudafrica, Argentina, Brasile, Taiwan e Corea del Sud, ad esempio, hanno voltato le spalle alla proliferazione delle armi nucleari, in parte a causa delle pressioni internazionali, ma anche grazie a decisioni sagge e ragionevoli prese per effetto dell’opinione pubblica e del dibattito nazionale. Si segnalano, inoltre, recenti sviluppi positivi con l’Iran, che ha ora accettato il protocollo addizionale, e con la Libia.

In questo contesto, pur riconoscendo le sfide cui deve far fronte il trattato, soprattutto in materia di proliferazione e disarmo nucleare, crediamo si possa affrontare il prossimo terzo comitato preparatorio con una certa fiducia. Indubbiamente possono esservi alcune imperfezioni nel regime di non proliferazione, ma di certo si tratta di limiti sanabili a cui, secondo noi, si può trovare rimedio. Bisogna continuare a promuovere l’adozione universale del TNP da parte di quei paesi che a tutt’oggi si rifiutano di farlo, e in particolare India, Pakistan e Israele. La Corea del Nord deve tornare a conformarsi al trattato, mentre occorre estendere la ratifica di questo importante protocollo addizionale che conferisce all’AIEA maggiori poteri e rigorosità nell’esecuzione delle ispezioni. In tal senso la Commissione deve, innanzi tutto, assistere la Presidenza, che attribuisce grande priorità ai progressi in questo settore e, in secondo luogo, deve incoraggiare il maggior coordinamento possibile all’interno dell’Unione.

Gli ultimi dodici mesi sono stati contrassegnati da enormi passi avanti dell’UE nel rafforzamento della propria strategia di non proliferazione. La strategia di sicurezza europea adottata in seno al Consiglio europeo del dicembre 2003 considera le armi di distruzione di massa una delle più pericolose minacce all’Europa odierna. Durante lo stesso Consiglio europeo è stata approvata la strategia dell’UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, cui fanno ora seguito azioni concrete. Diverse sono le iniziative di attuazione in corso in molti settori: poiché sono troppo numerose per esporle qui oggi, mi soffermerò su alcuni importanti esempi.

Il primo riguarda l’adozione di un testo da parte del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne”, lo scorso novembre, teso a integrare le politiche di non proliferazione dell’Unione europea nelle sue relazioni più generali con i paesi terzi, anche mediante l’inclusione di una clausola di non proliferazione negli accordi con tali paesi. Questo nuovo impegno sulla non proliferazione è importante, perché la nuova strategia comunitaria intende includere le disposizioni in materia in tutti gli accordi con i paesi terzi. Tale aspetto è ora parte integrante dei negoziati in corso, ad esempio con la Siria, che pongono la non proliferazione sullo stesso piano dei diritti dell’uomo e della lotta al terrorismo.

Nel 1999 il Consiglio ha messo a punto l’azione comune dell’Unione europea per la non proliferazione e il disarmo nella Federazione russa al fine di rafforzare la cooperazione con la Russia nel suo perseguimento di uno smantellamento, distruzione o riconversione, sicuri e rispettosi dell’ambiente, delle infrastrutture, delle apparecchiature e dei materiali connessi con le armi di distruzione di massa. I progetti sostengono la distruzione chimica e lo smaltimento del plutonio destinato ad armi nucleari. Essi sono attuati dalla Commissione in stretta collaborazione con alcuni Stati membri e rappresentano una piccola ma importante parte del contributo comunitario di un miliardo di euro a favore del partenariato globale del G8, lanciato durante l’incontro in Canada del 2002.

La Conferenza interparlamentare del 20 e 21 novembre 2003, ospitata dalla Commissione qui a Strasburgo nell’ambito dell’Iniziativa cooperativa per la non proliferazione e il disarmo, ha evidenziato le numerose sfide che ci aspettano se vogliamo smaltire in tutta sicurezza i pericolosi resti dei programmi sulle armi di distruzione di massa attuati all’epoca della guerra fredda. L’importanza della conferenza è stata confermata dal fatto di essere stata luogo d’incontro interparlamentare tra personalità provenienti da importanti parlamenti nazionali, tra cui il Congresso degli Stati Uniti e la Duma russa. Per eliminare la minaccia delle armi di distruzione di massa, questo tema deve diventare e rimanere una delle priorità assolute dei governi nazionali, delle organizzazioni regionali e della comunità internazionale in quanto tale. A livello comunitario, siamo lieti che, nel prossimo bilancio, il Parlamento europeo dia maggior peso all’esigenza di finanziare adeguatamente le azioni tese a ridurre questa minaccia. La Commissione, in collaborazione con l’Assemblea, sta cercando di definire le future priorità di non proliferazione e, grazie a una recente decisione del Parlamento, tra breve potrà lanciare un progetto pilota per promuovere questa iniziativa.

Vi ringrazio per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo breve ma importante dibattito su un tema di così grande importanza internazionale.

 
  
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  Theorin (PSE). – (SV) Signor Presidente, il TNP non è solo un trattato di non proliferazione, ma anche l’unico accordo internazionale vincolante in materia di disarmo nucleare. Le potenze denuclearizzate si impegnano a non dotarsi di armi nucleari, mentre le potenze nucleari promettono di disfarsi di quelle in loro possesso. Questi vincoli sono sanciti dall’articolo 6 del trattato, in virtù del quale le parti assumono l’obbligo di condurre rigorosi negoziati allo scopo di smantellare tutte le armi nucleari. Tale impegno è stato siglato da tutte le potenze nucleari.

Nell’ultimo incontro quinquennale gli Stati nucleari hanno garantito il completo smantellamento dei propri arsenali ma, soprattutto, è stata adottata una decisione unanime riguardante un programma d’azione suddiviso in 13 punti per l’attuazione di un disarmo nucleare globale. Naturalmente, durante il prossimo incontro l’Unione europea deve pretendere che si tenga fede a tali impegni. Da molto tempo l’Irlanda ricopre un ruolo attivo nell’ambito del disarmo nucleare in collaborazione, ad esempio, con il mio paese, la Svezia.

Il Consiglio chiederà, quindi, l’ottemperanza di tali impegni? Le potenze nucleari hanno sicuramente ridotto i propri arsenali strategici, ma gli Stati Uniti hanno sviluppato armi nucleari a raggio limitato da usare direttamente in guerra, insieme ad altre note come “penetratori” nucleari di terra in grado di infilarsi nella spessa roccia. Simili sviluppi indubbiamente violano l’articolo 6 del trattato di non proliferazione. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno rivisto la propria politica in materia in maniera tale da potere usare le armi nucleari, e non solo in guerra ma anche a scopi cosiddetti preventivi. Questa è una grave violazione del diritto internazionale: entrare in guerra a scopo preventivo è contrario ai principi della Carta delle Nazioni Unite e rappresenta un ritorno alla legge della giungla, vale a dire al diritto del più forte di intervenire per raggiungere i propri obiettivi, che si applicava prima dell’avvento delle Nazioni Unite. E’ chiaramente importante che, nella propria risoluzione, il Parlamento europeo chieda alle parti firmatarie del TNP di tenere fede ai propri impegni. Esse devono dare il via a un vero e proprio processo di disarmo nucleare e bloccare lo sviluppo di nuove armi atomiche. In che modo il Consiglio e la Commissione daranno impulso a queste istanze durante la prossima riunione sul TNP?

 
  
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  Van Hecke (ELDR). – (NL) Signor Presidente, Mohamed El Baradei, direttore generale per l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha di recente affermato che il rischio di conflitto nucleare non è mai stato così grande come oggi. Mentre l’Iraq è stato messo sotto controllo, il resto del mondo si è trasformato in una sorta di supermercato della proliferazione privata, un supermercato in cui tutti i paesi, e forse anche i terroristi con ambizioni nucleari, possono trovare occasioni. Nonostante i recenti successi registrati con la Libia e l’Iran, non vi è motivo per essere ottimisti. Gli Stati Uniti, la Russia e la Francia hanno iniziato a mettere a punto una nuova generazione di armi nucleari. Con il progressivo aumento delle tensioni con gli Stati Uniti, anche l’Arabia Saudita sta ora optando per il nucleare. Per anni il padre della bomba atomica pakistana Abdul Qadeer Khan, istruitosi in Europa, ha passato informazioni nucleari ai dittatori e, forse, persino ai terroristi. La combinazione di esperti nucleari guidati dalla logica del profitto, imprese immorali e istituzioni statali ha aumentato le possibilità di una guerra nucleare di distruzione. Oggi tutti concordano sull’esigenza di rinnovare e rafforzare il sistema di monitoraggio. Per garantire un controllo efficace occorre urgentemente potenziare le capacità dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ma l’Unione europea dovrebbe avere il coraggio di intraprendere un’azione politica, diplomatica ed economica contro quei paesi che ignorano o si sottraggono ai controlli nel settore della proliferazione nucleare. Non solo dobbiamo essere più rigorosi in materia di monitoraggio, ma dobbiamo anche essere pronti ad attuarlo in maniera collettiva. Per questo motivo sono lieto che il Consiglio e la Commissione si siano impegnati a garantire una maggiore e globale applicazione del TNP e ad adoperarsi per raggiungere risultati ambiziosi al prossimo Prepcom e alla Conferenza sulla revisione del 2005.

 
  
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  Frahm (GUE/NGL). – (DA) Signor Presidente, prima abbiamo assistito a un dibattito in Assemblea sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, poi abbiamo ascoltato due discorsi di vitale interesse pronunciati dal Commissario Patten e dalla Presidenza irlandese. Dovremmo esserne lieti e sentirci rassicurati, ma la verità è che, in realtà, le cose non vanno per il verso giusto nel settore del disarmo nucleare e nella possibilità di creare questo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Uno dei motivi per cui le cose si stanno muovendo nella direzione sbagliata è che manca la volontà di rispettare non solo le parole, ma anche lo spirito del trattato di non proliferazione e mi riferisco, in particolare, all’articolo 6 sull’abolizione delle armi nucleari. Durante l’ultimo incontro del 2000 si è deciso di istituire un comitato speciale che si occupasse di disarmo nucleare, ma da quel momento in poi non è successo nulla. Se niente è successo è perché quei paesi che dovrebbero investire le proprie risorse ed energie in questo problema non intendono farlo, o non ne sono in grado.

Per il momento è chiaro che non possiamo aspettarci l’appoggio degli americani, che sono tutti intenti a comportarsi in maniera quasi opposta a quanto avevano detto. Hanno anche sottolineato che non intendono conformarsi alla lettera e allo spirito del trattato di non proliferazione. Al contrario, introducendo gli ordigni nucleari a raggio limitato hanno abbassato la soglia nucleare invece di fare quello che, in linea di principio, si erano impegnati a fare.

I paesi dell’Unione europea non sono molto meglio. Invece di integrare questo tema nel dialogo transatlantico, abbiamo un atteggiamento piuttosto prudente e remissivo. Ci facciamo negligentemente coinvolgere in una guerra in Iraq e diamo il nostro piccolo contributo ad altri interventi americani, in Afghanistan e altrove, senza far notare che, se il problema non è affrontato e risolto in maniera seria, tutti i nostri discorsi sugli spazi di libertà, sicurezza e giustizia possono al massimo essere usati per tranquillizzare le persone facendo loro dormire sonni tranquilli. In ogni caso, non possono essere usati per creare il mondo che tutti noi vorremo vedere.

Non si può vivere in un contesto di libertà, sicurezza e giustizia circondati dalle fiamme: ecco perché vorrei vedere un po’ più di fermezza dietro alle belle parole. E’ sempre piacevole sentire il Commissario Patten pronunciare belle parole, ma vorrei maggiore fermezza.

 
  
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  McKenna (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, il terzo comitato preparatorio TNP che avrà luogo a New York tra alcuni mesi deve avere esito positivo. A tal fine è di fondamentale importanza che l’Irlanda, attualmente alla Presidenza, faccia il possibile affinché gli Stati membri adottino una posizione comune che diventi parte integrante degli impegni assunti nella strategia dell’UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa adottata a Salonicco, poiché queste sono le principali armi di distruzione di massa. L’Irlanda, che rientra fra i promotori del trattato di non proliferazione, può svolgere un importante ruolo in questo senso.

Vorremmo sapere, con riferimento al gruppo di lavoro del Consiglio sulle armi nucleari, quali sono le priorità per la riunione del comitato preparatorio TNP. Il Parlamento deve sapere quali sono gli Stati membri disposti a collaborare e quali no. Il Consiglio dovrebbe stilare per l’Assemblea relazioni periodiche sui progressi compiuti in materia, in particolare su questioni quali lo smantellamento degli arsenali di armi nucleari, le zone denuclearizzate e la clausola sul no-first use. Tutto ciò è nell’interesse pubblico. Dobbiamo sapere in che misura gli Stati membri hanno attuato il programma d’azione relativo alle 13 misure pratiche convenute nella Conferenza del 2000 sulla revisione del trattato di non proliferazione.

E’ altresì molto importante che la Presidenza irlandese si adoperi per garantire la denuclearizzazione dell’Europa, lo smantellamento degli arsenali nucleari del Regno Unito e della Francia e l’abolizione della dottrina del first strike in uso nella NATO. Il Consiglio deve preparare una dichiarazione sui progressi compiuti dall’Unione europea dopo la relazione sul TNP presentata dall’Assemblea nel 1995 o, per meglio dire, dopo le molteplici risoluzioni successivamente adottate. Vorrei che la Presidenza irlandese assumesse un ruolo attivo informando il Parlamento di quanto succede in seno al Consiglio.

 
  
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  Maes (Verts/ALE). – (NL) Signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, quando vi sento parlare a nome del Consiglio e della Commissione dovrei sentirmi rassicurata, ma in realtà non lo sono perché dopo Hiroshima abbiamo sempre vissuto sotto la minaccia di una guerra atomica, che invece di ridursi aumenta sempre più. Dovremmo smettere di aderire solo formalmente ai principi della non proliferazione e del monitoraggio. Su questo terreno l’ipocrisia si fa sempre più grande: del resto, il numero di paesi dotati di materiale nucleare è continuato a crescere dopo il trattato di non proliferazione. Sembra che ciò sia successo con l’aiuto di paesi dell’Unione europea che non sono mai stati puniti o chiamati a rendere conto delle proprie azioni. In che modo Israele è riuscito a sviluppare una bomba atomica? Innanzi tutto con l’aiuto della Francia, del Belgio, del Lussemburgo e della Germania. Tutti hanno contribuito a costruire questa bomba, e ora ci lamentiamo che Israele resti al di fuori dell’accordo perché, naturalmente, gli Stati Uniti non vogliono obbligare il paese ad accettare la non proliferazione. Di riflesso, anche gli arabi fremono per procurarsi armi nucleari. L’attuale sistema di monitoraggio non è stato in grado di impedire al signor Khan, il padre della bomba atomica pakistana, di muoversi a suo piacimento e di farla franca per trent’anni. Nel frattempo si è avuta una più rapida disponibilità, o reperibilità sul mercato nero, dei materiali. In cinque anni è scomparso un chilo e mezzo di materiale fissile in Georgia. L’implosione dell’Unione Sovietica ha spalancato le porte di un mercato, il mercato nero, per i materiali nucleari. Spero che voterete a favore di misure vincolanti e che vi opporrete alle belle dichiarazioni che vogliono tranquillizzare i cittadini, perché in realtà essi sono molto attenti.

 
  
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  Lucas (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, non condivido l’ottimismo espresso dal Consiglio e dalla Commissione. Il fatto che due Stati membri siano in possesso di armi nucleari indebolisce l’autorità morale dell’intera Unione europea nel dibattito sulle armi di distruzione di massa.

La grande ipocrisia mostrata dai governi britannico e americano, che da una parte chiedono agli altri il disarmo mentre dall’altra continuano a potenziare il proprio arsenale nucleare, è un dato di fatto chiaro e lampante. Si tratta di una posizione insostenibile, ipocrita ed estremamente destabilizzante. Poiché di recente si è parlato molto di diritto internazionale, desidero ricordare alla Francia e al Regno Unito che la Corte internazionale di giustizia dell’Aia giudica immorali e illegittime le armi nucleari. In base agli impegni assunti alla sesta Conferenza di revisione del TNP, tutti gli Stati nucleari hanno contratto l’obbligo esplicito di smantellare totalmente i propri arsenali nucleari per garantire il disarmo. Questo è successo quattro anni fa, e sono stati fatti pochissimi passi avanti da allora. Il Regno Unito e la Francia dovrebbero dare l’esempio e smantellare unilateralmente le proprie testate nucleari. Le armi nucleari americane dovrebbero essere immediatamente tolte dal territorio europeo. Sono indubbiamente obiettivi ambiziosi, ma se vogliamo esseri seri riguardo alle minacce poste dalle armi di distruzione di massa è questa la strada che dobbiamo seguire.

 
  
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  Presidente. – La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà il 26 febbraio 2004 a Bruxelles.

 
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