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Resoconto integrale delle discussioni
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Martedì 22 febbraio 2005 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Richiesta di applicazione della procedura d’urgenza
 3. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
 4. Economia / Finanze pubbliche
 5. “Capitale europea della cultura” per gli anni dal 2005 al 2019
 6. Ambiente e salute (2004-2010)
 7. Turno di votazioni
 8. Dichiarazioni di voto
 9. Correzioni di voto (cfr. processo verbale)
 10. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 11. Presentazione di documenti (cfr. processo verbale)
 12. Finanziamento della politica di salvaguardia della natura
 13. Ambiente e salute (2004-2010) (seguito)
 14. Patente di guida
 15. Tempo delle interrogazioni (Commissione)
 16. Patente di guida (seguito)
 17. Introduzione di sanzioni per casi di inquinamento
 18. Informazione fluviale
 19. Riconoscimento dei certificati rilasciati alla gente di mare
 20. Agenzia comunitaria di controllo della pesca
 21. Catture accessorie (pesca)
 22. Ordine del giorno della prossima seduta (vedasi processo verbale)
 23. Sospensione della seduta
 24. Allegato – Posizione della Commissione


  

PRESIDENZA DELL’ON. SARYUSZ-WOLSKI
Vicepresidente

(La seduta inizia alle 9.05)

 
1. Apertura della seduta
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  Presidente. – Dichiaro la seduta aperta.

 

2. Richiesta di applicazione della procedura d’urgenza
  

Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2792/1999 per quanto riguarda un’azione specifica di trasferimento di navi verso i paesi colpiti dal maremoto nel 2004 [COM(2005)0036 – C6-0036/2005 – 2005/0005(CNS)]

 
  
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  Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, pur essendo assolutamente favorevole alla richiesta di applicazione della procedura d’urgenza, vorrei però precisare che, per non distruggere l’economia locale, e in particolare l’industria della pesca, occorre essere cauti nell’applicare questa proposta. Fatta salva tale osservazione, sosteniamo la proposta e la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza.

 
  
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  Kauppi (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, la mia mozione di procedura non riguarda il voto sul trasferimento di navi verso i paesi colpiti dallo tsunami, ma i problemi d’interpretazione che si riscontrano in Parlamento. Ieri sono intervenuta qui in seduta plenaria. Ho parlato per due minuti e il mio messaggio politico è stato totalmente stravolto dagli interpreti, il che mi ha fatto sembrare una stupida. I miei colleghi non sono riusciti a capire nemmeno una parola di ciò che stavo dicendo in finlandese.

Questo è un problema costante per tutti i piccoli gruppi linguistici in seno al Parlamento europeo. Non utilizzerò più il finlandese in plenaria se il risultato è che il mio messaggio politico viene stravolto. E’ successa la stessa cosa all’inizio della seduta con il polacco, una bellissima lingua. Gli interpreti non sono all’altezza del loro compito e questo è un problema terribile per l’Assemblea. Voglio che la mia osservazione venga messa agli atti.

 
  
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  Presidente. – Le sue preoccupazioni saranno messe agli atti, onorevole Kauppi. Capisco perché ha parlato in inglese anziché in finlandese. E’ un problema serio e ce ne occuperemo.

 
  
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  Morillon (ALDE).(FR) Signor Presidente, il presidente della commissione per la pesca desidera farle sapere quanto apprezziamo questa richiesta di applicazione della procedura d’urgenza. Abbiamo seguito le azioni avviate dal Commissario Borg da quando è avvenuta la tragedia e gli abbiamo offerto il nostro sostegno. A livello pratico, alle 17.30 terremo una riunione straordinaria della commissione per la pesca per verificare che ogni singola misura, come ha detto l’onorevole Swoboda, risponda agli interessi della riunione. In linea di principio, però, e credo che la mia posizione rispecchi l’opinione della maggioranza dei deputati, sono assolutamente favorevole alla procedura d’urgenza.

 
  
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  Schlyter (Verts/ALE).(SV) Signor Presidente, sono intervenuti due oratori favorevoli e, secondo il regolamento, ora abbiamo il diritto di ascoltare un oratore contrario. Innanzi tutto sia ben chiaro che tutti vogliono prestare aiuto quanto più rapidamente possibile e con la massima efficacia. Tuttavia, vorrei sconsigliarvi dall’applicare la procedura d’urgenza.

L’idea di esportare i vecchi pescherecci è buona, ma non funzionerebbe. La FAO non ha ancora ricevuto alcun elenco delle navi richieste dai paesi. Inoltre, essa sta mettendo in guardia dai problemi che potrebbero sorgere in merito a un equipaggiamento improprio e a una capacità eccessiva. Occorre innanzi tutto fare luce su tali questioni.

Per di più, la settimana scorsa una conferenza delle organizzazioni regionali per la pesca ha tenuto una riunione a Sumatra alla quale hanno partecipato rappresentanti di paesi quali, ad esempio, l’Indonesia, la Tailandia e lo Sri Lanka, che sono contrari all’esportazione di vecchi pescherecci. Questi paesi preferirebbero piuttosto che li si aiutasse a sviluppare i cantieri navali e le flotte di pesca locali. Per ottenere una proposta che funzioni e che corrisponda esattamente a ciò di cui c’è bisogno, si devono utilizzare le procedure abituali in modo da tenere altrettanto in considerazione le esigenze della popolazione locale. Dobbiamo instaurare un maggiore dialogo con la FAO e con i pescatori locali prima di poter votare.

 
  
  

(Il Parlamento accoglie la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza)

Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti di determinate persone ed entità per tener conto della situazione in Costa d’Avorio [COM(2004)0842 – C6-0023/2005 – 2004/0286(CNS)]

 
  
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  Cavada (ALDE).(FR) Signor Presidente, nell’adottare questa relazione la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ha ovviamente appoggiato la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza del Consiglio, ma, al tempo stesso, ha chiesto al Consiglio, tramite un emendamento alla risoluzione legislativa e al considerando del regolamento, di giocare tutte le carte della diplomazia prima di procedere all’adozione finale del testo. Signor Presidente, onorevoli colleghi, invito dunque l’Assemblea a seguire il consiglio della commissione che ho l’onore di presiedere, consiglio che ha ricevuto anche l’unanime sostegno della commissione per lo sviluppo.

Da un punto di vista procedurale, e per evitare qualunque contestazione da parte di terzi, vi chiedo di richiamare l’attenzione del Consiglio, in fase di consultazione legislativa, sulla necessità di trasmettere al Parlamento testi completi, allegati compresi.

 
  
  

(Il Parlamento accoglie la richiesta di applicazione della procedura d’urgenza)

 

3. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale

4. Economia / Finanze pubbliche
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione (A6-0026/2005), presentata dall’onorevole Goebbels a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla situazione dell’economia europea – relazione preparatoria sugli orientamenti di massima delle politiche economiche [2004/2269(INI)];

– la relazione (A6-0025/2005), presentata dall’onorevole Karas a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulle finanze pubbliche nell’UEM – 2004 [2004/2268(INI)].

 
  
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  Goebbels (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il dibattito sulla politica macroeconomica sta diventando sempre più ideologico. In questo contesto, una maggioranza conservatrice e liberale ha distorto la mia relazione preparatoria sugli indirizzi di massima per le politiche economiche, eliminando qualsiasi riferimento alla necessità di coordinare le politiche economiche europee, sebbene questo sia un requisito previsto dall’articolo 4 del Trattato. La stessa maggioranza si rifiuta di accettare l’evidenza; il Patto di stabilità e di crescita deve essere adeguato ai cicli economici e la Commissione deve anche giudicare la qualità della spesa pubblica, analizzando l’eventuale deficit accumulato da uno Stato. Fortunatamente, il Consiglio ECOFIN presto smentirà questi fanatici della stabilità ad ogni costo. A conferma di questa caparbietà ultraliberista, la stessa maggioranza ha adottato due emendamenti, uno che chiede la riduzione del livello generale della pressione fiscale, l’altro che reputa ineluttabile un aumento generale dell’orario di lavoro. Per alcuni colleghi, questo rappresenta probabilmente l’equilibrio tra flessibilità e sicurezza, raccomandato dalla relazione Koch; più lavoro per i lavoratori e meno imposte per i ricchi.

Signor Presidente, cerchiamo con calma di fare il punto sull’economia europea. Il 2004 è stato un anno eccellente per l’economia mondiale. Il volume degli scambi internazionali non è mai stato così elevato. Il nuovo rapporto dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) osserva tuttavia che, malgrado la forte crescita economica – superiore al 5 per cento – la disoccupazione mondiale è a malapena regredita. La povertà relativa è tuttavia nettamente calata. L’Unione europea ha registrato solo una crescita moderata e un lievissimo declino della disoccupazione, soprattutto nei nuovi Stati membri, e tuttavia la produttività dell’Unione europea a 25, secondo l’OIL, “è migliorata ad un ritmo superiore alla media mondiale”. Questo spiega probabilmente perché l’Unione è il primo esportatore di beni e servizi e perché la Germania da sola consegue risultati migliori di Stati Uniti, Cina o Giappone.

Un’Europa primo esportatore mondiale e primo acquirente mondiale – un’Europa che riesce ad avere conti in equilibrio – non può trovarsi in una situazione così tremenda come vorrebbe farci credere l’europessimismo predominante. Non sto per cadere in un beato euroottimismo. L’Unione potrebbe fare meglio. Non c’è abbastanza crescita e c’è troppa disoccupazione, soprattutto in alcuni grandi paesi, a partire dai tradizionali motori dell’Unione, Germania e Francia. Per questi ultraliberisti la causa è chiara. Il problema sta nei vincoli della politica di stabilità e nell’assenza di riforme strutturali. Eppure, in molti paesi sono state realizzate riforme strutturali. Il governo Raffarin ha avviato una riforma delle pensioni, il cancelliere Schröder ha fatto adottare Hartz I, Hartz II e più recentemente Hartz III e IV.

Senza crescita, tuttavia, le misure strutturali più audaci non funzionano. Questo è il punto di vista del comitato di politica economica, la cui relazione annuale sulle riforme strutturali afferma chiaramente che i governi “raccoglieranno i frutti delle loro riforme strutturali in termini di crescita e di occupazione solo in un ambiente macroeconomico adeguato”. Se è vero che il deficit globale della zona euro è aumentato, pur rimanendo di gran lunga inferiore a quello degli Stati Uniti o del Giappone, il risultato stupirà i difensori della fede. Il Patto di stabilità e di crescita è stato concepito per impedire che il debito pubblico determinasse un aumento repentino e smisurato dei tassi di interesse e che, conseguentemente, l’euro si indebolisse. Come si può osservare, la BCE è riuscita a fissare tassi di interesse storicamente bassi e l’euro è addirittura quasi troppo forte rispetto al re dollaro. Nonostante le fluttuazioni e i mercati petroliferi, il tasso di inflazione della zona euro è rimasto molto basso, e il potere d’acquisto degli abitanti della zona euro è superiore a quello degli americani e dei britannici.

Con ogni evidenza, il problema della zona euro non è tanto la mancanza di stabilità quanto la mancanza di crescita. In Germania e in Francia in particolare, ma anche in Italia, la domanda interna è insufficiente. Tutti gli Stati hanno ridotto i loro investimenti per limitare il deficit pubblico. Dato che i tedeschi e i francesi non consumano abbastanza, anche gli investimenti privati risultano frenati. Perché investire se la domanda è agonizzante? Il tasso di risparmio registra invece livelli elevati nella zona euro, in particolare in Francia e in Germania. Questo fatto denota mancanza di fiducia e paura del futuro. C’è tuttavia un grande paese europeo che presenta una crescita apprezzabile e un tasso di disoccupazione meno preoccupante: il Regno Unito. Perché? Il governo britannico ha sostenuto la domanda interna con una politica di investimento più attiva e con una politica fiscale che non è ostacolata da una cieca devozione all’ortodossia della stabilità, ma che mira all’equilibrio durante tutto il ciclo economico. Inoltre, i britannici consumano, anche se hanno tassi di indebitamento quasi equivalenti a quelli americani. L’unico svantaggio dei britannici rispetto alla zona euro è che pagano tassi di interesse di base del 4,75 per cento contro il 2 per cento nella zona euro.

L’Unione europea e, soprattutto, la zona euro hanno bisogno di maggiore crescita e questa crescita può venire unicamente dalla domanda interna, dagli investimenti pubblici e privati e dai consumi. Circa il 90 per cento degli scambi dell’Unione avviene tra i 25. Anche se l’Unione rimane competitiva nel commercio mondiale, la crescita non può venire dalla domanda esterna. Mentre certi paesi piccoli vivono principalmente della domanda esterna, i grandi paesi dipendono sempre, per l’essenziale, dalla domanda interna. Inoltre coloro che sostengono a gran voce la competitività dell’Europa imperniata sull’offerta sociale peggiore e su salari più bassi devono riconoscere che la maggior parte degli scambi avviene con i paesi che hanno livelli salariali e di oneri sociali analoghi a quelli dell’Europa. Non è quindi tagliando drasticamente i salari, e quindi i consumi, che l’Unione crescerà. E’ necessario rilanciare i consumi, e soprattutto gli investimenti, in modo coordinato. L’articolo 4 del Trattato prevede il coordinamento delle politiche economiche. Grazie all’intelligente riforma del Patto di stabilità e di crescita, l’Unione potrà assistere al rilancio di crescita e occupazione.

 
  
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  Karas (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, i due relatori non hanno solo il compito di presentare la posizione dei loro partiti, ma anche la relazione approvata. Il fatto che, sebbene le due relazioni siano state approvate da maggioranze molto ampie, un gruppo si sia in larga misura astenuto su entrambe, dimostra con estrema chiarezza che tali testi hanno suscitato nella nostra commissione un dibattito politico molto intenso, poiché riguardano decisioni sugli orientamenti futuri e non sono di carattere legislativo. Questo dimostra l’importanza delle riflessioni politiche fondamentali e delle tematiche di orientamento generale oggetto delle due relazioni.

Limiterò i miei commenti alla relazione come è stata approvata. Ho tre osservazioni preliminari in merito. Primo: l’Unione europea è una comunità di diritto, ma, nonostante questo, dall’entrata in vigore del Patto di stabilità e di crescita, le disposizioni di tale Patto o quelle del Trattato sono state infrante da dodici Stati membri, di cui cinque appartengono alla zona euro: Portogallo, Germania, Francia, Paesi Bassi e Grecia, unitamente al Regno Unito, cui non si applica la procedura relativa ai disavanzi eccessivi, e che tuttavia è vincolato dalle disposizioni dell’articolo 116, paragrafo 4, del Trattato.

Seconda osservazione preliminare: con l’euro abbiamo una valuta comune di successo, una valuta che ha trasformato il mercato interno in un mercato domestico, ma non abbiamo una politica comune di bilancio. Per questo ci occorre un quadro politico comune, in modo che l’euro possa realizzare appieno le proprie potenzialità e che l’Unione europea possa realizzare i propri obiettivi politici in termini di crescita e occupazione. Qui c’è tuttavia una contraddizione: nel 2002 solo 4 Stati membri della zona euro, che rappresentavano in totale il 18 per cento del PIL della zona euro, avevano conseguito una posizione di bilancio vicina all’equilibrio, mentre il loro numero è passato a 5 nel 2004.

Terza osservazione preliminare: la strategia di Lisbona ci fornisce una base per realizzare più crescita e occupazione e per incrementare la nostra competitività. Dalla relazione emerge il fatto che, nel corso dell’ultimo decennio, l’economia dell’Unione europea ha registrato una crescita ben inferiore al suo potenziale, con una diminuzione non solo degli investimenti privati, ma anche degli investimenti pubblici lordi che, nella zona euro, sono passati dal 4 per cento del PIL dei primi anni ’70 al 2,4 per cento.

Le conclusioni che si possono trarre sono diverse. Alcuni attribuiscono la colpa al Patto di stabilità e di crescita, in quanto si afferma che alcune disposizioni giuridicamente vincolanti non sono rispettate, e altri dicono che non abbiamo fatto i compiti e che manca la volontà politica. Dobbiamo avviare riforme strutturali. Dobbiamo fare dello sviluppo demografico il punto di partenza per cambiare le nostre realtà. Il Patto di stabilità e di crescita è un successo perché chiarisce il dibattito politico sulle necessarie riforme strutturali, sul fallimento delle politiche di bilancio, sui rischi per l’euro e quindi conduce ad una discussione politica.

La maggioranza della commissione ha appoggiato questo punto di vista. Questa relazione, la cui tesi fondamentale è che abbiamo bisogno di una più forte volontà politica in termini di attuazione, di più coraggio per quanto riguarda le riforme a lungo termine, di un approccio più serio e di meno scuse, dice anche che è necessaria una maggiore disponibilità alle riforme associata ad una maggiore onestà verso i cittadini. L’attuale asserzione della Germania secondo cui i costi della riunificazione finora sono stati esclusi dall’equazione, è un esempio di come il dibattito sia condotto in modo poco sincero, visto che la Germania sin dall’inizio di questo decennio ha sempre soddisfatto i criteri di crescita e di stabilità; ha sempre accettato e rispettato il Patto di stabilità e di crescita e in dieci anni non ha avuto a riguardo alcun problema.

Vi esorto a dare il vostro voto alla presente relazione se volete più stabilità, crescita e occupazione, e se volete che si rispettino il diritto europeo e il Trattato.

 
  
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  Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Signor Presidente, desidero in primo luogo, a nome mio e della Commissione, congratularmi con i due relatori, onorevoli Goebbels e Karas, per le relazioni oggetto dell’odierno dibattito, e con tutti i membri della commissione per i problemi economici e monetari che hanno contribuito all’elaborazione del testo di cui stiamo discutendo oggi in plenaria.

Devo dirvi che sono sostanzialmente d’accordo con l’analisi contenuta in ciascuna relazione. Nel caso della strategia di Lisbona, cinque anni dopo la sua adozione da parte del Consiglio europeo, possiamo essere tutti d’accordo sulla necessità di riaffermare gli obiettivi e i pilastri della strategia, di confermare il nostro sostegno ad essi e di esprimere il nostro rammarico per il ritardo nell’attuazione delle politiche necessarie per progredire verso la realizzazione di tali obiettivi.

Nel caso della situazione delle finanze pubbliche e del quadro esistente per il controllo dell’evoluzione dei bilanci e dei conti pubblici – il Patto di stabilità e di crescita – siamo d’accordo con i valori di riferimento, con i pilastri definiti nel Trattato. In termini generali, l’evoluzione delle finanze pubbliche nell’Unione economia e monetaria, dall’entrata in vigore del Patto, è andata nella direzione corretta ma, come ha ricordato l’onorevole Karas, ci sono troppi paesi, dieci al momento, che si trovano in una situazione di disavanzo eccessivo; in alcuni Stati membri dell’Unione il livello del debito pubblico rispetto al prodotto interno lordo è superiore al valore di riferimento del 60 per cento, fissato dal Trattato, e pertanto dobbiamo riflettere e cercare di migliorare l’applicazione del Patto, e dobbiamo rafforzare gli strumenti dei quali ci serviamo perché questo quadro di governance fiscale funzioni efficacemente.

Per quanto riguarda la prima delle relazioni, desidero esporvi il punto di vista della Commissione. E’ chiaro che l’Unione europea, e la zona euro in particolare, ha un tasso di crescita inferiore a quello dei nostri concorrenti, a quello delle altre regioni economiche del mondo industrializzato, per non parlare poi dei paesi emergenti che hanno tassi di crescita del 6, del 7 o addirittura del 10 per cento. Questa crescita esigua crea una situazione caratterizzata da un elevato tasso di disoccupazione e mancanza di posti di lavoro e mette seriamente in discussione la sostenibilità del nostro modello sociale e quella del nostro modello di società in generale.

Sono pertanto necessarie riforme strutturali e, da questo punto di vista, come gli onorevoli deputati sanno, nella sua comunicazione del 2 febbraio, la Commissione ha proposto alcuni orientamenti in vista della revisione e del miglioramento dell’applicazione della strategia di Lisbona, definendo una serie di priorità attorno a tre assi fondamentali: primo, rendere l’Europa un luogo più attraente per gli investimenti e il lavoro, estendere e sviluppare il mercato interno, migliorare le normative, garantire mercati aperti e competitivi, ampliare e migliorare le reti infrastrutturali europee; secondo, migliorare la conoscenza e l’innovazione come fattori fondamentali di crescita, intensificare e migliorare ricerca e sviluppo, promuovere l’innovazione e l’adozione delle tecnologie dell’informazione, e contribuire alla creazione di una base industriale europea solida; terzo, perseguire l’obiettivo della creazione di posti di lavoro di migliore qualità, definire politiche in grado di attrarre più persone sul mercato del lavoro, modernizzare i sistemi di protezione sociale, aumentare l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e investire di più nel capitale umano.

Sulla base di questi elementi, possiamo ritrovare l’impulso che avevano in mente i creatori, i fondatori, della strategia di Lisbona – se mi è consentito usare quest’espressione – cinque anni fa, e recuperare il tempo perduto; allo stesso tempo, dovremo agire con un maggiore senso di “ownership” a livello nazionale, poiché non c’è dubbio che molte delle azioni necessarie per portare a buon fine la strategia di Lisbona rientrano fondamentalmente nella sfera di competenza nazionale.

Secondo la Commissione, il ruolo della politica macroeconomica a questo riguardo è quello di sostenere la crescita. L’aumento del potenziale di crescita è tuttavia una funzione fondamentale delle riforme strutturali. Non possiamo basarci sulla politica macroeconomica per realizzare questo obiettivo. Questo compito deve essere affidato alle riforme strutturali, come quelle che figurano nell’elenco presentato dalla Commissione europea.

In merito alla seconda relazione – il Patto di stabilità e di crescita, la situazione delle finanze pubbliche – che l’onorevole Karas ha appena presentato, devo segnalare che i negoziati in seno al Consiglio ECOFIN stanno procedendo in modo soddisfacente: in occasione della riunione della scorsa settimana sono stati compiuti ulteriori progressi. Ci saranno altre riunioni, dell’Eurogruppo il 7 marzo e del Consiglio ECOFIN l’8 marzo, che saranno molto utili in vista del raggiungimento di un accordo.

Sono ottimista sulla possibilità di pervenire ad un accordo al Consiglio europeo del 22 e 23 marzo che mantenga i principi e i valori di riferimento del Trattato, nonché i pilastri della disciplina fiscale e di bilancio definiti dal Trattato, che tutti abbiamo l’obbligo di rispettare. Tale accordo dovrebbe migliorare gli strumenti atti a consentire alla governance del Patto di stabilità e di crescita di evitare i fallimenti ai quali abbiamo assistito negli ultimi anni. Gli strumenti previsti dall’accordo dovrebbero contribuire ad aiutare i paesi con problemi di disavanzi eccessivi ad andare verso un adeguamento, ad ottemperare ai valori di riferimento del Trattato, sia in termini di deficit che di debito, a porre maggiore enfasi sulla sostenibilità anche a più lungo termine. Dovremo infatti affrontare la sfida dell’invecchiamento della popolazione e allo stesso tempo creare un migliore collegamento tra la disciplina di bilancio, che continua ad essere un fattore determinante per la crescita e la strategia di crescita, e l’aumento dell’occupazione e della sostenibilità – in altri termini, la strategia di Lisbona – poiché le due strategie sono tra loro correlate.

L’equilibrio macroeconomico è una condizione necessaria per la crescita, ma sono necessarie anche altre politiche: sono necessarie le riforme strutturali. E’ molto positivo che i due importanti temi discussi oggi in Parlamento, oltre che in seno alla Commissione e al Consiglio, siano trattati congiuntamente al Consiglio europeo di marzo, avremo così infatti la possibilità di realizzare un accordo lungimirante, migliorando il rapporto tra le due strategie e, naturalmente, mantenendo chiari i principi di ognuna di esse. Una prevede più sostenibilità, più coesione sociale, più crescita, più occupazione e più competitività; l’altra una migliore disciplina di bilancio e una maggiore sostenibilità delle finanze pubbliche come base necessaria per la stabilità economica e per creare le condizioni di cui hanno bisogno tutti gli investitori, tutti i creatori di ricchezza, per guardare al futuro con più fiducia.

 
  
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  Hökmark (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (SV) Signor Presidente, innanzi tutto, desidero segnalare che i deficit delle finanze pubbliche di diversi paesi sono sintomatici dei problemi esistenti a livello di economie nazionali. Non dobbiamo risolvere il problema consentendo di aumentare i disavanzi. In questo modo in realtà rischieremmo solo di compromettere la condizione stabile di crescita rappresentata dai tassi di interesse bassi. Rischieremmo di ridurre gli incentivi alle famiglie rappresentati dai tassi di interesse bassi, e indeboliremmo la condizione fondamentale per la crescita a lungo termine rappresentata ancora una volta dai tassi di interesse bassi.

Per questo è importante sottolineare il significato delle riforme strutturali, come ha fatto anche il Commissario nel suo intervento. Sono le economie europee ad avere bisogno di flessibilità e non le nostre regole comuni. E’ grazie a condizioni di base comuni per le imprese in fase di costituzione che possiamo creare nuova prosperità e nuovi posti di lavoro. E’ un peccato che il gruppo socialista in seno alla commissione per i problemi economici e monetari abbia deciso di astenersi dal voto sulla relazione dell’onorevole Goebbels. La relazione ora contiene una serie di proposte pratiche volte a creare un maggiore potenziale di crescita in Europa.

Riteniamo che dovrebbero esistere condizioni di base migliori per il lavoro, ma non da raggiungersi con i mezzi citati poc’anzi dall’onorevole Goebbels, ossia attraverso l’aumento dell’orario di lavoro. Vogliamo creare condizioni di base migliori che creino nuovi posti di lavoro e che consentano ai lavoratori di lavorare più lungo nella loro vita, e anche, se lo desiderano, con un orario di lavoro prolungato in varie fasi della loro vita. Questo richiede cambiamenti in termini di impresa, ricerca e mercato interno. Propria ora ci troviamo in un periodo di cambiamenti molto significativi in ragione della concorrenza alla quale siamo confrontati.

Ora il compito più importante è quello di cercare di rendere l’economia europea ancora più forte attraverso una maggiore concorrenza. E pensiamo alla “direttiva servizi” e alla possibilità di rendere alcuni settori più competitivi. E’ il nostro compito, e gli obiettivi sono quelli di una crescita più elevata, più posti di lavoro e migliori salari in Europa.

 
  
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  van den Burg (PSE), a nome del gruppo PSE. – (NL) Grazie, Signor Presidente. Credo che l’onorevole Karas avesse ragione quando ha detto che, in questo dibattito, il Parlamento è coinvolto in una sorta di battaglia per definire la direzione che dovremmo seguire e in un dibattito sui mezzi di cui disponiamo per affrontare la politica macroeconomica nell’Unione europea.

Ho spesso la netta impressione che in questo dibattito, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, così come parti del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa siano occupati a combattere la battaglia precedente e, mentre rimangono imprigionati in vecchie discussioni, stiano ancora elaborando riforme sul Patto di stabilità e di crescita, senza riuscire invece ad affrontare faccia a faccia le sfide odierne. Inoltre ho spesso l’impressione che ci occupiamo di politica nazionale e che questo Parlamento porti avanti discussioni nazionali invece di concentrarsi sulla dimensione europea.

Il mio gruppo preferisce l’approccio per il quale ha optato la Commissione in merito alla riforma del Patto di stabilità e di crescita e anche l’approccio adottato dalla Presidenza lussemburghese a questo riguardo. Faccio riferimento alle decisioni prese dal Consiglio ECOFIN il 13 settembre, chiaramente favorevoli alla riforma del Patto di stabilità e di crescita nel contesto di discussioni più ampie e anche in relazione alla strategia di Lisbona e agli indirizzi di massima per le politiche economiche.

La riforma del Patto di stabilità dovrebbe affrontare gli aspetti preventivi, le differenze di sviluppo economico negli Stati membri e gli aspetti correttivi, pur promuovendo anche il miglioramento delle procedure relative ai disavanzi eccessivi. La cosa fondamentale tuttavia, ed è un elemento che il nostro gruppo desidera sottolineare e che il Presidente Bush ha recentemente ripreso nel contesto della politica estera, è che dovremmo portare avanti una vera politica macroeconomica in Europa e, da questo punto di vista, dovremmo trattare l’Europa come un’unità economica, un’entità unica. Credo che la politica macroeconomica dovrebbe implicare innanzi tutto che noi, Stati membri, non concorriamo gli uni contro gli altri e non creiamo per noi profili distinti che abbiano bisogno di essere difesi nel contesto del Patto di stabilità e di crescita, ma che optiamo per questa prospettiva europea e adottiamo politiche economiche con essa coerenti.

Per questo, è necessario un attento esame della strategia di Lisbona nonché dei suoi rapporti con la riforma del Patto di stabilità e di crescita; anche per questo il mio gruppo desidera ancora sottolineare in questa discussione che dovremmo concentrarci sugli investimenti e anche su come, entro i limiti dei parametri definiti dal Patto di stabilità e di crescita, operare una distinzione tra le spese correnti e le spese realmente destinate agli investimenti in quell’economia della conoscenza che perseguiamo nell’ambito della strategia di Lisbona. Non vogliamo farlo consentendo agli Stati membri di optare per una contabilità creativa, ma operando scelte chiaramente pensate per l’Europa e definendo una strategia a livello europeo in modo che sia possibile, per esempio, ammortizzare gli investimenti fatti a lungo termine, come è consuetudine fare nell’industria.

Speriamo che alcuni di questi punti siano affrontati nelle relazioni e che questa discussione abbia un seguito nella plenaria di marzo, quando riesamineremo la strategia di Lisbona e ci prepareremo per il Consiglio europeo di primavera.

 
  
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  Klinz (ALDE), a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, nella commissione per i problemi economici e monetari abbiamo approvato una relazione molto equilibrata, dalla quale tuttavia oggi l’onorevole Goebbels prende le distanze. Credo che sia importante chiedere alla Commissione di tenere conto dei quattro punti seguenti.

Primo: si è accumulato un considerevole ritardo nell’attuazione della strategia di Lisbona. Uno dei motivi è che la strategia contiene una molteplicità di obiettivi. In novembre, il gruppo Kok ha raccomandato di concentrarsi su un numero limitato di priorità. E’ una strategia ragionevole e la appoggiamo. Esortiamo la Commissione a concentrare i propri sforzi sulle priorità proposte dal gruppo Kok, e le dichiarazioni della Commissione a questo riguardo ci danno motivo di essere ottimisti. Inoltre invitiamo la Commissione ad analizzare le migliori pratiche degli Stati membri e a trarne insegnamenti. L’approccio delle migliori pratiche consentirà, sulla base degli esempi di successo in uno Stato membro, di fare raccomandazioni ad altri Stati membri.

Secondo: la Commissione dovrebbe concentrarsi ancora di più sul completamento del mercato interno, per mostrare chiaramente ai consumatori i vantaggi concreti del mercato unico europeo, con prodotti e servizi migliori e più a buon mercato. In alcuni settori ci sono ancora ostacoli commerciali. Non è sostenibile né dal punto di vista di un mercato interno funzionante né da quello di una concorrenza leale. Il pubblico deve vedere chiari progressi in questo ambito.

Terzo: non siamo contrari ad una riforma del Patto di stabilità e di crescita, diversamente da quanto lasciato intendere dall’onorevole Goebbels. Siamo tuttavia contrari all’indebolimento del Patto che garantisce non solo l’indipendenza della BCE, ma anche la stabilità dell’euro. Appoggiamo l’intenzione della Commissione di rafforzare l’aspetto preventivo del Patto, ma questo non significa, come ha forse voluto suggerire l’onorevole Goebbels, che dovrebbe essere consentito un deficit inferiore al 3 per cento, in periodi di congiuntura favorevole, ma il superamento della soglia del 3 per cento nei periodi difficili. Nei periodi di congiuntura favorevole, dovrebbero essere costituite riserve che consentano di rispettare o di sforare solo di poco i criteri relativi al deficit nei periodi di congiuntura sfavorevole, in modo che il livello di indebitamento cumulativo totale possa essere progressivamente ridotto.

E ora passo alla mia quarta e ultima osservazione. I deputati del gruppo ALDE membri della commissione per i problemi economici e monetari hanno presentato un emendamento relativo alle riforme strutturali necessarie negli Stati membri. Sebbene questo emendamento sia stato accettato, per errore – non so da parte di chi – non è stato inserito nella versione definitiva. Vorremmo pertanto ripresentare questo emendamento come emendamento orale in plenaria. Il testo è il seguente: il Parlamento europeo raccomanda che gli Stati membri attuino le riforme strutturali attese ormai da tempo e necessarie in vista del miglioramento del clima degli investimenti che è una premessa fondamentale per la crescita economica.

La cosa più importante è mettere in evidenza l’enorme significato delle riforme strutturali per la crescita economica e chiarire che la responsabilità di tutto questo è degli Stati membri. E’ ormai giunto il momento che l’Unione europea superi il problema determinato dall’impegno eccessivo e continuo di risorse per mantenere strutture obsolete. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero adottare misure mirate per riuscire a controllare l’economia sommersa che ostacola una crescita e una stabilità sane. Solo in questo modo potremo rapidamente avvicinarci alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona.

 
  
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  Jonckheer (Verts/ALE), a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, un noto economista francese ha recentemente pubblicato un libro che si intitola “La politique de l’impuissance” (La politica dell’impotenza), e penso che sia una sensazione che molti dei nostri concittadini possono legittimamente provare. Aggiungerò tuttavia che la politica dell’impotenza è in realtà una strategia deliberata scelta sin dall’epoca di Maastricht, dal 1992, che si articola sostanzialmente su tre assi: la riforma strutturale dei mercati – come la chiamiamo nel nostro gergo – la riduzione del deficit pubblico e l’attenzione rivolta alla conquista dei mercati esterni.

Inoltre, per quanto riguarda le istituzioni e l’attribuzione delle competenze, l’Unione europea ha la competenza esclusiva in materia di diritto della concorrenza e di unione monetaria; per il resto, gli Stati membri devono tenere testa agli altri Stati e competere gli uni contro gli altri. Credo che quindici anni dopo – purtroppo, a mio avviso – questa scelta istituzionale sia confortata dal Trattato costituzionale, un documento che approvo, anche se contiene molte lacune. Quindici anni dopo, abbiamo visto i risultati – o piuttosto l’assenza di risultati – in termini di crescita, e soprattutto di qualità della crescita, nonché in termini di creazione di posti di lavoro.

Di conseguenza, signor Commissario, il nostro messaggio in quanto gruppo degli ecologisti è che è davvero necessario cambiare strategia. Abbiamo l’impressione che le discussioni relative al Patto di stabilità e di crescita abbiano un ruolo marginale e che, se vogliamo davvero ottenere i risultati migliori, dobbiamo attuare una politica più proattiva a livello della zona euro, una politica nella quale i ministri condividano in definitiva un quadro di sostegno basato su obiettivi più ambiziosi e nella quale gli sforzi siano concentrati sul raggiungimento della convergenza tra le diverse economie nazionali. Poiché ho poco tempo, citerò tre di questi obiettivi.

Il primo obiettivo, a mio parere, è un notevole alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro e la ricerca di modalità alternative per finanziare i sistemi di sicurezza sociale, tenendo conto della natura specifica di ogni paese. Ritengo tuttavia molto importante poter dire ai cittadini che chi lavora – chi ha la fortuna di lavorare – deve poter vivere decorosamente del proprio lavoro. Penso che la realizzazione di questo obiettivo passi attraverso l’alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro.

Il secondo obiettivo – che non vi stupirà – è che abbiamo bisogno di una crescita di qualità, che comporta più risparmio energetico e minor inquinamento. Guardate i documenti della Commissione sulla valutazione della strategia comunitaria di sviluppo sostenibile: i risultati sono spaventosi, e pertanto è assolutamente necessario cambiare rotta al riguardo.

Terzo e ultimo obiettivo, dobbiamo sostenere la domanda interna in seno all’Unione. Non si deve puntare tutto sulla conquista dei mercati esterni, come se l’economia fosse unicamente costituita da grandi imprese innovative o da piccole e medie imprese che si buttano sui mercati cinese e indiano. E’ necessario sostenere la domanda interna, il che presuppone investimenti pubblici e privati e la diffusione di un messaggio chiaro alle autorità pubbliche, sia a livello dell’Unione europea che a livello degli Stati membri, che dica che siamo fieri di essere europei, che abbiamo costruito un’unione monetaria così come un mercato interno. Attualmente, abbiamo bisogno di una vera unione economica e sociale che offra ad ogni cittadino un futuro.

 
  
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  Wagenknecht (GUE/NGL), a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, per quanto riguarda la politica economica europea, potremmo naturalmente continuare sulla stessa strada. Con il pretesto di riforme strutturali che si dicono necessarie, potremmo continuare a distruggere le strutture sociali europee, a mettere in ginocchio i sindacati con minacce di un’elevata disoccupazione e della diffusione di lavori scarsamente retribuiti, trasferendo sempre più servizi pubblici al mercato, limitando così i servizi offerti a quelli redditizi per il settore privato. Grazie ad un’altra fase di dumping fiscale, potremmo anche creare una situazione tale per cui un lavoratore dipendente con un reddito medio si troverà presto a contribuire alle casse pubbliche più di molte imprese europee con utili miliardari.

Anche se possiamo certo continuare ad andare avanti per questa strada assicurandoci il plauso di coloro che traggono vantaggio da politiche del genere, non dovremmo con l’inganno indurre i cittadini europei a credere che questa politica possa promuovere crescita e occupazione. Chi potrebbe davvero credere che l’aumento dell’orario di lavoro, auspicato dalla relazione, può creare nuovi posti di lavoro invece di distruggerne ancora di più? Chi potrebbe davvero credere che ulteriori tagli agli investimenti pubblici possono stimolare la domanda interna invece di fare fallire altre piccole e medie imprese? Chi, dopo le recenti esperienze di privatizzazione, potrebbe ancora davvero credere che la privatizzazione fa crescere l’occupazione invece di ridurla?

E’ vero che i risultati economici della maggior parte dei paesi europei sono modesti, ma è falso sostenere che la causa sia da ricercare nell’insufficiente competitività. In molti paesi europei, i costi salariali negli ultimi anni si sono ridotti; questa tendenza è stata particolarmente accentuata in Germania, dove i lavoratori nel corso degli ultimi 12 mesi hanno dovuto accettare una riduzione media del salario reale superiore al 2 per cento.

Questo ha forse permesso la creazione in Germania di molti posti di lavoro? Al contrario! Il tasso di disoccupazione ha raggiunto un nuovo record negativo. E lo stesso vale per le esportazioni, e non solo in Germania. Lo dico, perché l’unico obiettivo che le priorità politiche individuate nella presente relazione possono conseguire è un ulteriore incremento del ritorno sugli investimenti dei global player e degli esportatori europei. Questo forse fa piacere alla European Round Table of Industrials, ma per la maggioranza della gente è una tragedia. Il nostro gruppo non approverà mai una politica di questo tipo, faremo invece tutto il possibile per incoraggiare un’azione tesa a contrastarla.

 
  
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  Whittaker (IND/DEM) , a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Goebbels è una franca ammissione di molte cose che non funzionano nell’Unione europea. L’onorevole Goebbels ha riconosciuto che è necessaria un’elevata crescita economica per ridurre il tasso di disoccupazione, per pagare le pensioni e per realizzare ciò che viene qui definito “coesione sociale” o “protezione sociale”.

Perché allora la crescita è così mediocre? Molti oratori hanno dato la colpa al Patto di stabilità e di crescita. Alcuni dicono che viene interpretato in maniera troppo rigorosa e che i governi non spendono abbastanza. Altri dicono il contrario, ossia che dobbiamo aderire più rigorosamente al Patto. Non possono avere ragione gli uni e gli altri. A mio parere sbagliano entrambi.

L’onorevole Goebbels dice che aumenteremo la crescita promuovendo la concorrenza, l’impresa, l’imprenditorialità, e la cultura di assunzione dei rischi, in particolare tra le piccole e medie imprese. Desidero analizzare questo aspetto. Sono d’accordo sull’importanza delle piccole imprese; le grandi multinazionali godono sicuramente di una posizione dominante, ma creano posti di lavoro al di fuori dell’Unione europea. Tuttavia, non credo che manchino le opportunità per le piccole imprese, capitali di rischio, o imprenditori disposti ad assumersi rischi nell’ambito della creazione di imprese e di assunzione di dipendenti. Ma allora perché tutto ciò non avviene? E perché, quando avviene, così tante imprese falliscono? Perché abbiamo fatto di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote.

Andate a parlare con i piccoli imprenditori. Sentirete ovunque ripetere la stessa storia: troppa burocrazia e troppe regole, in particolare in materia di assunzione del personale. Queste difficoltà ci sono perché l’idea fondamentale dell’Unione europea è quella di utilizzare la direzione centralizzata nel vano tentativo di realizzare una società idealizzata, legiferando e limitando l’attività. Alcuni esempi al riguardo sono la direttiva sull’orario di lavoro e le numerose regole introdotte per mantenere vari diritti, il cui effetto principale è quello di soffocare l’impresa ed arricchire gli avvocati. L’ethos è nel suo insieme contrario alle esigenze degli imprenditori.

Tutti vogliamo un tasso di occupazione elevato e vogliamo vivere in una società fatta di solidarietà e coesione. Tuttavia, tutto questo è possibile solo se c’è ricchezza. Nel tentativo di realizzare i nostri ideali in modo coercitivo, distruggiamo l’origine della nostra ricchezza. Il modello ha urgente bisogno di una profonda revisione.

I miei colleghi appartenenti agli altri partiti politici britannici si aggrappano ancora all’idea di poter essere in grado di convincere l’Unione europea a cambiare rotta. Nel UK Independence Party ci siamo resi conto che questo non sarà possibile. L’unico modo per conservare una certa prosperità in Gran Bretagna è uscire dall’Unione europea. Vogliano che anche i nostri vicini vivano in condizioni di benessere, ma se non ci riescono a causa della cieca fedeltà ad un modello difettoso, preferiremmo non essere trascinati via con loro.

 
  
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  Ryan (UEN), a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, siamo tutti testimoni del successo del mercato interno, dove c’è libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali. E’ evidente che il sistema della moneta unica europea funziona bene e merita la fiducia sia dei cittadini europei sia della comunità economica e degli investitori.

Perché l’Unione europea abbia successo, ci deve essere un ampio coordinamento economico da parte dei 25 Stati membri. E’ parte integrante della strategia generale volta a realizzare il processo di Lisbona, in modo da garantire che l’Unione europea diventi l’economia più competitiva al mondo entro il 2010. Tuttavia, i governi dell’Unione europea dovranno elaborare un accordo sulle future modalità di funzionamento delle regole che disciplinano l’Unione economica e monetaria. Il dato decisivo è che alcuni Stati accumulano gravi deficit di bilancio, il che viola chiaramente i criteri dell’UEM.

Alcuni paesi vogliono che le regole che disciplinano il funzionamento del regime della moneta unica siano rese meno rigide e più flessibili. Credo sia un aspetto che i governi dell’Unione europea dovrebbero esaminare attentamente in modo da essere certi di poter realizzare i progetti infrastrutturali necessari nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni.

Non sto assumendo un atteggiamento ostile rispetto al funzionamento dei criteri dell’UEM, ma non possiamo consentire che si perpetui una situazione in cui ci sono paesi che accumulano elevati deficit di bilancio in palese violazione delle regole cosiddette rigorose, che disciplinano il funzionamento del regime della moneta unica. Tutto questo mina la credibilità del contesto generale dell’UEM.

Se vogliamo che la comunità internazionale degli investitori abbia la massima fiducia nell’Unione economica e monetaria all’interno dell’Unione europea, l’Unione europea deve fare ordine a casa propria. Abbiamo visto tutti quanto possono essere volatili i mercati valutari. O tutti i paesi rispettano le regole e hanno fiducia nel sistema o su questo tema avremo a tempo indeterminato un problema di credibilità.

 
  
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  Martin, Hans-Peter (NI).(DE) Signor Presidente, credo che la presente relazione sia un ulteriore segno dell’impotenza che si è impadronita dell’Unione europea. Ci sono i primi segni di una distruzione causata da tendenze opposte che si scontrano. Sebbene ci sia il mercato interno, ci manca tutto quello che sappiamo essere necessario per una politica economica ragionevole, e con questo intendo la necessità di una base minima di principi comuni. Il risultato è la più grande ridistribuzione di ricchezze nella storia dell’umanità in tempo di pace. E questo non vale solo per il nostro continente, sebbene qui la situazione sia particolarmente difficile, perché abbiamo un vasto ceto medio che ora sta andando in pezzi. Mi dispiace pertanto che questa relazione non proponga alcun approccio reale per contrastare questo stato di cose. Credo che l’allargamento sia arrivato troppo presto, e conseguentemente ora stiamo favorendo il dumping salariale, cosicché molti dei pericoli dei quali eravamo stati avvertiti ora si stanno effettivamente concretizzando. Il primo passo da compiere deve essere quello di creare una vera trasparenza, affinché queste discrepanze siano almeno visibili a tutti.

 
  
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  Radwan (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, stiamo discutendo della strategia di Lisbona e di come l’Europa dovrebbe diventare la regione più competitiva del mondo. Negli ultimi cinque anni non ce l’abbiamo fatta e ora abbiamo individuato il colpevole principale: il Patto di stabilità e di crescita! Qualcuno dice che, se smantelliamo il patto, l’Europa starà meglio, perché avremo la possibilità di compiere maggiori progressi.

Non ho sentito nessuno parlare di quanto occorre fare a livello nazionale, e di dove siano da ricercare i veri colpevoli – negli Stati membri. La Germania ritiene addirittura che valga la pena di far fronte ad un aumento dei pagamenti netti all’Europa in cambio dell’abolizione del Patto stabilità e di crescita.

Commissario Almunia, il suo predecessore, il socialista spagnolo Solbes, ha assicurato in varie occasioni a questo Parlamento che il Patto di stabilità e di crescita è sufficientemente flessibile e sono sicuramente d’accordo con lui. Quello che non riesco ad accettare è che, da una parte, si debbano mantenere i criteri del 3 per cento e del 60 per cento e poi dall’altra, come ha fatto il Cancelliere Schröder, si cerchi di fare escludere certi fattori nella fase precedente o successiva alla procedura. Tutto questo ci viene fatto accettare sotto il vessillo di Lisbona, mentre ci viene detto che d’ora in poi non possiamo o non dobbiamo più tenere conto di alcun fattore ad alta intensità di crescita nella procedura. Invece se ne deve tenere conto. E gli economisti tedeschi ci dicono che ci ritroveremo con un deficit dell’8 per cento o del 10 per cento. Qui non vengono applicate le opportune sanzioni.

Se vogliamo prendere sul serio Lisbona, dobbiamo come prima cosa prendere sul serio il Patto di stabilità e di crescita, e non servirci dell’argomentazione secondo cui dieci Stati lo violano. Sarei molto contento se i limiti di velocità fossero applicati in modo tale per cui, se troppi automobilisti sono colti in fallo dall’Autovelox, non si fa altro che aumentare il limite di velocità per evitare che in futuro ci siano troppe multe! Le regole ci sono per essere rispettate.

Dobbiamo prendere sul serio la strategia di Lisbona. Dobbiamo prenderla sul serio quando elaboriamo la legislazione dell’Unione europea, affinché in futuro ogni nuova direttiva sia verificata per stabilire se è in conflitto con gli obiettivi di Lisbona o li promuove. Gli Stati membri devono accertarsi di non far fallire la legislazione sul mercato interno quando non va nei loro interessi, e la Commissione deve richiamare all’ordine gli Stati membri inadempienti. La Commissione dovrebbe introdurre un sistema di benchmarking e annunciarlo con la massima chiarezza possibile. In Europa dobbiamo renderci conto che il mondo non è piatto e che viviamo in un contesto di concorrenza mondiale. A questo dobbiamo reagire in maniera definitiva, in modo che i cittadini si rendano conto che prendiamo sul serio queste problematiche.

 
  
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  Berès (PSE).(FR) Signor Presidente, l’onorevole Karas non è più presente, ma avrei voluto dirgli che anch’io penso che l’Unione europea sia una comunità di diritto. Al di sopra del Patto di stabilità e di crescita c’è il Trattato che contiene un articolo, che non è stato modificato, che invita gli Stati a considerare la loro politica economica una questione di interesse comune. Per questo, la crescita nell’insieme della zona euro è una questione di interesse comune e non credo che il Patto di stabilità e di crescita nella sua forma attuale sia lo strumento di cui abbiamo bisogno.

All’onorevole Radwan vorrei dire che la questione non è di stabilire se stiamo superando il limite di velocità, ma di capire se vogliamo andare piano, pur al volante di una Mercedes, e mi sembra che sia quello che più o meno avviene ora con il Patto di stabilità e di crescita.

Vorrei esprimere tre commenti sul Patto di stabilità e di crescita. Primo, credo che una riforma valida debba essere in grado di fornire all’Unione uno strumento macroeconomico per l’attuazione della strategia di Lisbona. In questo contesto, la questione di “tenere conto delle spese” sarà una delle priorità. Non si tratta di iniziare un mercanteggiamento, nel quale gli Stati membri fanno a gara per fare ascoltare le loro rivendicazioni, ma si tratta di capire dove ci può essere un valore aggiunto per una crescita europea. E solo la Commissione può dircelo perché è la Commissione che rappresenta l’interesse comune europeo.

Secondo, alcuni dicono che, per ragioni contabili, il modo in cui i vari Stati membri portano avanti le riforme strutturali nel settore pensionistico potrebbe rientrare nel concetto di “tenere conto delle spese”. Credo che sia pericoloso perché, ancora una volta per ragioni contabili, ci troveremmo ad affrontare dibattiti che andrebbero a toccare nel vivo la coesione nazionale.

La terza osservazione è che, per quanto riguarda le modalità di valutazione della situazione negli Stati membri, non si può certo dire che si applicano condizioni uguali per tutto e per tutti. La situazione economica, rispetto al Patto di stabilità e di crescita, ha un significato diverso a seconda della dimensione del paese. Non è sufficiente affermare che tutti gli Stati sono uguali ai fini del Patto. Oggi negli ambienti economici tutti riconoscono – sebbene questo atteggiamento per il momento non sia visto di buon occhio negli ambienti politici – che l’impiego dello strumento di bilancio ha un impatto diverso a seconda della dimensione dell’economia di un paese. Oggi, due paesi come la Francia e la Germania sono allo stesso tempo responsabili e vittime di uno stato di cose dal quale nessuno Stato membro della zona euro o dell’Unione europea trae vantaggio. Nessuno ha interesse a vedere l’economia della zona euro oppressa e frenata da una crescita troppo debole nella principale economia della zona euro. Tale stato di cose è contrario sia al Trattato sia all’interesse comune degli Stati membri.

 
  
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  Starkevičiūtė (ALDE).(LT) Grazie signor Presidente. Desidero ricordare che stiamo ora discutendo contemporaneamente di due documenti che sono stati preparati in modo eccellente e che si completano a vicenda. Tali testi devono costituire la base economica del Patto di stabilità e di crescita e di un terzo gruppo di documenti di cui stiamo discutendo. Forse varrebbe quindi la pena di pensare che, se vogliamo inviare un messaggio chiaro ai nostri cittadini, ai cittadini dell’Unione europea, alla comunità economica, e alla comunità internazionale, allora forse dovremmo dedicare maggiore attenzione ad alcune delle disposizioni contenute in un documento, che pone le basi della stabilità macroeconomica, il Patto di stabilità e di crescita. Sarebbe ingenuo pensare che possiamo mantenere o consolidare il Patto di stabilità e di crescita con alcune disposizioni o alcuni criteri giuridici. E lo dico alla luce di quindici anni di esperienza nell’ambito delle riforme che il mio paese ha attuato. Non dobbiamo cercare le differenze, se vogliamo attuare le riforme, dobbiamo cercare il consenso. Credo che ci siano quattro punti sui quali possiamo essere d’accordo e la nostra esperienza in materia di riforme ci insegna che possono esercitare un’influenza positiva sull’economia. Innanzi tutto, dobbiamo dedicare attenzione agli investimenti necessari per la produttività, abbiamo infatti bisogno di un particolare tipo di investimenti. Dobbiamo prestare attenzione alle riforme strutturali, che sono tuttavia impossibili senza misure fiscali. Il manifestarsi della disoccupazione durante le riforme strutturali richiede un’azione di sostegno, ma non è possibile concentrarsi solo sul sostegno, perché altrimenti non può essere mantenuto il bilancio. Dobbiamo dedicare attenzione all’espansione di nuove imprese, ossia dobbiamo cercare di semplificare l’amministrazione fiscale, affinché le imprese piccole e meno importanti possano lavorare con successo in Europa. Per quanto riguarda il quarto punto, che è il più complicato, dobbiamo essere coscienti dal fatto che in Europa si stanno riversando prodotti a basso costo, siamo circondati da paesi con costi di produzione molto contenuti. Dobbiamo quindi cominciare a pensare a come ridurre le imposte, naturalmente senza sconvolgere l’equilibrio macroeconomico, infatti, come ha dimostrato la nostra esperienza in materia di riforme, molto può essere fatto attraverso il miglioramento dell’amministrazione fiscale. Non deve sorprendere che molti paesi si scontrino con difficoltà in materia di trasferimento degli utili e abbattimento dell’IVA, tuttavia ci sono molti modi per migliorare l’amministrazione delle imposte e alleggerire l’onere fiscale, come dimostra l’esperienza dei nostri paesi. Credo che questo sia il modo migliore per sfruttare l’esperienza che abbiamo acquisito. Grazie.

 
  
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  Μanolakou (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, le relazioni sulle finanze pubbliche nell’Unione economica e monetaria e sulla situazione dell’economia europea non tengono minimamente conto dei problemi della base comuni ai lavoratori degli Stati membri dato che la loro causa è la stessa: la politica contraria alla base dell’Unione europea. Il fatto che i problemi siano comuni emerge chiaramente dalle manifestazioni dei lavoratori organizzate nella maggior parte dei paesi contro il costo della vita, la disoccupazione, il basso livello retributivo, i licenziamenti, la privatizzazione della sanità, dell’istruzione e dei servizi sociali, l’aumento dell’orario di lavoro, l’insicurezza e l’incertezza rispetto al futuro.

Invece di dare una risposta a questi problemi, i relatori al fine di combattere i deficit si dichiarano a favore di un rispetto più rigoroso del Patto di stabilità e di crescita, di rigidi programmi di austerità fiscale, in netto conflitto con gli interessi della base. In altri termini, sono sempre i lavoratori a pagare, mai la plutocrazia. Allo stesso tempo i relatori chiedono che la strategia di Lisbona, assolutamente sfavorevole alla base, sia applicata rapidamente, per favorire un maggiore sfruttamento dei lavoratori attraverso il lavoro a tempo parziale e il lavoro interinale, l’aumento dell’orario di lavoro, il pensionamento posticipato, l’abolizione della partecipazione del governo alla sicurezza sociale e il non rispetto dei contratti collettivi. Questa è la nuova ridistribuzione della ricchezza, con vantaggi sempre maggiori per le grandi imprese e sempre più disuguaglianza e ingiustizia. I relatori chiedono che l’economia europea – termine con il quale intendono la redditività dei monopoli europei – sia rafforzata con nuove e più rigide misure di austerità contrarie alla base e invitano i lavoratori a fare più sacrifici, per il loro bene, chiedendo allo stesso tempo ai governi di ridurre anche le spese sociali minime che rimangono e di modificare immediatamente i sistemi pensionistici e assicurativi che, dicono, sono inadeguati.

Queste sono le filosofie e le politiche europee che portano i lavoratori a esprimere il loro stato d’animo disertando le elezioni, come le elezioni europee, che hanno registrato un’affluenza alle urne del 40 per cento, oppure il recente referendum in Spagna sulla cosiddetta Costituzione europea, per il quale l’affluenza è stata del 35-40 per cento. Sono segni che esprimono il senso di indifferenza dei lavoratori che per questo stanno voltando le spalle all’Unione europea. Tuttavia, la risposta migliore è una lotta sotto forma di disobbedienza organizzata a questa politica e un contrattacco volto a condurre ad un cambiamento radicale.

 
  
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  Wohlin (IND/DEM).(SV) Signor Presidente, la crescita nell’Unione europea è certamente inferiore al suo potenziale. L’Unione europea ha un elevato tasso di disoccupazione; ha un’eccedenza delle partite correnti rispetto ad altri paesi; e il tasso d’inflazione è inferiore all’obiettivo previsto dalla politica monetaria. Come sottolineato dalla relazione, sono assolutamente necessarie riforme strutturali. La relazione tuttavia non sottolinea in misura sufficiente la necessità per alcuni paesi di una politica più espansiva.

Una causa della politica eccessivamente restrittiva è il modo in cui è stato elaborato il Patto di stabilità e di crescita. A mio avviso, il Patto è strutturato in modo errato, il che conduce a politiche eccessivamente restrittive in certi paesi. L’errore consiste nel concentrarsi troppo sul deficit di bilancio. L’accento dovrebbe essere invece sull’indice di indebitamento.

Un paese con un indice di indebitamento inferiore al 60 per cento del PIL e che mantenga l’inflazione al di sotto del 2 per cento registrerà una riduzione dell’indice di indebitamento, se la sua economia cresce in termini reali di un punto percentuale o oltre e se il deficit di bilancio è pari al 3 per cento. Se l’economia di un paese cresce del 5 per cento e l’inflazione è al 2 per cento, il PIL nominale crescerà del 7 per cento. Il deficit di bilancio potrebbe allora ammontare al 7 per cento, e l’indice di indebitamento sarebbe stabile a fronte di un deficit di questa entità. Un paese che si trovasse in questa situazione non provocherebbe tensioni nella zona euro. L’aumento del debito sarebbe stabile e pertanto sostenibile a lungo termine. Il paese probabilmente avrebbe un buon rating di credito e non rappresenterebbe alcun rischio di credito per la zona euro nel suo insieme. Un deficit di bilancio di questo tipo è sostenibile a lungo termine. Un deficit limitato al 3 per cento significa che il debito nazionale decresce costantemente in percentuale del PIL. Poiché un indice di indebitamento del 60 per cento del PIL è ragionevole in termini economici, non c’è motivo di imporre restrizioni finanziarie ad un paese in una situazione del genere.

E’ assolutamente naturale che i nuovi paesi in rapida crescita abbiano deficit cospicui nella loro bilancia dei pagamenti correnti e nelle importazioni di capitali. Il risparmio privato può non essere sufficiente; anche lo Stato può avere un deficit di bilancio. La conclusione che si può trarre è che i paesi con indici di indebitamento inferiori al 60 per cento del PIL e con un’inflazione sotto controllo dovrebbero avere la possibilità di crescere più rapidamente e di condurre una politica più espansiva. In questo modo, tutta l’Unione europea crescerebbe. Raccomando che il Patto di stabilità e di crescita sia modificato in questo senso.

 
  
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  Angelilli (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche dalla relazione sulle finanze pubbliche dell’Unione monetaria emerge la necessità di una riforma del Patto di stabilità. Patto che, indubbiamente, svolge un ruolo importante per la stabilità ma che deve diventare anche un volano per la crescita.

E’ noto che i ministri riuniti nel Consiglio ECOFIN stanno preparando il testo della riforma ma il Parlamento non può rinunciare al dibattito. Sarebbe perciò opportuno, prima della definitiva decisione del Consiglio, che il Parlamento avesse l’opportunità di esprimersi, con un dibattito specifico, sulle modalità di riforma del Patto. Infatti, dopo la discussione di settembre, il Parlamento sembra essersi ritirato in una posizione attendista. Invece, bisogna dare proprio alla nostra Istituzione, un ruolo chiave nel processo di riforma, dando modo innanzitutto a tutti i deputati e a tutti i gruppi di delineare concretamente le possibili strategie.

Bisogna essere concreti e realisti. Non possiamo scrivere sui nostri documenti che dobbiamo diventare l’economia più competitiva del mondo, mentre i dati parlano chiaramente di un ristagno della crescita. Bisogna quindi riformare il Patto. Faccio riferimento a modalità di applicazione più flessibili del Patto durante le congiunture negative, alla necessità di tenere in debito conto le riforme strutturali intraprese dagli Stati membri ed eventualmente alla possibilità di consentire lo scorporo delle spese per gli investimenti diretti a realizzare gli obiettivi, ancora troppo distanti, della strategia di Lisbona.

In conclusione, ritengo che il Parlamento debba riacquistare un ruolo da protagonista in questo dibattito, in quanto unica Istituzione direttamente rappresentativa dei cittadini dell’Unione.

 
  
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  García-Margallo y Marfil (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, il relatore, onorevole Goebbels, si lamenta dell’assenza di coordinamento delle politiche economiche. Sono d’accordo, anche se io giungo ad una conclusione diversa.

Senza queste regole di coordinamento, una flessibilizzazione del Patto di stabilità equivarrebbe a violarlo. Violare il Patto di stabilità significherebbe neutralizzare gli sforzi della Banca centrale volti a mantenere i prezzi, comporterebbe un aumento dei tassi di interesse, un ritardo in termini di crescita, quella crescita che è il nostro obiettivo comune, un ritardo nell’attuazione delle riforme strutturali e, cosa ancor più pericolosa, una seria minaccia per lo Stato sociale. Le risorse che spendiamo per pagare gli interessi e per estinguere il debito pubblico determinano una minore disponibilità di risorse per garantire le finanze.

Attualmente abbiamo bisogno di più occupazione e più produttività. Più occupazione vuol dire soprattutto dedicare attenzione alle fasce della popolazione con più difficoltà e sappiamo che sono le donne, i giovani tra i 15 e i 25 anni e gli ultracinquantacinquenni. Più produttività significa inoltre più investimenti, più impegno in termini di investimenti e sviluppo e più impegno in termini di istruzione e formazione professionale al fine di aumentare la produttività del lavoro.

L’intervento del Commissario mi fa anche tornare alla mente – e cito ancora una volta l’onorevole Goebbels – quei discorsi della defunta Unione sovietica che sostenevano che la transizione al socialismo si sarebbe inevitabilmente conclusa l’anno successivo. Quando si resero conto che quella transizione era possibile, conclusero che la transizione era completa e che erano già arrivati al comunismo. Pochi anni dopo la cortina di ferro è caduta.

Non c’è alcuna necessità di indebolire la stabilità macroeconomica, ma è fondamentale che continuiamo a insistere con più forza, con più vigore, sulle riforme strutturali come unica garanzia, unica formula seria, per realizzare la crescita.

 
  
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  Bullmann (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’onorevole Karas ha detto in precedenza che stiamo discutendo di decisioni relative alla direzione che seguiremo in futuro, e ha assolutamente ragione. Tuttavia, le decisioni sulla direzione da seguire le può prendere solo chi riesce a vedere l’orizzonte. Per poter prendere decisioni sulla direzione da seguire in futuro, è necessario avere analisi e proposte aggiornate, e posso dire alla maggior parte degli onorevoli colleghi del gruppo dei conservatori che le loro proposte nelle due relazioni non sono certo aggiornate, e che sono in una posizione dalla quale non possano vedere l’orizzonte.

Sapete benissimo che gli indirizzi di massima per le politiche economiche sono il documento più noioso che anno dopo anno viene pubblicato a Bruxelles. Quali sono allora le vostre proposte in seno alla commissione per i problemi economici e monetari per modernizzare questo strumento? Dov’è il vostro contributo per una discussione che abbia un senso?

Le riforme strutturali, sento dire. Giusto! L’Europa e i suoi Stati membri hanno bisogno di riforme strutturali. Sapete però benissimo che le riforme strutturali possono funzionare, possono generare più crescita e più occupazione solo se sono parte di una politica industriale attiva, di una politica attiva per le piccole e medie imprese, di una politica di bilancio commisurata alla nostra situazione economica. Guardando le vostre proposte, mi viene da piangere. Dovreste rileggere i vostri testi prima di adottarli, sarebbe molto utile!

Volete una riduzione generalizzata della pressione fiscale. Sarebbe meglio che discuteste con noi di una politica responsabile per le piccole e medie imprese, invece di mettere tutte queste sciocchezze nelle vostre relazioni. Volete che tutti abbiano un orario di lavoro più lungo. Perché allora non ci aiutate ad aumentare il tasso di occupazione, affinché più persone lavorino? L’Europa ne trarrà probabilmente vantaggio. Questo è il motivo per il quale potete sperare di ottenere il nostro accordo solo se voterete per emendamenti ragionevoli. Altrimenti non potremo approvare queste sciocchezze.

 
  
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  Bourlanges (ALDE).(FR) Signor Presidente, la politica economica dell’Unione europea si compone attualmente di tre elementi: un’ambizione platonica – la strategia di Lisbona; una restrizione disprezzata – il controllo della spesa pubblica; e una richiesta ignorata – il sostegno del potere d’acquisto.

La strategia di Lisbona è un’ambizione politica. Chi non sottoscriverebbe gli obiettivi fissati a Lisbona? Chi non sarebbe favorevole ad un’economia basata sulla conoscenza, a una formazione di migliore qualità, al progresso di ricerca e sviluppo e a una società innovativa? Chi non sarebbe a favore di questi obiettivi? Chi non riesce a capire, d’altra parte, che il termine “cooperazione aperta” è un’espressione priva di significato? La cooperazione aperta non è altro che la libera politica degli Stati che fissano di tanto in tanto appuntamenti immaginari con l’Unione europea, e il Consiglio, la Commissione e il Parlamento sono ridotti al ruolo di Istituzioni che si limitano ad esprimere commenti e disapprovazione. Non è così che vinceremo la partita.

Il controllo della spesa pubblica rappresenta una restrizione disprezzata. Dietro un ipotetico scontro tra keynesiani e liberisti sugli strumenti della politica economica a breve termine e l’uso della spesa pubblica, assistiamo da venticinque anni a una degenerazione della spesa pubblica che sfugge ad ogni controllo nonché ad un aggravamento sistematico in alcuni grandi paesi, in particolare dell’indebitamento, che di fatto impedisce ai nostri figli di essere padroni del loro futuro. E’ come la morte, ossia il passato, che si porta via la vita, ossia il futuro.

La Banca centrale europea (BCE) è in questo caso accusata ingiustamente. Che cosa le rimproveriamo? Tassi di interesse troppo alti, ma dopo la guerra non sono mai stati così bassi. La politica di un euro troppo forte, situazione che è stata evidentemente determinata dalle politiche americane di deficit sistematico e non dai presunti meriti degli europei. La verità è che la BCE non ha risorse sufficienti. Allora c’è il Patto di stabilità e di crescita che è uno strumento da riformare. Che cosa rimproveriamo al Patto di stabilità e di crescita? Di essere stupido e cattivo. Se è così, allora cerchiamo di renderlo meno stupido, pur mantenendo la sua natura vincolante.

Concludo, signor Presidente, ricordando una richiesta ignorata – il sostegno del potere d’acquisto. Chi non si rende conto che siamo attualmente in un sistema nel quale i lavoratori dipendenti hanno sempre meno denaro e potere d’acquisto rispetto agli azionisti? I rimedi potenzialmente esistono, come per esempio l’azionariato diffuso, la riduzione delle imposte per i lavoratori, ma sono ignorati.

Il mio timore, signor Presidente, è che le Istituzioni e l’Unione europea siano ridotti ad essere il coro di una tragedia classica i cui soli veri attori sono i governi nazionali.

 
  
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  Guerreiro (GUE/NGL).(PT) Alla luce della realtà del deterioramento della situazione economica e sociale nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, il Patto di stabilità e di crescita viene finalmente messo in discussione, anche se tardi, e solo quando Francia e Germania non lo hanno rispettato. Ma meglio tardi che mai.

Purtroppo, le prospettive definite per il Consiglio ECOFIN dell’8 marzo avranno fondamentalmente lo stesso significato, quando saranno attuate. La cosiddetta applicazione flessibile del Patto di stabilità e di crescita dipenderebbe dalla maggiore o minore capacità di un paese di mettere a rischio la sicurezza sociale pubblica, i sistemi pensionistici e la sanità e, come alcuni hanno rilevato, le riforme dell’amministrazione pubblica. In altri termini, più uno Stato membro attua politiche e obiettivi sanciti dalla strategia di Lisbona, che consideriamo estremamente onerosa, maggiore sarà la sua flessibilità nell’attuare il Patto di stabilità, e questo sarebbe inaccettabile.

 
  
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  Janowski (UEN).(PL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non riuscirò ad esaminare il tema in modo approfondito nel poco tempo di cui dispongo, pertanto mi limiterò ad evidenziare alcuni argomenti.

Primo, il denaro e l’energia sprecati in una burocrazia eccessiva e troppo spesso assurda costituiscono un chiaro limite per lo sviluppo economico dell’Unione europea. Secondo, dovrebbe essere condotto uno studio approfondito sui sistemi fiscali negli Stati membri, e uno degli obiettivi di questo esercizio dovrebbe essere quello di scoprire se il regime IVA attualmente in vigore sia la soluzione migliore. Ci potrebbero essere altre imposte più efficaci e del resto l’esperienza ci ha insegnato che è così. Terzo, deve essere svolta un’analisi sistematica della situazione economica dell’Unione europea nel suo insieme e dei singoli Stati membri ogni tre o quattro anni, con un feedback, sia per individuare i progressi realizzati che per consentire di reagire con sufficiente rapidità a qualsiasi problema. Quarto, c’è una grave carenza di finanziamenti per la ricerca volta a promuovere lo sviluppo economico.

Desidero infine passare ad un tema che non è stato ancora affrontato. Tutto questo intenso dibattito economico e tutti i brillantissimi programmi proposti che hanno suscitato tali preoccupazioni non saranno che vane parole, a meno che non vengano compiuti passi concreti per impedire l’imminente disastro demografico nell’Unione europea. Le mie non sono vuote minacce. I deputati di questo Parlamento non hanno che da decidersi a guardare le statistiche demografiche. Sebbene non siano di facile lettura, non è possibile fraintendere il monito che contengono. Mentre oggi per ogni pensionato ci sono quattro persone in età lavorativa, tra 30 anni, queste quattro persone saranno diventate due, e ci si chiede se la situazione sarà sostenibile. Non dovremmo dimenticare che la famiglia, che comprende sia genitori che figli, è l’unità economica di base. Il Premio Nobel 1992 Gary Becker è arrivato fino a dire che la famiglia, e il lavoro svolto all’interno della famiglia, rappresentano addirittura il 30 per cento del reddito nazionale. L’economista francese Jean-Didier Lecaillon ha espresso commenti simili e potrei citare esempi di altri, in particolare di Giovanni Paolo II, la cui voce ha un peso speciale. Charles de Gaulle è considerato da tutti un vero statista, ed era assolutamente serio quando disse che chi è povero non ha altra scelta, se non quella di investire nella famiglia. Sapere aude Europa. Grazie.

 
  
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  Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, la relazione fornisce numerose proposte volte a colmare le lacune che si sono create quando è stata elaborata la Strategia di Lisbona. Desidero in modo specifico esprimere il mio apprezzamento per il paragrafo 7 della relazione che sottolinea il ruolo cruciale delle piccole e medie imprese (PMI) nella creazione di posti di lavoro e di benessere in generale. E’ fondamentale creare un ambiente che rafforzi lo spirito d’impresa tra i giovani, un ambiente nel quale il fardello amministrativo e fiscale siano sostanzialmente alleggeriti e nel quale le PMI abbiamo un più facile accesso ai capitali di rischio. Devo anche costatare che la relazione non dice nemmeno una parola sul Libro verde della Commissione sull’immigrazione economica; pazienza, visto anche l’attuale livello di disoccupazione. La richiesta della Commissione di accettare e incoraggiare nuova immigrazione è miope, controproducente, ma anche totalmente fuori luogo, anche se la Commissione fa riferimento agli obiettivi di Lisbona per presentare tale proposta.

 
  
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  Lulling (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, i miei colleghi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa e del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei saranno certamente lieti di sapere, vista la natura di questo dibattito, che l’onorevole Goebbels si è espresso sulla stampa lussemburghese affermando che i loro emendamenti adottati in commissione riflettevano “la natura fondamentalmente reazionaria e neoliberista di questi due gruppi al Parlamento”. La rozzezza delle sue parole ha sicuramente qualcosa di ridicolo: lascia intendere che quest’Assemblea è costituita, a dir poco, da reazionari intransigenti. Eppure c’è anche motivo di preoccuparsi per queste parole. In quest’Aula, il gruppo socialista coltiva volutamente una certa ambiguità in materia di principi di politica economica, e con i socialisti, questa ambiguità si trasforma in vera e propria avversione.

Personalmente, non penso che sia superfluo sottolineare in questo dibattito che le condizioni per una crescita sana e sostenibile sono create da finanze pubbliche sane e da prelievi obbligatori ragionevoli. La stabilità non è un ostacolo alla crescita, ne è la premessa.

Noi da parte nostra non soccomberemo alla stessa debolezza per cecità ideologica. Noi diamo prova di molto più pragmatismo. Ci sono situazioni in cui si rivelano necessarie politiche più interventiste per rilanciare l’economia, ma non è questo il punto. La situazione in cui si trova attualmente l’Europa non ha molto a che vedere con questo schema. Avendo scoperto un po’ troppo tardi il keynesianesimo, l’onorevole Goebbels vorrebbe metterlo in tutte le ricette e in tutte le salse, anche quando non richiesto. L’aumento dei deficit di bilancio supplementari non risolve i nostri problemi attuali. Se così fosse, i paesi noti per il loro lassismo finanziario e di bilancio sarebbero stati eretti a modello già da tempo.

Infine, non è un crimine dire che gli europei hanno il dovere di lavorare di più e meglio, per garantire il loro livello di vita a fronte della concorrenza mondiale, onorevole Bullmann. La natura esemplare delle 35 ore alla francese è più eloquente di qualsiasi lungo discorso al riguardo. L’onorevole Goebbels ha naturalmente esposto alcune buone idee nella sua relazione – come quella di favorire certi tipi di investimento nei servizi sociali o nello sviluppo sostenibile – ma sembra poco a suo agio con l’elemento fondamentale della questione, ossia che l’efficienza economica obbedisce evidentemente a regole ben definite e che è pericoloso ignorarle.

 
  
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  Andersson (PSE).(SV) Signor Presidente, in primo luogo desidero esprimere il mio grande rammarico per il fatto che il rappresentante del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei abbia abbandonato la discussione. Credo che la proposta alla quale è pervenuta la commissione sia inaccettabile per noi socialdemocratici, per tre ragioni.

Primo, non è necessario alcun aumento dell’orario di lavoro. Abbiamo bisogno di un aumento del numero delle persone che lavorano, e non di un aumento generale dell’orario di lavoro. Secondo, una riduzione generalizzata delle imposte in Europa non risolverebbe i problemi. Come è possibile che i paesi nordici, che hanno la pressione fiscale più elevata, abbiano anche i tassi di crescita più elevati nell’Unione europea? Questo sembra indicare che il gruppo PPE-DE è completamente fuori strada. Terzo, abbiamo bisogno di equilibrio nel processo di Lisbona. Coloro che hanno presentato la proposta, nella sua forma attuale, sono anche peggio della Commissione poiché, in generale, pongono l’accento solo sul primo pilastro del processo di Lisbona, mentre occorre reciprocità tra i pilastri.

Sono d’accordo, le riforme strutturali sono necessarie, ma la cosa più importante è che la responsabilità sociale sia accettata e che siano coinvolte entrambe le parti del settore interessato. L’onorevole Hökmark viene dalla Svezia, dove il suo partito sta attualmente avvicinandosi ai socialdemocratici. Nel dibattito nazionale, il suo partito non parla di riduzione delle imposte o di aumento dell’orario di lavoro. Però lo fa qui.

La Svezia nel dopoguerra ha condotto una politica economica di grande successo, con un’unica eccezione nel periodo 1991-1994. A quell’epoca, l’onorevole Hökmark era tra gli esponenti della politica svedese. Sarebbe deplorevole se il gruppo PPE-DE adottasse questa politica neoliberista e la facesse propria. Il risultato sarebbe l’antagonismo politico. Noi socialdemocratici vogliamo una politica equilibrata e non neoliberista. La politica neoliberista non risolverà i problemi europei.

 
  
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  Czarnecki, Ryszard (NI).(PL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è la prima volta che ci troviamo di fronte ad una situazione nella quale la maggioranza degli Stati membri, 13 su 25, è fuori e non dentro la zona euro. Anche i tassi di interesse in Europa hanno raggiunto il livello più basso dalla Seconda guerra mondiale, e tuttavia questo non incentiva in alcun modo gli investimenti. Dobbiamo riconoscere che la zona euro registra una crescita economica lenta. Sappiamo già che il consumo interno rimarrà basso per i prossimi due anni, e questo vale per l’Unione europea nel suo insieme. Allo stesso tempo, dopo l’allargamento c’è stato un vero e proprio lievitare delle aspirazioni economiche dei cittadini, e in particolare di quelli dei nuovi Stati membri, come il mio, la Polonia. Queste aspirazioni non vanno d’accordo con una situazione economica insoddisfacente nella quale è impossibile fare fronte alle aspettative dei consumatori. In termini politici, questo può causare con il tempo un aumento dell’euroscetticismo, reso ancor più probabile dal fatto che tutte le proiezioni, comprese quelle citate nella relazione dell’onorevole Goebbels, indicano che i livelli di disoccupazione nel futuro immediato rimarranno elevati.

I cittadini dell’Unione europea si aspettano la crescita economica reale che è stata loro ripetutamente promessa negli ultimi anni, per esempio in occasione dei Consigli europei. I cittadini europei si aspettano anche giustizia e parità di trattamento per tutti gli Stati membri. Condonando elevati deficit di bilancio in paesi come Germania e Francia, ma intervenendo pesantemente su altri paesi più poveri e più deboli, se osano avere un deficit, l’Unione europea sta mettendo in pratica un’idea che conosciamo dal romanzo “La Fattoria degli animali” di Orwell, ossia che tutti gli uomini sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri. E questo non contribuisce certo a rafforzare l’autorità dell’Unione europea agli occhi degli altri Stati membri. In breve, è uno scandalo.

 
  
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  Kauppi (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, desidero iniziare ringraziando i miei colleghi, onorevoli Goebbels e Karas, per il lavoro svolto per preparare le relazioni sulle finanze pubbliche.

Come sappiamo, la crescita nell’Unione europea non è stata così positiva come ci aspettavamo. La riduzione della quota del PIL destinata ad investimenti privati e pubblici rispetto agli anni ’70 è drastica, come è stato detto dal nostro collega, onorevole Karas. In ragione della mancanza di riforme strutturali e del basso livello degli investimenti, la crescita del PIL non è soddisfacente. Non possiamo tuttavia fare affidamento solo sugli investimenti pubblici per stimolare la crescita: dobbiamo fornire incentivi per stimolare gli investimenti privati, che sono la vera fonte di crescita sostenibile in Europa.

Al centro di questo dibattito si situa il futuro del Patto di stabilità e di crescita. L’obiettivo del Patto era quello di portare i bilanci degli Stati membri in una posizione di pareggio o eccedentaria entro il 2003. Il presupposto di base era che gli Stati membri estinguessero i propri debiti nei periodi di congiuntura favorevole e assicurassero, attraverso la riforma delle strutture del settore pubblico, di poter conseguire una posizione di pareggio di bilancio anche nei periodi difficili. Non è tuttavia semplice, per noi politici, astenerci dall’accrescere la spesa nelle congiunture positive. Sfortunatamente questo si riflette negli scarsi risultati di molti Stati membri rispetto al Patto.

Sono una convinta sostenitrice del Patto. Gli Stati membri che hanno fatto la loro parte e hanno tenuto sotto controllo le loro finanze pubbliche – soprattutto il mio paese, la Finlandia – si trovano a pagare le conseguenze dell’irresponsabilità di quegli Stati che semplicemente non si preoccupano! Purtroppo sembra ora inevitabile l’introduzione nel Patto di alcuni elementi di flessibilità. Dovremmo tuttavia cercare di evitare di indebolire il Patto.

Tre elementi dovrebbero essere tenuti a mente. Primo, le regole dovrebbero essere le stesse per tutti gli Stati membri e i criteri dovrebbero essere obiettivi. Secondo, nessuna spesa, come gli investimenti pubblici o i finanziamenti per la ricerca, dovrebbe essere automaticamente esclusa dalla spesa pubblica: queste deroghe darebbero agli Stati membri la possibilità di interpretarle in modo molto innovativo. Terzo, la flessibilità concessa agli Stati membri dovrebbe essere legata a riforme attuate nei periodi di congiuntura favorevole. E’ più che giusto che gli Stati membri che hanno pagato i propri debiti e hanno ridotto i loro deficit abbiano un po’ di flessibilità, ma quelli che non hanno fatto nulla non dovrebbero ottenere altro margine di manovra.

Spero che il buon senso prevalga e che il Patto di stabilità e di crescita rimanga; e, se ci devono essere delle modifiche, facciamo almeno in modo che vadano in un senso favorevole.

(Applausi)

 
  
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  Rosati (PSE).(PL) Signor Presidente, le modifiche proposte al Patto di stabilità e di crescita sono studiate per rendere più flessibili e concrete le regole fiscali nell’Unione europea, pur mantenendo il principio fondamentale della disciplina di bilancio. Credo che queste modifiche siano un passo nella giusta direzione, desidero tuttavia rilevare tre aspetti correlati.

Primo, le proposte della Commissione si concentrano soprattutto sul deficit di bilancio corrente, annettendo un’importanza minore al debito pubblico. Credo che si dovrebbe fare il contrario, poiché il fattore più importante e decisivo per la stabilità a lungo termine è l’entità del debito in relazione al prodotto nazionale lordo, e non il deficit di un dato anno. Questo significa che dovrebbero essere stabiliti limiti di disavanzo più rigorosi per paesi con livelli di indebitamento molto elevati rispetto a quelli con livelli di indebitamento contenuti. Questi ultimi si possono permettere di accumulare un deficit più elevato a breve termine, e non dovrebbero essere puniti per aver rispettato le regole in passato. I livelli di indebitamento dovrebbero pertanto essere un criterio più importante del deficit corrente.

Secondo, il metodo utilizzato per calcolare i deficit deve tenere conto della situazione specifica dei nuovi Stati membri che hanno intrapreso il difficile compito di riformare i loro sistemi pensionistici. In questi paesi, le spese legate alle riforme sono temporaneamente cresciute poiché è necessario sia finanziare le pensioni attuali sia creare fondi pensione per le generazioni future. Queste spese non dovrebbero essere considerate spese pubbliche correnti ai fini del Patto di stabilità e di crescita, poiché non aumentano la domanda corrente, ma contribuiscono invece al risparmio nazionale. I nuovi Stati membri non dovrebbero essere puniti per aver messo in atto riforme strutturali difficili.

Terzo, vorrei suggerire al Commissario di riflettere sulla possibilità di escludere le spese legate ai pagamenti al bilancio dell’Unione, quando saranno definiti i principi per il calcolo dei disavanzi ai fini del Patto di stabilità e di crescita. Benché sia vero che queste spese incrementano la domanda in tutta l’Unione europea, esse contribuiscono anche ad applicare il principio fondamentale della solidarietà. Una soluzione di questo tipo potrebbe anche facilitare il raggiungimento di un compromesso sul volume del bilancio dell’Unione europea per il periodo 2007-2013. Segnalo che una delle ragioni per cui certi Stati membri chiedono un bilancio “ridotto” è che questi Stati sono contribuenti netti al bilancio dell’Unione europea. Molte grazie.

 
  
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  Samaras (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, stiamo parlando di competitività, ma la competitività è direttamente collegata ai tassi di cambio. Abbiamo permesso all’euro di essere sopravvalutato rispetto al dollaro. L’euro è passato da 0,84 a 1,30, con gravi danni per la nostra competitività.

La Banca centrale ha sostanzialmente sacrificato la competitività, settore nel quale abbiamo gravi ritardi, per rafforzare la stabilità, settore nel quale i nostri risultati sono buoni. In altri termini, abbiamo protetto il nostro punto di forza, lasciando invece scoperto il nostro punto debole. Così, l’euro caro ha esacerbato la recessione. La recessione ha ridotto la propensione delle imprese ad assumersi rischi di investimento e ad innovare. In altri termini, a che cosa serve la strategia di Lisbona? Guardate quello che stanno facendo americani, russi, cinesi e indiani. Mentre tutti i nostri concorrenti si concentrano su competitività e crescita, noi ci concentriamo sugli sprechi e sui debiti. Tutti questi paesi realizzano profitti superiori ai nostri, mentre noi stiamo affondando in una recessione cronica. Dovremmo forse cominciare a mettere in discussione il nostro mix di politica economica? Fino a quando verrà mantenuto il mix attuale, la strategia di Lisbona e il Patto di stabilità saranno sempre più incompatibili tra di loro. Mantenete la strategia di Lisbona, ma fate in modo che anche la politica monetaria applicata dalla Banca centrale dia un contributo. Mantenete il Patto di stabilità, a condizione che l’accento sia sulla restrizione delle spese, e non sull’aumento delle entrate.

La Banca centrale europea deve allentare la politica monetaria in modo che gli Stati membri possano rinforzare la loro politica in materia di finanze pubbliche, soprattutto per quanto riguarda il fronte delle spese. A questo punto, quello che una domanda attiva porta a perdere a livello di spesa pubblica, lo recupererà grazie all’aumento delle esportazioni, inoltre dovremo evitare di aumentare le imposte. E’ un mix politico che combina prudenza e crescita ma, se vogliamo realizzarlo, anche la Banca centrale deve collaborare. Naturalmente dobbiamo agire con prudenza, ma la prudenza è una cosa e l’inflessibilità un’altra. Fino a quando confonderemo prudenza ed inflessibilità, non avremo né prudenza, né crescita, né competitività.

 
  
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  Bersani (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi riferisco alla relazione Goebbels, per congratularmi con l’onorevole collega dell’ottima impostazione data al suo lavoro, incentrato sull’equilibrio tra le evidenti esigenze di rinnovamento delle politiche economiche e di crescita in Europa e gli obiettivi e le condizioni della stabilità. Tuttavia, nel corso della discussione, questo equilibrio è stato compromesso e potrà essere ristabilito solo se ci dimostreremo ragionevoli, come richiesto poc’anzi dall’onorevole Lulling.

Non è ragionevole approvare una relazione che non affronti l’esigenza di un maggiore coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e non si può ritenere che un’affermazione del genere non sia rispettosa dell’autonomia delle autorità monetarie. Non è ragionevole approvare una relazione che non faccia alcun riferimento alla riforma del Patto di stabilità e del suo rapporto con gli obiettivi di Lisbona mentre si sta palesemente procedendo verso un accordo. Non è ragionevole affermare che la riduzione generalizzata della pressione fiscale è decisiva per la competitività, visti gli ottimi risultati sia di paesi ad alta pressione fiscale che di quelli a bassa pressione fiscale.

In ogni caso, mi chiedo se davvero il Parlamento europeo debba dare indicazioni per un generale e generico abbassamento delle tasse, considerato che oggi nessuno Stato membro riterrebbe credibile una simile proposta. Allo stesso modo, nessuno si sentirebbe di affermare ragionevolmente che un generale e generico aumento delle ore di lavoro sarebbe proponibile e decisivo. Mantenere troppo strettamente legate la liberalizzazione e qualificazione dei servizi con la loro privatizzazione rischia solo di aumentare le resistenze ad ogni processo di apertura del mercato.

In conclusione, ritengo che il documento contenga indicazioni importanti e sia frutto di un buon lavoro ma anche che occorra ristabilire l’equilibrio delle posizioni su taluni punti, rinunciando ad esigenze ideologiche e dando così un utile contributo alla discussione sull’economia oggi in atto in tutta Europa.

 
  
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  Mann, Thomas (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, gli Stati membri si sono impegnati a portare i loro bilanci in una posizione prossima al pareggio o eccedentaria. E’ un impegno previsto dal Patto di stabilità e di crescita, che paesi come la Germania non hanno rispettato, accumulando deficit. Sebbene tali paesi adducano come giustificazione i loro problemi ciclici, non sono riusciti ad attuare le riforme strutturali necessarie.

I contenuti dell’accordo che l’allora ministro delle Finanze tedesco, Theo Waigel, aveva ottenuto nel 1997, nell’interesse dell’Europa, erano una garanzia seria di prezzi stabili, disciplina di bilancio e capacità di reagire ai cambiamenti strutturali, come per esempio la necessità di finanziare una società sempre più vecchia. Non era parte di una politica neoliberista della sinistra, ma era negli interessi dei lavoratori.

La Presidenza lussemburghese ha annunciato una modifica del Patto, un compito non semplice. Berlino vuole abolire la procedura relativa ai disavanzi eccessivi, mentre i paesi più piccoli della zona euro, che hanno svolto diligentemente il compito loro assegnato, insistono giustamente sul fatto che il Patto dovrebbe essere rispettato alla lettera.

Jean-Claude Juncker ha detto alla commissione per i problemi economici e monetari che è fuori discussione qualsiasi modifica della soglia del 3 per cento e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi. Anch’io sono favorevole al mantenimento da parte della Commissione europea delle sue competenze in questo settore, dall’invio delle “lettere blu” fino all’inflizione di ammende. Purtroppo tuttavia, lei ha annunciato “un’interpretazione intelligente” del Patto. Ma ciò non costituisce alla fine dei conti un indebolimento?

Lei ha detto giustamente, che la Grecia deve essere chiamata a dare spiegazioni se presenterà nuovamente dati falsificati. La prego di correggermi se sbaglio, ma, poco dopo, ha fatto credere ai tedeschi che potrebbero considerare le spese per la ricostruzione dell’est come un onere particolare che potrebbe essere escluso dai calcoli. A quel punto altri paesi hanno detto che anche i loro investimenti per l’istruzione, per l’esercito o le infrastrutture dovrebbero essere esclusi. Una volta entrati così nella sfera della contabilità creativa, tanto vale buttare nel cestino il Patto. State solo facendo acrobazie con i numeri senza dare alcuna garanzia ai cittadini europei.

Appoggio l’ottima relazione del collega, onorevole Karas; non dobbiamo giocare con la fiducia nell’euro.

 
  
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  Rasmussen (PSE).(DA) Signor Presidente, l’onorevole Goebbels e la commissione hanno presentato una relazione molto costruttiva. Desidero anche ringraziare il Commissario Almunia per il ponderato intervento e per il suo impegno in vista della riforma del Patto di stabilità e di crescita, come è stata presentata.

Il mio intervento di oggi al Parlamento si concentrerà su due dei problemi principali per l’Europa. I conservatori e i liberali qui al Parlamento concentrano l’attenzione sulle riforme strutturali – in merito alle quali vorrei dire che siamo disposti a negoziare – non solo al Parlamento europeo, ma anche nei nostri Stati. Il gruppo socialista al Parlamento europeo, di cui sono presidente, non è contrario alle riforme. Vogliamo però le riforme giuste. Aggiungo un’altra cosa: tra i problemi principali dell’Europa non c’è la necessità di procedere a riforme strutturali; il suo secondo grande problema è costituito dal fatto che la domanda nei nostri paesi è troppo bassa.

Rivolgo un appello sincero e urgente ai leader dei partiti europei di centro-destra. La mia esperienza personale come Primo Ministro e la mia esperienza come presidente di partito in Europa, m’insegnano che non otterremo il sostegno dei nostri cittadini per le riforme, se allo stesso tempo nelle nostre società non creiamo domanda e crescita. In altri termini: non può esserci nessuna riforma di successo senza crescita economica e nessuna crescita economica sostenibile senza riforme. Per questo rivolgo un appello urgente perché sia introdotta la dimensione europea. Che cosa è la dimensione europea? La vera dimensione europea prevede che noi impariamo a fare contemporaneamente più cose. La domanda sul mercato interno è scarsa ed è un problema al quale possiamo porre rimedio simultaneamente, se tutti i ministri delle Finanze, insieme al Commissario Almunia, decidono di investire negli obiettivi di Lisbona nei prossimi quattro anni. In questo modo, dovremmo realizzare quella crescita in più di cui abbiamo bisogno. Noi lo abbiamo dimostrato e sarebbe splendido se anche i partiti di centro-destra del Parlamento capissero che dobbiamo investire e attuare le riforme e che dobbiamo farlo contemporaneamente.

 
  
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  Montoro Romero (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, sono d’accordo con le analisi espresse in quest’Aula stamani che insistono sul fatto che l’Europa ha bisogno di più crescita e più occupazione.

Più crescita per affrontare le sfide alle quali noi europei siamo confrontati: la sfida dell’allargamento, la sfida della creazione di posti di lavoro per donne e giovani. Più crescita affinché l’Europa possa essere, come merita, protagonista nell’economia mondiale, perché, altrimenti, l’economia mondiale non avrà una crescita equilibrata. Come ha appena sottolineato l’onorevole Rasmussen, questo significa che i consumatori e gli investitori europei hanno bisogno di più fiducia, hanno bisogno di politiche di fiducia, in definitiva, politiche sulle quali basare i loro consumi e le loro decisioni di investimento. A sua volta, questa fiducia esige finanze pubbliche sane ed equilibrio di bilancio. Equilibrio di bilancio significa meno imposte per i lavoratori e per le piccole e medie imprese, meno tasse per competere con maggiore successo nell’economia mondiale globalizzata.

Rendere più flessibile il Patto di stabilità sarebbe un grave errore e, Commissario Almunia, l’immagine che la stampa sta dando dei dibattiti del Consiglio ECOFIN non ispira certo fiducia; lo scontro tra i governi europei in merito alla promozione della flessibilità del Patto di stabilità invia un messaggio negativo in termini di fiducia dei mercati. Insieme ad un solido Patto di stabilità, abbiamo bisogno di riforme strutturali. Abbiamo bisogno di un’economia più flessibile, in definitiva un’economia che non vada bene solo per i pochi, ma un’economia equilibrata che sostiene la nostra crescita sulla base di flessibilità e competitività.

 
  
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  Langen (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, l’onorevole Rasmussen ha detto che le riforme senza crescita economica non sono possibili. E’ vero anche il contrario: la crescita economica in Europa non è possibile senza riforme. In particolare in Germania e in Francia, Stati di primo piano, caratterizzati da un tasso di contributo statale al PIL eccessivamente alto, imposte elevate, sistemi sociali troppo complessi, le riforme sono una premessa fondamentale per la crescita economica.

Oggi stiamo discutendo le relazioni Goebbels e Karas, nelle quali emergono con grande chiarezza le difficoltà cui siamo confrontati, con una politica monetaria comune e politiche di bilancio e finanziarie decentrate. Il Patto di stabilità e di crescita è stato creato come meccanismo di collegamento e come premessa necessaria. L’intenzione politica di riformare il Patto di stabilità e di crescita scuoterà le fondamenta stesse del Trattato di Maastricht e dell’Unione economica e monetaria. Le regole di politica di bilancio sono tra le pietre angolari dell’Unione economica e monetaria. Ai cittadini europei era stato promesso che sarebbe stato ridotto il debito pubblico, promessa alla quale si viene meno dopo soli 6 anni. L’obiettivo di queste regole è quello di mantenere in qualsiasi momento credibilità e fiducia indipendentemente dal governo in carica. C’è tuttavia un grave difetto di progettazione nel Patto di stabilità e di crescita, un errore che lei, signor Commissario, ancora una volta non si è preoccupato di commentare.

Per quanto riguarda la procedura di controllo, la Commissione non ha abbastanza competenze e responsabilità. I colpevoli giudicano se stessi, il che non è buon segno. Se il Consiglio ECOFIN non applica le regole a se stesso, la Commissione è impotente. Se non c’è la volontà di applicare la disciplina di bilancio, nemmeno le riforme potranno essere utili. Non è solo una questione di regole, ma anche di volontà politica. La Commissione vuole introdurre nuove regole per i periodi di congiuntura favorevole. Questo approccio può essere giustificato, ma è ingenuo. Se i mezzi esistenti per esercitare pressione non funzionano, come possiamo aspettarci che il sistema funzioni volontariamente quando la congiuntura è favorevole?

I socialdemocratici e i comunisti non sono riusciti a capire i cambiamenti prodotti dall’euro. Prima dell’entrata in vigore dell’euro, il mercato puniva gli Stati che avevano un livello di indebitamento molto elevato in modo chiaro e facilmente comprensibile, con interessi elevati per il debito pubblico, con tassi di inflazione più elevati e con la svalutazione. Fino al 1992 c’erano differenze di sei punti percentuali.

(Commenti)

Ascoltate per favore! Sapete che ho ragione. Sei punti percentuali! Questa differenza non c’è più. Non ci sono più forze di mercato che obbligano gli Stati a rispettare la disciplina finanziaria. A meno che la BCE non affronti il problema con un sistema di valutazione differenziata dei debiti pubblici, l’euro non rimarrà stabile a lungo termine.

 
  
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  Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli onorevoli deputati che sono intervenuti per i loro contributi al dibattito che ho trovato molto interessante.

Per concludere, vorrei ripetere l’analisi della Commissione. A varie riprese, nel corso del dibattito, sono stati attribuiti alla Commissione pensieri con i quali né io né la Commissione siamo d’accordo.

La Commissione ed io crediamo che la principale sfida in vista dell’aumento della crescita nell’Unione europea e nella zona euro consista nell’incrementare il potenziale di crescita. Questo richiede riforme strutturali come quelle proposte dalla Commissione nella sua comunicazione sulla revisione e sulla rivatilizzazione della strategia di Lisbona.

Se non aumentiamo il potenziale di crescita, la sostenibilità a medio e lungo termine della nostra economia e del nostro modello sociale non sarà possibile e la stabilità di bilancio e la stabilità macroeconomica a breve termine saranno messe in grave pericolo dall’assenza di crescita. Pertanto, questa è la nostra analisi e, su tale base, la politica macroeconomica, come afferma la relazione Kok – e su questo punto sono assolutamente d’accordo – deve sostenere una strategia di riforme strutturali che aumenti il potenziale di crescita per sostenere tale crescita e per impedire che la mancanza di liquidità, di finanziamenti e di domanda compromettano la nostra capacità di beneficiare di tutte le opportunità di crescita che abbiamo creato grazie alle riforme.

La Commissione ritiene che il successo della rivitalizzazione della strategia di Lisbona sia una priorità e a tale fine abbiamo proposto dieci priorità e abbiamo pensato a come migliorare la capacità di ogni Stato membro di mettere in atto la strategia di Lisbona in funzione della propria situazione specifica, in modo che possiamo realizzare gli obiettivi sui quali siamo tutti d’accordo in tutti gli Stati e nell’Unione europea. Tali obiettivi non sono stati indeboliti nella comunicazione della Commissione, e sono stati confermati proprio come erano stati definiti cinque anni fa.

In merito al Patto di stabilità, signor Presidente, vorrei fornire qualche chiarimento. Credo che dovremmo cercare di capire che cosa sta accadendo in queste settimane, durante le quali il Consiglio, con il sostegno della Commissione, grazie all’eccellente cooperazione con la Presidenza lussemburghese, sta cercando di pervenire ad un accordo per migliorare le modalità di applicazione pratica dei meccanismi della nostra disciplina di bilancio e per garantire che gli obiettivi perseguiti dal Trattato, quando definisce la stabilità di bilancio come una delle condizioni dell’Unione economica e monetaria, diventino una realtà più positiva e chiara di quanto lo siano al momento.

Che cosa stiamo facendo? Primo, stiamo ribadendo il nostro impegno chiaro e fermo rispetto ai valori di riferimento stabiliti dal Trattato. Il 3 per cento è sancito dal Trattato e la Commissione farà in modo che tale valore di riferimento sia rispettato. Desidero chiarire ancora una volta, e continuerò a farlo ogniqualvolta sarà necessario, che né la proposta della Commissione né l’attuale posizione unanime di tutti i ministri del Consiglio ECOFIN, propongono di escludere alcuna categoria di spesa dal calcolo del deficit. Stiamo invece cercando di individuare, conformemente con l’articolo 104 del Trattato, i fattori rilevanti di cui tenere conto nell’analisi dei motivi all’origine di un disavanzo eccessivo e le misure da intraprendere per ripristinare una situazione di equilibrio, la sostenibilità delle finanze pubbliche, per portare il livello del disavanzo al di sotto del valore di riferimento.

E’ possibile distinguere, proprio come stiamo facendo in questo dibattito, tra la possibilità di non escludere alcuna categoria di spesa e allo stesso tempo quella di tenere conto dei fattori economici, della composizione della spesa pubblica, della situazione del ciclo, delle riforme strutturali in corso, per verificare come viene applicata la parte preventiva del Patto, qual è la situazione delle finanze pubbliche in termini di equilibrio a medio e lunghissimo termine oppure, nell’ambito della procedura relativa ai disavanzi eccessivi, quali raccomandazioni sono realmente efficaci per consentire ad un paese che si trovi in una situazione di disavanzo eccessivo di ripristinare una posizione di pareggio del bilancio. A tale fine, è estremamente importante, e questo è il secondo elemento fondamentale nella nostra discussione, evitare un’applicazione del Patto, sia nella parte preventiva che in quella correttiva della procedura relativa ai disavanzi eccessivi, che determini nella pratica politiche procicliche.

Uno dei motivi più ovvi per i quali certi paesi hanno violato la regola del 3 per cento del deficit è che, nei periodi di congiuntura favorevole del loro ciclo economico, non hanno applicato politiche procicliche, non hanno consolidato in misura sufficiente le loro finanze pubbliche, e ci sono strumenti nel Trattato che devono essere utilizzati in modo più efficace, come gli early warning, gli avvertimenti preventivi, che la Costituzione potenzia e attribuisce direttamente alla Commissione. Inoltre, ogni Stato membro deve definire regole nazionali che integrino la peer pressure esercitata su chi delibera a livello nazionale sulla composizione del reddito e sulla spesa di bilancio e quindi sul deficit di bilancio di ogni Stato membro che, vi ricordo, è ancora un tema di competenza nazionale, sebbene, come ha detto l’onorevole Berès, il risultato combinato di tali decisioni nazionali in materia di politica di bilancio abbia un interesse comune, poiché facciamo parte di un’Unione economica e monetaria.

Per quanto riguarda la procedura relativa ai disavanzi eccessivi, e questo è il punto più complesso del nostro dibattito, stiamo discutendo di come dovrebbe essere lanciata tale procedura. Ripeterò la nostra posizione: non sarà esclusa alcuna spesa dal calcolo del livello del deficit. Ma se andate a rileggere l’articolo 104 del Trattato, vedrete che, una volta che la Commissione ha informato il Consiglio del fatto che un certo paese è, a suo parere, in una situazione di disavanzo eccessivo, il Consiglio ha pieni poteri, a seguito di una valutazione globale – articolo 104, paragrafo 6, del Trattato – di decidere “se esiste un disavanzo eccessivo”.

Stiamo cercando di fare in modo che i criteri utilizzati dalla Commissione quando informa il Consiglio che un paese è in una situazione di disavanzo eccessivo coincidano con i criteri utilizzati poi dal Consiglio, per evitare altri conflitti simili a quelli che si sono verificati in passato. In tal modo, nel pieno rispetto delle funzioni e delle competenze della Commissione – e la Commissione non rinuncerà ad alcuna delle competenze attribuitele dal Trattato – e anche di quelle del Consiglio – che nemmeno da parte sua rinuncerà ad alcuna delle competenze attribuitegli dal Trattato –, nel contesto di tale rapporto, di tale cooperazione, non ci saranno scontri che paralizzino la procedura, portando a conflitti come quelli emersi solo un anno fa.

La governance è molto importante. E’ molto importante che ci siano regole nazionali che integrino gli sforzi di responsabilizzazione e coinvolgimento degli Stati membri volti a fare proprie le regole comuni di disciplina di bilancio. E’ molto importante che ci siano statistiche chiare, affidabili e precise, come abbiamo visto recentemente. E’ molto importante che ci sia cooperazione tra le due Istituzioni, Consiglio e Commissione, ed è molto importante che in Parlamento si trovi sostegno e si sviluppi un dibattito come quello odierno, e sicuramente ci saranno altri dibattiti di questa natura in futuro.

E’ essenziale giungere ad un accordo. Avete citato, e condivido questa preoccupazione, la credibilità dell’Unione economica e monetaria e, in particolare, la credibilità della nostra moneta unica sui mercati. I mercati non capiranno un eventuale mancato accordo al Consiglio europeo di marzo, e ognuno di noi, ciascuno in funzione delle proprie rispettive responsabilità, deve fare tutto il possibile per garantire che l’accordo sia concluso e pubblicato il 23 marzo nelle conclusioni del Consiglio europeo. Da parte sua, la Commissione farà quanto in suo potere in tal senso.

Concluderò esprimendo apprezzamento per l’eccellente cooperazione con la Presidenza del Consiglio, fermamente impegnata a raggiungere questo risultato positivo.

 
  
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  Presidente. – La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi, alle 12.00.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS ROCA
Vicepresidente

 

5. “Capitale europea della cultura” per gli anni dal 2005 al 2019
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura, sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un’azione comunitaria a favore della manifestazione “Capitale europea della cultura” per gli anni dal 2005 al 2019.

 
  
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  Prets (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, il 13 giugno 1985, circa venti anni or sono, su iniziativa dell’allora ministro greco della Cultura, Melina Mercouri, venne sottoposta al Consiglio “Cultura” e adottata con una risoluzione, l’idea di una capitale della cultura europea. L’obiettivo perseguito da Melina Mercouri era rendere accessibili al pubblico europeo aspetti culturali specifici della città, della regione o del paese in questione. Nel ventennale della capitale della cultura si possono trarre alcune conclusioni, individuate nello studio Palmer dell’agosto 2004.

La designazione a capitale della cultura senza dubbio influisce positivamente sulla città prescelta in termini di nuove iniziative culturali, ampliamento delle infrastrutture culturali, delle attività e delle tendenze artistiche, popolarità del luogo, internazionalità, nonché in termini di possibilità di un ulteriore sviluppo culturale. Parallelamente comporta un aumento del numero di visitatori, delle entrate, ma anche delle spese.

Sebbene la capitale della cultura attiri soprattutto un pubblico interessato alla cultura, l’aspetto europeo non è passato a sufficienza. La dimensione culturale spesso è offuscata da ambizioni politiche e la dimensione europea non è stata sempre al primo posto. La capitale della cultura può diventare un progetto durevole soltanto se viene integrato in un processo di sviluppo urbano e strategia di sviluppo culturale a lungo termine. Negli ultimi venti anni sono cambiate molte cose nella cultura e nell’evoluzione artistica nelle città, in modo particolare nell’Unione europea, il che ha reso necessario modificare la decisione di allora.

Ad esempio nell’indicazione delle città designabili da qui al 2019 non si è tenuto conto dell’allargamento ai dieci nuovi Stati membri avvenuto in maggio. Tuttavia, per non sovvertire la sequenza ormai fissata, è stata presentata la proposta di aggiungere ogni anno una città di uno dei nuovi Stati membri, in modo da raggiungere un equilibrio. E’ ingiustificabile che questi paesi debbano attendere il proprio turno fino al 2019.

La posizione comune in esame presenta talune lacune e non risponde a tutte le esigenze necessarie per attuare le modifiche in modo più aperto, democratico e trasparente. Tuttavia, per non mettere a repentaglio i preparativi in corso per le capitali della cultura per il 2009, 2010 e per gli anni seguenti – specialmente in Austria e in Germania – v’invito ad approvare questa posizione comune in seconda lettura, a condizione che la Commissione, come ha già promesso e come si sta adoperando a fare, presenti un nuovo progetto al massimo entro giugno di quest’anno.

Questa nuova proposta dovrebbe rispettare i seguenti requisiti: bisognerà adeguare la dotazione finanziaria, se a partire dal 2009 ci saranno due capitali della cultura – l’impegno finanziario attualmente varia da 200 000 a 1 milione di euro a progetto. Devono essere definiti criteri chiari per ottenere il maggiore finanziamento possibile. Attualmente si stanziano in media 500 000 euro per capitale della cultura, il che corrisponde, nel bilancio previsto nel caso di Linz, a una percentuale dello 0,83 per cento. Certamente il contributo dell’Unione europea non è generoso. La mia richiesta sarebbe 1 milione di euro come contributo fisso per capitale della cultura, se sono ottemperati tutti i requisiti.

Occorrerebbe tenerne conto nella dotazione finanziaria, nel programma per la cultura, come pure nelle prospettive finanziarie 2007-2013. Per il resto riteniamo molto importante rafforzare il ruolo della giuria, definirne in modo più concreto il mandato e quindi migliorare la procedura di selezione per le città candidate. E’ altrettanto necessario definire precisamente e specificare criteri di selezione chiari e obiettivi rispetto alle stesse città e al valore aggiunto europeo richiesto. Anche la decisione in merito alle circostanze e alle motivazioni in base alle quali una capitale riceve 200 000, 500 000 o un milione di euro deve essere chiaramente precisata.

Sarebbe auspicabile una concorrenza tra più città, laddove possibile, ma questo non deve essere un criterio assoluto. Ad esempio, nel 2009 Austria e Lituania saranno in lizza con una sola città rispettivamente, ma dovranno assolutamente rispettare i criteri della procedura di selezione. Questo è importantissimo e credo che l’Austria, nel caso di Graz, abbia dimostrato che con un’unica città si può offrire un’ottima performance.

Ritengo che l’Unione europea dovrebbe sostenere una più ampia pubblicità per le capitali della cultura e ideare un programma più solido a proposito.

Nella decisione sulla capitale della cultura europea del 1999, l’obiettivo era esaltare la ricchezza e la varietà, nonché le affinità tra le culture europee, e contribuire ad una migliore comprensione reciproca fra i cittadini europei. La nuova decisione dovrebbe compiere un ulteriore passo avanti e raccogliere la sfida dell’integrazione e della diversità europea e dunque anche estendere la cooperazione culturale all’interno dell’Europa allargata.

 
  
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  Figel’, Membro della Commissione. (SK) Onorevoli deputati, nel novembre 2003 la Commissione europea adottò una proposta che modificava la decisione del 1999 che istituisce lo strumento comunitario denominato “Capitale europea della cultura”. Tale decisione copriva il periodo 2005-2019, cioè il periodo in cui ci troviamo. L’unico scopo che la proposta della Commissione in discussione persegue è consentire ai nuovi dieci Stati membri di partecipare quanto prima a quest’attività culturale al pari degli altri Stati membri, nel rispetto del principio di uguaglianza.

Ciò significa che, a partire dal 2009, i nuovi Stati membri ospiteranno la capitale europea della cultura sia in cooperazione, sia in competizione con gli altri Stati membri. Nel 2009, come già indicato, si tratterà della Lituania insieme all’Austria. Nella seconda fase, come richiesto dal Parlamento europeo, proporrò un’ulteriore modifica al Consiglio prima dell’estate, che equivale ad un’analisi o revisione approfondita della procedura di selezione per quest’attività comunitaria.

Come ha rilevato a giusto titolo Christa Prets, la proposta dovrebbe includere, tra gli altri punti, la dimensione europea nella cooperazione, le modalità per rafforzare la medesima, il ruolo della giuria di selezione, la concorrenza a livello nazionale e via dicendo. Di fatto, molte di tali questioni e preoccupazioni sono già state evocate in prima lettura e ovviamente ne terrò conto quando formulerò i prossimi passi da intraprendere.

La Commissione terrà conto altresì dei risultati di uno studio indipendente sugli ultimi dieci anni di quest’esercizio di cooperazione. In merito alla seconda lettura, mi compiaccio che la relazione abbia ottenuto anche il parere favorevole della commissione per la cultura e l’istruzione, che avvalla la posizione comune del Consiglio, che a sua volta segue la falsariga della proposta della Commissione. Ciò significa che la decisione in oggetto potrà essere adottata in tempi brevi, ma evidentemente in conformità alla procedura.

Per concludere, desidero ringraziare il Parlamento europeo, la commissione per la cultura e l’istruzione e la relatrice Prets personalmente per la sua stretta cooperazione e, naturalmente, estendo i miei ringraziamenti anche alle Presidenze irlandese e danese che ci hanno accompagnato nell’ultimo anno, come pure alla Presidenza lussemburghese per la sua costante cooperazione.

Sono lieto che questa modifica stia portando dei frutti concreti, poiché la sua adozione potrebbe agevolare in modo significativo e influenzare direttamente le relazioni tra città e cittadini nell’Unione europea.

 
  
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  Pack (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, oggi non dovremmo affatto parlare della capitale della cultura europea se nel 1999 il Consiglio dei ministri non avesse ignorato totalmente e sfacciatamente i futuri nuovi Stati membri fino al 2019. Solo i ministri sono capaci di simili idee: i deputati di questo Parlamento già allora erano più saggi.

Oggi pertanto dobbiamo correggere il tiro e siamo pronti a farlo. In futuro avremo due città: una scelta tra i quindici vecchi Stati e una tra i nuovi. Sono assolutamente favorevole, in quanto ciò promuoverà anche la cooperazione tra due capitali della cultura. Nel 2010, ad esempio, avremo una città tedesca e una ungherese. Naturalmente, su un punto, l’onorevole Prets ha perfettamente ragione: i finanziamenti non sono sufficienti. Chi è causa del suo male, pianga se stesso, ovvero: in futuro avremo bisogno di più soldi per le capitali della cultura e anche il quadro finanziario dovrebbe provvedere in tal senso.

Sono del parere, diversamente dalla collega Prets, che ciascun paese dovrebbe sottoporre alla giuria europea almeno due città da selezionare. Il caso tedesco, mi preme ricordarlo, è sintomatico del grande fermento, della grande creatività generati negli ultimi anni nel mondo della cultura tedesco proprio dalla candidatura di dieci città a capitale della cultura. Siamo stati testimoni di un’enorme ricchezza inventiva: colloqui e simposi ai quali hanno partecipato tutti gli attori culturali e anche gli attori economici. Mi sembra davvero che una vivacità così straordinaria si possa realizzare soltanto in un clima di competizione tra città.

Dunque la Germania presenterà alla giuria due o più città. Soltanto una sarà la prescelta, però tutte le altre che avranno presentato una candidatura avranno suscitato nella città, nel Land, nella regione, un grande fermento. Per questo motivo sono convinta che sia questa la strada giusta.

Vorrei soltanto chiedere maggiore attenzione in futuro da parte della giuria a quella che possiamo considerare come la capacità delle città di essere faro. Le città europee sono il faro della nostra storia, della nostra diversità culturale. Ciascuna capitale della cultura dovrebbe risplendere in modo particolare per la varietà delle manifestazioni, che non devono servire soltanto al folclore nazionale oppure al turismo, ma davvero alla visibilità della diversità culturale. Spero che il Commissario nelle sue nuove proposte, anche sulla procedura di selezione, tenga conto di tali aspetti.

 
  
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  Hegyi (PSE), a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, accolgo in generale con favore l’ottima relazione dell’onorevole Prets, e apprezzo altresì l’idea di ampliare l’iniziativa della capitale europea della cultura ai nuovi Stati membri. Forse taluni penseranno che sarebbe meglio avere solo una capitale europea della cultura all’anno, a rotazione tra i quindici vecchi Stati membri e i dieci nuovi Stati membri dell’Unione. In questo modo potremmo garantire che tutte le manifestazioni si concentrino in una città. Sarebbe una soluzione logica, ma molti vecchi Stati membri hanno già atteso a lungo di godere del prestigio e della possibilità di ospitare la capitale della cultura.

Si dovrebbe guardare favorevolmente al fatto che le possibilità siano raddoppiate, ad una condizione cruciale: le due capitali dovrebbero essere uguali da tutti i punti di vista, anche sotto l’aspetto finanziario. E’ responsabilità della Commissione, dei governi e dei consigli comunali, nonché dei mezzi di comunicazione. Invito tutti a comprendere tale preoccupazione e a compiere ogni sforzo possibile per garantire una reale parità. Avere capitali della cultura di serie A e di serie B distruggerebbe l’idea alla base dell’iniziativa e sarebbe fonte di frustrazione e di rabbia.

Nel 2010 Ungheria e Germania saranno la sede ospitante della capitale della cultura europea. In Ungheria 11 città competono per questa magnifica opportunità di mostrarsi all’Europa. La mia città natia, Budapest, è una delle città candidate. Francamente Budapest, anche senza nomina, è una delle capitali della cultura permanenti, con la sua fiorente vita culturale, ma questa possibilità sarebbe un’occasione speciale.

E’ sorprendente vedere quanto siano attivi per la causa comune della gara, in tutte le 11 città ungheresi, i politici locali, le ONG, i cittadini giovani e meno giovani. In questo modo la competizione stessa offre una chance per attività culturali comuni in tutte le città in lizza. A condizione che vi sia parità tra le due capitali, sono favorevole all’iniziativa e alla relazione.

 
  
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  Trüpel (Verts/ALE) , a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, vorrei appoggiare i colleghi che mi hanno preceduto e ribadire che la storia delle capitali europee della cultura fino ad oggi è una storia di successi. E’ sempre possibile individuare singoli aspetti ancora perfettibili però, in linea generale, abbiamo constatato che per tutte queste città il processo di autoconoscenza – organizzare incontri in tutta Europa con gli occhi aperti all’orizzonte europeo – ha contribuito sia all’identità delle città sia ad una nuova consapevolezza in Europa.

A questo punto ci rendiamo conto – ne do atto alla collega Pack – che è stato un errore non includere l’Europa orientale nella decisione del 1999. Pertanto è giusto adesso porre rimedio a tale sbaglio e prevedere dal 2009 una regola in base alla quale non ci sia più soltanto un paese tra i vecchi Stati membri, ma sempre anche una capitale di uno Stato membro dell’Europa orientale.

Sono profondamente convinta che proprio da questa tensione tra Europa dell’ovest e dell’est possano nascere buoni progetti di cooperazione. Si tratta anche di stimolare nelle singole città una sorta di identità collettiva culturale. L’Europa non ha un’unica anima, ne ha diverse. Questo dovranno dimostrare nei prossimi anni le capitali della cultura europee. Pertanto sono d’accordo anche con le proposte dell’onorevole Prets, sia in relazione al finanziamento, sia alla trasparenza dei criteri per la ricerca e la designazione delle capitali.

 
  
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  Markov (GUE/NGL), a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il mio gruppo appoggia questa posizione comune del Consiglio nonostante le ovvie lacune, perché riteniamo che in questo modo si pongano le basi per un equo sistema di finanziamento e si risolva naturalmente anche il problema cui hanno accennato tutti i colleghi precedenti, cioè a dire che finora i nuovi Stati membri dell’Unione non fossero per nulla contemplati.

La designazione a “capitale della cultura europea”, per le città europee e per i loro abitanti, è un’occasione allettante per proporsi a livello europeo e anche per presentare i propri meriti e conquiste culturali, scientifici e urbanistici. Nel contesto della candidatura a capitale della cultura, molte città elaborano progetti di sviluppo propri, i quali, a prescindere dal fatto che poi queste città siano selezionate dai propri paesi, imprimono uno slancio vigoroso allo sviluppo. Ciò comporta interventi infrastrutturali, opere di ricostruzione, modernizzazione e recupero, e inoltre nuove opportunità di ulteriore sfruttamento turistico che, anche a posteriori, offrono alle città un maggiore potenziale di sviluppo e la possibilità di presentarsi in modo attrattivo.

Se prendiamo l’esempio della Germania – per il 2010 si candidano dieci città, tra cui anche Potsdam, la capitale del mio Land, il Brandeburgo – possiamo vedere fin d’ora, siamo nel 2005, con quale impegno si lavori all’interno dei Länder che candidano delle città nella fase di preselezione.

Vorrei fare un’osservazione sulla proposta relativa alla concorrenza futura. Posso benissimo immaginare che sia possibile che ogni paese di turno nomini almeno due città. Invece non sarei favorevole a 5, 6, 7, 8 città candidate, sarebbero troppe. In ogni caso sono necessari criteri di selezione uguali negli Stati membri e a livello di Unione europea, cioè, la giuria deve lavorare sulla base dei medesimi criteri. Lo reputo importantissimo e quindi dovremmo continuare su questa strada. La nomina a “capitale della cultura europea” riveste davvero un significato enorme per molte città.

 
  
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  Karatzaferis (IND/DEM), a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, l’idea di una capitale della cultura forse è la migliore idea dell’Unione europea. La partorì una famosa attrice greca, ministro della Cultura, che nella canzone “Mai di domenica”, vincitrice dell’Oscar, fece del Pireo la capitale della cultura del mondo negli anni ’60.

Credo che la cultura sia il principale prodotto dell’Europa, più dell’economia, dell’esercito e della diplomazia. Commissario, la invito a lasciare un segno nella storia con la proposta che sto per farle. Nominiamo capitale della cultura per l’anno prossimo la “città morta” di Ammochostos, l’unica città morta nel nostro continente, un continente di grandi civiltà, della civiltà micenea, minoica, romana. Ammochostos è una città morta da 30 anni ed è l’unica città morta del mondo. Nominiamola capitale della cultura e resuscitiamo una città uccisa dalla barbarie. Nominiamola capitale della cultura per riuscire laddove tutti i piani hanno fallito, anche il piano Annan, solo qualche mese fa. Se nominiamo Ammochostos capitale della cultura, vedrete gli studenti grecociprioti marciare fianco a fianco con gli studenti turcociprioti e tutti ne saremo orgogliosi, perché porteremo la pace e la vita nella più bella città del Mediterraneo. E’ una buon’idea: decidere noi quando la diplomazia non è in grado di farlo, quando il rifiuto è particolarmente doloroso. Vi esorto a dare un significato reale a quest’iniziativa. E’ una questione importante: se il Commissario Figel’ aprisse questa città, la piazza principale potrebbe essere intitolata a Ján Figel’. Ci aiuti a rendere onore a quest’idea!

 
  
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  Crowley (UEN), a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con la relatrice per il suo lavoro su questo tema particolare e altrettanto ringrazio anticipatamente il Commissario per la costanza del suo impegno e della sua assistenza allo scopo di promuovere un aspetto così importante della vita dell’Unione europea: la cultura.

Oggi intervengo in rappresentanza di una città irlandese che è attualmente la capitale della cultura: Cork. Dopo una approfondita ricerca nel corso dei sette anni precedenti alla presentazione della candidatura di Cork, uno degli elementi chiave, che abbiamo ritenuto importante ai fini della designazione di una città come capitale della cultura, è promuovere una migliore comprensione della diversità delle culture e delle tradizioni che esistono all’interno dell’Unione europea. Dopo l’ultimo allargamento in ordine di tempo, la diversità si è ulteriormente accentuata e si è estesa lungo tutto il continente. Ecco il motivo per cui vedo particolarmente con favore la decisione di avere due capitali della cultura che operano, per così dire, ad est e ad ovest del continente.

Nella struttura generale manca però un elemento importante, cioè il sostegno finanziario a favore delle città che intraprendono le opere infrastrutturali necessarie per soddisfare le esigenze imposte dallo status di capitale della cultura. Certamente i governi e le autorità locali possono elargire fondi alle proprie città, ma esiste una dimensione europea più ampia, che richiede finanziamenti supplementari a livello europeo.

La mia ultima osservazione sulle capitali della cultura è che quando parliamo di cultura non pensiamo soltanto in termini intellettuali alle orchestre classiche, alla musica classica, al balletto, anche se ovviamente dovrebbero essere inclusi, ma riconosciamo altresì le culture e le tradizioni antiche che esistono in ciascuno Stato membro.

 
  
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  Hennicot-Schoepges (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, pur condividendo le critiche alla decisione del Consiglio dei ministri rispetto all’allargamento ai dieci nuovi paesi, non di meno dovremmo chiederci se il Consiglio dei ministri della Cultura delibera ancora all’unanimità.

Posto che i paesi grandi come la Germania hanno cercato di conservare l’unanimità per tutte le decisioni, ora abbiamo optato per un sistema complicato che – anche se spero il contrario – sarà eccessivamente burocratico e non terrà conto del parere della giuria al momento di selezionare tra le città candidate. Abbiamo visto l’esempio di Patrasso, il 6 maggio scorso, città designata all’unanimità dal Consiglio “Capitale europea della cultura per il 2006”, nonostante il parere negativo della giuria. Forse si tratta più che altro di un malessere interistituzionale che esula da questo dibattito.

Vorrei congratularmi con la nostra relatrice, segnatamente per i grandi vantaggi finanziari che ha ottenuto. Evidentemente queste decisioni per il momento dipendono dalla Commissione, che dovrà incorporare nuove idee nelle sue proposte. Suggerisco ai Commissari di tenere maggiormente in considerazione il fattore mobilità, dato che la capitale della cultura offre altresì l’occasione di mostrare la cultura degli altri. Il valore aggiunto per la regione, la sostenibilità dei progetti presentati e il lavoro di fondo che viene svolto sono ulteriori fattori che andrebbero considerati.

Il Lussemburgo rappresenta una piccola eccezione rispetto alle critiche mosse dall’onorevole Pack, poiché già per il 2007 abbiamo incluso la città di Sibiu – una città di un altro paese, la Romania, paese candidato – come città partner. Il Lussemburgo ha ampliato il suo progetto a tutta la regione: Saar, Renania-Palatinato, Vallonia, Lorena, la comunità belga di lingua tedesca, in altre parole cinque regioni e tre lingue diverse. Dunque l’analisi delle realizzazioni di “Lussemburgo, capitale della cultura per il 2007”, sulla base di un concetto di cultura in una grande regione e con l’obiettivo di promuovere la coesione tra i cittadini, offrirà altresì una prospettiva per il futuro. La ringrazio, signor Commissario, di accordare tanta attenzione a questo tema.

 
  
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  Paasilinna (PSE).(FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono grato per l’eccellente lavoro svolto. Nel corso della sua storia ventennale, il progetto di capitale della cultura si è dimostrato un successo. In molte città sono state coinvolte persone che diversamente non avrebbero mai partecipato. Abbassare la soglia e ampliare l’agone culturale è dunque positivo.

Perché, però, non estendiamo la portata dell’idea di capitale della cultura? Attualmente il 70 per cento di noi vive nelle città. La città è il nostro ambiente culturale più prossimo. Tuttavia le città, troppo spesso, sono state costruite come punti di snodo del traffico. Di conseguenza i livelli di rumore e d’inquinamento raggiungono proporzioni disumane. La gran parte degli abitanti dell’Europa centrale ha dovuto adattarsi all’inquinamento acustico permanente.

Il rumore e l’inquinamento sono divenuti significativi fattori culturali. Signor Commissario, le città dovrebbero essere trasformate in volani della cultura in un’economia basata sulla conoscenza, secondo la strategia di Lisbona. Ci stiamo evolvendo in una società digitale dove la cultura è supportata dalla rete. Una capitale della cultura difficilmente può svilupparsi accanto ad un terminal di camion. Per questo motivo spero che in futuro la capitale della cultura organizzerà seminari di sviluppo e concorsi di pianificazione per le città di oggi e di domani. Bisognerebbe costruire modelli che mostrino come può essere una città nella società della rete della cultura.

Le nostre città sono cresciute come punti fisici di snodo del traffico che risalgono al Medio Evo, ma quell’era è finita secoli or sono. Ora viviamo in un ambiente globale digitale e in rete, ripeto, un ambiente globale digitale in rete. Ciò non dovrebbe forse significare che la natura delle città e delle loro culture e i modelli che ne presentiamo devono cambiare? Che ne pensa Commissario Figel’, stiamo muovendo i primi passi verso il futuro?

 
  
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  Graça Moura (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, signor Commissario, in un momento storico in cui è sempre più importante per gli europei imparare di più gli uni dagli altri, in termini di diversità umana e culturale, il programma per le capitali europee della cultura è uno strumento di grande efficacia per conseguire tale obiettivo.

Le dimensioni più ampie che ha assunto l’Europa dopo l’ultimo allargamento giustificano chiaramente l’idea di designare ogni anno due capitali europee delle cultura. Tuttavia, come il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha già avuto modo di sottolineare, il finanziamento comunitario dovrà essere appropriato e adeguato.

La capitale europea della cultura è un premio di elevato prestigio, ma si presume che la città in questione non utilizzi i fondi comunitari destinati alla capitale europea della cultura per il rinnovamento urbano o altre opere di questo stampo. Le risorse destinate specificamente al programma sono intese come contributo per evidenziare il ruolo di città europea e perno culturale. Nemmeno si intende che l’evento della capitale della cultura europea si trasformi nell’ennesimo festival internazionale, per quanto significativo.

Ci aspettiamo che si offra ai visitatori un’immagine stimolante, accurata e vivace della città nominata che apre le sue porte. Tale immagine deve essere tale da offrire un ricco contributo alla cultura europea e alle relazioni dell’Europa con il mondo, una finestra sui valori e la storia particolari della città, il suo patrimonio spirituale e materiale, i suoi usi e costumi, e il carattere unico dei suoi abitanti, ovvero il volto umano della città.

Sono a favore della relazione Prets e in generale approvo le dichiarazioni degli altri oratori. Vorrei suggerire inoltre che la Commissione prenda in considerazione questi elementi nella revisione prevista per il 2005.

 
  
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  Sonik (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, la capitale europea della cultura è il programma più facilmente comprensibile e visibile tra i programmi intesi a promuovere l’idea di un’Europa comune. In un momento in cui ci viene costantemente ripetuto che l’opinione pubblica non è interessata alle tematiche europee, e in cui l’idea di un’Europa comune sempre più frequentemente è associata soltanto ai debiti e alle tediose discussioni su questo o quell’aspetto tecnico relativo all’organizzazione delle Istituzioni europee, il progetto di capitale della cultura è una lodevole eccezione.

Chiunque abbia visitato l’anno scorso Lille, che deteneva il titolo di capitale europea della cultura, o sia stato a Cracovia, che condivideva il titolo con altre otto città europee nel 2000, o in molte altre capitali della cultura, avrà certamente notato l’enorme interesse del pubblico per l’Europa e il grande entusiasmo dimostrato dai tantissimi cittadini che hanno partecipato alle straordinarie manifestazioni culturali. Tali occasioni permettono a tutti i critici dell’integrazione europea di verificare l’entusiasmo, la gioia e l’aspettativa con cui il pubblico saluta i magnifici eventi culturali ispirati alla ricerca delle radici comuni europee.

Nelle capitali europee della cultura si svolge un dialogo autentico e vivace ed è qui che dovrebbero cercare l’ispirazione quanti sono stufi di lavorare per costruire una comunità sul nostro continente solo partire dal Rond Point Schuman. Il valore fondamentale di quest’iniziativa risiede nel fatto che non nasce da una proposta ufficiale, non è stata escogitata da qualche burocrate di Bruxelles. E’ stata ventilata ad Atene vent’anni fa come un’idea estemporanea e poi ripresa da altre città europee. Anche se attualmente non esiste alcun piano in tal senso, bisognerebbe fare in modo che le prospettive finanziarie 2007-2013 prevedano un bilancio speciale e distinto per sostenere tale idea.

Sono rimasto colpito che la Rete delle città europee della cultura e dei mesi culturali (ECCM) sia l’unica organizzazione, tra dozzine di altre organizzazioni, che non percepisce finanziamenti dalla Commissione europea. Quest’organizzazione specializzata riunisce manager esperti responsabili dell’attuazione di tale iniziativa nei loro paesi e chiederei di correggere questa svista. Dato che l’iniziativa esiste da vent’anni, è giunta l’ora che la Commissione fornisca una dotazione finanziaria sufficiente per il suo futuro e per ricompensare debitamente l’esperienza dei precedenti organizzatori. L’UE dovrebbe offrire sostegno tecnico e artistico a chi si farà carico di organizzare le future celebrazioni dell’Europa comune e delle sue capitali della cultura nei prossimi anni.

 
  
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  Novak (PPE-DE).(SL) Accolgo con favore la proposta di offrire anche ai nuovi Stati membri dell’Unione europea l’opportunità di presentare candidature per la capitale europea della cultura a partire dal 2009. Nel mio paese, la Slovenia, l’8 febbraio celebriamo la festa della cultura, che quindi è anche una festa nazionale. In questa data le visite alle mostre e ai musei sono gratuite e si svolgono numerosi eventi culturali legati alla festa. Nonostante ciò, non sono poche le persone che anche in Slovenia sostengono che la cultura è soltanto qualcosa di superfluo e di inutile, poiché non comporta dei guadagni diretti. Tuttavia, almeno durante questa festa, ci occupiamo più intensamente dell’importanza e del valore della cultura e partecipiamo a manifestazioni cui normalmente non avremmo il tempo di partecipare.

Proprio grazie alla conservazione della sua eredità nazionale e della lingua, la nazione slovena, che conta solo una popolazione di due milioni, è sopravvissuta alle distruzioni delle guerre mondiali e alle aspirazioni dei paesi vicini di cancellarci dalla cartina etnica dell’Europa. In un’Europa con le sue diversità etniche e culturali è vieppiù importante per noi gettare dei ponti che ci colleghino. Preservare la propria cultura e godere della diversità e delle ricchezze di altre nazioni deve essere e rimanere il nostro principio ispiratore, poiché la cultura è il nesso meno intrusivo tra nazioni che desiderano vivere in pace e nella reciproca cooperazione.

La capitale europea della cultura ci consente di forgiare tali legami. Al contempo offre la possibilità per ogni città che ospita l’evento di realizzare maggiori investimenti nelle strutture culturali e in progetti che nel lungo termine producono effetti positivi.

 
  
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  Figel’, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli deputati per aver espresso il loro sostegno, a titolo individuale o a nome dei gruppi. E’ una buona cosa per la cultura europea, per l’Unione europea e per il futuro dell’Europa.

L’onorevole Paasilinna ha chiesto se stiamo tornando al passato o se stiamo avanzando verso il futuro. La decisione del 1999 deve essere adeguata alla luce della situazione della nuova Unione allargata. Si tratta di cultura, non tanto di geografia o economia. Dobbiamo anche prepararci per l’adesione di Bulgaria e Romania in modo da evitare il problema ulteriore se i paesi aderenti debbano essere inclusi nella cooperazione o ricevere una considerazione speciale. Dobbiamo anche istituire in prospettiva meccanismi per il finanziamento, la selezione delle città e i criteri per la giuria. Ciò è necessario per promuovere la dimensione europea e molte altre questioni che sono già state sollevate o saranno discusse in una fase ulteriore.

Vorrei assicurarvi che il valore aggiunto è già tangibile: la Germania ha dieci città candidate e l’Ungheria undici. Anche prima che sia adottata una decisione, questo processo genera un grande fermento culturale e aumenta la consapevolezza che la cultura è importante e che esiste una dimensione europea per la cultura. Mi rallegro che questa decisione sia stata ampiamente compresa. Continueremo a lavorare con la relatrice, la commissione e il Parlamento nel suo insieme, allo scopo di realizzare altri miglioramenti ancora.

Lo spirito di cooperazione dovrebbe essere assai più ampio, la cultura dovrebbe essere vista come una relazione tra popoli e nazioni e tutte le loro antiche tradizioni. Come hanno affermato gli onorevoli Graça Moura e Crowley, occorre prendere in considerazione l’eredità spirituale ed architettonica, nonché la dimensione umana. La città non devono più essere viste soltanto come nodo di interscambio per i trasporti: sono luoghi di vita e di cultura.

Desidero ringraziare gli onorevoli parlamentari per le reazioni positive e per il sostegno. Sono ansioso di lavorare per ottenere ulteriori progressi in futuro.

 
  
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  Presidente. – Grazie, signor Commissario. La discussione è così chiusa; la votazione si svolgerà alle 12.00.

 

6. Ambiente e salute (2004-2010)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Ries sul Piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute.

 
  
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  Ries (ALDE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto ringraziare calorosamente tutti i deputati che hanno manifestato tanto interesse per quest’importante argomento. Ringrazio, come prima cosa, i relatori ombra: gli onorevoli Trakatellis, Corbey, Staes, de Brún, e ovviamente tutti gli altri colleghi che hanno prestato una preziosa collaborazione durante la preparazione di questa relazione. Apprezzo il loro aiuto.

Il dibattito è stato serrato in tutti i gruppi politici, e direi all’altezza delle attese e della posta in gioco. L’89 per cento dei cittadini europei si dice estremamente preoccupato per l’impatto dell’ambiente sulla salute e ne ha ben donde. Le cifre parlano da sole e ne citerò solo alcune: un sesto della mortalità e della morbilità infantile in Europa può essere attribuito a fattori ambientali, l’incidenza delle malattie respiratorie allergiche è raddoppiata negli ultimi vent’anni e oggi come oggi esse colpiscono un bambino su sette; circa il 10 per cento dei lavoratori è esposto a sostanze cancerogene; il 14 per cento delle coppie ricorre alla medicina perché ha difficoltà d concepimento. Potrei fornire altre cifre ed altri esempi e, del resto, i miei colleghi non hanno mancato di farlo a loro volta nel corso delle discussioni.

Di fronte a numeri come questi la Commissione ha risposto nel giugno del 2003 lanciando la strategia SCALE per l’ambiente e la salute, strategia che si basa sulla scienza (Science), è incentrata sui bambini (Children), mira a sensibilizzare (Awarenes), utilizza gli strumenti giuridici (Legal instruments) e comprende una valutazione costante (Evalutation). L’iniziativa in questione ha suscitato molte speranze, ben riassunte dalle dichiarazioni di Margot Wallström in una discussione tenutasi in plenaria nel mese di marzo dell’anno scorso e cito: “Vi sono aree in cui non possiamo correre rischi nell’attesa di avere conoscenze complete, ma dobbiamo agire secondo il principio di precauzione, e così faremo”.

Questa strategia europea dovrebbe fungere da trampolino di lancio per l’attuale piano d’azione per il quale sono relatrice, ma non è così. Il piano d’azione in questione, a mio modo di vedere, non è all’altezza del nome che porta. Si tratta piuttosto di un programma di valutazione delle incidenze globali dell’ambiente sulla salute, nel quale certamente sono evocati numerosi punti interessanti che vale la pena citare. Penso segnatamente alle azioni di sensibilizzazione in merito ai rischi corsi dai cittadini, alla formazione di specialisti della salute e dell’ambiente – sono troppo pochi – all’instaurazione di una biosorveglianza su scala europea, tante iniziative che mi paiono interessanti, ma che non impediscono di pensare ad un’occasione mancata, come è successo a me leggendo la comunicazione della Commissione.

In effetti, un approccio che fa della prova scientifica assoluta il paradigma del XXI secolo mi sembra violare il principio di precauzione. I cinquantadue ministri europei dell’Ambiente e della Sanità riunitisi a Budapest nel giugno scorso nel quadro della conferenza sul tema “Un futuro per i nostri bambini”, lo hanno compreso, mettendo in evidenza l’equilibrio delicato, ma necessario, tra più ricerca e l’urgenza di azioni preventive per tutelare la salute. E’ questo l’equilibrio che dobbiamo trovare qui.

Per questo motivo abbiamo indicato l’esposizione a sostanze chimiche pericolose come una delle priorità della relazione. Più precisamente, al paragrafo 6, chiediamo l’applicazione del principio di precauzione a tutta una serie di sostanze nocive per la salute, in particolare taluni metalli pesanti, come il mercurio e il cadmio, sei prodotti della famiglia degli ftalati utilizzati nelle plastiche in PVC e quattro insetticidi sospettati, tra altri, di alterare la funzionalità del sistema endocrino e di causare malformazioni gravi.

Rafforzare questo piano europeo significa anche ispirarsi alle azioni ambiziose che sono già state applicate con successo dagli Stati membri, e rimando ai paragrafi 23 e 28 della risoluzione.

Mi rallegro inoltre che i colleghi appoggino l’approccio che ho adottato e che mira a rimettere i bambini al centro di questo piano d’azione, chiedendo anche la realizzazione da parte della Commissione di uno studio epidemiologico sui bambini dalla nascita alla maggiore età.

Altro punto cruciale: la lotta contro il fumo passivo. La Commissione ha raccolto questa preoccupazione e ce ne rallegriamo. La Commissione mira a ottenere che il fumo di tabacco nell’ambiente sia classificato come un agente cancerogeno di classe I. Siamo chiari sull’argomento: secondo me non si deve assolutamente indebolire il messaggio che lanciamo ai cittadini e che è oggetto del paragrafo 20 della risoluzione. Il tabagismo uccide i fumatori, ma anche i non fumatori. Si registrano, soltanto in Belgio, 2 000 vittime del fumo passivo all’anno, vale a dire lo stesso numero di vittime degli incidenti stradali.

Concludendo, spero che la Commissione europea si mostrerà ambiziosa nella realizzazione di questo piano d’azione per i prossimi sei anni. Non dubito, Commissario Dimas, che lei lavori fianco a fianco con il suo collega Kyprianou, per assicurare la necessaria complementarità tra il piano d’azione e il programma europeo in materia di sanità pubblica. Senza dubbio potrà contare sul nostro sostegno come Parlamento per ottenere un finanziamento all’altezza delle sfide che ho evocato, a titolo del settimo programma quadro di ricerca e del capitolo 4 delle prospettive finanziarie.

Spero altresì che lei sia favorevole alla realizzazione da parte dei suoi servizi di un Libro verde sull’inquinamento degli ambienti chiusi, dagli asili alle scuole, passando per le case, aspetto che rimane il più negletto della legislazione ambientale. Tutto ciò serve per sostenere che l’Europa deve trarre le conseguenze degli scandali del tabagismo e dell’amianto, per citare soltanto questi due casi. L’Europa è impegnata in una vera e propria corsa contro il tempo e contro tutte le forme di inquinamento. Signor Commissario, come Commissione e come Parlamento, abbiamo il dovere di garantire che la salute dei cittadini, di tutti i cittadini, prevalga sulle altre considerazioni.

 
  
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  Dimas, Membro della Commissione.(EL) Signor Presidente, onorevoli deputati al Parlamento europeo, approvo pienamente quanto ha affermato l’onorevole Ries al termine, cioè che l’interazione tra ambiente e salute è una priorità particolarmente importante per la Commissione europea e l’Europa. Per questo motivo sono grato per l’aiuto offerto dalla vostra commissione nella fase di redazione della relazione oggi in discussione. In particolare ringrazio l’onorevole Ries per essersi adoperata con spirito costruttivo per migliorare il contenuto della relazione cosicché il testo definitivo costituisca una base utile e sostanziale per ogni futuro dibattito.

Desidero innanzi tutto ripetere qual è l’obiettivo del piano d’azione adottato nel giugno scorso. Non dovremmo dimenticare che non partiamo da zero, anzi, avendo riconosciuto da qualche tempo che la protezione dell’ambiente contribuisce a migliorare la salute, abbiamo già svolto una buona fetta del lavoro in questo ambito. L’imminente legislazione in materia ambientale e in altri settori, incluse le proposte REACH e le misure che saranno adottate nel contesto delle strategie tematiche, coadiuveranno ulteriormente la risoluzione dei problemi in sospeso.

Quanto alle tematiche in discussione, si sono compiuti molteplici sforzi per rafforzare le politiche dell’Unione europea intese a migliorare la tutela dell’ambiente e della salute, e sicuramente tali iniziative seguiranno il proprio corso.

L’obiettivo del piano d’azione è continuare a promuovere tale opera e, al contempo, determinare l’agenda per il futuro. In tal modo si affronteranno le eventuali carenze e si definirà una futura politica ambientale che sia più efficiente, più mirata e più efficace dal punto di vista dei costi.

In merito alle conclusioni che la relazione trae, desidero come prima cosa assicurarvi che il principio di precauzione è un importante elemento essenziale della nostra politica e, ovviamente, intendiamo continuare ad applicarlo in futuro.

Sulla biosorveglianza, siamo d’accordo. Certamente può trattarsi di un elemento essenziale della nostra politica per la valutazione del rischio, come la relazione suggerisce. Studieremo quest’opinione nel dettaglio. Nonostante ciò, la Commissione vorrebbe prima esaminare con attenzione tutti gli aspetti del problema, sia tecnici sia finanziari, alla luce dell’esperienza maturata dai paesi terzi, come gli Stati Uniti. I costi, se ne tenga conto, sono assai elevati.

Concordiamo anche per quanto riguarda l’aria all’interno degli edifici. Sarà vagliata la possibilità di sviluppare un’agenda strategica e di ricerca sull’argomento allo scopo di identificare i problemi pertinenti e di formulare proposte atte a ricercare i possibili modi di affrontarli.

Perché le misure nel piano d’azione siano realizzate, occorre porsi il problema del finanziamento, come l’onorevole Ries ha osservato e sottolineato a giusto titolo. Concordo che ciò è necessario al fine di salvaguardare l’applicazione efficace del piano. Per il periodo fino al 2007, la Commissione finanzierà i bilanci del programma in materia di sanità pubblica e del sesto programma quadro di ricerca per le quattro Direzioni generali coinvolte. A partire dal 2007 saranno disponibili nuove linee di bilancio nel contesto delle nuove prospettive finanziarie. La Commissione è impegnata in consultazioni intensive sulle disposizioni particolareggiate per l’applicazione delle varie misure incluse nel piano d’azione.

Un’altra problematica particolarmente significativa, necessaria ai fini della realizzazione del piano d’azione, è la presentazione costante di relazioni al Parlamento europeo. Certamente, la Commissione riferirà alla commissione parlamentare competente in merito ai progressi sul piano d’azione il più regolarmente possibile. Ovviamente è improbabile che sia possibile compiere in tempi brevi progressi su taluni aspetti, quali l’efficienza e il rapporto costi-benefici. In tale contesto, di fatto, non esistono tutti i dati e le informazioni necessarie. Ciò nondimeno, non appena il sistema d’informazione integrato sarà operativo saranno possibili relazioni più dettagliate.

Passando al divieto delle sostanze, punto su cui è intervenuta poc’anzi l’onorevole Ries, le sostanze pericolose sono una tematica che alla Commissione sta particolarmente a cuore. Tuttavia, il piano d’azione non è la sede più adeguata per dibattere di eventuali divieti. Abbiamo già predisposto le procedure di valutazione e riduzione del rischio per molte di tali sostanze. Le procedure in questione, che, come ho detto, già esistono, continueranno a progredire parallelamente al piano d’azione. La Commissione sta esaminando attentamente la proposta contenuta nella relazione di aumentare il numero di priorità nel piano d’azione. D’altro canto, aumentare il numero delle priorità indebolirà il punto focale e i risultati del piano d’azione, ragione per cui sarebbe preferibile limitare le priorità a quelle proposte nel piano d’azione che sono state definite in stretta cooperazione con 300 esperti e agenzie interessate. Ecco perché, in base al contributo di questi 300 esperti, non abbiamo limitato il centro di attenzione solo ai bambini, poiché sussistono questioni direttamente correlate e quindi dobbiamo considerare anche gli adulti.

Per concludere desidero sottolineare che, se il piano d’azione deve essere applicato in modo efficace, è necessaria una cooperazione stretta ed attiva con tutte le agenzie in causa. Perciò desidero ancora una volta ringraziare l’onorevole Ries e il Parlamento europeo per l’importante contributo in questo ambito. Il nostro obiettivo comune è promuovere misure europee più solide intese a migliorare la protezione della salute e dell’ambiente per tutti gli europei, per l’Europa e per il mondo.

 
  
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  Schnellhardt (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il piano d’azione per l’ambiente e la salute 2004-2010 oggi in discussione, unitamente alle proposte della nostra relatrice, onorevole Ries, è all’altezza delle forti ambizioni che nutriamo. I molteplici progetti che prevede possono sensibilmente migliorare le nostre conoscenze sugli effetti dell’ambiente sulla salute, e dunque consolidare le fondamenta scientifiche del nostro processo legislativo. Inoltre, l’elemento forse ancora più significativo è che la legislazione potrebbe assumere un carattere preventivo. Forse pecco di eccessivo ottimismo, ma tutti abbiamo bisogno di sognare!

Certamente alcuni progetti saranno conclusi entro il 2010. Penso ad esempio ad un miglior coordinamento tra Stati membri nell’ambito dell’ambiente e della salute, aspetto, questo, che, di fatto, avrebbe dovuto già essere regolato dall’Unione europea da tempo. Le principali azioni, però, andranno oltre il 2010. L’interazione uomo-ambiente è soggetta ad un costante mutamento e richiede molto spesso nuove azioni e reazioni. Credo che dovremmo fin d’ora assicurare che questo piano d’azione non termini nel 2010.

Il piano d’azione, tuttavia, potrà avere successo soltanto se non consideriamo la sua realizzazione un fatto isolato dai necessari processi e vincoli economici e dagli stili di vita delle persone. Avrà successo soltanto se verificheremo la validità generale dei risultati della ricerca invece di considerare il mondo come un laboratorio. L’analisi del rischio e non le ideologie devono essere il motore della nostra azione.

Il paragrafo 5 della risoluzione contenuta nella relazione in esame nasce sicuramente dalle migliori intenzioni, ma anche il principio di precauzione può solo essere applicato a fronte di un rischio degno di nota e di risultati certi. Legiferare sull’onda del panico non può essere la strada giusta e secondo il mio punto di vista non è neanche serio.

Altrettanto vale per le sostanze citate al punto 6, che dovrebbero essere sostituite. Su questo punto convengo con il Commissario: questo lederebbe il principio del piano d’azione, perché non dovremmo concentrarci su aspetti che sono disciplinati da altre regolamentazioni dell’Unione europea, vedi REACH. A prescindere dal fatto che le sostanze sostitutive disponibili sono costose, sappiamo anche poco in merito ai rischi di esposizione. Pertanto s’impone un’attenta ponderazione.

Sulla questione del tabagismo sono completamente d’accordo con il Commissario: non dobbiamo emanare una legislazione dell’Unione europea in materia, ma incoraggiare gli Stati membri a incamminarsi sulla buona strada.

(Applausi)

 
  
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  Corbey (PSE), a nome del gruppo PSE.(NL) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Ries e congratularmi con lei. La relatrice ha svolto un lavoro significativo inteso a conferire un contenuto più efficace al piano d’azione per l’ambiente e la salute. Il programma d’azione di per sé è deludente. Naturalmente riconosco che la ricerca è necessaria, ma un programma d’azione ha anche bisogno di misure forti per fronteggiare i problemi sanitari, e tali misure mancano. Nelle ultime settimane le nostre discussioni si sono incentrate sulle sostanze pericolose e le condizioni in virtù delle quali tali sostanze possono o devono essere ritirate dal mercato. I plastificanti nei giocattoli sono le sostanze in primo piano, ma ne sono in causa anche altre. Per quanto il nostro gruppo abbia accettato il testo approvato dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, di fatto avremmo auspicato un approccio più severo. Se una sostanza è pericolosa dovrebbe essere ritirata dal mercato senza indugio e senza aspettare alternative sicure.

Un secondo argomento di discussione è stato il tabagismo. Il fumo di tabacco produce un effetto devastante sulla salute dei fumatori passivi. Pertanto invochiamo una politica attiva che vieti il fumo nei luoghi pubblici. Esortiamo gli Stati membri a ispirarsi agli esempi di Italia e Irlanda. La relazione su salute e ambiente è attualissima. L’inquinamento dell’aria, in particolare, è un problema grave in Europa. Secondo i calcoli e gli studi commissionati dalla Commissione, ogni anno si registrano in Europa oltre 300 000 decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico. Nei Paesi Bassi la cifra è 13 000. Non ci vuole molta immaginazione per supporre che la mortalità è più frequente tra chi abita nei pressi delle autostrade e delle aree industriali rispetto agli abitanti di zone residenziali verdi ed esclusive. Nel corso degli ultimi vent’anni, l’Europa ovviamente ha adottato misure che hanno comportato riduzioni significative delle emissioni. L’utilizzo delle marmitte catalitiche nelle automobili è stato un successo, ma a tutt’oggi gli sforzi compiuti non sono ancora sufficienti e le statistiche sono allarmanti. Che fare? Innanzi tutto, dovremmo, evidentemente, migliorare l’osservanza della legislazione esistente, ma si può e si deve fare di più. Dove sono, ad esempio i filtri antifuliggine nelle automobili? Inoltre dovremmo chiederci se i limiti e i valori limite nella legislazione sono adeguati. Nella relazione “Segnali 2004”, l’Agenzia europea dell’ambiente ha rilevato che esistono sempre più elementi che suggeriscono che la concentrazione di polveri e ozono si ripercuote sulla salute al di sotto degli attuali valori di protezione della salute. E’ necessario un approccio europeo per tutelare l’ambiente, la salute e il consumatore. Nel quadro del processo di Lisbona una politica ambientale ambiziosa è un incentivo per lo sviluppo tecnologico e per promuovere la competitività europea. Se non ci impegniamo a favore della qualità ambientale rendiamo un pessimo servizio non soltanto alla sanità pubblica, ma anche all’industria europea. Il mese scorso al Salone dell’automobile di Detroit è stata lanciata un’autovettura a emissioni zero di un tipo mai visto nelle fiere automobilistiche europee. Nel nostro continente ci impelaghiamo a discutere su chi deve pagare i filtri antifuliggine. Preferisco un’Europa ambiziosa con misure adeguate per proteggere la salute pubblica, e i filtri antifuliggine dovrebbero diventare obbligatori senza indugio. E’ una questione vitale.

 
  
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  Krahmer (ALDE), a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero di riuscire a farmi sentire in questo crescente brusio di fondo. Gli oratori iscritti a parlare meriterebbero un po’ di rispetto dall’Aula!

La relazione sul piano d’azione per l’ambiente e la salute è troppo incentrata sulle sostanze chimiche. Non si riserva sufficiente attenzione a molti altri aspetti che danneggiano la salute umana. E’ chiaro che le sostanze chimiche comportano dei rischi, ma non ha molto senso elaborare liste nere e stigmatizzare determinate sostanze come gli ftalati. La relazione si fonda su un’interpretazione esagerata del principio di precauzione. Si parla di divieti diretti e generalizzati di determinate sostanze, senza basarsi su risultati scientifici e senza neanche prendere in considerazione i risultati scientifici noti, come abitualmente prevede il principio di precauzione.

La relazione è un ulteriore tentativo di attuare una politica del rischio zero, atteggiamento che io chiamo la “malattia verde” prevalente in molte società occidentali. Si cerca di applicare alla protezione ambientale la mentalità dell’assicurazione “casco totale”, dimenticando che lo sviluppo di una società aperta è sempre esposto a dei rischi. La semplice esistenza di un rischio e i timori diffusi rispetto alle sostanze chimiche diventano la giustificazione per chiedere l’introduzione di divieti totali.

La paura non è altro che incertezza dovuta all’ignoranza. Chi vuole fare qualcosa contro la paura deve combattere l’ignoranza. Occorre promuovere la scienza e la ricerca e trarre le giuste conclusioni dalle scoperte. Non dobbiamo confondere i rischi con i pericoli realmente presenti. L’obiettivo ultimo della politica ambientale non dovrebbe essere l’esclusione del rischio, bensì l’identificazione e l’eliminazione dei pericoli.

Anche in materia di fumo di tabacco la relazione travalica l’obiettivo. Fintanto che il tabacco è un prodotto legale, dovremmo esimerci da chiedere un divieto generale del fumo. Non spetta all’Europa regolamentare dove si può o non si può fumare. Nella relazione si chiede che il fumo di tabacco sia classificato nella classe I delle sostanze cancerogene, indicando un effetto diretto e comprovato. Vorrei ricordare che tale effetto non è scientificamente provato. Non sto insinuando che il rischio per la salute dovuto al fumo di tabacco debba essere sminuito, ma equiparare il fumo di tabacco e le sostanze come il benzene o l’amianto non è altro che demagogia ecologica.

Inoltre sono del parere che questa discussione andrebbe tenuta a Bruxelles e non a Strasburgo.

 
  
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  Breyer (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, preferirei intervenire stasera oppure alla ripresa della discussione, perché adesso non si riesce neanche a sentire la propria voce. Penso che in questo momento sia impossibile intervenire.

 
  
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  Presidente. – La sua richiesta è accolta. Interrompiamo la discussione per procedere alla votazione. La discussione riprenderà questo pomeriggio dopo l’interrogazione orale sul finanziamento della politica di salvaguardia della natura, quindi la discussione su questo punto continuerà verso le 16.00 e la prima iscritta a parlare sarà l’onorevole Breyer.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MCMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 

7. Turno di votazioni
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

Raccomandazione (A6-0030/2005) della commissione per il commercio internazionale, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione della Comunità europea in merito al progetto di regolamento della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite riguardante le prescrizioni uniformi applicabili all’omologazione dei veicoli per quanto concerne la disposizione e l’identificazione dei comandi manuali, delle spie e degli indicatori (Relatore: onorevole Enrique Barón Crespo)

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Raccomandazione (A6-0028/2005) della commissione per il commercio internazionale, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione della Comunità europea in merito al progetto di regolamento della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite riguardante l’omologazione di un sistema di riscaldamento, nonché di un veicolo in rapporto al suo sistema di riscaldamento (Relatore: onorevole Enrique Barón Crespo)

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Raccomandazione (A6-0009/2005) della commissione per gli affari esteri, sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione di un protocollo aggiuntivo all’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Romania, dall’altra, per tener conto dell’adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca all’Unione europea (Relatore: onorevole Elmar Brok)

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Raccomandazione (A6-0010/2005) della commissione per gli affari esteri, sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione di un protocollo aggiuntivo all’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Bulgaria, dall’altra, per tener conto dell’adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca all’Unione europea (Relatore: onorevole Elmar Brok)

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0018/2005) dell’onorevole Nikolaos Sifunakis, a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo tra la Comunità europea e la Confederazione elvetica nel settore audiovisivo che stabilisce modalità e condizioni della partecipazione della Confederazione elvetica ai programmi comunitari MEDIA Plus e MEDIA Formazione, nonché dell’atto finale

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0006/2005) dell’onorevole Klaus-Heiner Lehne, a nome della commissione giuridica, sulla richiesta di difesa dell’immunità parlamentare di Koldo Gorostiaga

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0023/2005) dell’onorevole Margarita Starkevičiūtė, a nome della commissione per i problemi economici e monetari sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1165/98 relativo alle statistiche congiunturali

Prima della votazione

 
  
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  Starkevičiūtė (ALDE), relatore. – (LT) Grazie, signor Presidente. Vorrei solo fornire alcune rapide informazioni a tutti i deputati al Parlamento europeo. Le statistiche sono un argomento noioso, ma gli operatori economici dei vostri paesi ora dovranno redigere molte nuove relazioni se voterete sul testo in esame. Lo dico subito, in modo che possiate riferire loro ciò che ha fatto il Parlamento affinché non fosse più necessario elaborare molte di queste relazioni statistiche. Gli operatori economici dovranno stilare nuove relazioni statistiche e con ogni probabilità voi e molti dei vostri elettori dovrete rispondere a varie domande. Quindi volevo solo farvi sapere cos’ha fatto il Parlamento, in cooperazione con il Consiglio e la Commissione, per ridurre questo onere statistico. Votiamo con voi a favore dell’introduzione dei cosiddetti programmi di campionamento europei, che prevedono che solo alcune aziende presentino relazioni; i paesi piccoli, il cui PIL è inferiore all’1 per cento del PIL dell’Unione europea, non dovranno fornire alcun indice; inoltre, daremo ai governi l’opportunità di utilizzare le risorse amministrative, ovvero i registri di previdenza sociale, e quindi alle imprese non verrà richiesto di redigere relazioni supplementari. Si prevede anche che la Commissione europea e gli Stati membri elaborino un metodo per valutare se valga la pena di introdurre nuove relazioni sulle statistiche e se queste sarebbero utili all’imprenditoria europea e ai cittadini d’Europa. Grazie.

 
  
  

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0019/2005) dell’onorevole Margie Sudre, a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1035/2001 che istituisce un sistema di documentazione delle catture per il Dissostichus spp

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0013/2005) dell’onorevole Herbert Bösch, a nome della commissione per il controllo dei bilanci, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione elvetica, dall’altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari

Prima della votazione

 
  
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  Bösch (PSE), relatore. – (DE) Signor Presidente, non ho molto da dire sul contenuto della relazione in esame; questo accordo sulla prevenzione della frode soddisfa una richiesta che il Parlamento europeo avanza da anni, e mi auguro che lo approveremo ad ampia maggioranza. In questo caso ci stiamo effettivamente occupando, per la prima volta, di una parte degli accordi bilaterali con la Svizzera, e ritengo che la rapidità con cui abbiamo affrontato la questione in quest’Aula dimostri che vogliamo che gli ottimi risultati raggiunti vengano finalmente trasposti nella legislazione.

Abbiamo ripetutamente sostenuto la Commissione negli sforzi volti a raggiungere un risultato sull’accordo relativo alla prevenzione della frode. Siamo dunque quanto mai sorpresi perché, ora che la Svizzera intende trasferire una somma di denaro pari a un miliardo di franchi svizzeri ai nuovi Stati membri, come contributo alla coesione, la Commissione ha improvvisamente tirato fuori la capziosa idea che questa iniziativa deve essere oggetto di un trattato internazionale, e che un memorandum d’intesa non è sufficiente.

Vorrei far notare alla Commissione che non abbiamo svolto negoziati con una repubblica delle banane, ma con una delle più antiche e più stabili democrazie d’Europa. Quindi, senza usare mezzi termini, in questo caso il vostro comportamento fa il gioco di coloro che, in Svizzera e nell’Unione europea, sono contrari a instaurare relazioni più strette tra la Svizzera e le Comunità europee.

(Applausi)

Chiedo all’Assemblea di adottare una posizione in merito, e a lei, a nome della Commissione, di portare a casa con sé questo messaggio da Strasburgo.

 
  
  

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Raccomandazione (A6-0014/2005) della commissione per gli affari esteri, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma e alla conclusione, a nome della Comunità europea, di un accordo di cooperazione con il Principato di Andorra (Relatore: onorevole Gerardo Galeote Quecedo)

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0020/2005) dell’onorevole Antonio Di Pietro, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa allo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0036/2005) dell’onorevole António Costa, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di raccomandazione del Parlamento europeo, destinata al Consiglio, sulla qualità della giustizia penale e l’armonizzazione della legislazione penale negli Stati membri

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Raccomandazione per la seconda lettura (A6-0017/2005) della commissione per la cultura e l’istruzione, sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un’azione comunitaria a favore della manifestazione “Capitale europea della cultura” per gli anni dal 2005 al 2019 (Relatore: onorevole Christa Prets)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune modificata)

Relazione (A6-0024/2005) dell’onorevole Jonathan Evans, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla XXXIII relazione annuale sulla politica di concorrenza – 2003

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0034/2005) dell’onorevole Sophia in ‘t Veld, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sugli aiuti di Stato sotto forma di compensazione del servizio pubblico

Prima della votazione

 
  
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  in ‘t Veld (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, solo alcune informazioni tecniche per dotare di coesione e coerenza il documento finale: se si adottano gli emendamenti nn. 19 e 21, si devono modificare gli altri paragrafi che vertono sulla stessa questione. Si è discusso di questo punto con i rappresentanti di altri gruppi e si tratta più di una questione tecnica che politica.

 
  
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  Purvis (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, ricollegandomi a ciò che ha detto l’onorevole in ‘t Veld, alla fine dell’emendamento n. 20 si dovrebbe aggiungere: “o mediante un atto ufficiale che, a seconda della legislazione degli Stati membri, può assumere la forma di uno o più atti legislativi o regolamentari o di un contratto”. Tale aggiunta rientra fra i cambiamenti ai quali si riferisce l’onorevole in ‘t Veld. Da essa derivano gli emendamenti orali alle modifiche 10 e 17 e al considerando Q.

(Il Parlamento accoglie l’emendamento orale)

 
  
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  van den Burg (PSE).(EN) Signor Presidente, per essere del tutto chiari, questo significa che vogliamo presentare emendamenti orali al considerando Q e al paragrafo 19 del documento. Non erano emendamenti scritti e sono assolutamente in linea con il testo proposto negli emendamenti dell’onorevole Purvis. Gli emendamenti orali si riferiscono al considerando Q e al paragrafo 19.

 
  
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  Lipietz (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, a proposito di questo problema, ho presentato un emendamento riguardo all’espressione “l’autorità pubblica [competente decide di non] fornire”. Ho notato che altri emendamenti – in particolare l’emendamento n. 3 presentato dal gruppo PSE – effettuano una distinzione tra “gestire” e “controllare”. A mio parere, “fornire” è un sinonimo di “controllare” o “gestire”. Pertanto ho presentato un emendamento orale a tutti gli emendamenti che si riferiscono alla procedura di aggiudicazione. Laddove l’emendamento n. 29, presentato dal gruppo Verde, e gli emendamenti nn. 32, 33 e 27 utilizzano il verbo “fornire” a proposito di un servizio pubblico, nel testo si dovrebbe leggere “fornire (gestire o controllare)”. Fornire è sinonimo di gestire e di controllare.

 
  
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  Presidente. – Prenderemo in considerazione questo emendamento orale prima di iniziare a votare su quella sezione.

Onorevoli colleghi, so che questa è una relazione molto delicata e che si tratta di una preconsultazione offerta dalla Commissione. Pertanto è più che giusto prenderci il tempo necessario a mettere le cose in chiaro.

 
  
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  van den Burg (PSE).(EN) Signor Presidente, in questo caso abbiamo dovuto votare su uno dei quattro emendamenti di compromesso di questo gruppo, perciò la situazione è un po’ confusa. Deduco che ora abbiamo votato sull’emendamento di compromesso orale dell’onorevole Purvis, vero?

 
  
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  Presidente. – Esatto. Infatti all’emendamento orale della relatrice non vi erano obiezioni. Ce ne occuperemo quando arriveremo all’emendamento n. 19.

 
  
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  van den Burg (PSE).(EN) No, signor Presidente. Poiché riguarda il paragrafo 19, dovrebbe precedere le altre votazioni.

 
  
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  in ‘t Veld (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, è tutto molto complicato perché, nel corso dell’intero processo, la struttura della relazione è divenuta alquanto complessa e mi scuso per questo.

Si tratta di tre emendamenti e di cinque paragrafi. L’emendamento n. 20, con un’aggiunta, è stato appena letto ad alta voce dall’onorevole Purvis. Da quanto ho capito, è su questo che abbiamo votato.

Gli altri due emendamenti sono gli emendamenti nn. 19 e 21, presentati sempre dall’onorevole Purvis. Il loro contenuto, però, si riferisce anche al considerando Q, al paragrafo 19, alla modifica 10 e alla modifica 17. Posso leggere ad alta voce il testo in questione; anziché ripeterlo ogni singola volta, infatti, ho pensato che potrei leggerlo ad alta voce una volta sola. Poi tutti approveremo o respingeremo il principio e quindi modificheremo i quattro paragrafi in questione.

Il testo dell’emendamento n. 21, che è quasi identico all’emendamento n. 19, è il seguente: “La missione di servizio pubblico deve essere conferita mediante una procedura di gara equa e trasparente o mediante atto ufficiale che, a seconda della legislazione degli Stati membri, può assumere la forma di uno o più atti legislativi o regolamentari, di un contratto o di un mandato. Questo atto deve in particolare indicare:”.

Questo stesso principio vale anche per l’emendamento n. 19. Di conseguenza, se la plenaria adotta tale principio, esso varrà anche per i quattro paragrafi di cui ho parlato. Propongo che si voti su di esso anziché leggere il testo ad alta voce ogni volta.

 
  
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  Savary (PSE).(FR) Signor Presidente, non vi sono obiezioni nel merito, ma vorrei che non vi fosse confusione sui fatti. Questo emendamento orale è stato presentato quattro volte: si riferisce all’emendamento n. 20, all’emendamento n. 19, all’emendamento n. 21 e all’emendamento n. 15.

Per evitare ambiguità, signor Presidente, propongo che, ogni volta che voteremo su questi emendamenti, lei indichi che si tratta di emendamenti che fanno parte dell’emendamento orale dell’onorevole Purvis. Credo che, in questo modo, si chiarirebbe ogni eventuale confusione.

L’emendamento orale dell’onorevole Purvis si riferisce a quattro emendamenti. Se lei fosse così gentile da ricordarci l’emendamento orale dell’onorevole Purvis a ogni votazione, credo che per l’Assemblea sarebbe tutto molto più chiaro.

 
  
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  in ‘t Veld (ALDE).(EN) Signor Presidente, penso che quanto lei propone sarà complicato. Il punto è che vi sono paragrafi ai quali non sono stati presentati emendamenti, ma che ne risultano ugualmente interessati. Infatti credo che, dopo la presentazione degli emendamenti, nello scorrerli ci siamo resi conto tutti che vi erano più paragrafi interessati dalla stessa questione. Ora possiamo limitarci a votare sugli emendamenti, ma poi il documento risulterà caratterizzato da una certa incoerenza. La proposta dell’onorevole Savary non potrà funzionare perché il problema non riguarda gli emendamenti, bensì i paragrafi ai quali non sono stati presentati emendamenti.

Se, quando voteremo sugli emendamenti nn. 19 e 21, la plenaria adotterà o respingerà per due volte un principio, tale decisione si applicherà analogamente anche a questi paragrafi. E’ questo che voglio dire.

 
  
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  Savary (PSE).(FR) Signor Presidente, non è mia intenzione complicare le cose, ma l’onorevole in ‘t Veld ci chiede di votare una sola volta sull’emendamento dell’onorevole Purvis. Non si saprà esattamente in quale punto del testo sarà collocato l’emendamento, ma ci sarà.

In tutta franchezza, poiché vi sono quattro emendamenti cruciali, gli emendamenti nn. 20, 19, 21 e 15, preferirei che ci venisse chiesto ogni volta se li adottiamo sulla base dell’emendamento orale dell’onorevole Purvis. Credo che così sarebbe tutto più chiaro. Capisco la posizione dell’onorevole in ‘t Veld, ma vorrei che mi dicesse esattamente dove collocherà l’emendamento dell’onorevole Purvis, dato che ha detto che lo si ritrova in tutto il testo. Penso che la situazione sia confusa e non vorrei che si commettessero errori in questa votazione poiché, come ha detto lei stesso, si tratta di una questione delicata.

 
  
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  Purvis (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, spero di poterla aiutare. Come l’onorevole Savary, penso anch’io che l’emendamento orale riguardi questi quattro emendamenti, ma condivido anche le affermazioni dell’onorevole in ‘t Veld, secondo cui, a seguito dell’adozione di tali emendamenti, in qualunque altra parte della relazione si riscontrerebbero incoerenze. I servizi di seduta, quindi, dovrebbero provvedere ad apportare le debite modifiche. Se questa è una proposta accettabile, possiamo procedere.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Savary, posso garantirle che verranno apportate le debite modifiche. Indicherò i casi in cui si applica l’emendamento orale. Propongo ora di mettere ai voti l’emendamento orale.

(L’Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell’emendamento orale)

 
  
  

Prima della votazione sull’emendamento n. 33

Purvis (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, nel caso in cui si presentasse lo stesso problema di prima, vorrei dire che anche questo emendamento è interessato dall’emendamento orale e pertanto la mia lista di voto dovrebbe esprimersi a favore.

 
  
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  in ‘t Veld (ALDE). (EN) Signor Presidente, questa è una lieve modifica all’emendamento presentato dal gruppo PSE e la sua formulazione dovrebbe essere la seguente: “considerando che, in vista di una politica fondata su prove, la Commissione dovrebbe presentare una valutazione valida ed esauriente del processo di liberalizzazione, tenendo conto del punto di vista di tutte le parti interessate (utenti, autorità locali, imprese, ecc.)”.

 
  
  

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0026/2005) dell’onorevole Robert Goebbels, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla situazione dell’economia europea – relazione preparatoria sugli orientamenti di massima delle politiche economiche

Prima della votazione sull’emendamento n. 23

 
  
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  Klinz (ALDE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, durante il dibattito sulla relazione Goebbels tenutosi in seno alla commissione per gli affari economici e monetari, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa ha presentato un emendamento che è stato accolto dalla maggioranza della commissione, ma che, per un errore, non è stato incluso nella versione finale della relazione. Pertanto vorrei presentarlo di nuovo come emendamento orale. Si riferisce alla necessità di realizzare le riforme strutturali. Leggerò l’emendamento in inglese.

“Raccomanda agli Stati membri di attuare le riforme strutturali da tempo necessarie. In particolare, la deregolamentazione dei mercati del lavoro, l’adeguamento dei sistemi sociali alle esigenze demografiche, la semplificazione dei regimi fiscali, la combinazione di tagli fiscali e di un cambiamento delle basi su cui si fonda la valutazione fiscale e l’abolizione delle sovvenzioni, in modo da apportare un miglioramento al clima degli investimenti come prerequisito per la crescita economica. Sottolinea infine che lo sviluppo di impieghi di qualità andrà di pari passo con un miglioramento della produttività del lavoro in Europa”.

 
  
  

(Il Presidente constata che più di 37 deputati hanno fatto obiezione alla presa in considerazione dell’emendamento orale)

 
  
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  Goebbels (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, sono stupefatto dal comportamento dell’onorevole Klinz. Il collega sostiene che il suo emendamento è stato accolto. Se fosse stato così, egli avrebbe dovuto presentare reclamo presso il segretariato della commissione per i problemi economici e monetari, che solitamente svolge bene il proprio lavoro. In caso contrario, era suo diritto presentare un emendamento orale, cosa che non ha fatto. Dopo averlo ascoltato, ci si accorge che quella che ci sta proponendo è una nuova relazione, e invito i colleghi a respingere questo emendamento orale, che non è un emendamento orale, ma un romanzo.

(Applausi)

 
  
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  Radwan (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, desidero solo informare l’Assemblea che ieri si è tenuta una riunione dei coordinatori nella quale i coordinatori di tutti i partiti, compresi i presidenti di commissione, hanno confermato che l’emendamento che è appena stato letto era stato accolto, ma che, a causa di un errore redazionale, non era stato incluso nella relazione.

Perciò, per correttezza, dovremmo votare sull’emendamento ora.

 
  
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  Presidente. – Se l’emendamento è stato adottato in commissione e non è stato presentato alcun emendamento adesso, allora si trova nel testo. Chiedo solo ai servizi di verificarlo.

 
  
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  Berès (PSE).(FR) Signor Presidente, mi spiace che i suoi servizi non le abbiano comunicato che avevo chiesto la parola all’inizio dell’intervento dell’onorevole Wolf Klinz, poiché volevo informarla della discussione svoltasi ieri sera in seno alla riunione dei coordinatori della commissione per i problemi economici e monetari.

Sarò chiarissima: è stato citato l’emendamento al quale si riferisce l’onorevole Wolf Klinz e noi abbiamo segnalato la procedura che è stata seguita, che è la procedura di cui ci avvaliamo tuttora. Il segretario della commissione per gli affari economici e monetari ha svolto il proprio lavoro: ha consolidato i voti a seguito della votazione svoltasi in seno alla commissione per gli affari economici e monetari e ha inviato i risultati a ciascun gruppo politico per la verifica. L’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, finora, non ha ritenuto necessario presentare di nuovo questo emendamento o segnalare un errore materiale riguardo ad esso.

Per questo motivo, e per rispetto alla riunione dei coordinatori tenutasi ieri sera, vorrei chiedervi, conformemente a quanto già stabilito dall’Assemblea, poiché diversi deputati si sono alzati, di non accogliere questo emendamento.

 
  
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  Presidente. – Dobbiamo attenerci alla decisione dell’Assemblea, che ha stabilito che l’emendamento venga respinto. Mi scuso con l’onorevole Klinz per l’eventuale errore commesso dal segretariato, ma l’onorevole Berès ha assolutamente ragione ad affermare che in seno alla commissione la posizione era chiara.

 
  
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  Goebbels (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, come relatore devo dire che buona parte della mia relazione è stata “mutilata” da una maggioranza di destra di quest’Assemblea, che ha votato contro l’articolo 4 del Trattato, che richiede un coordinamento delle politiche economiche. Avete votato contro gli sforzi del Presidente Juncker, volti a fare del Patto di stabilità qualcosa di decente, in altre parole un Patto di stabilità e di crescita. Invito dunque i miei colleghi a votare contro la mia relazione.

(Applausi)

 
  
  

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Relazione (A6-0025/2005) dell’onorevole Othmar Karas, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulle Finanze pubbliche nell’UEM – 2004

(Il Parlamento approva la risoluzione)

Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.

 

8. Dichiarazioni di voto
  

– Relazione Bösch (A6-0013/2005)

 
  
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  Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) La Svizzera è un’Unione europea in miniatura, tutta circondata dall’Unione, ma essa stessa divisa in 23 Stati, ciascuno dei quali è dotato di grande autonomia e può, di conseguenza, perseguire una propria politica fiscale. Ciò ha finora impedito che si concludessero accordi nel campo delle imposte dirette fra l’Unione e la Svizzera nel suo complesso. I singoli cantoni svizzeri, a questo riguardo, sono simili al Liechtenstein o ad altri piccoli paradisi fiscali dove si stabiliscono le società fittizie. I cantoni di Zug e Schwyz, in particolare, offrono servizi di questo tipo. Le riposte alle mie interrogazioni scritte hanno dimostrato che l’ex Commissario Bolkestein preferiva ignorare questo argomento e voleva continuare a fare affari con la Svizzera nel suo complesso.

Finché non si possono compiere ulteriori progressi, è bene che si stipulino accordi nell’ambito dell’IVA, del contrabbando, della corruzione e delle pratiche di riciclaggio di denaro. E’ altresì importante che il segreto bancario non venga più invocato come motivo per respingere le richieste di indagine da parte di altri paesi, e che siano resi possibili contatti diretti con organismi giudiziari, anziché dovere intraprendere la strada della diplomazia. Il relatore ha ragione quando afferma che occorre compiere ulteriori passi, purtroppo però non ha menzionato quello più urgente.

 
  
  

– Relazione Di Pietro (A6-0020/2005)

 
  
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  Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Approvo la relazione dell’onorevole Di Pietro, che sostiene e intende rafforzare l’iniziativa della Commissione volta ad apportare miglioramenti tecnici alla legislazione relativamente allo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario, proponendo soluzioni pratiche per rimediare alle carenze dei sistemi vigenti, fondati sulla Convenzione del Consiglio d’Europa del 1959.

Questa è senza dubbio una misura necessaria e urgente, perché è stato dimostrato in diverse occasioni che il sistema non funziona come dovrebbe.

E’ dunque essenziale che venga istituito un sistema computerizzato per mezzo del quale le informazioni possano essere scambiate tra gli Stati membri e siano rapidamente accessibili in tutto il territorio dell’Unione. Questo è un ulteriore passo verso una giustizia penale realmente efficace, indipendente e trasparente.

Appoggio anche le sue proposte che riguardano la riduzione dei limiti di tempo perché l’efficacia della proposta dipenderà dalla velocità di accesso e di aggiornamento delle informazioni e la necessità di imporre condizioni di accesso ai dati personali, perché nello scambio di questo genere di informazioni bisogna sempre trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza della rapidità e quello della salvaguardia e della tutela dei dati personali.

 
  
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  Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) In un’Europa caratterizzata dalla libera circolazione e dal libero scambio, la sicurezza va condivisa. Senza pregiudicare il pieno esercizio della sovranità da parte dei vari Stati Membri, è oggi ampiamente riconosciuta la necessità che tali paesi collaborino nel combattere la criminalità. Oltre alle forme tradizionali di criminalità, adesso c’è n’è una che non rispetta le frontiere nazionali e opera dove più le conviene. Così, quando viene violata la legge di uno Stato membro, è messa a repentaglio la sicurezza di tutti gli altri.

Di conseguenza, concordo ampiamente sul contenuto della relazione e pertanto ho votato a favore.

 
  
  

– Relazione Costa (A6-0036/2005)

 
  
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  Andersson, Hedh, Hedkvist Petersen, Segelström e Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Noi, onorevoli Segelström, Andersson, Hedh, Hedkvist e Westlund, abbiamo votato a favore della relazione, ma desideriamo ora manifestare il nostro dissenso su un punto.

Non possiamo avallare il paragrafo 1 septies, trattino 2, che raccomanda al Consiglio di puntare in qualche modo all’armonizzazione delle legislazioni nazionali relativamente alla raccolta e alla valutazione delle prove. Il principio del libero esame delle prove è alla base del diritto processuale penale svedese. Molti tra gli altri Stati membri hanno norme in virtù delle quali alcune prove non sono ammissibili. Dunque noi socialdemocratici svedesi riteniamo estremamente importante che il nostro sistema nazionale rimanga intatto. Quel che più conta, è che è dubbia l’esistenza di una qualsiasi base giuridica, sia nei trattati vigenti o nella futura Costituzione, che permetta l’armonizzazione a questo riguardo.

 
  
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  Goudin, Lundgren e Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Rafforzare la fiducia reciproca nelle decisioni dei tribunali europei istituendo una sistema di valutazione può sembrare un’iniziativa lodevole, anche se esiste già un quadro comune di riferimento per gli Stati membri in base alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e alla giurisprudenza prodotta dalla Corte di giustizia europea, che stabilisce standard minimi in merito al diritto di giudizio da parte dei tribunali.

Tuttavia, la proposta rappresenta un altro esempio dell’espansione strisciante delle competenze dell’Unione e costituisce una tappa del tentativo di creare un sistema europeo armonizzato nell’ambito del diritto penale e delle leggi che riguardano la procedura giudiziaria – un sistema giuridico che, in pratica, sarà fuori dal controllo diretto del popolo.

Inoltre, raccomandare di ricorrere alle disposizioni contenute nella bozza di Costituzione prima che essa sia entrata in vigore, basandosi sul fatto che i Trattati vigenti non si spingono abbastanza avanti, è inaccettabile, perché ciò anticipa manifestamente il processo democratico.

Pertanto la Junilistan voterà contro la relazione.

 
  
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  Moraes (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione perché compie importanti passi avanti verso la soluzione di un problema fondamentale e ritenuto importante dai cittadini dell’Unione, ovvero l’esigenza di monitorare la qualità della giustizia penale amministrata negli Stati membri. La relazione non implica affatto l’imposizione di modifiche alla maniera in cui ciascuno Stato membro amministra il proprio sistema giudiziario penale. Si tratta tuttavia di un passo avanti al fine di garantire miglioramenti nell’affrontare questioni importanti come la lotta efficace alle bande criminali o il modo in cui i cittadini dell’Unione possono scontare le loro pene nello Stato membro di appartenenza. I cittadini dell’Unione contano su un certo grado di fiducia reciproca tra Stati membri e su un giudizio circa la qualità della giustizia penale, in particolare per quanto riguarda alcuni nuovi Stati membri che stanno lavorando per migliorare i loro sistemi giudiziari penali.

 
  
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  Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La giustizia è, a buon diritto, uno dei settori che gli Stati membri riservano tradizionalmente alla sfera della loro sovranità. Questo è particolarmente vero nel caso della giustizia penale, che deve riflettere le ansie di una società alla luce del suo presente e del suo passato.

Analogamente, gli Stati membri sono restii a permettere che i propri cittadini, e anche solo i residenti nei loro paesi, siano processati da altri Stati membri.

Nondimeno, ora assistiamo al fenomeno della criminalità globale, che ha carattere transfrontaliero come il terrorismo, il traffico di droga, il contrabbando, lo sfruttamento sessuale e la pornografia. Ciò richiede cooperazione per garantire che la criminalità sia contrastata efficacemente e armonizzazione per evitare che alcuni paesi diventino altrettante mete per chi delinque.

Questi vari elementi sottolineano la necessità della cooperazione, del riconoscimento delle decisioni giudiziarie e di una certa armonizzazione, senza tralasciare il fatto che gli ordinamenti giuridici devono rispondere alla realtà delle varie società. Perciò non è auspicabile un unico ordinamento giuridico europeo. Lo sarebbe invece uno standard europeo di giustizia, nel pieno rispetto della natura particolare del sistema giudiziario.

Pertanto credo che un voto a favore della relazione sia giustificato.

 
  
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  Thomsen (PSE), per iscritto. – (DA) I Socialdemocratici danesi al Parlamento europeo oggi hanno votato a favore della relazione dell’onorevole Costa sulla qualità della giustizia penale e l’armonizzazione della legislazione penale negli Stati membri (A6-0036/2005). Tuttavia, siamo consapevoli del fatto che la proposta riguarda un settore contemplato dal titolo IV del Trattato che istituisce la Comunità europea e, conseguentemente, non si applica al nostro paese: si veda il Protocollo sulla posizione della Danimarca.

 
  
  

– Relazione Prets (A6-0017/2005)

 
  
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  Carlshamre e Malmström (ALDE), per iscritto. – (SV) Siamo completamente d’accordo sul fatto che la diversità culturale sia un diritto fondamentale. L’Unione è, e deve rimanere, un mosaico di culture e di minoranze. Noi liberali mettiamo sempre l’individuo al centro di tutte le decisioni politiche. Crediamo pertanto che sia estremamente importante consolidare la politica della cooperazione internazionale e della solidarietà relativamente alle questioni culturali e stabilire, a livello di diritto internazionale, che ogni città, Stato o gruppo di Stati abbia il diritto di decidere liberamente la propria politica culturale. Pertanto crediamo che l’Unione non debba essere coinvolta in una tematica come quella delle capitali della cultura. Le singole città e i singoli Stati devono continuare a cooperare e a decidere in merito alla questione delle capitali della cultura senza ingerenze da parte dell’Unione. In considerazione di quanto detto, scegliamo di votare contro la relazione dell’onorevole Prets (A6-0017/2005) sulla “capitale europea della cultura” per gli anni dal 2005 al 2019.

 
  
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  Goudin, Lundgren e Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Ci fa piacere sapere che dal 2009 sarà possibile scegliere due capitali culturali per volta. La motivazione della relazione fa notare, tuttavia, che le modalità di finanziamento del progetto non sono chiare, e fa riferimento alle prossime Prospettive finanziarie 2007-2013.

Non possiamo, al punto in cui stanno le cose, approvare un testo che richiede impegni finanziari nelle prossime Prospettive finanziarie. Data la situazione, non c’è motivo di affrettare una decisione che riguarda le future capitali della cultura. In primo luogo, le Prospettive finanziarie 2007-2013 vanno discusse nella loro globalità. Di conseguenza, questa relazione può essere oggetto di dibattito.

L’idea di una capitale europea della cultura è buona. Lo è al punto da poter persino essere finanziata in molti altri modi, per esempio tramite la sponsorizzazione locale. Non si dovrebbe far ricorso alle risorse finanziarie dell’Unione per mantenere in vita questo progetto.

Pertanto votiamo contro la relazione in sé, ma non siamo contrari all’idea che l’iniziativa si propone di realizzare.

 
  
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  Le Pen, Marine (NI), per iscritto. – (FR) Il programma “Capitali europee della cultura” è stato avviato nel 1985 allo scopo di migliorare la conoscenza reciproca tra i cittadini europei.

Il programma intende valorizzare la grande varietà della cultura europea, ma al tempo stesso si scontra con la contraddizione suprema che consiste nel perseguire una politica europea di uniformità economica, sociale, politica e culturale.

Questo programma è solo un’amena manifestazione della vostra volontà di imporre ai cittadini europei un modello socioculturale che non si sono scelti. Volete costruire un sentimento europeo solo per favorire gli scambi commerciali.

Considerato che la cultura è un potente mezzo di educazione, l’Unione non solo favorisce ciò che può fare il lavaggio del cervello all’uomo e avvilirlo, ma anche ciò che stimola la gente a dimenticare i valori religiosi antichissimi su cui si fonda la nostra appartenenza alla civiltà europea.

Oltre a questa politica, ora c’è un altro problema, man mano che l’Europa si allarga e si allontana dai principali Stati fondatori. In futuro, seguendo il vostro atteggiamento, si dovrà scegliere Istanbul come capitale della cultura europea? Tale interrogativo dimostra chiaramente i pericoli di una simile costruzione europea che, dimenticando il suo passato, ci prepara un futuro difficile.

 
  
  

– Relazione Evans (A6-0024/2005)

 
  
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  Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Se intendiamo difendere un modello economico di stampo capitalista che stimola l’impegno, premia il merito e riconosce l’efficienza, dobbiamo disporre di un sistema di controllo sull’applicazione delle normative in materia di concorrenza efficace ed efficiente. Senza concorrenza non c’è mercato, senza un mercato non c’è modello capitalista e senza un modello capitalista non c’è riuscita economica né sviluppo, come la storia dimostra chiaramente.

Di conseguenza, il ruolo della Comunità nel regolamentare la concorrenza è molto importante. Senza pregiudicare le necessità economiche o, per certi aspetti, le necessità circoscritte geograficamente o settorialmente di salvaguardare talune attività, in generale difendere il modello concorrenziale significa, prima di tutto, tutelare gli interessi dei consumatori, che di solito non hanno sindacati, federazioni di datori di lavoro o altri movimenti che si curino dei loro interessi legittimi.

Perciò credo che dobbiamo accogliere favorevolmente e sostenere i tentativi di difendere il modello concorrenziale, anche se qualche volta possiamo non condividere alcune delle decisioni della Commissione.

Pertanto ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Vorrei vedere una politica di concorrenza più dinamica, ma non un atteggiamento sovrannazionale o una politica della concorrenza integrata nella Costituzione. Pertanto scelgo di astenermi, il che significa rettificare il mio voto che è stato segnato erroneamente nei verbali.

 
  
  

– Relazione in’t Veld (A6-0034/2005)

 
  
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  Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi.

Regolamentare il finanziamento dei servizi d’interesse generale senza definire tali servizi né il quadro generale che li disciplina non è coerente. Regolamentarlo e al contempo lasciare che siano gli Stati membri a stabilire da soli quali sono i servizi che considerano d’interesse generale significa affidare alla Corte di giustizia il compito di armonizzare tali definizioni e sostituire il legislatore. Fondare la regolamentazione su una valutazione di tipo meramente finanziario e concorrenziale vuol dire negare l’interesse generale. Assoggettare il finanziamento della sanità pubblica o dell’edilizia popolare all’autorizzazione dei tecnocrati è immorale. In breve, nei testi che oggi stiamo esaminando non c’è nulla che ci soddisfi.

Sono testi completamente in linea con la politica degli eurocrati in combutta con i governi. Dapprima era una questione di concorrenza tra tutte le reti di pubblico servizio, l’elettricità, la posta eccetera, si trattava di abolire i monopoli di Stato e imporre la privatizzazione. In futuro la direttiva Bolkestein, una versione locale del GATS (Accordo generale sul commercio dei servizi), permetterà di introdurre nei nostri Stati il dumping sociale nei servizi.

Dal momento che rifiutiamo questa prospettiva, che sarà aggravata dalla Costituzione europea, e poiché, pur essendo concordi nel porre fine a certi abusi lampanti, difendiamo anche la legittimità di alcuni servizi pubblici, voteremo contro la relazione.

 
  
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  Goudin, Lundgren e Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Junilistan è favorevole all’applicazione del mercato interno e sostiene sia le norme comuni riguardanti i sussidi ai servizi d’interesse generale che la necessità di gare d’appalto eque, anche nel caso dei servizi d’interesse generale. Anche gli aiuti all’attività pubblica devono, in linea di principio, essere giustificati e resi facilmente accessibili.

L’unica eccezione alla norma è prevista nel caso che uno Stato membro abbia scelto di rendere disponibile il servizio soltanto mediante un monopolio e di non volere ammettere nessun operatore privato (per esempio nel caso in cui uno Stato membro ammetta che l’assistenza sanitaria sia esclusivamente pubblica).

La Junilistan crede, tuttavia, che la responsabilità debba ricadere principalmente sugli Stati membri. Se risulta che l’uno o l’altro Stato membro stanno abusando della loro posizione e falsando la concorrenza, è bene che la parte trattata iniquamente possa far sì che il suo caso venga esaminato dai tribunali. Pertanto la Junilistan ha deciso di votare contro la proposta secondo cui i dettagli vanno comunicati alla Commissione.

 
  
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  Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Complimenti alla relatrice. Vorrei richiamare l’attenzione sulla proposta di emendamento all’articolo 1 del progetto di decisione della Commissione, relativamente all’applicazione dell’articolo 86 del Trattato che istituisce la Comunità europea. Sarei però favorevole a comprendere tra i beneficiari le regioni ultraperiferiche.

A questo proposito, ricordo che le comunicazioni della Commissione “Un partenariato più forte per le regioni ultraperiferiche” e “Un partenariato più forte per le regioni ultraperiferiche: bilancio e prospettive” prevedevano l’introduzione di norme semplificate per assegnare gli appalti di servizio pubblico nel settore del trasporto marittimo per servire le piccole isole, con un volume di passeggeri inferiore ai 100 000 l’anno.

Desidero inoltre far presente che nelle regioni ultraperiferiche la liberalizzazione dei servizi e la fruizione delle infrastrutture sono state subordinate all’introduzione di obblighi di servizio pubblico al fine di compensare gli svantaggi dovuti alle caratteristiche, fisiche e non solo, delle regioni ultraperiferiche. Vorrei anche sottolineare che ci sono altri servizi d’interesse economico generale importanti per le regioni ultraperiferiche, come i servizi postali e le telecomunicazioni.

Perciò le due comunicazioni della Commissione sono importanti per le regioni ultraperiferiche. Credo pertanto che, per quanto riguarda questi strumenti giuridici, occorra tener conto della situazione peculiare di tali regioni.

 
  
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  Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Senza un finanziamento e una pianificazione effettuati da enti nazionali, regionali e locali, non disporremmo di trasporti pubblici adeguati, o di un accesso generalizzato all’istruzione e all’assistenza sanitaria. L’idea di un’autorità che si fa da parte e ammette la libera concorrenza è nociva per attività di importanza così vitale. Se ciò avverrà, ci saranno indubbiamente piccoli gruppi privilegiati che riterranno di avere più libertà di scelta e che si provvederà meglio alle loro esigenze individuali, ma la stragrande maggioranza della popolazione, e la società nel suo complesso, staranno peggio.

La relazione difende la visione neoliberista e intende anche dare un’interpretazione della sentenza Altmark sulla possibilità di assegnare sottobanco concessioni nel settore dei trasporti pubblici. La Commissione e il Parlamento hanno aspettato questa sentenza per anni perché abbondavano le interpretazioni contraddittorie sulla fornitura di servizi da parte di enti pubblici, sul finanziamento e sulla concorrenza. Ora c’è una sentenza giudiziaria che lascia inalterato il diritto degli enti locali di prestare servizi di trasporto pubblico. La Commissione intende presentare una proposta di emendamento a seguito delle mie proposte approvate dal Parlamento il 14 novembre 2001. Respingo le interpretazioni neoliberiste che vi si frappongono.

 
  
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  Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Benché siano state espresse molte idee eccellenti, per il Partito laburista al Parlamento europeo era importante soprattutto che si prendesse in considerazione l’incidenza sull’edilizia popolare e sui servizi sanitari. Per questo era fondamentale includere i compromessi dell’onorevole Purvis nei vari articoli menzionati durante la votazione.

 
  
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  Wagenknecht (GUE/NGL), per iscritto. – (DE) Il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica respinge la relazione perché essa non si oppone alla pressione esercitata dalla Commissione per privatizzare i servizi d’interesse generale, anzi contribuisce parzialmente a intensificarla. Per i comuni, le regioni e gli Stati membri diventa ancora più difficile erogare al pubblico i servizi che spesso devono prestare per legge. Le imprese pubbliche dovranno competere sempre di più con operatori globali nel campo della prestazione di servizi. Per i cittadini, la qualità dei servizi pubblici erogati peggiorerà ulteriormente: il mercato non è in funzione dei parametri sociali né del fabbisogno, ma solo della domanda remunerativa.

Critichiamo in particolare il fatto che le compensazioni per i servizi d’interesse economico generale continueranno a essere considerate fondamentalmente “aiuti di Stato” e pertanto saranno ancora soggetti al corrispondente regime. Per giunta, solo poche imprese pubbliche continueranno a usufruire di compensazioni in ogni caso.

La relazione rafforza anche la proposta della Commissione per quanto riguarda gli ospedali e l’edilizia popolare. Invece di estendere le deroghe previste almeno ai servizi di assistenza sanitaria, all’istruzione, alla cultura e ai mezzi d’informazione pubblici, si richiedono procedure burocratiche generalizzate. La relazione non menziona affatto i dipendenti delle imprese di servizi d’interesse generale né gli interessi generali del benessere sociale, come la tutela dei ceti più deboli della società.

Per le grandi imprese di servizi, le iniziative di privatizzazione nell’ambito dei servizi d’interesse generale costituiscono un affare redditizio. Chiunque le aiuti a realizzare questi obiettivi dev’essere conscio di ciò che sta facendo.

 
  
  

– Relazione Goebbels (A6-0026/2005)

 
  
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  Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi.

Disoccupazione di massa, crescita rallentata, deficit di bilancio ricorrenti, boom del debito pubblico, fiscalità opprimente, delocalizzazioni… purtroppo tutti conoscono la triste congiuntura economica che stiamo attraversando. Le vostre ricette per affrontare questi problemi sono sempre le stesse.

Secondo voi, tutto va male perché non c’è abbastanza armonizzazione europea. Non c’è abbastanza concorrenza tra le economie europee, non c’è abbastanza concorrenza nei servizi, non c’è abbastanza apertura alla concorrenza globale, a prescindere che sia leale o meno; non ci sono abbastanza lavoratori immigrati specializzati e c’è troppa protezione sociale. Troppa burocrazia? E’ solo un problema nazionale. I vostri regolamenti, non consolidati, sovrabbondanti, talvolta incoerenti se non assurdi, non c’entrano! Ma la politica monetaria, che sta provocando la supervalutazione dell’euro e sta prosciugando le nostre economie? Quella è perfetta. Bruxelles e Francoforte potrebbero forse sbagliare?

Nondimeno crediamo che l’Europa di Bruxelles stia sbagliando. Malgrado vent’anni di armonizzazione e d’inserimento dell’Europa nel liberoscambismo globale, i nostri problemi si aggravano e basta. E la causa di ciò è proprio questa politica, la vostra politica.

 
  
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  Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) A volte si è obbligati, in qualità di deputati al Parlamento europeo, a operare una scelta tra due cattive possibilità e a scegliere il male minore. In questo caso ho votato a favore degli emendamenti nn. 9 e 22, anche se non condividevo ciò che affermavano. Malgrado tutto, erano preferibili rispetto ai testi originali e, pertanto, se approvati, miglioreranno la relazione nel suo complesso.

 
  
  

– Relazione Karas (A6-0025/2005)

 
  
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  Andersson, Hedh, Hedkvist Petersen, Segelström e Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sulle finanze pubbliche nell’UEM – 2004 e anche a favore dell’emendamento n. 7 sulla distinzione tra prestiti per realizzare investimenti e spese correnti. Siamo tuttavia dell’opinione che la facoltà di concedere prestiti per gli investimenti pubblici, con conseguente superamento del tetto dei deficit di bilancio, debba essere riservata ai quei paesi che soddisfano il criterio del debito pubblico.

 
  
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  Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.

(La seduta, sospesa alle 13.15, riprende alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MOSCOVICI
Vicepresidente

 

9. Correzioni di voto (cfr. processo verbale)

10. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

11. Presentazione di documenti (cfr. processo verbale)

12. Finanziamento della politica di salvaguardia della natura
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale alla Commissione, sul finanziamento della politica di salvaguardia della natura e in particolare di Natura 2000.

 
  
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  Florenz (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, sia la commissione parlamentare per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare che diverse ONG ritengono che il programma comunitario Natura 2000 sia in grave pericolo. Lo scorso anno la precedente Commissione ha adottato decisioni estremamente vaghe sul finanziamento di questo programma. Di conseguenza, è ormai scontato che sorgeranno grandi controversie tra gli agricoltori e coloro che sono favorevoli a Natura 2000 in seno alla commissione per l’agricoltura, nonché tra i responsabili del Fondo europeo di sviluppo regionale.

Riteniamo quindi che il Commissario Dimas debba impegnarsi a fondo per trovare una soluzione semplice al problema di Natura 2000, individuando il modo di rafforzare questo programma in futuro. Ciò che conta non è l’entità dei finanziamenti, e non sono nemmeno i singoli programmi; ciò che conta è che le idee associate al programma Natura 2000 si traducano in politiche concrete. Ecco perché la questione dei finanziamenti non deve essere definita in sede negoziale, perché poi, quando finalmente si tengono i dibattiti fondamentali, si finisce per non occuparsene più.

Utilizziamo da anni la direttiva “habitat”per incoraggiare gli Stati membri a designare siti appositi sul loro territorio, garantendo a tali paesi l’assegnazione dei fondi. Se ora dovessimo interrompere questi finanziamenti, o addirittura erogarli dai bilanci per l’agricoltura e lo sviluppo regionale, faremmo una ben magra figura. Le liti sarebbero inevitabili, ed è per questo che oggi le chiedo di adottare misure proattive onde evitare tale problema. Se a un certo punto, in futuro, saltasse fuori che i finanziamenti sono stati erogati a carico dei pilastri dell’agricoltura e dello sviluppo regionale, si leverebbe una schiera di proteste da centinaia di migliaia di sindaci, e rimarrebbero poche speranze per le ONG e per lei come Commissario all’ambiente. Non occorre che le ricordi che esiste una potente lobby agricola alla quale, come agricoltore, appartengo anch’io. Il sorgere di controversie è quindi inevitabile.

Vorrei esortarla a fare in modo che la sua Commissione definisca regole chiare, iniziativa di cui le sarei molto grato. Spero che potremo adottare questo regolamento.

 
  
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  Dimas, Membro della Commissione. – (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, è indubbio che la tutela della biodiversità è una politica prioritaria per la Commissione e che il buon esito dell’applicazione del quadro Natura 2000 rappresenta la pietra miliare degli sforzi compiuti dall’Unione europea per realizzare quest’obiettivo. Garantire un finanziamento adeguato per Natura 2000, come ha rilevato l’onorevole Florenz, è pertanto una delle nostre massime priorità, e sostengo pienamente gli obiettivi e le priorità del Parlamento europeo.

Mi preme inoltre sottolineare che questa priorità è condivisa da molti colleghi della Commissione, che hanno deciso di adeguare il Fondo di sviluppo regionale, il Fondo europeo agricolo e altri fondi per riuscire a includere nei finanziamenti la rete Natura 2000.

Gli Stati membri sono vincolati da un obbligo giuridico e devono assolvere l’impegno dell’effettiva gestione delle aree Natura 2000. La tutela delle risorse finanziarie destinate a tale gestione rientra nella giurisdizione degli Stati membri, ma, proprio in virtù delle speciali caratteristiche di Natura 2000, la Commissione dà il proprio contributo con il cofinanziamento comunitario. La responsabilità dell’utilizzo di queste risorse comunitarie spetta agli Stati membri, ma, da parte nostra, siamo disposti a offrire tutto l’aiuto possibile per agevolare l’accesso a tali fondi. Di conseguenza, se dovesse emergere che la gestione di queste aree non riceve il debito sostegno, la Commissione sarà pronta a deferire gli Stati membri in questione alla Corte di giustizia.

La Commissione, dunque, come ha detto l’onorevole Florenz, ha adottato una comunicazione sul finanziamento di Natura 2000 il 15 luglio 2004. Ha esaminato tutte le permutazioni possibili, compresa la creazione di un fondo separato, e ha concluso che l’approccio più efficace consiste nell’incorporare il finanziamento di Natura 2000 nei fondi comunitari esistenti. I nuovi regolamenti sui Fondi strutturali, attualmente all’esame del Consiglio, verranno applicati dagli Stati membri e dalle regioni in maniera decentralizzata. Di conseguenza, è impossibile assegnare una somma specifica all’interno dei vari fondi.

Inoltre, per il momento non possiamo sapere quali importi potremo erogare ogni anno per il cofinanziamento delle aree Natura 2000 nel periodo 2007-2013. Questo perché, conformemente al principio di sussidiarietà, spetta agli Stati membri stabilire i requisiti di queste aree nel corso dell’elaborazione dei loro programmi nazionali. In ogni caso, la Commissione dispone dei mezzi atti a tutelare la priorità di Natura 2000 nel quadro di tali programmi nazionali. Ritornerò su questo punto al termine del mio intervento.

Innanzi tutto, vorrei esprimere alcune osservazioni sui nuovi regolamenti in esame. Per quanto riguarda il regolamento sul Fondo europeo di sviluppo regionale, devo dire che contiene un riferimento al cofinanziamento di Natura 2000 e della biodiversità, che rientrano negli obiettivi della convergenza e della competitività. Sono anche previste possibilità di cofinanziamento nel quadro dei regolamenti sul Fondo di coesione e sul Fondo sociale europeo, soprattutto per rafforzare le capacità di gestione riguardo a Natura 2000. Natura 2000 rientra anche – e questo è importante – nel secondo asse per la gestione dei suoli del nuovo regolamento sullo sviluppo rurale, che riceverà il 25 per cento dell’importo totale. La Commissione propone uno stanziamento complessivo di 22 miliardi di euro per la gestione dei suoli nel periodo 2007-2013. E’ indispensabile – e su questo punto, onorevole Florenz, chiedo il sostegno del Parlamento – garantire questa somma e, se possibile, aumentarla. A questo riguardo, dunque, il sostegno del Parlamento europeo riveste primaria importanza. I nuovi regolamenti contengono meccanismi che consentiranno alla Commissione, come ho detto prima, di fornire assistenza e di controllare in certa misura il contenuto dei programmi presentati dagli Stati membri.

Subito dopo l’adozione delle proposte di regolamento sui Fondi strutturali, che probabilmente avverrà verso la fine della primavera, la Commissione definirà dettagliatamente le proprie specifiche priorità per il finanziamento di tutti i fondi in un gruppo di orientamenti strategici. Come di prassi, si terranno consultazioni sul contenuto degli orientamenti con la partecipazione di tutti i servizi interessati, compresa la Direzione generale dell’ambiente. Durante tali consultazioni ci si adopererà per fare in modo che il cofinanziamento di Natura 2000 sia incluso tra le priorità.

Dopo la presentazione degli orientamenti strategici, nella seconda parte del 2005 o all’inizio del 2006 gli Stati membri dovranno elaborare quadri strategici nazionali e programmi operativi da sottoporre alla Commissione. Tutti i servizi della Commissione interessati parteciperanno alle consultazioni che si terranno sul contenuto di questi programmi. Ovviamente, la DG ambiente avvierà le debite azioni per tutelare la priorità delle iniziative di Natura 2000.

In particolare, per quanto riguarda i programmi nazionali sullo sviluppo rurale, che, stando a quanto ha affermato poc’anzi l’onorevole Florenz, entrerebbero in competizione, ogni programma presentato verrà attentamente esaminato per fare in modo che si tenga conto sia del quadro normativo comunitario che delle priorità politiche su argomenti quali la biodiversità, la gestione delle aree Natura 2000, il cambiamento climatico, l’applicazione di idee sulle risorse idriche e altre questioni. Ovviamente, se dovesse emergere che un programma nazionale non prevede un’adeguata copertura finanziaria per tutte le suddette questioni, i servizi della Commissione avranno sempre il diritto di respingerlo. Questa è un’altra tutela con cui si vuole fare in modo che Natura 2000 mantenga la propria priorità nei programmi degli Stati membri, anche se non si tratta di una garanzia assoluta. Chiunque sia interessato al finanziamento di Natura 2000, quindi, ha il principale dovere di sollecitare gli Stati membri non solo a proporre obiettivi ambiziosi nei loro programmi nazionali e operativi, ma anche a tutelare azioni costanti e permanenti per la preparazione di validi programmi Natura 2000. Grazie per l’attenzione.

 
  
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  Gutiérrez-Cortines (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, siamo tutti lieti che la Commissione si sia occupata delle questioni relative alla rete Natura 2000, che si riferisce al programma LIFE, di cui sono relatrice ombra.

Riteniamo, tuttavia, che la situazione sia molto frustrante, perché l’argomento è stato affrontato senza tenere conto dei concetti che sono fondamentali per la sostenibilità e, inoltre, abbiamo nuovamente commesso il vecchio errore di considerare Natura 2000 come un territorio cristallizzato, privo di vita e attività.

Dall’istituzione delle prime aree protette, il programma Natura 2000, anziché essere motivo di gioia per la società, è diventato un problema. Nessun posto vuol essere dichiarato zona protetta perché manca una politica di sostegno parallela. E’ diventata una lotta permanente. Sono mancate informazioni in grado di generare e suscitare entusiasmo riguardo allo sfruttamento delle risorse naturali e al vero valore aggiunto della rete Natura.

Inoltre, si è verificata un’espropriazione occulta, poiché l’uso del suolo è molto più limitato di prima e, in molti casi, il valore dei terreni è diminuito. La situazione, pertanto, è diventata pesante. Allora qual è il problema del documento di cui discutiamo? Innanzi tutto, non riconosce le tipologie. Non possiamo introdurre il concetto di Natura 2000 senza considerare le grandi famiglie della biodiversità, perché ciascuna di esse richiede un diverso strumento finanziario. Ad esempio, come si possono gestire le risorse marine, che non sono menzionate, tramite lo sviluppo rurale? Si dovrà creare un programma Natura separato. Tra gli elementi importanti non vengono catalogati nemmeno i fiumi, che invece, a mio parere, costituiscono un progetto essenziale. Manca altresì un’adeguata distinzione tra le varie aree forestali. Si sarebbe almeno dovuta mostrare l’intenzione di elaborare una politica diversificata.

Vorrei infine dire che, se non introduciamo il programma Natura nell’economia di mercato, non otterremo nulla, perché natura significa vita, economia e sostenibilità.

 
  
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  Hegyi (PSE), a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, alcuni anni fa un eminente funzionario dell’Unione europea venne a visitare un paesino dell’Ungheria orientale situato nei pressi di una palude – un vero paradiso per gli uccelli. Mentre stavamo scendendo dall’auto, mi chiese di rimanere in silenzio per un attimo. Voleva solo ascoltare il concerto degli uccelli e delle cicale. In Occidente, mi disse con tristezza, abbiamo perso per sempre questi siti naturali intatti; voi dovreste preservare i vostri a ogni costo.

L’obiettivo dell’iniziativa Natura 2000 si può definire con criteri scientifici, ma la motivazione di base è semplice: salvare almeno alcune parti dei siti naturali europei per noi stessi e per le generazioni future. La principale minaccia per il nostro futuro è la diminuzione delle risorse naturali come l’aria pulita, l’acqua pura e un ambiente sano. Un elevato livello di biodiversità è fondamentale per vivere in un ambiente salubre, per la sicurezza alimentare e per la qualità della vita in generale.

Oltre a questi obiettivi, Natura 2000 è anche un efficace strumento con cui sostenere i paesi europei e le persone che vi abitano. E’ un modo importante per promuovere l’agricoltura organica e il turismo ecologico. Crea posti di lavoro e rivitalizza le zone rurali. Natura 2000 può contribuire a ridefinire il ruolo delle zone rurali in Europa.

Spero che siamo venuti qui per tessere le lodi di Natura 2000, e non per seppellirla, come avrebbe potuto dire Shakespeare. Il futuro del nostro patrimonio naturale ha bisogno almeno dei 6,1 miliardi di euro che vengono stanziati annualmente per questi brevi progetti e, inoltre, li merita. Natura 2000 può essere finanziato in diverse maniere, o tramite il cosiddetto “earmarking”, ossia con una parte dei fondi esistenti, o tramite un fondo indipendente per Natura 2000. Sono molti i particolari tecnici che dobbiamo definire, ma su un punto dobbiamo essere uniti: il livello dei finanziamenti destinati a Natura 2000 non può essere inferiore nemmeno dell’1 per cento alla somma proposta in precedenza dalla Commissione.

Chiedo a ogni gruppo politico e a tutti coloro che rivestono posizioni di rilievo di recuperare la proposta originale e di migliorarla per fare in modo che, in una maniera o nell’altra, l’importo assegnato venga utilizzato esclusivamente per fini inerenti a Natura 2000.

(Applausi)

 
  
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  Mulder (ALDE), a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, sappiamo da tempo che per la produzione di cibo è necessario sempre meno terreno, il che significa che possiamo dedicarci a un’agricoltura più estensiva e creare di conseguenza più spazio per la natura.

Per quanto mi riguarda, ritengo che l’agricoltura sia una componente specifica dello sviluppo rurale e, a mio parere, la stessa affermazione vale anche per il programma Natura 2000. La natura svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle zone rurali, e non può essere considerata separatamente da altri aspetti relativi all’agricoltura e alle iniziative occupazionali inerenti a tali zone.

L’Europa promuove da anni questo concetto tramite strumenti normativi. Conosciamo le direttive “uccelli” e “habitat”, che nei Paesi Bassi sono state trasposte nella legge relativa alla flora e alla fauna, e abbiamo creato appositi sistemi di finanziamento per tutti questi regolamenti. Siamo altresì a conoscenza del regolamento sugli agricoltori di montagna, degli aiuti supplementari a favore di Natura 2000, e così via.

Quanto al futuro, ho già detto che ritengo che tutti questi programmi rientrino nello sviluppo rurale, e penso che dovremmo pertanto fare in modo che venga istituito un fondo speciale per Natura 2000 nel quadro del Fondo per lo sviluppo rurale. Il grande interrogativo, dunque, è questo: come si devono utilizzare le risorse? Come ha già rilevato il Commissario, conosciamo bene il sistema del cofinanziamento, che, a mio parere, può assumere forme speciali. In alcuni paesi il cofinanziamento è evidentemente un problema – con ogni probabilità è un problema maggiore per i paesi più poveri che per quelli più ricchi. E’ possibile che la Commissione prenda in considerazione la possibilità di istituire diversi sistemi di cofinanziamento paralleli nel quadro di questo programma?

Ricollegandomi alla mia affermazione secondo cui l’agricoltura è, per natura, una forma di sviluppo rurale, un’altra domanda alla quale la Commissione potrebbe dare risposta è se in Europa i sussidi all’agricoltura siano generalmente più costosi di quelli destinati allo sviluppo della natura.

 
  
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  Isler Béguin (Verts/ALE), a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, grazie per la risposta, ma non ci soddisfa. Non mi soddisfa perché, se mi permette di essere particolarmente schietta e diretta, in ultima analisi credo che oggi, dopo le sue proposte, dovremmo chiederci se l’Unione europea voglia davvero preservare la propria biodiversità. In questo caso, come per la costruzione di una cattedrale, dobbiamo mettere a disposizione le risorse necessarie alla gestione della rete Natura 2000. Senza soldi, senza stanziare un vero e proprio bilancio per questa spesa, credo che non valga la pena di farsi illusioni.

Signor Commissario, sappiamo tutti benissimo, e la maggior parte dei colleghi presenti in Aula ne è consapevole per l’esperienza vissuta sul campo, che se non si stabilisce chiaramente che nelle regioni si possono ottenere i finanziamenti tramite il Fondo per lo sviluppo rurale, il FESR o il FES, l’intero ammontare dei fondi andrà a qualunque iniziativa fuorché a Natura 2000.

Natura 2000 entrerà in concorrenza diretta con tutti gli altri progetti. Ovviamente, a livello agricolo non mancheranno possibilità d’integrazione, che dimostreranno che Natura 2000 è stata integrata. Ma non ci illudiamo, signor Commissario. Dobbiamo davvero compiere passi avanti. E, proprio perché non abbiamo alcuna fiducia in questa proposta, poiché Consiglio e Commissione non sono giunti a una decisione sui tre miliardi di euro l’anno necessari per la gestione, come relatrice di LIFE+ propongo di includere nel programma LIFE+ una sezione LIFE, precedentemente assegnata alla rete “Natura”: gestione LIFE Natura 2000.

Siamo in attesa che ci venga garantito che la rete Natura 2000 potrà essere realizzata perché, signor Commissario, sia in Aula che sul campo abbiamo combattuto strenuamente per il raggiungimento di quest’obiettivo. Sul campo volevamo solo...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  de Brún (GUE/NGL), a nome del gruppo GUE/NGL.

(L’oratore ha parlato in irlandese)

Natura 2000 è un importante passo avanti per la tutela e lo sviluppo della biodiversità nelle riserve naturali dell’Unione europea. Questa politica deve essere garantita integrando Natura 2000 nei principali programmi di finanziamento dell’Unione europea. I regolamenti sul finanziamento di questi programmi devono riflettere tale approccio integrato. Ora occorre rafforzare i regolamenti sulle prospettive finanziarie 2007-2013 per adottare un approccio integrato al lavoro.

(L’oratore ha parlato in irlandese)

 
  
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  Presidente. – Come sa, non esiste un servizio di interpretariato per il gaelico, ma siamo comunque riusciti a capire parte del suo intervento.

 
  
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  Wise (IND/DEM), a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, c’è qualcosa che l’Unione europea non cerchi di controllare? Ci sono questioni nelle quali la maggior parte dei deputati al Parlamento europeo non cerchi di sperperare il denaro dei contribuenti? Purtroppo, sembra di no. Non soddisfatta di un quadro giuridico comune, dell’armonizzazione fiscale, eccetera, a quanto sembra l’Unione europea vuole controllare la natura. E’ evidente che questa ambizione è stupida.

La direttiva “habitat” del 1992, che aveva istituito Natura 2000, dichiara l’intenzione dell’Unione europea di definire un quadro comune per la conservazione della flora e della fauna selvatiche. Nell’impudente nuova Europa, si deve armonizzare anche la natura. Gli esperti più saggi sanno che questo è impossibile. Quando l’uomo gioca a fare Dio, la natura ha la spiacevole abitudine di tornare a imporsi.

Come membro del gruppo IND/DEM, i cui copresidenti sono un danese e un inglese, ricordo la storia del Re Canuto: stanco dell’adulazione dei suoi cortigiani, che gli dicevano che poteva controllare tutto e tutti, li portò sulla spiaggia e ordinò al mare di ritirarsi. Ovviamente le onde continuarono a infrangersi sui loro piedi. Il re era riuscito a dimostrare il proprio punto di vista. Mi stupisce che Canuto fosse dotato di più buon senso di quanto non ne abbia chi governa l’Europa oggigiorno.

Se l’Europa non è assetata di potere ed è davvero solo un blocco economico, qualcuno può dirmi perché è necessario, ad esempio, elencare e proteggere tutte le specie di pipistrelli? Qualcuno è andato a chiedere ai pipistrelli se sono d’accordo? No, ovviamente no. Ancora una volta, posso solo concludere che, se l’Unione europea è la risposta, la domanda dev’essere stata stupida, per non dire bislacca!

 
  
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  Belohorská (NI).(SK) Tutti hanno i propri sogni e le proprie aspirazioni e i politici hanno i loro ideali e le loro visioni, e di conseguenza li esprimono in vari progetti. Il progetto Natura 2000 è eccezionale per il semplice fatto che racchiude gli ideali e anche le aspirazioni della gente. Si basa sulla protezione del patrimonio culturale e naturale dell’Europa, sulla conservazione e sulla tutela della biodiversità. Oltre a contenere questi magnifici concetti, il progetto Natura 2000 è eccezionale anche perché potrebbe essere la forza trainante dello sviluppo delle zone rurali. Riveste una grande importanza socioeconomica sia rispetto al turismo e all’occupazione che riguardo alla protezione della salute della popolazione.

Oggi, in concomitanza con l’imminente adozione e ratifica del Trattato costituzionale nei vari Stati, è molto importante che, anche su questo argomento, il Parlamento possa esprimere la sua posizione sullo sviluppo di tali progetti, e lo stesso vale per la Commissione, che deve agevolare tali progetti e dotarli delle risorse necessarie alla realizzazione dei loro obiettivi.

La questione del cofinanziamento ha spesso rappresentato un problema per molti Stati membri dell’Unione europea, soprattutto per quelli nuovi, perché, conformemente alla decentralizzazione, le autorità delle varie regioni hanno assunto la diretta responsabilità della gestione di scuole e ospedali e anche della protezione di questo patrimonio. E’ pertanto importante e fondamentale che forniate il vostro aiuto nell’attuazione di questo progetto, e che eroghiate direttamente le risorse finanziarie per aiutare quelle regioni che sono prive di fondi per il cofinanziamento.

Signor Commissario, lei ha parlato di sussidiarietà proprio riguardo a questo punto. Vorrei tuttavia chiederle di ricordare che l’ambiente naturale non ha confini – “agli uccelli non servono passaporti”.

 
  
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  Sonik (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Florenz, presidente della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, per avere avviato questo dibattito su Natura 2000.

Rispetto ad altri paesi europei, la Polonia può vantare notevoli conquiste nell’ambito della protezione ambientale. La designazione di aree protette è una tradizione polacca che risale al XIX secolo. Ora tali siti occupano il 32 per cento del paese, rispetto ad appena il 9 per cento di 20 anni fa. Tuttavia, la Polonia è preoccupata dal fatto che, sebbene in Europa il concetto della rete Natura 2000 si sia evoluto, tale processo non è stato sostenuto da un’adeguata garanzia di finanziamento per la creazione e il mantenimento di questa rete. Il paese ha pertanto apposto il proprio nome in calce alla dichiarazione presentata dalla maggior parte degli Stati membri a ottobre e a dicembre, nella quale essi esprimevano la propria delusione per la proposta della Commissione europea sul cofinanziamento della rete Natura 2000. Non sono state fornite informazioni precise sui principi che permettono di ottenere finanziamenti per adottare misure di protezione a favore dei siti Natura 2000 nel periodo 2007-2013 e, di conseguenza, i fondi destinati a questa rete saranno sicuramente insufficienti. Sarà pertanto impossibile attuare molte urgentissime misure di protezione. In Polonia, la maggior parte delle aree designate come siti Natura 2000 non sarà coperta dai fondi indicati, come nel caso di terreni che fanno parte di foreste nazionali, paludi, praterie naturali, dune, brughiere e zone steppose che vengono utilizzate a scopi agricoli.

Alla luce della lettera scritta il 6 gennaio 2005 dalla Commissione europea alla Polonia, che suggeriva di valutare l’ipotesi di ampliare l’elenco dei siti Natura 2000 del paese, per la Polonia e altri Stati è diventato ancora più importante ottenere la garanzia che venga creato un fondo separato per l’istituzione della rete Natura 2000. La Polonia si aspetta quindi che, nel corso dei lavori sulle nuove prospettive finanziarie, saranno garantiti adeguati livelli di finanziamento per la creazione della rete Natura 2000. Propongo che il regolamento LIFE+ contenga anche disposizioni separate per LIFE+ e Natura 2000.

 
  
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  Haug (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei subito fare una premessa: so benissimo che, agendo in veste di Commissario per l’ambiente, lei segue la tradizione della Commissione, un’Istituzione europea. Pertanto, le osservazioni che sto per fare si riferiscono all’Esecutivo e non a lei personalmente.

Innanzi tutto credo che la ragione per cui il Parlamento deve occuparsi del problema di Natura 2000 sia che la Commissione non ha avuto il coraggio di proporre uno strumento finanziario adeguato. Questo è il primo punto che vorrei evidenziare; con la direttiva sugli habitat ci siamo impegnati ad attuare il cofinanziamento e a erogare le risorse, eppure nei nostri vari fondi non sono state adottate le misure corrispondenti.

In secondo luogo, la Commissione non ha avuto nemmeno il coraggio di fare in modo che i regolamenti esistenti – il regolamento sui Fondi strutturali e il regolamento sullo sviluppo rurale – contenessero termini appropriati. Sono pieni di “può”, “dovrebbe” e “potrebbe”, espressioni tutt’altro che adeguate, per lo meno a nostro parere, e sappiamo tutti benissimo dove porta un simile linguaggio. L’intenzione è che le regioni degli Stati membri presentino programmi operativi da sottoporre poi all’esame e alla valutazione della Commissione. Siamo tutti a conoscenza di questo procedimento, ma non vi è alcuna certezza che ciò che è stato scritto sarà effettivamente letto. Nel periodo di programmazione attuale, ad esempio, tra gli obiettivi del regolamento sui Fondi strutturali è stata inclusa la promozione degli interessi delle donne, tema su cui in effetti il Parlamento ha condotto una strenua battaglia. La reazione degli Stati membri, però, è stata quasi nulla, e questo è inammissibile.

Ecco perché è necessario uno strumento separato per finanziare Natura 2000 e, di fatto, il Parlamento ha già stabilito la necessità di uno strumento finanziario di questo tipo; per rendersene conto, basta esaminare i pareri espressi da ogni commissione sulle prospettive finanziarie. La commissione per l’agricoltura ha già dichiarato che la protezione della biodiversità non è una pura e semplice politica di sviluppo rurale. Conosciamo tutti il significato di quest’affermazione; anche gli esperti dell’agricoltura non vogliono dover erogare risorse dai Fondi per lo sviluppo rurale per finanziare Natura 2000.

 
  
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  Auken (Verts/ALE).(DA) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare il Commissario per la risposta. Con un’unica eccezione, conveniamo tutti che Natura 2000 è un programma incredibilmente importante e, al contempo, conveniamo anche che si devono trovare i soldi. Non so se tutti sono al corrente della somma necessaria: si tratta di almeno 6 miliardi di euro l’anno. Questo significa che si devono ottenere almeno 3 miliardi di euro per Natura 2000. E’ impensabile realizzare quest’obiettivo avvalendosi di un unico fondo. A prescindere dai mezzi e dai modi, dobbiamo riuscire a integrare tale progetto negli altri fondi, e su questo punto siamo tutti d’accordo. A tale proposito sosterremo la Commissione, e devo anche dire che i movimenti verdi, Bird Life e altri, sono favorevoli all’integrazione del finanziamento di Natura 2000. Il problema è che, dalla risposta del Commissario, non sono riuscita a capire come farà a garantire che questo accada davvero. L’onorevole Florenz ha fornito un’accattivante descrizione dei conflitti che ne deriveranno. Se non si è provveduto ad accantonare e a vincolare i fondi, non se ne farà nulla. Solo per motivi finanziari, quindi, vogliamo ottenere dalla Commissione una risposta più chiara di quella che abbiamo ricevuto finora.

Permettetemi di dire, però, che non si tratta solo di ottenere i fondi sufficienti. Occorre anche armonizzare l’intera politica delle nostre zone rurali con l’ambiente naturale, in modo che in queste aree si attui l’agricoltura e si persegua lo sviluppo nel rispetto dell’ambiente naturale vulnerabile anziché, come avviene attualmente, facendo passare grandi reti stradali attraverso regioni sensibili. Sono venuta a sapere che, in Polonia, si accordano esenzioni a chi pratica la pastorizia allo stato brado in un ambiente naturale estremamente vulnerabile e molto ricco, ma per questo fragile. Quindi dobbiamo anche esaminare la maniera in cui sviluppiamo le zone rurali, garantire l’integrazione del programma Natura 2000 e fare in modo che vi siano fondi a sufficienza. Vorrei sottolineare che, qualora non si riescano a trovare le risorse nell’ambito dei fondi esistenti menzionati, la maggioranza della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare si è anche già detta favorevole a iniziare a considerare il primo pilastro, cui ovviamente va quasi tutto il denaro dell’Unione europea. Le somme destinate agli aiuti diretti all’agricoltura sono talmente elevate che è ora di iniziare a prendere in considerazione tali aiuti.

 
  
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  Rack (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, l’onorevole Florenz ha affermato che Natura 2000 è in grave pericolo perché sul finanziamento del programma regna la confusione. Credo che il problema sia molto più serio; non solo non è stato garantito alcun finanziamento, ma si registrano una mancanza di conoscenza e un’incertezza sempre maggiori su ciò che effettivamente comporta la designazione di un sito Natura 2000.

Alla luce della suddetta constatazione, vorrei soffermarmi su diversi punti. Innanzi tutto, i programmi della rete Natura 2000 non devono essere finanziati a spese degli agricoltori e in nessun caso questi ultimi devono essere gli unici a subirne le conseguenze; in caso contrario, come ha chiaramente affermato l’onorevole Gutiérrez-Cortines, i proprietari terrieri verrebbero privati quasi interamente di ciò che spetta loro.

In secondo luogo, è inammissibile che, in ampie parti d’Europa, lo sviluppo dell’economia e delle infrastrutture debba essere rallentato dai ritardi e dalla mancanza di chiarezza sulla designazione dei siti. In molte zone rurali, i programmi d’investimento che potrebbero rivelarsi utili per tali aree e compatibili con la loro natura non possono essere attuati perché alcune domande continuano a rimanere senza risposta. E’ inoltre intollerabile che il programma Natura 2000, il cui vero obiettivo è migliorare la posizione dell’Unione europea affermando a chiare lettere che vogliamo essere un’unione ambientale, e non solo un’unione economica, venga travisato in tale maniera.

Infine, è inaccettabile che si stia arrivando a un punto in cui nessuno sa più cosa sta facendo, e che la responsabilità di questa situazione sia da attribuire soprattutto alle procedure burocratiche di Bruxelles e della Commissione. La Commissione ci esorta a designare siti ovunque – nessuno sa esattamente dove si recupereranno i soldi, ma questo è un problema che potrà essere affrontato più avanti. Ai paesi è stato detto che, se non designeranno alcun sito, verranno deferiti alla Corte di giustizia, come di fatto il Commissario ha appena confermato. Questo programma non riguarda la tutela dell’ambiente; il suo obiettivo è piuttosto quello di dare fastidio ai cittadini.

 
  
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  Lienemann (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, Natura 2000 è una delle principali questioni che determinano il persistere di dubbi sulla costruzione europea. I nostri concittadini condividono con noi l’ambizione di proteggere la biodiversità e constatano che elaboriamo dei testi, ma che, quando si tratta di ottenere fondi, l’Europa non mantiene le promesse. I nostri concittadini accettano l’idea di sviluppo sostenibile, in quanto pensano che sia possibile conciliare la protezione della terra con lo sviluppo economico e l’occupazione, ma, quando hanno bisogno delle risorse e dei canali necessari a tal fine, l’Europa non mantiene le promesse.

Dobbiamo quindi trovare qualche nuovo strumento per preservare la rete Natura 2000. Vorrei formulare tre richieste: innanzi tutto, è necessario un fondo specifico, perché esiste obiettivamente una contraddizione tra la prospettiva di ottenere finanziamenti per la promozione dello sviluppo economico, lo sviluppo rurale, e la conservazione dei territori conformemente a Natura 2000. E’ quindi necessario un fondo ad hoc, e questa è la prima richiesta.

La mia seconda richiesta è la seguente: l’attuazione di Natura 2000 deve essere promossa secondo i criteri in vigore per tutti i fondi europei. Vi fornirò un esempio a dimostrazione di questa contraddizione. L’attuale regolamento FESR, su cui state per avviare i negoziati, prende in considerazione solo le zone boschive o le aree coltivate. Il programma Natura 2000 si rivolge a territori naturali intatti che non sono coperti da boschi o da colture, in altre parole alle zone umide.

In terzo luogo, è necessario uno strumento per l’innovazione, in modo che le pratiche in loco siano maggiormente in linea con ciò che potremmo prevedere per il futuro. Pertanto nel programma LIFE+ è necessario adottare uno strumento specifico e mantenere due pilastri: un pilastro ambientale generale e un pilastro per Life Nature, come facevamo prima.

Come avrà capito, signor Commissario, non pensiamo che le proposte della Commissione, nella loro forma attuale, convinceranno i nostri cittadini sul posto. Riteniamo che la protezione della biodiversità costituisca un passo avanti, compatibile con lo sviluppo delle aree rurali e del futuro economico del nostro paese. Ora, quindi, è necessario dare prova di questa convinzione erogando almeno tre miliardi di euro dai Fondi strutturali.

 
  
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  Olajos (PPE-DE).(HU) Vorrei ringraziare l’onorevole Florenz per averci dato la possibilità di discutere di questo importante argomento. E’ nel nostro interesse che Natura 2000 diventi un sistema funzionante. E’ per questo che, durante la seduta della commissione parlamentare, abbiamo chiesto ai colleghi di rispondere alle nostre domande ed è per questo che chiediamo anche a lei quali assicurazioni e quali garanzie può fornirci per avere la certezza che l’intera rete sarà finanziariamente autonoma. Purtroppo, abbiamo imparato che le risposte ricevute dalla Commissione sono state vane e che, dietro la facciata di un approccio integrato, non sono state in grado di fornire alcuna solida garanzia. Tuttavia, vi è la necessità di ricevere delle garanzie. Vengo dall’Ungheria, dove il governo è riuscito a violare l’accordo precedentemente stipulato con l’Unione europea e a ridirigere 8 miliardi di fiorini ungheresi destinati alla protezione agroambientale a sovvenzioni dirette all’agricoltura. Per questa e altre ragioni analoghe, gli agricoltori stanno dimostrando con i loro trattori nella capitale del mio paese proprio mentre stiamo parlando.

Un proverbio ungherese dice che, una volta che ci si brucia la bocca con l’acqua calda, poi si soffia anche sull’acqua fredda. E’ così che ci sentiamo adesso: dopo essere rimasti scottati dalle vacue risposte della Commissione e dalla posizione adottata da alcuni Stati membri, siamo indotti a stare più attenti. Di conseguenza, i colleghi della commissione ed io chiediamo al Consiglio e anche alla Commissione di creare una dotazione di bilancio separata per gli obiettivi di Natura 2000, nel quadro dei progetti finanziari in preparazione, parallelamente al significativo aggiornamento del programma LIFE+ e nell’ambito del bilancio agricolo – e, a tale proposito, vorrei subito aggiungere che riteniamo che ciò sarà possibile solo con un efficace aumento del bilancio agricolo assegnato a tal fine – o, altrimenti, avviando azioni concrete per creare un fondo del tutto separato. Vorrei inoltre chiedere ai rappresentanti della Commissione di tenere conto dell’adesione della Romania, della Bulgaria e anche della Croazia – che non è stata considerata nel progetto nella sua forma attuale.

 
  
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  Scheele (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, come i precedenti oratori, vorrei congratularmi anch’io con la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Ritengo che questa sia un’importantissima discussione, che dimostra che il Parlamento deve insistere affinché venga creato uno strumento separato per il finanziamento di Natura 2000.

Uno dei colleghi intervenuti prima di me ha affermato che, secondo alcuni, il programma Natura 2000 sarebbe stato creato per dare fastidio ai cittadini. Per molti altri, invece, è uno strumento volto a fornire un aiuto concreto nella battaglia per la protezione della biodiversità. Credo che sia nostro dovere sostenere chi la pensa in questo modo e, come molti colleghi, sono pertanto favorevole a creare uno strumento finanziario separato in futuro.

Ritengo anche che non sia del tutto appropriato affermare che ciò che conta non è l’entità dei fondi a disposizione. Molte delle ONG attive in quest’ambito ci hanno detto che la stima della Commissione, secondo cui il costo annuale sarebbe pari a 6,1 miliardi di euro, può essere considerata solo come un minimo assoluto. Pertanto sarà nostro dovere garantire che, oltre a uno strumento separato, vengano messi a disposizione anche fondi sufficienti.

Capisco l’attrattiva esercitata da un approccio integrato, ma condivido il parere dell’onorevole Haug, secondo cui la situazione è analoga a quella verificatasi nel caso delle politiche relative alle questioni femminili; per anni tutti coloro che non hanno voluto prestare alcuna attenzione a tali problematiche hanno affermato che non era necessario farlo grazie all’integrazione delle questioni di genere. Poi tutti sono rimasti ad aspettare che facessero miracolosamente la loro comparsa politiche progressiste sulle questioni femminili e sulle pari opportunità. Se si deve adottare un approccio integrato, dunque, ciò che occorre è una duplice strategia, che preveda l’integrazione nei fondi esistenti, ma anche l’istituzione di uno strumento finanziario separato in futuro.

 
  
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  Klaß (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, in Germania esiste una regola non scritta, ma non per questo meno chiara, secondo cui spetta a chi ha effettuato l’ordine pagare il conto, ed è notoriamente risaputo che, in questa nostra Unione europea, succede ben poco se mancano i soldi. L’Unione europea aveva stabilito, o per lo meno promosso, l’istituzione della rete Natura 2000 in Europa. Tuttavia, l’Unione europea non ha ancora fornito un’esatta definizione delle misure che dovranno essere avviate, né ha stabilito quali regolamenti si dovranno adottare o a quali accordi si dovrà giungere riguardo ai siti che sono stati designati e, per la verità, questo fatto è stato segnalato poc’anzi dal Commissario Dimas.

Ora, secondo le stime della Commissione, il costo annuale di Natura 2000 è pari a 6,1 miliardi di euro. Si tratta di un’ingente somma di denaro, che però, se si considera la sfera di applicazione ultima del programma, è al contempo molto esigua per tutti i 25 Stati membri. Attualmente i programmi di gestione per le zone speciali di conservazione (ZSC) devono essere elaborati a livello nazionale e regionale, e non è difficile comprendere che, in un ambito tanto complesso come la protezione ambientale, ogni area avrà esigenze diverse e sarà quindi necessario attuare misure differenti. Restano ancora domande senza risposta; ad esempio, non si sa in quali casi si dovrà effettuare una spesa maggiore, e se sarà necessaria una modifica dell’utilizzo dei suoli, che comporterebbe una diminuzione del reddito e una perdita economica per le aziende agricole.

Ora la Commissione propone di recuperare il denaro assegnato a questi impegni dai fondi europei esistenti. Questa proposta suscita la mia preoccupazione perché, se venisse attuata, si assisterebbe inevitabilmente a quella lotta per i finanziamenti di cui ha parlato l’onorevole Florenz. Occorre creare uno strumento finanziario separato che permetta di concedere indennizzi in tutti i casi in cui sono state imposte restrizioni a seguito della designazione dei siti Natura 2000.

E’ questo che chiedono gli agricoltori, onorevole Haug. E’ inammissibile che un aumento dei finanziamenti per l’indennizzo delle ZSC debba avvenire a discapito delle misure agricole e ambientali e di altri programmi per lo sviluppo rurale. L’Unione europea deve erogare fondi sufficienti per tutti i compiti supplementari e gli onerosi obblighi che impone. In questo modo si tutelerebbe la sostanza di Natura 2000.

 
  
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  Ayuso González (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, signor Commissario, l’interrogazione dell’onorevole Florenz è opportuna perché la rete Natura 2000 è l’iniziativa più importante che l’Unione europea abbia mai avviato nell’ambito della protezione degli spazi naturali, e gli Stati membri lo hanno capito.

Il mio paese, che rappresenta il 16 per cento del territorio dell’Unione europea, contiene il 40 per cento dell’intera rete Natura 2000: vi è compreso il 25 per cento del territorio spagnolo.

Tuttavia, Natura 2000 ha un costo che, a tutt’oggi, non è stato ancora calcolato con esattezza. I 6,1 miliardi di euro previsti dalla Commissione potrebbero discostarsi di molto dalla realtà, perché questa cifra non tiene sufficientemente conto della spesa per gli indennizzi che si potrebbero dover versare a proprietari terrieri e agricoltori che, di fatto, sono privati dell’uso dei terreni agricoli e dei loro diritti su di essi.

Occorre inoltre ricordare che, oltre che per la gestione delle risorse naturali, essi devono essere risarciti anche per la diminuzione del reddito, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali, inclusa nella Costituzione europea.

La rete Natura 2000 è un’iniziativa comunitaria e, pertanto, l’Unione europea deve assumersi la responsabilità del costo che comporta non solo la gestione delle aree, ma anche la diminuzione del reddito degli agricoltori.

La proposta di finanziare una parte di questi costi a carico della politica per lo sviluppo rurale, avanzata dal Commissario Wallström, indica che la Commissione non prende sul serio la rete Natura 2000 o che disprezza lo sviluppo rurale, o entrambe le cose.

Gli Stati membri devono scegliere tra questi due obiettivi, uno dei quali va sempre a discapito dell’altro. Se sarà approvata la proposta in esame sul nuovo Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale, con una dotazione di 11 000 milioni di euro l’anno, dovremmo destinare il 20 per cento di questo importo al finanziamento di una parte sostanziale del costo di Natura 2000.

Inoltre, nella riforma della PAC effettuata a settembre del 2003, è stato ampliato l’elenco di azioni che devono essere finanziate a carico dello sviluppo rurale, al quale si sono aggiunte il miglioramento della qualità, la sicurezza alimentare e il benessere degli animali.

Di conseguenza, la rete Natura 2000 è molto importante e richiede un apposito strumento di finanziamento oppure l’aumento dell’importo destinato allo sviluppo rurale.

 
  
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  Korhola (PPE-DE).(FI) Signor Presidente, la domanda posta dal collega Florenz è legittima. Tra le priorità fissate per la Comunità e la mancanza di chiarezza sui finanziamenti esiste un abisso politico. E’ opportuno che lei, Commissario Dimas, esprima il desiderio, come ha fatto all’inizio di questo dibattito, di salvaguardare il finanziamento di Natura 2000. Inoltre, occorrono strumenti efficaci per trasformare il suo desiderio in realtà. E’ necessario istituire un fondo speciale.

Una sfida cruciale per l’Unione europea è proteggere la diversità della natura nell’area comune a noi tutti. La diversità è una questione importante per tutti e per questo non occorre giustificarla separatamente in questa sede. Ogni Stato membro ha assunto questo impegno stilando un elenco delle proprie aree da preservare conformemente alla direttiva “habitat”. Dal punto di vista della politica sulla conservazione della natura, la rete Natura 2000 è unica, perché protegge l’ambiente di circa 200 habitat e 700 specie, e presto coprirà oltre il 17 per cento del territorio europeo.

La rete Natura 2000 deve essere oggetto di un notevole contributo da parte degli Stati membri. Le aree non devono subire alcuna rilevante riduzione delle risorse naturali che permettono loro di essere incluse nella rete Natura. Da parte loro, le autorità devono redigere una valutazione dell’impatto ambientale di tutti i progetti e i piani che potrebbero influire sul valore naturale delle aree interessate.

Poiché l’ampio impatto della rete Natura 2000 su tutte le attività relative alle aree di conservazione, attuali e in programma, richiederà ingenti risorse e investimenti finanziari da parte degli Stati membri dell’Unione europea, dobbiamo davvero fare in modo che, a livello di Unione europea, vengano assegnati sufficienti ed esaustivi finanziamenti all’amministrazione della rete Natura 2000 tramite uno strumento finanziario separato.

 
  
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  Guellec (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, la comunicazione della Commissione sul finanziamento di Natura 2000 elenca varie possibilità per far fronte alle necessità che emergeranno nel periodo 2007-2013. La medesima comunicazione conclude, come ha rilevato il Commissario, che la creazione di un nuovo strumento finanziario non è la formula adeguata. Condivido appieno questa posizione, anche se oggi pomeriggio non è stata sostenuta a sufficienza.

Nella maggior parte dei casi, le aree Natura 2000 proposte dagli Stati membri sono prioritariamente ammissibili al sostegno dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione, e possono analogamente beneficiare in via prioritaria dei fondi LIFE per i costi di gestione e il monitoraggio dei programmi. Perché, allora, dovremmo volere distinguere i finanziamenti dei programmi della rete Natura 2000 da quelli delle politiche regionali e rurali? In entrambi i casi le azioni sono strettamente correlate, sia che gli obiettivi si riferiscano allo sviluppo locale, alla protezione dell’ambiente o alla conservazione della biodiversità. Si correrebbe il rischio enorme di dissociare del tutto Natura 2000 da ciò che è stato fatto in altri contesti per le aree interessate. Gli ostacoli incontrati durante il lungo – anzi, lunghissimo – periodo in cui sono state definite le aree Natura 2000 si moltiplicherebbero, e l’isolamento di questo meccanismo, che dovrebbe essere esemplare, diventerebbe addirittura maggiore.

Si rischierebbe inoltre di complicare eccessivamente l’attuazione e la gestione dei programmi. In questo modo i costi operativi aumenterebbero e si darebbe l’impressione di una monumentale tecnocrazia che verrebbe respinta dalle popolazioni interessate.

Infine, occorre sottolineare che i costi previsti per i programmi variano molto a seconda del paese e delle aree Natura 2000 che sono state scelte. Un uso intelligente dei Fondi strutturali, ai quali si potrebbero eventualmente aggiungere finanziamenti aggiuntivi nel quadro del programma LIFE, potrebbe a mio parere essere una risposta migliore della creazione di uno specifico strumento finanziario.

 
  
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  Kušķis (PPE-DE).(LV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, storicamente molti habitat che sono scomparsi in altre parti d’Europa, nei nuovi Stati membri sono sopravvissuti. Ecco perché, a livello politico nazionale, è stata data priorità all’istituzione della rete Natura 2000.

Ora che è stato stilato l’inventario dei territori da proteggere e che è stata compresa appieno l’importanza che essi rivestono per la preservazione della diversità biologica, potrebbero mancare le risorse atte a conservarli. La Commissione ha annunciato che sostiene il finanziamento di Natura 2000 a carico del Fondo per lo sviluppo rurale e dei Fondi strutturali. Tuttavia, non ha previsto di creare uno strumento finanziario ad hoc per la rete. Credo che, soprattutto nei nuovi Stati membri, dove a livello di progetti locali esiste una forte concorrenza per riuscire a ottenere risorse dai Fondi strutturali e dai Fondi per lo sviluppo rurale, la rete dell’Unione europea per la protezione della natura non abbia molte prospettive di ricevere altrettanti finanziamenti: non si dovrebbe permettere il verificarsi di una situazione simile.

Innanzi tutto, dobbiamo creare un nuovo strumento unificato per il finanziamento ambientale. In secondo luogo, dobbiamo accogliere con favore le proposte volte a integrare le attività sostenute nel progetto di regolamento avviando una delle seguenti azioni: stanziando risorse per la gestione di quegli habitat che non riceveranno aiuti nel quadro dei Fondi strutturali e dei Fondi per lo sviluppo rurale, assegnando finanziamenti a favore dei progetti pilota nell’ambito delle tecnologie ambientali, prevedendo misure preparatorie per la futura erogazione di denaro a titolo dei Fondi strutturali. Solo così le fonti di finanziamento disponibili si integreranno a vicenda per il mantenimento di Natura 2000, e realizzeremo l’obiettivo che ci eravamo prefissi quando abbiamo creato questo programma.

 
  
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  Ebner (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, nessuno può pensare che la natura e l’ambiente non debbano essere protetti, e Natura 2000 è un’idea eccezionale e un’ottima iniziativa. Quando si deve venire al sodo, però, e arriva il momento di stanziare denaro a favore di iniziative di questo tipo e di farle decollare, molti di coloro che in precedenza avevano espresso il loro entusiasmo battono velocemente in ritirata. Il numero di persone che in ogni caso si prendono la briga di agire, o che per lo meno hanno intenzione di farlo, è esiguo.

Riguardo all’attuazione di Natura 2000 si è dovuto far fronte a una serie di problemi iniziali che si sarebbero potuti evitare. I Paesi Bassi, ad esempio, sfruttando il pretesto di Natura 2000, hanno colto l’occasione di vietare la caccia in molte parti del paese. Credo che tale iniziativa abbia suscitato una forte opposizione e, infatti, nel corso della precedente legislatura, il Commissario Wallström, ha affermato a chiare lettere che Natura 2000 è assolutamente compatibile con la caccia.

E’ inoltre importante condividere le conoscenze e risolvere le incertezze sull’applicazione del programma. Sono fermamente convinto che i funzionari della DG diretta dal Commissario Dimas abbiano svolto un lavoro splendido in passato, eppure, a prescindere dagli sforzi profusi, è impossibile svolgere un’attività di questo tipo senza condurre i debiti lavori preparatori. Natura 2000 non deve essere attuato a spese dei proprietari terrieri e dell’agricoltura, e si devono concedere indennizzi anziché privare le persone di ciò che è loro dovuto.

Natura 2000 non deve essere attuato a detrimento della politica agricola comune o dello sviluppo rurale. I siti di Natura 2000 coprono il 15 per cento della vecchia Unione europea, e le misure di finanziamento per il restante 85 per cento – escluse le città e le zone densamente edificate – rientrano nell’ambito dello sviluppo rurale e dell’agricoltura. Non si deve ridurre ulteriormente questa vasta area, e pertanto ritengo che la soluzione migliore sia un finanziamento ampio e separato.

 
  
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  Schierhuber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, Natura 2000 è un programma estremamente ambizioso, che esiste da moltissimi anni. In alcuni casi impone restrizioni ai proprietari terrieri, eppure questa è la prima volta che la Commissione rivolge la propria attenzione al finanziamento del programma a livello europeo.

La Commissione propone di cofinanziare il programma, ed io sono favorevole a tale proposta. Al tempo stesso, però, propone di erogare i finanziamenti a carico dei Fondi strutturali e di sviluppo rurale, e vi sono diverse ragioni per credere che si voglia fare in modo che la principale fonte di finanziamento sia lo sviluppo rurale, visto che non esiste un fondo separato per Natura 2000. Come relatrice per lo sviluppo rurale, devo sottolineare che, per finanziare Natura 2000, è necessario creare un nuovo fondo oppure elaborare nuove disposizioni che assegnino maggiori risorse allo sviluppo rurale.

Un altro punto che vorrei rilevare è che, a seguito delle decisioni adottate a Bruxelles al fine di porre un tetto massimo alla dotazione di bilancio per l’agricoltura fino al 2013, e a seguito della riforma della PAC, che ha trasferito i fondi di modulazione dal primo al secondo pilastro – o, in altre parole al cofinanziamento per lo sviluppo rurale – è inevitabile che i proprietari terrieri e gli agricoltori ricevano un indennizzo per i loro sforzi da questo pilastro.

Un’altra questione evidente è che il bilancio a disposizione non può assolutamente essere inferiore a quello proposto dalla precedente Commissione Prodi. E’ impossibile avere più Europa con meno soldi quando ci sono 25 Stati membri, e sono assolutamente contraria all’espropriazione delle proprietà senza la corresponsione di un debito indennizzo.

 
  
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  Kelam, Tunne (PPE-DE).(ET) Signor Presidente, signor Commissario, il dibattito odierno s’incentra sulla seguente domanda: “Nell’applicare il proprio approccio integrato, in quale modo la Commissione europea intende garantire la realizzazione pratica degli obiettivi di Natura 2000?”. Finora non è stata data alcuna risposta soddisfacente, poiché né il Fondo europeo per lo sviluppo rurale né i Fondi strutturali consentono di realizzare tutti gli obiettivi di Natura 2000, o di soddisfare tutti i requisiti necessari per il cofinanziamento.

Pertanto, credo che sia importante offrire l’opportunità di utilizzare il programma LIFE+ per colmare questo deficit. Ritengo che si dovrebbe modificare la proposta attuale includendovi la possibilità di usufruire del cofinanziamento dell’Unione europea per proteggere e recuperare gli habitat d’importanza europea situati al di fuori delle zone agricole o boschive.

Ecco perché si dovrebbe integrare Natura 2000 nel regolamento LIFE+ come attività finanziata separatamente; inoltre, nel caso di LIFE+, sarebbe opportuno ricorrere agli Stati membri per stanziare la maggior parte dei finanziamenti destinati ai progetti. In questo caso si dovrebbe tenere conto dell’effettivo contributo apportato da ciascuno Stato membro alla rete Natura 2000 dell’Unione europea, compresa l’area dei siti designati per la protezione degli uccelli e della natura.

Un problema attuale è che né i Fondi strutturali né il Fondo per lo sviluppo rurale tengono in considerazione il contributo di questo Stato membro alla rete Natura 2000, dando invece preferenza ai progetti di aree più densamente popolate. Vengo dall’Estonia, e quindi posso testimoniare che una delle caratteristiche uniche del mio paese è l’esistenza di zone naturali relativamente estese. I progetti dell’Estonia coprono il 16 per cento del territorio del paese. Attualmente la conservazione di queste aree è più semplice ed economica del recupero di ex aree naturali dell’Europa centrale. Pertanto è illogico che un fondo destinato a sostenere le attività di protezione della natura consideri come criterio di finanziamento la densità demografica, anziché l’attuale stato di conservazione delle risorse naturali.

 
  
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  Jackson (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sostengo l’idea di integrare l’interesse per l’ambiente in altre politiche quali i Fondi strutturali, i fondi agricoli, eccetera. Tuttavia, chiunque abbia a cuore l’ambiente sa che non si possono assolutamente affidare le attività di integrazione agli Stati membri. Della questione si è parlato a lungo oggi pomeriggio.

Vorrei richiamare l’attenzione del Commissario sul seguente punto: alcuni Stati hanno impiegato molto tempo a designare i siti della rete Natura 2000. Nei confronti di quattro paesi – Paesi Bassi, Francia, Italia e Finlandia – sono state emesse sentenze a causa dell’inadeguata designazione di aree di protezione speciale per gli uccelli. Nell’Unione europea solo uno Stato – i Paesi Bassi – ha ultimato la designazione di aree speciali destinate alla conservazione.

Questi siti costituiscono l’elenco di Natura 2000, perciò come possiamo essere lieti che a occuparsi dei finanziamenti siano gli Stati membri, quando non si può fare affidamento su di loro per la designazione di tali siti? Immaginare che gli Stati membri forniscano finanziamenti adeguati per Natura 2000 è un trionfo della speranza sull’esperienza, a meno che il bilancio dell’Unione europea non offra incentivi per uno specifico cofinanziamento destinato a questo programma. Se e quando il Commissario Dimas interverrà nella discussione, vorrei chiedergli di fornirci notizie aggiornate sull’effettivo stato dei progressi di Natura 2000. E’ vero che diversi Stati membri non si sono ancora messi in contatto con la Commissione per la designazione dei siti, oppure adesso la rete è completa?

In secondo luogo, coloro che vogliono ricevere finanziamenti dall’Unione europea per tutti i siti di Natura 2000 devono evitare di fare offerte troppo alte. Dobbiamo avere la garanzia che si otterranno finanziamenti a favore di Natura 2000 a titolo dei Fondi strutturali. Si devono anche ottenere risorse per le esigenze speciali di alcuni siti Natura 2000 tramite l’annuale processo di offerta, preferibilmente attraverso l’istituzione di un programma sulla biodiversità nell’ambito del programma LIFE+.

Alla Commissione non è mai piaciuto il programma LIFE, nel quale pochi funzionari lavorano alacremente per cercare di scoprire cosa succede a esigue somme di denaro. E’ indubbio che, dal punto di vista amministrativo, per la Commissione sarebbe conveniente chiudere il programma LIFE in toto. Tuttavia, agire in questo modo sarebbe sbagliato, signor Commissario. Può dire che ciò che sta cercando di fare è efficace, ma i miei colleghi ed io riteniamo che sia sbagliato.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTH-BEHRENDT
Vicepresidente

 
  
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  Herranz García (PPE-DE).(ES) Signor Commissario, includere la rete Natura 2000 nel regolamento sullo sviluppo rurale, come proposto dalla Commissione, significa buttare via questa ambiziosissima iniziativa sulla protezione della natura.

Sappiamo tutti che, dopo le attuali discussioni sulle prospettive finanziarie, è probabile che non vi siano fondi sufficienti nemmeno per le linee di bilancio che finora sono state finanziate a titolo della politica di sviluppo rurale, per non parlare delle nuove azioni previste, dopo la riforma del settembre 2003, per il miglioramento della sicurezza, della qualità alimentare e del benessere degli animali.

E’ utopico, quindi, credere che in tale contesto rimarrà del denaro con cui far fronte al costo immenso di Natura 2000. Si sa sempre meno sul finanziamento di questa rete, ma dobbiamo riconoscere che non si è mai saputo granché. La dimostrazione è che le aree Natura 2000 sono state designate con almeno dodici anni di ritardo rispetto all’adozione della direttiva sugli habitat.

Nel processo di consultazione della società civile svolto all’epoca dalla Commissione europea, tutti gli attori – dagli agricoltori alle organizzazioni ecologiste – si erano pronunciati a favore del finanziamento di questa iniziativa tramite un fondo separato e unico, poiché questo sarebbe stato l’unico modo possibile di obbligare l’Unione europea a impegnarsi a finanziarla. Tuttavia, nessuno degli attori coinvolti in tale iniziativa è stato tenuto in considerazione dalla Commissione. Il finanziamento di una parte sostanziale di Natura 2000 tramite il Fondo per lo sviluppo rurale non solo è una chimera, ma la sua inclusione nel quadro delle misure agroambientali potrebbe compromettere gli sforzi compiuti dagli agricoltori europei per rispettare i requisiti ambientali imposti loro dalla riforma della PAC recentemente avviata.

La Commissione europea afferma di avere come priorità la conservazione della natura, però, alla resa dei conti, si dimostra avara e pretende che siano gli agricoltori e i proprietari terrieri a farsi carico del suo costo finanziario.

 
  
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  Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, molte grazie per questo costruttivo dibattito. La Commissione è perfettamente consapevole dell’importanza di garantire un adeguato cofinanziamento comunitario per Natura 2000, per il quale sono stati approvati gli elenchi di cinque regioni su sei, con poche lacune. Tutti i nuovi Stati membri hanno presentato i loro elenchi.

L’approccio dell’integrazione proposto è coerente con quanto stabilito dall’articolo 8 della direttiva sugli habitat, che per il cofinanziamento chiede di attingere ai fondi esistenti. Tale approccio si basa inoltre sulla prassi in vigore, secondo cui i Fondi strutturali e di sviluppo rurale sono già le fonti di finanziamento comunitario più importanti per la rete. Si stima che ogni anno vengano erogati 500 milioni di euro dai Fondi per lo sviluppo rurale a sostegno di misure agroambientali per i siti Natura 2000.

La Commissione ha preso nota delle preoccupazioni relative ai grandi limiti dei Fondi strutturali e di sviluppo rurale. Per far fronte a questa situazione, le ultime proposte riconoscono la necessità di ampliare le opportunità di finanziamento per Natura 2000 rispetto alla situazione attuale. Sia nel regolamento sui Fondi per lo sviluppo rurale che in quello sui Fondi strutturali, i finanziamenti stanziati a favore di Natura 2000 sono stati resi più espliciti e ne è stata estesa la portata. L’ampliamento dei finanziamenti destinati alle aree boschive riveste un particolare rilievo nel nuovo regolamento sullo sviluppo rurale. L’importanza di queste zone non può essere sottovalutata perché le aree boschive rappresentano il 30 per cento della rete di Natura 2000.

La Commissione farà in modo che l’integrazione di Natura 2000 nei fondi esistenti diventi più efficace includendola tra le priorità degli orientamenti strategici che verranno trasmessi agli Stati membri quando questi ultimi inizieranno a preparare i loro programmi sui Fondi strutturali. Nei negoziati che condurrà con gli Stati membri sul contenuto di questi programmi, la Commissione farà sì che gli stanziamenti assegnati a Natura 2000 rispondano a questa dichiarata priorità della Comunità. La Commissione dovrà anche approvare i programmi operativi e nazionali che le verranno presentati.

Quanto alla proposta di LIFE+, mi preme sottolineare che il suo obiettivo è continuare a sostenere Natura 2000. Gli Stati membri hanno la flessibilità di fissare le proprie priorità e di decidere le somme da destinare a Natura 2000. Potrebbe quindi succedere che Natura 2000 attiri una percentuale delle risorse del programma LIFE ben più elevata di quella attuale. Se si assegnasse un importo preciso a Natura 2000 nell’ambito di LIFE+, si rischierebbe inoltre di dare l’impressione che si possa trattare di un fondo ad hoc in grado di coprire tutte le necessità della rete.

La nostra proposta è in linea con il principio generale dell’integrazione e della semplificazione di tutte le altre proposte della Commissione nel contesto delle prospettive finanziarie. Attualmente sono in corso discussioni in seno a Consiglio e Parlamento sulla proposta di regolamento per LIFE+. Se il Parlamento europeo proporrà un emendamento nel corso del processo legislativo, sarò ovviamente disposto a prenderlo seriamente in considerazione.

Per concludere, pur senza offrire garanzie esplicite, le proposte della Commissione riescono ancora a coprire le necessità finanziarie della rete Natura 2000. Vi esorto pertanto a fornire il vostro sostegno alle varie proposte della Commissione che sono attualmente all’esame del Parlamento. Accolgo con favore il vostro interesse nei confronti di Natura 2000 e sono ansioso di lavorare con il Parlamento per garantire l’effettiva attuazione di questo programma come uno degli attuali pilastri fondamentali della politica comunitaria sulla biodiversità. Vi ringrazio molto per l’attenzione.

 
  
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  Jackson (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, questo è un dibattito, o dovrebbe esserlo. Se ci limitiamo a leggere ciascuno i propri discorsi, potremmo benissimo scambiarci le nostre opinioni per posta. Ho rivolto una domanda al Commissario Dimas: la rete dei siti Natura 2000 è completa oppure la Commissione continua a portare gli Stati membri in tribunale per la mancata designazione di tali siti? E’ inutile parlare di fondi destinati ai siti se la Commissione non sa di quali siti si tratti.

 
  
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  Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, ripeterò ciò che ho detto prima: sono stati approvati gli elenchi di cinque regioni su sei, con poche lacune. Tutti i nuovi Stati membri hanno presentato i loro elenchi.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

 

13. Ambiente e salute (2004-2010) (seguito)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0008/2005) dell’onorevole Ries, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sul piano d’azione europeo per l’ambiente e la salute 2004-2010 [2004/2132(INI)].

 
  
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  Breyer (Verts/ALE), a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, con questo piano d’azione la Commissione avrebbe dovuto presentare della proposte legislative, che costituiscono la parte essenziale di qualunque piano d’azione e spero che il Commissario Dimas concordi che la protezione dei bambini avrebbe dovuto essere il fulcro di questo piano d’azione. Se ci chiediamo che cosa abbia fatto il Commissario Dimas del programma SCALE della Commissione, la risposta è necessariamente che l’acronimo SCALE adesso va interpretato come segue: Stopping Caring about Legislating for the Environment, in altre parole smettiamo di preoccuparci di legiferare per l’ambiente. Questa è la vera critica alla sua proposta, Commissario Dimas. Vero è che lei l’ha ereditata dalla Commissione uscente, ma non è possibile che un piano d’azione consista soltanto ed esclusivamente nella ricerca elevata all’ennesima potenza, senza alcuna misura concreta per ridurre realmente la contaminazione dell’ambiente e l’impatto sulla salute, in particolare nel caso dei bambini.

Un piano d’azione non può nemmeno strumentalizzare la mancanza di consenso scientifico per procrastinare all’infinito qualunque misura, perché ciò ribalterebbe completamente il principio di precauzione. Noi ci aspettiamo invece, signor Commissario, che lei agisca e sono molto lieta che il Parlamento europeo oggi abbia fornito un chiaro segnale in questo senso: non possiamo accettare il suo piano d’azione che, in realtà, altro non è che un piano di non azione. Dopo tutto siamo d’accordo che la tutela dei bambini sia una priorità assoluta per l’Unione europea: per questo motivo mi risulta incomprensibile come lei possa osare sottoporre al Parlamento un simile piano di non azione e avere la sfacciataggine di battezzarlo piano d’azione.

Mi sembra non soltanto un’offesa all’intelligenza dei parlamentari, ma anche un affronto alle nostre aspettative e alle proposte della Commissione precedente.

All’indirizzo del collega Schnellhardt personalmente e del gruppo del Partito popolare europeo voglio dire che non ho una grande opinione di chi afferma, sotto le pressioni della lobby dell’industria del tabacco, che il fumo passivo non causa il cancro. Questa è davvero una mistificazione della realtà.

 
  
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  De Brún (GUE/NGL), a nome del gruppo GUE/NGL. –

(L’oratore ha parlato in irlandese)

(EN) Vorrei congratularmi con l’onorevole Ries per la sua relazione. Riconoscere che la salute è collegata all’ambiente fisico e sociale deve diventare un aspetto coerente nella politica dominante e nella discussione generale.

La collega Ries giustamente critica la notevole distanza tra la strategia iniziale della Commissione per la salute e l’ambiente e questo piano d’azione. Tale divario si palesa nello scarso numero di azioni concrete proposte.

Occorre altresì considerare le iniziative di successo in Irlanda e altrove in materia di divieto del fumo sul luogo di lavoro. Si è registrato un calo del 18 per cento nel consumo di sigarette in Irlanda e molti di quanti osteggiavano il divieto totale del fumo di tabacco sul luogo di lavoro ora lo considerano normale.

Dobbiamo andare oltre il concetto che la salute è semplicemente una scelta di stile di vita, e il piano d’azione non riesce nell’intento. Perché i gruppi più svantaggiati della nostra società possano sfuggire a un cattivo stato di salute e alla povertà, abbiamo bisogno di azioni definite e concertate tra Stati membri e Commissione. Tali iniziative devono anche disporre di risorse adeguate.

E’ necessario fare di più insieme ai professionisti della salute e alle ONG per consentire alle comunità di svolgere un ruolo attivo nella costruzione di un ambiente migliore: bisogna intervenire in modo più convinto per proteggere bambini, anziani e altri gruppi vulnerabili da ambienti e prodotti nocivi; occorre promuovere altre attività per ritirare le sostanze chimiche pericolose dal mercato; ci vuole un’etichettatura adeguata sulle implicazioni ambientali e sanitarie di prodotti e materiali. E’ altrettanto vitale ricorrere al principio di precauzione, in quanto potrebbero esserci gravi rischi per la salute, se non sappiamo intervenire.

Sono perfettamente d’accordo con l’onorevole Ries e la sua affermazione secondo cui per garantire la coerenza e l’efficacia del piano d’azione è necessario stabilire un finanziamento adeguato per il periodo 2004-2007. Desidero ringraziarla per il suo lavoro e raccomandare al Parlamento la sua relazione.

 
  
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  Presidente. – Segnalo all’onorevole de Brún e agli altri onorevoli deputati, che l’interpretazione è possibile soltanto per gli interventi pronunciati in una delle lingue ufficiali dell’Unione europea.

 
  
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  Krupa (IND/DEM), a nome del gruppo IND/DEM. (PL) Siamo convinti che il piano d’azione europeo per il 2004-2010 abbia limiti significativi e che non affronti i problemi alla radice. Il fatto che per anni siano stati ignorati gli allarmi lanciati da molti esperti non è solo il risultato dell’ignoranza e della sconsideratezza, ma anche delle attività di gruppi di interesse ricchi e influenti che traggono profitto dalle disgrazie altrui. Le analisi di rischio hanno già dimostrato che esiste un chiaro pericolo, quindi in tanti Stati membri non si avverte affatto il bisogno di una ricerca a livello nazionale sui bambini: non sarebbe nulla di più che un’ennesima analisi di rischio. Servono invece correttivi immediati atti a ridurre nonché, idealmente, ad eliminare le fonti delle emissioni nocive, in quanto simili misure consentirebbero davvero di tutelare la salute delle persone e di salvare le loro vite. E’ altresì necessario un sistema di monitoraggio efficace, che includa moduli di sorveglianza regionali e programmi di prevenzione locali. Il piano d’azione dovrebbe concentrarsi maggiormente sulla protezione dell’ambiente, anche l’ambiente locale, e sulla costituzione di un’Agenzia europea per le sostanze tossiche e il registro delle malattie. Al pari del prototipo americano, il mandato dell’Agenzia dovrebbe essere quello di offrire un servizio ai cittadini degli Stati membri dell’UE utilizzando i progressi scientifici, offrendo informazioni affidabili e rispondendo alle minacce per la salute pubblica. A mio parere, l’Agenzia europea per le sostanze tossiche e il registro delle malattie dovrebbe essere sotto l’egida del Centro europeo di prevenzione e di controllo delle malattie e dovrebbe lavorare insieme all’Agenzia europea dell’ambiente. Grazie.

 
  
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  Aylward (UEN), a nome del gruppo UEN. – (EN) Signora Presidente, viviamo in una comunità del mercato interno che comprende 25 Stati membri e conta 475 milioni di abitanti. Ciò crea un sistema nel quale esiste una libera circolazione delle persone tra i diversi Stati membri. Pertanto, politicamente è di enorme importanza che l’Unione europea guidi il coordinamento volto a promuovere un migliore stato di salute nell’Unione europea.

L’Unione europea è in una posizione di grande forza per vedere esattamente quali Stati membri attuano le migliori tecniche per fronteggiare patologie quali le infezioni respiratorie acute, che sono la principale causa di morte per i bambini al di sotto dei cinque anni. L’Unione europea deve imparare dalle migliori tecniche disponibili al suo interno per combattere affezioni quali l’asma, le allergie infantili o i disturbi dello sviluppo neurologico.

Occorre ricordare che è stata l’Unione europea a prendere recentemente l’iniziativa di vietare l’uso di particolari sostanze chimiche nella fabbricazione delle piastrelle in plastica.

Riguardo ad un aspetto distinto, la Commissione europea ha già affermato che la riduzione dell’utilizzo dei prodotti del tabacco sarà tra i suoi obiettivi politici cruciali. In Irlanda si sono già compiuti passi enormi e il modello irlandese potrebbe essere adottato da altri Stati membri dell’Unione.

La morale è la seguente: se vogliamo migliorare la salute dei cittadini europei dobbiamo garantire che sia stanziato un bilancio adeguato per gestire tali problemi. Ecco il motivo per cui sono pienamente favorevole alla raccomandazione contenuta nella relazione, secondo cui occorrerebbe destinare almeno 300 milioni di euro al settimo programma quadro di ricerca (2007-2012) per promuovere uno standard più elevato di salute all’interno dell’Unione europea.

Infine il Parlamento europeo ha ampi poteri di codecisione in materia di ambiente e sanità. Posso assicurare alla Commissione e la Presidenza del Consiglio che in futuro intendiamo usare con rigore questi poteri.

 
  
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  Seeber (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, il nostro modo di vivere produce un impatto sempre maggiore sull’ambiente. Sarebbe troppo semplicistico a questo punto dipingere un quadro in bianco e nero con scenari dell’orrore. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che siamo anche riusciti ad ottenere progressi massicci in diversi campi della qualità dell’ambiente. Si pensi ai programmi Auto/Oil I e II, grazie ai quali abbiamo migliorato la qualità dei carburanti e dunque combattuto il problema delle piogge acide, e ancora alla legislazione europea utilizzata per ottenere determinati livelli di qualità dell’aria e dell’acqua.

Nonostante ciò, credo che non possiamo dormire sugli allori. Le cifre sono allarmanti: un caso ogni sei di mortalità e morbilità infantile in Europa è imputabile a fattori ambientali. L’incidenza delle malattie respiratorie allergiche negli ultimi venti anni è raddoppiata e ormai ne è colpito un bambino su sette e circa il 10 per cento dei lavoratori sono esposti a sostanze cancerogene.

Ciò significa che il piano d’azione presentato è più necessario che mai. Occorre garantire che il principio di precauzione sia accettato, anche per motivi di bilancio. La salute dei nostri cittadini dovrebbe essere in ogni caso al primo posto, ma è altrettanto vero che un cattivo stato di salute della popolazione grava in modo sproporzionato anche sul bilancio degli Stati.

Pertanto dobbiamo migliorare il piano d’azione anche nella forma, vale a dire negli ambiti seguenti: la Commissione con la sua decisione ha giustamente attribuito un ruolo centrale alla necessità di combattere quattro malattie causate dall’ambiente, tuttavia l’approccio adottato lascia molto a desiderare. Numerosi studi scientifici di recente pubblicazione continuano ad essere ignorati e, contrariamente all’iniziativa SCALE, non sono previste disposizioni circa il ricorso a strumenti giuridici.

Inoltre mancano provvedimenti atti ad informare il pubblico sul rapporto di causalità tra contaminazione ambientale e salute. Non è prevista una valutazione a lungo termine tramite la quale poter verificare se le misure contribuiscono ad una riduzione dei problemi sanitari legati all’ambiente, in modo efficace in termini di costi. La ricerca sulla produzione e utilizzazione di prodotti di uso quotidiano che contengono sostanze chimiche allergeniche e cancerogene dovrebbe dunque essere prioritaria.

 
  
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  Westlund (PSE).(SV) Signor Presidente, il rischio di morire di cancro è quattro volte maggiore per le parrucchiere che per le donne in generale. Un terzo delle malattie professionali è dovuto all’utilizzo di prodotti chimici pericolosi per la salute umana. Come la relazione afferma, i danni al sistema nervoso causati da mercurio, pesticidi e altre sostanze chimiche, sono aumentati notevolmente negli ultimi decenni.

L’opera volta a individuare ed eliminare progressivamente le sostanze chimiche pericolose è dunque un fattore decisivo per migliorare la salute umana. Questo elemento, anche se la relazione lo mette in luce, dovrebbe altresì costituire la base delle future discussioni di questo Parlamento sulla futura politica per le sostanze chimiche, REACH.

Le malattie e un cattivo stato di salute affliggono i diversi gruppi della società in modo diverso. I bambini sono molto sensibili alle influenze ambientali. Le fasce meno abbienti sono spesso più esposte alla malattia rispetto a chi percepisce redditi più elevati, ed esiste una diversità tra il cattivo stato di salute negli uomini e nelle donne. La commissione ha tenuto presenti questi fattori e per noi socialdemocratici è stato fondamentale che fossero inclusi. Abbiamo fatto in modo che la relazione recepisse sia la necessità di prestare maggiore attenzione ai gruppi particolarmente vulnerabili, sia l’obbligo di raccogliere i dati in modo tale da poter trarre più informazioni sulla diversa vulnerabilità e morbilità di diversi gruppi nella società rispetto alle varie forme d’inquinamento ambientale. Ad esempio, vorremmo che si ripartissero le statistiche per genere, in modo da identificare e combattere le differenze tra uomini e donne in materia di salute e malattia.

Non è soltanto il nostro ambiente a causare la malattia. Anche le malattie legate allo stile di vita costituiscono oggi una grande minaccia. Noi socialdemocratici abbiamo pertanto scelto di porre in rilievo la necessità di moltiplicare gli sforzi volti a combattere le malattie causate specialmente dall’alcol, ma anche dal tabacco, da una dieta povera e dalla mancanza di esercizio fisico.

 
  
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  Matsakis (ALDE).(EN) Signora Presidente, è doveroso ringraziare l’onorevole Ries per aver lavorato con sollecitudine sulla relazione.

La salute umana, fisica e mentale, è direttamente collegata all’ambiente in cui viviamo. Gran parte dei processi patologici è il risultato di interazioni tra il nostro corpo e vari fattori ambientali. Lo insegna il senso comune. Un piano d’azione sull’ambiente e la salute dovrebbe perseguire due obiettivi principali: primo, identificare rapidamente i principali fattori ambientali di rischio per la salute e, secondo, eliminare o minimizzare il loro effetto sulla salute umana per quanto possibile. Anche questo è buon senso.

Il piano d’azione proposto dalla Commissione, purtroppo, è improntato più alla pianificazione e meno all’azione. Esso riguarda principalmente il miglioramento dell’informazione e della ricerca sugli agenti ambientali inquinanti, le cause delle malattie e la promozione delle procedure di comunicazione su ambiente-salute tra gli Stati membri. Alla fine mira a contribuire a migliorare la salute umana. Questo è buon senso? Da un lato sì, perché l’informazione, la ricerca e la cooperazione in materia d’interazione ambiente-salute, sono sempre un fattore positivo, ma non abbiamo necessariamente bisogno di altri meccanismi legati alla ricerca, dispendiosi in termini di tempo e risorse, per agire tempestivamente e salvare delle vite adesso.

Sappiamo già quali sono i principali pericoli ambientali che uccidono, quindi il buon senso vorrebbe che ci si concentrasse innanzi tutto su di essi e si cercasse di eliminarli rapidamente e in modo efficace. Un esempio ovvio è il fumo. Sappiamo che il fumo, sia attivo, sia passivo, causa centinaia di migliaia di decessi in Europa ogni anno. Sappiamo anche che l’unico modo efficace per ridurre il vizio mortale del fumo è aumentare drasticamente il prezzo delle sigarette, introdurre un divieto totale di pubblicità delle sigarette e fermare la tabacchicoltura.

E’ questo ciò che stiamo facendo? Non esattamente! Un pacchetto di sigarette è ancora relativamente a buon mercato in tanti Stati membri dell’Unione; la pubblicità di sigarette, in particolare quella indiretta, che è più efficace perché agisce sul subconscio, esiste tuttora, e continuiamo a sovvenzionare molti agricoltori perché coltivino tabacco. Ciò è decisamente poco sensato.

Concludendo, sono favorevole alla ricerca e all’informazione per combattere le malattie di lungo periodo connesse all’ambiente di cui non sappiamo molto, ma sollecito la Commissione ad approvare un’azione drastica immediata per prevenire le malattie che già oggi ci sono ben note.

 
  
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  Staes (Verts/ALE).(NL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, molti sono preoccupati per l’impatto dell’ambiente sulla loro salute e si tratta di preoccupazioni molto specifiche. E’ stato ormai adeguatamente provato che la fertilità sta diminuendo e il numero di aborti spontanei sta aumentando a causa delle influenze ambientali. E’ sempre più evidente la diffusione delle allergie. E’ in aumento il numero di bambini che soffre di asma ed è costretto ad utilizzare a vita i broncodilatatori. L’influenza del fumo di tabacco sulla salute dei non fumatori si è abbondantemente nota a tutti. Il piano d’azione, pertanto, rientra nell’approccio SCALE che s’incentra su cinque concetti chiave: scienza, bambini, consapevolezza, strumenti giuridici e valutazione. Tuttavia devo affermare, signor Commissario, che quando il programma d’azione è stato presentato ha suscitato grande delusione e scetticismo. Mi sia consentito indicare tre elementi.

Primo, esiste un significativo divario tra le ambizioni contenute nella strategia generale e il piano d’azione.

Secondo, il piano d’azione non è realmente un piano d’azione, ma piuttosto un piano di ricerca che probabilmente non riuscirà a ridurre in modo effettivo l’incidenza delle malattie causate dall’inquinamento ambientale. Come svariati colleghi hanno dichiarato all’Aula, signor Commissario, non abbiamo bisogno di altri studi o ricerche, abbiamo invece bisogno di azione.

Terzo, non esistono proposte finanziarie concrete della Commissione sulle modalità di finanziamento del piano d’azione. Senza fondi non si può fare nulla: è impossibile e infattibile, signor Commissario, lo sappiamo bene. Ciò crea molto scetticismo e preoccupazione, anche se fortunatamente la relazione dell’onorevole Ries e la relazione della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sono motivo di soddisfazione. Vorrei soffermarmi su altri due punti che il gruppo Verde/Alleanza libera europea vorrebbe introdurre tramite due emendamenti; vorremmo sottolineare che non sono stati avanzati obiettivi per le azioni proposte e che delle 13 azioni soltanto tre riguardano misure specifiche per ridurre l’incidenza delle malattie.

Secondo, desideriamo porre in rilievo che non è in funzione un sistema di biosorveglianza collegato con la medicina ambientale. Signor Commissario, la invito a prendere in considerazione le osservazioni del Parlamento e le sarei grato se trasformasse il suo piano d’azione in un piano d’azione reale, degno di questo nome.

 
  
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  Adamou (GUE/NGL).(EL) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, è ormai giunta l’ora di tenere conto dell’impatto diretto che i fattori ambientali possono esercitare sull’uomo. E’ un fenomeno che noi oncologi conosciamo e purtroppo riscontriamo con frequenza.

L’inquinamento ambientale svolge un ruolo importante nello sviluppo del cancro, una malattia che colpisce un europeo su tre nell’arco della vita. Mi consenta di formulare una previsione, signor Commissario: al ritmo con cui progredisce oggi la cardiologia, sia chirurgica sia interventistica, non stupiamoci se tra qualche anno il cancro diventerà la principale causa di morte negli Stati membri dell’Unione europea. Tuttavia, la prevenzione del cancro e di altre malattie è necessaria e chiaramente più economica della cura successiva. Vorrei sottolineare che il fumo, contro cui il Commissario Kyprianou ha lanciato una campagna, è il principale fattore ambientale, ma non l’unico, che svolge un ruolo cruciale nello sviluppo del cancro. Purtroppo, nel piano REACH, la Commissione si limita soltanto a dichiarazioni formali e rinvia la definizione di misure legislative e linee di bilancio specifiche per la loro applicazione con il pretesto che sono necessarie ulteriori ricerche. Come ha affermato l’onorevole Ries, il piano è un piano di valutazione piuttosto che d’azione. Esistono numerosi studi scientifici validi su sostanze dannose per l’ambiente e la salute umana e per questo ci chiediamo quali interessi la Commissione stia proteggendo: quelli dei cittadini europei o delle grandi industrie? E’ urgentemente necessario ritirare dal mercato europeo alcune sostanze pericolose specifiche cui si fa riferimento nella relazione, soprattutto perché sono disponibili alternative più sicure. In questo caso, tra le altre cose, la presunta mancanza di informazioni non può essere addotta come scusante per l’inazione. Allo stesso modo è assolutamente necessario che si reperiscano le risorse, sia per la ricerca, che naturalmente deve essere intensificata, sia per la prevenzione delle malattie che hanno una causa ambientale.

In nessun punto il piano propone il ricorso al principio di precauzione, né stabilisce da dove si debbano ricavare i fondi. Inoltre, sono necessarie risorse per informare il pubblico e i professionisti allo scopo di eliminare il fumo attivo e passivo nonché altri fattori, come la relazione prevede, dai luoghi di lavoro e dagli spazi aperti e chiusi frequentati da bambini. Desidero porre in evidenza la vulnerabilità dei gruppi sociali meno abbienti che, a causa della loro posizione economica e sociale, sono esposti in modo sproporzionato ai rischi ambientali, come i lavoratori nelle professioni insalubri.

Concludo con la speranza che sia la Commissione europea sia il Consiglio europeo tengano seriamente conto della relazione dell’onorevole Ries, cui faccio i complimenti per il lavoro svolto.

 
  
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  Sinnott (IND/DEM).(EN) Signora Presidente, quando siamo ammalati, la salute è ciò che più desideriamo. Quando stiamo bene, è uno dei beni che reputiamo più preziosi. In Irlanda abbiamo un modo di dire che illustra la priorità che attribuiamo alla salute: se qualcuno non supera un esame, ammacca il paraurti dell’automobile, oppure se gli capita qualcos’altro del genere, cerchiamo di relativizzare la sventura dicendo “Quando c’è la salute, c’è tutto”. Desidero ringraziare l’onorevole Ries per non avere usato mezzi termini. La salute, in particolare dei bambini, è minacciata nei nostri paesi europei e il piano d’azione sulla salute nella sua attuale forma non dispone degli strumenti per garantirci un’autentica protezione.

La relatrice Ries ha inoltre proseguito con forza l’importante processo volto a denunciare le sostanze chimiche tossiche e a chiederne l’eliminazione. Vorrei esprimerle il mio sostegno e, anzi, esprimere la speranza che presto si possano aggiungere alla lista altre sostanze chimiche quali l’antimonio, le diossine e l’acido fluorosilicico. Mi preme riferire che quest’ultima sostanza chimica, l’acido fluorosilicico, utilizzata per fluorurare le forniture idriche nel mio paese, produce l’effetto perverso di potenziare in modo esponenziale la pericolosità di altre sostanze tossiche come il piombo, il mercurio e l’alluminio. E’ un veicolo chimico che rilascia questi altri veleni nell’acqua e li trasferisce nel tessuto organico e nelle ossa.

Sono lieta che il mercurio, probabilmente l’inquinante più neurotossico tra tutti, sia oggetto di attenta considerazione nella relazione Ries. Vorrei che aumentasse la consapevolezza dei pericoli che il mercurio comporta, visto che è utilizzato come pratico conservante industriale mentre dovrebbe essere sostituito. Mi preme altresì in modo speciale che si migliori il piano d’azione per includere sistemi di monitoraggio della salute davvero efficaci e reattivi. Un altro modo di dire nel mio paese è “Almeno non è morto nessuno!”, ma quest’affermazione non è più vera: la gente muore.

 
  
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  Ebner (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, dalle mie parti si dice che un uomo sano ha cento desideri e un uomo malato uno solo: guarire. In questo adagio c’è un concentrato di saggezza di vita e quindi occorre appoggiare qualunque sforzo votato a mantenere la salute della popolazione e dei singoli. Lungi da me voler sminuire gli sforzi profusi dalla Commissione, però questo piano d’azione è un’indagine – anzi, un’indagine nella quale purtroppo non si tiene conto delle ultime scoperte – più che un’iniziativa efficace, concreta e di ampia portata per risolvere una situazione che è stata riconosciuta come problematica.

Non vorrei – diversamente da tanti colleghi che mi hanno preceduto – vedere il bicchiere mezzo vuoto, bensì vorrei considerarlo mezzo pieno. Desidero inoltre ringraziarla per l’impegno e allo stesso tempo spronarla a fare di più e ad avere più coraggio nelle conclusioni che trarrà. Mi permetto di illustrare il principio di precauzione con l’esempio che segue: il governo italiano ha recentemente di fatto vietato il fumo in tutti gli ambienti chiusi sul territorio nazionale. Il paese è stato travolto da un’ondata d’indignazione e tuttavia l’effetto è stato senza dubbio positivo. Se il miliardo di euro che oggi è destinato alla tabacchicoltura progressivamente potesse essere stanziato a favore della salute si potrebbe fornire un coraggioso contributo alla salute.

 
  
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  Drčar Murko (ALDE).(SL) Signora Presidente, la ringrazio. Poiché il Parlamento europeo, con la relazione dell’onorevole Ries, stabilisce misure specifiche per la realizzazione del programma per la politica comune per l’ambiente e la salute per il periodo 2004-2010, potremmo essere consapevoli che questi siano settori nei quali l’Unione europea sta diventando un leader mondiale. Dopo tutto, questa non è soltanto una zona di libero scambio, ma anche un progetto politico, economico e addirittura sociale. La lotta contro l’esclusione sociale è uno dei suoi elementi chiave.

In seguito all’allargamento, le politiche per l’ambiente e la salute hanno acquisito nuove dimensioni. L’Unione europea a venticinque membri sta registrando un aumento nelle differenze regionali e sociali, cambiamento che si riflette direttamente nella qualità della salute delle persone. Contrariamente alle aspettative, 55 milioni di persone vivono in condizioni di povertà. I gruppi più vulnerabili sono gli anziani che vivono da soli, le famiglie monoparentali composte dalla sola madre e i disoccupati. I profili di questi gruppi, che sono a rischio a causa dell’esclusione e dunque anche per la loro salute, illustra chiaramente come si sono sviluppate le società, come sono mutati i metodi di produzione e come operano le economie.

I nuovi Stati membri non sono un insieme omogeneo, ma taluni indicatori sono simili, poiché sono il risultato di condizioni analoghe nel periodo di transizione. Esiste un divario particolarmente ampio tra nuovi e vecchi Stati membri rispetto al livello di fondi destinati all’assistenza sanitaria. Confido che tramite una strategia comune sarà gradualmente possibile invertire le tendenze negative cui stiamo attualmente assistendo. Come l’ambiente, la salute della popolazione è una questione interdisciplinare. Meno sviluppo significa meno salute. Investimenti tempestivi nella salute riducono i costi per l’economia in generale.

 
  
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  Doyle (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, questo piano propone di attuare azioni tramite iniziative e programmi esistenti a favore dei quali sono già state stanziate risorse a titolo dei bilanci operativi dei servizi competenti, in particolare il programma sulla sanità pubblica e il sesto programma quadro per la ricerca. Chiedo venia per il mio scetticismo. E’ inevitabile che saranno necessarie nuove iniziative per far avanzare il piano d’azione.

Vorrei mettere in rilievo l’importanza di identificare le lacune nelle conoscenze e di garantire che ogni iniziativa necessaria per colmare tali lacune sia oggetto di profonda riflessione e suscettibile di produrre i risultati richiesti. Questi ultimi devono basarsi sulle procedure di valutazione del rischio dell’Unione europea e sui pareri dei comitati scientifici competenti, che consentono anche una valutazione inter pares. La completezza della legislazione che adottiamo in Parlamento dipende continuamente e sempre di più dal rigore scientifico, elemento che mi preoccupa in modo crescente.

Tutte le valutazioni d’impatto devono essere attribuibili ai rispettivi autori. Non dovrebbero limitarsi ad essere il risultato di un’autocontemplazione interna. I nomi degli autori devono essere indicati su ogni valutazione d’impatto, così da conoscerne la fonte e poter valutare se sono in gioco interessi costituiti.

Nei nostri Stati membri è necessario un migliore coordinamento tra organi pubblici che espletano attività connesse al controllo degli alimenti, dell’acqua potabile, della qualità dell’aria e via dicendo. In relazione alla valutazione d’impatto sulla salute, mi sembra universalmente accettato che la metodologia sia in evoluzione e non statica, e che sia notevolmente difficile determinare e raccogliere dati statistici necessari scientificamente per corroborare le valutazioni d’impatto ambientale.

Non possiamo proteggere le persone da se stesse, né legiferare per tutti i rischi della vita. Siamo franchi su questo punto. Mi piacerebbe vedere una definizione di salute pubblica. Continuiamo ad utilizzare questo termine in una lunga lista di atti legislativi: esso significa cose diverse in paesi diversi. La Commissione parla di salute del pubblico europeo, non di fornitura di servizi di sanità pubblica.

Concludendo, vorrei che la Commissione vietasse la somministrazione in massa di sostanze medicamentose nelle forniture pubbliche di acqua. Dal punto di vista etico le Istituzioni europee non possono più accettarlo.

 
  
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  Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziarvi tutti per le osservazioni costruttive contenute nella relazione come pure per quelle che avete espresso durante la discussione odierna. Il contributo del Parlamento europeo è molto importante. Tramite la stretta cooperazione tra Parlamento e Commissione, saremo in grado di fornire all’Unione europea un modo efficace ed efficiente di affrontare le possibili conseguenze sulla salute umana delle preoccupazioni ambientali. Vorrei brevemente commentare alcuni dei vostri rilievi e cercare di rispondere alle vostre domande.

La costruzione graduale di un ambiente integrato e di un sistema d’informazione sulla salute, nel quale la biosorveglianza umana svolgerà un ruolo essenziale, costituisce il valore aggiunto del piano d’azione. Si tratta di un piano ambizioso e di lungo respiro, ma ciò non c’impedirà di agire, anzi, molte azioni sono già state adottate sulle principali questioni relative all’ambiente e alla salute. Soltanto per indicare alcuni esempi vorrei attirare la vostra attenzione sull’acqua pulita e sugli impianti fognari, materia disciplinata dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, dalla direttiva sull’acqua potabile e dalla direttiva sulle acque di balneazione.

Le malattie respiratorie saranno affrontate ancora di più grazie a CAFE (Clean Air for Europe), il programma per l’aria pulita in Europa. Le malattie collegate a stress chimici e fisici sono già oggetto della legislazione sui pesticidi e i biocidi. La nuova politica per le sostanze chimiche – REACH – sarà una pietra miliare fondamentale in quest’ambito. Occorre tenere presente tutto il cammino che abbiamo compiuto e garantire che si lavori sulla base degli sforzi esistenti evitando di creare inutili doppioni.

Esistono già numerose misure legislative imminenti che avranno un impatto sulla protezione della salute umana. Ciò riguarda in particolare le strategie tematiche di REACH e CAFE. Dobbiamo proseguire i nostri sforzi prima di prospettare elementi aggiuntivi, ed è per questo motivo che la strategia per l’ambiente e la salute si concentra sulla preparazione della futura generazione di legislazione ambientale.

La strategia per l’ambiente e la salute era specificamente incentrata sui bambini e, durante il processo di consultazione degli attori per preparare il piano d’azione, gli esperti hanno sottolineato tale preoccupazione. Innanzi tutto, bisognerebbe includere l’esposizione dei genitori per tenere conto dei bambini non ancora nati e secondo, dovremmo guardare agli adulti per comprendere le malattie causate dall’esposizione durante l’infanzia. Per questi motivi il piano d’azione si è esteso anche agli adulti, prendendo in esame le diverse categorie di vulnerabilità.

Il principio di precauzione è al centro della politica ambientale e continuerà ad essere la pietra miliare della nostra azione. Sarà applicato in funzione delle condizioni indicate dalla legislazione del caso. La Commissione condivide appieno questa linea. Voglio essere estremamente chiaro per evitare possibili fraintendimenti. La Commissione non userà questa mancanza d’informazione in materia di ambiente e salute come scusa per non agire.

Rispetto al piano finanziario, siamo molto lieti del sostegno del Parlamento in quanto autorità di bilancio a favore del finanziamento volto ad attuare il piano d’azione. Abbiamo un vincolo rappresentato dalle iniziative di bilancio fino al 2006 e faremo il migliore uso possibile di tutte le risorse disponibili.

Attualmente all’interno della Commissione stiamo discutendo di un aumento molto sensibile dei finanziamenti per la ricerca dedicata ad ambiente e salute. La richiesta da parte del Parlamento di una copertura di 300 milioni di euro per il 2007-2010 ci offre un sostegno politico più che utile.

Tuttavia, anche gli Stati membri devono fare la propria parte. Una versione europea dello Studio nazionale sui bambini svolto negli Stati Uniti, come il Parlamento ha chiesto, costerebbe circa 100 milioni di euro l’anno, il che equivale ad un aumento massiccio del nostro attuale bilancio per la salute e l’ambiente. Speriamo di fornire il maggior sostegno possibile a livello di Unione europea, ma anche da parte degli Stati membri è necessario un impegno forte.

La Commissione apprezza enormemente la cooperazione del Parlamento e i suoi sforzi costruttivi in quest’ambito. Allo scopo di ottimizzare tutto ciò, la Commissione intende informare regolarmente la commissione parlamentare competente sui progressi conseguiti nell’attuazione del piano d’azione.

Infine, vorrei sottolineare che entro il 2007 avremo ottenuto progressi significativi nella realizzazione del sistema d’informazione e speriamo di avere i primi risultati sull’efficacia in termini economici delle misure volte ad affrontare i problemi sanitari. A questo punto riferiremo al Parlamento in termini oggettivi se le politiche esistenti funzionano e quali nuove iniziative politiche sono necessarie.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì.

 

14. Patente di guida
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0016/2005), presentata dall’onorevole Grosch a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la patente di guida.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signora Presidente, onorevoli parlamentari, il 21 ottobre 2003 la Commissione ha approvato la proposta di direttiva relativa alla patente di guida che discuterete tra qualche istante.

Oggi negli Stati membri si contano oltre 110 modelli diversi di patente di guida, tutti validi e regolarmente in circolazione, che non sempre conferiscono gli stessi diritti. In un’area aperta, dove la libertà di circolazione dei cittadini rappresenta la regola, le conseguenze di questa situazione sono ovvie. E’ difficile effettuare i controlli, le autorità pubbliche fanno fatica a gestirle, i cittadini si trovano spesso in difficoltà perché la loro patente non è riconosciuta. Questa situazione non è più accettabile.

La proposta di direttiva della Commissione si prefigge tre obiettivi principali : la protezione antifrode, la libera circolazione e la sicurezza stradale. Per quanto attiene alla protezione antifrode, la Commissione propone di eliminare il modello cartaceo. A partire dalla data di entrata in vigore della direttiva, l’unico modello comunitario che potrà essere utilizzato sarà il formato scheda di plastica. Ciò contribuirà altresì a ridurre il numero di modelli in circolazione. Gli Stati membri avranno la possibilità di inserire nella patente un microchip che recherà, ovviamente, soltanto i dati riportati sulla patente in plastica e che non potrà essere utilizzato ad altri fini. Questo contribuirà a rafforzare la protezione antifrode.

La Commissione propone inoltre di introdurre una durata di validità della patente limitata nel tempo. Questa validità amministrativa, che corrisponderà a dieci anni per le patenti di guida per automobili e motocicli, consentirà, in occasione di ogni rinnovo, di procedere a un aggiornamento degli elementi di protezione antifrode e di sostituire la foto del documento con una più recente. E’ in questo modo che si può evitare efficacemente una situazione analoga a quella attuale.

L’introduzione di un limite di validità permetterà di rimuovere l’ultimo ostacolo alla libera circolazione in questo settore. Infatti, i cittadini che si stabiliranno in un altro Stato membro non saranno più confrontati a periodi di validità diversi in funzione dello Stato. Questo è l’elemento che, unitamente all’armonizzazione del modello di patente, consentirà di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione.

La proposta della Commissione mira altresì a migliorare la sicurezza stradale. A tal fine, la Commissione propone di introdurre una nuova categoria di patenti per i ciclomotori. I conducenti di ciclomotori sono infatti i più giovani motorizzati che circolano sulle strade. Sono anche particolarmente vulnerabili, come si evince da tutte le statistiche, che rilevano per questa categoria un tasso di sinistri stradali proporzionalmente superiore rispetto alle altre tipologie di utenti. La Commissione suggerisce, pertanto, di regolamentare l’accesso alla guida dei motocicli più potenti in modo progressivo, così come avviene per i mezzi pesanti e i pullman di maggiore potenza, di armonizzare la periodicità degli esami medici per i conducenti professionisti e di introdurre requisiti minimi per la qualifica iniziale e la formazione continua degli esaminatori di guida.

Quella che vi presentiamo, signora Presidente, onorevoli parlamentari, è una proposta ambiziosa tesa a migliorare la sicurezza stradale, assicurare la libera circolazione e contrastare le frodi nel contesto delle patenti di guida. Questa proposta avrà un forte impatto su molti cittadini per i quali la patente di guida è una garanzia di mobilità e di libera circolazione, nonché un documento di identità nella vita di tutti i giorni.

 
  
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  Grosch (PPE-DE), relatore. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto ringraziare tutti coloro che hanno assicurato il loro contributo, non solo i servizi della Commissione e del Consiglio, ma anche i colleghi parlamentari. Nel corso degli ultimi mesi, il lavoro sulla direttiva in materia di patenti di guida è stato animato dal desiderio di raggiungere un risultato coerente e di promuovere un dialogo di ampio respiro, alla luce della constatazione che i pareri divergenti sono il risultato delle diverse situazioni dei vari Stati membri, e non delle posizioni dei partiti.

(FR) Per questo motivo, signor Commissario, sono grato alla Commissione per i suoi chiari orientamenti, e vorrei estendere i miei ringraziamenti a tutti coloro che si sono adoperati in questo ambito.

(DE) Oltre a prefiggerci il conseguimento del consenso e della coerenza, abbiamo ritenuto importante assicurare che questo strumento giovi ai cittadini in generale, visto che concerne, dopo tutto, quasi due terzi della popolazione adulta europea. E’ esattamente per questo motivo che abbiamo deciso di fare qualcosa di più: invece di proporre la coesistenza di 111 patenti di guida e di un modello europeo, la proposta presentata dalla commissione per i trasporti e il turismo prevede il passaggio a un’unica patente di guida europea entro un lasso di tempo ragionevole di circa dieci o venti anni.

Tale risultato ovviamente ha un valore simbolico, oltre a offrire vantaggi in termini di semplificazione dei controlli sulle strade, contribuendo così, com’è ovvio, alla lotta contro la criminalità e le frodi. Noi tutti conosciamo bene il fenomeno del turismo delle patenti di guida, su Internet abbondano le pagine sull’argomento, ed è per questo motivo che la questione interessa anche gli Stati membri. Se abbiamo una patente di guida unica che consente di semplificare e centralizzare la gestione dei dati negli Stati membri, e se questi ultimi sono disposti a cooperare e a scambiarsi i dati, ne consegue indubbiamente una riduzione delle frodi e un miglioramento della mobilità in Europa.

La certezza giuridica rappresenta altresì un valore aggiunto per i cittadini. Lungi dal voler minacciare i diritti acquisiti, il nostro fine è quello di rafforzarli. Vogliamo anche assicurare che coloro che si guadagnano da vivere alla guida di un veicolo non perdano il loro diritto quando si trasferiscono, come documentato da alcune denunce presentate alla Commissione. La proposta sarebbe vantaggiosa anche per coloro che si spostano da un paese all’altro per turismo e che vorrebbero veder riconosciuti i loro diritti ovunque vadano.

Abbiamo inoltre deciso di evitare qualsiasi discriminazione sulla base dell’età, e abbiamo quindi lasciato agli Stati membri la libertà di introdurre l’obbligo di esami medici o meramente preventivi, se lo ritengono opportuno. Sono assolutamente persuaso, tuttavia, che le regole già consolidate in alcuni Stati membri si diffonderanno anche negli altri.

Un altro beneficio è rappresentato dalla sicurezza stradale. A tale proposito, il progetto di direttiva segue la linea della Commissione e si concentra sulla formazione di base, che costituisce l’elemento fondamentale, senza interferire in alcun modo con i sistemi di formazione avanzata. A tal proposito abbiamo cercato di assicurare coerenza con la direttiva sulle qualifiche iniziali e sulla formazione periodica dei conducenti di alcune categorie di veicoli stradali per il trasporto di merci o di passeggeri, includendo sia i conducenti di autobus che di mezzi pesanti.

Un altro esempio è la nostra soluzione al problema dei camper e delle roulotte, che si basa su un’adeguata formazione piuttosto che sull’introduzione della patente complessa B+E; in tal modo, teniamo conto delle esigenze del turismo, che svolge, come sapete, un ruolo importante nello sviluppo dell’economia europea.

Un approccio graduale per i motociclisti è un altro elemento della nostra filosofia di fondo. Nella sua introduzione, signor Vicepresidente della Commissione, lei ha fatto riferimento alla possibilità, universalmente riconosciuta, di compiere maggiori sforzi in questa direzione. Si contano ancora 40 000 decessi sulle nostre strade e, se il numero di incidenti che coinvolgono autoveicoli diminuisce, aumenta purtroppo quello degli incidenti con motocicli, che continuano a costare la vita a un elevato numero di persone.

E’ per questo motivo che abbiamo approvato un approccio graduale, che non intendiamo però basare su un esame teorico. Abbiamo optato per la formazione, e intendiamo quindi consentire a quegli Stati membri che preferiscono stabilire un limite di età inferiore di garantire ai loro cittadini certezza giuridica in questo ambito, conferendo tuttavia ai loro sistemi la progressività prevista nel progetto di direttiva. Non intendiamo opporci alle tradizioni di certi paesi in questo contesto, trattandosi di tradizioni riconducibili a fattori quali i requisiti di mobilità e la situazione economica, ma ci prefiggiamo una strategia generale basata sull’età media europea e sul sistema di formazione progressiva.

Sussistono problemi di equivalenza, che non scompariranno. Abbiamo compiuto un primo tentativo di contemplare anche i veicoli e tre e quattro ruote, ma siamo consapevoli che i problemi inerenti a queste categorie non si risolveranno dall’oggi al domani. Da parte mia, continuo a ritenere che non sarebbe saggio prevedere la stessa patente per automobili e motocicli – anche se ciò incoraggerebbe una maggior comprensione tra automobilisti e motociclisti –, poiché le due tipologie di veicolo richiedono competenze di guida completamente diverse.

In sintesi, direi che la semplificazione, la certezza giuridica, la sicurezza stradale e la soppressione delle frodi sono gli elementi principali che abbiamo voluto sottolineare nella nostra proposta. Infine, consentitemi di ringraziare nuovamente tutti i colleghi per la buona volontà e la cooperazione negli ultimi due mesi.

 
  
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  Jarzembowski (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei desidera congratularsi con il relatore, onorevole Grosch, per la sua eccellente relazione sulla proposta della Commissione relativa alla terza direttiva in materia di patenti di guida. Il relatore ha presentato delle proposte di miglioramento dettagliate sulla futura introduzione di una patente di guida uniforme a livello europeo e – cosa ancora più importante – ha formulato dei suggerimenti che vanno incontro alle esigenze dei cittadini, come quelle relative alle roulotte e ai camper. Ha inoltre presentato chiare proposte migliorative nel contesto della questione del cosiddetto turismo delle patenti di guida. Non si contribuisce alla sicurezza stradale se si consente a un conducente la cui patente è stata ritirata per fondati motivi di ottenerne immediatamente un’altra in un paese vicino. In questo ambito, l’onorevole Grosch ha svolto un ottimo lavoro elaborando il principio dell’eliminazione del turismo delle patenti di guida.

La relazione contiene tuttavia due punti che il mio gruppo non può accettare. Al pari della Commissione, signor Vicepresidente, anche noi ci opponiamo all’obbligo di sostituzione delle attuali patenti di guida. Non si contribuisce affatto alla sicurezza stradale costringendo i cittadini a recarsi presso le autorità pubbliche, farsi fare una nuova fotografia e richiedere una nuova patente. Nella migliore delle ipotesi, questa misura faciliterebbe i controlli di polizia, me non migliorerebbe in alcun modo la sicurezza stradale. Se raffrontiamo il vantaggio rappresentato da controlli di polizia più agevoli e lo svantaggio e il disagio cui sarebbero sottoposti i conducenti, vediamo che gli inconvenienti superano i benefici, anche in considerazione del fatto che migliaia di cittadini, se non di più, non guideranno mai in un altro Stato dell’Unione, ma dovranno in ogni caso rinnovare la patente. Come la Commissione, anche il mio gruppo si oppone a questa disposizione.

Il secondo punto della relazione che respingiamo riguarda l’obbligo di limite di validità della patente. Neanche questa misura incrementa la sicurezza stradale, ma costringe i cittadini a recarsi presso le autorità pubbliche, farsi fare una nuova fotografia e richiedere una nuova patente, anche se, come riconosce giustamente il relatore, resta valida l’autorizzazione rilasciata in seguito all’esame di guida iniziale.

Onorevoli colleghi, vi invitiamo a sostenere la nostra posizione per il bene dei cittadini europei. Non siamo a favore né della sostituzione obbligatoria della patente di guida né della validità limitata.

 
  
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  Hedkvist Petersen (PSE), a nome del gruppo PSE.(SV) Signora Presidente, signor Commissario, in primo luogo desidero ringraziare l’onorevole Grosch per l’eccellente livello di cooperazione e il metodo costruttivo adottato per l’elaborazione della proposta della commissione parlamentare. Hanno partecipato tutti i gruppi politici e gliene sono grato.

In questo caso, si deve trovare un equilibrio tra le tradizioni e le differenze esistenti negli Stati membri, senza perdere di vista l’obiettivo, ossia la promozione della mobilità dei cittadini e il miglioramento della sicurezza stradale nell’Unione europea. Ora si deve imboccare il lungo cammino che conduce alla patente di guida unica a livello comunitario. Questo processo richiederà molti anni, ma è importante sostituire le vecchie patenti di guida, poiché è necessario porre fine al turismo delle patenti di guida, che consente di comprare una nuova patente in caso di ritiro della propria. Attualmente abbiamo 110 modelli di patente di guida e la polizia non è in grado di controllare la regolarità di una patente confiscata o sottoposta a controllo.

In Svezia, qualche anno fa, era possibile andare in una tipografia clandestina e acquistare una patente di guida del proprio paese di origine, per poi recarsi presso le autorità svedesi e sostituirla con una svedese. E’ una situazione che non possiamo accettare. Ritengo quindi che il Consiglio dei ministri debba approvare la sostituzione delle vecchie patenti di guida. Se dovessimo seguire la proposta del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, ci vorrebbero 60 anni per avere una situazione accettabile, e ciò sarebbe intollerabile. La sostituzione è essenziale per noi in quanto utenti delle strade, poiché anche noi le percorriamo in continuazione e vogliamo essere certi che le patenti di guida in circolazione siano autentiche. Se si trattasse di medici o di piloti, sicuramente non accetteremmo nessun tipo di incertezza in merito all’autenticità dei loro diplomi e delle loro competenze.

Il gruppo socialista al Parlamento europeo sostiene in ampia misura la proposta della commissione parlamentare. Non riteniamo che sia una buona idea sottoporre conducenti sani a esami medici interminabili, come proposto dalla Commissione. I medici europei dovrebbero occuparsi dei malati e delle loro attività nel settore sanitario, e non visitare ogni singolo conducente. E’ palese che si deve prevedere un esame medico e oculistico al rilascio della patente di guida.

Per quanto riguarda i ciclomotori e i motocicli, il gruppo socialista al Parlamento europeo sostiene la progressività in materia di formazione e di esami: i motociclisti dovrebbero iniziare con i ciclomotori e poi passare alle altre categorie di patente. Desideriamo inoltre che gli Stati membri siano lasciati liberi di introdurre il limite di 21 anni per l’accesso diretto alla guida di motocicli potenti. Si accettano esenzioni nazionali per gli autoveicoli e i ciclomotori, per cui riteniamo che ciò debba valere anche per i motocicli. Per quanto riguarda le roulotte e i camper, sosteniamo la posizione dell’onorevole Grosch.

Infine, in futuro prevediamo che ci sarà un numero sempre maggiore di automobili dotate di sistemi di sicurezza quali l’etilometro blocca-motore e indicatori che ricordino al conducente di allacciare la cintura di sicurezza e di accendere i fari, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea e degli organismi di sicurezza. Dobbiamo pertanto contribuire alla realizzazione di un documento di base che conferisca ai cittadini il diritto di guidare i veicoli: una patente che sia autentica, affidabile e aggiornata.

 
  
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  Sterckx (ALDE), a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, desidero congratularmi con il relatore, che ha svolto un lavoro estremamente arduo, dovendo trattare una questione che coinvolge quasi tutti i cittadini e che è nel contempo piuttosto tecnica, visti i numerosi aspetti specifici e le differenze esistenti tra gli Stati membri. Il compito si è rivelato particolarmente complesso poiché, benché tutti possano accettare i principi e riconoscano la necessità di semplificare e monitorare meglio il sistema, nessuno è realmente disposto a rinunciare alle peculiarità nazionali. Usiamo sempre più frequentemente le strade di altri Stati membri, e questo significa che dobbiamo fidarci in misura sempre maggiore dei documenti che rilasciamo ai conducenti, però il rilascio di tali documenti è considerato tuttora una sorta di segreto strategico, quasi militare, all’interno di ciascuno Stato membro, che deve quindi custodirne gelosamente i sigilli. Credo, onorevole Grosch, che ciò abbia reso il suo lavoro ancora più complesso, e non ha certo semplificato neppure il nostro.

Il mio gruppo concorda sull’evidente necessità di introdurre quanto prima un modello europeo, prevedendo altresì regolari aggiornamenti amministrativi. Tuttavia, non siamo a favore dell’introduzione di altri esami. Si tratta dopo tutto di aggiornamenti amministrativi e non sarebbe equo nei confronti degli anziani. Inoltre, dalle statistiche non si desume la necessità di tali esami.

Non sussiste alcuna prova che gli anziani siano conducenti particolarmente pericolosi. Inoltre, non dovremmo ostacolarli nell’esercizio della guida dell’auto, che rappresenta un’ancora di salvezza per molti di loro. Lo stesso vale per le persone con problemi di salute. Idealmente, la decisione sulla guida di veicoli dovrebbe essere presa congiuntamente dal paziente e dal medico di famiglia: il medico dovrebbe giudicare con onestà se una persona sia ancora in grado di guidare o meno e il paziente dovrebbe rispettare tale decisione.

Ritengo che il principio da seguire non sia quello di elaborare regole europee eccessivamente dettagliate, bensì di stabilire principi generali che siano il più possibile vicini ai cittadini, come avviene nella relazione. Il comitato di esperti europei può continuare a svolgere il suo lavoro con tutti i mezzi, ma ritengo che andrebbe realizzato il più possibile in contatto con i cittadini.

Il nostro gruppo ha presentato alcuni emendamenti per allineare la patente per i ciclomotori e i motocicli alla tradizione degli Stati membri e per evitare un’eccessiva rigidità in questo settore. Sosteniamo le linee generali della relazione dell’onorevole Grosch, che consideriamo un considerevole passo avanti, in ogni caso. Ci stiamo orientando verso migliori possibilità di controllo in seno all’Unione europea. Al momento opportuno, spiegheremo ai cittadini europei che la patente li autorizza a guidare un’automobile o un motociclo, o un altro veicolo, in tutta l’Unione. Nell’UE potremo fidarci degli esami sostenuti nei vari Stati membri e pertanto avremo la certezza che chiunque riceverà la patente è capace di guidare un ciclomotore, una moto, un’automobile o un camion. Penso che i cittadini si renderanno conto che l’Unione europea è in grado di conseguire anche obiettivi molto concreti. Ritengo che questa relazione rappresenti un passo nella giusta direzione, per cui ringrazio il relatore.

 
  
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  Auken (Verts/ALE), a nome del gruppo Verts/ALE. (DA) Signora presidente, innanzi tutto desidero ringraziare l’onorevole Grosch e congratularmi con lui per questa relazione estremamente costruttiva. Abbiamo ascoltato le reciproche posizioni, e penso che dalla situazione attuale risulti evidente che le argomentazioni sono state utili. Ritengo che sia stato svolto un eccellente lavoro e che l’onorevole Grosch abbia il merito di aver distolto l’attenzione dall’astratta questione della lotta contro il terrorismo, o qualsiasi fosse l’argomento all’inizio, per concentrarla sulla sicurezza stradale, ossia sul vero terrore che minaccia l’Europa, dove il numero di morti e feriti gravi sulle strade corrisponde al numero di decessi che avremmo se precipitasse un jumbo alla settimana e non vi fossero sopravvissuti. E’ essenziale fare qualcosa in merito. A tal fine, la condizione preliminare – o una delle condizioni preliminari – sarebbe ovviamente quella di disporre di patenti di guida controllabili e riconosciute in tutta Europa.

E’ un’ottima decisione non sottoporre i nostri anziani a ulteriori esami. E’ positivo che, anche in questa Assemblea, si riconosca che perlopiù essi sono, ovviamente, conducenti provetti che compensano la riduzione dei tempi di reazione con la cautela nella guida. Magari le persone sane e in ottime condizioni fisiche si lasciassero consigliare dalla prudenza e non da un’eccessiva sicurezza di sé!

C’è un punto che non riusciamo a comprendere. Alcuni paesi – e non credo che tutto il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei rientri in questa categoria – sembrano attribuire un valore esagerato alle patenti di guida. Penso che dovrebbero assumere un atteggiamento molto più distaccato nei confronti delle vecchie patenti, invece di trattarle come se fossero insostituibili. In tal modo potremo avere una patente di guida utilizzabile in tutta Europa. Non ci sono segnali che si stia procedendo alla sostituzione delle patenti. Noi abbiamo provato a farlo in Danimarca e ha funzionato. Non è stata la fine del mondo.

 
  
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  Chruszcz (IND/DEM), a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signora Presidente, onorevoli colleghi, desidero congratularmi con l’onorevole Grosch per il lavoro svolto, che ci procurerà vantaggi per molto tempo. Vi è tuttavia un’altra questione che vorrei sollevare. L’Assemblea spesso sostiene normative superflue ed eccessivamente dettagliate, complicando così inutilmente questioni semplici e ovvie. Uno dei motivi di questa tendenza è forse il fatto che il Parlamento europeo è un’Istituzione dell’Unione.

Numerosi paesi europei, tra cui il mio, la Polonia, rilasciano già patenti di guida eccellenti dotate di numerose caratteristiche di sicurezza, e stanno comunque sostituendo progressivamente la patente su supporto cartaceo. La formazione dei conducenti è in continuo miglioramento e i paesi imparano molto gli uni dagli altri. Di conseguenza, mi preoccupa sentire che molti cittadini del paesi membri dovranno superare l’ardua prova rappresentata dall’ulteriore sostituzione della patente. A mio parere, l’introduzione di microchip e la sostituzione frequente delle patenti, come proposto dall’onorevole Grosch, comportano spese superflue. Sarebbe altresì una perdita di tempo per i cittadini, che preferiscono dedicarsi ad altre attività piuttosto che fare la fila per il rilascio della patente.

Infine, vorrei rilevare che, secondo me, le restrizioni ufficiali che determinano se i cittadini stranieri possono o meno fare richiesta e ottenere una patente di guida sono incompatibili con il principio della libera circolazione delle persone. Occorrerebbe operare una distinzione tra chi ha commesso un’infrazione e cerca di conseguire una patente in un altro paese e chi vive in una regione di frontiera e preferisce scegliere la scuola di guida migliore e più economica situata oltre il confine.

 
  
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  Zīle (UEN) a nome del gruppo UEN. – (LV) Signora Presidente, onorevoli colleghi, anch’io desidero anzitutto ringraziare l’onorevole Grosch per l’eccellente leadership in questo progetto che ha portato avanti in circostanze difficili. In qualità di rappresentante di un nuovo Stato membro, sono rimasto sorpreso dalla questione delle patenti di guida, poiché in Lettonia, il mio paese, abbiamo iniziato a rilasciare patenti in plastica delle dimensioni di una carta di credito due anni dopo l’indipendenza. Per citare la mia esperienza personale, sono già scaduti i primi dieci anni della mia patente in plastica, e l’anno scorso l’ho sostituita con una che reca l’emblema dell’Unione europea. Di conseguenza, mi è piuttosto difficile comprendere perché sia politicamente impossibile per alcuni Stati membri dire che le patenti su supporto cartaceo dovrebbero essere sostituite con quelle in plastica. Se è riuscita a farlo la Lettonia, penso che possano farlo anche gli altri paesi. Se abbiamo il mercato unico e la libera circolazione dei lavoratori, non si spiega perché non si possa adottare un sistema unificato per il rilascio della patente di guida, in termini di requisiti sanitari e questioni analoghe, dato che qualsiasi conducente europeo può provocare problemi sulle strade di altri Stati membri. Per quanto riguarda l’impiego del microchip, mi pare inoltre che sia la Commissione che il Parlamento avrebbero potuto essere più rigorosi e prevedere l’obbligo di introduzione nel prossimo futuro. Spero vivamente che domani voteremo a favore di questo lodevole progetto di direttiva in prima lettura.

 
  
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  Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, affrontiamo in Aula un tema che ha impegnato non poco la commissione per i trasporti e il relatore Grosch, che ringrazio per la solerte e puntuale relazione svolta, di cui condivido un’ampia parte, anche se non tutto.

Il collega Sterckx affermava che tutti condividiamo le finalità del modello unico, quantunque vi siano senz’altro delle differenze. Egli si riferiva, in particolare, al rinnovo amministrativo della patente per gli anziani. A mio avviso si tratta di un tema che richiede maggiore attenzione nel suo complesso. Faccio un esempio: io pratico il volo con un mezzo assolutamente innocuo, senza alcuna motorizzazione: credo che in caso di incidente non potrei fare altre vittime che me stesso e al massimo un altro individuo coinvolto. Ciò nonostante, in Italia sono soggetto a un’assicurazione obbligatoria, ad una visita medica ogni due anni e ad una serie di obblighi amministrativi e di altro genere che, francamente, sembrano esagerati rispetto alla pericolosità sociale di un autoveicolo che, in caso di incidente, può causare una strage. Occorre quindi molta cautela.

Si tratta quindi di armonizzare un settore che ha notevoli risvolti nella vita dei cittadini, con evidenti implicazioni di ordine sociale per la sicurezza del comportamento dei conducenti. Pertanto occorre omologare non solo un documento – non si tratta semplicemente di passare da un documento di carta a uno di plastica – bensì di omologare anche i comportamenti di guida. A tal fine dobbiamo mettere gli operatori di polizia in grado di riconoscere con certezza il conducente che, eventualmente, infrange il codice della strada.

Vorrei inoltre soffermarmi, in particolare, sugli emendamenti presentati insieme ad alcuni colleghi relativi all’introduzione della patente di categoria AM relativa ai ciclomotori. Io ritengo si debba essere grati a chi guida su due ruote, perché, soprattutto nei paesi del Mezzogiorno d’Europa, contribuisce a risolvere i gravi problemi di traffico, aiuta il nostro ambiente e contribuisce a una migliore vivibilità delle città, soprattutto di quelle in cui il tessuto urbano è di più antica tradizione.

Gli eventuali comportamenti pericolosi vanno sanzionati e repressi: gli strumenti a tal fine non mancano. Tuttavia, penalizzare la circolazione su due ruote, come fa in parte questa direttiva, a mio giudizio non danneggia soltanto le nostre economie ma anche la qualità della vita in generale.

 
  
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  Queiró (PPE-DE).(PT) Vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Grosch per la sua relazione e aggiungere che la mia preoccupazione principale, nel contesto di questo dibattito sulla futura approvazione di una patente europea, è che una buona idea possa tradursi in una regolamentazione eccessiva, che genererebbe maggiori oneri e difficoltà per i conducenti dell’Unione europea.

L’idea è positiva. I cittadini europei beneficiano di una libertà di circolazione sempre più effettiva, ed è quindi necessario armonizzare le regole fondamentali per favorire la sicurezza stradale, evitare le frodi legate all’utilizzo indebito delle patenti false e impedire che i conducenti puniti in un paese possano ottenere facilmente una patente di guida nuova in un altro.

Presentato in questo modo, il messaggio è semplice e facilmente comprensibile da parte dei destinatari. I cittadini vi aderiranno sicuramente.

Il problema si pone invece proprio quando la tentazione di regolamentare mette a repentaglio una buona idea, un’iniziativa politica che è indubbiamente positiva. Attuando misure auspicabili come questa, dobbiamo evitare di moltiplicare le limitazioni normative e burocratiche e di incrementare i costi a carico dei conducenti europei, per iniziative che sono pur sempre discutibili. Occorre altresì assicurarsi che non si prevedano limitazioni nazionali per chi sta imparando a guidare altri veicoli, come i motocicli. In caso contrario, non si prenderebbe adeguatamente in considerazione il principio di sussidiarietà, nonché il rispetto di prassi stabilite legittimamente dalle autorità degli Stati membri. Ciò significherebbe erigere, in un modo o nell’altro, degli ostacoli, talvolta impercettibili, sulla strada di tutti i cittadini europei che vogliono esercitare il loro diritto alla guida, a prescindere da tutte le dichiarazioni che indubbiamente faremo per convincerli del contrario.

Sono queste le ragioni di fondo per cui ho sostenuto una serie di emendamenti alla relazione in esame, che sono stati presentati al fine di facilitare la vita dei cittadini e dei vari operatori del settore stradale, nonché di promuovere un trasporto stradale più sicuro. Vorrei concludere dicendo che la libertà di movimento è la più importante delle quattro libertà europee.

 
  
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  Piecyk (PSE).(DE) Signora Presidente, sono lieto che sia lei a presiedere questo dibattito, perché so che lei è molto cauta e prudente alla guida e che la questione della sicurezza stradale le sta molto a cuore.

E’ deplorevole che in Europa le patenti di guida siano oggetto di loschi traffici, di truffe e di contraffazione, attività che risultano facilitate dalla coesistenza di 110 modelli diversi di patente attualmente in circolazione negli Stati membri. Siamo onesti: per avere un valido esempio basta guardare alla Germania, dove alcuni conducenti circolano ancora con il pezzo da collezione che chiamiamo il cencio grigio, che in alcuni casi è addirittura finito in lavatrice. Il lacero cencio grigio con la foto scattata in gioventù può rappresentare un caro ricordo per il titolare, ma non è certo un documento di identificazione adeguato in caso di controlli sulle strade.

Come sapete, ho iniziato la mia vita lavorativa prestando servizio come agente di polizia. Cosa deve fare un povero agente di polizia a Palermo, Bordeaux o Madrid quando ferma un’automobile e gli viene presentato un pezzo di carta malridotto che non serve più a nessuno? Se prevediamo che oggi ai giovani si rilasci una patente in formato scheda di plastica, è del tutto ragionevole supporre che anche gli altri conducenti sostituiscano il loro vecchio e malconcio documento cartaceo entro il periodo di transizione prolungato prescritto dall’eccellente proposta del relatore.

Mi lasci dire, onorevole Jarzembowski, che chiamare questa sostituzione obbligatoria Zwangsumtausch, cambio forzato, ha implicazioni molto emotive, perché questo termine è associato al regime dittatoriale della Repubblica democratica tedesca, che costringeva i visitatori che entravano nel paese a cambiare i marchi tedeschi con la moneta della Germania dell’est. Dobbiamo stare attenti alla terminologia che utilizziamo quando parliamo di regole europee. Un po’ di cautela contribuirà a promuovere un processo di comunicazione obiettivo.

Come ho detto, il relatore ha presentato un’ottima proposta e gliene sono grato.

La mia ultima osservazione è già stata fatta. Dobbiamo porre fine una volta per tutte al turismo delle patenti di guida. Se una persona cui oggi viene ritirata la patente in Germania non supera l’esame medico e psicologico successivo, denominato colloquialmente in Germania “l’esame per idioti”, può recarsi nella Repubblica ceca o altrove per ottenere una nuova patente di guida a basso costo facendo ricorso allo stratagemma del cambiamento di residenza. Questa situazione non può andare aventi per sempre in Europa. Dobbiamo porvi fine con questa direttiva, ed è per questo motivo che spero che, nel corso della votazione di domani, l’onorevole Grosch riceva il sostegno di un’ampia maggioranza, anche da parte del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei.

 
  
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  Costa, Paolo (ALDE). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ho salutato e saluto con favore l’iniziativa della Commissione e il lavoro dell’on. Grosch, tesi ad armonizzare le norme sulle patenti di guida. Concordiamo sugli obiettivi di evitare le frodi sulle patenti ma soprattutto di attivare uno strumento che faciliti la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e contribuisca al miglioramento della sicurezza stradale.

Oggi i cittadini europei si muovono con grande facilità e si mescolano sulle strade d’Europa. Immaginare che sulle stesse strade si muovano europei autorizzati alla guida in modo diverso, avendo soddisfatto requisiti troppo differenti, non è più sostenibile. E’ questo un caso classico nel quale il principio di sussidiarietà risulta sostanzialmente inapplicabile. Mi riferisco in particolare alle strade del mio paese, l’Italia, durante l’estate.

Non possiamo pensare a regole applicabili in modo diverso perché applicate a soggetti e a contesti diversi. Oggi l’Europa degli automobilisti e l’Europa del trasporto stradale è una delle realtà europee più felicemente integrate, che richiede misure armonizzate se non uniformi.

Quanto alla sicurezza e all’obiettivo che l’Unione si è data di dimezzare il numero dei morti per incidenti stradali entro il 2010, se il regime di concessione e di rinnovo delle patenti di guida dovesse contribuire anche solo minimamente a migliorare le conoscenze e le capacità tecniche di guida e a tenere sotto controllo le condizioni psicofisiche dei guidatori, se anche desse un piccolissimo contributo al miglioramento della sicurezza stradale in Europa, sarebbe comunque il benvenuto.

E’ per questo motivo – e non certo per amore di inutili appesantimenti burocratici – che va sottolineata e sostenuta l’idea di sottoporre regolarmente al rinnovo le nuove patenti e di richiedere un rinnovo graduale anche di quelle esistenti; che si deve convenire sull’idea di combinare formazione obbligatoria ed esami altrettanto obbligatori per garantire l’acquisizione e il mantenimento di capacità tecniche di guida e che si deve convenire sull’idea di subordinare il rilascio e il rinnovo delle patenti all’accertamento di condizioni minime di salute psicofisica del potenziale guidatore.

Se il buon senso domanda che in tutte queste aree si vada verso norme uniformi, un’area di possibile differenziazione sussidiaria potrebbe invece riguardare le patenti d’uso dei motocicli, diffusi in modo diverso nei vari paesi dell’Unione. A tale proposito, credo si possa prendere atto che esistono paesi nei quali l’accesso ai piccoli motocicli è più precoce che in altri. Tale fattore aiuta ad aumentare il contributo alla mobilità delle persone nei centri storici e può favorire lo sviluppo dell’accesso progressivo all’uso dei motoveicoli sempre più potenti, che è una delle caratteristiche più apprezzabili della direttiva in questione.

Per tali motivi ritengo che si potrebbe anche consentire l’equivalenza tra le patenti B e le patenti AM per consentire sempre che alla circolazione con le automobili si possa aggiungere quella con i motocicli nei centri storici più importanti.

 
  
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  Lichtenberger (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, anch’io desidero esordire ringraziando nuovamente l’onorevole Grosch, in particolare per l’equilibrio della proposte sulla portata della regolamentazione, poiché ci ha fornito una piattaforma grazie alla quale è stato possibile raggiungere un ampio consenso su molti punti.

D’altro lato, stento a comprendere l’atteggiamento dei conservatori e quello dell’onorevole Jarzembowski, che vuole appesantire il passaggio alla patente di guida europea prevedendo un periodo di transizione di settanta anni. Ma vi pare? Se stessimo parlando di una regola in materia di mercato interno, non si prenderebbe in considerazione neanche un istante un periodo di transizione superiore ai dieci anni! In questo ambito, stiamo assistendo a troppe manifestazioni di scivolamento verso un tipo di populismo piuttosto scadente.

Vorrei tuttavia aggiungere un altro punto. Occorre ricordare che la formazione, sia quella di base che quella avanzata, dovrà rappresentare un obiettivo essenziale.

(La Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Blokland (IND/DEM).(NL) Signora Presidente, una volta acquisito il diritto di guidare un veicolo a motore, tale diritto dovrebbe poter essere mantenuto, in condizioni normali, fino a quando non emergano considerazioni giuridiche o fisiche che ne giustifichino la cessazione. Non penso che questa Assemblea nutra alcun dubbio in merito.

Ciò che mettiamo in discussione è il modo in cui i cittadini devono affrontare la situazione, ossia – in termini più chiari – gli standard previsti per l’ottenimento e il mantenimento del diritto sotto forma di patente di guida. Inoltre, la patente spesso è usata come documento identificativo, per cui gli aspetti legati alla sicurezza sono importanti. Ritengo che si debba procedere con estrema cautela quando si tratta di stabilire l’identità di qualcuno, in particolare per gli sconosciuti. L’uso improprio di documenti identificativi non sempre contribuisce alla promozione di una società sostenibile. Per questo motivo è essenziale aggiornare i documenti identificativi, sia per quanto attiene alle caratteristiche visive che agli aspetti tecnologici.

A mio parere, l’abilità nella guida può concorrere significativamente a ridurre il numero della vittime della strada. Poiché si consegue tale risultato iniziando con la prevenzione, è fondamentale che i conducenti abbiano le capacità fisiche e mentali necessarie per circolare in modo adeguato sulle strade. E’ ragionevole che queste capacità siano soggette a requisiti validi per tutti i conducenti, tali da garantire l’abilità del titolare della patente. La relazione dell’onorevole Grosch mi ha rassicurato su questo punto, e gliene sono grato.

 
  
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  Mote (NI).(EN) Signora Presidente, se i tedeschi hanno dei problemi con le loro patenti di guida, cosa impedisce al governo tedesco di affrontarli? Allo stesso modo, se parliamo di sicurezza stradale, che cosa impedisce ai governi portoghese e italiano di migliorare la sicurezza delle loro strade? Nel Regno Unito abbiamo alcune delle strade più trafficate e sicure dell’Europa occidentale. Ora si parla della prospettiva di armonizzare le patenti di guida, e questa relazione indica chiaramente che l’armonizzazione delle sanzioni per le infrazioni stradali non può tardare.

Se pensiamo al vergognoso trattamento riservato ai turisti che praticavano legittimamente il loro hobby di plane-spotting in vacanza in Grecia, ci rendiamo conto precisamente di ciò che implica una giustizia unificata a livello di Unione europea! Quel caso ha riguardato soltanto alcuni malcapitati individui, ma praticamente tutti nel Regno Unito guidano l’automobile. Se si conferisce ai tribunali nazionali il potere di comminare sanzioni contro detentori di patenti rilasciate in altri paesi, la prospettiva di un tribunale greco che impedisca, o cerchi di impedire, a un autista britannico di guidare nel Regno Unito solleverebbe un polverone come non se ne sono ancora visti nel nostro paese!

 
  
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  Presidente. – Onorevoli colleghi, some sapete siamo giunti al Tempo delle interrogazioni. Aggiorno quindi il dibattito su questo punto, che riprenderà alle 21.00.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. OUZKÝ
Vicepresidente

 

15. Tempo delle interrogazioni (Commissione)
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0009/2005).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.

Prima parte

Interrogazioni al Commissario McCreevy

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 41 dell’onorevole Katerina Batzeli (H-0046/05):

Oggetto: Prestazione di servizi da parte delle imprese di costruzione nell’ambito della proposta di direttiva COM(2004)0002/def.

I servizi coperti dalla proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno presentata dalla Commissione sono tra l’altro i servizi forniti da imprese di costruzione, studi tecnici e studi di architettura, come pure i servizi audiovisivi non compresi nel programma comunitario pluriennale in materia di audiovisivi.

Data l’importanza del paese di origine in caso di prestazione transfrontaliera di servizi senza disporre di una sede nello Stato membro in cui si eroga il servizio, come pure stante l’ambizione della direttiva di pervenire a un mercato interno aperto e a istituire il principio dell’eliminazione della disparità di trattamento, può la Commissione far sapere se le imprese di costruzione, gli studi tecnici e di architettura potranno fornire servizi o partecipare a convenzioni pubbliche per la realizzazione di lavori pubblici nello Stato di stabilimento quando probabilmente faranno parte come soci di servizi audiovisivi nel paese di provenienza, il che non può essere considerato fattore di esclusione per la fornitura di servizi nel settore privato?

 
  
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  McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Vorrei dire innanzi tutto che l’interrogazione in realtà riguarda gli appalti pubblici e non la direttiva sui servizi.

Il primo punto da rilevare è che, per quanto riguarda la partecipazione a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, il diritto comunitario non osta a che le imprese di costruzione, gli studi tecnici e di architettura che detengono quote in altre imprese, le quali forniscano servizi audiovisivi in uno Stato membro, compreso quello di stabilimento, partecipino a tali procedure in qualsiasi Stato membro, compreso quello di stabilimento.

La legislazione comunitaria in materia di appalti pubblici prevede un elenco esaustivo di criteri di esclusione delle imprese dai contratti per la realizzazione di lavori pubblici. Esempi ne sono i casi in cui un’impresa sia in stato di liquidazione, i suoi dirigenti siano coinvolti in pratiche illecite comprovate, o non siano rispettati gli obblighi fiscali o previdenziali. Gli Stati membri non possono aggiungere altri criteri a questo elenco. Per quanto riguarda la proposta di direttiva sui servizi, la Commissione può confermare che tutti questi servizi rientrano nel suo campo di applicazione.

E’ vero che, per le attività pluridisciplinari, alcuni Stati membri impongono restrizioni che potrebbero limitare la libertà di stabilimento o la prestazione transfrontaliera di servizi. In risposta a questo tipo di ostacoli potenziali, l’articolo 30 della proposta prescrive che gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano soggetti a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.

Tuttavia, sono previste deroghe per le professioni regolamentate e per i prestatori di servizi di certificazione, di accredito, di controllo tecnico, di test o di prove. Allorché le attività pluridisciplinari sono autorizzate, gli Stati membri sono tenuti a prevenire i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività, a garantire, se necessario, l’indipendenza e l’imparzialità e a garantire che le norme di deontologia relative alle diverse attività siano compatibili tra loro. Questi requisiti saranno oggetto di valutazione congiunta da parte degli Stati membri e della Commissione.

 
  
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  Batzeli (PSE).(EL) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Commissario per la chiara risposta fornita all’interrogazione che ho presentato e aggiungere che le restrizioni imposte dalla legislazione greca sulla base dell’azionista principale non colpiranno solo le imprese di costruzione, come indicato nella mia interrogazione: la direttiva sui servizi della Commissione interessa tutti i settori economici dei servizi, ovunque si trasferiscano e siano proposti, quello alimentare, pubblicitario, del turismo, gli studi di architettura, le imprese e i singoli privati. Considero quindi necessario un adeguamento in questo senso. La ringrazio.

 
  
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  McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Ringrazio l’onorevole Batzeli per il suo contributo. Le disposizioni della direttiva sui servizi non cambiano in alcun modo il problema segnalato dall’onorevole deputata e di fatto la Commissione è a conoscenza del quadro giuridico vigente in Grecia. La Commissione è in contatto con le autorità greche e sta esaminando la questione.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 42 dell’onorevole Jacek Protasiewicz (H-0092/05):

Oggetto: Discriminazione nei confronti di imprese e lavoratori polacchi nel mercato interno dell’UE

Nel mercato interno dell’UE esiste un trattamento discriminatorio nei confronti di imprese e lavoratori polacchi che si trovano di fronte ad ingiustificati ostacoli nello svolgimento delle loro attività. E’ la Commissione a conoscenza di esempi di discriminazione o di disposizioni non conformi ai trattati (Trattato d’adesione, Allegato XII, libera circolazione delle persone, paragrafo 13, e in particolare misure transitorie sulla libera circolazione delle persone) contenute nel diritto nazionale di Stati membri dell’UE quali Austria, Paesi Bassi e Italia che consentono tali pratiche? Le risultano violazioni da parte della Germania dell’articolo 49, primo comma, del trattato che istituisce la Comunità europea e dell’articolo 1 della direttiva 96/71/CE(1) in relazione al distacco di lavoratori temporanei attraverso agenzie di lavoro temporaneo? Quali azioni ha avviato o intende avviare per affrontare il problema?

 
  
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  McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Per quanto riguarda la libera prestazione di servizi, sono stati portati a conoscenza della Commissione i problemi incontrati dalle imprese dei nuovi Stati membri in relazione al distacco del loro personale nei Paesi Bassi. Sono pervenuti diversi reclami. La Commissione sta esaminando la questione al fine di garantire l’osservanza dell’articolo 49 del Trattato, relativo alla libera prestazione di servizi, nonché l’eliminazione di qualsiasi ostacolo ingiustificato.

La Commissione non è a conoscenza di casi di discriminazione nei confronti di imprese polacche che operano in Italia, Germania o altri Stati membri. Non sono pervenuti reclami in proposito. Tuttavia, la Commissione intende scrivere agli Stati membri interessati per richiedere ulteriori informazioni, al fine di accertare eventuali violazioni delle norme dell’Unione europea. Alla luce delle informazioni fornite, la Commissione valuterà la situazione in ciascuno Stato membro e adotterà opportune misure.

 
  
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  Protasiewicz (PPE-DE). (PL) Grazie, signor Presidente, grazie, signor Commissario. Vorrei informare il Commissario che, secondo le relazioni cui ha accesso la Polonia, tra cui relazioni governative, in tre Stati membri dell’Unione sono ancora in vigore leggi che non tengono conto dell’allargamento dell’Unione avvenuto il 1° maggio 2004. In forza di tali leggi, le norme che erano in vigore prima di tale data continuano ad essere applicate alle imprese dei nuovi Stati membri. Al tempo stesso, sette altri Stati membri adottano pratiche non conformi a principi quali la libera circolazione delle persone e dei servizi e la libertà di stabilimento nel mercato comune dell’Unione europea per le imprese dei nuovi Stati membri, tra cui la Polonia. Sarò più che felice di fornire al Commissario esempi pertinenti. La ringrazio.

 
  
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  McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) I cittadini e le imprese dell’Unione europea devono avere fiducia nel quadro giuridico dell’Unione per continuare ad avere un’idea positiva della Comunità. Le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione sono fondamentali per l’Unione e sono uno dei principali vantaggi derivanti dall’adesione all’Unione. Di conseguenza, la Commissione attribuisce priorità assoluta alla salvaguardia dell’integrità del mercato interno ed esamina scrupolosamente tutti i reclami nello stesso identico modo, a prescindere dalla loro provenienza o dallo Stato membro cui si riferiscono.

La Commissione è a conoscenza del fatto che alcuni Stati membri hanno adottato misure nazionali non conformi alle disposizioni transitorie relative alla libera circolazione dei lavoratori, previste dal Trattato di adesione. La Commissione sta esaminando la questione e contatterà gli Stati membri interessati in conformità del suo ruolo di custode dei Trattati.

 
  
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  Harbour (PPE-DE).(EN) Alla luce dell’interrogazione del collega polacco, vorrei chiedere al Commissario McCreevy se concorda con me sul fatto che questo è proprio il tipo di problema che sarà pienamente affrontato dalla proposta di direttiva relativa al mercato interno dei servizi. Forse può cogliere l’occasione per confermare ciò che ho letto in una relazione indipendente questa settimana: la direttiva a quanto pare ridurrà i prezzi, aumenterà la produzione in tutta l’Unione europea, creerà 600 000 nuovi posti di lavoro ed intensificherà gli scambi di servizi. Il Commissario può dunque confermare la sua intenzione di sostenere inequivocabilmente la direttiva e la sua disponibilità a lavorare con il Parlamento ai fini di una rapida e regolare approvazione?

 
  
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  McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) E’ senz’altro vero che qualsiasi impulso si possa dare al settore dei servizi nell’Unione europea avrà un forte impatto economico. Come gli onorevoli deputati ben sanno, circa il 70 per cento del PIL dell’Unione è generato dai servizi. Di conseguenza, qualsiasi iniziativa intesa a dare grande impulso a questo specifico settore produrrà effetti significativi in termini di posti di lavoro. La direttiva sui servizi è un tentativo di aprire il settore e ottenere tale forte impatto economico.

Sono a conoscenza dei vari studi svolti sul numero di posti di lavoro che si potrebbero creare. Tuttavia, come il deputato ben sa, il progetto di direttiva sui servizi ha sollevato notevoli discussioni negli Stati membri e in ogni settore in tutta l’Unione europea. Il deputato sa anche che sto lavorando con i parlamentari europei, e mi auguro che riusciremo ad assicurare che, una volta superate le varie fasi della procedura, la direttiva sui servizi eserciterà un impatto economico molto positivo, tenuto conto delle legittime preoccupazioni dei parlamentari e di altri soggetti interessati.

 
  
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  Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il senso della mia interrogazione è se la direttiva sul distacco dei lavoratori si applichi effettivamente alle agenzie di lavoro temporaneo che collocano personale presso imprese o se sussiste il pericolo che in futuro possano essere utilizzati contratti fittizi o contratti formulati in modo da eludere gli obblighi.

 
  
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  McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) La posizione adottata all’atto dell’adesione dei paesi candidati deve essere rispettata. Se alcuni Stati membri fanno ricorso ad altre procedure non conformi alle disposizioni relative all’adesione, la Commissione darà seguito alla questione e prenderà provvedimenti.

E’ vero che alcuni Stati membri hanno negoziato disposizioni speciali e, se operano in conformità di tali disposizioni, non sorgeranno difficoltà, ma, in caso contrario, si dovranno adottare provvedimenti.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 43 dell’onorevole Johan Van Hecke (H-0050/05):

Oggetto: Dumping e importazioni irregolari dall’Ucraina; frodi in materia di certificati d’origine

Le bottiglie di plastica PET sono prodotte utilizzando i cosiddetti preformati. Nell’Unione europea vige un prelievo generale all’importazione di tali preformati del 6,5%. Ad alcuni paesi, tra cui l’Ucraina, l’UE concede una tariffa preferenziale dello 0% qualora sia possibile presentare per tali preformati un certificato di origine (il cosiddetto formulario A). Per l’Ucraina ciò significa che, in tal caso, i preformati sono prodotti utilizzando materiale proveniente dall’Ucraina o perlomeno da altri paesi europei.

L’interrogante è a conoscenza del fatto che preformati provenienti dall’Ucraina sono importati nell’Unione europea corredati del formulario A (certificato d’origine) a prezzi talmente bassi, che è impossibile – a fronte degli attuali prezzi europei delle materie prime – giustificare delle forniture a prezzi così stracciati. Deve quindi trattarsi di dumping e/o di frode in materia di certificati d’origine (utilizzando materiale proveniente dall’Asia) al fine di eludere i diritti all’importazione a discapito di altri fornitori. E’ la Commissione a conoscenza di tali fatti? Intende essa effettuare delle indagini e dare un seguito alla questione? Intende essa sollevare l’argomento con le autorità dell’Ucraina ed eventualmente coinvolgere l’OLAF?

 
  
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  Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Le informazioni esposte nell’interrogazione potrebbero riguardare almeno tre possibili problemi diversi, ciascuno dei quali richiede una risposta diversa. Se, attraverso l’Ucraina, vengono eluse le misure antidumping e/o antisovvenzione imposte a diversi paesi terzi – come l’Australia, la Cina, l’India, l’Indonesia, la Corea, la Malesia e diversi altri paesi – i produttori comunitari devono presentare una domanda per avviare indagini contro tali pratiche, a norma delle pertinenti disposizioni dei regolamenti antidumping e antisovvenzione di base.

Se il prodotto è di origine ucraina ed è importato nel mercato comunitario a prezzi inferiori ai costi, arrecando quindi un danno ai produttori comunitari, questi ultimi sono incoraggiati a presentare domanda per avviare una nuova indagine antidumping, a norma delle pertinenti disposizioni dei regolamenti antidumping di base.

I servizi di tutela del commercio della Commissione sono a disposizione dei produttori per spiegare i requisiti e le procedure relativi alla denuncia di misure antidumping.

Se invece si tratta di falsificazione di certificati d’origine, occorre richiedere l’intervento delle autorità doganali e del servizio antifrode dell’Unione, l’OLAF. La responsabilità dell’OLAF di proteggere gli interessi finanziari della Comunità europea comprende l’accertamento di irregolarità e di scambi illeciti nel quadro della legislazione comunitaria in vigore, inclusa ogni irregolarità prevista dalla legislazione antidumping e antisovvenzione dell’Unione. Vorrei aggiungere che al momento non sono in corso accertamenti in questo campo e l’OLAF non ha informazioni su questa situazione. In ogni caso, l’OLAF intrattiene buone relazioni di lavoro con le autorità doganali ucraine.

Per concludere, vorrei ribadire che la Commissione è grata all’onorevole deputato per le informazioni fornite ed esaminerà ogni comunicazione che riceverà al riguardo dall’industria europea. Sulla base di tali informazioni, adotterà opportuni provvedimenti.

 
  
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  Van Hecke (ALDE).(NL) Grazie, signor Presidente. Signor Commissario, la ringrazio per la risposta esauriente. Dopo aver presentato l’interrogazione, ho effettivamente ricevuto conferma da più parti che si tratta di una pratica sistematica che provoca enormi perdite per i fabbricanti europei di bottiglie PET. Mi sembra quindi importante che la Commissione chieda all’OLAF di avviare un’indagine. Posso inoltre informare il Commissario che i fabbricanti europei, in conformità delle procedure, hanno presentato una richiesta di riesame della legislazione antidumping. La mia interrogazione è quindi molto specifica, signor Commissario. Considerata la gravità della situazione e le conseguenze che può avere per la nostra industria, intende dar seguito alla questione?

 
  
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  Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Come l’onorevole deputato ben sa, la questione è di competenza del Commissario Mandelson ed io non posso quindi fornire una risposta dettagliata alla domanda complementare. Posso però promettere che informerò debitamente il collega, il quale, se lo riterrà opportuno, senza dubbio avvierà un’indagine in materia.

 
  
  

Seconda parte

Interrogazioni al Commissario Kovacs

Presidente. – Poiché l’autore non è presente, l’interrogazione n. 44 decade.

Interrogazioni al Commissario Barrot

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 45 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0575/04):

Oggetto: Trasversale europea

Quali passi intende compiere la Commissione per promuovere ulteriormente la cosiddetta “trasversale europea”, ossia il corridoio ferroviario ad alta velocità Parigi-Strasburgo-Monaco di Baviera-Budapest?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Vorrei rispondere a questa prima interrogazione in merito alla messa in opera della trasversale europea ricordando all’onorevole Posselt che la trasversale europea Parigi-Strasburgo-Monaco di Baviera-Budapest è uno dei trenta progetti prioritari della rete transeuropea concordati dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 29 aprile 2004. In effetti corrisponde al progetto prioritario n. 4 (corridoio ferroviario orientale ad alta velocità) e n. 17 (corridoio ferroviario Parigi-Strasburgo-Stoccarda-Vienna-Bratislava). Alcuni dei progetti di comune interesse di questo tipo sono a uno stadio avanzato di preparazione o attuazione, in particolare il treno orientale ad alta velocità tra Vaires e Baudrecourt, e l’ammodernamento dell’asse ferroviario del Danubio tra Salisburgo e Vienna. Altri progetti, tuttavia, in particolare le sezioni transfrontaliere tra gli Stati membri (la Francia e la Germania, la Germania e l’Austria) stanno subendo notevoli ritardi, soprattutto per ragioni di natura finanziaria.

Signor Presidente, al fine di meglio coordinare gli sforzi dei diversi partner nazionali e regionali, pubblici e privati coinvolti in questo progetto, la Commissione intende nominare un coordinatore europeo. Oso sperare di poter io stesso proporre alla Commissione la nomina di questo coordinatore molto presto. Già da alcuni anni la Commissione concede contributi significativi al finanziamento di questi progetti. 315 milioni di euro sono stati destinati al progetto della trasversale europea in Germania e Austria, sotto il titolo di bilancio per le reti di trasporto transeuropeo, è in programma lo stanziamento di ulteriori 66 milioni di euro per il 2005 e il 2006 e, per il periodo 2007-2013, la Commissione ha proposto di innalzare il bilancio per la rete di trasporto transeuropea a 20 milioni di euro.

Naturalmente, signor Presidente, l’adozione di questa proposta a livello di bilancio è il requisito minimo indispensabile per poter accelerare un progetto come la trasversale europea. Mi auguro di cuore che le prospettive finanziarie proposte dalla Commissione vengano approvate dagli Stati membri.

 
  
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  Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei dire che sono lieto che il Commissario Barrot abbia risposto alla domanda in modo così esplicito e che intenda far nominare un coordinatore. La reputo un’iniziativa importante, perché altrimenti questo grande collegamento, che in seguito potrebbe essere esteso a Praga e ad altre città, resterebbe solo un castello in aria. A mio avviso, dobbiamo insistere affinché il progetto venga attuato al più presto.

Ho altre due domande complementari molto specifiche per il Commissario Barrot. Innanzi tutto, qual è la posizione attuale in merito ai progetti per il ponte sul Reno tra Strasburgo e Kehl? Come tutti sappiamo, si tratta di un ponte a una sola corsia, e il suo potenziamento è una questione di assoluta priorità – una parte piccola ma cruciale del progetto. In secondo luogo, che cosa può dirci dell’asse trasversale da Bruxelles a Strasburgo via Lussemburgo, che è anch’esso tra quelli in discussione?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Ringrazio l’onorevole deputato per la pertinenza delle sue domande. Quando nel 2004 vi è stata la revisione degli orientamenti, sono state aggiunte le sezioni della parte orientale della linea principale tra Stoccarda, Monaco, Salisburgo, Vienna, Bratislava e Budapest, che erano le sezioni di Baudrecourt, Strasburgo e Stoccarda e il ponte sul Reno, progetto prioritario n. 17.

I lavori tra Baudrecourt e Strasburgo dovrebbero iniziare intorno al 2010. Il ponte di Kehl, previsto, come lei ha affermato, tra Strasburgo e Appenweier, è una notevole strettoia, per la quale le priorità di pianificazione per la Germania e la Francia erano in precedenza diverse. Secondo una dichiarazione congiunta resa dai governi tedesco e francese, sembra che al momento si possano pianificare le cose in modo che il progetto venga terminato entro il 2010.

Spero che si possa realizzare questa importante priorità, assicurando il collegamento tra i due Stati membri della Francia e della Germania, e quindi con altri Stati membri. L’intera Europa è interessata a questo progetto, e lo è certamente anche Strasburgo.

 
  
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  Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, posso chiederle, Commissario Barrot, se pensa che i passaggi di frontiera tra Stati membri possano avere diritto a un supporto speciale, e che ci sia effettivamente bisogno che questa linea venga definitivamente costruita come collegamento ad alta velocità?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) E’ cosa certa che, in funzione delle risorse finanziarie che l’Unione riceverà, daremo la priorità alle interconnessioni. Non escludo un tasso di sovvenzione nettamente più favorevole per questo tipo di operazione.

 
  
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  Sonik (PPE-DE).(PL) Signor Commissario, lei ha menzionato il collegamento ferroviario tra Parigi e Budapest via Berlino, Bratislava e Praga. Esistono progetti per un simile collegamento ferroviario per l’Europa orientale e settentrionale, da Parigi via Berlino per Varsavia o una destinazione più lontana?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Senza dubbio l’aspetto più significativo dei progetti transeuropei è che si tratta di corridoi. E’ piuttosto evidente che, se desidero proporre alla Commissione la nomina di un coordinatore, è proprio per seguire lo sviluppo progressivo di tutte le sezioni interessate lungo il corridoio.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 46 dell’onorevole John Purvis (H-0002/05):

Oggetto: Incidenti stradali

Esistono prove evidenti del fatto che i conducenti dei paesi con la guida a sinistra siano più soggetti ad incidenti stradali nei paesi con la guida a destra rispetto ai residenti, e che, viceversa, i conducenti dei paesi con la guida a destra lo siano di più in quelli con la guida a sinistra? Il numero e la gravità degli incidenti stradali in Europa sono incrementati dal fatto che alcuni paesi hanno la guida a destra ed altri a sinistra?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) In risposta all’onorevole John Purvis, vorrei dire che naturalmente siamo molto attenti ai problemi relativi agli incidenti stradali, problemi che sono di capitale importanza, come abbiamo visto poco fa nel corso dell’esame della relazione sulla patente di guida.

Ciò detto, né la Commissione, né lo Stato membro più interessato, il Regno Unito, dispongono di statistiche che attestino in modo diretto un rischio legato alla guida a sinistra o a destra. In linea generale il numero di incidenti che interessano conducenti continentali nel Regno Unito e viceversa è troppo limitato per poterne trarre indicazioni statistiche e quindi conclusioni. Non posso rispondere altro all’onorevole Purvis.

 
  
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  Purvis (PPE-DE). (EN) Signor Commissario, lei potrà anche non essere in possesso di statistiche, ma nei giornali del mio collegio elettorale, in Scozia, vedo troppo spesso che turisti ospiti da noi perdono la vita o si feriscono sulle nostre strade e soprattutto su quelle che passano normalmente da due a quattro corsie e viceversa.

La Commissione non potrebbe disporre una raccolta di dati statistici in proposito per valutare se è possibile fare qualcosa al riguardo, eventualmente per far sì che negli Stati membri interessati le principali strade statali siano possibilmente a quattro corsie, per esempio la statale da Pert a Inverness? Vorrei inoltre sapere se vi è un progetto per l’armonizzazione del lato di guida sulle strade in Europa.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Tale questione ricade senza dubbio nell’ambito della sussidiarietà. Spetta allo Stato membro decidere se occorrono miglioramenti nelle infrastrutture. Desidero dire all’onorevole Purvis che non intendiamo procedere all’armonizzazione del senso della circolazione nell’Unione europea in ragione del costo esorbitante di una simile azione e del prevedibile forte aumento di incidenti nella fase transitoria.

Gli accorgimenti da lei suggeriti tuttavia sono sensati e ritengo che lo Stato membro interessato debba impegnarsi a provvedere in tal senso. La Commissione accoglierà comunque favorevolmente qualsiasi iniziativa che possa fornire informazioni supplementari sulle cause di incidenti in Europa in quanto si è impegnata ad adottare tutte le misure in grado di dimezzare il numero di decessi dovuti a incidenti stradali.

 
  
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  Schierhuber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, mi consenta di ritornare sulla risposta del Commissario all’ultima domanda dell’onorevole Purvis.

Sappiamo tutti che ogni decesso sulle strade è di troppo. Proprio perché provengo da uno Stato membro in cui la sussidiarietà è ampiamente prevista, credo che dobbiamo chiedere alla Commissione se sono in corso studi o discussioni in merito alle disposizioni armonizzate di cui necessitiamo per gestire il traffico stradale, i limiti di velocità e aspetti affini, al fine di valutare quale azione sarebbe realmente più saggio intraprendere.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Onorevole deputata, abbiamo una scadenza, in quanto nel 2005 siamo a metà del programma decennale deciso dalla Commissione per dimezzare il numero di decessi. E’ pertanto evidente che quest’anno vi sarà una valutazione generale. Per il momento stiamo raccogliendo tutti i dati che permetteranno in una seconda fase di rafforzare le misure adottate al fine di perseguire l’obiettivo ambizioso, ma indispensabile di dimezzare il numero di vittime della strada nell’Unione europea. Vi ringrazio di voler condividere con me questa preoccupazione che dovrebbe richiamare l’attenzione di tutti.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 47 dell’onorevole Dimitrios Papadimoulis (H-0006/05):

Oggetto: Proposta di direttiva sui servizi portuali

Nella proposta di direttiva sull’accesso al mercato dei servizi portuali (COM(2004)0654/def.) la Commissione tenta di definire in materia più chiara rispetto al passato il concetto di “parità di trattamento” e la sua applicazione. Ciò nonostante, grandi organizzazioni come la Confederazione europea dei lavoratori dei trasporti e la Organizzazione europea dei porti marittimi esprimono le loro inquietudini quanto alla probabilità di perturbazioni sociali nei porti, lo scoraggiamento di possibili investitori e, di conseguenza, la riduzione della competitività.

Quale risposta dà la Commissione alle inquietudini dei sindacati e come intende assicurare che i lavoratori già iscritti nei sindacati non subiranno discriminazioni suscettibili di culminare con la riduzione dell’occupazione e la contrazione del reddito?

Inoltre, qual è la risposta della Commissione all’accusa rivoltale dalle organizzazioni sindacali di cui sopra circa l’incompatibilità della disposizione relativa alla “parità di trattamento” con la Convenzione 137 dell’Organizzazione internazionale del lavoro riguardante il lavoro portuale?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Signor Presidente, rispondo all’onorevole Papadimoulis che il testo proposto dalla direttiva sui servizi portuali definisce in modo più dettagliato rispetto al passato il concetto di self-handling e la sua applicazione. Tuttavia, onorevole deputato, le discussioni sulla proposta di direttiva sui servizi portuali non sono che all’inizio.

L’audizione prevista a giugno in seno alla commissione per i trasporti sarà l’occasione perfetta per approfondire gli elementi essenziali, compresi gli aspetti sociali, e per consultare i pareri delle parti interessate. Nella proposta l’autorizzazione in materia di servizi in autoproduzione è subordinata al rispetto di criteri relativi alle condizioni retributive e di lavoro. L’introduzione di un’autorizzazione è intesa inter alia a far sì che nei servizi in autoproduzione si rispettino le condizioni salariali e lavorative applicate nei porti.

La Commissione pertanto non ritiene che la sua proposta, e in particolare le clausole sui servizi di autoproduzione, avranno conseguenze negative sulla posizione lavorativa e sul reddito delle persone già impiegate nel settore portuale.

La Commissione reputa inoltre che l’applicazione delle norme e dei principi enunciati nella sua proposta di direttiva determineranno un ulteriore incremento del volume di traffico marittimo, fattore che aumenterà le attività con la conseguenza di creare posti di lavoro nei porti europei.

In occasione della presentazione di questa proposta di direttiva la Commissione ha invitato gli Stati membri a ratificare le convenzioni adottate sotto l’egida delle organizzazioni internazionali e in particolare le pertinenti convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro tra cui la convenzione OIL riguardante il lavoro portuale cui lei fa riferimento nella sua interrogazione.

Auspico che nell’audizione di giugno esaminerete con profitto la proposta e arriverete ad avere un testo equilibrato che permetta di imprimere nuova vitalità al settore, pur preservando, naturalmente, le condizioni di lavoro, che personalmente reputo di capitale importanza.

 
  
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  Papadimoulis (GUE/NGL).(EL) Mi permetta di insistere, signor Commissario. Sono qui di fronte a lei. Nel dicembre 2004, quando la proposta della Commissione è stata presentata al Consiglio, oltre alle reazioni dei sindacati vi sono state le critiche espresse da diversi Stati membri. Tra questi, Francia, Germania, Inghilterra, Svezia e Belgio hanno criticato la Commissione per non aver svolto adeguate consultazioni in materia e non aver esaminato le conseguenze applicative. In considerazione dei negativi antefatti che hanno visto il Parlamento europeo bocciare la proposta presentata dalla Commissione, intende riesaminare il contenuto della proposta o vuole procedere nonostante le reazioni?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Papadimoulis, la proposta è stata respinta al termine del processo legislativo a lavoro già intrapreso. In considerazione di tale fatto la Commissione non ha riscritto completamente il testo, ma ha voluto tenere conto dei timori e delle preoccupazioni espresse nel corso delle discussioni. Credo che la Commissione abbia a fatto bene a riservarsi il tempo di lavorare e la possibilità di ascoltare tutte le parti. Mi adopererò personalmente affinché la discussione sia approfondita ed estremamente accurata.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 48 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0008/05):

Oggetto: Reti di trasporto nell’Europa sudorientale

L’adesione ormai prossima della Bulgaria e della Romania come pure il passaggio delle relazioni tra i paesi balcanici e l’UE ad una fase di cooperazione più avanzata (Accordi di stabilizzazione e associazione, strategia di preadesione) sollevano la questione dell’unificazione dello spazio economico dell’Europa sudorientale, principalmente dal punto di vista delle infrastrutture di trasporto stradale e ferroviario.

Quali iniziative concrete ha già preso o intende prendere la Commissione in vista della creazione di collegamenti transfrontalieri verticali e orizzontali (internazionali) e delle corrispondenti infrastrutture atte a facilitare gli scambi transfrontalieri tra la Grecia, i paesi candidati all’adesione e gli altri Stati dell’Europa sudorientale che hanno adottato un fermo orientamento europeo?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Desidero rispondere all’onorevole Papastamkos che nell’ambito dei negoziati di adesione e in accordo con i paesi interessati la Commissione ha individuato le future reti transeuropee, sia stradali che ferroviarie, della Romania e della Bulgaria, che realizzeranno i principali collegamenti con la Grecia.

Nell’aprile 2004 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno deciso progetti prioritari per le reti transeuropee. Tra questi progetti ve ne sono due che contribuiscono a collegare la Grecia con i vicini settentrionali e con l’Europa centrale: l’autostrada di Atene-Sofia-Budapest e l’asse ferroviario Atene-Sofia-Budapest-Vienna-Praga-Norimberga. L’11 giugno 2004 i paesi dei Balcani occidentali e la Commissione hanno firmato un protocollo di accordo per la promozione delle reti strategiche della regione precedentemente indicate in una relazione della Commissione del 2001. La Commissione pertanto partecipa attivamente anche agli sforzi dei paesi impegnati a sviluppare i corridoi paneuropei di trasporto, in particolare quattro di essi, ovvero i corridoi 4, 8, 9 e 10 relativi alla Grecia e ai suoi collegamenti con i paesi dell’Europa sudorientale.

Di recente, su mia proposta, la Commissione ha creato un gruppo ad alto livello presieduto dall’ex Vicepresidente della Commissione Loyola de Palacio al fine di individuare entro la fine del 2005 gli assi o progetti prioritari che collegano l’Unione europea allargata ai propri vicini a est e a sud. In questo ambito sono presi in considerazione i collegamenti della Grecia con i vicini dei Balcani occidentali. Negli ultimi anni la Commissione ha stanziato ingenti somme della dotazione finanziaria delle reti transeuropee, degli strumenti finanziari strutturali o dei programmi PHARE e CARDS per progetti stradali e ferroviari riguardanti i principali collegamenti della Grecia con i vicini settentrionali. La Commissione intende inoltre intensificare i propri sforzi nelle prospettive finanziarie 2007-2013 secondo tutte le indicazioni che ho fornito poc’anzi e che non vorrei ripetere.

Spetta ai paesi interessati prendere l’iniziativa di elaborare e proporre progetti che potrebbero essere sostenuti finanziariamente con fondi comunitari e prestiti della Banca europea per gli investimenti.

 
  
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  Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, ringrazio il Commissario per la sua dettagliata risposta. Il mio interesse deriva dal fatto che il settore economico della regione continua a essere frammentato e isolato e la sua integrazione a livello regionale ed europeo continua a incontrare ostacoli.

La mia domanda complementare è la seguente: la Commissione intende davvero dare maggiore importanza a queste reti di trasporto che, da un lato, promuovono l’unificazione dell’Europa meridionale e, dall’altro lato, collegandosi con le reti transeuropee, favoriscono il collegamento dei paesi dell’Europa orientale e meridionale con l’Unione europea e l’integrazione dell’area economica nel suo complesso?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Papastamkos, si tratta senz’altro di una priorità. Abbiamo allargato l’Europa e ora con le imminenti adesioni della Romania e della Bulgaria la politica di vicinato comincia a prendere forma. Penso pertanto che nel nuovo contesto dovremo dare priorità ai corridoi e alle vie di trasporto su cui lei ha richiamato l’attenzione. Aggiungo che nutro grandi aspettative nei confronti della relazione dell’onorevole Loyola de Palacio, che con ogni evidenza si è molto impegnata in questo sforzo di riflessione in cui coinvolgerà senz’altro tutti gli Stati membri.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 49 dell’onorevole Ignasi Guardans Cambó (H-0016/05):

Oggetto: Apertura del mercato del trasporto ferroviario

Ai sensi della direttiva 2004/51/CE(2), il 1°gennaio 2005 è entrata in vigore la liberalizzazione delle ferrovie in Spagna. Questa apertura alla concorrenza è molto importante al fine di raggiungere gli obiettivi di Lisbona e di garantire la competitività in Europa. Tuttavia, sono previste talvolta misure che possono avere un effetto equivalente alle restrizioni alla piena liberalizzazione. Prendiamo ad esempio il caso della certificazione di sicurezza, in mancanza di armonizzazione in materia.

Quali misure intende prendere la Commissione per ottenere la liberalizzazione con tutte le conseguenze pratiche che ne derivano e per impedire che taluni Stati membri creino meccanismi interni che possono ostacolare la liberalizzazione?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Guardans Cambó, la Commissione vigila affinché gli Stati membri recepiscano l’acquis comunitario nel settore ferroviario.

Attualmente gli Stati membri dovrebbero aver recepito le direttive relative al “pacchetto infrastrutture ferroviarie”, così come le direttive sull’interoperabilità ferroviaria. Per quanto riguarda l’apertura del mercato del trasporto ferroviario di merci, gli Stati membri avrebbero dovuto recepire le direttive del “pacchetto infrastrutture”, e in particolare la direttiva 2001/12, entro il 15 marzo 2003. La Commissione ha avviato le procedure di infrazione per la mancata comunicazione delle misure di recepimento, o almeno di una parte di queste, contro Germania, Regno Unito, Grecia e Lussemburgo. Questi paesi sono stati condannati dalla Corte di giustizia in ottobre-novembre del 2004. Sono state avviate procedure di infrazione per recepimento incompleto o non conforme contro Paesi Bassi, Belgio e Spagna.

La Commissione continuerà a vigilare sul rispetto da parte degli Stati membri dei rispettivi obblighi di recepimento del diritto comunitario. Lo farà in particolare per la direttiva a cui lei ha fatto riferimento, che deve essere recepita entro il 31 dicembre 2005. La Commissione segue da vicino l’effettiva attuazione del nuovo quadro normativo per l’accesso alle infrastrutture ferroviarie tramite un gruppo di lavoro composto dagli Stati membri e da rappresentanti degli operatori del mercato, che sono invitati a scambiare con la Commissione analisi ed esperienze sullo sviluppo del mercato concorrenziale.

Anche altri enti hanno il compito di osservare e valutare l’accesso non discriminatorio al mercato, come il comitato consultivo e di regolamentazione istituito dalla direttiva 2001/12 sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie, che ho già menzionato, e vari gruppi di lavoro, come quello sui piani regolatori ferroviari e quello delle autorità di emissione delle licenze ferroviarie e dei certificati di sicurezza.

Posso assicurarle, onorevole parlamentare, che personalmente attribuisco grande importanza alla questione, perché abbiamo assolutamente bisogno di un settore del trasporto ferroviario forte per evitare che l’Europa sia obbligata a ricorrere sistematicamente al trasporto stradale, il che sarebbe deleterio per l’ambiente e, a causa dei congestionamenti, ostacolerebbe altresì la mobilità europea, necessaria ai fini della competitività dell’Europa, oltre che per il benessere dei nostri cittadini.

 
  
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  Guardans Cambó (ALDE).(FR) Signor Presidente, come lei dice, sono state riposte molte speranze in questa liberalizzazione del trasporto ferroviario. Tuttavia, come è noto, analogamente a quanto è avvenuto a suo tempo per le merci, i certificati di sicurezza in particolare – per citare un esempio relativo a un paese che lei conosce meglio degli altri – ostacolano un’autentica liberalizzazione. E’ ciò che si definisce, nel contesto del traffico delle merci, una misura di effetto equivalente, ossia una limitazione che sortisce l’effetto di una restrizione vera e propria.

Auspicherei quindi che la Commissione non si limitasse a verificare che si applichi adeguatamente la liberalizzazione come principio, bensì che si assicuri altresì che non vi siano ostacoli concreti alla sua attuazione effettiva sul campo.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Onorevole Guardans Cambó, posso assicurarle che condivido appieno la sua preoccupazione. Dobbiamo vigilare affinché, effettivamente, non vi siano barriere più o meno dissimulate a questa apertura del mercato ferroviario. Lei ha insistito, in particolare, sui certificati di sicurezza. E’ evidente che occorre un’autorità indipendente preposta al rilascio di questi certificati di sicurezza, in base a criteri obiettivi. Lei ha fatto riferimento a certi Stati membri che conosco bene. Può essere certo che sarò altrettanto esigente nei loro confronti, come avrà modo di constatare nel prossimo futuro.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 50 dell’onorevole Ewa Hedkvist Petersen (H-0036/05):

Oggetto: Proposta di direttiva sull’obbligo dei fanali accesi durante il giorno

Nell’Unione europea sono in vigore diverse disposizioni sull’accensione dei fanali di segnalazione durante le ore diurne e in taluni Stati membri, come ad esempio in Svezia, tale accensione è obbligatoria su tutte le strade. L’esperienza accumulata in tali paesi evidenzia i notevoli vantaggi in termini di sicurezza derivanti da tale obbligo. Alcuni studi hanno dimostrato che l’obbligo dei fanali accesi anche durante il giorno ha ridotto del 24% il numero delle vittime di incidenti stradali avvenuti durante le ore diurne.(3)

La Presidenza lussemburghese del Consiglio, che sembrerebbe favorevole all’avanzamento dei lavori a una direttiva sull’obbligo dei fari accesi anche di giorno, ha pertanto invitato la Commissione ad adottare una proposta già in corso di elaborazione. Pare tuttavia che la Commissione preferisca rinviare l’approvazione della proposta in oggetto fino alla pubblicazione della revisione intermedia del Terzo programma sulla sicurezza stradale, prevista per giugno.

Può la Commissione confermare che sta effettivamente lavorando a una tale proposta e che intende adottarla con la massima urgenza piuttosto che attendere la chiusura di un altro dossier?

Attendere un altro semestre allorché è noto che l’obbligo dei fari accesi anche di giorno è uno strumento alquanto efficace per salvare la vita di molte persone, che comporta costi esigui e che la Presidenza del Consiglio si attende progressi, non sarebbe un atto conforme alla strategia della corresponsabilità, sostenuta dalla Commissione in materia di sicurezza stradale.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Ringrazio per questa interrogazione che riguarda una delle importanti questioni che, spero, permetterà di rafforzare la sicurezza stradale in Europa.

La Commissione conferma di essere in procinto di esaminare la fattibilità di un’iniziativa volta a introdurre l’obbligo dell’accensione dei fanali di segnalazione durante le ore diurne per tutti i veicoli a motore. Tale disposizione, come lei ha messo in rilievo, fa parte di numerosi codici stradali nazionali ed è stata oggetto di raccomandazioni in altri Stati membri. Se l’esame avrà esito positivo, la Commissione intende presentare la propria proposta dopo la pubblicazione della revisione intermedia del terzo programma sulla sicurezza stradale, di cui ho parlato poc’anzi, prevista per il secondo semestre di quest’anno. Valuteremo come rispondere a tale suggerimento.

Nel frattempo la Commissione proseguirà le consultazioni dei settori interessati, in particolare l’industria automobilistica. Ad esempio occorre valutare la possibilità di introdurre sui nuovi veicoli fari particolari che si accendano automaticamente mettendo in moto il motore. Tali fari consumeranno meno dei normali fanali di segnalazione rispondendo così alle obiezioni sul consumo di energia prodotto dall’accensione dei fari durante la giornata. Nell’ambito della revisione del programma per la sicurezza stradale cercheremo di affrontare la questione alla luce di tutte le esperienze e degli insegnamenti tratti da tali esperienze.

 
  
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  Hedkvist Petersen (PSE).(SV) Grazie molte per la sua risposta, che ritengo incoraggiante. Dobbiamo fare uso di ogni possibilità per promuovere la sicurezza stradale: tutte le varie possibilità esistenti e quelle disponibili nei diversi Stati membri. Certamente è motivo di preoccupazione il fatto di dover aspettare una revisione e non poter intraprendere iniziative. Vorrei chiedere al Commissario se ritiene che la Commissione presenterà più di una proposta di direttiva a seguito della revisione intermedia, in quanto questa possibilità di fatto era menzionata nell’attuale programma di sicurezza stradale.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Onorevole deputata, non è mia intenzione rinviare le decisioni. Credo che i documenti tecnici saranno disponibili nei prossimi mesi e che in tale occasione la Commissione dovrà assumersi le proprie responsabilità e fare delle proposte. Vi ringrazio anticipatamente del vostro sostegno in quanto sapete bene che in questo ambito certi Stati membri avranno sempre motivi per bocciare alcune misure, anche se sappiamo che sono intese a ridurre il numero delle vittime della strada in Europa.

 
  
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  Mitchell (PPE-DE).(EN) Se mi è consentito, vorrei chiedere al Commissario di diffondere la ricerca che dimostra come l’accensione dei fanali di segnalazione durante le ore diurne riduca in modo significativo gli incidenti stradali. Vorrei inoltre chiedere se non ritiene che tale questione potrebbe essere meglio affrontata a livello di Stati membri. Volendo, vi sono numerose aree in cui la Commissione potrebbe intervenire per migliorare la sicurezza, ad esempio ho notato che in Francia per i conducenti di taxi non vige l’obbligo di allacciare le cinture di sicurezza, mentre in Germania sì. Non è una questione che sarebbe meglio lasciare agli Stati membri?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Vi sono Stati membri in cui è già in vigore l’obbligo di accensione dei fanali di segnalazione: la Repubblica Ceca, la Danimarca, la Finlandia, l’Italia, l’Ungheria e la Svezia. La Francia ha introdotto questa disposizione a titolo di raccomandazione nell’inverno 2004/2005. Potremo avviare le discussioni con l’industria automobilistica per dotare i nuovi veicoli di meccanismi di accensione automatica dei fanali di segnalazione simultaneamente all’avviamento del motore. Valuteremo quindi con quali modalità introdurre l’obbligo dell’accensione dei fanali di segnalazione durante il giorno per tutti i veicoli a motore.

Come sottolineato a seguito dell’interrogazione dell’onorevole Hedkvist, un recente studio ha dimostrato che, l’utilizzo dei fanali di segnalazione durante il giorno contribuirà a ridurre in modo significativo il numero di incidenti stradali, ovvero tra il 5 e il 15 per cento. C’era inoltre un problema per i conducenti di moto, ma penso che tutte queste difficoltà siano in via di risoluzione.

Ecco quanto posso dire allo stato attuale delle cose. Chiedo al Parlamento un po’ di pazienza affinché sia davvero possibile elaborare questo pacchetto di misure aggiuntive per il miglioramento della sicurezza sulle strade europee.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 51 dell’onorevole Marta Vincenzi (H-0070/05):

Oggetto: 2004/TREN/052

Nelle previsioni indicative della Commissione sulle azioni della stessa si fa riferimento alla comunicazione della Commissione sui diritti degli utilizzatori nel settore trasporti (2004/TREN/052).

E’ disponibile la Commissione a includere nella suddetta comunicazione, e a sostenere esplicitamente, il diritto all’uso sicuro delle infrastrutture stradali per i passeggeri e per le merci, anche rendendo obbligatoria una manutenzione attenta ai bisogni degli utilizzatori e una progettazione qualitativamente migliore degli ingressi e della protezione dai pericoli della rete stradale negli Stati membri dell’Unione?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Innanzi tutto devo fare un piccolo passo indietro. La Commissione metterà a vostra disposizione lo studio sui fanali di segnalazione. Non ne ero al corrente, ma lo studio è disponibile.

Rispondo ora all’onorevole Vincenzi: conformemente al Libro bianco, nella comunicazione del 16 febbraio volta a rafforzare i diritti dei passeggeri, la Commissione si è impegnata ad esaminare nel 2005 come migliorare e garantire il più possibile i diritti degli utilizzatori delle diverse modalità di trasporto. Detta comunicazione affronta la questione dei diritti dei passeggeri nel settore stradale in relazione ai servizi di trasporto internazionale mediante pullman.

Onorevole Presidente, quanto alla sicurezza stradale di cui abbiamo appena parlato a lungo, il Libro bianco del 2001 ha proposto l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime entro il 2010. Vi sono stati 50 000 decessi nel 2001 nei paesi dell’Unione attuale, ovvero l’Unione a 25 Stati membri; non devono esserci più di 25 000 morti nel 2010. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno fissato questo ambizioso obiettivo. Nel 2003 la Commissione ha approvato un piano d’azione su tre aspetti: i veicoli, il comportamento degli utilizzatori e l’infrastruttura stradale. Ebbene, quest’anno pubblicheremo il bilancio degli sforzi compiuti per raggiungere tale obiettivo.

Come ho detto, e lo ripeto con molta fermezza, dovremo elaborare nuove proposte legislative, una delle quali riguarderà, tra l’altro, i controlli e le ispezioni delle infrastrutture stradali. Vorrei inoltre informare il Parlamento che occorre tenere in considerazione anche i comportamenti degli automobilisti e che bisognerà valutare quanto possiamo fare anche per armonizzare almeno in parte le normative in vigore nell’Unione in materia.

 
  
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  Vincenzi (PSE). – Grazie, signor Commissario. Tuttavia io le chiedevo di essere più esplicito rispetto all’interpretazione dell’articolo 16 del Trattato istitutivo della Comunità europea, dal quale mi sembra si possa desumere un diritto dei consumatori alla mobilità e quindi alla definizione di standard minimi di sicurezza nel campo dei servizi.

Le chiedo, quindi, se sarà possibile cominciare a considerare le autostrade, almeno quelle a pagamento, come un servizio di interesse generale, e ciò, anche per evitare che la giusta esigenza di sicurezza, che ha portato alla definizione della Carta dei diritti dei passeggeri per il settore aereo e in prospettiva anche per il settore ferroviario, non penalizzi la competitività di questi vettori rispetto alle autostrade. Credo che mettere sullo stesso piano i vari soggetti e aumentare la sicurezza per tutti debba essere un obiettivo esplicito.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Sulla falsariga di quanto avvenuto per il settore aereo e ferroviario, occorre elaborare norme applicabili a tutte le principali strade. Per quanto possibile, di fatto, esigeremo l’applicazione delle medesime norme alle reti transeuropee. Sapete che in questo ambito affrontiamo problemi che riguardano il terzo pacchetto di misure Giustizia e Affari interni. C’è il problema delle sanzioni, dei controlli e delle violazioni. E’ evidente che tutti questi aspetti richiedono un’armonizzazione che sarà senz’altro difficile da raggiungere, ma che è necessaria. In ogni caso, per quanto riguarda le reti transeuropee siamo fermamente decisi a ottenere tale miglioramento. Entro la fine del 2005 intendiamo presentare una proposta di direttiva su una migliore sicurezza, in particolare per le reti di trasporto transeuropee.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 52 dell’onorevole Richard Howitt (H-0074/05):

Oggetto: Diritti dei passeggeri con mobilità ridotta quando viaggiano in aereo

Può la Commissione illustrare i motivi del prolungato ritardo nel presentare il “regolamento riguardante i diritti dei passeggeri con mobilità ridotta quando viaggiano in aereo”, previsto in origine per il primo trimestre 2004? Intende la Commissione impegnarsi a difendere una versione definitiva del regolamento che non contenga una clausola di esclusione per le linee aeree?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Ringrazio l’onorevole Howitt per la domanda. Grazie, onorevole Howitt, in quanto la sua interrogazione mi permette di ribadire l’importanza attribuita dalla Commissione al diritto delle persone con mobilità ridotta di godere di pari condizioni di trattamento e della garanzia di disporre di un’assistenza adeguata al fine di poter viaggiare tranquillamente all’interno di tutta l’Unione europea.

A soli tre mesi dalla mia nomina a Vicepresidente della Commissione responsabile per i Trasporti, ho presentato al collegio un regolamento che riconosce diritti reali e tangibili ai passeggeri con mobilità ridotta quando viaggiano in aereo. Occorre assicurare a tali persone un trattamento equo evitando che i vettori o i tour operator rifiutino di trasportare passeggeri con mobilità ridotta, fatte salve giustificate motivazioni di sicurezza. La proposta di regolamento richiede pertanto ai gestori degli aeroporti nonché ai vettori di fornire gratuitamente l’assistenza necessaria rispettivamente negli aeroporti e a bordo degli aerei. Il regolamento si dovrebbe applicare anche alle partenze, agli arrivi e agli scali negli aeroporti situati negli Stati membri.

Onorevole Howitt, va da sé che conto molto sul sostegno del Parlamento e sono fiducioso che lavorerete con diligenza con il Consiglio su tale questione al fine di giungere a una rapida approvazione. Nei contatti che ho avuto con le associazioni di disabili ho potuto toccare con mano le speranze suscitate da questo regolamento, che segna l’inizio di una politica di non discriminazione nei confronti delle persone portatrici di handicap. Posso dirvi che questa preoccupazione resterà per me essenziale in quanto sono convinto che sia un ideale europeo garantire a tutti l’accessibilità e la possibilità di spostarsi.

Onorevole deputato, questo è quanto desideravo rispondere. Lei ha ragione, senz’altro si è verificato un po’ di ritardo, ma oggi siamo davvero al lavoro, e adesso occorre procedere con risolutezza.

 
  
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  Howitt (PSE).(EN) Signor Commissario, può contare sul mio appoggio, e, mi auguro, su quello del Parlamento. Quando ce n’è bisogno critichiamo la Commissione, ma lei ha presentato un regolamento eccellente che mi auguro riceverà una rapida approvazione. Spero che sarà lieto di sapere che un operatore a basso corto Easyjet che serve l’aeroporto di Luton nel mio collegio, ha affermato che non aumenterà i prezzi a seguito di questo progetto di regolamento. Tale dichiarazione fuga tutti gli spauracchi suscitati dal regolamento.

Potrebbe il Commissario rispondere a una domanda che mi è stata fatta: se questo diritto è legittimo per il trasporto aereo, perché non dovrebbe essere esteso alle altre modalità di trasporto?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Conformemente al Libro bianco, nella comunicazione la Commissione si è impegnata ad esaminare nel 2005 l’opportunità di presentare misure legislative per estendere le norme in materia di tutela dei passeggeri con mobilità ridotta alle altre modalità di trasporto, tra cui la navigazione marittima e il trasporto internazionale mediante pullman.

Ciò detto, onorevole deputato, lei ha compreso correttamente che in relazione al trasporto ferroviario il terzo pacchetto ferroviario contiene una proposta legislativa che fissa norme minime in materia di assistenza alle persone con mobilità ridotta. So che il Parlamento tiene molto a questo terzo pacchetto ferroviario e che non auspica che le varie misure previste dal pacchetto vengano dissociate. Mi sembra un punto di capitale importanza e credo che la misura relativa alle persone con mobilità ridotta si aggiungerà a quelle entrate in vigore il 17 febbraio 2005, vale a dire giovedì scorso, sul rifiuto di imbarco, l’annullamento e il significativo ritardo di un volo. Tale iter legislativo ha dimostrato agli europei che l’Unione, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione servono anche a facilitare la vita quotidiana di ciascuno e a garantire maggiore sicurezza a tutti. Ad ogni modo la ringrazio per aver messo in rilievo l’importanza che occorre dare alle persone con mobilità ridotta.

 
  
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  Presidente. – Le interrogazioni n. 53 e n. 54 riceveranno risposta per iscritto.

Interrogazione al Commissario Fischer Boel

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 55 dell’onorevole Mairead McGuinness (H-0576/04):

Oggetto: Zone meno favorite

Il sistema delle zone meno favorite (LFA) rappresenta un importante meccanismo di finanziamento per le regioni interessate. In Irlanda, grazie a tale regime, 100 000 agricoltori ricevono 230 milioni di euro.

Considerando che in futuro le LFA saranno determinate in base a handicap nazionali invece che a criteri socio-economici, può la Commissione garantire che il livello dei pagamenti agli agricoltori che hanno attualmente diritto ai finanziamenti LFA resterà invariato?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione.(EN) Una delle questioni principali della proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce misure generali di sostegno allo sviluppo rurale dal Fondo comunitario per lo sviluppo rurale è la revisione delle zone meno favorite intermedie.

La Commissione ha proposto una revisione della classificazione esistente, basata in larga misura su criteri socioeconomici che cambiano col passare del tempo. Sembra che, decenni dopo la loro designazione, alcune di queste aree non possano essere considerate zone meno favorite per via della loro evoluzione socioeconomica. Questa è stata la ragione delle osservazioni critiche pronunciate sia dalla Corte dei conti nella sua relazione speciale sulle zone meno favorite sia dal Parlamento europeo.

Anche i nostri studi valutativi hanno confermato queste osservazioni. La Commissione non può ignorarle, e così si spiega la sua proposta. A partire dal nuovo periodo, la questione delle zone meno favorite andrebbe affrontata sulla base dei criteri naturali oggettivi che non variano nel tempo, in quanto corrispondenti a un handicap permanente, come la scarsa produttività del suolo o le condizioni climatiche sfavorevoli.

In conseguenza dell’applicazione dei nuovi criteri, alcune aree potrebbero non rientrare più tra le zone meno favorite, e gli agricoltori residenti in tali aree potrebbero non avere più i requisiti per il pagamento intermedio alle zone meno favorite. Il livello di compensazione è una questione distinta dalla delimitazione di una zona meno favorita. Il sostegno viene concesso per ettaro e dovrebbe risarcire gli agricoltori dei costi aggiuntivi sostenuti e dei minori redditi dovuti all’handicap nella produzione agricola delle zone interessate.

Nella sua proposta per il prossimo periodo di programmazione la Commissione introdurrà una distinzione tra le zone di montagna e le altre zone meno favorite per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento complessivo. Dato che le zone di montagna sono caratterizzate dagli handicap più gravi, la Commissione propone di fissare la cifra massima a 250 euro per ettaro, mentre per le altre categorie la cifra massima è stabilita in 150 euro per ettaro.

 
  
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  McGuinness (PPE-DE).(EN) Grazie, signora Commissario, per la sua risposta molto diretta e chiara. Probabilmente non vi saranno vincitori, ma di certo qualcuno perderà.

Potrebbe indicare approssimativamente il periodo in cui i cittadini sapranno se la loro zona riceverà finanziamenti minori o maggiori in conseguenza della nuova classificazione?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione.(EN) Stiamo lavorando alle condizioni per le nuove zone meno favorite. Arriveremo a una conclusione al riguardo molto presto, nella prima metà di marzo. Lei ha ragione, qualcuno perderà, ma sono certa che vi saranno anche vincitori.

 
  
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  Aylward (UEN).(EN) Come può la signora Commissario giustificare la proposta di apportare questi cambiamenti in un momento in cui è in corso una profonda revisione della politica agricola comune? Nel mio paese, l’Irlanda, dove abbiamo appena introdotto, a partire dal 1° gennaio 2005, il totale disaccoppiamento, gli agricoltori irlandesi pensano di avere di fronte un futuro molto incerto per quanto riguarda le entrate. Prenderebbe inoltre in considerazione il rinvio delle decisioni fino a quando i cittadini non abbiano avuto l’opportunità di adattarsi al nuovo sistema?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione.(EN) Ciò rientra nelle discussioni politiche in corso in seno al Consiglio e al Parlamento riguardo alla nuova normativa per la politica di sviluppo rurale. Sospendere la discussione in merito alle zone meno favorite e mantenerla per altre decisioni a mio avviso non è praticabile. Tuttavia lei avrà piena libertà di pronunciare le sue dichiarazioni durante la discussione che si terrà in seno al Parlamento in merito alla nuova legislazione per la politica di sviluppo rurale.

 
  
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  Schierhuber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, accolgo con grande favore la sincera risposta del Commissario Fischer Boel alla domanda dell’onorevole McGuinness. Tuttavia, signora Commissario, la continuità dello sviluppo regionale, compreso lo sviluppo delle zone di montagna e delle zone meno favorite, è anche nel suo interesse, poiché permette a queste aree di continuare a partecipare alla prosperità generale e allo sviluppo sociale dell’Unione europea, motivo per cui non vi deve essere alcuna improvvisa cessazione dei pagamenti di compensazione laddove sia prevista la loro sospensione.

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione.(EN) Uno dei motivi per cui questa discussione è in corso al momento è che la Corte dei conti ha sottolineato i problemi che si verificherebbero mantenendo l’attuale situazione. Le cose sono cambiate nel corso degli ultimi decenni, e può darsi che le zone che erano meno favorite 20 o 25 anni fa non soddisfino più gli stessi criteri. Per questo motivo si vogliono cambiare le cose.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 56 dell’onorevole Michl Ebner (H-0013/05):

Oggetto: Definizione delle zone e dei boschi di montagna

Le zone di montagna sono definite all’articolo 18 del regolamento (CE) 1257/99(4) sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG). Tale definizione, tuttavia, non è sufficientemente ampia, per cui da anni ormai si sostiene che le zone di montagna andrebbero ridefinite.

Nel settembre 2002 l’interrogante è stato informato che era prevista una revisione, ma da allora nulla è cambiato.

Può la Commissione comunicare quando sarà effettuata e pubblicata la revisione delle definizioni delle zone e dei boschi di montagna?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione.(EN) La definizione delle zone di montagna si basa esclusivamente sugli handicap naturali quali l’altitudine e la pendenza o una combinazione di questi due fattori. A differenza della definizione di altre zone meno favorite, i criteri di definizione delle zone di montagna non sono stati contestati nella recente relazione speciale della Corte dei conti europea sul sostegno alle zone meno favorite, che ho citato nella mia risposta precedente.

I programmi di valutazione dello sviluppo rurale dimostrano l’importanza del sostegno alle zone meno favorite per mantenere le popolazioni montane di agricoltori e per la gestione della terra nelle zone di montagna, tra cui anche la tutela del paesaggio e dell’ambiente. Date le circostanze, la Commissione non ha proposto di modificare i criteri di classificazione per tale sezione delle zone meno favorite.

Nella sua proposta di regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale per il prossimo periodo di programmazione, la Commissione introduce una distinzione tra zone di montagna e altre zone meno favorite per quanto concerne la cifra massima di compensazione. Poiché le zone di montagna sono colpite dagli handicap più gravi, si propone di alzare la cifra massima per queste zone da 200 a 250 euro per ettaro.

 
  
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  Ebner (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, grazie della sua risposta chiara e di averci fatto sapere che la Commissione sta introducendo questa distinzione per il prossimo periodo di programmazione. Sarei inoltre interessato a sapere se non avrebbe senso – e se lei non potrebbe prendere in esame questa possibilità – introdurre parametri per le zone di montagna che le definissero come zone al di sopra di una certa altitudine e con un certo grado di pendenza; in altre parole, formulare criteri oggettivi che impedirebbero situazioni di sovrapposizione e di concorrenza degli aiuti.

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Comprendo il suo grande interesse per questo settore molto specifico, che è tanto importante per prevenire lo spopolamento delle aree rurali.

Ho ascoltato la sua proposta. Per il momento non fa parte della raccomandazione e penso che sarebbe difficile includerla. A quanto comprendo, lei vorrebbe basare la regola sull’altitudine delle montagne. Credo che una tale regolamentazione sarebbe estremamente difficile e che andrebbe incontro a molti problemi in seno alla Corte dei conti, in quanto la definizione di tali zone di montagna sarebbe aperta a interpretazioni diverse.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 57 dell’onorevole Liam Aylward (H-0026/05):

Oggetto: Impianti di raffinazione dello zucchero in Irlanda

La Commissione sarà senz’altro al corrente dell’annuncio che, il 12 gennaio del 2005, chiuderà uno degli ultimi due impianti di raffinazione dello zucchero presenti in Irlanda. È altamente probabile che tale mossa sia il risultato delle prospettive negative che sono circolate riguardo al futuro dell’industria dello zucchero.

Ammette la Commissione che tale chiusura avrà un profondo effetto sull’economia locale del bacino di utenza interessato e, inoltre, intende dichiarare apertamente che non consentirà – in nessun caso – il trasferimento delle quote nazionali di zucchero nel quadro del nuovo regime, che provocherebbe in effetti la totale distruzione dell’industria dello zucchero in uno Stato membro, proprio come nel caso dell’Irlanda?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) L’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero stabilisce i contingenti di produzione dello zucchero per regione comunitaria. Le autorità degli Stati membri ripartiscono tali contingenti tra le loro imprese produttrici di zucchero. Spetta a ciascuna impresa decidere e organizzare la produzione, concentrandola in una fabbrica o suddividendola tra diversi stabilimenti secondo i propri criteri.

Il fatto che una società chiuda una delle sue fabbriche e faccia confluire la sua produzione su un’unica unità produttiva – come nel caso dell’Irlanda – non modifica il contingente né riduce la produzione totale. Gli agricoltori irlandesi potranno quindi continuare a produrre la stessa quantità di barbabietola da zucchero che producevano prima della chiusura.

La concentrazione e la razionalizzazione della produzione è una caratteristica comune della ristrutturazione industriale e, per lo zucchero, riflette una tendenza degli ultimi dieci anni, durante i quali il numero di unità produttive si è quasi dimezzato in seno all’Unione europea a Quindici.

La Commissione ha illustrato il trasferimento di contingenti tra Stati membri nella comunicazione sulla riforma dello zucchero del luglio 2004, al fine di aumentare la competitività del settore zuccheriero europeo. Questo meccanismo consentirebbe alle imprese più competitive di comprare le quote di quelle società che decidono di chiudere in seguito alla riforma, riuscendo così ad adeguarsi al minor prezzo di mercato.

I produttori inefficienti sarebbero in grado di vendere i contingenti, recuperando così parte del loro valore. Nel caso non ci fossero acquirenti interessati ai contingenti nello stesso Stato membro o in altri Stati membri, l’impresa può richiedere l’aiuto alla riconversione, che dovrebbe contribuire a coprire i costi di ripristino delle buone condizioni ambientali nel sito produttivo e di reimpiego della manodopera.

Le discussioni in seno al Consiglio e al Parlamento evidenziano una forte preoccupazione da parte di alcuni Stati membri e delle parti interessate in merito alla possibilità di trasferimenti transnazionali di contingenti. A tale proposito, la Commissione tiene a sottolineare che occorre incrementare la competitività del settore zuccheriero europeo se si vuole assicurare una produzione di zucchero sostenibile a lungo termine nell’Unione europea. Il trasferimento di quote tra Stati membri è un modo per garantire tale risultato. Non si escludono soluzioni alternative e complementari che sono attualmente in corso di studio.

 
  
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  Aylward (UEN).(EN) Grazie per la risposta, signora Commissario. Purtroppo, dal mio ultimo scambio di vedute con lei, i miei peggiori timori si sono avverati con la chiusura di una delle due fabbriche di zucchero in Irlanda e la perdita dei relativi posti di lavoro.

Posso chiederle di assicurarmi, di darmi almeno la garanzia, che le proposte della Commissione che ci saranno sottoposte non consentiranno la vendita di contingenti al di là dei confini nazionali? Non è mai stato possibile in passato e rappresenterebbe sicuramente la fine dell’industria zuccheriera irlandese.

In secondo luogo, nel formulare queste proposte avete preso in considerazione l’uso di fonti alternative di energia, in particolare l’uso della barbabietola da zucchero come biocombustibile/bioenergia? Se non l’avete fatto, sareste disposti a farlo in futuro?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Per quanto riguarda la questione del trasferimento di contingenti, attualmente stiamo esaminando una nuova riforma del settore zuccheriero. E’ quindi decisamente prematuro iniziare questa discussione in seno al Parlamento. Avremo successivamente molte occasioni per discutere nel dettaglio i vari strumenti della proposta sullo zucchero. Ovviamente non mi è possibile, oggi, darle la garanzia da lei auspicata.

Quanto all’altra domanda relativa al bioetanolo, ieri ho deciso di istituire un gruppo di lavoro per discutere la possibilità di estendere le colture energetiche rinnovabili in Europa. E’ un settore interessante e occorre approfondire l’esame per individuare le prospettive che si aprono a tali colture.

La ringrazio per il suo consiglio in questo importante settore.

 
  
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  Westlund (PSE).(SV) I sussidi agricoli dell’Unione europea danneggiano gravemente i paesi più poveri del mondo. Lo zucchero rappresenta altresì uno dei prodotti di esportazione più importanti per molti di questi paesi poverissimi. Per questo motivo la riforma dello zucchero di recente approvazione, oggetto del dibattito odierno, è estremamente rilevante, anche se ritengo che si sarebbe potuto fare ancora di più.

Penso, in effetti, che sia piuttosto imbarazzante che l’Unione europea, che fa della libera concorrenza la sua bandiera, si adoperi tanto per proteggere la propria agricoltura. Desidero quindi chiedere alla Commissione quali altre misure intende prendere per ridurre gli aiuti agricoli nell’Unione, consentendo ai paesi poveri del mondo di fare qualcosa per uscire dalla difficilissima situazione in cui si trovano.

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) La ringrazio per la sua domanda. Il motivo per cui stiamo parlando dello zucchero è che abbiamo fatto progressi e intrapreso riforme in molti settori dell’agricoltura, ma lo zucchero non è stato toccato per almeno 40 anni. Occorre quindi riformare il settore zuccheriero.

Lo dobbiamo fare anche perché attualmente assicuriamo l’accesso al mercato dell’Unione europea ai 49 paesi più poveri in virtù dell’iniziativa “Tutto fuorché le armi”. Dal 2006 al 2009 questi paesi avranno progressivamente accesso al mercato europeo ad un prezzo maggiore rispetto a quello del mercato mondiale. In questo modo, sarà data loro un’opportunità privilegiata per uscire dalla povertà. Anche questo elemento rientra nella nostra proposta sullo zucchero.

 
  
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  McGuinness (PPE-DE).(EN) In generale, la sofferenza dei poveri del Terzo mondo non sempre trova soluzione nel libero scambio – talvolta avviene proprio il contrario.

Per esempio, il Brasile nutre fortissime preoccupazioni in merito alla proposta perché i poveri e i senza terra di quel paese saranno penalizzati se la produzione dello zucchero si dovesse espandere enormemente, come si prevede. Desidererei avere il parere della Commissione in merito.

In secondo luogo, se si vuole ottenere una maggiore efficienza tramite la liberalizzazione dei trasferimenti delle quote di barbabietola, quali sono le sue intenzioni in merito alle quote latte?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Ora stiamo abbandonando la domanda iniziale sulla produzione di zucchero in Irlanda. Tuttavia, vorrei darle…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. Signora Commissario, mi scusi se la interrompo, ma questa domanda complementare non riguarda l’argomento in discussione.

 
  
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  Crowley (UEN).(EN) Vorrei soltanto ricollegarmi alla risposta data dalla signora Commissario all’interrogazione iniziale dell’onorevole Aylward in merito alla trasferibilità dei contingenti. Il motivo per cui ne stiamo discutendo oggi è che la questione forma parte della proposta della Commissione, e non perché si tratti di una richiesta degli Stati membri. La difficoltà e il pericolo sono rappresentati dal fatto che, una volta trasferito il diritto alla quota, tutta la produzione dello zucchero si interrompe e diventa oggetto dei grandi interessi multinazionali, e non più dei singoli interessi nazionali, come avviene attualmente. Sono questi ultimi che assicurano una forte crescita del prodotto, che consente successivamente la concorrenza e assicura la diversità dell’offerta e della produzione.

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Non intendo avviare un’approfondita discussione tecnica sulla proposta relativa allo zucchero. Mi limito a dire che sono perfettamente a conoscenza delle varie opinioni in materia. Posso assicurarvi che, in questa fase, ascolto tutte le parti in causa.

Vi sono opinioni divergenti sull’incisività e la rapidità della nostra proposta sullo zucchero. Tuttavia, sono lieta di poter dire che tutti i membri del Consiglio e tutti i deputati al Parlamento europeo si rendono conto della necessità di fare qualcosa in merito allo zucchero. Se staremo con le mani in mano e non faremo nulla, perderemo l’opportunità di rendere competitiva, in futuro, la produzione zuccheriera europea, e non è questa la strada da percorrere.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 58 dell’onorevole Åsa Westlund (H-0035/05):

Oggetto: Misure di sostegno della silvicoltura nelle regioni devastate dalla tempesta

Si fanno ascendere a più di 8 miliardi di euro i danni causati alla foresta svedese dalla devastante tempesta che si è di recente abbattuta sull’Europa settentrionale. Posti di lavoro sono a rischio nell’industria del legno e nei settori silvicolo e agricolo. Il futuro dell’intera silvicoltura è in pericolo.

La foresta costituisce una componente determinante della strategia dell’UE a favore della biodiversità contestualmente a Natura 2000 e all’impegno dell’UE teso a promuovere le fonti energetiche rinnovabili e a ridurre i gas ad effetto serra. Attualmente si compiono sforzi per definire la politica comune dell’Unione nel settore silvicolo.

L’interrogante invita la Commissione a sostenere la silvicoltura in questa difficile congiuntura e ad adoperarsi affinché le misure di ripristino delle foreste devastate non siano ostacolate da inutili lungaggini burocratiche.

Alla luce di quanto sopra e in considerazione della grande importanza economica, sociale ed ecologica della silvicoltura potrebbe la Commissione far conoscere i provvedimenti che intende varare per aiutare la silvicoltura nelle regioni svedesi devastate dalla tempesta?

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (DA) Innanzi tutto, desidero dire che sono totalmente d’accordo con l’onorevole Åsa Westlund sul fatto che la silvicoltura riveste grande importanza socioeconomica e ambientale nell’Unione europea, in particolare nelle regioni rurali. La Commissione ha appena ultimato un’analisi delle misure prese nel contesto della strategia forestale europea negli ultimi cinque anni, e presto presenteremo i risultati di tale analisi al Parlamento europeo e al Consiglio.

Lo studio è stato effettuato in stretta cooperazione con le parti interessate e gli Stati membri e sono state raccolte dichiarazioni, per esempio tramite un forum in Internet. A mio parere, la risoluzione del Consiglio del 15 dicembre sulla strategia forestale dell’Unione europea rappresenta una buona base per prendere misure e avviare iniziative europee in materia di foreste.

Per quanto attiene ai danni provocati dal recente nubifragio che ha colpito pesantemente anche altri paesi dell’Europa del nord, desidero esprimere in questa sede la mia solidarietà verso coloro che sono stati colpiti dalla catastrofe. Siamo pronti a esaminare la questione al più presto per individuare possibili azioni da intraprendere per porre rimedio alle conseguenze. La legislazione comunitaria prevede numerosi strumenti a tal fine.

Su richiesta del paese colpito dalla catastrofe, il programma di azione comunitario a favore della protezione civile in caso di calamità può rappresentare lo strumento base per facilitare e coordinare l’aiuto da parte degli altri Stati membri. Il 1° febbraio, le autorità svedesi hanno altresì chiesto assistenza sotto forma di generatori elettrici da utilizzare nelle regioni maggiormente colpite del paese. In effetti, è stato possibile dare seguito a tale richiesta nel giro di meno di due giorni, e sia la Germania che la Repubblica ceca hanno inviato alla Svezia 170 generatori.

L’aiuto può anche essere erogato tramite il Fondo di solidarietà europeo, che contribuisce alle prime misure di emergenza. Nel contesto degli attuali programmi, è possibile stanziare l’aiuto attraverso i Fondi strutturali, e – se è stato danneggiato il potenziale produttivo agricolo o silvicolo – si possono altresì concedere sussidi per il ripristino e l’introduzione di misure preventive in conformità della politica in materia di regioni rurali.

Posso assicurarle che i miei servizi sono in contatto con le autorità svedesi e che sono aperti alla prospettiva di valutare se le proposte da esse avanzate siano realizzabili nella pratica. Se le autorità svedesi desiderano richiedere l’aiuto previsto dal Fondo di solidarietà, raccomanderei loro di rivolgersi al mio collega, il Commissario Hübner, che è competente per questa materia specifica.

 
  
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  Westlund (PSE).(SV) La ringrazio molto per la dettagliata risposta. Come lei ha detto, sono successe molte cose da quando ho presentato la mia interrogazione. Desidero semplicemente esprimere la mia gratitudine alla Commissione per aver dato prova di profonda comprensione e per essere stata tanto conciliante nei confronti della Svezia e degli Stati Baltici, che sono stati colpiti come lei ha illustrato. La ringrazio vivamente per aver intrapreso le azioni descritte.

 
  
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  Martin, David (PSE).(EN) Non vedo l’ora di ricevere la relazione cui ha fatto riferimento la signora Commissario sullo sviluppo delle nostre foreste. Nel frattempo, ci può assicurare che i pagamenti agricoli unici che saranno erogati in seguito al disaccoppiamento, che includeranno – come sappiamo –un aspetto ambientale, insisteranno anche sull’aspetto del rimboschimento? Ci può garantire che questi pagamenti saranno usati per incoraggiare gli agricoltori a continuare a piantare alberi, vari tipi di alberi, e non soltanto un’unica specie? Ciò non risolverebbe il problema della silvicoltura, ma aumenterebbe il numero di alberi presenti nell’Unione europea e genererebbe i benefici ambientali da lei menzionati.

 
  
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  Fischer Boel, Membro della Commissione. – (EN) Concordo pienamente sull’importanza di assicurare l’aumento del numero di ettari coperti da boschi. Nel contesto della politica di sviluppo rurale sono attualmente al vaglio varie possibilità per sostenere o appoggiare la possibilità di piantare nuovi boschi.

Va detto che spetta in ultima istanza agli Stati membri decidere se ricorrere ai vari strumenti e al cofinanziamento nella politica di sviluppo rurale.

 
  
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  Presidente. – Essendo scaduto il tempo assegnato alle interrogazioni rivolte alla Commissione, le interrogazioni dal n. 59 al n. 103 riceveranno risposta per iscritto(5).

(La seduta, sospesa alle 19.10, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA
Vicepresidente

 
  

(1) GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.
(2) GU L 164 del 30.4.2004, pag. 164.
(3) Cfr.: SWOV (Koornstra et al. 1997), come pure TOI (Elvik, 1996) e ETSC, Bruxelles 2003.
(4) GU L 302 dell’1.12.2000, pag. 72.
(5) Cfr. Allegato “Tempo delle Interrogazioni”.


16. Patente di guida (seguito)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sulla patente di guida.

 
  
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  Titley (PSE).(EN) Signor Presidente, accolgo con favore le proposte sulle patenti di guida perché rappresentano un sostanziale progresso in termini di lotta contro le frodi, di sicurezza stradale e, cosa ancora più importante, offrono la garanzia di certezza giuridica alla libera circolazione delle persone. Mi compiaccio in particolare delle proposte volte ad assicurare standard più elevati per gli esaminatori di guida. Non ero d’accordo con le proposte originarie della Commissione, poiché le reputavo troppo burocratiche e complesse. Avrebbero recato inutili danni a certi gruppi, come i roulottisti. Mi congratulo quindi per il relatore per aver presentato una proposta più semplice e pratica.

Tuttavia, occorre esaminare ulteriormente la questione dei motocicli, dato che le pratiche nazionali in materia variano molto in funzione degli Stati membri. Nel Regno Unito, il nostro problema non è rappresentato tanto dai giovani motociclisti quanto dagli uomini di mezza età, come me, che, in preda alla crisi di mezza età, si comprano una moto molto potente e poi vanno a schiantarsi. Non abbiamo grandi problemi quanto ai giovani motociclisti grazie ai requisiti di esame, in particolare per l’esame per la guida dei ciclomotori.

Altri paesi hanno problemi diversi relativi ai motocicli e ai ciclomotori, per cui direi che la proposta avanzata dalla Commissione e dal Parlamento di un’unica soluzione “valida per tutti” non funzionerà. Per questo motivo, di concerto con alcuni dei miei colleghi del gruppo socialista, ho presentato degli emendamenti che consentiranno un approccio con due opzioni che rispetteranno i principi dell’accesso progressivo.

La prima opzione prevederà un esame pratico per la guida dei ciclomotori e poi altre due fasi di accesso progressivo. La seconda opzione non prevederà alcun requisito di esame pratico per i ciclomotori, ma ci saranno poi tre fasi di accesso progressivo per la guida dei motocicli più potenti. In entrambi i casi, per quanto riguarda le decisioni sull’accesso diretto alle moto più potenti, gli Stati membri potrebbero approvare un’età minima compresa tre i 21 e i 27 anni. Spero che riusciremo a risolvere questo problema dei motocicli nel corso della votazione.

 
  
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  Dionisi (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo con il relatore Grosch per il lavoro svolto. La direttiva sulle patenti di guida è molto complessa e articolata. Ritengo che nel complesso rappresenti un grande passo in avanti in termini di libertà di circolazione, di riduzione delle possibilità di frode e di sforzo per aumentare la sicurezza stradale. Sulle strade europee muoiono più di 40 000 persone all’anno, un dato inquietante che va affrontato con serietà e urgenza.

Fra le vittime, una delle categorie più esposte è quella dei motociclisti. In Italia circola un terzo dei veicoli a due ruote di tutta l’Europa e il 60 per cento degli scooter: per questo ho seguito con preoccupazione la discussione sui limiti di età, che fortunatamente si è risolta con l’accettazione di un certo grado di flessibilità. In Italia, per esempio, i ragazzi guidano il motorino fin dall’età di quattordici anni e diversi studi dimostrano che non è questa la fascia d’età dove il rischio è più elevato. Nel nostro paese, soprattutto nelle grandi città, scooter e motorini sono mezzi di trasporto estremamente diffusi che rappresentano valide alternative all’auto e il modo per aumentare la sicurezza non è certo eliminarli dalla circolazione ma educare alla mobilità, attraverso l’introduzione nelle scuole di corsi di formazione e preparazione.

In generale è apprezzabile l’approccio graduale ma la relazione introduce un eccesso di regolamentazione che non migliora la proposta della Commissione e non va nella direzione dell’armonizzazione auspicata. Che senso ha concedere la patente per la moto a ventiquattro anni e prevedere la possibilità della patente auto a soli diciassette anni.

Infine, l’introduzione di esami per l’accesso ad ogni categoria non consente né all’utente né tanto meno alle pubbliche amministrazioni di gestire e controllare il sistema, senza avere la minima certezza di ottenere risultati sulla sicurezza. Il problema va affrontato con coraggio, senza penalizzare i conducenti dei motocicli rispetto ai conducenti di altre categorie soltanto per metterci la coscienza a posto. Invito tutti i colleghi a riflettere su questi due punti per aumentare i livelli di sicurezza e raggiungere l’obiettivo dell’armonizzazione, introducendo norme sensate, attuabili e gestibili.

 
  
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  Leichtfried (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, desidero soffermarmi su due punti di questa relazione che mi sembrano particolarmente interessanti. Innanzi tutto, mi rallegro che la commissione per i trasporti e il turismo abbia preso le distanze dalla posizione della Commissione, sostenendo che la direttiva non dovrebbe imporre esami medici a partire da una certa età, poiché ritengo che tale disposizione sarebbe stata una discriminazione arbitraria.

Non vi è alcuna statistica che suggerisca che il deterioramento della salute legato all’età incida in modo più che proporzionale sulla frequenza degli incidenti. Va inoltre ricordato che in tutta Europa si assiste attualmente alla chiusura di negozi di generi alimentari, banche, uffici postali, eccetera, in particolare nelle zone rurali. Molti anziani vivono in queste regioni, e sarebbe sicuramente ingiusto privarli della patente, rischiando così di impedire loro di soddisfare le necessità fondamentali.

Il secondo punto che vorrei trattare è la questione del limite di validità di dieci anni. Inizialmente ero scettico su questa disposizione, ma mi sono poi reso conto che, se vogliamo creare una regola uniforme, dobbiamo considerare che in alcuni paesi la patente di guida non rappresenta soltanto un certificato di autorizzazione, ma anche un documento identificativo. Vorrei ribaltare questa argomentazione e suggerire che, se si applicherà questo limite di dieci anni, come penso avverrà, potrebbe essere opportuno far sì che la patente sia considerata ovunque come un documento d’identità. I vantaggi che ne deriverebbero compenserebbero gli inconvenienti che questo limite temporale arrecherebbe ad alcuni paesi.

 
  
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  Wortmann-Kool (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, innanzi tutto mi preme ringraziare il relatore per il suo prezioso lavoro, che, come è emerso chiaramente questo pomeriggio e questa sera, è stato tutt’altro che facile. Per prima cosa, dobbiamo essere decisi nella lotta contro le frodi in Europa e preparare il terreno a tal fine, ma ciò è impossibile vista la coesistenza di 110 modelli diversi di patenti di guida in Europa. Reputo quindi essenziale il rinnovo della patente ogni dieci anni e l’introduzione della patente nel formato carta di credito nel decennio successivo. Non possiamo lasciare che tale questione sia decisa in virtù della sussidiarietà. Questo Parlamento darebbe prova di non fare sul serio se prendesse una decisione prevedendo un periodo di 80 anni per la sua messa in pratica.

In secondo luogo, la proposta della Commissione è eccessivamente restrittiva nei confronti dei conducenti di roulotte e di rimorchi per il trasporto di natanti e di cavalli, che, in conformità della proposta, dovrebbero ottenere una patente supplementare di categoria E, oltre a quella ordinaria di categoria B. Mi rallegro del sostegno dato dalla maggioranza alla mia proposta di mantenimento della situazione attuale. Poiché non vi è alcuna prova che dimostri che vi sono dei rischi, non dovremmo complicare inutilmente le regole.

In terzo luogo, per quanto riguarda la patente di guida per i mezzi pesanti per il trasporto delle merci, se dovessimo tener conto del risultato emerso dalla commissione per i trasporti e il turismo, l’accesso graduale alla guida di questi mezzi si applicherebbe addirittura fino all’età di 24 anni. Ritengo che sia eccessivo. Un giovane di 18 anni potrebbe guidare una grande Landrover ma ci vorrebbero 24 anni per poter guidare un camion. E’ troppo assurdo e ingiusto.

E’ per questo motivo che, con il sostegno dell’onorevole Bradbourn, ho presentato un emendamento anche a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, al fine di consentire l’accesso diretto alla guida dei mezzi pesanti a partire da 21 anni, come attualmente previsto. Vorrei invitare l’Assemblea a votare a favore di questo emendamento, che costituisce un’importante revisione. I 10 anni sono essenziali per istituire una patente di guida uniforme in tutta Europa e per contrastare le frodi. Grazie.

 
  
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  Vincenzi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche a me sta a cuore sottolineare l’aspetto della promozione della sicurezza, in particolare per i motocicli.

Penso sia utile armonizzare in questo contesto quattro principi generali che sono già nella direttiva. Faccio riferimento al principio dell’accesso progressivo e al ruolo fondamentale della formazione, alla necessità di non discriminare l’ottenimento della patente tra conducenti di autoveicoli e di motoveicoli, alla consapevolezza che la velocità e il rapporto potenza-peso siano da considerarsi una delle principali cause di incidentalità e che il panorama europeo è molto diversificato. Tuttavia da questa diversità deve emergere l’esigenza forte di una maggiore sicurezza e responsabilità nella guida, ma non l’affermazione di una monocultura a quattro ruote rispetto a quella a due ruote.

In questo quadro, presento, insieme ad altri colleghi del PSE, alcuni emendamenti che sono volti, da un lato, a contenere la velocità dei motoveicoli che possono essere condotti a partire dai diciotto anni e a prendere atto della diversa consistenza del parco circolante nei vari paesi, e dall’altro, a ribadire il criterio dell’accesso progressivo, premiando l’esperienza di guida e la prova pratica nel passaggio da motorini a moto più veloci, considerando acquisita, nel passaggio da una categoria a un’altra, la capacità di muoversi nel traffico urbano o di stabilire un rapporto corretto con gli altri utenti della strada.

In una migliore armonizzazione di questi aspetti, credo che il tema dei motocicli, sollevato da molti, possa essere ricondotto a un disegno unitario, nel quadro di una proposta della quale mi rallegro con il relatore.

 
  
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  Kratsa-Τsagaropoulou (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di direttiva sulle patenti di guida rafforza la presenza dell’Unione europea nella vita quotidiana dei cittadini. La legislazione diviene più accessibile, trasparente e efficiente in settori che sono essenziali per la libertà di circolazione nel mercato unico europeo.

Il nostro relatore, l’onorevole Grosch, ha compiuto un lungo percorso e si è adoperato per conciliare alcuni punti dolenti e le pratiche difformi, contribuendo così a migliorare la proposta, Gliene siamo grati.

In effetti, un sistema armonizzato, ma non necessariamente omogeneizzato di rilascio delle patenti di guida contribuirebbe, quanto meno, a contrastare le frodi e a dissipare la confusione che esiste oggi, a causa della molteplicità di patenti diverse in circolazione nell’Unione europea. Emettere patenti in formato scheda di plastica, sostituendo i vecchi modelli entro dieci anni, per consentire l’introduzione – benché facoltativa – del microchip faciliterebbe i controlli e ridurrebbe il rischio di frodi. Il riconoscimento reciproco delle sanzioni contribuirebbe al conseguimento di questi obiettivi, promuovendo così un’area di sicurezza e giustizia nell’Unione europea.

Questa proposta di direttiva concorre inoltre a incrementare la sicurezza stradale, che rappresenta un obiettivo essenziale della politica comunitaria. Adeguati criteri di selezione degli esaminatori, la loro formazione continua, l’estensione del principio di accesso graduale alle patenti di guida per i veicoli più potenti sono elementi che rafforzano la protezione della nostra incolumità, la qualità della nostra vita e, infine, la democrazia. Si tratta di questioni essenziali per il modello sociale europeo, che dobbiamo quindi tutelare.

 
  
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  De Rossa (PSE).(EN) Signor Presidente, sostengo appieno l’approccio del relatore su questa questione. In effetti, mi chiedo se non si possa accelerare il passaggio alla patente di guida in formato carta di credito. Considerando che siamo passati da 15 valute diverse a un’unica moneta europea nel giro di qualche settimana, mi pare che far confluire 110 modelli diversi di patente di guida in uno solo dovrebbe rappresentare un processo molto più semplice.

Uno degli aspetti che mi preoccupa è il costo della patente, in particolare per i giovani. Dover pagare per le lezioni di guida e, in molti casi, dover ripetere l’esame può essere demotivante per loro. Forse per questo ci ritroviamo con un elevato numero di cittadini europei che guidano senza una patente in regola e, quindi, senza un’adeguata copertura assicurativa.

In Irlanda, secondo le stime dell’Automobile Association, un quinto dei conducenti che circolano per le strade sono in possesso di patenti provvisorie. Sono patenti rilasciate a fronte del pagamento di un importo per ottenere una patente in mano. Ci vogliono almeno 12 mesi di attesa per sostenere l’esame e chi non lo supera – come avviene di frequente – circola sulle strade senza un’adeguata preparazione e senza le conoscenze necessarie per un periodo di almeno due anni.

Se è una buona idea prevedere standard comuni in tutta Europa, dobbiamo accertarci che gli Stati membri si assicurino che le persone cui viene rilasciata una patente di guida provvisoria, in particolare, siano in grado di guidare in condizioni di sicurezza. Le statistiche degli incidenti stradali sembrano indicare che non è così.

 
  
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  Ferber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la questione della direttiva sulle patenti di guida è una patata particolarmente bollente per il mio paese. Sono lieto che non si ritrovino più alcune proposte iniziali, giustamente criticate, come le visite mediche per i conducenti anziani, su cui sono già stati espressi numerosi commenti.

Per quanto attiene alla questione del limite di validità, dovremmo senz’altro tener conto delle varie culture e tradizioni degli Stati membri. In Germania la patente esiste da oltre cento anni. Nessun altro paese in Europa può vantare una storia altrettanto lunga relativamente alla patente. Abbiamo la nostra tradizione. Gli altri paesi hanno le loro. Non ha senso che il legislatore europeo in generale, o il Parlamento europeo in particolare, vadano oltre quanto accettato negli Stati membri finora.

Per quanto attiene all’introduzione della patente di guida in formato carta di credito, la possibilità esiste oramai da cinque anni, ed è colpa degli Stati membri se non l’hanno ancora colta. Tale introduzione è, tuttavia, un compito che spetta a questi ultimi. Non rientra nella nostra competenza imporre a questo livello un obbligo così vincolante per tutti.

Mi sia concessa un’altra critica. La nuova patente di guida dovrebbe contenere un microchip. Questa misura sarebbe costosa e non servirebbe a nulla. Perché abbiamo dedicato del tempo alla discussione dei codici digitali nel corso della scorsa legislatura? Per fare in modo che la patente di guida potesse essere compresa in tutti i paesi. Non c’è bisogno di un microchip, che comporterebbe soltanto una spesa inutile.

Mi rallegro che il problema dei rimorchi sia stato risolto. Ho discusso intensamente con il relatore su questo punto e ritengo che abbiamo trovato una soluzione valida e pratica che va incontro alle esigenze dei cittadini. Cerchiamo di trovare soluzioni che non causino disagi ai cittadini anche ai problemi quali la sostituzione delle patenti o altri. Offrendo servizi non richiesti causiamo più disagi che altro.

Mi rivolgo quindi a lei, signor Commissario, poiché lei ha l’oneroso compito di prendere la decisione finale sui 129 emendamenti presentati, che sono molto vicini alle posizioni del Consiglio, e questo è ciò che più corrisponde all’interesse dei cittadini.

 
  
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  Doyle (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, mi preme aggiungere all’intervento dell’onorevole De Rossa che chi circola con patenti provvisorie in Irlanda lo fa in conformità del codice – è questa l’assurdità del nostro sistema –, perché non si pensi che un quinto dei guidatori trasgredisce la legge. Non è così.

Sostengo senza riserve la terza direttiva sulla patente di guida che abbiamo dinanzi e ringrazio l’onorevole Grosch per il lavoro svolto in materia. Cerchiamo di assicurare una maggiore libertà di movimento ai cittadini, di combattere le frodi e, soprattutto, di promuovere la sicurezza stradale. Non c’è bisogno che ricordi le stragi che si consumano sulle strade di tutti gli Stati membri, e questo rappresenta soltanto un piccolo contributo.

Una patente di guida in formato carta di credito, simile a una carta di credito, sarebbe l’ideale. Le attuali patenti cartacee si prestano alle frodi. Potremmo avere un formato analogo a quello di una carta di credito, con un microchip facoltativo per rafforzare ulteriormente le misure antifrode. Sono d’accordo sul fatto che la patente dovrebbe essere rinnovata regolarmente, per assicurare una maggiore protezione contro le frodi e poter sostituire la foto del titolare con una più recente. Si porrebbe così fine al turismo delle patenti di guida assicurando che vi sia un unico titolare per ogni patente. Attualmente, come diciamo in inglese usando un eufemismo, se si “perde” la patente, si può cercare di ottenerne una europea o in un altro paese. “Perdere” significa essersela fatta ritirare in seguito a gravi infrazioni del codice!

Armonizzare la periodicità dei controlli medici per gli autisti professionali è positivo, così come prevedere dei requisiti minimi per la formazione degli esaminatori. Questo settore non è mai stato armonizzato ed è fondamentale procedere in questo senso.

Propenderei per la sostituzione di tutte le patenti di guida con quelle in formato carta di credito al momento del rinnovo. So che sono in corso delle discussioni e che le possibilità sono due. Il problema principale è che non dobbiamo restringere i diritti alla guida del titolare. Penso che vi sia un timore subliminale alla prospettiva di sostituire tutte le patenti su supporto cartaceo, man mano che devono essere rinnovate. I cittadini, soprattutto gli anziani, temono che sia in qualche modo compromesso il loro diritto alla guida e che non sia restituita loro la patente. Dovremmo rassicurarli che non si ridurrà in alcun modo il loro diritto alla guida e che tutte le patenti di guida saranno sostituite al momento del rinnovo. Sostengo inoltre fermamente il diritto di far circolare una roulotte o un caravan al di sotto delle 3 tonnellate e mezzo con la patente per la guida per automobili.

 
  
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  Jałowiecki (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, benché mi dispiaccia, devo innanzi tutto rispondere alle osservazioni sollevate dall’onorevole Piecyk, che ha affermato che chiunque sia respinto al test attitudinale giustamente definito esame per idioti può ricorrere a vari stratagemmi per ottenere la patente in altri paesi come la Repubblica ceca. Vorrei assicurare all’onorevole Piecyk che i requisiti previsti per il rilascio della patente di guida sia nella Repubblica ceca che in Polonia sono più rigorosi di quelli previsti per il superamento dell’esame per idioti tedesco. Si applicano standard elevati, non soltanto per i conducenti, ma anche per i saldatori, i medici e gli infermieri, che sono molto richiesti nei vecchi Stati membri.

Desidero ora passare al mio punto principale. La relazione dell’onorevole Grosch mette insieme due questioni che sappiamo per esperienza essere molto complesse. La prima è la progressiva standardizzazione, o armonizzazione, e la seconda è l’auspicio di assicurare il rispetto del principio di sussidiarietà. La necessità di standardizzare le patenti di guida è innegabile, poiché non possiamo pretendere che ogni agente di polizia in Europa conosca tutti i modelli in circolazione. Eppure, nonostante la forte tentazione in tal senso, la standardizzazione non dovrebbe essere attuata con misure che interferiscano con le leggi sovrane dei vari Stati, per esempio quelle in materia di limiti di età per i conducenti, di esami medici o di sistemi di formazione dei conducenti principianti. Vorrei congratularmi con l’onorevole Grosch per aver resistito a questa tentazione.

E’ tuttavia assolutamente cruciale costituire una rete europea di banche dati. Fintantoché non esisterà tale rete sarà impossibile ridurre le contraffazioni e incrementare di riflesso la sicurezza stradale. Infatti, com’è noto, chi non riesce a ottenere legalmente la patente di guida ricorre a mezzi illegali, e rappresenta in questo modo una minaccia per sé e per gli altri, visto che non ha le competenze necessarie per guidare un veicolo. Sono venuto a sapere che la Commissione ha avuto problemi in merito all’implementazione di questa banca dati. Ammetto che la cosa mi lascia perplesso. Visto che oggi si possono facilmente acquistare prodotti su Internet, prenotare biglietti aerei, o eseguire operazioni bancarie complesse, com’è possibile che la Commissione ritenga che la creazione di questa rete sia un compito quasi erculeo? Grazie.

 
  
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  Koch (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la patente di guida comune a livello europeo è attesa da lungo tempo, e non come versione supplementare, bensì come unica patente valida. Se può essere interessante sfogliare un catalogo con i 110 modelli attualmente in circolazione e studiare i vari periodi di validità e le molteplici caratteristiche di sicurezza, questa varietà non agevola le cose dal punto di vista pratico. Sostituire le vecchie patenti non comporterà un maggiore rispetto del codice stradale da parte dei conducenti, né una maggiore dotazione degli accessori di sicurezza nei veicoli, ma migliorerà la libertà di movimento e rafforzerà notevolmente la sicurezza delle persone, sia sulla strada che altrove.

L’aggiornamento delle patenti di guida comporta un maggiore livello di sicurezza senza burocrazia aggiuntiva e sarà attuato in conformità del principio di sussidiarietà. Esercitando la loro sovranità, gli Stati membri dovrebbero individuare una serie di modalità per gestire questa sostituzione, per esempio cogliendo l’opportunità dell’approvazione o della revisione periodica dei veicoli, che si verificano più frequentemente del rinnovo della patente e comportano maggiore burocrazia e costi.

Tutti i conducenti che si recheranno all’estero beneficeranno di una maggiore sicurezza stradale grazie al fatto che, quando vengono fermati per strada per un controllo, o anche quando noleggiano un’auto, la loro patente aggiornata e leggibile relegherà sul passato le fastidiose e irritanti complicazioni. E’ dimostrato che queste complicazioni causano stress, che mette in pericolo questi conducenti.

Nel contesto della lotta contro il terrorismo, credo che una patente che consenta una verifica dei dati rappresenti un requisito assolutamente legittimo. Il titolare della patente deve essere identificabile senza ombra di dubbio. Si ridurrebbe così l’incidenza delle frodi, la patente sarebbe meno soggetta a falsificazioni e saremmo certi che il conducente di un autobus o di un veicolo che trasporta materiale pericoloso sia abilitato alla guida di quel particolare mezzo.

Se vogliamo intraprendere azioni efficaci per contrastare il turismo delle patenti di guida, dobbiamo prevedere la registrazione delle patenti rilasciate in una rete di registri nazionali. Se le ipotesi della commissione parlamentare si riveleranno esatte, raggiungeremo tale obiettivo nel 2030. Di certo non posticiperai ulteriormente le date fissate.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli onorevoli parlamentari che hanno partecipato a questo dibattito, che reputo effettivamente importante. Tengo inoltre a rivolgere un ringraziamento particolare all’onorevole Grosch per aver elaborato una relazione la cui qualità è stata riconosciuta da tutti. Lo ringrazio vivamente, come anche la commissione per i trasporti e il turismo per il sostegno fornito e per aver migliorato, direi, il testo della Commissione. Complimenti, onorevole Grosch! Si tratta di un argomento molto delicato per i cittadini europei e siete quindi riusciti a trovare un buon equilibrio. Ho sentito alcuni di voi mettere in guardia l’Unione europea contro un’eccessiva regolamentazione, ma devo dire che, dopo tutto, questa nuova patente, di cui esistono già degli esemplari in alcuni Stati membri, può assicurare, a mio parere, una maggiore sicurezza per tutti e un facile impiego per gli utenti, oltre a garantire un livello di sussidiarietà che lascia agli Stati membri parecchie decisioni.

Direi quindi che il testo è molto equilibrato. E’ vero, onorevoli colleghi, che stiamo legiferando su un argomento molto sensibile. La patente di guida, signor Presidente, è attualmente il titolo più diffuso in seno all’Unione: circa 300 milioni di titolari ne dipendono per la loro mobilità e per la loro vita quotidiana. D’altro lato, la molteplicità delle reazioni dimostra che il numero di esperti coincide con quello dei titolari della patente di guida e che ogni esperto ha la sua opinione in proposito.

Tuttavia, alla luce dell’accordo ottenuto dal Consiglio lo scorso ottobre, e del voto in seno alla commissione competente, si profila un ampio consenso che conferma che gli obiettivi proposti dalla Commissione sono ampiamente condivisi dalle altre Istituzioni. Evidentemente, visto il numero di emendamenti e di reazioni di varia natura, non posso replicare a tutte le osservazioni.

Posso indicare al relatore che la Commissione è disposta ad accettare quasi tutti i suoi emendamenti ma, d’altro lato, si vede obbligata a respingere alcuni emendamenti che, pur rispecchiando lodevoli intenzioni, finirebbero in qualche modo per squilibrare e appesantire il testo. Mi riferisco, per esempio, agli emendamenti dal n. 97 al 129. Naturalmente, signor Presidente, farò inviare per iscritto la risposta dettagliata della Commissione su tutti gli emendamenti, ma vorrei soprattutto rispondere ad alcune domande e, in primo luogo, chiarire la questione della sostituzione delle patenti già in circolazione.

La sua relazione, onorevole Grosch, propone di sostituire tutte le patenti esistenti entro dieci anni per i modelli cartacei ed entro venti anni per tutti gli altri. E’ vero che, inizialmente, la Commissione non aveva proposto di sostituire tutte le patenti già in circolazione. Tuttavia, recenti rivelazioni in materia di contraffazione di documenti e di ottenimento fraudolento di patenti di guida – cui alcuni di voi hanno fatto riferimento parlando di “turismo delle patenti di guida” – hanno cambiato le posizioni degli Stati membri in materia.

Pertanto, onorevoli parlamentari, una sostituzione generalizzata consentirà di aggiornare le banche dati e di ritirare le patenti false e le patenti doppie, se non talvolta triple, detenute da alcuni cittadini. Questa operazione contribuirà direttamente al miglioramento dei controlli stradali e creerà uno strumento aggiuntivo per contrastare l’impunità. D’altro lato, la creazione di una rete informatica concorrerà anch’essa al conseguimento di tale obiettivo. A questo proposito, desidero segnalare al Parlamento che la Commissione collabora con gli Stati membri alla creazione di una rete denominata RESPER. Questa banca dati, i cui lavori si concluderanno nel 2005, collegherà tra di loro le banche nazionali.

E’ per questo motivo che la Commissione è in grado di accogliere tutti questi emendamenti. Sono certo che la relazione dell’onorevole Grosch preparerà il terreno per un dibattito proficuo al Consiglio in merito alla sostituzione delle patenti già in circolazione. Ovviamente la Commissione non può accettare gli emendamenti che non vanno in questa direzione e che addirittura ostacolerebbero, in futuro, la risoluzione dei problemi che ho già citato.

Desidero inoltre aggiungere qualcosa in merito alla validità amministrativa limitata. La Commissione ha proposto una validità amministrativa di dieci anni per le future patenti di guida. Questo documento, che attesta il diritto alla guida, dovrà essere corredato di una foto recente e includere le più sofisticate caratteristiche di protezione antifrode. Ciò permetterà di effettuare controlli efficaci e di migliorare la sicurezza stradale senza generare costi eccessivi.

E’ vero tuttavia che la Commissione non ha proposto di vincolare questo rinnovo periodico a una visita medica perché, in questo settore, dobbiamo lasciare agli Stati membri determinate responsabilità in virtù della sussidiarietà. Questo è quello che volevo dire sulla validità amministrativa limitata, che ci pare comunque interessante in quanto contribuisce a contrastare le frodi e ad aggiornare la patente senza eccessive formalità. Come ho già affermato, la Commissione non ha proposto alcuna visita medica regolare e la validità ridotta non è legata automaticamente a questi controlli, che continuano a essere di competenza degli Stati membri.

Ringrazio tutti coloro che hanno evocato il problema dei motocicli, in particolare per quanto attiene ai giovani, e talvolta anche i meno giovani, che li utilizzano. Qualcuno ha sottolineato che, a una determinata età, si può avere la passione per la moto senza essere necessariamente preparati per guidarla. Certamente dobbiamo stare attenti. I motociclisti sono coinvolti in incidenti stradali sedici volte di più rispetto agli automobilisti. Se l’attuale tendenza persiste e non si prendono misure, nel 2010 i motociclisti rappresenteranno un terzo delle vittime degli incidenti.

Ho rivestito l’incarico di ministro della Salute di uno Stato membro e posso assicurarvi che sono stato profondamente colpito dal numero di morti, ma anche dai casi di tetraplegia conseguenti a sinistri stradali. Ritengo quindi che la questione richieda la massima attenzione.

Per questo motivo, signor Presidente, desidero sin d’ora ringraziare gli onorevoli deputati che, congiuntamente con il relatore, hanno svolto un eccellente lavoro. Sono persuaso che i nostri concittadini si rallegreranno enormemente di questi progressi, anche se dobbiamo fare ulteriori passi avanti, naturalmente.

Ho sentito parlare del problema del costo della patente e della necessità di assicurare la formazione degli esaminatori. Sono molto sensibile di fronte a questi argomenti, che devono essere anch’essi oggetto di esame e di provvedimenti negli Stati membri, perché non si può accettare che i giovani, in particolare, abbiano difficoltà a conseguire la patente di guida, che per molti di loro rappresenta spesso un mezzo per integrarsi nel mondo del lavoro. E’ un punto che mi premeva sottolineare.

A nome della Commissione, onorevole Relatore, approvo i suoi emendamenti. Sono costretto a scartarne alcuni, e ringrazio comunque i parlamentari che li hanno presentati per il contributo che hanno voluto apportare a questo dibattito, che non va sottovalutato visto il suo impatto sulla vita quotidiana dei cittadini europei(1).

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, mercoledì, alle 11.30.

 
  

(1) Posizione della Commissione sugli emendamenti: cfr. Allegato.


17. Introduzione di sanzioni per casi di inquinamento
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0015/2005), sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (Relatore: onorevole Corien Wortmann-Kool).

 
  
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  Wortmann-Kool (PPE-DE), relatore. – (NL) Signor Presidente, stiamo discutendo della direttiva sull’introduzione di sanzioni penali per combattere gli scarichi illegali di idrocarburi in mare. Nella mia qualità di relatrice del Parlamento europeo, sono molto soddisfatta dell’accordo che è stato trovato con il Consiglio in sede di seconda lettura. Per arrivare a questo risultato ci sono volute lunghe e approfondite consultazioni. L’intesa raggiunta con il Consiglio assicura, da parte dell’Europa, un approccio fermo ma non di meno equo al problema degli scarichi illegali e ai disastri causati dagli idrocarburi. Desidero richiamare l’attenzione del Parlamento sull’importanza sociale della direttiva. La motivazione immediata di questa proposta legislativa fu il disastro ecologico provocato dalla petroliera Prestige, con il gravissimo inquinamento di centinaia di chilometri di costa. Il pacchetto di misure ora al nostro esame mira a contrastare non soltanto incidenti di quel genere, ma anche gli scarichi illegali di idrocarburi nelle acque costiere europee. Gli scarichi illegali, pur non assurgendo all’onore delle cronache, rappresentano tuttavia un problema grave, sottovalutato e di cui si parla troppo poco, dato che ogni anno nelle acque europee si verificano all’incirca 90 000 casi di questo tipo. Ogni anno le coste subiscono nuovi inquinamenti, e l’inquinamento da idrocarburi è responsabile di ben il 40 per cento dei decessi di uccelli lungo le coste del mare del Nord.

Il Consiglio ha impiegato molto tempo a definire una posizione comune, che il Parlamento ha peraltro giudicato inadeguata. Noi non vogliamo una tigre di carta, vogliamo efficaci accordi europei in campo investigativo e penale. Il Consiglio è venuto in buona parte incontro alle richieste del Parlamento, a beneficio dei cittadini europei e dell’ambiente. Tratterò ora più diffusamente i punti principali.

In primo luogo, ci sono pesanti sanzioni per contrastare gli scarichi illegali. In dicembre il Consiglio ha approvato una decisione quadro che colloca le sanzioni nel terzo pilastro, preparando così la strada a questo accordo. La proposta del terzo pilastro è poi saldamente ancorata nella clausola sui reati penali prevista dalla direttiva. Inoltre, il Consiglio ha assicurato la contemporanea adozione di entrambe le proposte legislative. In tal modo il Parlamento ha rafforzato la propria posizione istituzionale, anticipando la Costituzione.

In secondo luogo, gli scarichi illegali devono essere perseguiti. La maggior parte dei paesi ha il potere di intervenire – sempre che possa farlo – soltanto contro gli scarichi intenzionali; allargando, però, l’ambito di intervento ai casi di negligenza grave, possiamo garantire che le violazioni saranno perseguite in modo equo e corretto. Dobbiamo tuttavia evitare di esagerare nell’altro senso, ovvero di criminalizzare in modo eccessivo i capitani e gli equipaggi delle navi – un aspetto, questo, che ha sollevato vivaci discussioni. Il Parlamento tiene in gran conto la tutela prevista dalle convenzioni internazionali in caso di scarichi illegali, ma nel caso di incidenti la situazione è più complicata.

La Commissione e il Consiglio non vogliono l’introduzione di una tutela aggiuntiva nell’ambito della Convenzione Marpol nelle acque territoriali, perché ritengono che in tal caso diventerebbe praticamente impossibile contrastare le infrazioni – una posizione condivisa dalla maggioranza della commissione per i trasporti e il turismo. Ho tuttavia osservato che questo argomento continua a essere oggetto di discussione; ancora ieri, infatti, ho ricevuto una lettera dell’Organizzazione marittima internazionale, di cui peraltro è a conoscenza anche il Commissario, proprio a tale proposito. Signor Commissario, può dissipare i timori che taluni nutrono ancora riguardo all’eventualità che, in caso di incidenti, l’equipaggio possa essere criminalizzato a priori, posto che non è questa la nostra intenzione?

In terzo luogo, il Parlamento ha accarezzato a lungo il sogno di istituire una guardia costiera europea. E’ necessario prevenire e perseguire efficacemente l’inquinamento da idrocarburi. Finora il Consiglio non aveva tenuto conto di questo desiderio; lo fa adesso, con l’accordo di cui stiamo discutendo. Sono quindi molto lieta che il Consiglio accolga ora il principio di una guardia costiera europea. E’ stato concordato che la Commissione presenti uno studio di fattibilità entro la fine del 2006; signor Commissario, attendiamo con interesse di conoscere sia i risultati dello studio sia la proposta della Commissione sull’istituzione di una guardia costiera europea.

Infine, dovremmo naturalmente fare tutto quanto in nostro potere per prevenire l’inquinamento. E’ proprio di questo aspetto che si occupa la direttiva sugli impianti portuali di raccolta, la quale però è tuttora scandalosamente inadeguata. Cosa intende fare la Commissione per migliorarla?

Voglio esprimere la mia gratitudine ai colleghi per la fiducia che hanno riposto in me e per la fattiva collaborazione, nonché al segretariato della commissione per i trasporti e il turismo. Ringrazio di cuore anche la Commissione per il sostegno e la cooperazione. Infine, last but not least, ringrazio la Presidenza lussemburghese per aver condotto i negoziati con uno spirito dinamico, assolvendo così un compito tutt’altro che facile. Sono soddisfatta dei risultati che abbiamo conseguito e per i quali vi ringrazio, soprattutto tenendo conto dell’interesse pubblico e di quello dell’ambiente lungo le nostre coste e nelle nostre acque litoranee.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Wortmann-Kool per aver ottimamente presentato il contesto, illustrato le tematiche e descritto i contenuti di questa soluzione di compromesso, che, mi auguro vivamente, il Parlamento approverà durante la votazione di domani. Mi limiterò ad aggiungere alcune brevi osservazioni.

I negoziati su questa proposta di direttiva sono iniziati quasi due anni fa. Abbiamo dovuto superare ostacoli e talvolta anche divergenze di opinione con alcuni di voi. Rivolgo i miei complimenti e un caloroso ringraziamento ai tre relatori che si sono alternati nei negoziati, più in particolare all’onorevole Wortmann-Kool, che è la vera fautrice del successo di oggi.

Con la futura direttiva le Istituzioni europee potranno finalmente dare una risposta concreta alle aspettative dei cittadini, che vogliono evitare che si ripetano gli scarichi illegali e gli altri disastri del passato. E’ stato detto, e poco fa vi ha accennato anche lei, onorevole Wortmann-Kool, che volevamo criminalizzare i capitani e gli equipaggi delle navi. No, devo smentire decisamente che questa sia mai stata la nostra intenzione; è vero piuttosto il contrario, perché con la direttiva noi vogliamo aiutare chi lavora. Il nostro obiettivo è quello di contrastare gli eventi meno probabili, quelli più intollerabili e inaccettabili, e rendere consapevoli delle loro responsabilità tutti gli operatori a monte della lunga catena del trasporto marittimo. Devo confessare che sono stato colto di sorpresa dalla reazione del Segretario generale dell’Organizzazione marittima internazionale, che ho incontrato la settimana scorsa a Londra nella sede di questo organismo. Gli ho fatto presente che il testo di cui discutiamo oggi è perfettamente in armonia con il diritto internazionale in materia, ovvero la Convenzione Marpol sulla prevenzione dell’inquinamento e la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Il nostro testo è conforme a quelle norme e noi ci stiamo semplicemente avvalendo dell’opzione della Convenzione Marpol che prevede la possibilità di adottare disposizioni più severe.

E’ del tutto evidente che operiamo a livello di Unione europea, non di singoli Stati membri, ma in tutta onestà non credo che l’Organizzazione marittima internazionale possa trovare nella direttiva la benché minima volontà di criminalizzare i capitani e gli equipaggi delle navi. Affermo questo con vigore e con convinzione, nell’intento di rassicurare tutti gli onorevoli deputati che – a giudicare dalla lettera che ho ricevuto – hanno avuto l’impressione di non comprendere appieno le nostre intenzioni.

Signor Presidente, mi permetto di dire che l’adozione di questo testo sarà un successo. E’ vero che, con la sua proposta di direttiva, la Commissione voleva effettivamente introdurre un sistema adeguato di sanzioni penali. Da quel punto di vista, il testo di cui il Parlamento sta discutendo è senz’altro meno ambizioso perché gli elementi di natura penale sono stati trasferiti nel terzo pilastro, nell’ambito di una decisione quadro. Corrisponde al vero che io personalmente e la Commissione deploriamo tale scelta; non di meno la accettiamo perché nessuno degli altri aspetti della proposta è stato annacquato e perché siamo riusciti a garantire che i reati d’inquinamento siano definiti allo stesso modo e siano soggetti a sanzioni dissuasive simili in tutta l’Europa. Si tratta di un punto molto importante; in proposito vorrei dire che tutti i deputati al Parlamento europeo che sono stati testimoni dell’uno o dell’altro disastro causato da scarichi di idrocarburi comprendono la necessità di agire concretamente, poiché altrimenti, prima o dopo, ci troveremo di fronte a un altro disastro – e la colpa sarà attribuita a noi.

La direttiva al nostro esame stabilisce che in futuro la Commissione, con l’ausilio dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima e con tutte le altre autorità competenti degli Stati membri, dovrà unire le sue forze per rafforzare la sorveglianza, scoprire le violazioni e punire i colpevoli. In merito voglio aggiungere che personalmente condivido in pieno il desiderio del Parlamento di istituire una guardia costiera europea.

Signor Presidente, vorrei dire ancora qualcosa, senza dilungarmi troppo, sugli emendamenti dal n. 19 al n. 23. La Commissione auspica che il Parlamento li respinga, per due motivi: primo, perché essi mettono in dubbio il pacchetto su cui è stato raggiunto un compromesso, senza considerare che la procedura di conciliazione potrebbe complicare le cose, anche per motivi di merito. Gli emendamenti nn. 19 e 22 cercano di stilare un elenco completo di tutti gli operatori che, nella lunga catena del trasporto marittimo, potrebbero essere considerati responsabili di un incidente e del conseguente inquinamento. In realtà, un elenco del genere è già previsto, sia pure in forma ridotta, nel settimo considerando della posizione comune, che non è oggetto di alcun compromesso. L’emendamento n. 20 riguarda il regime relativo alla responsabilità e agli indennizzi per i luoghi di rifugio. Si tratta di una questione molto importante di cui la Commissione si sta occupando con grande attenzione; vi posso anticipare che nei prossimi giorni trasmetterò al Parlamento uno studio in proposito.

Gli emendamenti nn. 21 e 23 tendono a mettere in dubbio aspetti che la Commissione ritiene invece un vero passo avanti. E’ intenzione dell’Unione europea mettere a punto, all’interno delle sue acque territoriali, un sistema realmente operativo fondato su misure di dissuasione e sanzioni, in base al quale saranno puniti tutti gli inquinatori, se ritenuti colpevoli di negligenza grave. Tale sistema costituisce un miglioramento degli standard internazionali, in particolare della Convenzione Marpol, che devono essere ampliati. Le sanzioni possono essere imposte soltanto nei confronti di coloro che hanno agito deliberatamente o hanno commesso un errore non scusabile.

Pertanto, possiamo affermare che il nostro testo rappresenta un progresso, reso possibile dalla Convenzione sul diritto del mare, la quale autorizza i paesi rivieraschi a inasprire le misure di prevenzione dell’inquinamento e i regimi di controllo nelle rispettive acque territoriali. Abbiamo semplicemente colto un’opportunità; non credo, quindi, che sia il caso di tornare indietro. Per tale motivo, la Commissione non condivide la sostanza della proposta contenuta in questo emendamento ed è lieta che la commissione per i trasporti e il turismo abbia dato prova di saggezza non accogliendo gli emendamenti nn. 21 e 23.

Infine, ancora un’osservazione sull’emendamento n. 2 al settimo considerando. Questo emendamento, che riguarda la revisione del regime internazionale di indennizzo dei danni causati da inquinamento da idrocarburi, ovvero il Fondo internazionale di risarcimento per i danni dovuti all’inquinamento da idrocarburi, non è stato approvato dal Consiglio. E’ vero che l'obiettivo dell’emendamento esula un po’ dal campo di applicazione della direttiva, e nella riunione del trilogo la delegazione del Parlamento ha acconsentito a ritirare l’emendamento. Mi permetto di ricordarvi che, su sollecitazione del Consiglio e del Parlamento, la Commissione ha accolto la proposta di una dichiarazione in tre punti: primo, la Commissione ribadisce la sua determinazione nell’aiutare gli Stati membri a trovare un terreno comune per la revisione del sistema del Fondo internazionale di risarcimento; secondo, la Commissione sottolinea l’obbligatorietà dell’applicazione delle convenzioni internazionali in materia di responsabilità e indennizzo nei casi di inquinamento; terzo, la Commissione vuole presentare, nell’ambito del terzo pacchetto sulla sicurezza marittima, una proposta legislativa sull’introduzione dell’assicurazione obbligatoria per tutti i natanti che entrano nei porti dell’Unione.

In conclusione, signor Presidente, e la prego di scusarmi se mi dilungo tanto, la Commissione approva il pacchetto di 13 emendamenti di compromesso e attende fiduciosa di conoscere la posizione che il Parlamento assumerà al riguardo.

Vi prego di vigilare: è fondamentale che il Consiglio adempia gli impegni che ha assunto e adotti la direttiva e la decisione quadro rapidamente e contemporaneamente. Da parte mia, farò del mio meglio per garantire l’applicazione della decisione quadro. Tutto ciò è necessario se vogliamo che la soluzione di compromesso abbia senso e che l’opinione pubblica europea in futuro si senta molto più protetta dall’inquinamento marino in tutte le sue forme e dai suoi effetti terribili e disastrosi sul nostro patrimonio naturale e sul benessere complessivo del mare, come ci ha ricordato l’onorevole Wortmann-Kool.

Signor Presidente, mi permetto di insistere affinché il Parlamento non si lasci tentare e fuorviare da quelli che io ritengo siano commenti sbagliati, che insinuano una nostra volontà di criminalizzare la gente di mare. E’ vero il contrario; stiamo infatti cercando di renderla più consapevole delle proprie responsabilità, entro limiti congrui e ragionevoli. Devo dire che il testo è equilibrato, e, visto che il trilogo è giunto a un accordo interistituzionale, penso che abbiamo buone probabilità di dargli attuazione. Vi posso assicurare che questo testo sarà bene accolto da parte di tutti coloro che temono il verificarsi, prima o poi, di nuovi disastri causati da scarichi di idrocarburi. Ringrazio quindi il Parlamento, signor Presidente, per l’attenzione che ha riservato al testo, che è molto importante per i nostri concittadini europei.

 
  
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  Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, ho ascoltato con grande attenzione il suo intervento e quello della nostra relatrice, l’onorevole Wortmann-Kool, perché il tema di cui discutiamo stasera è particolarmente importante e presenta numerosi aspetti connessi con uno sviluppo sostenibile dell’economia e con la creazione di posti di lavoro.

La politica dell’Unione europea persegue l’obiettivo di sviluppare il trasporto marittimo e allo stesso tempo di proteggere l’ambiente marino – un obiettivo che noi tutti condividiamo. Purtroppo, però, la posizione comune e l’emendamento presentato dalla commissione per i trasporti e il turismo non forniscono una risposta a queste sfide, nonostante gli sforzi compiuti dalla relatrice – che ringraziamo – durante l’esame della proposta da parte della commissione.

Il motivo di fondo che ci induce a questa valutazione è il fatto che, con l’introduzione delle sanzioni, la Convenzione Marpol viene superata come norma di riferimento per la responsabilità di inquinamenti accidentali e per le zone marittime di applicazione. Questo fatto potrebbe avere ripercussioni non irrilevanti dal punto di vista legale ed economico, dato che in tale ipotesi il diritto comunitario sarebbe in contrasto con il diritto internazionale e minerebbe, al contempo, l’autorità dell’Organizzazione marittima internazionale, che è l’unico organismo in grado di applicare misure di tutela dei mari a livello internazionale, perché – non dobbiamo dimenticarlo – il trasporto marittimo è un’attività globale, che proprio per tale motivo non può essere assoggettata a standard diversi. L’esperienza insegna che misure di validità regionale possono esser causa di confusione, di disuguaglianze dal punto di vista giuridico nonché di problemi amministrativi. Inoltre, le statistiche internazionali rivelano che, a fronte di un aumento dei commerci marittimi, i casi di inquinamento stanno diminuendo.

Un altro elemento importante della proposta è quello della criminalizzazione del lavoro in mare, perché, sostanzialmente, la proposta riguarda anche questo aspetto. La gente di mare conduce già ora una vita dura e pericolosa; l’approccio di tipo penale contenuto nella proposta non fa altro che scoraggiare i giovani dall’andare per mare, soprattutto quelli con conoscenze tecniche e con un buon livello d’istruzione – ovvero proprio le persone di cui il settore marittimo europeo ha particolare bisogno.

Questi sono i motivi, onorevoli colleghi, per cui vi chiedo di affrontare la questione con senso di responsabilità e con lungimiranza e vi invito tutti a votare per gli emendamenti presentati dai deputati di Nuova democrazia e dai loro colleghi di altri gruppi politici e di altri paesi che vogliono armonizzare la nostra proposta con la Convenzione Marpol. Vi ringrazio. Credo che, indipendentemente dall’esito della votazione, abbiamo il dovere di predisporre una strategia a lungo termine che vada al di là di misure restrittive e di sanzioni penali.

 
  
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  Piecyk (PSE), a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il dovuto rispetto, mi permetto di ricordare che l’inquinamento esiste – in un modo o nell’altro. La relatrice ha sottolineato che il nostro è un comportamento alquanto schizofrenico: da un lato, quando si verifica un disastro ambientale reagiamo tutti con sgomento e poi con rabbia, mentre i mass media accorrono a frotte; dall’altro lato, lo scandaloso inquinamento che si verifica quotidianamente – ripeto: quotidianamente – nelle acque europee e internazionali non sembra suscitare altrettanto interesse tra l’opinione pubblica. Le cifre parlano da sé. La proposta della Commissione citava, all’epoca, 390 casi di scarichi illegali di idrocarburi nel mar Baltico nel solo 2001 e 596 casi nel mare del Nord. L’organizzazione ambientalista Oceania stima in circa 3 000 il numero degli scarichi illegali compiuti ogni anno nelle acque europee – e sono 3 000 volte troppi! Lo scarico di sostanze inquinanti non può più essere considerato alla stregua di una semplice contravvenzione; è ora che sia trattato come un reato di rilevanza penale e che i responsabili siano incriminati e condannati a pene severe.

La possibilità di investigare e perseguire simili casi dipende dalla disponibilità di strumenti idonei. Come già detto, gli Stati membri hanno senz’altro le loro colpe, ma, a lungo termine, sarà necessario creare un’efficiente guardia costiera europea. Non la istituiremo né oggi né in un futuro immediato, però credo che dovrà essere realizzata entro una prospettiva di medio termine. Non è ammissibile che singoli paesi, nell’intento di conservare gelosamente i loro diritti di giurisdizione, impediscano l’individuazione e la condanna dei responsabili di casi di inquinamento marino.

Domani il Parlamento, il Consiglio e la Commissione prenderanno una decisione su un compromesso ragionevolmente equo. La relatrice può a buon diritto arrogarsi gran parte del merito di questo risultato; desidero congratularmi con lei e ringraziarla per aver compiuto un lavoro eccellente che ci permette oggi di discutere di questa tematica e domani di concludere il relativo iter. Intendo dire che, grazie alla relatrice, non è necessario ricorrere alla procedura di conciliazione, ma possiamo passare direttamente all’adozione del provvedimento.

Nella sua decisione quadro, il Consiglio prevede pesanti sanzioni per i responsabili di inquinamento marino intenzionale: multe, pene detentive e interdizione dall’esercizio di attività economiche. La Commissione e il Consiglio intendono portare avanti la questione nell’ambito dell’Organizzazione marittima internazionale. E’ del tutto incomprensibile, ad esempio, che i proprietari di navi possano tuttora assicurarsi contro le multe per inquinamento marino. Norme del genere devono essere modificate all’interno dell’OMI. Approvando l’esecuzione di uno studio di fattibilità, compiremo un importante primo passo verso la creazione di una guardia costiera europea.

Desidero pertanto complimentarmi con la Presidenza lussemburghese per la fruttuosa cooperazione su questa tematica. Il Lussemburgo non è certamente il primo paese cui si pensa quando si parla di Stati con lunghi tratti di costa; esso possiede, però, una flotta molto consistente, di cui questa Presidenza – che includo nei miei ringraziamenti – non può non assumersi la responsabilità. Credo che tutti noi abbiamo una grande responsabilità per quanto riguarda la conservazione dell’ambiente naturale, mari e oceani inclusi. Ecco perché la decisione di domani deve trovare rapida attuazione. Le nostre coste, i nostri mari e il nostro ambiente marino ce ne saranno grati.

 
  
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  Ortuondo Larrea (ALDE), a nome del gruppo ALDE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ogni sei minuti viene versato in mare petrolio e ogni anno oltre 20 000 tonnellate finiscono nei mari europei a causa dei trasporti marittimi – un quantitativo sufficiente per riempire 10 000 piscine olimpiche. Questi sono i dati riportati nella relazione di Oceania sull’inquinamento marino, cui ha accennato anche l’onorevole Piecyk.

Ma tale relazione dice molto di più. Ci dice, ad esempio, che ogni anno vengono scoperti 3 000 scarichi illegali di idrocarburi; è tuttavia possibile che il numero degli scarichi intenzionali sia molto più elevato perché a Rotterdam, tanto per citare un caso, che è il porto più trafficato di tutta l’Unione europea e uno dei più importanti al mondo, solo il 7 per cento delle navi che vi fanno scalo consegnano agli impianti portuali di raccolta i rifiuti e i residui di sentina e delle stive. Viene dunque da chiedersi dove vadano a scaricare il restante 93 per cento – perlopiù in mare, probabilmente.

Dobbiamo approvare quanto prima norme di controllo più efficaci, per impedire che ogni anno l’inquinamento da idrocarburi continui a uccidere oltre 77 000 uccelli e un numero imprecisato di cetacei, tartarughe marine, pesci e, in generale, altre specie della flora e della fauna marine. Dobbiamo approvare anche norme per porre fine all’inquinamento delle coste e delle spiagge ovunque esso si verifichi. E’ in corso di approvazione l’adozione di strumenti brevettati di controllo da installare a bordo dei natanti, una sorta di scatola nera inviolabile, capaci di verificare in modo affidabile se una nave ha effettuato uno scarico illegale.

In sede di attuazione delle misure di accompagnamento previste dall’articolo 10 della direttiva di cui stiamo discutendo, tutte le navi saranno tenute a installare le scatole nere e tutti i porti, senza eccezione alcuna, dovranno dotarsi di impianti di raccolta dei rifiuti; si dovranno inoltre istituire sistemi statali e comunitari di registrazione degli scarichi illegali controllati e si dovranno rendere di pubblico dominio i casi di scarichi illegali e le sanzioni applicate.

Gli Stati dovranno essere obbligati ad attenersi alle norme che impongono loro di trovare un porto di accoglienza per navi in difficoltà e si dovrà istituire un servizio di guardia costiera a livello europeo con compiti di vigilanza sugli scarichi, sull’immigrazione illegale e sul commercio di droga. E’ altresì fondamentale l’applicazione di sanzioni nei confronti di tutti coloro che fanno parte della catena del trasporto marittimo, senza eccezioni e quindi compresi i proprietari del carico e gli agenti marittimi, i noleggiatori, i destinatari del carico, i proprietari delle navi, le società di classificazione e gli assicuratori, i membri dell’equipaggio e tutti gli altri responsabili di incidenti o scarichi, a prescindere dal fatto che svolgano le loro mansioni a terra o in mare.

Il Fondo internazionale di risarcimento per i danni dovuti all’inquinamento da idrocarburi deve essere aumentato e aggiornato periodicamente, nonché adeguato al valore del danno reale causato. Si dovrà inoltre tener conto con maggiore cura dei contributi versati dai proprietari delle navi, dai proprietari del carico, dai noleggiatori e dai destinatari di carichi di idrocarburi.

Tutte queste disposizioni devono essere applicate immediatamente in Europa e dobbiamo chiedere che siano estese anche al resto del mondo per mezzo dell’Organizzazione marittima internazionale; infatti, se aspettiamo che l’Organizzazione si metta d’accordo su norme di questo tipo, il mare del Nord, il mar Baltico, per non parlare del Mediterraneo, saranno già stati inquinati in maniera irrimediabile.

Ringrazio vivamente la relatrice, onorevole Wortmann-Kool, per l’ottima relazione e per il grande impegno che ha profuso allo scopo sia di trovare un accordo su posizioni comuni tra i gruppi parlamentari, nonché nell’ambito del trilogo con il Consiglio e la Commissione, sia di portare a termine questo processo legislativo in sede di seconda lettura.

Vi comunico che il nostro gruppo ha appena deciso di approvare i 13 emendamenti di compromesso e di ritirare i 3 emendamenti che avevamo presentato, al fine di rendere possibile l’approvazione domani di questa relazione e l’entrata in vigore, quanto prima possibile, di questa importantissima direttiva.

 
  
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  Papadimoulis (GUE/NGL), a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, un’ampia maggioranza del mio gruppo è favorevole alla proposta e contraria agli emendamenti che vogliono indebolirla.

La grande maggioranza dei cittadini invoca misure più severe di prevenzione dell’inquinamento causato dalle navi, che ha effetti deleteri non solo sull’ambiente e sulla salute pubblica, ma anche sui settori della pesca e del turismo.

Il pacchetto di misure di cui stiamo discutendo mira a portare a compimento un lavoro iniziato anni fa, la cui realizzazione è stata rinviata a causa delle reazioni di tre Stati membri, contrari all’originaria proposta di direttiva della Commissione.

Come si può essere contrari a una direttiva come questa se pensiamo ai costi che l’inquinamento ambientale comporta per l’industria ittica e per il settore del turismo, nonché ai costi della disoccupazione che affligge le zone colpite da inquinamento da idrocarburi? Nel solo 1999 sono stati segnalati 1 638 casi di scarichi illegali nell’area del Mediterraneo, che, per inciso, è un mare chiuso; provate un po’ a immaginare quanti casi non sono stati individuati né, quindi, segnalati. Per quanto riguarda il mare del Nord e il mar Baltico, il numero di scarichi illegali riscontrati nel 2001 era più o meno lo stesso.

Tenendo conto della necessità di tutelare l’ambiente marino e di compiere, finalmente, qualche progresso in questo campo, abbiamo deciso di approvare gli emendamenti di compromesso, pur non essendone del tutto soddisfatti.

Concludo rivolgendo un appello al governo greco, al governo del mio paese, affinché rinunci alla sua politica ostruzionistica. La Grecia, in quanto potenza marittima di livello mondiale, non dovrebbe stare nelle retrovie, bensì essere all’avanguardia nella lotta contro l’inquinamento causato dalle navi e assumere una posizione costruttiva per non dare adito a critiche nei confronti della sua flotta.

 
  
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  Blokland (IND/DEM), a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, non stiamo discutendo soltanto della relazione dell’onorevole Wortmann-Kool, bensì anche dell’accordo da lei raggiunto con il Consiglio. Due sono, a mio parere, i punti importanti di questa discussione: anzi tutto, dobbiamo renderci conto del fatto che la navigazione marittima è un’industria globale che può funzionare correttamente soltanto se le norme che la disciplinano sono stabilite a livello globale. Sono pertanto molto lieto che sia il Consiglio sia la relatrice approvino la Convenzione Marpol.

Inoltre, una legislazione il cui rispetto non sia sottoposto a controlli e sanzioni adeguati non ha alcun senso. Mi fa quindi piacere che la relatrice sia riuscita a indurre il Consiglio ad assumere un impegno preciso riguardo all’aspetto penale di questo dossier. Vorrei dire infine che attendo con interesse lo studio della Commissione sull’istituzione di una guardia costiera europea; mi auguro che esso possa convincermi dell’utilità di un simile organo. Vi ringrazio.

 
  
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  Busuttil (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, mi spiace che la commissione per i trasporti e il turismo abbia respinto l’emendamento n. 7 a questa relazione. Voglio precisare che sono pienamente favorevole al principio di combattere l’inquinamento provocato dalle navi; ritengo tuttavia necessario applicare tale principio in modo più accorto. Mi pare che abbiamo dimenticato che i rischi connessi con la navigazione sono tali da causare talvolta incidenti, a dispetto di tutte le precauzioni adottate. E’ quindi ingiusto che i proprietari di navi, i capitani e i membri dell’equipaggio che hanno preso tutte le misure ragionevolmente idonee a prevenire l’inquinamento causato da un eventuale incidente debbano essere trattati allo stesso modo di coloro che si sono resi responsabili di inquinamenti intenzionali o di inquinamenti conseguenti a comportamenti incauti o negligenti.

Due ragioni mi inducono a ritenere che questo tipo di approccio sia illogico. Primo, perché esso aggira, laddove non viola, la Convenzione MARPOL. Dovremmo fare uno sforzo per migliorare l’efficacia delle convenzioni internazionali, non metterci in competizione o agire in contrapposizione ad esse. Considerate le peculiarità del settore marittimo, le convenzioni internazionali hanno dimostrato di essere strumenti validi ed efficaci. Quindi, continuiamo a usarli.

In secondo luogo, trovo che questo approccio sia illogico perché pone la navigazione nell’Unione europea in condizione di svantaggio rispetto a quella in acque extra comunitarie. In un momento in cui siamo impegnati a rafforzare la competitività e a creare nuovi posti di lavoro, dobbiamo stare attenti a non legiferare in modo tale da spingere il settore marittimo, così importante, ad abbandonare l’Europa.

So bene che il compromesso raggiunto è frutto di un grande lavoro, e perciò ringrazio la relatrice. Temo, però, che non si siano comprese a sufficienza le effettive conseguenze che queste norme avranno. Concordiamo tutti sulla necessità di regolamentare l’inquinamento causato dalle navi, però dobbiamo, e dovremmo, adottare un approccio di tipo pratico, che ci aiuti a raggiungere i nostri obiettivi in modo efficace ma nel contempo pragmatico.

 
  
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  Evans, Robert (PSE).(EN) Signor Presidente, desidero anch’io ringraziare la relatrice nonché il Commissario per le sue interessanti considerazioni. Come già rilevato, quella di cui stiamo discutendo è una normativa importante per migliorare la sicurezza in mare e per costringere il settore marittimo ad agire in modo responsabile. Gli onorevoli Piecyk, Ortuondo Larrea, Papadimoulis e altri hanno osservato che la maggior parte dell’inquinamento da idrocarburi non è causato dai grandi disastri che fanno notizia, bensì da scarichi intenzionali. E’ di fondamentale importanza che contrastiamo questi comportamenti illegali tutti insieme e in modo deciso; in tale ottica, credo che il compromesso raggiunto costituisca un valido passo avanti.

La cooperazione sulle questioni di rilevanza europea per contrastare la criminalità o la negligenza è uno strumento importante. Per parte mia, nulla potrà farmi recedere dalla determinazione di fare tutto il possibile per prevenire l’inquinamento e tutelare l’ambiente. Peraltro, potremo ottenere risultati molto maggiori se lavoreremo insieme, come Unione europea e non come singoli paesi.

Ci associamo quindi all’onorevole Blokland nel dire che attendiamo con grande interesse lo studio di fattibilità sull’istituzione di una guardia costiera europea. Al momento attuale, per quanto ho capito, le funzioni delle diverse guardie costiere nazionali variano notevolmente da Stato a Stato: in alcuni casi la guardia costiera svolge compiti di difesa dei confini e di contrasto dell’immigrazione illegale, in altri di lotta contro l’inquinamento sulla falsariga di quanto abbiamo prospettato; in alcuni paesi le competenze della guardia costiera comprendono operazioni di ricerca e salvataggio che in altri paesi spettano invece a corpi militari.

Per quanto riguarda il Regno Unito, le funzioni della guardia costiera comprendono compiti di ricerca e salvataggio, e le acque di sua competenza confinano con quelle degli Stati Uniti e del Canada. La sua area di responsabilità è quindi parecchio più estesa di quella di alcuni altri paesi. Attendo dunque con interesse di leggere lo studio di fattibilità; potremo rifletterci dopo l'approvazione della relazione, prevista per domani, e quindi procedere.

 
  
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  Toussas (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’esperienza ha dimostrato la totale inadeguatezza delle misure di prevenzione e repressione che, per i reati di inquinamento, prevedono sanzioni a carico dei proprietari di navi, degli armatori, dei dirigenti, delle persone e delle agenzie autorizzate responsabili, in linea generale, dello stato, della gestione e della navigabilità delle navi.

A colpi di sentenze giudiziarie, i proprietari di navi, gli armatori, i dirigenti, gli agenti, gli assicuratori, i noleggiatori, i proprietari del carico e le altre figure parte della catena dell’infrastruttura marittima dal punto di vista sia materiale sia tecnico che sono responsabili dei crimini commessi in mare e dei disastri ambientali approfittano delle norme nazionali e internazionali per sottrarsi alle sanzioni, mentre l’equipaggio è usato, con grande severità e in contrasto con le leggi internazionali, come capro espiatorio e come ostaggio allo scopo di placare le preoccupazioni dei lavoratori e di contrastare la lotta dei movimenti ambientalisti popolari e di base.

E’ stato dimostrato che la politica fondata sugli incentivi mirati ad aumentare la competitività e i profitti delle operazioni industriali in mare e a terra, ossia dei monopoli, è estremamente deleteria per la tutela della vita umana in mare e per la tutela dell’ambiente.

La direttiva sull’inquinamento marino in discussione, che prevede l’applicazione di sanzioni in caso di violazioni delle norme, si inserisce nel quadro di questa politica contraria agli interessi popolari e di base e mirata ad aumentare la competitività delle società e la redditività delle grandi imprese. La direttiva attribuisce ai membri dell’equipaggio la colpa degli incidenti, perpetua la non responsabilità delle imprese industriali in mare e a terra e non tocca i proprietari di navi, gli armatori, i dirigenti, i noleggiatori, i registri di navigazione, le compagnie di assicurazione e altri. La direttiva conferma e rafforza la responsabilità comune degli armatori e dell’equipaggio. Se avessi a disposizione un po’ più di tempo, potrei citare migliaia di esempi che dimostrano come non esista alcuna connessione tra le responsabilità del capitano e dell’equipaggio e quelle degli armatori e dei proprietari delle navi. L’inquinamento marino e la distruzione dell’ambiente sono questioni di enorme rilevanza politica.

In conclusione, mi sia consentito di rispondere alle osservazioni sull’emendamento n. 19, da noi presentato, e rilevare quanto segue: in riferimento all’emendamento n. 19 non riusciamo a capire perché mai il Commissario, la relatrice e il Consiglio, pur riconoscendo che ciò non comporta alcun cambiamento di sostanza, non vogliano accettare la condizione secondo cui le persone responsabili di reati di inquinamento siano individuate con maggiore chiarezza…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Attard-Montalto (PSE).(EN) Signor Presidente, secondo un detto inglese molto noto, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Mi auguro che questa direttiva non sia nel novero. E’ evidente, e tutti concordiamo in proposito, che l’inquinamento marino è una vera catastrofe.

Il mio paese, Malta, è particolarmente sensibile a questo problema dato che la sua economia dipende dal turismo. La nostra filosofia in campo marittimo è sempre stata apprezzata, soprattutto perché siamo stati tra i precursori di certe teorie sull’eredità comune dell’umanità, con particolare riguardo al fondo marino. Nessuno può quindi accusarci di anteporre il nostro interesse nazionale a quello dell’Unione europea – e ora ve ne spiegherò i motivi.

In tutta sincerità, non credo che questa direttiva potrà ridurre l’inquinamento. Perché? Non ho ancora ricevuto una risposta diretta e concreta alla domanda se la direttiva sarà applicata alle navi registrate in paesi extra comunitari; se la risposta è “no”, quali saranno le conseguenze? Le conseguenze saranno che le navi attualmente iscritte nei registri greco, cipriota e maltese emigreranno in altri paesi e batteranno altre bandiere. Sarei molto lieto di avere un chiarimento in merito perché, stando alle informazioni fornitemi dal mio governo, la norma nella sua versione attuale crea discriminazioni tra le bandiere dei paesi europei e quelle dei paesi extra europei. E se le cose stanno effettivamente così, si tratterebbe di una violazione della Convenzione internazionale. Signor Commissario, come pensa di far applicare questa norma? Mi auguro che nelle sue conclusioni vorrà rispondere alla mia domanda.

 
  
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  Hedkvist Petersen (PSE).(SV) Signor Presidente, signor Commissario, l’ambiente marino è di importanza vitale per noi tutti e per le generazioni future. Oggi molti lo hanno affermato più volte in questa sede, ed io non posso che associarmi a loro. Inoltre, l’inquinamento dei mari e dell’ambiente marino rappresenta un vero e proprio problema transfrontaliero e un'autentica sfida internazionale. A mio modo di vedere, la decisione che adotteremo domani produrrà un miglioramento della situazione dei mari e dell’ambiente marino.

Penso inoltre che l’istituzione di una guardia costiera europea – una questione che va ovviamente approfondita – potrebbe contribuire validamente in tal senso e rivelarsi utile nella lotta contro l’inquinamento da idrocarburi nelle sue varie forme. Sarebbe importante stabilire con precisione i compiti e i ruoli della guardia costiera, in modo tale che essa possa operare anche in riferimento alle responsabilità nazionali. Voglio essere breve e pertanto concludo qui questo intervento esprimendo il mio sostegno all’accordo proposto.

 
  
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  Sifunakis (PSE). (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi discutiamo di una proposta di direttiva che è la diretta conseguenza di un tragico incidente. Sto parlando dell’affondamento della Prestige nel novembre 2002, che arrecò gravissimi danni all’ambiente marino e provocò la morte di marinai provenienti da un paese europeo.

Le indagini condotte sulla scia di quel tragico incidente hanno dimostrato che la responsabilità di simili eventi è frammentata e distribuita tre le varie agenzie e i vari agenti coinvolti. Purtroppo, c’è voluto un grave disastro ecologico perché ci rendessimo conto del fatto che, sebbene la stragrande maggioranza degli operatori del settore marittimo si comporti in modo responsabile, ci sono tuttavia alcune figure la cui irresponsabilità può avere conseguenze pesantissime sull’ambiente marino.

La Grecia, un paese con un’antica tradizione marittima, non ha subito finora gravi episodi di inquinamento grazie alla coscienziosità dei lavoratori del settore marittimo e, naturalmente, dei proprietari di navi, degli equipaggi e di tutte le altre persone coinvolte.

I socialisti greci, profondamente consapevoli della necessità di proteggere sia l’ambiente sia le persone che lavorano nel settore marittimo, appoggiano la proposta e ritengono che l’attuale proposta di direttiva rappresenti un passo avanti nella lotta sia contro l’inquinamento accidentale e legato alle operazioni di trasporto, sia contro l’inquinamento volontario, come giustamente osservato dalla relatrice, onorevole Wortmann-Kool. Dobbiamo contrastare con fermezza i comportamenti irresponsabili.

In quella grande pozza d’acqua che è il Mediterraneo, in cui un traffico marittimo già pesante non fa che aumentare di giorno in giorno, come cittadino greco, ovvero di un paese che è la principale potenza marittima dell’Unione e in cui il turismo costituisce un settore fondamentale dell’economia nazionale, un paese con migliaia di chilometri di costa e centinaia di isole, mi sento di dire che è nostro dovere guidare la lotta contro l’inquinamento dei mari e per la tutela dell’ambiente marino.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, cercherò di essere breve, ma vorrei ugualmente rispondere ad alcune domande che sono state poste. Innanzi tutto, non posso ammettere che si dica che esiste un conflitto tra questa proposta di direttiva e la Convenzione Marpol, perché tale affermazione è assolutamente falsa. La Convenzione Marpol si limita a prevedere sanzioni per coloro che hanno agito deliberatamente o hanno commesso errori non scusabili, ma le sue disposizioni vanno lette insieme con quelle della Convenzione sul diritto del mare, la quale autorizza gli Stati rivieraschi a inasprire le misure di prevenzione e contrasto dell’inquinamento all’interno delle rispettive acque territoriali, ed è proprio questa la clausola della Convenzione sul diritto del mare alla quale ci siamo richiamati.

Dato che a tale clausola possono appellarsi tutti gli Stati membri, lo può fare anche l’Unione europea. Della questione ho discusso con il Segretario generale dell’Organizzazione marittima internazionale. Trovo pertanto sconcertante questa critica che ci è stata mossa, posto che la direttiva è conforme sia alla Convenzione Marpol sia alla Convenzione sulla legge del mare. Vorrei inoltre osservare, come giustamente ricordato dalla relatrice, che le sanzioni sono proporzionate; lo scopo è infatti quello di punire i casi di negligenza grave e di assicurare che le pene siano congrue rispetto al reato commesso. Noi non vogliamo criminalizzare le persone, vogliamo renderle consapevoli delle loro responsabilità. Forse mi accosto a questa problematica con un po’ troppa passione, ma se lo faccio è perché credo in questa causa, ovvero nella causa di tutelare il nostro patrimonio comune.

Cercherò quindi di rispondere alla domanda dell’onorevole Attard-Montalto nel modo più educato possibile – per caso, l’onorevole Attard-Montalto è qui in Aula? Le sanzioni possono essere imposte alle navi che battono bandiera di paesi terzi quando tali navi entrano in un porto dell’Unione. Pertanto, le navi battenti bandiera degli Stati membri non saranno discriminate da questo punto di vista. Desideravo precisare questo punto.

Aggiungo, poi, che noi non solo siamo convinti che siffatto approccio sia pienamente in linea con quello dell’Organizzazione marittima internazionale, ma ci siamo anche posti l’obiettivo di collaborare con l’OMI, come ho avuto modo di dire al suo Segretario generale. Noi utilizziamo come base di riferimento il lavoro svolto dall’OMI, che vuole anch’essa introdurre l’uso di scatole nere e in merito ha già predisposto un calendario dettagliato.

Signor Presidente, ho cercato di evidenziare che abbiamo raggiunto all’unanimità un accordo politico con il Consiglio. Mi permetto dunque di ricordare al Parlamento che l’accordo è sostenuto da una maggioranza che si va formando in tutta Europa e che si è delineata chiaramente durante il trilogo con il Consiglio.

Infine, non è il caso di aspettare che si verifichi un nuovo disastro per renderci conto di punto in bianco di quanto avviene nel mondo e per prendere coscienza delle nostre responsabilità. Fino ad ora, le norme in materia di tutela marina sono state migliorate solo in conseguenza di disastri; oggi abbiamo la grande occasione di evitare che ciò accada nuovamente. Ecco perché ritengo che questo testo sia equilibrato e che il suo scopo non sia quello di criminalizzare nessuno, bensì di rendere tutti più consapevoli delle rispettive responsabilità. Ed ecco perché, onorevole Wortmann-Kool, ringrazio il Parlamento in anticipo, nell’auspicio che voti a favore della proposta con la maggioranza più ampia possibile.(1)

 
  
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  Presidente. – Signor Commissario, la ringrazio vivamente per la sua risposta e per la passione con cui ha parlato.

 
  
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  Attard-Montalto (PSE).(EN) Signor Presidente, intervengo per una questione di procedura. Il Commissario ha indebitamente citato in modo errato le mie parole. Il mio pensiero era chiaro: non ho parlato affatto di scarichi, né intenzionali né causati da negligenza, nei porti o nelle acque territoriali, e il Commissario lo sa benissimo; nondimeno, nella sua citazione mi ha fatto dire che la discriminazione che si creerebbe tra le navi di paesi terzi e le navi degli Stati membri dell’Unione riguarderebbe gli scarichi nelle acque territoriali.

Ho invece chiesto, e non ho ancora ricevuto una risposta, se in riferimento agli scarichi compiuti al di fuori delle acque territoriali ci sia una discriminazione tra le navi battenti bandiera dei paesi europei e quelle battenti bandiera di paesi terzi. Mi piacerebbe che il Commissario rispondesse a questa domanda, non a una domanda che non ho posto.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Attard-Montalto, a rigore, il suo non è stato un intervento per una questione di procedura; credo invece che le sue osservazioni riguardassero un’accusa personale.

Signor Commissario, desidera replicare?

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Mi scuso. Il mio scopo era quello di rispondere in tutta onestà, e ho il massimo rispetto per le opinioni di tutti i presenti, anche se forse ho messo un po’ troppa passione nel difendere questo testo. Voglio precisare molto chiaramente che non intendevo affatto accusare in alcun modo i deputati al Parlamento europeo – accusare qualcuno non rientrava assolutamente nelle mie intenzioni. Volevo dire che le navi battenti bandiera di paesi terzi sono sottoposte a norme quando entrano in un porto dell’Unione. Credo che lei possa essere d’accordo su questo punto, anche se forse non sto rispondendo del tutto alla sua domanda.

Se me lo consente, signor Presidente, suggerisco che l’onorevole Attard-Montalto e io ci incontriamo e chiariamo la questione faccia a faccia. Ho semplicemente inteso spiegare quale legislazione ritengo debba essere applicata, a mio parere, alla situazione attuale. Forse l’onorevole deputato si riferisce ad altre situazioni, e pertanto propongo che noi due ci incontriamo per discutere la faccenda in maniera più dettagliata.

 
  
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  Presidente. – La Presidenza dell’odierna seduta desidera ringraziarla per la sua disponibilità, signor Commissario. Ritengo che la sua proposta sia, di fatto, la soluzione più sensata.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, mercoledì, alle 11.30.

 
  

(1) Posizione della Commissione sugli emendamenti: cfr. Allegato.


18. Informazione fluviale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0055/2004), presentata dall’onorevole Renate Sommer, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi armonizzati d’informazione fluviale sulle vie navigabili interne della Comunità.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono lieto di potervi oggi presentare questa proposta di direttiva relativa ai servizi d’informazione fluviale. Lo scopo della proposta è l’armonizzazione dei servizi d’informazione fluviale sulle vie navigabili interne della Comunità, e in effetti il Parlamento ha richiesto tale direttiva nella sua risoluzione relativa al Libro bianco sulla politica europea dei trasporti.

Da molti anni la Commissione riconosce che le vie navigabili interne offrono un enorme potenziale di sostituzione, dati i problemi di sovraccarico degli altri settori dei trasporti. In altre parole, i trasporti sulle vie navigabili interne sono spesso più economici, più affidabili e più rispettosi dell’ambiente di altre modalità di trasporto.

I servizi d’informazione fluviale, che si basano sulle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione e che permettono di apportare migliorie alla pianificazione e alla gestione del traffico e dei trasporti, rappresentano un’opportunità straordinaria per le vie navigabili interne. I servizi comprendono la diffusione di informazioni sulle vie navigabili interne, sulle condizioni di navigabilità, sulla situazione del traffico e sulla capacità dei porti e dei terminali, come pure servizi di prevenzione di incidenti.

I servizi d’informazione fluviale permettono di pianificare i viaggi con maggiore precisione e di adattarsi più facilmente alle condizioni del traffico e di navigabilità, il che comporta una riduzione del consumo di carburante, e quindi anche una riduzione delle emissioni. Essi permettono inoltre di monitorare il trasporto di merci pericolose, e quindi di intervenire in modo adeguato in caso di incidenti o di eventuali danni all’ambiente. L’uso dei servizi d’informazione contribuirà alla modernizzazione della rete fluviale, come pure all’incremento della sua sicurezza, affidabilità ed efficienza.

Lo scopo della direttiva è duplice. Innanzi tutto essa mira a offrire ai governi che forniscono i servizi, ai cittadini che ne usufruiscono e alle imprese che producono i relativi hardware e software la sicurezza di cui hanno bisogno per investire in questo campo. Il secondo scopo è assicurare che le applicazioni siano interoperabili e compatibili a livello nazionale ed europeo, e naturalmente fare in modo di ottenere una continuità con i servizi utilizzati da altre modalità di trasporto.

La direttiva non impone agli utenti privati di utilizzare i servizi d’informazione fluviale, ma siamo convinti che i benefici offerti da tali servizi sproneranno gli utenti ad approfittarne. Siamo anche certi che le imprese considereranno la tecnologia RIS come un’opportunità di mercato e che la metteranno a disposizione a un prezzo ragionevole e accessibile. Il fatto che il settore delle vie navigabili interne sia costituito principalmente di piccole e medie imprese fa del costo un fattore fondamentale, e la Commissione intende seguire con attenzione gli sviluppi in questo campo.

Il Consiglio ha raggiunto un’ampia intesa, e mi compiaccio che la relatrice e la commissione responsabile, la commissione per i trasporti e il turismo, abbiano tentato di ottenere un accordo in prima lettura. Il Consiglio e il Parlamento hanno adottato un approccio costruttivo che dovrebbe permetterci di adottare rapidamente la direttiva e di passare alla realizzazione pratica dei servizi d’informazione fluviale. Vorrei esprimere i miei più sentiti ringraziamenti all’onorevole Sommer e alla commissione per i trasporti e il turismo per aver dato il loro sostegno a questo approccio.

Vi sono tre questioni che vale la pena sottolineare: l’interoperabilità dei servizi, le scadenze per l’attuazione e le tavole di concordanza. Il Parlamento a buon diritto ha posto l’accento sull’interoperabilità dei servizi e sulla compatibilità delle attrezzature, in quanto questi problemi sono centrali per la direttiva, motivo per cui vorrei ringraziare ancora una volta la relatrice. Si è raggiunto un compromesso che prevede un periodo di 30 mesi per l’attuazione, termine che considero ragionevole. Quanto alle tavole di concordanza, ovviamente la Commissione deplora il fatto che l’obbligo di fornire tali tavole figuri solo in un considerando e non in un articolo. Nonostante questa divergenza di opinioni, che va risolta a livello istituzionale, riteniamo di non poter correre il rischio che la direttiva non venga adottata. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei ribadire che questa direttiva faciliterà il flusso del traffico fluviale, rendendolo più sicuro e funzionale. Credo sia per noi cruciale saper sfruttare questo potenziale di trasporto e di mobilità; per questo motivo vorrei ringraziare anticipatamente l’Assemblea per l’accoglienza che riserverà a questa proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio.

 
  
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  Sommer (PPE-DE), relatore.(DE) Signor Presidente, diversamente da quanto promettono nei loro discorsi e annunciano nelle loro dichiarazioni, spesso nella pratica i politici di molti Stati membri trascurano gli interessi della navigazione interna. Come ha affermato il Commissario Barrot, è stata la Commissione a concentrarsi con maggiore impegno sul potenziale di questa modalità trasporto, e alcuni anni fa, nel settembre 2001, il suo Libro bianco sulla politica europea dei trasporti sino al 2010 ha formulato l’obiettivo di rafforzare la posizione della navigazione interna come modalità di trasporto alternativa su cui si potrebbe spostare una parte notevole del volume del traffico stradale. Al momento attuale, tuttavia, siamo ben lontani dal raggiungere tale obiettivo. Evidentemente molti cittadini hanno difficoltà a riconoscere l’importanza reale della navigazione interna, eppure nell’Unione europea la navigazione interna ha davvero un ruolo potenzialmente importantissimo.

Pertanto era davvero tempo che la Commissione mettesse in pratica le dichiarazioni d’intenti del Libro bianco, cosa che ha fatto nel maggio dell’anno scorso presentando questa proposta di direttiva relativa ai servizi d’informazione fluviale. Essa prevede l’uso di applicazioni che impiegano moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione e che in futuro dovrebbero facilitare agli Stati membri la gestione dei flussi di traffico e delle operazioni di trasporto sulle vie navigabili interne.

L’Unione europea possiede 30 000 chilometri di canali e fiumi che collegano centinaia di importanti centri abitati, città e zone industriali. Ciò che possiamo definire “rete centrale” collega tra loro i paesi del Benelux, la Francia, la Germania e l’Austria. Nonostante l’enorme potenziale dell’intera rete, solo il 7 per cento del traffico interno complessivo, escluso il traffico aereo, percorre le vie navigabili interne – sì, solo il 7 per cento! D’altra parte, in vista del crescente volume del traffico – in parte dovuto al benefico allargamento dell’Unione europea verso est – le strade, le ferrovie e lo spazio aereo europei hanno operato a lungo al limite delle loro capacità massime. Questo rende tanto più importante la promozione a lungo termine dell’unico modo di trasporto cui restano ancora significative possibilità d’espansione. Il presente progetto di direttiva permette di sfruttare con maggiore efficacia il potenziale del trasporto sulle vie navigabili interne e di includerlo nella catena dei trasporti intermodali.

Permettetemi di delineare brevemente alcuni dei punti principali dell’accordo che abbiamo raggiunto nel corso del trilogo informale. Oltre al fatto che va tenuto in considerazione il lavoro già svolto da organizzazioni internazionali riconosciute quali la Commissione centrale per la navigazione sul Reno, ora abbiamo anche concordato che tali organizzazioni continueranno ad essere coinvolte nell’istituzione dei servizi armonizzati d’informazione fluviale. Esse possono offrire la loro consulenza al comitato RIS, che eviterà che l’Unione europea sviluppi una congerie di sistemi diversi.

Il Commissario Barrot ha elencato le applicazioni potenziali dell’approccio RIS: informazioni sui canali, informazioni sul traffico, gestione del traffico, supporto alla prevenzione di incidenti – particolarmente importante, poiché intendiamo includere materiali pericolosi tra i carichi da affidare al trasporto fluviale invece che a quello stradale – e informazioni sulla gestione dei trasporti, statistiche e servizi doganali, nonché diritti per l’utilizzo delle vie navigabili e tasse portuali. Sono possibili altre applicazioni dei servizi; questo elenco non è esaustivo.

Simili informazioni devono essere rese accessibili indiscriminatamente a tutti gli utenti dei servizi RIS. Oltre al legittimo interesse pubblico per dettagli quali la posizione precisa di navi cargo che trasportano materiali pericolosi, non vanno dimenticati gli altrettanto legittimi interessi economici delle parti coinvolte – tra cui spedizionieri, gestori della flotta e operatori portuali.

Per questo motivo abbiamo chiaramente ribadito che naturalmente la legge per la protezione dei dati si applica senza eccezioni a segreti commerciali come questi. In considerazione della struttura del settore, formato principalmente da imprese di piccole e medie dimensioni, abbiamo impedito che le tasse imposte per le informazioni RIS superassero il prezzo di costo, proteggendo così il settore da costi eccessivi derivanti dall’utilizzo del sistema. Va però detto che non vi è stata alcuna possibilità di ottenere dal Consiglio ulteriore sostegno al settore, ad esempio attraverso aiuti aggiuntivi o prestiti a tasso ridotto, che a mio avviso sarebbero stati perfettamente giustificati. E’ singolare che il Consiglio disprezzi tali forme di sostegno, vista l’importanza che il settore riveste per tanti Stati membri; tuttavia, poiché simili servizi d’informazione fluviale sono immediatamente necessari, abbiamo aderito a questo compromesso.

In conclusione, vorrei ringraziare il Consiglio, la Commissione e in particolare i miei colleghi relatori ombra per aver collaborato fra loro, cosa che si è rivelata straordinariamente positiva. Rivolgo loro i miei più sinceri ringraziamenti, poiché senza la collaborazione di tutte le parti il compromesso che ora abbiamo non sarebbe stato possibile.

Ora vorrei rivolgermi all’intera Assemblea affinché voti secondo la lista dei 34 emendamenti originali proposti dalla commissione per i trasporti e il turismo, e affinché accetti anche i 32 emendamenti presentati in plenaria, poiché essi sono il risultato del dialogo informale a tre, su cui tutti abbiamo concordato. Dato che tutti vogliamo sostenere il settore della navigazione interna, penso che la prima lettura di domani sarà anche l’ultima.

 
  
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  Chichester (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.(EN) Signor Presidente, a nome della mia commissione vorrei esprimere sostegno agli obiettivi generali di questa proposta sui servizi d’informazione fluviale. Illustrerò ciò che ho appreso grazie alla mia esperienza amatoriale di canottiere e di proprietario di un'imbarcazione al fine di testimoniare l’importanza dell’informazione per una navigazione sicura e apprezzabile.

La nostra commissione si è interessata a due aspetti. Ringrazio il Commissario Barrot per averne già citato uno: la nostra preoccupazione per gli interessi delle PMI e l’impatto che queste misure avranno su di esse. I regolamenti e le leggi hanno sempre un peso maggiore per le piccole imprese che non per le organizzazioni di grandi dimensioni. Mi compiaccio che nel corpo del testo compaiano riferimenti a questo problema.

Il nostro secondo punto riguarda la questione generale della comitatologia e del comitato di consulenza proposto. E’ molto importane che tutte le parti coinvolte possano dare il loro contributo a tale comitato consultivo. Si tratta di una questione che abbiamo affrontato in altre relazioni riguardanti altri temi, e sono favorevole in particolare all’emendamento n. 29 della relatrice, che chiede che la Commissione consulti con regolarità i rappresentanti del settore. Le PMI e la consultazione sono molto importanti.

 
  
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  Wortmann-Kool (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE.(NL) Grazie, signor Presidente; sono lieta che si sia ottenuto un accordo in prima lettura in merito ai servizi d’informazione fluviale, e a nome del gruppo del PPE-DE vorrei ringraziare di cuore la relatrice per il grande impegno profuso e congratularmi con lei per il risultato raggiunto, poiché questa è una proposta importante per l’incremento della sicurezza della navigazione interna. In tutta Europa i comandanti delle navi disporranno di numerose informazioni sul livello dell’acqua, sul livello delle chiuse e altre informazioni per la navigazione, e grazie a questo sistema le imprese dei porti e dei terminali potranno sfruttare meglio il proprio potenziale lavorativo. Date queste premesse, la proposta appare significativa per la promozione della navigazione interna in Europa.

Ritengo importante il contenimento dei costi di questo sistema per quanto riguarda sia la navigazione interna sia il governo. Il settore della navigazione interna è formato da piccole imprese indipendenti con limitate capacità di investimento, che non devono essere costrette ad adottare sistemi dispendiosi se sul mercato sono disponibili alternative più economiche.

I comandanti delle navi dovrebbero avere la possibilità di utilizzare un unico sistema in tutti i paesi per registrarsi ai servizi d’informazione fluviale, e sono lieta che ciò sia stato effettivamente inserito nell’accordo che la relatrice ha raggiunto a nome del Parlamento. Inoltre è molto importante riconoscere che i sistemi utilizzati devono garantire la sicurezza contro qualunque tipo di fuga di dati sensibili per le imprese del mercato.

Vorrei dare il mio pieno sostegno al risultato della relatrice, poiché la direttiva ha creato un quadro per i servizi d’informazione fluviale. Gran parte dei dettagli tecnici, tuttavia, deve ancora essere definita prima che si possa effettivamente lanciare il sistema. Pertanto sono lieta di appoggiare l’appello dell’onorevole Chichester affinché la definizione dei dettagli tecnici sia di natura pratica e vada di pari passo con i procedimenti di lavoro dei comandanti delle imbarcazioni. E’ necessaria la consultazione, e vorrei invitare il Commissario Barrot a coinvolgere il settore della navigazione interna in questo procedimento tecnico. Soprattutto ora che l’Unione europea si dimostra sempre più interessata alla politica europea di navigazione interna, la consultazione con il settore è essenziale non solo per quanto riguarda questa direttiva, ma anche in altri settori. Può provvedere in tal senso, signor Commissario? Dopo tutto, l’efficienza della navigazione interna è indispensabile per un trasporto sostenibile in Europa.

 
  
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  Stockmann (PSE), a nome del gruppo PSE.(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ringraziare la relatrice per averci offerto una collaborazione davvero eccellente. La navigazione interna sta facendo progressi, e i servizi d’informazione fluviale faranno un po’ di più per dissipare l’immagine di una forma di trasporto romantica ma superata. Un sistema d’informazione e di comunicazione interoperabile e transfrontaliero contribuirà a realizzare il nostro sogno di rendere la navigazione interna forte al pari di qualunque altro anello della catena dei trasporti. Sarebbe una mossa intelligente potenziare in questo modo il trasporto sulle vie navigabili interne, dati tutti gli sviluppi infrastrutturali richiesti in altre aree del sistema dei trasporti.

I servizi RIS sono portatori di valore aggiunto dal punto di vista ambientale ed economico e nel contempo contribuiscono all’efficacia complessiva delle politiche relative ai trasporti. Innanzi tutto il miglioramento nella gestione del traffico e dei trasporti rende pensabile che qualcosa di simile all’approccio “just in time” si possa estendere ai rifornimenti che vengono trasportati sui nostri fiumi. I servizi RIS forniscono informazioni aggiornate che possono essere utilizzate nella programmazione di viaggi e nella compilazione di calendari affidabili e renderanno più sicure ed efficienti le singole operazioni di trasporto.

In secondo luogo, i porti verranno ammodernati con interfacce intermodali. I servizi RIS faranno sì che agli operatori portuali e di terminali sia più facile sfruttare al massimo le loro potenzialità.

In terzo luogo, questa direttiva ci darà finalmente anche un numero identificativo standard, un numero di targa per le navi delle vie interne. Una navigazione interna efficiente rende necessario tale numero di registrazione standardizzato, poiché esso rende identificabili le navi, permette di tracciare il percorso delle spedizioni e favorisce la sicurezza. Tutti questi fattori promuoveranno la competitività e l’immagine del trasporto sulle vie navigabili interne.

Che cosa resta da fare? La vera sfida è data dalle interfacce. Senza dubbio i porti sono spesso punti focali di sviluppo economico, ma molti di essi non sono progettati ed attrezzati per operazioni trimodali. Vi è molto da fare in questo campo.

Occorrono anche ulteriori miglioramenti nei collegamenti con la navigazione marittima a breve raggio, modo di trasporto in rapidissima crescita. In questo caso esistono impedimenti amministrativi che vanno eliminati.

Infine, last but not least, vi è la creazione e l’applicazione dell’unità di carico intermodale europea. Come sapete, vi è stata la prima lettura di questo progetto e ora siamo in attesa della posizione comune del Consiglio. Lo reputo un altro passo indispensabile verso la meta, rappresentata da una catena di trasporti intermodali veramente competitiva.

Tuttavia vi è ancora un neo: la natura relativamente non vincolante di questa direttiva. Per questo motivo dobbiamo adottare quanto prima i vari provvedimenti e standard tecnici per l’attuazione dei servizi RIS, al fine di impedire, se la cosa non si è ancora verificata, che si crei una congerie di applicazioni RIS diverse.

 
  
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  Hennis-Plasschaert (ALDE), a nome del gruppo ALDE.(EN) Innanzi tutto vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Sommer, che ha svolto un ottimo lavoro. C’è una questione che vorrei affrontare, che è già stata menzionata dal Commissario Barrot.

Tutte le Istituzioni europee e gli Stati membri hanno dichiarato pubblicamente più e più volte che faranno tutto il possibile per aumentare la trasparenza del processo decisionale comunitario. Il Parlamento europeo, e il gruppo ALDE in particolare, sostengono appieno tale proposito. In linea con l’accordo interistituzionale e con numerosi altri piani d’azione, la Commissione ha deciso che tutte le sue proposte di direttiva debbano contenere una clausola specifica intesa a obbligare gli Stati membri a istituire tavole che illustrino la concordanza tra l’atto in questione e le misure di trasposizione. Ciò dovrebbe includere la trasmissione di tali tavole alla Commissione.

Ciononostante, nel corso di recenti negoziati interistituzionali informali con le Presidenze olandese e lussemburghese in merito alle proposte di direttiva sui servizi d’informazione fluviale e sul certificato di navigazione, è risultato chiaro che il Consiglio non è disposto a mantenere tale clausola. Come ha affermato il Commissario Barrot, la soluzione del Consiglio è un considerando che si riferisce all’accordo su questo tema e che elimina l’obbligo imposto agli Stati membri nel testo della direttiva stessa.

Il gruppo dell’ALDE nutre serie preoccupazioni riguardo all’orientamento del Consiglio, poiché esso non si limita soltanto a questa direttiva. Perciò il nostro gruppo ha deciso di isolare questo problema e di richiedere una votazione per parti separate sull’emendamento n. 53. Sono consapevole del fatto che molti di voi non sono entusiasti di risolvere questa questione politica con il Consiglio attraverso dossier specifici. Tuttavia ritengo sia tempo che l’Assemblea agisca. Posso solo augurarmi che gli altri gruppi compiano ogni sforzo per incrementare la trasparenza del processo decisionale comunitario e seguire il nostro esempio in questo campo.

 
  
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  Lichtenberger (Verts/ALE), a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, grazie per avermi concesso la parola. Innanzi tutto vorrei esprimere anch’io i miei più sentiti e sinceri ringraziamenti alla relatrice. I colloqui sono stati condotti in un clima piacevole, e la maggior parte dei deputati che ha analizzato questa proposta erano donne, elemento che vale la pena ribadire. Abbiamo trattato un argomento che lascia aperto un margine per ulteriori sviluppi, un processo che è ben lungi dall’essere completo. Dovremo assicurare che le misure concordate vengano effettivamente attuate, e senza dubbio vi è quel neo cui ha accennato la precedente oratrice.

Vi sono inoltre due punti cruciali su cui dobbiamo essere estremamente vigili. Innanzi tutto va tenuto debitamente conto dell’esigenza di interoperabilità, perché da quest’ultima dipenderanno in gran misura l’accoglienza generale riservata a questa nuova risorsa e il suo impatto. Se non riusciremo a fare in modo che le interfacce tra i vari modi di trasporto funzionino davvero, vedremo un trasporto merci molto scarso lungo i nostri fiumi.

In secondo luogo, i mezzi di trasporto fluviale vanno resi più sicuri dal punto di vista ambientale. Sotto questo aspetto vi è ancora molto da fare. In conclusione, mi compiaccio che i servizi d’informazione fluviale contribuiscano ad alleviare la mia preoccupazione in merito alla sicurezza delle operazioni di trasporto fluviale che interessano merci pericolose.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione.(FR) Intendo essere breve, signor Presidente, ma innanzi tutto vorrei ringraziare ancora una volta l’onorevole Sommer e la commissione per i trasporti e il turismo per l’ottimo lavoro svolto, che spero dia come risultato l’adozione in prima lettura della proposta. La Commissione dovrebbe essere in grado di concordare con il compromesso raggiunto durante il trilogo informale intercorso con il Consiglio. Accogliamo i 15 emendamenti adottati dalla commissione per i trasporti e il turismo, che sostengono la posizione del Consiglio, e i 34 nuovi emendamenti presentati dall’onorevole Sommer, che riflettono il compromesso raggiunto durante il dialogo informale a tre con il Consiglio. Mi auguro che l’Assemblea possa prestare il proprio sostegno a questo orientamento.

Vorrei inoltre complimentarmi con l'onorevole Chichester e ringraziarlo, dicendogli che ai comitati di comitatologia non potranno partecipare altri soggetti interessati, perché alle procedure di comitatologia istituzionale possono prendere parte solo rappresentanti degli Stati membri. Tuttavia concordo con le sue osservazioni sulla necessità che la Commissione assicuri che l’industria sia debitamente consultata prima della presentazione delle proposte. Tale consultazione è necessaria perché le imprese considerino la tecnologia RIS come un’opportunità di mercato, e possano offrirla a un prezzo ragionevole e accessibile. Come l’onorevole Sommer, lei ha sottolineato che alle piccole e medie imprese non va imposto un carico di costi eccessivi in seguito all’introduzione dei servizi RIS. Questo è quanto intendevo sottolineare.

Numerosi deputati hanno posto l’accento sull’esigenza dell’intermodalità, e hanno perfettamente ragione, in quanto si tratta di una questione fondamentale. Se vogliamo incrementare l’utilizzo dei fiumi a scopo di trasporto, dobbiamo riuscire davvero a mettere in pratica l’intermodalità. Questo sarà uno dei cardini del mio lavoro.

Inoltre vorrei dire che concordo pienamente con i commenti dell’onorevole Hennis-Plasschaert riguardo alle tavole di concordanza e alla necessità di agire. Il vero significato dell’Unione europea consiste nel fatto che gli Stati membri concordino la trasposizione delle direttive e che, gradualmente, rendano conto di come la hanno condotta.

Detto questo, vorrei mettere in guardia i deputati dal rischio di compromettere questa proposta. Signor Presidente, ritengo che il dialogo interistituzionale sia necessario per assicurare che le tavole di concordanza diventino una “buona abitudine”, uno strumento che utilizziamo per tutti i testi. Vorrei ribadire che, se questo testo, che l’onorevole Sommer ha molto abilmente modificato al cospetto dell’Assemblea e avvalendosi del suo aiuto, non dovesse essere adottato subito in prima lettura, resterei deluso, soprattutto perché credo che ve ne sia la possibilità concreta. Signor Presidente, vorrei quindi ringraziare anticipatamente l’Assemblea per aver seguito da vicino l’attuazione della presente direttiva, che spero ci permetterà di promuovere la navigazione fluviale in Europa(1).

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 11.30.

 
  

(1) Posizione della Commissione sugli emendamenti del Parlamento: cfr. Allegato.


19. Riconoscimento dei certificati rilasciati alla gente di mare
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0057/2004), presentata dall’onorevole Robert Evans, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il riconoscimento dei certificati rilasciati dagli Stati membri alla gente di mare e recante modificazione della direttiva 2001/25/CE.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, il calo del numero dei marittimi comunitari che si riscontra attualmente in certi Stati membri rischia di indebolire la professionalità del settore. La formazione della gente di mare riveste un’importanza particolare per la prevenzione degli incidenti marittimi. Dobbiamo dotarci dei mezzi necessari per sviluppare la professione di marittimo comunitario facilitando la libera circolazione della gente di mare nell’Unione e promuovendo l’eccellenza e la qualità della loro formazione.

La proposta che vi viene presentata risponde a queste due preoccupazioni stabilendo il riconoscimento, a livello di Unione europea, dei certificati rilasciati alla gente di mare da uno Stato membro. Con questa proposta, la Commissione intende perseguire tre obiettivi. In primo luogo, una procedura sollecita ed efficace di riconoscimento da parte degli Stati membri dei certificati rilasciati alla gente di mare all’interno dell’Unione: il sistema proposto mette fine alla lentezza che caratterizza il sistema di riconoscimento attuale.

Il secondo obiettivo è il rispetto dei requisiti comunitari in materia di formazione, di rilascio dei certificati e di servizi di guardia: la proposta prevede il rispetto assoluto e costante di tutte le norme esistenti relative alla formazione e alla certificazione. Con l’aiuto dell’Agenzia per la sicurezza marittima, la Commissione controllerà periodicamente i sistemi nazionali di formazione e di certificazione marittima.

Il terzo obiettivo, infine, riguarda la lotta contro le pratiche fraudolente legate al rilascio dei certificati: sono previste misure addizionali per prevenire e combattere le frodi al momento dell’ottenimento o del rilascio dei certificati.

Come sapete, lo scorso dicembre il Consiglio “Trasporti” è giunto a un’intesa generale sulla proposta in esame e mi rallegro del costruttivo contributo del Parlamento in proposito. Conto sull’appoggio della vostra Assemblea per l’adozione in tempi brevi di questo testo importante, che faciliterà la certificazione dei marittimi provenienti da altri Stati membri dell’Unione.

Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio dell’attenzione e mi auguro che sapremo dare un segnale molto forte ai nostri concittadini per dimostrare loro che la professione di marittimo resta, nell’Unione europea, particolarmente interessante e degna di essere esercitata dalla giovane generazione europea.

 
  
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  Evans, Robert (PSE), relatore. – (EN) Signor Presidente, la mia relazione costituisce un correttivo alla legislazione attuale sul riconoscimento dei certificati rilasciati alla gente di mare, che la rende più appropriata ed elimina le anomalie attualmente esistenti. Ho svolto una serie di riunioni sulla relazione con la Commissione, le Presidenze dei Paesi Bassi e del Lussemburgo, il segretariato del Parlamento, il governo del Regno Unito e i miei colleghi, e sono grato a tutti per i loro contributi. Posso confermare che il Consiglio mi ha assicurato, in conformità dell’articolo 251 del Trattato, che se domani voteremo secondo i piani, potremo adottare l’atto senza ulteriori difficoltà.

Il punto di partenza di questa legislazione è la sicurezza. La sicurezza della gente di mare è importante non soltanto per gli operatori del settore, ma anche per i consumatori, che si tratti di passeggeri sulle navi o di acquirenti di prodotti del mare.

Come ha detto il Commissario, il settore marittimo è in generale declino. Navigare non rappresenta più la carriera attraente che poteva essere in passato. Il declino dei settori della navigazione e della pesca significa che i salari sono generalmente bassi e le opportunità sono scarse. Per contro, vi sarà sempre, comunque, una domanda di trasporto via mare, sia per l’industria che per i passeggeri. Nonostante la diminuzione degli stock ittici, la domanda di pesce sarà sempre presente. Il settore avrà quindi sempre bisogno di lavoratori.

Tuttavia, come ha detto il Commissario Barrot, al momento si registra una carenza di lavoratori. Mentre paesi e imprese lottano per equilibrare la domanda e l’offerta in relazione agli equipaggi delle navi, il ruolo dell’Unione europea diventa più importante. Dobbiamo offrire un sistema europeo comune di libera circolazione. L’attuale mancanza di disponibilità di personale locale rivela un vuoto che, come in altri settori, sarà colmato da manodopera immigrata. Questi lavoratori hanno bisogno di tutela e di standard pari a quelli goduti dai lavoratori esistenti.

La mia relazione costituisce una misura opportuna, che aggiorna l’esistente direttiva europea che risalente al 2001. Mira a ridurre l’attuale onere amministrativo, a combattere la discriminazione e a promuovere la mobilità dei lavoratori nel settore marittimo. Le norme europee dovrebbero, per quanto possibile, essere in linea con gli accordi internazionali esistenti. In questo caso, la convenzione sulle norme relative alla formazione, al rilascio delle certificazioni e ai servizi di guardia per la gente di mare (STCW) elimina la burocrazia europea. Questo è stato un punto importante che il trilogo ha condiviso come obiettivo comune. In tal modo siamo riusciti a raggiungere questo accordo informale prima della discussione. I requisiti per la formazione e la certificazione della gente di mare sono stabiliti dall’Organizzazione marittima internazionale, che contiene inoltre accordi sul riconoscimento dei certificati.

Il sistema di riconoscimento dei certificati rilasciati dai paesi terzi è stato semplificato e ciò comporta una situazione piuttosto insoddisfacente, in cui il riconoscimento dei certificati rilasciati al di fuori dell’Unione europea è più facile e più semplice di quello dei certificati rilasciati all’interno dell’Unione europea. Si tratta di una discriminazione che ostacola la libera circolazione della gente di mare ed è un’anomalia che deve essere rimossa, specialmente considerando il calo del numero dei lavoratori. Vorrei, comunque, sottolineare che il mero possesso di un certificato di qualsiasi genere non dà in se stesso una garanzia di occupazione, come una patente di guida non dà diritto a un lavoro come conducente.

Sulle competenze linguistiche, che hanno costituito un problema spinoso, abbiamo concordato che è necessaria una padronanza soddisfacente della lingua. In questo caso, la lingua in questione è l’inglese. Questo requisito si applicherà anche ai lavoratori provenienti da paesi terzi che potrebbero andare incontro a incidenti se non fosse stabilito alcun requisito in termini di competenza linguistica.

La prevenzione delle frodi è una questione molto importante. Tutti i 25 Stati membri saranno tenuti a potenziare i propri sforzi nel contesto dell’OMI ai fini di una lotta globale alle frodi, in modo da garantire che le norme di sicurezza siano il più possibile elevate. E’ un dovere di tutti noi mettere ordine nelle nostre flotte e nei processi normativi, per garantire norme elevate in tutta l’OMI.

Infine, la relazione invita la Commissione a presentare una relazione di valutazione dopo cinque anni. Dopo una serie di naufragi al largo delle coste europee, il Parlamento europeo ha ripetutamente attribuito la priorità assoluta alla sicurezza. Stabiliremo norme elevate in materia di sicurezza, standard elevati per i lavoratori e per la certificazione. Sono certo che i colleghi vorranno sostenere questa relazione nel voto di domani.

 
  
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  López-Istúriz White (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare e congratularmi con il relatore, onorevole Evans, per il magnifico lavoro e, in particolare, per il consenso raggiunto sia con il Consiglio che con la Commissione. Desidero ringraziare anche la Commissione e il Commissario per la dedizione e l’impegno per la lotta contro le frodi in materia di certificati rilasciati alla gente di mare.

Come ben sapete, per accelerare i tempi per questa relazione, è stato deciso di riunire il Consiglio e la Commissione allo scopo di presentare un progetto comune. I contributi di entrambe le Istituzioni sono stati interessanti e arricchenti e nel dibattito non si sono evidenziate grandi discrepanze tra le parti, anzi ha prevalso in ogni momento l’accordo.

Possiamo affermare che, dopo mesi di duro lavoro, la proposta, che rientra nel quadro delle convenzioni dell’Organizzazione marittima internazionale, sarà una delle norme che più fermamente contribuirà a lottare contro la frode nell’ambito delle certificazioni. Come conseguenza del mio speciale rapporto con le isole Baleari, in Spagna, devo esprimere la mia personale soddisfazione per l’adozione di queste misure, che contribuiranno a garantire la sicurezza e la vita della gente del mare, nonché a proteggere l’ecosistema marittimo.

Le isole richiedono una speciale attenzione nell’ambito della protezione marittima poiché sono meta di un intenso traffico marittimo mercantile. In base all'esperienza – per questo ne parlo – so che il lavoro dell’onorevole Evans non è stato banale. Oggi abbiamo tutti aumentato la qualità e la quantità del lavoro della nostra gente di mare e, soprattutto, abbiamo salvaguardato la loro reputazione nella società, che talvolta è stata danneggiata in passato da casi di frodi.

 
  
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  Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, desidero prima di tutto ringraziare calorosamente l’onorevole Evans e la commissione per i trasporti e il turismo, che hanno non solo sostenuto, ma anche arricchito la proposta della Commissione. Credo che le osservazioni appena fatte dall’onorevole López-Istúriz White dimostrino molto bene che è necessario rivalutare l’immagine della gente di mare per rendere questa splendida professione attraente agli occhi dei giovani.

Il paradosso è che il settore marittimo attraversa una fase di declino anche se esiste in Europa un enorme potenziale per il trasporto via mare. Occorre quindi davvero migliorare la formazione dei marittimi e colmare le attuali lacune per attirare verso queste professioni un numero sufficiente di giovani europei. Come ha detto l’onorevole Evans, la libera circolazione e il riconoscimento dei certificati costituiranno uno strumento aggiuntivo per realizzare tale obiettivo.

Gli emendamenti proposti rafforzano gli obiettivi della Commissione. Come ho appena detto, qualsiasi misura che favorisca la libera circolazione della gente di mare e che permetta di svolgere un controllo rigoroso delle regole esistenti e di combattere le pratiche illecite in materia di certificati costituisce un passo avanti nella giusta direzione. Gli emendamenti mirano a chiarire il testo della proposta, rispettando l’approccio generale del Consiglio.

Posso quindi confermare, onorevole Evans, che la Commissione accoglie tutti gli emendamenti del Parlamento. Vorrei tuttavia richiamare la vostra attenzione sull’emendamento n. 32, che sopprime la necessità di pubblicare una tabella di correlazione che riporti le misure nazionali di esecuzione della direttiva e la sostituisce con un considerando. Questa posizione è conforme all’approccio del Consiglio. Tuttavia, tenuto conto di tutto ciò che ho detto precedentemente, comprenderete i miei dubbi. Mi rallegro del fatto che il Parlamento e il Consiglio abbiano deciso di presentare testi già coincidenti al fine di giungere a un accordo in prima lettura. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che sono necessarie tabelle di correlazione per legiferare meglio. Ancora una volta, come ho detto a proposito del testo precedente, signor Presidente, dobbiamo raggiungere un accordo interistituzionale per attuare questa disposizione, che faciliterà l’applicazione di tutte le decisioni del Parlamento, in accordo con il Consiglio. La Commissione emetterà una dichiarazione in questo senso al momento dell’adozione finale della direttiva.

Conto sull’appoggio del Parlamento per questo importante testo, che promuoverà la libera circolazione della gente di mare tra gli Stati membri e che spero susciterà nuovo entusiasmo per questa professione di cui abbiamo grande bisogno(1).

 
  
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  Presidente. – Signor Commissario, l’Assemblea vorrebbe ringraziarla per aver partecipato al turno di guardia al timone di questa particolare nave.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, mercoledì, alle 11.30.

 
  

(1) Posizione della Commissione sugli emendamenti presentati dal Parlamento: cfr. Allegato.


20. Agenzia comunitaria di controllo della pesca
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0022/2005), presentata dall’onorevole Elspeth Attwooll, sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca e modifica il regolamento (CE) n. 2847/93 che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca.

 
  
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  Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole deputata per la sua relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca e modifica il regolamento (CEE) n. 2847/93 che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca.

La Commissione considera l’istituzione dell’Agenzia un elemento cruciale per l’attuazione della riforma della politica comune della pesca. Ricorderete che la creazione di questa Agenzia è una chiara indicazione del fatto che l’applicazione più uniforme ed efficace delle norme costituisce una priorità della politica comune della pesca riformata. Riteniamo che un’Agenzia ben funzionante sia fondamentale per rafforzare non solo la capacità di controllo degli Stati membri, ma anche il nostro impegno a lottare contro la pesca illegale. Siamo inoltre fermamente convinti che, rafforzando le nostre capacità di controllo, miglioreremo anche l’attendibilità dei dati a disposizione dei ricercatori, favorendo così la formulazione di pareri scientifici più accurati su cui basare la nostra politica per una pesca sostenibile. Per questo motivo, la Commissione si è impegnata a creare un’Agenzia efficace ed affidabile.

A livello operativo, consideriamo l’Agenzia come un mezzo per rafforzare gli strumenti e i metodi di controllo adottati dagli Stati membri.

La Commissione è molto soddisfatta della stretta cooperazione instaurata con la relatrice e con i membri della commissione per la pesca nell’ambito dei lavori relativi a questa importante proposta. Sono lieto di potervi comunicare che approviamo oltre la metà degli emendamenti della commissione per la pesca, che rafforzano enormemente la nostra proposta e che senz’altro difenderemo in sede di Consiglio.

Vorrei ora esaminare gli emendamenti proposti nella relazione in esame.

La Commissione può accogliere l’emendamento n. 1.

La Commissione ha difficoltà ad accettare l’emendamento n. 2. Non è opportuno stabilire un ordine di priorità dei compiti nel regolamento, in quanto le priorità potrebbero mutare in futuro, in conseguenza dei compiti realizzati e degli obiettivi conseguiti. La Commissione rileva tuttavia il merito di includere il controllo della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata nel programma di lavoro dell’Agenzia.

La Commissione può accogliere l’emendamento n. 3.

La Commissione non può accogliere gli emendamenti nn. 4, 25 e 27. Le modalità di voto devono tenere conto delle caratteristiche specifiche di questo organismo, cui sono affidati compiti di controllo. La proposta si basa sulla necessità di trovare un equilibrio tra il ruolo svolto dagli Stati membri e la responsabilità, a livello di Commissione, di assicurare che l’Agenzia si sviluppi in conformità degli obiettivi dichiarati della politica comune della pesca.

La Commissione ha difficoltà ad accettare l’emendamento n. 5. Prevede un’estensione delle competenze dell’Agenzia ad ambiti che esulano dai suoi compiti di ispezione e controllo. La Commissione è convinta che l’attuale campo di applicazione della proposta sia adeguato e debba rimanere concentrato sui compiti fondamentali dell’Agenzia, cioè quelli di controllo e ispezione. Si possono ovviamente prendere in considerazione attività di ricerca direttamente legate al controllo.

La Commissione può accogliere l’emendamento n. 6.

Per quanto riguarda l’emendamento n. 7, la Commissione ha difficoltà ad accettarne il contenuto nella sua formulazione attuale. E’ troppo restrittiva, in quanto non tutti gli accordi di pesca esistenti includono un accordo di attuazione.

Sebbene la Commissione non possa accogliere l’emendamento n. 8, le competenze dell’Agenzia possono ovviamente comprendere il controllo di imbarcazioni che esercitino attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, purché ciò avvenga nel quadro di regimi adottati dalle organizzazioni regionali della pesca.

La Commissione può accogliere gli emendamenti nn. 9, 10, 11, 12 e 13.

La Commissione ha tuttavia difficoltà ad accettare l’emendamento n. 14, riguardante la fornitura di informazioni sull’applicabilità e il rapporto costo/efficacia delle norme della politica comune della pesca in relazione al controllo e alle ispezioni, in quanto modificherebbe in modo sostanziale la missione e i compiti dell’Agenzia.

La Commissione non può accogliere l’emendamento n. 15, in quanto l’articolo 7 si riferisce esclusivamente agli obblighi degli Stati membri. Va tuttavia rilevato che la Commissione ha la facoltà di chiedere all’Agenzia di fornire servizi connessi agli obblighi della Comunità a norma dell’articolo 5 della proposta.

Sono senz’altro d’accordo sul ruolo importante che svolgerà l’Agenzia nel campo della formazione; tuttavia, ho difficoltà ad accettare l’emendamento n. 16, in quanto l’Agenzia non dovrebbe essere obbligata ad istituire un centro di formazione. Per motivi pratici ed operativi, gli Stati membri potrebbero preferire l’offerta di corsi di formazione e seminari a livello locale. Le competenze attribuite all’Agenzia non devono escludere questa possibilità.

La Commissione può accogliere l’emendamento n. 17.

Per quanto riguarda l’emendamento n. 18, la Commissione ha difficoltà ad accettarne il contenuto nella sua formulazione attuale. Il ruolo proposto per il comitato consultivo per la pesca e l’acquacoltura (CCPA) non può essere accettato, in quanto porrebbe questo organismo, che ha solo carattere consultivo, in una posizione analoga a quella di Istituzioni comunitarie, quali il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio. Di conseguenza, per quanto la Commissione sia favorevole alle proposte intese a migliorare l’informazione del Parlamento sui lavori dell’Agenzia, essa non ritiene opportuno riconoscere la stessa posizione ad organismi consultivi quali il CCPA e i consigli consultivi regionali. Per lo stesso motivo, la Commissione non può accogliere gli emendamenti nn. 22, 42 e 43.

Pur non potendo accogliere l’emendamento n. 19, la Commissione riconosce la necessità di modificare il testo del secondo considerando, in modo che si riferisca alle attività esercitate sia nelle acque comunitarie sia al di fuori delle acque comunitarie.

La Commissione non ha osservazioni da fare sull’emendamento n. 20, in quanto spetta alle autorità spagnole decidere la sede dell’Agenzia.

La Commissione non può accogliere l’emendamento n. 21.

La Commissione ha difficoltà ad accettare gli emendamenti nn. 23 e 24. In primo luogo, il CCPA è un organismo consultivo e non dovrebbe essere coinvolto nelle attività di gestione. In secondo luogo, per quanto riguarda la nomina dei rappresentanti del settore alieutico, la proposta della Commissione segue l’esempio di altre agenzie in cui sono presenti rappresentanti del settore interessato negli organi di amministrazione. In tali casi, solitamente è la Commissione a nominare i rappresentanti del settore.

La Commissione ha difficoltà ad accettare l’emendamento n. 26, in quanto il consiglio di amministrazione deve poter esaminare punti specifici dell’ordine del giorno in assenza dei rappresentanti del settore, qualora si ponga una questione di riservatezza o di conflitto di interessi.

La Commissione può accogliere gli emendamenti nn. 28, 29, 30 e 31.

La Commissione ha difficoltà ad accettare l’emendamento n. 32. Riteniamo che sia nell’interesse della Comunità che la Commissione mantenga la facoltà di proporre la revoca del direttore esecutivo e che tale decisione debba essere adottata a maggioranza semplice; in caso contrario, si indebolirebbe la posizione della Commissione.

La Commissione non può accogliere l’emendamento n. 33, in quanto ritiene che tre anni siano un periodo troppo breve entro cui svolgere una valutazione esterna.

La Commissione ha difficoltà ad accettare l’emendamento n. 34, in quanto il testo della proposta della Commissione è coerente con le regole redazionali uniformi adottate, mentre l’emendamento non lo è.

Pur comprendendo in via di principio l’emendamento n. 35, la Commissione non può accoglierlo, in quanto la sua attuazione sarebbe controversa e difficile nella pratica.

La Commissione non può accogliere gli emendamenti nn. 36, 38, 39, 40 e 41, in quanto indeboliscono la proposta. Come ho detto all’inizio, dobbiamo riuscire a creare un’Agenzia di controllo della pesca efficace e in grado di funzionare bene. In ogni caso, mi risulta che la commissione per la pesca abbia votato contro emendamenti analoghi nella sua riunione del 2 febbraio.

La Commissione non può accogliere l’emendamento n. 37. Come ho già affermato, i consigli consultivi regionali hanno un ruolo consultivo e non dovrebbero prendere parte alle attività di gestione.

 
  
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  Attwooll (ALDE), relatore. – (EN) Signor Presidente, signor Commissario, la commissione per la pesca accoglie con grande favore la proposta di istituire un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca. Riteniamo possa dare un importante contributo all’attuazione di programmi di controllo ed ispezione uniformi ed efficaci sotto il profilo dei costi. A parere della commissione competente, l’Agenzia dovrebbe anche svolgere un ruolo significativo nella lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, compreso, nelle circostanze opportune, se praticata al di fuori delle acque comunitarie.

Altri emendamenti mirano ad assicurare che l’Agenzia possa fornire alla Commissione e agli Stati membri assistenza e informazioni adeguate, per esempio riguardo alla salute e sicurezza sul lavoro, alla messa a punto di procedure tecniche di ispezione e all’efficacia economica delle norme della politica comune della pesca in materia di controlli e ispezioni. Come ha indicato il Commissario, anche la nostra commissione chiede che l’Agenzia istituisca un centro di formazione per gli ispettori, anziché limitarsi ad elaborare un programma di formazione essenziale.

La differenza significativa tra la relazione e la proposta della Commissione è costituita dalla convinzione che il settore alieutico, e non la Commissione, debba nominare i propri rappresentanti presso il consiglio di amministrazione e che tali rappresentanti debbano avere diritto di voto.

Passo ora agli emendamenti presentati dal gruppo ALDE. Due riguardano il ruolo dei consigli consultivi regionali. Riteniamo sia utile consultarli nella fase di elaborazione dei piani di impiego congiunto e di sicuro dovrebbero essere informati della valutazione dell’efficacia di tali piani svolta dall’Agenzia. Gli altri emendamenti riguardano i piani di impiego congiunto. Signor Commissario, non si tratta di un tentativo di indebolire la proposta.

Sembrano esistere diverse interpretazioni di ciò che s’intende per coordinamento operativo. Secondo un’interpretazione, l’Agenzia si occuperà solo di provvedere all’utilizzazione pratica delle risorse già stanziate dagli Stati membri e di assicurare che tali risorse siano effettivamente utilizzate secondo quanto stabilito dal piano. Questo pare il modello previsto dalla Commissione nel diagramma fornito.

Purtroppo, tale modello non trova adeguata espressione nell’attuale formulazione dell’articolo 12, né quadra con l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della proposta, che conferisce all’Agenzia il potere di identificare i mezzi di controllo e di ispezione da mettere in comune secondo i criteri di cui all’articolo 11, paragrafo 2. Analogamente, l’articolo 13 specifica che gli Stati membri, cito: “impegnano e mettono a disposizione i mezzi di controllo e di ispezione identificati nel piano di impiego congiunto”.

E’ un’interpretazione molto più ampia dei compiti previsti dal coordinamento operativo, e dalla lettura del diagramma della Commissione, anche se non del testo giuridico, sembra emergere che un notevole controllo sull’impegno effettivo di risorse sia posto esclusivamente nelle mani del direttore esecutivo dell’Agenzia. Gli emendamenti del gruppo ALDE sono intesi a conciliare queste diverse interpretazioni e ad assicurare che le norme e la prassi vadano di pari passo.

Mi auguro vivamente che il Parlamento approvi gli emendamenti, ma a prescindere da ciò che farà, ritengo che la Commissione e il Consiglio stessi debbano trovare il modo di risolvere tali questioni. Vorrei rassicurare ancora una volta i colleghi: non conduco alcun tipo di attività sovversiva. Infatti, in realtà preferisco l’interpretazione più ampia di coordinamento operativo, purché siano previste le opportune salvaguardie.

Ciò che mi preoccupa essenzialmente è che una cattiva legislazione non creerà una buona Agenzia. Per questo motivo, raccomando al mio gruppo di astenersi dal voto sulla relazione, se non saranno approvati almeno gli emendamenti nn. 38 e 39, anche se naturalmente intendiamo sostenere la risoluzione legislativa.

 
  
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  Maat (PPE-DE), a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, la ringrazio, e ringrazio anche la relatrice per il suo lavoro. Forse è simbolico che, dopo il “sì” alla Costituzione in Spagna, l’Agenzia di controllo della pesca avrà sede a Vigo: mi sembra una giusta ricompensa, anche alla luce dei notevoli sforzi politici profusi dai nostri colleghi per ottenere questo risultato positivo sulla Costituzione.

Al tempo stesso, sono un po’ deluso dalla risposta del Commissario, secondo il quale molti emendamenti approvati dalla commissione per la pesca sono inaccettabili o inattuabili. A mio parere, il Commissario non è abbastanza ambizioso in tali ambiti. Se lo applico alla Costituzione, se questa relazione dovesse essere discussa fra cinque anni, non sarebbe così facile per la Commissione limitarsi ad affermare che questo è inaccettabile o inattuabile. Al riguardo, sarebbe bene che il Commissario si dimostrasse un po’ più ambizioso, anche per quanto riguarda l’attuazione degli emendamenti, tra cui quelli presentati dal mio gruppo.

Una delle principali preoccupazioni del mio gruppo è che abbiamo notato che l’intera politica della pesca è caratterizzata da una crescente mancanza di fiducia tra il settore alieutico e Bruxelles. Questa distanza deve essere colmata, e l’impegno e il contributo del settore stesso, nonché dei rappresentanti delle organizzazioni della pesca nel consiglio della nuova Agenzia, possono effettivamente contribuire a colmare la distanza tra l’Unione europea e il settore della pesca.

Al di fuori dell’Unione europea, esistono ottimi esempi del modo in cui le cose di fatto funzionano bene. Basta pensare all’Islanda o alla Norvegia, dove il settore alieutico esercita maggiore influenza sulla politica della pesca e partecipa in modo più attivo alla sua definizione e al suo controllo. Al riguardo, la Commissione potrebbe dimostrarsi un po’ più ambiziosa e comprensiva, anche nei confronti dell’impegno del gruppo PPE-DE volto a colmare tale distanza.

Ancora una volta, vorrei esortare il Commissario ad agire come se la nuova Costituzione fosse già in vigore e anche ad avere maggiore considerazione per l’impegno del Parlamento. In tal modo sarò sicuro che il nuovo Commissario e la nuova Agenzia troveranno l’equilibrio per produrre buoni risultati.

 
  
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  Kindermann (PSE), a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, il controllo è già un elemento importante della politica comune della pesca e lo sarà ancora di più in futuro. E’ e rimane un obiettivo prioritario dell’Assemblea garantire controlli più efficaci nel settore alieutico. Per questo motivo, sosteniamo la proposta di istituire un’Agenzia europea di controllo della pesca.

Esistono tuttavia forti disparità tra le varie regioni di pesca dell’Unione europea. A nostro parere sarebbe quindi saggio assicurare che la struttura organizzativa dell’Agenzia tenga conto delle differenze regionali. La politica comune della pesca si è ulteriormente evoluta negli ultimi anni, ma gli impegni internazionali dell’Unione europea nel contesto della pesca costituiscono tuttora un importante elemento della PCP. Sono necessarie procedure di controllo, o un coordinamento delle attività di controllo, che siano efficaci ma anche uniformi. L’istituzione di un’Agenzia di controllo europea dovrebbe garantirne l’introduzione. L’obiettivo deve essere il miglioramento delle strutture di controllo nazionali, affinché gli Stati membri possano continuare a decidere in che modo utilizzare i propri mezzi di controllo. Siamo dell’avviso che la creazione di strutture organizzative a livello comunitario possa favorire una maggiore conformità alle norme vigenti.

A nostro parere, alcuni emendamenti della relatrice non contribuiscono a realizzare questi obiettivi e si spingono oltre il necessario. Le competenze dell’Agenzia devono rimanere visibili. Per questo motivo, siamo contrari all’inclusione dei consigli consultivi regionali nella struttura organizzativa. Sebbene la relatrice abbia svolto un ottimo lavoro, non possiamo sostenere emendamenti che vanno in questa direzione.

 
  
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  Booth (IND/DEM), a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, in tutto il mondo la conservazione delle risorse alieutiche è efficace solo quando è sotto il controllo nazionale. Ho parlato con decine di pescatori del Devon e della Cornovaglia che sanno perfettamente come conservare gli stock ittici, ma nessuno chiede mai il loro parere. Suggerisco di accantonare immediatamente l’attuale politica comune della pesca, con il suo sistema di quote del tutto impraticabile, concepito da burocrati chiusi in ufficio, e di sostituirla con una nuova politica della pesca, definita dai pescatori stessi.

Il problema per la Gran Bretagna è la rigida applicazione della PCP all’ennesima potenza, innanzi tutto da parte del MAFF, il Ministero dell'Agricoltura, della Pesca e dell'Alimentazione, e poi del DEFRA, il dipartimento dell'Ambiente, dell'Alimentazione e degli Affari rurali. Un esempio è la loro insistenza sul fatto che un pescatore, Ken Bagley – che conosco molto bene – dovrebbe strofinare il pollice sul ventre di cinque tonnellate di spratti per accertarsi che la cattura non comprenda aringhe immature. Nel Regno Unito diciamo che “ci vuole uno spratto per catturare uno sgombro”. Forse sarebbe meglio dire che “ci vuole uno spratto per catturare un’aringa”! Non stupisce che il PIL della Gran Bretagna generato dalla pesca sia sceso da 561 milioni di GBP nel 1964 a 520 milioni di GBP nel 2003, nonostante l’inflazione. In Norvegia, paese che controlla la sua politica della pesca, nello stesso periodo le cifre sono aumentate da 7,5 miliardi di NOK a 10,1 miliardi di NOK.

La crisi ambientale nel mare del Nord è opera dell’uomo. E’ un tipico stratagemma della Commissione europea sfruttare una crisi del genere per la causa della maggiore integrazione europea. E’ nota come una crisi giovevole. La soluzione dell’Europa se qualcosa non funziona è introdurre più Europa, così si crea una nuova Agenzia di controllo della pesca, con sede a Vigo, in Spagna. Sorpresa, sorpresa! In futuro, i pescherecci britannici saranno sottoposti a controlli nelle nostre stesse acque territoriali da guardacoste che operano sotto il controllo di questa nuova Agenzia, inviati d’autorità dall’ispettorato dell’Unione europea con sede a Madrid. Il povero Francis Drake si starà rivoltando nella tomba. Forse dovremmo prepararci ad accendere i fari!

(Applausi)

 
  
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  Allister (NI).(EN) Signor Presidente, per credere in un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca bisogna credere nella politica comune della pesca. Le esperienze dell’Irlanda del Nord al riguardo sono state terrificanti. Per gentile concessione della PCP, abbiamo visto la nostra flotta da pesca drasticamente ridotta dalla regolamentazione eccessiva e da chiusure punitive. Non posso sostenere la politica comune della pesca, e quindi non sosterrò un’Agenzia comunitaria di controllo. A mio parere, il controllo della pesca è propriamente una questione di competenza nazionale, non dell’Unione europea. Pertanto, tutti i meccanismi di ispezione devono essere introdotti e gestiti a livello nazionale. Questa Agenzia, purtroppo, è solo un altro tassello nella costruzione dell’impero di cui Bruxelles è sempre pronta a farsi carico.

Di fronte alla probabile realtà dell’Agenzia comunitaria di controllo della pesca, intendo usare il mio voto in seno al Parlamento, come ho fatto in seno alla commissione, per tentare di limitarne la sfera di competenza e rafforzare il contributo nazionale.

 
  
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  Fraga Estévez (PPE-DE).(ES) Signor Commissario, io sono invece favorevole e plaudo all’istituzione dell’Agenzia comunitaria di controllo della pesca e mi limito quindi a chiederne la rapida entrata in funzione.

Inoltre, gli emendamenti introdotti dalla commissione per la pesca integrano e migliorano notevolmente la proposta iniziale della Commissione e la relazione dell’onorevole Attwooll per quanto riguarda le responsabilità concrete che dovrà assumere l’Agenzia, senza intaccare le competenze attualmente attribuite agli Stati membri.

La relazione conferma la mia convinzione che non è possibile avere risorse sostenibili né risanare le pratiche di pesca se non si affronta la politica di controllo senza ipocrisie e diffidenza. Purtroppo, questa proposta evidenzia ancora una volta il fatto che sono proprio i paesi che parlano maggiormente di controllo ad essere poi i più restii ad approvare proposte serie ed efficaci.

L’Agenzia è un passo nella giusta direzione, in quanto pone in evidenza questi atteggiamenti e, anche se molto resta da fare, in particolare per quanto riguarda la trasparenza dei criteri di ispezione applicati dagli Stati membri e l’armonizzazione europea della legislazione e delle sanzioni, la sua istituzione offre la migliore garanzia di poter risolvere questi aspetti nel prossimo futuro.

La commissione per la pesca ha anche migliorato il trattamento riservato al settore alieutico dalla proposta e su questo punto, signor Commissario, non sono d’accordo sul fatto che la Commissione non possa accettare le nostre proposte, perché danno voce e rappresentanza reale al settore in un ambito che lo riguarda direttamente e nel quale sarebbe sconsiderato averlo contro, e rafforzano le responsabilità dell’Agenzia affinché la Commissione prenda infine sul serio le sue responsabilità in materia di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

Vorrei anche riconoscere gli sforzi compiuti dalla relatrice per trovare soluzioni di compromesso e concludo esprimendo la mia soddisfazione per il fatto che l’Agenzia avrà sede in Spagna, a Vigo, una città simbolica per la pesca mondiale.

 
  
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  Miguélez Ramos (PSE).(ES) Signor Presidente, mi auguro che nel lungo elenco di emendamenti menzionati dal Commissario figuri anche quello che stabilisce la sede dell’Agenzia a Vigo, perché sono tra coloro che hanno proposto tale città.

Signor Commissario, ritengo che il ruolo svolto dalla commissione per la pesca sia emerso in modo molto evidente durante i lavori sulla relazione in esame, sia quello della relatrice, onorevole Attwooll, che si è sforzata tantissimo e a mio parere ha svolto un lavoro encomiabile da un punto di vista – posso ben dire – assolutamente europeista, sia quello di coloro che hanno cercato di modificare la sua relazione nel miglior spirito possibile da due punti di vista.

Da un lato, la nostra commissione ha lavorato con rapidità, affinché l’Agenzia sia istituita ed entri in funzione quanto prima possibile e, dall’altro, ha cercato di migliorare il testo della proposta della Commissione, perché è vero che abbiamo sempre ritenuto che la proposta iniziale, che non ha formulato lei, ma proviene dalla Commissione europea, fosse troppo modesta; i nostri emendamenti mirano quindi a rafforzarla.

Poiché si tratta della prima Agenzia istituita con responsabilità che riguardano esclusivamente la pesca, abbiamo esaminato altre agenzie forse nate anch’esse con ruoli modesti, ma alle quali è stato presto chiesto di svolgere ruoli sempre più significativi. Mi riferisco, per esempio, all’Agenzia europea per la sicurezza marittima.

Un’estensione di responsabilità, signor Commissario, e per favore non lo dimentichi, contribuirebbe a renderla gradita al settore alieutico. Perché è vero che la proposta di istituire l'Agenzia è emersa dalle discussioni sulla riforma della politica comune della pesca quale metodo per migliorare il coordinamento tra gli Stati membri per quanto riguarda alcuni aspetti molto specifici delle attività di sorveglianza e controllo, ma è altrettanto vero che è nostra intenzione ampliare tali competenze affinché gli Stati membri e la Commissione possano anche ricevere assistenza tecnica e scientifica ai fini della corretta applicazione delle norme della politica comune della pesca.

 
  
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  Stevenson (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sono certo che a questo punto il Commissario Borg avrà conosciuto l’incerto piacere di rivolgersi a un’Aula vuota sul tema della pesca il giovedì a tarda sera, ma almeno ha il privilegio di avere la parola per più di due minuti. E’ anche stato rinfrancante sentire il Commissario Borg affermare che può accogliere quasi la metà degli emendamenti della nostra commissione, un fatto che dev’essere senza precedenti nell’ultimo decennio di dichiarazioni dei Commissari responsabili della pesca.

Il mio partito, il partito conservatore del Regno Unito, ha incluso nel suo programma l’impegno di ritirare la Gran Bretagna dalla PCP e riportare la gestione della pesca sotto il controllo nazionale e locale. Nondimeno, riconosco che anche in una situazione in cui la Gran Bretagna non aderisse più alla PCP, continueranno ad esistere numerose imbarcazioni che praticano la pesca al di fuori del limite territoriale britannico di 200 miglia e in acque internazionali europee. In queste circostanze, e accettando questa proposta come un fatto compiuto, è quindi importante sostenere l’approvazione di una proposta di istituire un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca che sia realizzabile. Vorrei congratularmi con l’onorevole Attwooll per l’ottimo lavoro svolto nella sua relazione.

Senza dubbio, le diverse strategie di controllo della pesca nei vari Stati membri sono state causa di malumori in passato. Ho spesso sentito i pescatori scozzesi affermare che i pescatori in Spagna la passano facilmente liscia. Poi si va in Spagna e si sentono i pescatori spagnoli affermare la stessa cosa dei pescatori in Scozia. E’ quindi chiaramente necessario garantire la parità di condizioni.

E’ altresì necessaria un’applicazione imparziale delle norme. Le proposte della Commissione mirano a realizzare questo obiettivo. Ritengo tuttavia che dovremmo cercare di non strafare nell’abbellire i piani della Commissione con emendamenti che conferiscono ancora più potere alla nuova Agenzia. Su queste basi, sono allarmato dal fatto che la Commissione abbia respinto la consultazione dei consigli consultivi regionali, che costituiscono un pilastro molto importante della riforma della PCP e assicurano una partecipazione significativa dei pescatori, dei ricercatori e di altre parti interessate del settore. Mi auguro che la Commissione riesamini la sua posizione al riguardo.

 
  
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  Casaca (PSE).(PT) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei unirmi alle congratulazioni già espresse all’onorevole Attwooll per la sua ottima relazione. Come ha affermato l’onorevole Kindermann, abbiamo alcune divergenze di opinione, ma l’alta qualità del lavoro svolto va senza dubbio riconosciuta.

Vorrei cominciare rilevando che esistono ora dispositivi elettronici che permettono di controllare in modo efficace l’intera flotta comunitaria e di accedere rapidamente a dati scientifici di estrema importanza per la pesca sostenibile. Proprio per questo motivo, considero assolutamente incomprensibile che, pur in presenza di una competenza esclusiva giustamente definita anomala e ingiustificata dalla commissione per la pesca, la Comunità non sia in grado di esercitare alcun potere reale, soprattutto negli ambiti in cui è più necessario e sarebbe più efficace, cioè nel campo del controllo a distanza.

Ciò mi induce a fare le seguenti riflessioni. In primo luogo, l’Agenzia va ovviamente accolta con favore, come hanno già affermato numerosi colleghi, ma va accolta con favore da un punto di vista operativo, in altre parole deve diventare uno strumento operativo e non solo una fabbrica di carta e di meccanismi burocratici che non risolvono la situazione e non producono alcun risultato. La mia seconda grande preoccupazione è che l’istituzione di questa Agenzia non significhi che le politiche comunitarie cadranno in balia di giochi di interesse e di potere, perché in queste circostanze di solito sono le regioni più piccole a rimetterci nettamente, oltre alla stessa pesca sostenibile.

 
  
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  Varela Suanzes-Carpegna (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, è stato il Consiglio europeo di dicembre 2003, su proposta del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, a prendere l’iniziativa di creare un’Agenzia europea della pesca. E’ stata una buona idea.

La Commissione europea ha presentato una proposta che andava chiaramente migliorata. La nostra commissione ha elaborato un progetto di relazione che andava anch’esso chiaramente migliorato. Si può dunque affermare che il progetto presentato oggi all’Assemblea è migliore rispetto a quelli iniziali.

Tra i miglioramenti sostanziali, vorrei dare risalto all’inclusione del settore con pieni diritti di partecipazione, all’estensione delle competenze alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e all’inclusione di responsabilità in materia di formazione.

Mi rammarico tuttavia che le competenze comprendano solo la ricerca e lo sviluppo di soluzioni tecniche riguardanti il controllo e le ispezioni e che il gruppo socialista si sia opposto agli emendamenti volti a conferire all’Agenzia competenze reali in materia di ricerca scientifica sulla pesca, la quale potrebbe contribuire a migliorare le relazioni in base alle quali la Commissione elabora le sue proposte legislative su misure tecniche, conservazione delle risorse, TAC e quote, in quanto ciò permetterebbe all’Agenzia e ai suoi esperti di partecipare più attivamente alla politica comune della pesca e acquisire così maggiore credibilità presso il settore alieutico.

L’Agenzia è uscita rafforzata dalla riunione della commissione per la pesca e mi auguro che uscirà rafforzata anche domani dal Parlamento, sebbene non nel modo che avrei voluto. Confido nel fatto che il Consiglio possa migliorare la situazione.

 
  
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  Stihler (PSE).(EN) Signor Presidente, sono certa che possiamo tutti convenire che l’istituzione di un’Agenzia comunitaria di controllo della pesca vada accolta, in via di principio, favorevolmente. Si parla molto dell’importanza di garantire la parità di condizioni nell’applicazione delle norme della politica comune della pesca. La creazione dell’Agenzia a Vigo potenzialmente può contribuire alla messa a punto di procedure di ispezione e controllo più uniformi ed efficaci ed aumentare così la conformità. Potrebbe anche ridurre la spesa globale riguardante misure di controllo e ispezione.

Secondo uno studio di fattibilità pubblicato dopo l’elaborazione del regolamento, tale potenziale si realizzerà soltanto se saranno rispettati alcuni criteri organizzativi e operativi. Ciò ha indotto la relatrice, onorevole Attwooll, a proporre alcuni emendamenti che chiariscono il testo. Molti membri della commissione per la pesca erano del parere che gli emendamenti della relatrice indebolissero il ruolo dell’Agenzia. Non ero d’accordo e ho sostenuto il progetto di relazione in seno alla commissione. Ero convinta che il progetto di relazione chiarisse il ruolo e la responsabilità degli Stati membri, della Commissione e dell’Agenzia e migliorasse la partecipazione a livello regionale.

I piani di impiego congiunto, che prevedono la condivisione da parte degli Stati membri delle risorse di ispezione e controllo, sono fondamentali per il successo del lavoro dell’Agenzia. L’emendamento ripresentato dalla relatrice mirava a garantire che il ruolo promotore dell’Agenzia fosse chiaro.

Sono sempre stata favorevole a un ruolo significativo dei consigli consultivi regionali nella gestione della pesca. Per questo motivo, considero anche appropriato che tali consigli siano consultati nella fase di elaborazione dei piani di impiego congiunto. Ciò contribuirebbe a garantire la conformità.

L’informazione sulle attività dell’Agenzia dovrebbe essere ampiamente diffusa e il Parlamento europeo, la Commissione, gli Stati membri, il Comitato consultivo per la pesca e l’acquacoltura e i consigli consultivi regionali dovrebbero ricevere una valutazione annuale. Ho avuto qualche divergenza con i colleghi del gruppo PSE nel definire il ruolo dell’Agenzia, ma posso senz’altro unirmi a loro nell’accoglierne con favore l’istituzione e attendo con impazienza una più efficace garanzia di conformità nel nostro settore della pesca.

 
  
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  Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, nelle mie osservazioni conclusive cercherò di rispondere brevemente a tutti gli oratori intervenuti.

In risposta alla relatrice, onorevole Attwooll, ripeto che, per quanto riguarda la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, è importante inserire la questione nel programma di lavoro, ma la Commissione non concorda sul fatto che debba figurare come compito prioritario, in quanto le priorità possono cambiare ed è bene evitare di stabilire inutili limitazioni delle priorità relative alle funzioni dell’Agenzia.

Per quanto riguarda il compito dell’Agenzia di istituire un centro di formazione, anche in questo caso la Commissione ritiene che tale funzione non debba essere accentrata presso l’Agenzia, ma si debba prevedere una certa flessibilità e mantenere il testo originale. Consideriamo le modifiche alla formulazione – mi riferisco agli emendamenti nn. 36, 38, 39, 40 e 41, per esempio da “elaborare” a “definire”, od operare “attraverso il suo direttore esecutivo” o la necessità di “approvazione degli Stati membri”, nonché la modifica da “istruzioni” a “orientamento operativo” – come un indebolimento del testo, nonostante le buone intenzioni dell’onorevole Attwooll. L’emendamento n. 39, per esempio, se fosse accolto, comporterebbe una procedura intergovernativa.

Vorrei ora esaminare le osservazioni dell’onorevole Maat. I