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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 13 aprile 2005 - Strasburgo Edizione GU

21. Tempo delle interrogazioni (Consiglio)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il tempo delle interrogazioni (B6-0163/2005).

Le seguenti interrogazioni sono rivolte al Consiglio.

 
  
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  Presidente.

Interrogazione n. 1 dell’on. Esko Seppänen (H-0165/05)

Oggetto: Statuto dei deputati

A quanto pare la Presidenza di turno elabora uno statuto dei deputati al Parlamento europeo. A che punto sono i preparativi? C’è speranza che lo statuto sia applicato già ai deputati dell’attuale legislatura?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) In risposta alla sua domanda, onorevole Seppänen, desidero ricordarle che la procedura per l’approvazione dello Statuto dei deputati del Parlamento europeo è disciplinata all’articolo 190, paragrafo 5, del Trattato CE e all’articolo 108, paragrafo 5, del Trattato EURATOM. In conformità di questi articoli, il Parlamento fissa lo Statuto e le condizioni generali di esercizio delle funzioni dei propri membri, previo parere della Commissione e approvazione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata.

La Presidenza del Consiglio ha intenzione di completare, se possibile durante questo semestre, i negoziati relativi allo Statuto dei deputati al Parlamento europeo, compresi quelli sull’entrata in vigore. Vi assicuro che sono in corso contatti continui per conseguire tale obiettivo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Seppänen (GUE/NGL).(FI) Signor Ministro, alcuni Stati membri del Consiglio non hanno accettato la proposta di compromesso discussa dal Parlamento e dal Consiglio l’ultima volta. Intendete riproporre lo stesso tipo di pacchetto o vi sono proposte di emendamento e, in tal caso, quali sarebbero gli emendamenti?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Ricorderà che, durante la Presidenza irlandese, eravamo assai prossimi a un compromesso, ma sfortunatamente non siamo riusciti a superare l’ultimo ostacolo. Si trattava di un compromesso negoziato fra il Consiglio, in particolare la Presidenza irlandese, da una parte, e il Parlamento, dall’altra.

Ritengo che numerosi elementi di quel compromesso siano tuttora validi, e quindi che sia un buon punto di partenza. Per ovvie ragioni, tuttavia, occorre definire dove siano necessari degli aggiustamenti. Cosa di cui ci stiamo occupando. Le posso garantire che in Consiglio, ma anche con il Parlamento, stiamo lavorando su soluzioni accettabili: accettabili, mi auguro, per tutti gli Stati membri se possibile o, almeno, per una maggioranza qualificata.

 
  
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  Martin, David (PSE).(EN) Non so se il Presidente in carica del Consiglio abbia avuto l’occasione di valutare il voto di ieri del Parlamento europeo sul discarico. In caso affermativo, concorda con me che la mancanza di volontà, o di capacità, del Parlamento di riformare la propria organizzazione conferma l’urgenza di uno Statuto e che l’unico modo per migliorare la reputazione di questa Istituzione è adottare uno Statuto dei deputati?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) In quanto deputati siete gli unici a poter giudicare l’organizzazione e il funzionamento interno del Parlamento. La responsabilità è interamente nelle vostre mani. Vi posso assicurare che la Presidenza è decisa a trovare una soluzione con il Parlamento e il Consiglio. Questo è l’impegno che abbiamo assunto e che spero riusciremo a portare a termine con successo.

 
  
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  Doyle (PPE-DE).(EN) Vorrei chiedere al Presidente in carica del Consiglio se accetta il fatto che lo Statuto dei deputati e il pacchetto di indennità di questo Parlamento siano trattati congiuntamente, come concordato a novembre o dicembre di un anno fa, poco prima della Presidenza irlandese. Lo Statuto dei deputati è urgente, giacché ci permetterebbe di chiarire l’intero dibattito sulle indennità.

Il voto di ieri sul discarico di bilancio dimostra che chi è politicamente coerente e accetta l’accordo raggiunto diciotto mesi fa, non ha cambiato idea nonostante le pressioni in senso contrario dei media e di altri. Servono riforme, e occorre riformare l’intero pacchetto: Statuto dei deputati e indennità.

Ci può garantire che verrà presentato uno Statuto dei deputati nel corso di questa Presidenza? Ci può garantire che i colleghi che l’ultima volta, in sede di Consiglio, hanno abbandonato la nave in quando si riteneva di avere raggiunto un compromesso durante la Presidenza irlandese, questa volta rimarranno a bordo? Vi sono stati negoziati o assicurazioni da parte di questi paesi?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Qualsiasi soluzione dovrà essere complessiva: una sorta di pacchetto, come lei ha detto. Ovviamente non ho modo di garantire in questa fase di avere il sostegno di tutti. Ricorderà probabilmente le ragioni essenziali del fallimento del pacchetto che era stato negoziato. Si trattava di ragioni alquanto eccezionali. Ci auguriamo che questa volta si arrivi a una soluzione che tutti potranno appoggiare, e che nessuno si lascerà influenzare da qualche articolo su giornali di cui non voglio fare il nome.

 
  
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  Presidente. – Il Regolamento stabilisce precisi limiti di tempo: ciascuna interrogazione è seguita da due domande complementari. E’ la prima volta che presiedo il Tempo delle interrogazioni e, considerata l’importanza dell’argomento, sarà l’unica volta che non rispetterò le regole.

 
  
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  Mitchell (PPE-DE).(EN) Desidero unirmi agli altri deputati per sollecitare la Presidenza ad accelerare la definizione dello Statuto.

Mi ha sorpreso l’ipocrisia dei deputati che ieri si sono opposti al discarico di bilancio, quando quegli stessi deputati ne hanno beneficiato. Non ho mai visto una simile ipocrisia in vita mia e trovo lo spettacolo di pessimo gusto. Sollecito la Presidenza a portare avanti lo Statuto, così che si definisca una volte per tutte la questione in termini di remunerazione e spese relativamente al nostro operato.

Non c’è da aspettarsi che gli ipocriti, che ieri in Aula hanno sollevato un polverone, rimborsino le somme per porre rimedio a quanto ritengono non sia corretto nel bilancio di cui ieri hanno rifiutato il discarico. E’ un comportamento assolutamente scandaloso.

 
  
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  Presidente. – Credo che la Presidenza abbia già dato una risposta in merito.

 
  
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  Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, se si introduce lo Statuto dei deputati, dev’essere chiaro per le Istituzioni europee che tutti sono pagati indipendentemente dal paese di appartenenza. I deputati di ciascun paese saranno pagati allo stesso modo in futuro? Vi sarà una differenza sostanziale rispetto ai salari dei funzionari o ci si sforzerà di trovare un giusto compromesso?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) In riferimento al primo punto della sua domanda, credo che se veramente esiste un principio fondamentale dell’Unione europea, è quello della non discriminazione. E ritengo che debba essere applicato anche in questo caso.

(DE) La seconda parte della sua domanda riguarda un problema di equilibrio, e credo che questa sia una questione soggettiva. Benché non sia in grado di dare una risposta precisa alla sua domanda, ritengo che le nostre discussioni procedano sulla base di un pacchetto di compromesso.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 2 dell’onorevole Robert Evans (H-0167/05):

Oggetto: Energia eolica, delle onde e delle maree

Considerando la pressione esercitata sui governi per la riduzione delle emissioni di CO2 conformemente al protocollo di Kyoto, esiste un margine per un maggiore sviluppo di fonti di energia rinnovabili? Quali provvedimenti si stanno adottando per promuovere l’energia eolica, delle onde e delle maree? La lobby dell’industria petrolifera ostacola tali iniziative?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Rispondo all’onorevole parlamentare. Il 10 marzo scorso il Consiglio, in previsione della riunione annuale di primavera del Consiglio europeo, ha adottato, per quanto riguarda l’ambiente, un contributo alle delibere sulla revisione intermedia della strategia di Lisbona. In generale, il Consiglio sottolinea la necessità di agire a partire dal 2005, in particolar modo per affrontare i cambiamenti climatici e promuovere le ecoinnovazioni, oltre che un uso efficiente dell’energia e delle risorse.

In particolare ha chiesto al Consiglio europeo di primavera di incentivare metodi di consumo e di produzione sostenibili, cui contribuiscono le innovazioni ecoefficienti, con l’intento di dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse e dal degrado ambientale. Ha inoltre invitato a richiedere alla Commissione di formulare un’iniziativa nel 2005 in favore dell’efficienza energetica, oltre a un Libro verde che comprenda un elenco di misure significative.

In sostanza, il Consiglio ha sollecitato innanzi tutto l’attuazione, urgente e nella sua integralità, di un piano d’azione per le tecnologie ambientali – ETAP – al fine di garantire alle ecoinnovazioni la prospettiva di un mercato equo e competitivo. In secondo luogo ha sostenuto la decisa promozione di ecoinnovazioni e di ecotecnologie in tutti i settori dell’economia, in particolare in quelli dell’energia e dei trasporti. Infine ha sollecitato misure di attenuazione destinate a ridurre i rischi e i costi a lungo termine legati ai cambiamenti climatici, nella prospettiva della creazione di un’economia che emetta bassi livelli di carbonio. Ciò sarà possibile, in particolare, rafforzando lo spiegamento e lo sviluppo di tecnologie di energia rinnovabile ad alto rendimento, oltre che di nuovi combustibili.

 
  
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  Evans, Robert (PSE).(EN) Vorrei ringraziare il Presidente in carica del Consiglio per la risposta, che trovo decisamente sensata. Vorrei richiamare la sua attenzione sull’ultimo punto, laddove mi riferisco all’industria petrolifera che, a mio parere, tende a calpestare i governi e a soffocare nuove iniziative in questo campo.

Non so se lei sia d’accordo con me, personalmente o nella sua veste di Presidente in carica del Consiglio, sul fatto che se si fossero fatti investimenti simili in fonti di energia alternativa, finanziati dall’industria petrolifera, si sarebbe già potuto raggiungere quel progresso reale cui sta lavorando il Consiglio. Non ritiene che si debba fare pressione sulle compagnie petrolifere per ridurre la nostra dipendenza dalle scorte mondiali di combustibile fossile in diminuzione?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Ritengo che la situazione attuale del mercato petrolifero, e in particolar modo il livello del prezzo del petrolio, incoraggerà molti attori a investire in fonti di energia alternativa e rinnovabile. E’ così che si arriverà a un equilibrio. Sappiamo infatti che il prezzo del petrolio è dovuto a determinati sviluppi economici in alcune aree del mondo e anche a tendenze speculative finanziarie. Questa situazione avrà come conseguenza di rendere le fonti di energia rinnovabile più interessanti e, grazie a questi meccanismi, si riuscirà probabilmente a esercitare pressioni sulle compagnie petrolifere e a prendere iniziative a favore delle fonti energetiche del futuro.

 
  
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  Caspary (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, sono anch’io dell’avviso che l’unico modo per far fronte all’effetto serra sia far ricorso non soltanto alle energie rinnovabili, ma anche all’energia nucleare e a misure di risparmio energetico. Ora, se l’autore dell’interrogazione chiede in che modo promuovere la produzione di energia elettrica sfruttando il vento, il moto ondoso e le maree, e se tali nuove iniziative vengano ostacolate dalla lobby del petrolio, io le chiedo quali iniziative sono state avviate nel settore dell’energia nucleare e se tali iniziative vengono ostacolate dalla lobby delle energie rinnovabili.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Ritengo si tratti di una questione che riguarda ogni paese a livello nazionale. Ciascun paese deve scegliere i metodi di produzione energetica per cui ha maggiore affinità. Credo che l’onorevole deputato abbia espresso, mi pare, affinità per una particolare fonte di energia. Capisco la sua posizione, pur non condividendola necessariamente. Il Consiglio, a mio avviso, lascia a ogni Stato membro la scelta delle opzioni che ritiene più opportune.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 3 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0169/05):

Oggetto: Invecchiamento della popolazione europea e revisione dei sistemi di pensionamento anticipato

L’evoluzione demografica e l’invecchiamento della popolazione nell’Unione europea esigono, come tutti lo riconoscono, che i lavoratori al di sopra dei 55 anni continuino a restare attivi nella vita professionale.

Possiede il Consiglio una conoscenza precisa della politica in vigore in ogni Stato membro relativamente al pensionamento anticipato?

Quali misure intende il Consiglio adottare per impedire il pensionamento anticipato dei lavoratori al di sopra dei 55 anni e per sfruttare il valore aggiunto della loro esperienza senza ridurre le possibilità di trovare posti di lavoro per i giovani ed i disoccupati?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Da anni ormai le linee guida per l’occupazione mirano a promuovere l’invecchiamento attivo allo scopo di innalzare l’età media di pensionamento – in particolare la linea guida specifica 5 delle linee guida 2003, rinnovate senza modifiche nel 2004. Il Consiglio europeo di Stoccolma ha inoltre fissato l’ambizioso obiettivo di portare al 50 per cento il tasso di occupazione delle persone fra i 55 e i 64 anni di età, mentre il Consiglio europeo di Barcellona ha stabilito un ulteriore ambizioso obiettivo, ovvero l’aumento di cinque anni, entro il 2010, dell’età media di pensionamento, che attualmente è di 61 anni secondo le stime Eurostat.

Per il Consiglio mantenere in attività i lavoratori più anziani è una delle sfide principali, come emerge dai messaggi chiave che ha recentemente rivolto all’attenzione del Consiglio europeo di primavera, in cui sottolinea come sia appropriato porre la questione in primo piano nelle riforme volte a garantire l’adeguatezza sociale e la fattibilità dei piani di pensionamento futuri, nel rispetto della situazione di ciascun paese. L’aumento della longevità esigerà un’ulteriore proroga dell’età a cui i lavoratori lasciano il mercato del lavoro, il che presuppone lo smantellamento progressivo delle misure di incentivazione per il pensionamento anticipato.

 
  
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  Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, nel quadro della libertà dei cittadini europei e dell’abolizione dell’età o di altre forme di discriminazione, nella prospettiva di mettere a frutto l’esperienza accumulata dai lavoratori in età prepensionistica, verranno stabilite misure per basi politiche europee comuni, così che anche i giovani possano beneficiare dell’esperienza di chi va in pensione, senza che ciò precluda loro di subentrare nei posti di lavoro cui hanno diritto?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) In effetti, credo che mantenere in attività i lavoratori più anziani non debba compromettere l’occupazione giovanile. Il Consiglio europeo, optando per il rilancio e la rivitalizzazione della strategia di Lisbona, ha avviato un’iniziativa a favore dei giovani, per offrire loro maggiori prospettive di lavoro. Ritengo che le due cose possano avanzare di pari passo, a condizione forse di applicare altri metodi di gestione dell’occupazione. Ora, la gestione dell’occupazione avviene principalmente a livello di impresa e le società dovrebbero prendere coscienza di quanto affermato dall’onorevole deputato, ovvero che l’esperienza, e quindi anche l’età, ha il suo prezzo e il suo valore.

 
  
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  Bushill-Matthews (PPE-DE).(EN) Sono lieto che questo punto sia stato incluso nell’ordine del giorno e che la questione dell’invecchiamento attivo sia stata seguita così attentamente da alcuni colleghi parlamentari. Si tratta di una questione che concerne molti di noi.

E’ in grado di confermare l’applicazione delle politiche di invecchiamento attivo da parte delle Istituzioni europee e, nello specifico, che non vi è più discriminazione in base all’età nelle politiche per l’occupazione adottate da lei e dai suoi colleghi in veste di datori di lavoro? Ha fatto riferimento al ruolo dei datori di lavoro, e anche le Istituzioni dell’Unione europea sono datori di lavoro. Ho posto la stessa domanda al Commissario Kinnock, ma non sono mai riuscito ad avere una risposta chiara. Mi auguro che potrò averla da lei.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Se ho inteso correttamente la domanda, all’interno delle Istituzioni europee non esiste alcuna politica discriminatoria nei confronti delle persone più anziane. Inoltre, ricordo che l’anno scorso la Commissione ha proposto una relazione per il Consiglio di primavera sul tema dell’invecchiamento attivo. Ritengo che spetti alle Istituzioni promuovere quest’idea. Non credo che vi sia una politica di discriminazione all’interno delle Istituzioni: vi si incontrano persone di tutte le età, ovviamente entro i limiti dell’età di pensionamento, ma questa è un’altra questione.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 4 dell’onorevole Mairead McGuinness (H-0172/05):

Oggetto: Istituti di assistenza per i bambini in Romania

In vista della probabile firma del trattato di adesione della Romania in aprile, può il Consiglio fornire informazioni sul miglioramento, se in corso, della situazione dei diritti umani in Romania, specificamente in relazione alle condizioni dei bambini e dei giovani adulti negli orfanotrofi e nelle altre strutture di questo tipo gestite dallo Stato? E’ convinto che siano stati fatti progressi tali da permettere la firma del trattato di adesione in tale settore?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Il Consiglio europeo del dicembre 2004 ha registrato con soddisfazione i progressi compiuti dalla Romania, nell’attuazione dell’acquis comunitario e degli impegni assunti, che hanno permesso di chiudere formalmente tutti i capitoli in sospeso nei negoziati di adesione. Oggi gli onorevoli deputati hanno, credo, deciso di dare il proprio benestare all’adesione della Romania.

Prendendo atto delle valutazioni e delle raccomandazioni presentate dalla Commissione, il Consiglio europeo ha ritenuto che la Romania sarebbe pronta ad assumere, al momento previsto per la sua adesione, tutti gli obblighi che ne conseguono. Al contempo, il Consiglio europeo ha chiaramente indicato che l’Unione europea continuerà a seguire attentamente – e credo che questo sia stato ampiamente confermato questa mattina – i preparativi compiuti dalla Romania, nonché i risultati ottenuti.

Il Consiglio assicura quindi all’onorevole parlamentare che, come in passato, la questione dei bambini sarà seguita molto da vicino. Faccio notare inoltre che, nella relazione del 2004 sui passi compiuti dalla Romania sulla strada verso l’adesione, la Commissione ha registrato progressi costanti nella riorganizzazione della tutela dell’infanzia, in particolare grazie alla chiusura dei grandi istituti desueti e all’attuazione di procedure alternative.

Da parte sua, l’Unione europea ha fornito sostegno finanziario agli sforzi della Romania volti a migliorare la qualità degli enti statali per la tutela dell’infanzia. Nonostante rimangano ancora lavoro e miglioramenti da compiere, si può dire che nell’insieme le condizioni di vita dei bambini negli istituti statali sono decisamente migliorate, e che le autorità rumene continueranno nel proprio impegno di attuare pienamente la riforma del sistema di protezione dell’infanzia, come tutte le Istituzioni, e in particolare il Consiglio e la Commissione, le hanno ovviamente invitate a fare.

 
  
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  McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, la mia interrogazione si riferiva anche ai giovani, e forse avrei dovuto aggiungere “portatori di handicap”, giacché vi sono alcune questioni tuttora aperte.

Mi può informare sull’attuale stato di realizzazione del progetto pilota nazionale relativo alla riforma delle istituzioni nell’ambito dell’ANPH, in particolare in relazione a Negru Voda, e su quando il suddetto progetto pilota sarà esteso a tutto il paese?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Ritengo che dovrebbe rivolgere questa domanda innanzi tutto alla Commissione, e mi dispiace informarla di non poter essere più preciso al riguardo. Occorre rivolgere la domanda alla Commissione.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 5 dell’onorevole Philip Bushill-Matthews (H-0174/05):

Oggetto: Privazione del diritto di voto per gli espatriati relativamente al trattato costituzionale

E’ il Consiglio al corrente del fatto che numerosi cittadini britannici che hanno scelto, una volta andati in pensione, di trasferirsi in altri Stati membri non possono votare attualmente nei referendum nazionali sulla proposta di Costituzione europea? Ai sensi della legislazione nazionale in vigore, se questi cittadini hanno lasciato il Regno Unito più di 15 anni fa non hanno più il diritto di votare in detto paese, eppure non viene loro concesso automaticamente il diritto di votare nel nuovo paese di residenza. Mentre è a discrezione di ogni singolo Stato membro accordare tale diritto, non sarebbe opportuno che vi fosse un qualche coordinamento tra gli Stati membri in modo che questi cittadini possano far sentire la propria voce? Non è fondamentalmente sbagliato che a qualsiasi cittadino europeo venga negato il voto in merito a una questione così importante? E’ il Consiglio a conoscenza del numero di cittadini in tale situazione? Può il Consiglio proporre modalità di cooperazione tra gli Stati membri ai fini della soluzione di tale problema?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Il Consiglio ricorda all’onorevole parlamentare che l’organizzazione delle procedure elettorali, così come le regole relative ai requisiti degli elettori, sono disciplinate dal diritto interno di ciascuno Stato membro. Pur reputando importante che l’esercizio del diritto di voto possa esercitarsi nel modo più ampio possibile sul territorio dell’Unione, non spetta al Consiglio pronunciarsi sull’interrogazione dell’onorevole deputato.

 
  
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  Bushill-Matthews (PPE-DE).(EN) Desidero rivolgere una domanda complementare, ma anche ritornare su quella originaria, perché il Ministro ha eluso sia questa che la domanda precedente, e non mi pare corretto. Concordo sul fatto che la materia sia di competenza degli Stati membri. Io avevo chiesto se il Consiglio può, incoraggiando il ricorso alle migliori pratiche, esercitare la sua influenza affinché si possa trarre insegnamento gli uni dagli altri.

La mia attenzione è stata richiamata, in modo specifico, sul caso degli espatriati britannici in Spagna, che mi hanno riferito che, mentre prima potevano votare nel loro paese di origine nel Regno Unito a condizione di essere stati registrati nei 20 anni precedenti, ora l’attuale governo ha reso loro le cose più difficili, riducendo questo periodo a 15 anni. Conosce qualche altro Stato membro che rende più difficile il diritto di voto per gli espatriati? Non desidera incoraggiare i suoi colleghi a rendere più semplice la procedura? La prego di rispondere e di non essere evasivo.

 
  
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  Presidente. (EN) Mi rivolgo al Ministro. Credo che l’onorevole Bushill-Matthews abbia visto giusto, ma siamo entrambi conservatori!

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Francamente, ritengo che la Costituzione abbia definito meglio le regole dell’Unione. Si tratta di un ambito che realmente esula dalle competenze dell’Unione. Spetta quindi a ciascuno Stato membro definire il proprio diritto elettorale, come ho già detto, anche se si può auspicare che sia il più ampio, efficace e meglio organizzato possibile. Tuttavia, la materia rimane di competenza dei singoli Stati membri.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 6 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0177/05):

Oggetto: Cristiani in Turchia

Quali interventi attua la Presidenza del Consiglio per aiutare le chiese e le comunità religiose cristiane in Turchia ad ottenere uno statuto giuridico finalmente assicurato, in quanto passo importante verso la libertà religiosa?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Rispondendo a domande sull’argomento, il Consiglio, e anche il sottoscritto tra l’altro, a nome del Consiglio, ha già avuto più volte l’opportunità di sottolineare che, se la costituzione della Repubblica di Turchia garantisce la libertà religiosa, talune condizioni per il funzionamento delle comunità religiose non musulmane devono ancora essere stabilite, in conformità con le pratiche in vigore negli Stati membri dell’Unione europea.

Nella sua relazione periodica del 2004, la Commissione europea ha riportato esempi di progressi compiuti dalla Turchia in questo ambito, ma ha altresì riconosciuto l’esistenza di considerevoli lacune che devono essere colmate, in particolare per quanto riguarda la personalità giuridica e i diritti di proprietà delle comunità non musulmane, nonché la formazione del clero. A questo proposito, un’importante normativa sui diritti fondamentali è ancora al vaglio del Primo Ministro turco. Era stato chiesto alla Commissione di fornire le proprie osservazioni su tale normativa, che attualmente è in corso di revisione.

Il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 ha dichiarato che la Turchia adempiva ai criteri politici di Copenaghen in modo sufficientemente adeguato affinché si aprissero i negoziati di adesione. Allo stesso tempo, il Consiglio europeo ha chiaramente indicato che l’attuazione completa ed efficace del processo di riforme politiche deve continuare a essere seguita da vicino dalla Commissione. La Commissione dovrà valutare tutte le questioni che costituiscono motivo di preoccupazione di cui ha riferito nella sua relazione periodica e nella sua raccomandazione, fra cui ovviamente la libertà di culto, e riferirne regolarmente al Consiglio.

Il Consiglio può pertanto assicurare all’onorevole parlamentare che continuerà a seguire da vicino i progressi realizzati dalla Turchia in questo campo, in particolare sulla base di un partenariato per l’adesione che stabilisce le priorità del processo di riforma, di cui in autunno la Commissione presenterà al Consiglio una proposta di testo rivista. Il Consiglio assicura inoltre che, come in passato, l’Unione europea non mancherà di sollevare le questioni ancora in sospeso nel corso dei vari forum di dialogo politico e in seno agli organi istituiti dall’accordo di associazione.

 
  
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  Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, trattandosi di una delle questioni più appassionanti e importanti di quest’anno, vorrei chiedere alla Presidenza del Consiglio se non sia auspicabile che il Consiglio informi il pubblico e il Parlamento, a intervalli regolari, sull’andamento reale dei negoziati, dal momento che vengono condotti dagli Stati membri piuttosto che dalla Commissione.

Gradiremmo essere informati regolarmente sui progressi realizzati riguardo all’importante questione del diritto di proprietà delle chiese e della libertà di praticare attivamente un culto.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Onorevole deputato, credo che lei stia correndo un po’ troppo, dal momento che i negoziati con la Turchia non sono ancora iniziati. Abbiamo per così dire, in particolare la Commissione, un dialogo con la Turchia, per assicurare che i processi di riforma cui il paese si è impegnato vengano portati a termine. Le posso assicurare che, al momento opportuno dopo il 3 ottobre, se inizieranno i negoziati con la Turchia, il Parlamento sarà certamente tenuto informato sullo sviluppo dei negoziati.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 7 dell’onorevole Gunnar Hökmark (H-0185/05):

Oggetto: Lista UE delle organizzazioni terroristiche

Sebbene l’Hezbollah abbia rivendicato una serie di attentati terroristici l’Unione europea ha scelto di non includerlo nella lista delle organizzazioni terroristiche argomentando che la situazione era oltremodo delicata nella regione.

In realtà, la situazione appare per il momento così precaria da rendere quanto mai pericolosa l’indifferenza dell’UE nei rapporti dell’Hezbollah, le cui attività sono finanziate dall’Iran con il consenso della Siria. L’Hezbollah costituisce pertanto una minaccia sia per il processo di pace ora rilanciato fra Israele e l’Autorità palestinese sia per le crescenti aspirazioni libanesi all’indipendenza.

Non si può certo contestare che l’Hezbollah sia un’organizzazione dedita al terrorismo pertanto anch’essa dovrebbe figurare nella lista UE delle organizzazioni terroristiche. Per tutte le forze che si adoperano per la pace e la libertà nel Vicino Oriente è importante che l’UE si pronunci chiaramente contro il terrorismo dell’Hezbollah sponsorizzato dall’Iran.

Quando intende il Consiglio iniziare a considerare l’Hezbollah come quell’organizzazione terroristica che indubbiamente è?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) La questione dell’inserimento del movimento sciita Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche è stata esaminata più volte dagli organismi del Consiglio e rimante tuttora aperta.

L’onorevole parlamentare saprà che una decisione in tal senso deve soddisfare le condizioni previste nella posizione comune 931/2001 e che richiede l’unanimità.

Inoltre, nelle sue conclusioni del 16 marzo 2005, il Consiglio ha riaffermato il proprio sostegno a un Libano sovrano, indipendente e democratico, rinnovando la propria richiesta per un’immediata attuazione totale della risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che prevede in particolare il disarmo delle milizie presenti sul territorio libanese. Il Consiglio europeo, riunitosi a Bruxelles il 22 e 23 marzo 2005, ha confermato tale impostazione.

 
  
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  Hökmark (PPE-DE).(SV) Signor Presidente, ringrazio la Presidenza per aver accolto la mia interrogazione. Tuttavia non si può dire che io abbia avuto risposta alla mia domanda, che non riguardava il disarmo di varie organizzazioni presenti in Libano, ma la garanzia che il processo di pace in Medio Oriente possa continuare in condizioni stabili. Sappiamo che il terrorismo è in assoluto la minaccia più seria. Sappiamo che, tramite Hezbollah, l’Iran finanzia e sostiene il terrorismo con l’ovvia intenzione, dichiarata senza mezzi termini in diverse occasioni, di compiere atti per annientare Israele. Se non si chiarisce con l’Iran che è inaccettabile appoggiare gli atti di terrorismo, e se Hezbollah non viene dichiarato organizzazione terroristica, occorre porre la seguente domanda: in che senso Hezbollah non è, di fatto, un’organizzazione terroristica? In che modo, inoltre, è possibile far capire all’Iran che non è lecito sostenere il terrorismo?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Penso che la sua domanda vada oltre il tema più specifico di Hezbollah. Si è discusso a lungo sull’approccio migliore per affrontare questo caso particolare, e vi sono diverse opzioni possibili. Ovviamente, la maggiore minaccia al processo di pace è il terrorismo.

Dobbiamo ancora trovare il modo per combattere questo flagello e, al momento, posso solo confermare quanto ho appena affermato: che l’approccio scelto in questa fase non è, per il momento, quello di iscrivere l’organizzazione a cui l’onorevole parlamentare ha fatto riferimento, ovvero Hezbollah, nella lista. Ciò non significa che non consideriamo pericolose le attività di questo gruppo, ma che questo è l’approccio scelto, che, tra l’altro, non è stato criticato da alcuni fra i nostri partner più importanti.

 
  
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  Martin, David (PSE).(EN) Desidero sostenere l’atteggiamento del Consiglio nei confronti di Hezbollah, che ha una certa logica. Se ci si oppone al terrorismo – atteggiamento che tutti condividiamo, e sappiamo che Hezbollah ha legami con il terrorismo – allora Hezbollah va bandito. Tuttavia si tratterebbe di un approccio a brevissimo termine, poiché non può esservi una soluzione permanente in Medio Oriente senza una partecipazione attiva di Hezbollah. Pertanto, se da una parte il Consiglio ha ragione a rivedere periodicamente la questione relativa alla messa al bando di tale organizzazione, è preferibile avere un dialogo nell’immediato futuro.

 
  
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  Allister (NI).(EN) Alla luce delle connessioni finanziarie fra Iran e Hezbollah, anche in questo caso il Consiglio preferisce optare per un approccio “morbido” nei confronti dell’Iran, in linea con il suo accomodante atteggiamento nei riguardi delle ambizioni nucleari del paese? Questo atteggiamento “morbido” nei confronti di Hezbollah dipende forse dai legami dell’organizzazione con l’Iran?

Ritengo che il movimento Hezbollah sia attualmente l’organizzazione terroristica attiva più perniciosa e violenta nel pericoloso mondo in cui viviamo, e che dovrebbe essere trattato di conseguenza. Se l’esperienza del mio paese ci insegna qualcosa, è che la linea morbida con i terroristi non funziona: quanto è successo con l’IRA lo prova senza ombra di dubbio.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Non credo che qui si tratti di usare o meno un approccio “morbido”. L’onorevole parlamentare ha tra l’altro inserito la questione in un contesto più ampio. Occorre in effetti instaurare un dialogo, e lo stiamo facendo, con l’Iran riguardo al suo atteggiamento e al suo sostegno delle attività terroristiche, oltre che in merito alla sua posizione per una soluzione pacifica del problema mediorientale. L’abbiamo fatto e lo stiamo facendo anche nell’approccio globale che abbiamo adottato e che stiamo mantenendo con questo paese, in particolare per quanto riguarda la non proliferazione.

Quanto a Hezbollah, per rispondere all’intervento dell’onorevole Martin, credo si tratti di un gruppo complesso. In effetti l’organizzazione ha diverse sfaccettature, compresa un’ala parlamentare, giacché è rappresentato al parlamento libanese. Anche per questa ragione nella mia risposta ho insistito su quest’ala libanese, che non possiamo escludere o separare dal contesto più specifico del terrorismo nei confronti di Israele.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 8 dell’onorevole David Martin (H-0186/05):

Oggetto: Negoziati in vista dell’adesione della Croazia

Come valuta il Consiglio lo stato attuale dei negoziati con la Croazia nell’ottica dell’adesione di tale paese all’UE?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Il Consiglio europeo del giugno 2000 ha deliberato che tutti i paesi dei Balcani occidentali sono candidati potenziali all’adesione all’Unione europea.

Successivamente, nel giugno 2003, il Consiglio europeo ha riaffermato la sua determinazione a sostenere pienamente ed efficacemente la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali, che faranno parte integrante dell’Unione europea non appena soddisferanno i criteri stabiliti. Spetta quindi ai paesi interessati – come ha dimostrato, a mio parere, il dibattito che abbiamo tenuto sui Balcani – determinare il ritmo del loro avvicinamento all’Unione, allineandosi all’acquis comunitario e rispondendo ai criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen.

Il 16 marzo 2005, il Consiglio ha ribadito l’impegno dell’Unione europea a favore dell’adesione della Croazia e ha approvato il quadro dei negoziati con questo paese. Il Consiglio ha altresì ricordato l’importanza di una cooperazione incondizionata di tutti i paesi dei Balcani occidentali con il TPIJ. E’ un requisito fondamentale per il proseguimento del processo di avvicinamento all’Unione europea, e mi pare di aver insistito su questo punto nel corso del dibattito precedente.

Per tale motivo, previa delibera del Consiglio e in assenza di un accordo comune, è stata posticipata l’apertura dei negoziati di adesione della Croazia. Si convocherà una conferenza intergovernativa bilaterale, di comune accordo, non appena il Consiglio avrà constatato che la Croazia collabora appieno con il TPIJ. Come sapete, per consentire al Consiglio di prendere questa decisione con piena cognizione di causa, è stato costituito un gruppo coordinato dalla Presidenza cui partecipano le due Presidenza successive, la Commissione e l’Alto rappresentante. La prima riunione con il governo croato si terrà il 26 aprile per discutere proprio di questo aspetto della cooperazione con il Tribunale dell’Aia.

 
  
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  Martin, David (PSE).(EN) La sua risposta è stata molto utile. Tuttavia, se il generale in fuga ha lasciato la Croazia, che prova potranno fornirle le autorità croate per dimostrare che stanno collaborando con il Tribunale penale internazionale? Mi pare che siano in un vicolo cieco. Se il generale ha lasciato il territorio della Croazia, non saranno in grado di catturarlo; come potranno allora dimostrare la loro disponibilità a collaborare con il Tribunale penale internazionale?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Onorevole Martin, credo di aver già risposto chiaramente a questa domanda. Non si è mai affermato che la condizione per l’apertura dei negoziati con la Croazia fosse l’arresto del generale Gotovina e la sua comparsa dinanzi al Tribunale dell’Aia. Questa non è mai stata considerata una condizione. La condizione è rappresentata dalla collaborazione della Croazia con il Tribunale dell’Aia, una cooperazione volta a fornire tutte le informazioni che possano condurre all’arresto. In effetti, se il generale si trova altrove e non in Croazia, non si possono obbligare i croati ad arrestarlo.

Credo quindi che non si debba confondere questa condizione con quella più generale della cooperazione incondizionata con il Tribunale penale internazionale, cioè la presentazione di tutte le informazioni che possano consentire l’arresto del generale Gotovina. Se questo arresto non può essere effettuato a causa di informazioni insufficienti, ciò non significa che l’adesione della Croazia debba essere definitivamente bloccata. Sarebbe ingiusto nei confronti di questo paese.

 
  
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  Presidente. – Poiché vertono sullo stesso argomento, annuncio congiuntamente l’

interrogazione n. 9 dell’onorevole Enrique Barón Crespo (H-0188/05):

Oggetto: Inchiesta sull’assassinio in Iraq del giornalista José Couso, cittadino europeo

L’8 aprile 2003, a seguito degli attacchi delle forze statunitense, gli operatori televisivi José Couso, cittadino spagnolo ed europeo (Tele 5), Taras Protsyuk (agenzia Reuters) e Tareq Ayoub (Al-Jazera) hanno perso la vita nell’adempimento del proprio dovere d’informazione.

Sinora le autorità statunitensi non hanno effettuato indagini né avviato alcun procedimento giudiziario. Tuttavia, esse hanno accettato di aprire un’inchiesta con la partecipazione delle autorità italiane in relazione all’attacco ingiustificato, sempre ad opera delle forze statunitensi, verificatosi in occasione della liberazione della cittadina italiana ed europea Giuliana Sgrena, lo scorso venerdì 4 marzo.

Può il Consiglio indicare quali sono le misure da adottare per ottenere l’apertura di un’inchiesta che offra sufficienti garanzie e permetta di accertare eventuali responsabilità penali e stabilire risarcimenti in relazione all’assassinio del cittadino europeo José Couso e dei suoi colleghi, caduti nell’adempimento del proprio dovere d’informazione?

l’interrogazione n. 10 dell’onorevole Willy Meyer Pleite (H-0191/05):

Oggetto: Inchiesta sull’assassinio del giornalista José Couso in Iraq

L’8 aprile 2003, a seguito di un attacco sferrato dalle forze statunitensi contro l’hotel Palestina a Bagdad, hanno perso la vita nell’adempimento del proprio dovere d’informazione il cittadino spagnolo José Couso (cameraman della rete spagnola Tele 5) e gli operatori Taras Protsyuk (agenzia Reuters) e Tareq Ayoub (rete televisiva Al-Jazera).

Sinora le autorità statunitensi hanno taciuto su questo drammatico assassinio, e non hanno effettuato indagini né avviato procedimenti giudiziari.

Tuttavia, queste stesse autorità hanno accettato di aprire un’inchiesta congiunta con il governo italiano in relazione all’attacco ingiustificato, sempre ad opera delle forze statunitensi, verificatosi il 4 marzo 2005, in occasione della liberazione della giornalista italiana Giuliana Sgrena, nel quale ha perso la vita Nicola Calipari.

A giudizio del Consiglio, quali misure può adottare l’Unione europea per ottenere l’apertura di un’inchiesta che offra le adeguate garanzie di imparzialità, onde accertare tutte le responsabilità legate all’assassinio di José Couso e dei suoi colleghi, caduti nell’adempimento del proprio dovere d’informazione?

l’interrogazione n. 11 dell’onorevole David Hammerstein Mintz (H-0205/05):

Oggetto: Indagine sull’assassinio in Iraq del giornalista europeo José Couso

L’8 aprile 2003, a seguito degli attacchi delle forze statunitensi, hanno perso la vita nell’adempimento del proprio dovere d’informazione gli operatori televisivi José Couso, cittadino spagnolo ed europeo (Tele 5), Taras Protsyuk (agenzia Reuters) e Tareq Ayoub (Al-Jazera).

Sino ad oggi, le autorità degli Stati Uniti non hanno ancora svolto indagini né avviato alcun processo giudiziario in proposito.

Tuttavia, esse hanno invece deciso di avviare un’indagine, in cooperazione con l’Italia, a seguito dell’ingiustificato attacco compiuto il 4 marzo scorso dalle forze statunitensi durante la liberazione della giornalista italiana Giuliana Sgrena, che aveva portato alla morte di Nicola Calipari, funzionario del Sismi.

Quali misure occorre adottate per assicurare lo svolgimento di un’indagine che permetta di determinare le responsabilità sia penali che in termini di indennizzo per quanto riguarda l’assassinio del giornalista José Couso e dei suoi colleghi, uccisi durante lo svolgimento della loro attività professionale di pubblica informazione?

l’interrogazione n. 12 dell’onorevole Josu Ortuondo Larrea (H-0216/05):

Oggetto: Inchiesta sull’assassinio in Iraq del giornalista José Couso

Il 4 marzo 2005, poco dopo la liberazione della giornalista italiana Giuliana Sgrena, l’esercito americano ha ucciso il cittadino italiano Nicola Calipari.

Di fronte alla pressione della cittadinanza italiana, il governo italiano e gli Stati Uniti hanno deciso di condurre un’inchiesta congiunta per tentare di chiarire questo triste evento. Al contrario, il caso dell’operatore spagnolo di Tele 5 José Couso, dell’operatore ucraino dell’agenzia Reuters Taras Prosyuk, e dell’operatore della rete televisiva Al Jazeera Tarek Ayoub, morti a causa di un attacco ad opera delle forze statunitensi contro l’hotel Palestina a Bagdad, non è stato oggetto di alcuna inchiesta né azione giudiziaria, di cui si sappia fino ad ora.

Dal momento che José Couso era un cittadino europeo, quali misure può adottare l’Unione europea per ottenere un’inchiesta congiunta con le autorità statunitensi al fine di chiarire i fatti e, se del caso, appurare le eventuali responsabilità?

l’interrogazione n. 13 dell’onorevole Ignasi Guardans Cambó (H-0219/05):

Oggetto: Indagine sull’assassinio di José Couso in Iraq

L’8 aprile 2003 blindati statunitensi spararono contro il 14° piano dell’Hotel Palestine di Baghdad, dove si trovavano vari giornalisti che stavano facendo la cronaca degli avvenimenti in corso. José Couso, giornalista spagnolo, non sopravvisse all’attacco. Nelle stesse circostanze morirono altri due giornalisti, Taras Protsyuk e Tareq Ayoub.

A due anni di distanza le autorità degli Stati Uniti non hanno svolto alcuna indagine affidabile e indipendente per chiarire quanto accaduto e stabilire le cause di queste morti assurde.

Che cosa intende fare il Consiglio per esigere un’indagine e chiarire le ragioni dell’attacco statunitense dell’8 aprile 2003 all’Hotel Palestine?

e l’interrogazione n. 14 dell’onorevole Jean-Marie Cavada (H-0240/05):

Oggetto: Inchiesta sul decesso del giornalista José Couso

L’8 aprile 2003 due cameraman, lo spagnolo José Couso della televisione Telecinco e l’ucraino Taras Protsyuk dell’agenzia Reuters, sono stati uccisi a Baghdad da un tiro dell’esercito americano sull’Hotel Palestine dove alloggiavano varie centinaia di giornalisti non incorporati. Lo stesso 8 aprile 2003 il giornalista giordano, Tarek Ayoub, della rete Al-Jazira veniva del pari ucciso in occasione di un’incursione aerea americana. Secondo Reporters sans frontières il rapporto fornito dalle autorità americane sulle circostanze di detti drammi è incompleto giacché non individua i responsabili ed occulta la mancata comunicazione fra i militari che hanno fatto fuoco sull’Hotel Palestine e i loro superiori gerarchici circa la presenza di giornalisti all’interno dell’edificio.

A giudizio del Consiglio, quali azioni possono essere ventilate dall’Unione europea per far sì che sia esperita un’inchiesta indipendente sulle circostanze della morte di José Couso, che i colpevoli siano individuati e processati e che la famiglia della vittima sia risarcita?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Il Consiglio ha condannato più volte il massacro di civili, tra cui quello dei giornalisti, e ha sempre insistito sulla necessità, da parte delle autorità interessate, di condurre indagini approfondite ogni volta che si verificano incidenti. Il Consiglio è consapevole del fatto che numerosi incidenti rimangono ancora poco chiari e non sono stati oggetto di adeguate indagini, e continuerà a sollevare la questione e a chiedere che si aprano inchieste a tempo debito.

Per quanto riguarda l’incidente specifico evocato nelle interrogazioni, l’indagine condotta dalle autorità statunitensi è giunta alla conclusione che non vi è stata colpa da parte delle forze americane. La famiglia della vittima ha, tuttavia, avviato un’azione giudiziaria contro i soldati americani coinvolti. Alla luce di queste circostanza, il Consiglio non ritiene opportuno esprimersi in materia.

 
  
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  Meyer Pleite (GUE/NGL).(ES) Signor Presidente, signor Ministro, la sua risposta è molto deludente visto che stiamo cercando, o abbiamo cercato, di convincere i cittadini dell’Unione europea che, in base al Trattato costituzionale, tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza comune richiederanno una politica unitaria da parte degli Stati membri.

Cinque giorni fa è stato commemorato il secondo anniversario della morte di questo giornalista. Non chiediamo all’Unione europea di adire le vie legali, come stanno già facendo i famigliari, ma di esigere sul piano politico che il governo degli Stati Uniti avvii un’indagine imparziale. Tutti sanno che l’edificio in cui ha trovato la morte questo giornalista, l’Hotel Palestina, era un bersaglio non militare che doveva essere protetto e che ospitava tutti i rappresentanti della stampa internazionale accreditata, per cui la risposta delle autorità statunitensi non è ammissibile. Chiediamo alla Presidenza in carica del Consiglio di presentare una petizione energica e chiara al governo statunitense affinché apra un’inchiesta imparziale.

Per questi motivi, mi rammarico della sua risposta e spero che si rifletta sulla necessità di ribadire con maggiore fermezza la necessità di questa indagine.

 
  
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  Guardans Cambó (ALDE).(FR) Signor Ministro, sono un po’ deluso dalla sua risposta. Equivale a dire che, poiché la famiglia ha reagito e avviato una procedura giudiziaria per difendere gli interessi di un fratello, un cugino, un proprio caro, il Consiglio non ha nulla da dire. Ciò significa, se ho inteso bene la sua risposta, che il Consiglio avrebbe reagito soltanto nel caso in cui la famiglia fosse rimasta inattiva. Si tratta di una risposta del tutto incomprensibile, per non dire intollerabile.

Delle due l’una: o ha il coraggio di dire, a nome del Consiglio, che lei si ritiene totalmente soddisfatto dell’inchiesta condotta dalle autorità americane, come è suo diritto – ma in questo caso abbia il coraggio di ammettere che l’indagine delle autorità americane, che conclude che non è successo nulla, soddisfa appieno il Consiglio –, oppure riconosce di non essere soddisfatto e procede a chiedere ulteriori spiegazioni. La passività, però, non rappresenta mai una risposta e non contribuisce ad avvicinare i cittadini ai loro governi e alle loro Istituzioni.

 
  
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  Cavada (ALDE).(FR) Signor Presidente in carica del Consiglio, innanzi tutto, mi conceda di manifestare pubblicamente la nostra soddisfazione per le iniziative intraprese dal Presidente del Parlamento europeo e da uno dei Vicepresidenti del Parlamento, l’onorevole Vidal-Quadras Roca, a favore della liberazione della giornalista francese Florence Aubenas, e del suo collega Hanoun Al-Saadi, tenuti in ostaggio esattamente da cento giorni.

Colgo l’occasione per ricordare che in Iraq vari giornalisti e altri professionisti della stampa sono stati vittime di sequestri, come avviene raramente in una guerra, e che si contano già alcune decine di sequestri. Forte della mia esperienza, da un lato, e della mia nuova funzione, dall’altro, esorto altresì il Consiglio a sottoporre una richiesta di indagine congiunta, prima che i cittadini scendano in piazza per richiederla, come è avvenuto in Italia per il caso Calipari. Sarebbe un’iniziativa morale e tecnicamente realizzabile.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Innanzi tutto, desidero ringraziare l’onorevole Cavada di aver ricordato che cento giorni fa sono stati presi in ostaggio la signora Aubenas e la persona che l’accompagnava. Ritengo di poter esprimere a nome del Consiglio, o quanto meno della Presidenza, tutta la nostra solidarietà verso la signora Aubenas, e verso tutti gli ostaggi prelevati in Iraq, poiché ve ne sono altri. C’è un altro gruppo di tre giornalisti romeni che sono stati presi in ostaggio. Colgo l’occasione per esprimere loro la nostra più sincera solidarietà e la nostra volontà di fare tutto il possibile perché siano liberati al più presto.

Comprendo anche, in certa misura, la delusione che è stata manifestata. Ma non posso fare di più. In effetti, poiché è stata avviata un’azione giudiziaria da parte delle famiglie, io non posso, in questa fase, espormi maggiormente assumendo una posizione politica in materia. Credetemi: noi continuiamo a seguire da vicino tutte queste questioni e tutti questi incidenti, alcuni dei quali particolarmente tragici.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 15 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0193/05):

Oggetto: Relazioni dell’Unione europea con la Comunità andina

Come contempla il Consiglio le future relazioni dell’Unione europea con la Comunità andina di nazioni e quali iniziative ritiene opportuno adottare affinché l’Unione europea possa contribuire al rafforzamento di tale Comunità?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Il Vertice di Guadalajara tra l’Unione europea e i paesi dell’America latina e dei Caraibi, tenutosi nel maggio 2004, ha fatto emergere chiaramente l’importanza che l’Unione europea attribuisce alla Comunità andina e ai suoi progressi verso l’integrazione. In quella occasione, i capi di Stato e di governo hanno accolto con soddisfazione la decisione di avviare il processo che condurrà a un accordo di associazione e a una zona di libero scambio. Questa prospettiva dovrà imprimere un nuovo slancio al rafforzamento del processo di integrazione regionale.

Nel frattempo è stata avviata la fase di valutazione congiunta preliminare, una valutazione di natura tecnica, e la riunione ministeriale congiunta prevista per fine maggio a Lussemburgo offrirà un’ulteriore occasione per approfondire questo aspetto essenziale per le nostre relazioni future. L’Unione europea si compiace della volontà ribadita dai rappresentanti politici dei paesi andini di proseguire su questa via, nonché di portare avanti il processo di ravvicinamento tra Mercosur e Comunità andina.

Per quanto riguarda la domanda sulla lotta contro la droga, l’Unione europea si rallegra delle riunioni ad alto livello con gli specialisti dei paesi andini sugli stupefacenti e i loro precursori. Il prossimo incontro avrà luogo a Lima nel corso di questo semestre. Entrambe le parti manterranno vivi i loro sforzi per combattere questo flagello tramite un approccio basato sulla cooperazione e la corresponsabilità.

A proposito della politica commerciale, l’Unione europea attribuisce un ruolo fondamentale ai paesi andini nel quadro dell’SPG+ proposto. Prefiggendosi l’obiettivo di intessere relazioni politiche sostenibili fondate sull’interesse e sulla partecipazione dei popoli, il Consiglio sottolinea, infine, l’importante contributo della riunione con i rappresentanti della società civile dei paesi andini, che ha avuto luogo il 3 marzo a Bruxelles.

 
  
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  Medina Ortega (PSE).(ES) Signor Presidente, ringrazio il Presidente in carica del Consiglio per le spiegazioni fornite. Avrei una breve domanda complementare da rivolgergli.

A proposito dell’evoluzione dei negoziati con questi paesi, poiché si parla anche della creazione di un sistema latinoamericano più esteso, e in particolare di un’unione tra Comunità andina e Mercosur, vorrei sapere se i negoziati con Mercosur e con la Comunità andina hanno qualche relazione tra di loro, se sono condotti parallelamente e se sono in qualche modo legati.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Se ho capito bene la sua domanda, onorevole Medina Ortega, si tratta di un processo tra paesi latinoamericani, ossia tra i paesi Mercosur e quelli della Comunità andina. Ritengo, effettivamente, che l’Unione europea si proponga di incoraggiare qualsiasi forma di integrazione regionale. Più tali integrazioni sono estese, meglio è. Penso che si tratti di un approccio che dobbiamo incoraggiare. Se questi paesi riescono a intensificare ulteriormente la loro cooperazione, o addirittura la loro integrazione, credo che sia un fattore da prendere in considerazione anche nel contesto delle loro relazioni con l’Unione europea.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 16 dell’onorevole Bill Newton Dunn (H-0195/05):

Oggetto: Attività dei servizi segreti

In risposta all’interrogazione H-0139/05 durante il tempo delle interrogazioni del 9 marzo 2005, il Consiglio ha confermato in Aula di essere a conoscenza del fatto che i servizi segreti degli Stati membri coordinano la propria attività nella lotta contro la criminalità organizzata, ma ha aggiunto di non disporre di informazioni dettagliate in proposito.

Ammesso che questa evidente contraddizione possa corrispondere a verità, dobbiamo immaginare che le informazioni in merito al coordinamento fra i servizi segreti giungano al Consiglio sotto forma di una semplice nota anonima che specifica che è in atto un coordinamento, ma precisa che non si intendono fornire dettagli in proposito? Accetta il Consiglio di non sapere nulla circa le attività svolte congiuntamente dai servizi segreti degli Stati membri? Chi sorveglia allora a livello ministeriale, ammesso che qualcuno lo faccia, le attività coordinate dei servizi segreti, che dobbiamo sperare siano svolte proficuamente per conto dei cittadini europei?

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Il Consiglio ha già avuto modo di dire all’onorevole parlamentare nel corso della tornata di marzo che il segretariato del Consiglio non è informato delle attività condotte dai servizi segreti degli Stati membri nel quadro della lotta contro la criminalità organizzata. Non vi è alcuna disposizione giuridica che obblighi gli Stati membri a fornire tali informazioni al Consiglio. Come il Consiglio ha già reso noto all’onorevole deputato nel corso del Tempo delle interrogazioni del mese di marzo, questo non significa che non esistano contatti tra i servizi segreti nazionali degli Stati membri in questo settore specifico.

 
  
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  Newton Dunn (ALDE).(EN) Come tutti i presenti in Aula – anzi, come tutti coloro che teoricamente dovrebbero essere presenti in questa Assemblea in questo momento –, lei rappresenta i cittadini. Il Parlamento non desidera informazioni sui segreti operativi, naturalmente, poiché ciò potrebbe essere deleterio. Vogliamo semplicemente sapere, a nome dei cittadini che noi e lei rappresentiamo, se c’è un politico eletto che sia responsabile del coordinamento delle attività che i servizi segreti svolgono congiuntamente. C’è qualcuno che vigila su ciò che fanno? Se lei dice che il Consiglio non se ne sta occupando, allora chi lo fa? Chi è eletto? Chi coordina e supervisiona queste operazioni? Sarebbe molto grave se lei ci dicesse che non c’è nessuno che lo fa.

 
  
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  Schmit, Presidente in carica del Consiglio.(FR) Ritengo che il controllo dei servizi segreti sia innanzi tutto di competenza degli Stati membri, che devono vigilare affinché le attività dei servizi interessati si svolgano nei limiti imposti dallo Stato di diritto e in conformità delle loro legislazioni.

 
  
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  Presidente. – Essendo scaduto il tempo assegnato al Tempo delle interrogazioni, le interrogazioni dal n. 17 al n. 41 riceveranno risposta per iscritto(1).

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.

(La seduta, sospesa alle 19, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS
Vicepresidente

 
  

(1) Cfr. Allegato “Tempo delle Interrogazioni”.

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