Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 14 aprile 2005 - Strasburgo Edizione GU

26. Aiuto umanitario ai profughi del Sahara occidentale
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su cinque proposte di risoluzione concernenti l’aiuto umanitario ai profughi del Sahara occidentale(1).

 
  
MPphoto
 
 

  Guardans Cambó (ALDE), autore. – (ES) Signor Presidente, mi ero preparato ad intervenire dopo altri oratori, non a parlare per primo. Ad ogni modo, è un fatto che la risoluzione comune sulla situazione dei rifugiati nel Sahara che ci apprestiamo ad approvare non ha bisogno di ulteriori spiegazioni e affronta un dramma di carattere strettamente umanitario.

Quando discuteremo della situazione dei diritti umani nel mondo, troveremo un paragrafo sulla situazione nel Sahara, e anche la situazione politica di quest’area merita ulteriori approfondimenti. Oggi, però, ci limitiamo a discutere degli aspetti puramente umanitari.

Stiamo parlando di 200 000 rifugiati che hanno vissuto per quasi trent’anni in campi profughi e la cui unica risorsa è l’aiuto umanitario internazionale. Ecco di cosa stiamo parlando. Peraltro, la loro condizione è ora in pericolo a causa di vari fattori, tra cui alcune difficoltà di natura prettamente burocratica che riguardano la Commissione europea.

Tutti questi fattori stanno per scatenare una vera e propria crisi umanitaria. Ed è di questo pericolo che si occupa la proposta di risoluzione ora al nostro esame, laddove chiede con urgenza alla Commissione di adottare una serie di misure atte a evitare una crisi umanitaria di proporzioni imprevedibili. La risoluzione propone inoltre alcuni provvedimenti specifici, quali una migliore cooperazione con le organizzazioni non governative sul campo e un maggiore sostegno alle istituzioni saharawi, che nei campi per i rifugiati collaborano alla gestione degli aiuti umanitari – i quali, voglio ribadirlo, costituiscono l’unica fonte di reddito per 200 000 persone.

E’ del tutto evidente che la risoluzione può affrontare e risolvere soltanto una parte della realtà, e che non possiamo far finta di non vedere il problema fondamentale. Davanti alla porta di casa dell’Unione europea c’è una situazione grave e problematica, e prima o poi dovremo esercitare ogni possibile pressione politica e diplomatica sulle diverse parti coinvolte nel conflitto al fine di risolverlo e di rendere quindi superflue, quanto prima possibile, altre discussioni come questa, ovvero su come dar da mangiare a 200 000 persone che, senza di noi, non avrebbero di che nutrirsi.

 
  
MPphoto
 
 

  Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore. – (ES) Signor Presidente, la risoluzione che abbiamo presentato e che oggi voteremo riguarda il continuo deteriorarsi della situazione umanitaria nei campi saharawi. Stiamo parlando di un impegno assunto dalla delegazione del Parlamento che ha visitato quei campi poche settimane fa, un impegno che ora adempiamo. Gli aiuti stanno scemando ed è quindi necessario intervenire con urgenza.

Non dobbiamo però dimenticare che la questione dell’aiuto umanitario, in realtà, nasconde il vero problema, un problema di natura politica. L’aiuto umanitario è necessario perché il popolo saharawi è costretto a vivere in campi profughi, lontano dalle sue case, e in tali circostanze non può condurre una vita normale. Dopo trent’anni in cui non si è riusciti a risolvere il conflitto, tra i profughi dei campi la pazienza si sta esaurendo. Alcuni vogliono addirittura un nuovo ricorso alle armi, qualora la situazione non si risolva entro breve tempo. Si tratta di un fatto molto preoccupante, che l’Unione europea non può permettersi di ignorare. Tuttavia, l’aspetto più preoccupante è che una soluzione c’è, esiste, e si chiama Piano Baker. Certo, non è un piano perfetto, però il popolo saharawi lo ha accettato e ha rinunciato significativamente ad alcune delle proprie posizioni. Ciò nonostante, l’altra parte del conflitto, il Marocco, si rifiuta di firmarlo.

L’Europa guarda alla Spagna, e il governo spagnolo deve quindi assumere un ruolo guida nella risoluzione del conflitto. Non dobbiamo dimenticare che il popolo saharawi oggi vive nei campi profughi a causa di un processo di decolonizzazione incompleto, il cui principale colpevole è proprio il governo spagnolo. Invito quindi il Presidente Rodríguez Zapatero a far sì che la Spagna assuma il ruolo svolto a suo tempo dal Portogallo nel caso di Timor.

Dopo trent’anni di indifferenza, silenzio e promesse mancate, è giunto il momento che il mondo in generale e l’Europa in particolare la smettano di voltare le spalle a questo problema e si decidano ad affrontarlo. E’ ora di dare ascolto alla giusta e comprensibile richiesta del popolo saharawi di indire un referendum sull’autodeterminazione del Sahara occidentale, in conformità del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite.

Vorrei infine esprimere la mia solidarietà al giornalista marocchino Alí Lmrabet, ingiustamente condannato per diffamazione per aver affermato che le persone che vivono nei campi saharawi non sono prigionieri bensì rifugiati.

 
  
MPphoto
 
 

  Portas (GUE/NGL), autore. – (PT) Signor Presidente, penso che lei conosca l’episodio della Bibbia in cui si narra di un popolo costretto a vagare per il deserto per quarant’anni. Si tratta di un’avventura dal sapore mitico, e in effetti è la nostra avventura. La vicenda del popolo saharawi non ha, invece, nulla di mitico: è una vicenda reale che si sta verificando nella storia contemporanea. Il popolo saharawi aspetta da trent’anni in quello che è il deserto dei deserti: il Sahara. Non è in attesa della terra promessa, vuole semplicemente riacquistare la sovranità sulla propria terra.

Signor Presidente, quando facevo il giornalista ho visitato molti campi profughi. In Etiopia ho scoperto che esiste un quarto mondo, un luogo in cui la gente cammina, cammina e cammina perché camminare è un modo per sopravvivere; però non ho mai visto nulla di simile ai campi di Tindouf. Sperduti in mezzo alla sabbia, sono privi di elettricità, ma grazie alla solidarietà vi sono arrivati i pannelli solari. Lì, lontano da tutto, non c’è neppure un goccio d’acqua, però dell’acqua arrivata grazie agli aiuti, come pure della farina, dello zucchero e dell’olio d’oliva, hanno beneficiato equamente tutti i rifugiati. I saharawi dipendono dagli aiuti, ma non sono mendicanti.

Il Parlamento ha quindi la responsabilità di agire con urgenza per ripristinare l’aiuto umanitario in tutti i suoi aspetti, e questa emergenza è una responsabilità. L’aiuto reale e concreto è l’unico tipo di intervento capace di porre fine all’aiuto. L’Europa deve impegnarsi a indire un referendum sull’autodeterminazione, e tale impegno deve esprimersi non solo a parole bensì anche nei fatti perché, se i saharawi hanno tempo, noi abbiamo l’orologio.

 
  
MPphoto
 
 

  Scheele (PSE), autore. – (DE) Signor Presidente, se oggi discutiamo nuovamente dell’aiuto umanitario per i rifugiati saharawi, è perché la loro patria, il Sahara occidentale, non è stata decolonizzata così come previsto dalle Nazioni Unite già nel 1965, bensì è occupata da quasi trent’anni dal confinante Marocco. All’inizio di marzo alcuni colleghi ed io abbiamo visitato i campi profughi, dove le condizioni sono molto difficili e dove abbiamo potuto informarci non solo della situazione politica ma anche di quella umanitaria.

Sappiamo che entro la fine del mese prossimo le principali riserve alimentari dei rifugiati si esauriranno; invitiamo pertanto ECHO e la Commissione europea ad adottare misure di emergenza, nonché a fornire le quantità di aiuti che sono state fissate nel 2002. Credo che il cambiamento apportato alla politica di ECHO, che ora si occupa di incanalare gli aiuti attraverso il Programma alimentare mondiale, abbia comportato problemi, dato che adesso vengono forniti complessivamente meno aiuti a un numero crescente di rifugiati saharawi, e gli aiuti sono meno differenziati. Il Parlamento europeo deve svolgere il suo ruolo e garantire che i rifugiati saharawi possano godere non solo del loro diritto di ricevere aiuti umanitari bensì anche del diritto di ottenere l’autodeterminazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Pomés Ruiz (PPE-DE), autore. – (ES) Signor Presidente, la risoluzione di cui stiamo discutendo è il risultato degli impegni assunti da alcuni deputati al Parlamento europeo, tra cui gli onorevoli Portas, Romeva e Scheele, nei campi profughi di Tindouf, dove siamo stati quattro giorni e abbiamo sperimentato di persona quanto sia dura la vita in mezzo al deserto. Durante quei giorni abbiamo potuto vedere con i nostri occhi le sofferenze del popolo saharawi, per i cui problemi non è stata trovata alcuna soluzione politica, né pacifica né imposta dall’esterno.

Come i rifugiati, anche noi abbiamo vissuto senza acqua e senza elettricità. Oltre a condizioni di vita già dure e difficili di per sé – perché questi 150 000 esseri umani che vivono a Tindouf in mezzo al deserto non hanno alcuna comodità – i profughi dovranno ora affrontare anche il problema della riduzione dei nostri aiuti umanitari.

Nella risoluzione che abbiamo presentato si parla esclusivamente di aiuto umanitario, perché abbiamo potuto accertarci di persona dei problemi umanitari che il popolo saharawi deve affrontare a causa della mancanza di assistenza. Gli aiuti che riceveva sono stati ridotti. Non so se qualche Stato membro dell’Unione europea in particolare sia responsabile della riduzione; la posizione della Francia riguardo al conflitto è molto chiara… Ma non voglio parlare di questo aspetto, perché nella nostra risoluzione si dice che è importante che l’Unione europea continui a fornire l’aiuto che dava in passato a questi 150 000 saharawi ancora alla ricerca di una soluzione.

I problemi politici sono una cosa, e sarà nostro dovere cercare soluzioni e presentare altre risoluzioni anche al riguardo. Non possiamo, tuttavia, ignorare il fatto che a pochi chilometri dall’Unione europea ci sono 150 000 saharawi che soffrono perché la nostra generosità non è sufficiente e perché, sospendendo le forniture di farina o riducendo le quote alimentari che inviamo loro, contribuiamo al deterioramento delle condizioni di vita nei campi profughi, che sono già abbastanza difficili di per sé.

L’Unione europea ha una responsabilità anche in qualità di principale donatore di aiuti nell’ambito delle Nazioni Unite. Dovremo far sentire la nostra voce anche in tale sede.

 
  
MPphoto
 
 

  Varvitsiotis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Presidente, sono passati all’incirca trent’anni da quando migliaia di nomadi del Sahara occidentale sono fuggiti in zone remote della confinante Algeria per sfuggire agli scontri scoppiati tra i guerriglieri del Sahara occidentale e il Marocco a seguito del ritiro della Spagna dalla sua ex colonia. Oggi gli esuli, il cui numero è stimato tra 160 000 e 200 000 persone, vivono nel deserto algerino e dipendono interamente dalle donazioni della comunità internazionale e dall’aiuto umanitario che ricevono attraverso il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. I rifugiati, che vivono in campi vecchi e isolati, in condizioni molto difficili, cercando di resistere al durissimo clima del deserto, sono ora minacciati anche da un’acuta mancanza di aiuti alimentari umanitari e da finanziamenti inadeguati.

Per questi motivi chiediamo che siano inviati immediatamente aiuti di emergenza, al fine di garantire una soddisfacente distribuzione di generi alimentari, e le necessarie squadre di distribuzione dei generi alimentari, senza dimenticare che occorre fornire anche ripari adeguati e istruzione. Invitiamo quindi la Commissione a mantenere gli aiuti quanto meno agli stessi livelli di ECHO e a coordinare i donatori e le organizzazioni non governative europee che hanno già acquisito molta esperienza sul campo per quanto riguarda l’assistenza a rifugiati.

La comunità internazionale non ha il diritto di restare indifferente. La sua risposta deve essere commisurata alle sue responsabilità. Sono ormai ben chiari sia la portata globale delle cause e delle dimensioni del problema, sia i modi di affrontare i suoi numerosi aspetti. Con la risoluzione comune vogliamo rafforzare, da parte nostra, questa convinzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Gomes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Nel mese di marzo, insieme con altri deputati al Parlamento europeo, ho trascorso tre giorni nei campi profughi e ho potuto vedere le terribili condizioni in cui vivono quelle persone. Noi siamo tornati a casa, loro sono rimaste lì. Tutto ciò ha confermato in me la convinzione che è estremamente importante che l’Unione europea si dia da fare per sollevarci dall’obbligo di continuare ancora per molti anni a soddisfare i bisogni più elementari del popolo saharawi. Questo popolo sa – e ha dato prova di sapere – come darsi da fare, come organizzarsi e come sopravvivere nelle condizioni più inospitali, se solo potesse tornare in patria e riottenere il controllo della sua terra, che ora è illegalmente occupata dal Marocco.

L’Unione europea non deve accontentarsi di acquietare, con il pretesto degli aiuti umanitari, la coscienza della comunità internazionale e di quelli tra i suoi Stati membri che hanno responsabilità particolari nel processo di decolonizzazione del Sahara, un processo che è stato bloccato da ostacoli. L’Unione europea deve passare all’azione e rilanciare la ricerca di una soluzione politica di questo processo, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il Marocco ha interrotto il processo di decolonizzazione del Sahara ponendo ripetutamente il veto sulle proposte più aggiornate avanzate da James Baker, il quale per tale motivo alla fine si è dimesso dal proprio incarico.

Gli Stati membri, specialmente quelli che fanno parte del Consiglio di sicurezza, non possono continuare a ignorare il nocciolo del problema. Questo conflitto riguarda l’Europa molto da vicino, non solo per ragioni di responsabilità storica, ma anche perché sono in gioco interessi europei.

Il Sahara occidentale potrebbe rifornire l’Europa con le sue abbondanti risorse naturali: petrolio, fosfati, pesci e altri prodotti potrebbero essere sfruttati legittimamente e in modo sostenibile, cosa che invece non è possibile a causa dell’illegale occupazione della zona. Inoltre, è in gioco anche la sicurezza dell’Europa.

Il Sahara occidentale si trova davanti alla nostra porta di casa; è quindi nostro dovere immediato renderci conto dei problemi sottostanti, che alimentano il terrorismo internazionale. Quanta rabbia verrà trasmessa, nei campi profughi di Tindouf, alle nuove generazioni di saharawi, che partecipano alla resistenza nel Sahara occupato, se non saranno sottratte alle grinfie di gruppi fondamentalisti radicali, se l’Unione europea, gli Stati Uniti, il mondo arabo e il resto della comunità internazionale negheranno loro un’opportunità di risolvere il conflitto in atto, condannandole così alla disperazione impotente di fronte all’ingiustizia, alla violenza, all’indigenza? Concludo dicendo che l’Unione europea deve anche far capire a Rabat che è nell’interesse del Marocco stesso porre fine all’illegale occupazione del Sahara occidentale.

 
  
MPphoto
 
 

  Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Noi riteniamo che questa risoluzione sia molto importante, pure se inadeguata, vista la difficile situazione umanitaria in cui si trova il popolo saharawi che vive nei campi profughi.

Dobbiamo manifestare immediatamente e concretamente la nostra solidarietà con quel popolo fornendogli aiuti alimentari, assistenza sanitaria e istruzione. Dobbiamo inoltre garantire che tali aiuti continuino anche in futuro.

La solidarietà e un intervento concreto, immediato ed efficace sono necessari altresì per mettere fine all’inaccettabile occupazione del Sahara occidentale, per permettere al popolo saharawi di esercitare il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza, nonché per assicurare il rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite.

 
  
MPphoto
 
 

  Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, è veramente necessario che il Parlamento e l’Unione si impegnino molto più di quanto finora avvenuto in difesa del diritto all’autodeterminazione dei popoli, soprattutto in casi tanto eclatanti come quello del popolo saharawi.

Anche se la questione si trascina dal periodo della decolonizzazione spagnola, poco ci si occupa del Sahara Occidentale: non riguarda grandi interessi e non coinvolge grandi numeri, non interessa più di tanto i banchieri e non stimola particolari appetiti geopolitici; forse anche perché il popolo saharawi non ha portato la propria lotta per l’autodeterminazione fuori del deserto, non ha fatto ricorso a degradanti azioni terroristiche, non si è prestato agli interessi di potenti alleati un tempo contrapposti.

Pertanto l’Europa deve impegnarsi a favore dell’immediato aiuto umanitario per il Saharawi, ma soprattutto attivare mezzi sanzionatori nei confronti del Regno del Marocco, affinché rispetti i diritti all’autodeterminazione di questo gentile e fiero popolo.

 
  
MPphoto
 
 

  García Pérez (PSE).(ES) Signor Presidente, l’oblio è il peggior nemico di molte ingiustizie che ci sono nel mondo. Oggi, quindi, è più necessario che mai richiamare l’attenzione su una di queste ingiustizie: la situazione del popolo saharawi. Dopo trent’anni, questi uomini e queste donne sopravvivono in condizioni del tutto disumane, senza che i loro bisogni più elementari siano soddisfatti, e conducono un’esistenza estremamente difficile. Ciò nonostante, il popolo saharawi rappresenta un ottimo esempio di organizzazione e di lavoro, di unità e grande dignità. In particolare, dovremmo ricordare il coraggio delle donne saharawi, che sono riuscite a creare dal nulla una società ben strutturata.

L’Europa deve oggi adempiere un obbligo di carattere morale e politico. Stiamo parlando di una situazione di estrema emergenza, che necessita di una risposta immediata. Il popolo saharawi vorrebbe vivere delle proprie risorse e del proprio lavoro, ma purtroppo è costretto a dipendere dalla nostra solidarietà. Il popolo saharawi ha dimostrato di essere capace di organizzare e gestire risorse. Pertanto, ciò che chiediamo oggi in quest’Aula è di aumentare l’aiuto europeo e di avere fiducia nella capacità delle strutture saharawi di gestirlo.

Non possiamo dimenticare che la causa di questo problema umanitario risiede in un conflitto politico che va affrontato. Dobbiamo essere in grado di risolvere l’aspetto politico della questione, e il referendum sull’autodeterminazione del popolo saharawi deve diventare una realtà. Dobbiamo essere capaci di trovare una soluzione equa e definitiva.

Pace e libertà al popolo saharawi.

 
  
MPphoto
 
 

  Borg, Membro della Commissione. – (EN) Vi ringrazio per la vostra iniziativa, che mi offre l’opportunità di esprimere la posizione della Commissione sul conflitto nel Sahara occidentale.

Vorrei in primo luogo sottolineare che la Commissione auspica una conclusione quanto più rapida possibile di tale conflitto e ritiene che la sua risoluzione sia di fondamentale importanza per la stabilità, l’integrazione regionale e lo sviluppo nel Maghreb e nel bacino del Mediterraneo.

Dal punto di vista umanitario, non si può non essere preoccupati per le drammatiche condizioni in cui vivono migliaia di rifugiati saharawi, per i 408 prigionieri di guerra marocchini tuttora detenuti nelle carceri del fronte Polisario, per le difficoltà in cui versano le famiglie divise tra i campi profughi e il Sahara occidentale, nonché per la sorte riservata alle persone scomparse su entrambi i fronti. Tutte queste situazioni ci fanno ben comprendere la necessità di porre fine al conflitto, in atto ormai da quasi trent’anni.

Come sapete, gli aiuti umanitari forniti dalla Commissione sono conformi ai principi di neutralità, imparzialità e indipendenza e si basano su bisogni reali. L’Ufficio per gli aiuti umanitari della Commissione europea, ECHO, opera altresì in linea con i criteri di non discriminazione e di non subordinazione delle sue attività a obiettivi politici. Ciò significa che chiunque soffra a causa di una crisi umanitaria ha il diritto di ricevere aiuto, a prescindere dalla parte del conflitto per la quale si è schierato.

Nel pieno rispetto di questi principi e criteri, dal 1993 a oggi la Commissione ha fornito ai rifugiati saharawi aiuti umanitari per un ammontare pari a 108 milioni di euro. Grazie a tale impegno costante, la Commissione è diventata il principale donatore di aiuti umanitari ai rifugiati saharawi.

La Commissione non ha mai interrotto gli aiuti; ha però modificato la tempistica e gli importi dei suoi interventi adeguando le sue più recenti decisioni in materia di finanziamento alla situazione in loco. Desidero rilevare che, grazie al ruolo fondamentale degli “stock di riserva”, creati e finanziati dalla Commissione nel 2000, abbiamo potuto evitare interruzioni nella fornitura degli aiuti.

Di recente la situazione umanitaria nei campi profughi, pur restando preoccupante, non è peggiorata. Tuttavia, il rischio di un peggioramento ci sarà, se e quando il flusso di aiuti alimentari verrà sospeso, come annunciato dal Programma alimentare mondiale, e se non si ovvierà in tempo e in misura sufficiente a un’eventuale sospensione. E’ intenzione di ECHO proporre che il mese prossimo sia presa una decisione in merito al finanziamento degli aiuti, per poter affrontare una situazione del genere. L’ammontare dei finanziamenti per il 2005 dipenderà sia dalle esigenze dei rifugiati saharawi sia dalle condizioni di attuazione dei progetti finanziati da ECHO.

Mi preme ribadire che la Commissione ha una doppia responsabilità: deve non solo soddisfare le necessità di carattere umanitario dei rifugiati in maniera tempestiva e specifica, ma anche tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea. Con l’attività che svolge nei campi dei rifugiati saharawi, la Commissione intende far fronte in modo efficace a tale duplice responsabilità. Per questo motivo la Commissione attribuisce grande importanza alla corretta individuazione dei beneficiari e alla totale trasparenza dei suoi interventi.

Nell’ottica di un’adeguata valutazione delle esigenze umanitarie dei rifugiati saharawi, la Commissione porta avanti colloqui con le principali agenzie e organizzazioni, in particolare con le autorità algerine e saharawi, l’Alto commissario per i profughi, il Programma alimentare mondiale e le organizzazioni non governative, le quali hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo importante a fianco di ECHO coadiuvandolo nello svolgimento delle sue attività nei campi saharawi.

Al di là della loro dimensione meramente umanitaria, credo che gli aiuti della comunità internazionale ai rifugiati saharawi contribuiscano a creare e mantenere condizioni favorevoli all’individuazione di una soluzione pacifica al conflitto. Più in generale, vorrei affermare, e chiedo sia messo a verbale, che la posizione della Commissione e dell’Unione europea sugli aspetti politici di questo conflitto è sempre stata improntata all’imparzialità. L’Unione continua a sostenere appieno gli sforzi delle Nazioni Unite per la ricerca di una soluzione equa e duratura, in linea con le norme del diritto internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà nel pomeriggio, al termine delle discussioni.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

Note legali - Informativa sulla privacy