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Discussioni
Mercoledì 11 maggio 2005 - Strasburgo Edizione GU

4. Situazione nel Kirghizistan e in Asia centrale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione nel Kirghizistan e in Asia centrale.

 
  
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  Nicolas Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, sono particolarmente lieto dell’opportunità datami di intervenire a nome del Consiglio su temi importanti inerenti a una regione fondamentale come l’Asia centrale. Per l’Unione europea, questa regione è cruciale da numerosi punti di vista: geopolitico, geostrategico e anche economico.

Malgrado alcuni recenti sviluppi, la situazione in Kirghizistan rimane critica. La nuova dinamica politica è strutturata in base ad alleanze personali e regionali, mentre i partiti politici rivestono un ruolo puramente nominale. Le elezioni presidenziali sono previste per il 10 luglio, con la possibilità di un secondo turno il 24 luglio. I rischi legati alla sicurezza e all’incerta situazione economica potrebbero complicare la campagna presidenziale, che, in effetti, si sta trasformando sempre più in una gara tra i due principali candidati sulla scena politica del paese, Kulov e Akayev.

Per questo motivo, la stabilità del paese dipende in gran parte da un possibile riavvicinamento dei due leader politici, i quali potrebbero trovare un compromesso che preveda l’impegno a rispettare il risultato delle elezioni, cosa che dovrebbe essere normale in una democrazia, a condizione che il candidato perdente possa assumere la carica di Primo Ministro. Tuttavia, i contatti informali tra le due fazioni non hanno, sinora, portato a risultati tangibili. A tale proposito, durante la campagna presidenziale il messaggio della comunità internazionale, di cui fanno parte l’OSCE e l’Unione europea, deve vertere principalmente sull’importanza di garantire elezioni libere e imparziali.

Tuttavia, lo svolgimento di elezioni democratiche non garantirà automaticamente la piena riuscita del processo di democratizzazione. Molte questioni politiche rimarranno all’ordine del giorno, segnatamente la riforma costituzionale, le previste elezioni parlamentari, l’indipendenza dei media e lo sviluppo di un sistema politico basato sullo sviluppo naturale dei partiti politici.

Il tema della riforma costituzionale è già stato affrontato nel dibattito elettorale. Il parlamento ha istituito un consiglio costituzionale che deve stabilire i principi della riforma costituzionale da attuare dopo il risultato elettorale. Malgrado ciò, diversi attori politici assumono posizioni totalmente opposte in materia. La congiuntura economica non registra miglioramenti significativi e l’ordine pubblico rimane precario. La confisca dei terreni attorno a Bishkek aumenta il rischio di disordini. Le questioni etniche sono al centro del dibattito politico. In generale, la situazione delle minoranze etniche desta ancora preoccupazioni.

Tutti i principali attori internazionali, Russia compresa, sono favorevoli al mantenimento della stabilità e della sicurezza interna in Kirghizistan. I nuovi leader del paese sono riusciti a mantenere buone relazioni con tutti i paesi limitrofi, in modo particolare con il Kazakistan e l’Uzbekistan. Presto sarà ultimato il lavoro dell’OSCE per il Kirghizistan, che il governo kirghizo dovrà approvare nei prossimi giorni. La Commissione europea ha di recente annunciato l’intenzione di stanziare 25 milioni di euro a favore del Kirghizistan nel 2005.

Come sapete, la situazione generale in Asia centrale rimane preoccupante. Alcuni fattori creano un’atmosfera di incertezza nei paesi di quella regione. Innanzi tutto, le principali minacce alla stabilità regionale dell’Asia centrale sono legate alla mancanza di riforme economiche, alla persistenza di regimi autoritari e alla diffusa presenza di fenomeni di corruzione, di criminalità organizzata e di traffico di stupefacenti. Ieri abbiamo parlato del problema della droga in Afghanistan: ebbene, questi paesi si trovano proprio sulla rotta del narcotraffico.

I diritti politici delle popolazioni sono intaccati nella maggioranza di questi paesi. La cooperazione regionale non ha raggiunto un livello adeguato per la mancanza di fiducia e di volontà politica negli Stati della regione. La povertà e la mancata crescita dei paesi dell’Asia centrale hanno inasprito le tensioni socioeconomiche. La prossimità geopolitica dell’Afghanistan e alcuni fattori interni hanno permesso la diffusione dell’estremismo islamico e, come ho appena affermato, hanno incrementato il narcotraffico. Potenziali conflitti vicino agli Stati della regione, e tra loro stessi, potrebbero essere scatenati dalla mescolanza delle minoranze etniche sul territorio di quei paesi.

Occorre affrontare diverse questioni specifiche legate alla situazione in alcuni paesi della regione, e le passerò rapidamente in rassegna. In Kazakistan, le elezioni parlamentari svoltesi nel settembre 2004 non hanno rispettato i criteri internazionali normalmente riconosciuti. L’opposizione, nonostante il crescente appoggio della popolazione, ha ottenuto soltanto un seggio. L’attuale Presidente è propenso a indire le elezioni presidenziali prima della fine del proprio mandato nel gennaio 2006. L’ingerenza del governo nel processo legislativo, nell’opposizione, nei media, nella società civile e nei sistemi finanziari è preoccupante. La situazione dei diritti umani è in continuo degrado.

In Uzbekistan, l’opposizione ufficiale non ha potuto partecipare alle elezioni parlamentari del 26 dicembre 2004. Il programma di riforma del paese non ha fatto alcun passo avanti e la povertà dilaga. C’è il rischio concreto che il fondamentalismo islamico aumenti sempre più in seno alla popolazione.

In Turkmenistan, la mancanza di libertà di espressione e di dibattito democratico, l’impossibilità di mantenere un’opposizione efficace al governo e l’inesistenza di programmi di riforma strutturale rappresentano i principali motivi di preoccupazione.

Infine, la situazione in Tagikistan è caratterizzata da due problemi principali: le dispute endemiche tra province e una crisi economica prolungata.

Nonostante i problemi e le difficoltà della regione che ho appena elencato, l’Unione europea ritiene che i rapporti con essa siano di vitale importanza ed è pronta a sostenere la transizione di questi paesi a economie di mercato efficaci e a democrazie funzionanti.

Il Direttore generale aggiunto per le relazioni esterne della Commissione europea si è recato di recente in visita in quattro repubbliche dell’Asia centrale. Il 12 maggio, ad Ashgabat, si riunirà il comitato congiunto UE-Turkmenistan. A lato si svolgerà una riunione ad hoc al fine di promuovere il dialogo sulla questione dei diritti umani. Alla fine del mese, una troika dell’Unione europea incontrerà i rappresentanti dei cinque paesi della regione a Tashkent. A Bruxelles si terranno, rispettivamente, il consiglio di cooperazione UE-Kirghizistan in giugno e i consigli di cooperazione UE-Kazakistan e UE-Kirghizistan in luglio.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. OUZKÝ
Vicepresidente

 
  
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  Albert Jan Maat (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, prima che il Commissario prenda la parola penso si debba fare maggiore chiarezza, perché ho sentito due date per le elezioni presidenziali in Kirghizistan, vale a dire il 10 e il 18 giugno. In base alle mie informazioni, non sono le date aggiornate. A quanto mi risulta, le elezioni presidenziali si terranno il 10 luglio. Prima di dare il via al dibattito parlamentare, credo sarebbe utile che il Consiglio o la Commissione…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – (EN) Onorevole Maat, questa non è una mozione d’ordine.

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Signor Presidente, è per me un onore essere presente a questa seduta plenaria per discutere con voi della situazione in una regione di grande importanza strategica, l’Asia centrale, e in particolare della situazione nella Repubblica del Kirghizistan.

Dopo l’estromissione del Presidente Akayev, a seguito delle proteste di massa del 24 marzo provocate dalla violazione dei criteri internazionali e dell’OSCE durante le elezioni parlamentari di febbraio e marzo, l’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera e di sicurezza comune Solana, e il Commissario per le relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner, che sfortunatamente non può partecipare a questo dibattito, hanno esortato la Repubblica del Kirghizistan a cercare la via della riconciliazione nazionale basata sulla costruzione di un dialogo e di un consenso che consentano di sviluppare il processo di riforma politica.

La Repubblica del Kirghizistan ha un’opportunità unica di stabilire un’autentica democrazia pluripartitica nell’Asia centrale e di eliminare la corruzione che tanto ha contribuito alla recente crisi. Questa opportunità è nelle mani dei leader politici del paese, chiamati a dimostrare un forte impegno nel favorire un concreto sviluppo delle riforme politiche. Il miglior modo per farlo è attuare misure che garantiscano la creazione di una democrazia multipartitica, il rispetto dei diritti umani e l’esistenza dello Stato di diritto, in conformità degli impegni internazionali assunti dal Kirghizistan.

Vorrei sottolineare che la liberalizzazione politica e la preparazione e lo svolgimento di elezioni libere, eque e trasparenti devono caratterizzare il prossimo voto presidenziale, che, in base alle nostre informazioni, si terrà il 10 luglio. Queste elezioni saranno attentamente monitorate dall’Unione e dall’intera comunità internazionale. Le credenziali democratiche della Repubblica del Kirghizistan miglioreranno se il governo ad interim applicherà le raccomandazioni contenute nella relazione finale della missione dell’Ufficio delle istituzioni democratiche e dei diritti dell’uomo dell’OSCE, pubblicata nel mese di marzo di quest’anno.

Nel quadro dell’OSCE l’Unione sta preparando, attraverso il proprio meccanismo di reazione rapida, una serie di misure di assistenza per le elezioni e le riforme legislative in ambito elettorale.

L’Unione sta esortando il Kirghizistan a creare un clima in cui i giornalisti e i mezzi di comunicazione del paese possano esercitare pienamente i propri diritti e le proprie libertà, in conformità degli impegni internazionali. Credo che, in questo senso, l’OSCE sia in grado di fornire assistenza alle autorità.

E’ importante lottare in maniera più efficace contro la corruzione in tutti i paesi dell’Asia centrale, dal momento che questo fenomeno è stato individuato come una delle principali cause degli avvenimenti in Kirghizistan.

Ora desidero parlarvi della cooperazione tra l’Unione e tutti i paesi dell’Asia centrale. Alla fine dello scorso anno, l’Unione ha lanciato un’iniziativa tesa a migliorare il dialogo politico con la regione. A tal fine, la troika dei direttori regionali dell’Unione si è incontrata, lo scorso dicembre a Bishkek, con le controparti dell’Asia centrale.

Questo dialogo politico tra Unione europea e Asia centrale può indubbiamente aiutare a cambiare i rapporti futuri tra le due regioni, a condizione che si sviluppi in maniera costruttiva. La Commissione considera positivo l’interesse dimostrato nei confronti di questo processo dai cinque paesi dell’Asia centrale.

Il successo del dialogo dipende dal grado di coinvolgimento di entrambe le parti. In questo senso, l’Unione sarà sempre a favore della liberalizzazione economica e, naturalmente, della democratizzazione politica nell’Asia centrale. Il dialogo potrebbe concentrarsi su preoccupazioni comuni alle due regioni: la lotta al terrorismo, il traffico di sostanze stupefacenti e di esseri umani, il riciclaggio di denaro sporco, l’immigrazione clandestina, l’energia, i trasporti e la crescente cooperazione economica.

Il dialogo politico tra Unione europea e Asia centrale faciliterebbe l’integrazione regionale nella zona e darebbe un orientamento politico alla cooperazione tra le due regioni.

L’Unione sta studiando come muoversi. La riunione tra la troika dell’Unione e i ministri degli Esteri dell’Asia centrale, che si svolgerà a Tashkent alla fine di giugno, sarà una buona occasione per continuare a discutere il processo di dialogo.

L’Unione sta esortando i cinque paesi dell’Asia centrale a perseverare nel processo di liberalizzazione politica. L’unico modo in cui un paese può svilupparsi a vantaggio dei propri cittadini, onde garantire stabilità e sicurezza e promuovere considerevolmente l’integrazione regionale, è fare in modo che lo sviluppo economico vada di pari passo con la liberalizzazione politica, lo Stato di diritto e lo sviluppo di una società civile attiva, uno dei cui elementi essenziali è la libertà di stampa. Sono convinto che questo sia il modo migliore per consolidare il legame tra Asia Centrale e Unione europea.

La Commissione si aspetta un miglioramento della cooperazione tra l’Unione europea e i paesi della regione del mar Caspio, come convenuto alla Conferenza ministeriale sull’energia e i trasporti svoltasi a Baku nel novembre dello scorso anno. Dal punto di vista politico, l’energia è diventata una questione di sicurezza. E’ nell’interesse di entrambe le regioni collaborare per garantire un’integrazione più profonda ed efficace dei nostri sistemi e mercati nel settore dell’energia.

L’intensificazione della cooperazione tra l’Unione e l’Asia centrale dipende da aspetti politici ed economici e, in questo contesto, l’Unione ribadisce la sua volontà di continuare a prestare assistenza a quell’importante regione.

 
  
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  Elmar Brok, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, spesso questa regione viene trascurata perché in passato viveva all’ombra dell’Unione Sovietica, è non si è quindi sviluppata in maniera indipendente. Oggi, tuttavia, è di enorme importanza strategica grazie alle riserve di gas e di petrolio, alla rilevanza che assume per l’approvvigionamento energetico e così via. Questa importanza strategica, inoltre, deriva dal crescente interesse della Cina per la regione, dalla diffusione del fondamentalismo islamico e dal coinvolgimento di alcuni di questi paesi nel traffico di stupefacenti.

Dobbiamo affrontare il fatto che il venir meno della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani rende sempre più difficile cooperare con la regione, onorare gli accordi di partenariato e cooperazione esistenti e concludere o ratificare nuovi accordi. Dobbiamo anche renderci conto che simili regimi si stanno trasformando in isole di instabilità, e non di stabilità, come abbiamo potuto vedere dalle elezioni in Kirghizistan e dai precedenti avvenimenti in Ucraina.

Più sarà instabile la situazione in una regione di così grande importanza geografica, maggiore sarà l’impatto sui nostri interessi. Per tale motivo invito l’Assemblea a pensare molto più a una strategia comune piuttosto che a concentrarsi sulle singole questioni, e sottolineo la rilevanza di offrire un sostegno autentico al processo democratico di questi paesi.

Le mie prossime osservazioni sono rivolte al Consiglio e alla Commissione. A mio parere, è nell’interesse di tutti noi raggiungere un accordo con gli Stati Uniti, che non considerano più il paese come un mero campo base a breve termine per l’Afghanistan, e con la Russia, il cui atteggiamento verso simili sviluppi è spesso influenzato da antiche credenze. E’ nell’interesse di tutti e tre i partner portare stabilità alla regione, ma saremo in grado di farlo solo lavorando insieme per affermare la democrazia e lo Stato di diritto. Questa dovrebbe essere la nuova priorità.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, penso che tutti concorderemo senza esitazioni nel ritenere che, alla luce degli avvenimenti in Kirghizistan, siamo costretti ad affrontare la situazione tenendo conto dell’intera regione, e a tenere un dibattito sulle misure da adottare in Asia centrale, sugli interessi dell’UE e su ciò che possiamo fare per migliorare la situazione e stabilizzare la regione. Gli sviluppi in Kirghizistan sono, di per sé, memorabili: c’è una straordinaria somiglianza con quanto abbiamo visto in Ucraina. Allo stesso tempo dobbiamo ricordarci che quanto è successo in Kirghizistan non è stato, ovviamente, una rivoluzione arancione, e dobbiamo aspettare per vedere quali saranno gli sviluppi nel paese, soprattutto dopo il previsto svolgimento di elezioni libere ed eque. Parlando di elezioni, l’Unione europea e l’OSCE devono svolgere un ruolo centrale nel monitoraggio delle stesse, dando quindi al popolo kirghizo la certezza di avere avuto elezioni democratiche e garantendo la presenza di un governo legittimo e capace di contribuire allo sviluppo nazionale.

Se così sarà, l’Unione europea dovrà anche pensare al modo in cui aiutare il Kirghizistan nelle nuove condizioni, perché ciò avrà un effetto positivo sugli altri paesi della regione. Senza fare una lunga analisi della situazione in cui versano l’Uzbekistan e gli altri paesi dell’Asia centrale, desidero ricordare che i paesi confinanti con il Kirghizistan sono caratterizzati da grandi problemi che dovrebbero preoccupare l’Unione europea. E’ proprio questo l’interrogativo che poniamo alla Commissione: abbiamo una strategia per la Russia e abbiamo la nuova politica di vicinato per molti paesi, ma cosa ne è dell’Asia centrale? Quali iniziative, in parte finalizzate a sostenere gli sviluppi in Kirghizistan, possiamo aspettarci nei prossimi anni? A nostro avviso, non si tratta solamente di difendere l’approvvigionamento energetico, ma anche di consolidare i legami con quei paesi e, in una certa misura, di europeizzare l’Asia centrale, vale a dire diffondere e ancorare quei valori che l’Unione europea, il Consiglio d’Europa e l’OSCE condividono. Speriamo che la Commissione e il Consiglio presentino ulteriori iniziative in questo senso.

 
  
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  Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Sono a capo della delegazione per le repubbliche dell’Asia centrale e la Mongolia, e a breve ci recheremo in quella regione, l’Asia centrale, più precisamente in Kirghizistan. La maggioranza dei deputati al Parlamento crede alla notizia, diffusa in tutto il mondo, di una rivoluzione dei tulipani in Kirghizia. Vorrei esprimere la mia opinione al riguardo, forse da una prospettiva leggermente diversa. Credo che in quel paese ci sia stato effettivamente un movimento, un movimento di persone; chiamarlo una rivoluzione, alla pari di quanto è successo in Ucraina e in Georgia, sarebbe a mio avviso avventato, e inviterei l’Assemblea a stare più attenta quando usa simili termini. Perché lo dico? Perché il ruolo delle persone non è abbastanza chiaro. Cosa vuole la nazione e cosa vogliono i suoi leader? Qui sta la differenza.

Ad ogni modo, tale regione riveste particolare importanza per il Parlamento europeo e per l’Unione europea per un duplice motivo. Innanzi tutto alcuni paesi dell’Asia centrale, soprattutto il Kazakistan, sono tra i maggiori partner commerciali dell’Unione europea nel settore delle risorse energetiche. Come sapete, anche i paesi vicini alla regione, come la Cina, sono molto interessati ad attirarla dalla propria parte. Dobbiamo quindi impegnarci a fondo nelle nostre attività di cooperazione, finalizzandole ad aiutare i paesi dell’Asia centrale a istituire la democrazia. Dobbiamo imparare dagli Stati Uniti d’America come essere attivamente presenti nella regione, ed è un peccato constatare e dover ammettere che l’Unione europea non è, in realtà, molto attiva ed efficace nei propri programmi. Malgrado la Commissione affermi che siamo tra i principali sostenitori finanziari della regione, vale a dire che concediamo ingenti finanziamenti, dal punto di vista dell’efficacia i fondi non vengono usati in maniera appropriata. Qual è il nostro obiettivo? Che obiettivo deve perseguire l’Unione europea in Asia centrale, in tutti i suoi paesi e, soprattutto oggi, in Kirghizistan? Garantire la democrazia, l’ordine e la stabilità, nonché una stretta collaborazione tra tutti i paesi della regione. Come ho detto prima, la visita della delegazione avrà luogo dal 14 al 20 maggio, dopo la quale saremo in grado di informare i deputati sulla situazione che regna effettivamente in Kirghizistan e nella regione. Desidero inoltre aggiungere che, il 2 giugno, si terrà un incontro con i rappresentanti degli Stati Uniti sul coordinamento delle attività svolte in zona: invito tutti i deputati a parteciparvi.

 
  
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  Cem Özdemir, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, avendo solo un minuto per parlare, mi concentrerò unicamente su un aspetto della questione. Appoggio i commenti fatti dai precedenti oratori, poiché anch’io credo che il nostro primo obiettivo debba essere il riconoscimento del ruolo chiave che l’OSCE svolge in Asia centrale. Ciò è vero soprattutto nella prevenzione dei conflitti, ma lo è anche nel caso della gestione delle crisi e dell’applicazione dello Stato di diritto, dei diritti umani e delle norme democratiche. Non dobbiamo dimenticare che l’OSCE si adopera attivamente anche in altri settori, ad esempio il sostegno alla società civile o le misure di tutela delle minoranze.

Accogliamo con molto favore le attività dell’OSCE nella regione, in modo particolare il monitoraggio elettorale e i preparativi delle prossime elezioni, che si terranno in Kirghizistan nel giugno 2005. L’obiettivo di tali attività è garantire lo svolgimento delle elezioni in conformità delle norme europee e internazionali. In tal senso anche la formazione delle forze di polizia, soprattutto in Kirghizistan, svolge un ruolo essenziale.

Per concludere vorrei chiedere al Consiglio, e anche alla Commissione, di garantire la stretta collaborazione dell’UE con l’OSCE. In particolare, dovremmo mettere a frutto l’esperienza acquisita nel settore dall’onorevole Peterle nella sua qualità di inviato speciale dell’OSCE per la regione.

 
  
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  Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, desidero ringraziare il Commissario per i commenti introduttivi. Aggiungo, inoltre, che sono molto lieto dei cambiamenti politici in Kirghizistan, poiché ci daranno anche l’opportunità di chiarire i nostri obiettivi di politica estera.

A prima vista sembra tutto molto semplice. Le elezioni in Kirghizistan sono state truccate, successivamente il Presidente è stato estromesso dopo le proteste di massa, e Bishkek sarà la prossima città a essere colpita dall’effetto domino che ha già visto il rovesciamento dei governi di Tbilisi e di Kiev. Mosca ha appoggiato un presidente antidemocratico ed è stata sconfitta.

Eppure, allo stesso tempo, è sempre più chiaro che la rivoluzione in Kirghizistan ha assunto una forte connotazione sociale, essendo stata una rivolta vera e propria contro il dominio di un’oligarchia venutasi a creare durante la privatizzazione. In realtà, si è trattato di un fenomeno comune a tutti i paesi postsocialisti, dove esistono gruppi che detenevano o detengono il potere politico grazie a precedenti contatti o a legami etnici, partitici o politici con chi è ora al potere. I membri di questi gruppi hanno accumulato incredibili fortune grazie alla privatizzazione, che non solo ha causato grandi spaccature nella società, ma ha anche fornito loro gli strumenti necessari e il desiderio di entrare in politica.

Esistono, tuttavia, ulteriori aspetti della rivolta in Kirghizistan che la contraddistinguono da altre di simile natura. La sommossa è avvenuta nel paese con il regime più liberale dell’Asia centrale. Qualsiasi oligarchia ne trarrebbe la conclusione che più sono le restrizioni imposte alla libertà di una società, più ha possibilità di rimanere al potere. Inoltre, la situazione in Kirghizistan è diversa da quella in Ucraina, ad esempio, perché la russofobia non ha avuto alcun ruolo nella rivolta kirghiza.

A tale proposito, vorrei ribadire il mio invito a fare il possibile affinché la politica comunitaria sia coerente con il ruolo dell’Unione europea in quanto Istituzione che sostiene gli ideali dello Stato di diritto e della giustizia sociale. Occorre quindi appoggiare le forze che vogliono consolidare l’ordine costituzionale e la giustizia sociale, in Kirghizistan e altrove.

 
  
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  Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, in un momento come quello attuale, nel periodo di celebrazione della liberazione dell’Europa dalla Germania nazista da parte delle forze alleate, molti europei avranno sentimenti contrastanti. Del resto, la liberazione dal giogo tedesco ha aperto la strada a decenni di oppressione dell’Unione Sovietica, cui è stata soggetta anche l’Asia centrale. Lo scorso mese, il Kirghizistan si è disfatto di un leader autoritario dopo lo svolgimento di elezioni scorrette. Tanto i governanti quanto i cittadini del paese temono che gli estremisti musulmani approfittino della situazione politicamente instabile. Le organizzazioni terroriste islamiche, tra cui Hizb ut-Tahrir, che mirano alla dominazione islamica su scala mondiale costituiscono una particolare minaccia per l’intera regione dell’Asia centrale. E’ quindi un fatto positivo che la regione, nella lotta al terrorismo internazionale, combatta il fenomeno del radicalismo islamico.

Purtroppo i regimi autoritari della regione non affrontano la questione in maniera adeguata e ciò comporta, tra l’altro, l’insorgenza di molti problemi legati alla libertà religiosa. E’ giusto che i governi dell’Asia centrale cerchino di controllare lo sviluppo di fenomeni di radicalizzazione all’interno dell’islam, ma imporre alle chiese cristiane di registrarsi presso il governo è, a mio avviso, eccessivo. Da loro non si dovrebbe temere alcun attacco.

Periodicamente riceviamo resoconti da cui risulta che le comunità cristiane, registrate o meno, si trovano di fronte a gravi problemi, persecuzione compresa. Permettetemi di fare solo un esempio. In Kazakistan Valery Pak, della comunità battista di Kyzyl-Orda (non registrata), è stato minacciato e perseguitato per anni. Tutto questo deve finire, perché tutti i paesi dell’Asia centrale prevedono, nella propria costituzione, la libertà religiosa. Esorto il Consiglio e la Commissione a sostenere quei paesi nella lotta contro il fondamentalismo islamico, invitandoli a render conto dei problemi legati alla libertà religiosa, delle condizioni imposte sulla registrazione delle chiese, e in particolare della situazione delle comunità battiste non registrate, così come dei torti commessi a danno di Valery Pak e di altri.

 
  
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  Anna Elżbieta Fotyga, a nome del gruppo UEN. – (PL) Vorrei esordire congratulandomi con la Presidenza per l’eccellente lavoro svolto nella stesura di un’analisi circostanziata della situazione in Asia centrale, e in particolare in Kirghizistan. Se me lo permettete, vorrei aggiungere alcune osservazioni sulla situazione in quel paese.

Pur essendo passato oltre un mese e mezzo dalla rivolta in Kirghizistan, la situazione è ancora ben lungi dall’essere stabile, e ciò è motivo di grave preoccupazione nei paesi vicini. Abbiamo avuto una serie di segnali incoraggianti che indicano un ritorno alla normalità, e credo che uno di questi sia il fatto che non sia stata costituita una diarchia a livello parlamentare o a livello di capo di Stato. Con ciò mi riferisco, fondamentalmente, alle dimissioni del Presidente Akayev in aprile. Malgrado tutto, si sono verificati alcuni eventi che potrebbero generare profonda inquietudine, tra cui alcuni episodi legati a una misteriosa morte per motivi politici, che hanno aperto molti interrogativi sulla vera natura dei cambiamenti avvenuti. A mio avviso, le modalità con cui si svolgeranno le prossime elezioni presidenziali saranno una prova del nove per tali cambiamenti. A questo punto vorrei sottolineare il ruolo chiave che l’OSCE ha svolto, svolge e, sicuramente, continuerà a svolgere in Kirghizistan. Il monitoraggio della situazione preelettorale e delle elezioni stesse deve concentrarsi, in particolare, su quegli aspetti del processo elettorale che hanno direttamente provocato le proteste in Kirghizistan e portato alla rivolta, come l’esclusione dei candidati e l’acquisto dei voti. Un altro parametro fondamentale sarà l’atteggiamento delle autorità kirghize verso l’indizione di elezioni parlamentari anticipate.

Vorrei, se posso, fare un ultimo commento in base alla mia esperienza di vita pubblica in Polonia. Quando una società inizia a combattere per i propri diritti inalienabili, la lotta diventa un processo irreversibile e inevitabile, a prescindere da quanto duri. Il sostegno ai cambiamenti concesso dall’Unione europea deve, di conseguenza, tenere conto di questo fatto e concentrarsi sulla società civile. Sono a favore degli aiuti finanziari forniti dall’Unione; essi, però, devono essere condizionati al rispetto dei criteri legati ai diritti umani e allo Stato di diritto.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ancora vivamente impressa nella memoria la visita che ho compiuto in Kirghizistan alcuni anni fa. E’ un paese di grandi bellezze naturali che vanta una notevole abbondanza d’acqua, una risorsa naturale preziosa in quella parte del globo. Di recente il Kirghizistan è tornato alla ribalta della cronaca quando il suo leader di lunga data, il Presidente Akayev, è stato destituito. Alcune persone, compresi alcuni presenti in Aula, hanno interpretato questo fatto piuttosto ingenuamente giudicandolo simile a quelli accaduti in precedenza in Georgia e Ucraina. La verità è molto diversa. I nuovi governi georgiano e ucraino stanno facendo tutto il possibile per attuare politiche che garantiscano l’indipendenza da Mosca. In Kirghizistan, invece, il nuovo assetto politico è tanto filorusso quanto lo era il precedente, se non di più. La situazione del paese è ben lungi dall’essere stabile, come evidenziato dal recente tentativo di omicidio perpetrato ai danni di Erkinbayev, candidato alla presidenza. Gli avvenimenti attuali in Kirghizistan non si prestano a un’interpretazione secondo schemi precostituiti, anche se alcuni osservatori occidentali vorrebbero fosse così.

E’ fondamentale che l’UE svolga un ruolo più attivo in quella parte del mondo, senza lasciare i popoli della regione alla mercé dei russi e degli americani. Detto questo, ovviamente occorre collaborare con gli uni e gli altri in materia.

 
  
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  Albert Jan Maat (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, sono lieto che la Commissione abbia chiarito l’equivoco riguardo alla comunicazione del Consiglio sulla data elettorale, che è il 10 luglio. Onore alla Commissione, quindi, che era meglio informata. Vorrei ribadire le parole del presidente della delegazione per l’Asia centrale, che ha già detto che dobbiamo stare attenti a non paragonare la situazione in Kirghizistan a quella in Ucraina. Staremo a vedere se si tratta della stessa rivoluzione o se alcuni leader hanno dato il via a un processo differente. La situazione in Kirghizistan è molto diversa: la democrazia del paese si divide tra confini etnici e regionali senza, di per sé, complicare le cose, né cambiare il fatto che all’Unione europea converrebbe investire in Asia centrale. Al momento vi sono pochissimi investimenti e la cosa sorprendente è che sino a poco tempo fa i due paesi più poveri, la Mongolia – un paese che merita fiducia per l’assenza di problemi legati alla democrazia e ai diritti umani – e il Kirghizistan, registravano i migliori risultati.

Ora che nel paese è in corso una rivoluzione, dovremmo approfittarne. Sono lieto dei 25 milioni accordati dalla Commissione, i quali, tuttavia, sembrano veramente un’inezia. A breve termine, l’Unione europea dovrebbe fare quanto segue. Invito il Consiglio e la Commissione, insieme con il Parlamento, a investire nelle elezioni inviando una solida delegazione di osservatori elettorali il 10 luglio e aiutando l’OSCE a garantire il buono svolgimento delle elezioni. In effetti, se il voto andrà bene infonderà fiducia nella popolazione, anche per future elezioni parlamentari. E’ importante inoltre che l’Unione europea investa maggiormente nell’istruzione e nella cooperazione economica, perché è pazzesco che la parte del leone negli investimenti stranieri destinati al settore dell’istruzione sia fatta dai gruppi fondamentalisti islamici. Questa situazione deve finire. Per l’Europa è una sfida investire di più in Kirghizistan, soprattutto nei settori dell’istruzione e della cooperazione economica. A tal fine, il paese richiede anche solidi accordi di libero scambio.

Vorrei aggiungere un’altra nota critica sulla regione. Desidero sapere dalla Commissione cosa intenda fare riguardo alla crescente repressione in Kazakistan, che ha visto anche la recente chiusura del maggiore quotidiano dell’opposizione, Republika, e l’imprigionamento della sua giornalista Irina Petrusheva in Russia, su richiesta delle autorità kazake.

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nei precedenti interventi sono state dette molte cose su cui non intendo tornare. Nel complesso, approvo i contenuti della proposta di risoluzione comune che è stata presentata.

Desidero, tuttavia, sottolineare l’importanza di tre punti. Innanzi tutto, le difficoltà economiche e sociali sono una delle principali cause degli avvenimenti in Kirghizistan. Questo perché la situazione di grande povertà e considerevole incertezza ha rappresentato un terreno fertile, favorevole allo sviluppo di manifestazioni e al rovesciamento del governo di Akayev, che, dal 1991, si era arricchito alle spalle dell’economia kirghiza. L’esistenza di pratiche inaccettabili, tra cui corruzione e nepotismo, ha rafforzato il malcontento silenzioso ma legittimo della popolazione, che desidera migliorare la propria situazione: dobbiamo essere attenti a questo genere di aspirazioni. Di conseguenza, se vogliamo sostenere il processo di transizione democratica in corso, occorre prestare particolare attenzione all’autenticità e alla trasparenza delle elezioni, nonché allo sviluppo di una politica di dialogo e riconciliazione nazionale. Solo un governo legittimo e stabile potrà portare a termine le riforme necessarie per migliorare la situazione dei cittadini kirghizi.

Inoltre, le questioni legate ai diritti umani e alle libertà fondamentali costituiscono un altro aspetto cruciale della situazione. L’Unione europea deve accertarsi che il processo di democratizzazione si basi su un autentico pluralismo politico che permetta anche ai media e alle ONG di operare in maniera libera e indipendente. I progetti di cooperazione lanciati dall’OSCE e nel quadro del programma TACIS devono essere sostenuti e incoraggiati.

Infine, mi sembra necessario allargare la riflessione sugli avvenimenti in Kirghizistan a una prospettiva regionale più ampia, che prenda in considerazione tutta l’Asia centrale. La democratizzazione di quel paese potrebbe così rappresentare un simbolo di speranza, un esempio da seguire per gli altri paesi dell’Asia centrale, vittima di violazioni dei diritti umani. Il recente inasprimento della legislazione nei confronti delle ONG e dei gruppi d’opposizione impone all’Unione europea un atteggiamento particolarmente vigile e attento di fronte all’evoluzione della situazione politica nella regione.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il Kirghizistan è una piccola repubblica musulmana dell’Asia centrale di incredibile bellezza naturale e di orgogliose tradizioni nomadi. Il paese è stato annesso dalla Russia nel 1864 ma ha raggiunto l’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991. Di recente è apparso sui giornali in seguito alle elezioni parlamentari del 27 febbraio, quando le irregolarità elettorali hanno suscitato molte proteste iniziate nel sud del paese. Il Presidente è stato costretto a fuggire, dopo essere stato accusato di corruzione e di avere manovrato le elezioni.

Ieri, in occasione di una visita di Stato in Georgia, il Presidente Bush ha invocato la libertà e la democrazia in tutto il mondo comunista. Il Kirghizistan è un paese povero e montuoso, prevalentemente a economia agricola, ma ha attuato importanti riforme di mercato sotto la guida dell’ex Presidente Akayev. Egli si è distinto per l’adozione di politiche economiche relativamente liberali e ha introdotto un migliore sistema normativo e una riforma fondiaria. Il Kirghizistan è stato il primo paese della Comunità degli Stati indipendenti a essere accolto nell’Organizzazione mondiale del commercio. Gran parte delle aziende di Stato sono state svendute anche se, sfortunatamente, sono dilagati fenomeni di nepotismo e di corruzione.

Si auspica che la rivoluzione – se è una rivoluzione – indichi al paese la giusta via alla democrazia, al rispetto dei diritti umani e al buon governo. Esso potrebbe rappresentare un modello per gli Stati circostanti quali l’Uzbekistan, il Kazakistan e il Tagikistan, che mantengono sistemi autoritari e attraversano una transizione solo parziale. Tuttavia, le contese di confine tra il Kirghizistan e i paesi vicini stanno ritardando il processo di delimitazione delle frontiere, in particolare con il Tagikistan ma anche con l’Uzbekistan.

Un altro problema è quello della coltivazione illecita di canapa indiana e di papaveri da oppio destinati ai mercati della CSI, mentre il governo fa poco o nulla per eliminare le colture illegali di sostanze stupefacenti. Il Kirghizistan funge altresì da punto di transito per i mercati del sud-ovest asiatico e per gli stupefacenti destinati alla Russia e al resto dell’Europa.

Le elezioni presidenziali sono previste per il mese di luglio: ne ho avuto la conferma da Internet. Il Parlamento europeo deve sicuramente inviare osservatori per controllare la transizione del paese alla democrazia.

(Applausi)

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE). – (PL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è del tutto evidente che il Parlamento europeo è molto lieto di collaborare con il Kirghizistan, ma anche con gli altri paesi dell’Asia centrale, come dimostra l’accordo di partenariato e cooperazione concluso nel 1995. Tra i temi che rivestono interesse per il Parlamento europeo figurano i diritti umani, la democratizzazione della vita dei cittadini, l’energia e la tutela dell’ambiente, che meritano particolare attenzione.

Moltissime speranze sono state riposte nella costituzione kirghiza al momento della sua adozione, nel 1993. Benché da allora sia stata emendata quattro volte, sembrerebbe ancora essere una premessa potenzialmente valida per stimolare ulteriori cambiamenti democratici all’interno del paese. Eppure, malgrado la costituzione sancisca che il sistema giudiziario è ufficialmente indipendente e responsabile del rispetto dei diritti umani nel paese, gli osservatori hanno chiaramente affermato che le riforme intraprese sono insufficienti, che la corruzione è ancora endemica e che i giudici non sono pagati a sufficienza. Secondo loro, la nomina da parte del Presidente dei membri della Corte costituzionale, dei giudici della Corte suprema e degli arbitri del Tribunale arbitrale viola i principi democratici. Essi hanno lanciato un monito, dicendo che i diritti umani non devono essere limitati col pretesto di combattere il terrorismo.

L’Unione europea può e deve concedere l’abituale assistenza finanziaria per invertire questa tendenza negativa. Inoltre, può e deve dare il consueto sostegno morale essendo presente laddove necessario, e laddove occorre appoggiare la democrazia e ripristinare lo Stato di diritto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, il nuovo millennio sembra essere iniziato con un’ondata di cambiamenti, soprattutto negli Stati subentrati all’ex Unione Sovietica. I fattori esterni, quali la lotta per il potere e il controllo degli oleodotti, non sono stati la causa principale delle “rivoluzioni colorate” dell’Asia centrale, anche se, indubbiamente, Stati Uniti e Russia hanno cercato di esercitare la propria influenza. Al contrario, è molto più probabile che quelle rivoluzioni siano il risultato della graduale modernizzazione delle ex repubbliche sovietiche. I popoli dell’Asia centrale sono stufi delle vecchie e rigide strutture, e vogliono cambiamenti rapidi senza spargimenti di sangue. Ovviamente, l’opinione pubblica spera anche che tali cambiamenti portino alla prosperità e allo sviluppo economico.

In linea di principio, simili riforme possono determinare trasformazioni positive. Tuttavia, sembrerebbe che in Kirghizistan si sia manifestato un parziale vuoto di potere, e ciò comporta il pericolo di un cambiamento di stati d’animo che potrebbe far sprofondare il paese nel caos e nella guerra civile. E’ nell’interesse dell’Unione europea porgere la mano e offrire aiuto per stabilizzare la situazione politica, anche se un’eccessiva interferenza da parte nostra potrebbe avere l’effetto contrario, sconvolgendo gli equilibri che, gradualmente, si sono creati nel paese. Del resto, il Kirghizistan vuole provare di essere in grado di continuare le misure di ricostruzione con i propri mezzi. Anche il fatto che un’analoga ondata rivoluzionaria possa oltrepassare i confini in qualsiasi momento dovrebbe darci motivo di pensare, perché non sarebbe una sorpresa se questa stessa tendenza continuasse in altri paesi che versano in condizioni simili, come il Kazakistan, il Tagikistan e il Turkmenistan. L’Unione dovrebbe iniziare subito a prepararsi a tale eventualità. Concordo, infine, con l’osservazione fatta da uno dei precedenti oratori secondo cui, in quella regione, non bisogna lasciare libero spazio alla Russia e agli Stati Uniti.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) Dopo gli sconvolgimenti politici in Kirghizistan, non del tutto paragonabili agli sviluppi in Ucraina e in Georgia, le principali cause di instabilità economica, sociale e in altri settori sono ancora presenti. Ovviamente il nuovo governo non può risolvere i problemi accumulatisi prima delle elezioni presidenziali del 10 luglio, né sarà in grado di farlo per molti mesi successivamente a quella data.

Io stesso ho vissuto la rivoluzione come inviato speciale del Presidente in carica dell’OSCE, che, secondo me, sta svolgendo un ottimo lavoro nella regione con l’appoggio dell’Unione europea e delle Nazioni Unite. Vi sono grato per le cortesi parole usate riguardo all’operato dell’OSCE, che si sta adoperando in particolare per garantire elezioni eque, il miglioramento della sicurezza e il dialogo politico tra i candidati presidenziali. Sappiamo che esistono grandi differenze tra il nord e il sud e che per questo motivo, benché non sia l’unico, potrebbe verificarsi un’instabilità politica prima delle elezioni vere e proprie. Sappiamo anche che, dopo il 10 luglio, il paese avrà ovviamente urgente bisogno di assistenza a lungo termine da parte della comunità internazionale per poter attuare riforme in campo politico, economico e sociale.

Sono molto lieto che oggi il Commissario Almunia abbia già sottolineato l’aspetto strategico, come hanno poi fatto l’onorevole Brok e altri oratori. Io stesso ho raccomandato più volte che l’Unione europea riveda i propri rapporti con quella regione, che non è parte della grande Europa ma è più vicina a noi di quanto sembri. Penso che nell’ambito di questi rapporti, come già ricordato dall’onorevole Brok, occorra prendere in considerazione anche la dimensione russa e transatlantica. In ogni caso, sono d’accordo che il Parlamento dimostri la propria attenzione nei confronti del Kirghizistan con un folto gruppo di osservatori, e vi assicuro che il parlamento kirghizo attende con ansia l’arrivo della nostra delegazione parlamentare.

 
  
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  Panagiotis Beglitis (PSE). – (EL) Signor Presidente, l’annuncio delle elezioni presidenziali il prossimo luglio non costituisce, almeno per il momento, la conditio sine qua non per la creazione della stabilità politica e la democratizzazione del paese. Tutti i deputati intervenuti in precedenza hanno parlato dei gravi problemi che caratterizzano il Kirghizistan.

Ad ogni modo, l’Unione europea deve operare in stretta collaborazione con l’OSCE per organizzare e soprintendere alle elezioni, nonché aumentare gli aiuti umanitari e il sostegno finanziario attraverso il programma TACIS e il sistema delle preferenze generalizzate.

La regione dell’Asia centrale non deve costituire un nuovo motivo di conflitto tra le grandi potenze – Stati Uniti, Russia e Cina – per il controllo strategico delle risorse energetiche.

Nel quadro della lotta al terrorismo, l’Asia centrale è diventata l’area adatta a ospitare nuove basi militari, e il suo grado di militarizzazione si sviluppa sempre più pericolosamente.

L’Unione europea ha interesse a diventare la forza stabilizzante di quella zona. La relazione strategica per i paesi della regione per il periodo 2002-2006, adottata dall’Unione europea nel 2002, deve essere rivista e migliorata, tenendo conto della nuova situazione creatasi. Credo sia opportuno, e invito la Commissione a farlo, che essa inizi sin d’ora la stesura di una nuova relazione strategica per la zona, senza aspettare il 2006.

La democratizzazione, la cooperazione regionale, la lotta al narcotraffico e lo sviluppo del fanatismo religioso sono sfide importanti che dovranno essere affrontate nei prossimi anni. In questo senso, si ritiene importante un maggiore coinvolgimento delle Nazioni Unite.

 
  
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  Ursula Stenzel (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, il positivo effetto domino iniziato con il risveglio democratico in Ucraina e in Georgia ha ora investito un terzo paese. Quanto è accaduto in Kirghizistan è un altro bell’esempio del modo in cui la nomenklatura postsovietica stia perdendo il potere, benché gli avvenimenti nei tre paesi citati non siano necessariamente paragonabili tra loro. Il regime di Akayev è crollato senza alcun intervento esterno, a causa di una spontanea sommossa popolare. Molto semplicemente, la pazienza dell’opinione pubblica era stata messa a dura prova, ad esempio, dalle frodi elettorali e dalle enormi fortune accumulate da una famiglia politica nepotistica, che trattava il paese come se fosse una proprietà privata.

L’Unione Sovietica è caduta quasi quindici anni fa, eppure non si è trattato di un disastro geopolitico, come il Presidente russo Putin vorrebbe farci credere, bensì di un’opportunità geopolitica. L’indispensabile iniziativa intrapresa dall’OSCE e dall’ODIHR, agenzia dell’OSCE attualmente diretta da un austriaco, è l’unico fattore esterno che, si può dire, abbia influenzato gli eventi.

Putin sembrerebbe avere imparato dagli errori commessi in Ucraina, e anche l’opposizione kirghiza ha agito con sagacia avvisandolo in anticipo dell’imminente rovesciamento dell’allora capo di governo. Per questo motivo Putin non è intervenuto a sostegno del sistema né ha puntato sul cavallo perdente, come aveva fatto in Ucraina, anche se il Presidente Akayev ha cercato rifugio a Mosca dopo avere perso il potere, uscendo illegalmente dal paese in un tappeto arrotolato. Democrazie stabili e non corrotte possono solo essere una buona notizia per la Russia.

Quali conclusioni dovrebbe trarre l’Unione europea? Innanzi tutto che deve sostenere la democratizzazione della regione e, in secondo luogo, che deve garantire il rafforzamento della democrazia e il sostegno della società civile, soprattutto in Kazakistan, per impedire che l’assistenza finanziaria cada in mani sbagliate. Il Kazakistan è molto più grande, più ricco e di gran lunga più importante in termini geopolitici rispetto al Kirghizistan, che, per quanto suggestivo, è solo un piccolo paese.

 
  
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  Libor Rouček (PSE). – (CS) Come si è già chiaramente dedotto dal dibattito, si possono osservare due tendenze in Kirghizistan o, meglio, in tutta l’Asia centrale. La prima riguarda l’aggravamento della situazione politica e il venir meno dei diritti umani e delle libertà civili. La seconda è legata alla crescente importanza strategica dell’intera zona, principalmente dovuta alle risorse energetiche situate in Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan.

Avendo un solo minuto a disposizione, vorrei concentrarmi brevemente su due settori cui l’Unione europea deve concedere la propria assistenza. Indubbiamente, il primo settore è quello del sostegno dei diritti umani, delle libertà civili, del processo elettorale in Kirghizistan e della società civile.

Il secondo, che non ha goduto di molta attenzione da parte dell’Assemblea, è il sostegno alla cooperazione regionale o, in altre parole, agli Stati dell’Asia centrale nella lotta contro il terrorismo e il contrabbando di stupefacenti, nella cooperazione nel settore dell’energia e nell’utilizzo delle risorse idriche, ad esempio. Sia l’Uzbekistan sia il Kazakistan possiedono risorse energetiche, mentre il Kirghizistan dispone di grandi risorse idriche. In altri termini, vorrei sapere in che modo la Commissione ritiene di potere sostenere la cooperazione regionale, insieme con l’Unione europea.

 
  
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  Jas Gawronski (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra che la risoluzione che abbiamo davanti, dato che bisogna parlare anche di questa e credo che finora nessuno l’abbia fatto, sia realistica ed equilibrata. Mi compiaccio che sia stata firmata da quasi tutti i gruppi politici e questo dà una dimostrazione di unità del Parlamento europeo ed eleva il suo prestigio.

Ma soprattutto è bene che l’Europa rivolga la sua attenzione al Kirghizistan perché l’Unione europea è stata per troppo tempo assente, come ha ricordato poco fa Elmar Brok, e ha una certa responsabilità nell’aver tollerato il regime di Akayev e altri simili nella zona. E’ anche vero che, quando due anni fa abbiamo incontrato Akayev a Bishkek con la delegazione del Parlamento europeo, egli sembrava sincero e convincente nel sostenere che il suo obiettivo era uno Stato più democratico e più trasparente. Forse allora ci credeva veramente, ora di sicuro non più.

La risoluzione parla di situazione fragile in Kirghizistan ed è giusto, perché a differenza dell’Ucraina e della Georgia, come ha ricordato la collega Stenzel, il risultato finale non è affatto acquisito. In questo momento c’è un pericoloso vuoto di potere. Nella risoluzione, si sottolinea anche la litigiosità dell’opposizione che attualmente sembra detenere il potere, unita solo dalla lotta al regime di Akayev, mentre le sue credenziali democratiche sono intaccate dalla precedente collaborazione con la dittatura di quest’ultimo.

Per questo motivo è molto importante il punto 4 della risoluzione che, auspicando una sostanziale riforma della costituzione, mette in guardia contro il pericolo che si insedi un sistema di potere simile al precedente, ma solo con diversi personaggi politici. Il pericolo esiste, gli Stati Uniti da anni forniscono un aiuto finanziario e morale alle forze democratiche nel Kirghizistan, dobbiamo cominciare a farlo anche noi.

 
  
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  Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) Signor Presidente, i cambiamenti intervenuti nella regione dei Nuovi Stati indipendenti nell’ultimo anno indicano che i sistemi postsovietici sono attraversati da una crisi e non hanno soddisfatto le aspettative di riforma politica, economica e sociale. L’esempio più lampante in Asia centrale è il Kirghizistan. Purtroppo, siamo costretti a notare che alcuni leader hanno ancora una volta tratto le conclusioni sbagliate dalle “rivoluzioni colorate” e, invece di riparare ai propri errori evidenziati dai fatti, hanno bloccato le possibili strade d’uscita dalla crisi per loro stessi, i loro paesi e i loro popoli.

E’ stato triste apprendere che gli avvenimenti kirghizi hanno costretto il leader del vicino Kazakistan a introdurre misure rigorose. Sembra che le mozioni di risoluzione tese a emendare il processo elettorale e il lavoro dei media stiano andando nella direzione sbagliata, e che la proposta di legge sulla sicurezza nazionale sia stata criticata dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa durante una tribuna aperta. Ciò è deplorevole, soprattutto perché la comunità internazionale ha di buongrado riconosciuto i progressi del Kazakistan nella ristrutturazione economica e sociale e nel garantire pace e armonia tra nazionalità e confessioni diverse. Speravamo fortemente che il Kazakistan sarebbe stato il primo paese della regione dei Nuovi Stati indipendenti a meritare l’onorabile nomina alla Presidenza, incarico di grande responsabilità. In tale ottica, forse, appaiono ancora più incresciosi fatti come la chiusura, con false motivazioni, del quotidiano dell’opposizione, Respublica, e le brutali aggressioni di cui è stato vittima, per ben due volte in meno di un mese, il potenziale candidato dell’opposizione Zharmakhan Tuyakbai. Il fatto che la polizia non si sia assolutamente mossa mentre decine di scagnozzi compivano aggressioni non può essere stato casuale. Possiamo solo sperare che il capo di Stato abbia serie intenzioni di trovare e punire i responsabili.

La democrazia comporta un’onesta rivalità tra avversari politici, e questi attacchi sono incompatibili con i suoi principi. Bisogna dichiarare a gran voce che un’autorità ha sempre il compito di garantire, nel proprio paese, le condizioni per il rispetto delle pari opportunità e l’uso di strumenti onesti nelle battaglie politiche.

 
  
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  Nicolas Schmit, Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, desidero innanzi tutto correggere un errore che ho commesso sulla data delle elezioni in Kirghizistan. L’onorevole Maat ha detto che le elezioni sono previste per il 10 luglio. Questa informazione è stata comunicata il 6 maggio: vi prego, dunque, di accettare le mie scuse per l’errore.

Vorrei inoltre ringraziare gli onorevoli parlamentari intervenuti per le analisi che hanno proposto, estremamente utili e del tutto adatte all’importanza della regione. Il ruolo geopolitico e geostrategico che essa riveste per l’Unione europea è stato chiaramente espresso: ciò significa che l’UE deve garantire una maggiore presenza nella regione. Tutti noi abbiamo l’interesse a garantirne una maggiore stabilità e, a tal fine, occorre in primis sostenere l’aspirazione di tali paesi al consolidamento della propria indipendenza conquistata abbastanza di recente. Ritengo che, in questo senso, l’Unione europea possa svolgere un ruolo importante nel mantenere il necessario equilibrio tra la Russia, da una parte, e gli Stati Uniti e probabilmente la Cina dall’altra.

La stabilità è ancora più fondamentale trattandosi, come molti oratori hanno sottolineato, di Stati ancora caratterizzati da fragilità interne, i quali, pertanto, sono particolarmente esposti alla minaccia del terrorismo e del fondamentalismo. Dobbiamo quindi collaborare con tali paesi affinché possano evolvere in democrazie in cui i diritti umani siano meglio rispettati e il sistema democratico consolidato. Ciò sarà possibile solo se li aiuteremo a promuovere lo sviluppo economico. I paesi di cui ci stiamo occupando sono molto diversi tra loro: la situazione economica di un paese come il Kirghizistan è, in effetti, molto diversa da quella di un paese come il Kazakistan, uno degli Stati potenzialmente più ricchi. Anche in questo senso l’Unione europea può svolgere un ruolo molto importante. Con quegli Stati abbiamo già stipulato, negli anni ’90, accordi di cooperazione nel quadro dei quali teniamo periodicamente incontri sia sulla cooperazione che stiamo promovendo sia su una forma di dialogo politico.

Il messaggio lanciato dalla vostra risoluzione, che accolgo con favore, indica che l’Unione europea è chiamata a ricoprire un ruolo politico importante, che può esercitare in stretta collaborazione con l’OSCE, soprattutto per le questioni legate ai diritti umani e alla transizione democratica.

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. – (ES) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare tutti gli onorevoli parlamentari per i contributi che, con i loro interventi, hanno apportato a questo dibattito, al fine di condividere tra tutte le Istituzioni dell’Unione la visione più certa possibile di quale sia la situazione reale, quali siano le sfide, le strategie e gli strumenti a nostra disposizione per portare la libertà, garanzia dei diritti umani e del processo democratico, ai paesi dell’Asia centrale. Perché questo, ovviamente, non solo sarà vitale per le aspirazioni dei cittadini della regione: la stabilità, la prosperità e la democratizzazione di quegli Stati sarà anche, sicuramente, un elemento molto importante per la nostra sicurezza.

In primo luogo, le elezioni del 10 luglio sono molto importanti. E’ fondamentale che esse si svolgano in un clima di tranquillità, con la garanzia che la volontà dei cittadini che si recheranno alle urne sarà rispettata.

Da questo punto di vista, come ho detto nel mio intervento iniziale, condiviso da molti onorevoli, l’azione dell’OSCE è cruciale, e la Commissione ritiene che il ruolo che deve ricoprire per il corretto svolgimento delle elezioni debba coordinarsi con il ruolo da protagonista svolto dall’OSCE. In ogni caso – come ho anche detto nel mio discorso iniziale – sono stati utilizzati i meccanismi a nostra disposizione e sono stati stanziati 1,3 milioni di euro per garantire il buon andamento del processo elettorale.

Sarebbe altresì auspicabile, se ancora non esiste una decisione al riguardo, che una delegazione di osservatori del Parlamento assista alle elezioni e garantisca, o cerchi di migliorare, lo svolgimento della consultazione popolare nel pieno rispetto della democrazia.

Vorrei inoltre aggiungere un secondo commento sulla necessità di una strategia, di un approccio regionale. Molti di voi ne hanno parlato, la Commissione è d’accordo e, dal 2002, esiste una strategia che è stata elaborata dopo la visita dell’ex Commissario alle relazioni esterne e adottata alla fine del 2002. Gli obiettivi principali sono la promozione della stabilità e della sicurezza nella regione, oltre allo sviluppo economico sostenibile, dando priorità alla riduzione della povertà e alla difesa dei diritti umani.

Poiché uno dei principali interessi dell’Unione europea in questa regione è legato – dal punto di vista economico – alle risorse energetiche, nello sviluppo di questa strategia è molto importante l’incontro tenutosi lo scorso anno a novembre tra i ministri dell’Energia, e crediamo di dovere proseguire in questa direzione. Il prossimo giugno, la troika e i ministri degli Esteri della regione terranno un’altra importante riunione per valutare la situazione e continuare a progredire nell’attuazione del programma.

Di conseguenza, tutto ciò che favorisce la creazione di ulteriori elementi per la nostra strategia, per un approccio comune regionale, in tutti i suoi aspetti di democratizzazione, lotta alla povertà, difesa, garanzia dei nostri interessi economici, tutela dei diritti umani, avrà ovviamente il sostegno della Commissione, e saranno accolti tutti i contenuti della risoluzione del Parlamento al riguardo.

Infine, per quanto attiene al caso particolare menzionato dall’onorevole Maat nel suo intervento – un caso di violazione dei diritti umani – in questo momento non abbiamo informazioni precise sul fatto citato dall’onorevole deputato. Chiedo all’onorevole Maat, pur sapendo che in questo momento non è presente in Aula, di riferirci in merito, cosicché i nostri rappresentanti presenti nella regione possano raccogliere tutte le informazioni necessarie, che poi metteremo a disposizione dell’Assemblea.

 
  
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  Presidente. – A conclusione del dibattito, comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento(1).

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

(La seduta, sospesa alle 11.10, riprende alle 11.30)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTH-BEHRENDT
Vicepresidente

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

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