Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0164/2005), presentata dall’onorevole Rosa Díez González a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sul piano d’azione dell’Unione europea contro il terrorismo [2004/2214(INI)],
la relazione (A6-0166/2005), presentata dall’onorevole Jaime Mayor Oreja a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla prevenzione, preparazione e risposta agli attentati terroristici [2005/2043(INI)],
la relazione (A6-0161/2005), presentata dall’onorevole Stavros Lambrinidis a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla protezione delle infrastrutture sensibili nel quadro della lotta al terrorismo [2005/2044(INI)],
la relazione (A6-0159/2005), presentata dall’onorevole Mario Borghezio a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla lotta al finanziamento del terrorismo [2005/2065(INI)],
le relazioni (A6-0162/2005), presentate dall’onorevole Antoine Duquesne a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sullo scambio di informazioni con riguardo ai reati gravi, compresi gli atti terroristici [10215/2004 – C6-0153/2004 – 2004/0812(CNS)],
(A6-0160/2005) sullo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici [15599/2004 – C6-0007/2004 – 2004/0069(CNS)]
e (A6-0165/2005) sullo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici [2005/2046(INI)],
la relazione (A6-0174/2005), presentata dall’onorevole Alexander Nuno Alvaro a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento della criminalità e dei reati, compreso il terrorismo [8958/2004 – C6-0198/2004 – 2004/0813(CNS)],
e le interrogazioni orali (B6-0243/2005 e B6-0244/2005) dell’onorevole Karl-Heinz Florenz, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, al Consiglio, sulla capacità di reazione dell’Unione europea alle minacce del bioterrorismo per la salute pubblica.
Rosa Díez González (PSE), relatore. – (ES) Signor Presidente, oggi è un giorno importante. Questa discussione globale pone ancora una volta il Parlamento all’avanguardia della lotta contro il terrorismo. Siamo un’Assemblea politica e questa è una discussione politica sulle misure da adottare a livello europeo per difendere i diritti umani e sconfiggere il terrorismo, una discussione che intende anche essere una lezione di democrazia.
Siamo convinti che, per essere efficace nella lotta al terrorismo, l’Europa deve dotarsi, anche in questo ambito, di una politica comune che vada oltre la sempre più stretta ed efficace cooperazione tra i paesi dell’Unione – della quale Spagna e Francia sono un buon esempio – e tra l’Unione e i paesi terzi; una politica che dia risposta alle preoccupazioni dei cittadini e che si possa promuovere come modello in tutto il mondo.
Per sconfiggere il terrorismo è innanzi tutto necessario avere fiducia nella supremazia della democrazia. Per sconfiggere il terrorismo bisogna essere disposti a utilizzare tutti gli strumenti dello Stato di diritto, tutti, ma nessuno in più di quelli offerti dallo Stato di diritto. Per sconfiggere il terrorismo dobbiamo combattere l’impunità e privare di legittimità ogni azione terroristica. Per sconfiggere il terrorismo dobbiamo mantenere vivo, nel cuore e nella mente, il ricordo delle vittime.
Il terrorismo, onorevoli colleghi, è una forma di totalitarismo, di fanatismo. Il terrorismo persegue la distruzione delle società libere e pluraliste. Il terrorismo è incompatibile con la democrazia. Per questo affermo che solo una democrazia forte, vigorosa e impegnata sarà in grado di sconfiggerlo.
Il Parlamento si è posto più volte all’avanguardia in questo ambito. Il 6 settembre 2001, pochi giorni prima dell’attacco alle torri gemelle, l’Assemblea approvò due raccomandazioni: il mandato di arresto e la definizione comune del reato di terrorismo, poi adottate dal Consiglio nel dicembre dello stesso anno, anche grazie al fatto che noi, il Parlamento europeo, avevamo svolto il nostro lavoro in tempo utile. E’ vero che alcuni paesi dell’Unione non hanno ancora recepito tali misure nei diritti nazionali e altri non lo hanno fatto in modo corretto. Questo è il motivo per cui la relazione da me presentata chiede una valutazione urgente, ma queste due decisioni rivelano la misura in cui i cittadini europei hanno bisogno di un Parlamento capace di porsi all’avanguardia delle decisioni politiche.
L’Europa è un modello di democrazia e di rispetto dei diritti umani. E’ la nostra vocazione, è il senso della nostra Unione politica. Per questo motivo, per difendere e promuovere la democrazia e per garantire il rispetto dei diritti umani, lottiamo contro il terrorismo, perché sappiamo che il terrorismo è nemico della democrazia. Proponiamo quindi una politica europea volta a combattere il terrorismo, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani collettivi e individuali, il diritto alla vita, la libertà di espressione, la libertà di circolazione, la libertà di pensiero e la libertà di religione: una politica europea che lotti contro il terrorismo per rendere la sicurezza collettiva compatibile con la libertà e la dignità individuale.
Non voglio annoiarvi con i particolari di ogni raccomandazione contenuta nella relazione. Sono tutte all’avanguardia, ma sono tutte possibili. Richiedono solo volontà politica e sono tutte necessarie, dal rafforzamento del ruolo del coordinatore europeo antiterrorismo alla promozione dell’istituzione di una procura europea.
Vorrei dare risalto alla raccomandazione di istituzionalizzare il riconoscimento europeo delle vittime del terrorismo. A livello politico, è inoltre significativo il nostro impegno a promuovere una definizione internazionale del reato di terrorismo, la quale è sempre più necessaria se, come ha proposto Kofi Annan nell’agenda di Madrid, intendiamo far sì che tali reati siano perseguiti e puniti in qualunque parte del mondo.
Vorrei infine richiamare l’attenzione su una raccomandazione realmente ambiziosa: l’invito a promuovere l’imprescrittibilità dei reati di terrorismo negli Stati membri, per tradurre in atto la riprovazione della comunità internazionale che li considera tra i crimini contro l’umanità più gravi e intollerabili.
Per concludere, onorevoli colleghi, so che quello che compiamo oggi è un piccolo passo, ma è un passo importante. Sono orgogliosa di aver contribuito a porre ancora una volta il Parlamento europeo all’avanguardia della lotta contro l’impunità dei criminali e all’avanguardia della difesa dei diritti umani. Ringrazio tutti i colleghi, di tutti i gruppi politici, per i loro contributi a questo lungo dibattito. Grazie a tutti loro, l’Assemblea proporrà al Consiglio iniziative attive che cambieranno le dinamiche del passato. Scopo di questo insieme di iniziative è elaborare una politica europea capace di prevenire, per quanto possibile, gli attentati terroristici.
Come socialista, come basca, come spagnola e come europea, sono fiera che il Parlamento esprima un nuovo riconoscimento della memoria delle vittime del terrorismo.
Il Presidente del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, ha riconfermato il suo impegno sabato scorso, in occasione di una cerimonia di consegna di diplomi alla guardia civile, affermando che serberemo sempre nella nostra memoria il ricordo di tutte le vittime. Per ogni democratico, questo impegno a ricordare le vittime deve rendere impossibile una società come quella che perseguono i terroristi con le loro azioni criminose.
L’Europa conosce il totalitarismo e conosce l’importanza di mantenere vivi i ricordi onde evitare che la storia si ripeta. Primo Levi lo ha spiegato molto bene in un magnifico libro: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario e ricordare è un dovere”.
Presidente. –Vorrei porgere il benvenuto al nostro ex collega, Gijs De Vries, che segue la discussione dai banchi del Consiglio.
Jaime Mayor Oreja (PPE-DE), relatore. – (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il Commissario Frattini e il coordinatore antiterrorismo del Consiglio, signor Gijs de Vries, per la loro presenza in Aula stamattina. Vorrei anche ringraziare tutti gli eurodeputati che hanno lavorato e collaborato, a volte sulla base delle discrepanze e a volte sulla base dell’accordo, a questa relazione sulla prevenzione e risposta agli attentati terroristici, in particolare vorrei ringraziare i miei buoni amici, onorevole Rosa Díez e onorevole Antoine Duquesne, per la loro cooperazione e per i loro contributi alla relazione.
Nei pochi minuti a mia disposizione vorrei essere molto sintetico e riassumere soprattutto i motivi e gli obiettivi che mi hanno indotto a presentare oggi questa relazione al Parlamento europeo. Che cosa ho voluto proporre all’Assemblea con questa relazione? Semplicemente il poco che ho potuto apprendere, la mia limitata e modesta esperienza di ciò che ha significato la lotta contro un’organizzazione terrorista, per oltre venticinque anni, nel mio paese, la Spagna, e nei Paesi Baschi.
Ritengo quindi che l’aspetto più importante oggi sia trasformare la strategia tradizionale di lotta al terrorismo dell’Unione europea, che di norma si esplica attraverso un elenco esaustivo di misure, in quello che, a mio parere, deve essere un progetto politico europeo.
Mi si chiederà quale sia la differenza tra un elenco esaustivo di misure e un progetto politico. Un progetto politico è molto più ambizioso di un elenco di misure. Un progetto politico è sempre il frutto, la conseguenza, di una priorità, dell’attenzione su un determinato aspetto e, soprattutto, di una mentalità appropriata e corretta. Un progetto politico ha soprattutto la capacità di essere riassunto e compreso simultaneamente da un’opinione pubblica che apprezza lo sforzo di un rappresentante politico di trasformare un elenco di misure in un progetto politico.
Permettetemi di dire che i recenti risultati in Europa confermano che abbiamo bisogno di un numero limitato di progetti politici, perché non si possono avere infiniti progetti politici. Dobbiamo avere solo alcuni progetti politici, che siano compresi dai cittadini europei e sappiano rispondere ai problemi degli europei. Sono convinto che uno di questi sia indubbiamente il terrorismo.
Il terrorismo non si può combattere in modo generico. Le forze di sicurezza non possono adottare la mentalità corretta se si lotta contro il terrorismo in modo generico. Dobbiamo combattere un tipo di terrorismo specifico, un’organizzazione specifica. E’ vero che il terrorismo si deve sempre combattere secondo gli stessi principi di libertà, di rispetto dei diritti umani, di valori su cui si fonda l’Europa, ma in ogni caso dobbiamo saper creare un progetto politico preciso e concreto e dobbiamo sempre saper individuare, definire e valutare l’organizzazione contro cui si combatte; tra l’altro, come dicevo, perché è l’unico modo di stimolare le forze di sicurezza ad avere e dedicare tutta l’energia possibile alla lotta contro una particolare organizzazione.
Qual è il principale alleato di un’organizzazione terrorista? Il suo carattere diffuso: non si sa mai dove cominci e dove finisca; non si sa quale struttura sociale la sostenga, né quali Stati in alcune occasioni siano dietro un certo gruppo. Tuttavia, ha sempre sostegno sociale e una delle chiavi per combattere il fenomeno del terrorismo è saper definire e delimitare il raggio d’azione dell’organizzazione e il tessuto sociale che la sostiene.
Per questo motivo – e mi rammarico di alcuni emendamenti a tal fine – mi rincresce che non abbiamo avuto il coraggio di chiamare per nome l’organizzazione con cui si confrontano gli europei, che è un’organizzazione radicale islamica, o che sostiene di difendere l’islam, cioè Al-Qaeda. E’ essenziale chiamarla per nome, perché è l’unico modo di combattere un’organizzazione: dobbiamo saper dire che cosa abbiamo attualmente di fronte nell’Unione europea.
Il rischio principale per il Parlamento europeo è la paralisi, l’inazione, essere certi dei nostri principi, dei nostri valori, essere sostanzialmente d’accordo, senza però creare un progetto politico comune europeo per affrontare questa grande questione che interessa il presente e il futuro, trattandola come un problema altrui: come se avesse colpito gli americani l’11 settembre di alcuni anni fa, o in particolare la Spagna, per determinati motivi, l’11 marzo scorso, ma non credo sia questo ciò che dobbiamo fare.
Per concludere, vorrei ricordare le vittime e dire che devono sempre essere al centro del nostro dibattito, al centro della nostra attenzione, e torno a insistere sul fatto che, in questo ambito, dobbiamo tutti avere forza morale assieme a loro per affrontare questo problema fondamentale per il nostro futuro.
Stavros Lambrinidis (PSE), relatore. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, nella lotta contro il terrorismo, la paura è il peggior nemico e avvocato. Paralizza la popolazione e ne incrina il senso di sicurezza ed è così che i terroristi vincono. Riduce anche la resistenza della popolazione e rende i governi impazienti di adottare misure repressive, che spesso violano le libertà fondamentali. Anche in questo caso i terroristi vincono. Il modo migliore per contenere questa paura è quindi essere pronti, come Europa, sia a prevenire gli attentati terroristici e le loro ripercussioni sia, se un attentato terroristico dovesse verificarsi, ad affrontarne le conseguenze nel miglior modo possibile, in altre parole mitigandole per la popolazione nel suo insieme e per le vittime.
Perché dovremmo farlo insieme, anziché ciascuno per conto proprio?
In primo luogo, perché il terrorismo non ha confini ed anche le nostre infrastrutture critiche spesso non hanno confini. Non possiamo affrontare ciascuno per proprio conto una situazione che ha ripercussioni paneuropee.
In secondo luogo, perché ci siamo impegnati a favore di questa Europa, non solo attraverso legami economici, ma anche attraverso legami di solidarietà. Nel caso del terrorismo, in particolare, il 25 marzo 2004 abbiamo riconosciuto nella nuova Costituzione la chiara necessità di operare insieme. Che cosa dovremmo fare insieme? Nella prevenzione e nella protezione delle infrastrutture critiche, direi che è estremamente importante disporre di una proposta della Commissione, approvata dal Parlamento, per un programma di protezione delle infrastrutture sensibili. Ciascuno Stato membro, in cooperazione con gli operatori delle infrastrutture, che sono principalmente operatori privati, deve definire tali infrastrutture critiche, secondo un metodo europeo armonizzato. Dobbiamo analizzarne la vulnerabilità e valutare le minacce, il che significa che dobbiamo scambiare informazioni su questi sistemi. Per esempio, il mio paese potrebbe avere informazioni su una possibile minaccia per un altro paese. Dobbiamo trovare soluzioni per proteggere le infrastrutture e per rispondere in modo adeguato in caso di un attentato. Al tempo stesso, dobbiamo salvaguardare la riservatezza, affinché i proprietari delle infrastrutture possano scambiarsi informazioni in tempo utile. In altre parole, essi devono avere la possibilità di trasmettersi segnalazioni relative a possibili attacchi. Dobbiamo garantire i finanziamenti. Dobbiamo soprattutto garantire la tutela delle libertà fondamentali. Il fine non giustifica i mezzi. Dobbiamo garantire un calendario chiaro e realistico, nonché un monitoraggio indipendente da parte dell’Europa per quanto riguarda il rispetto di tale calendario per l’individuazione delle infrastrutture. Non possiamo limitarci a sborsare fondi senza un calendario preciso.
Che cosa possiamo fare ai fini della gestione delle crisi? Dobbiamo creare una forza di protezione civile europea e garantire finanziamenti europei per i suoi spostamenti. Questo è il costo maggiore. Si può prevedere una base di dati che permetta il coordinamento a livello europeo – se una catastrofe colpisce un paese, definirà quali paesi presteranno assistenza e con quali forze – ma tutto questo costa. Dobbiamo cooperare con le organizzazioni non governative e le autorità locali. Sono tutte coinvolte in caso di una catastrofe, che si tratti di un attentato terroristico o di una calamità naturale. Tutti i sistemi di allerta precoce devono essere unificati nel sistema Argus. Si deve creare un centro di gestione, coordinamento e monitoraggio delle crisi e di trattamento delle informazioni in Europa.
E’ altresì necessario, come Europa, consultare le autorità nazionali che vantano un’esperienza in questo campo. Dico questo perché, con le Olimpiadi in Grecia nel 2004, abbiamo organizzato quella che probabilmente è stata la più grande operazione di protezione civile e di protezione delle infrastrutture nella storia del mondo intero. La Commissione europea non può organizzare un programma su così vasta scala senza consultare autorità di questo tipo.
Che cosa non dobbiamo fare insieme? Non vogliamo lanciare allarmi verdi, rossi o arancio al mondo. Non possiamo creare un clima di panico. Se lo facessimo, diffonderemmo proprio ciò che vogliono i terroristi: la paura di cui parlavo poc’anzi. Né vogliamo guerre preventive contro il terrorismo. Sono guerre contro Stati nazionali oppure contro i diritti fondamentali. Al momento esiste un’enorme tentazione, in molti paesi del mondo, di limitare i diritti fondamentali per combattere il terrorismo, o almeno così si asserisce. Non vogliamo neanche affrontare il terrorismo solo come un problema di polizia. Questo non è e non deve essere il nostro modo di combatterlo. Né vogliamo demonizzare determinati terroristi, perché in tal modo li trasformeremmo in eroi, o le vittime sarebbero ignorate. Dobbiamo ricordare queste persone. I terroristi vogliono il contrario; vogliono che le ignoriamo.
Vi ringrazio per l’attenzione e ringrazio tutti gli onorevoli colleghi per l’adozione unanime della relazione in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Mi auguro che raggiungeremo insieme un ampio accordo in futuro.
Mario Borghezio (IND/DEM), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, le misure elencate nel programma dell’Aia, soprattutto in ordine al riciclaggio di danaro, al finanziamento del terrorismo e allo scambio di informazioni fra i paesi dell’Unione europea, devono essere realizzate in tempi rapidi e con efficacia. Questa è una delle finalità che si propone la relazione di cui sono firmatario. Tale obiettivo deve essere raggiunto nel rispetto della riservatezza dei dati personali – un punto su cui molti colleghi hanno insistito in questo dibattito – al fine di rafforzare la libertà, la sicurezza e la giustizia nell’Unione europea, che sono fortemente minacciate dal terrorismo internazionale.
Il terrorismo viene finanziato prioritariamente attraverso il traffico di armi e di droga, ed è evidente che transazioni di simili entità che presiedono a traffici di questo genere coinvolgano istituti bancari e finanziari ufficiali. Pertanto le misure per prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo devono incentrarsi su questi soggetti. Da questo punto di vista raccogliamo con grande soddisfazione l’impegno formulato a nome della Commissione dal Commissario Frattini – che ringraziamo per la sua relazione – per la tempestiva presentazione al Parlamento europeo di una proposta di regolamento sulla tracciabilità delle operazioni finanziarie. Questa iniziativa, di cui diamo atto alla Commissione, ci sembra concreta, rapida ed efficace.
Vi è inoltre il tema, altrettanto corposo, della cooperazione giudiziaria. Com’è possibile per un singolo magistrato – e in Italia ce ne sono molti impegnati fortemente ed efficacemente nell’azione di contrasto del terrorismo – agire senza un adeguato strumento di cooperazione e di scambio di informazioni? Questa è un problema ancora da risolvere.
Io non intendo sottovalutare le preoccupazioni espresse da molti colleghi sul problema della tutela dei dati personali ma vi è un’esigenza prioritaria: si tratta di soffocare le centrali terroristiche che minacciano i cittadini. Ebbene, occorre riflettere attentamente sulla necessità di cooperazione nello scambio dei dati, sull’esigenza di uno strumento che permetta in tempo reale, con misure e interventi efficaci, di prevenire il terrorismo, per evitare poi lacrime di coccodrillo sulle centinaia di morti degli attentati o, peggio ancora, di atti di terrorismo biologico.
E’ evidente che l’organizzazione e lo sviluppo operativo delle reti terroristiche presuppongono un’evoluzione continua dei mezzi e delle metodologie, che includono anche le infiltrazioni. Da questo punto di vista, pur avendo un’enorme stima verso il lavoro e l’abnegazione delle organizzazioni no profit, ho ritenuto necessario sottolineare il pericolo reale, già documentato da molte indagini, di infiltrazioni delle organizzazioni di beneficenza no profit da parte di gruppi terroristici. Occorre che queste organizzazioni garantiscano la massima trasparenza nella gestione dei fondi, utilizzino esclusivamente conti correnti bancari ufficiali e circuiti finanziari regolari e rendano pubblici i bilanci – anche a tutela del mondo no profit, che rappresenta un vanto della società civile europea.
Non dimentichiamo, inoltre, l’attuazione delle raccomandazioni del GAFI (Gruppo di azione finanziaria), che rivestono grande importanza nell’elaborazione di nuove norme per i bonifici bancari, assolutamente necessarie per consentire di individuarne l’origine e i destinatari, che non devono nascondersi dietro lo schermo di società fantasma. Vorrei concludere ricordando il problema, ancora del tutto irrisolto, dei paradisi finanziari e fiscali, dentro e fuori il territorio dell’Unione europea, che possono offrire a tutt’oggi uno schermo di protezione a quelle organizzazioni terroristiche internazionali che minacciano la sicurezza e la tranquillità dei cittadini europei.
Antoine Duquesne (ALDE),relatore. – (FR) Signor Presidente, il terrorismo è un fenomeno informe e poliedrico, che ha inferto un duro colpo all’Europa e che, purtroppo, continuerà a rappresentare una grave minaccia per le nostre democrazie, se non riusciremo a raggiungere un ampio consenso nella lotta contro di esso, se non ci impegneremo con decisione a collaborare l’uno con l’altro e se non adotteremo un’unica strategia sovranazionale per sconfiggerlo.
Non è sufficiente reagire, dobbiamo anticipare e condurre il gioco. In particolare, il terrorismo dev’essere condannato a livello politico, e a tale scopo l’Europa deve dotarsi di strumenti efficaci.
Pertanto mi compiaccio delle cinque relazioni su cui oggi ci accingiamo a votare, in quanto ciascuna di queste propone azioni molto concrete contro questa piaga mondiale, e mi sento rassicurato dalla convinzione che condivido con gli onorevoli Díez González, Mayor Oreja, Lambrinidis e Borghezio. Mi auguro che queste relazioni vengano adottate, se non all’unanimità, condizione che sarebbe ideale, almeno da una maggioranza molto consistente.
Lo scambio di informazioni svolge un ruolo fondamentale nel prevenire la minaccia del terrorismo e nel lottare efficacemente contro i grandi crimini. Però, perché tale scambio di informazioni sia davvero efficace, dobbiamo provvedere con la massima urgenza a dare ordine e coerenza ai controlli già in vigore e verificare, mediante una valutazione rigorosa, che questi offrano un vero valore aggiunto. Dobbiamo evitare di sacrificare la sicurezza sull’altare dell’efficienza, ma nel contempo non dobbiamo lasciare che l’efficienza venga compromessa da meri luoghi comuni.
Sia ben chiaro: quando si tratta della lotta al terrore, non abbiamo nulla da temere nel condurre democraticamente e con determinazione tale lotta, nel rispetto della legge. Il pericolo sta nel non reagire affatto. A questo proposito, ritengo che la proposta di decisione del Consiglio sia utile, perché rafforza la cooperazione verticale, coinvolgendo Europol e Eurojust, e perché offre un’analisi dell’argomento. La proposta svedese è utile perché permette rapidi scambi bilaterali come parte della cooperazione orizzontale tra i servizi degli Stati membri. A mio avviso, tali proposte sono tra loro complementari.
Gli emendamenti adottati in seno alla commissione parlamentare hanno lo scopo di rendere più efficaci queste misure, in particolare fornendo informazioni relative a condanne precedenti, agevolando gli scambi spontanei di informazioni utili, fissando scadenze per lo scambio di informazioni, istituendo l’obbligo di giustificare l’eventuale rifiuto di fornire informazioni, disponendo che si presenti una relazione annuale al Parlamento e dando facoltà di interpretazione alla Corte di giustizia. Per la prima volta, inoltre, proponiamo che vi sia una serie coerente di controlli che stabiliscano livelli comuni di protezione dei dati del terzo pilastro equivalenti a quelli del primo pilastro, in particolare creando un nuovo organismo comune di supervisione. In questo modo sarà infine possibile comunicare alla polizia quali sono le buone pratiche in modo molto semplice e specifico, eventualmente per mezzo di un codice. Ciò permetterà di mettere da parte le obiezioni che spesso vengono sollevate al fine di giustificare l’inazione.
Anche se ci viene solo chiesto un parere, prendiamo l’iniziativa formulando proposte precise. Se il voto sarà ampiamente favorevole, com’è accaduto in seno alla commissione parlamentare, il Consiglio e la Commissione non potranno far finta di niente, ignorando proposte che ritengo ben equilibrate. Abbiamo un ruolo politico molto importante in quest’ambito, e sono convinto che il Commissario Frattini e Gijs de Vries presteranno attenzione alle nostre parole e riferiranno i nostri pareri.
Dobbiamo inoltre reagire con urgenza ad altri dossier d’importanza fondamentale, quali il casellario giudiziario europeo e la lotta contro il finanziamento del terrorismo, perché al terrorismo il denaro è indispensabile. Di qui l’importanza vitale delle norme per la prevenzione del riciclaggio del denaro sporco e per l’identificazione dei possessori di conti bancari che finanziano la grande criminalità.
Onorevoli colleghi, come ho detto poc’anzi, il terrorismo è multiforme. La minaccia più grave che dobbiamo fronteggiare oggi è la violenza perpetrata da una nebulosa di gruppi terroristici che a torto si arrogano il diritto di invocare l’islam. Tuttavia esistono altre minacce. Nel fare guerra al terrore, dobbiamo assicurarci di identificare opportunamente i nostri diversi obiettivi. Dobbiamo essere consapevoli dei legami tra terrorismo e grande criminalità. Dobbiamo inoltre istituire un sistema di allerta rapida rafforzando la cooperazione tra i servizi di informazione e assicurando migliore protezione ai siti maggiormente a rischio.
Vi è molto da fare anche nel campo della prevenzione. Non dobbiamo farci confondere dalle scuse che i terroristi usano per giustificare l’ingiustificabile. Tuttavia, è vero che essi si riferiscono a problemi che spesso esistono veramente e che vanno affrontati, i quali rappresentano terreno fertile per persone condotte alla disperazione e quindi sensibili alla follia terroristica. La prevenzione implica inoltre la capacità di far capire alle persone il pericolo insito in alcune affermazioni e ci impone di diffondere la democrazia per ricordare l’importanza della tolleranza nella discussione e del rispetto dell’opinione altrui.
Dobbiamo inoltre avere la capacità di reagire adeguatamente al peggio. In tali casi, la solidarietà dev’essere all’ordine del giorno: una solidarietà politica concreta che mobiliti tutte le nostre risorse ed energie al fine di fornire assistenza e reprimere gli atti terroristici.
Dobbiamo pensare ancor di più alle vittime del terrorismo, che devono essere coinvolte nel processo non solo perché possiamo porre rimedio ai loro problemi, ma anche perché possiamo dimostrare loro che ci si sta impegnando per fare in modo che simili disastri non accadano mai più.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la nostra arma migliore di fronte alla barbarie è l’impegno appassionato per la libertà e la democrazia, al centro del quale sono i diritti umani. Ancora una volta, se saremo attivi e uniti, potremo sconfiggere coloro che sognano di distruggere gli ideali su cui si fonda l’Europa.
Alexander Nuno Alvaro (ALDE),relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, Coordinatore de Vries, onorevoli colleghi, l’onorevole Duquesne ha già dato una dettagliata spiegazione della necessità d’azione per reprimere, combattere e prevenire il terrorismo in Europa e in tutto il mondo.
Per quanto riguarda le relazioni in discussione, e in particolare quella di cui sono responsabile, ovvero quella sulla conservazione dei dati, vorrei ricordare all’Assemblea ciò che ha detto la Corte di giustizia a proposito della lotta contro il terrorismo, ossia che i governi devono costantemente valutare se tutte le risorse che essi impiegano e tutte le misure che mettono in atto, per quanto legittime possano essere, non mettano in realtà in pericolo ciò che intendono proteggere, che in alcuni casi può essere l’esistenza di una società libera, in altri il diritto alla privacy personale.
Concordo appieno con i relatori ombra, che colgo l’occasione per ringraziare, sul fatto che non siamo in linea di massima contrari alle proposte avanzate dai governi di Regno Unito, Irlanda, Francia e Svezia. Vorremmo però naturalmente insistere sul fatto che misure che implichino una significativa limitazione dei diritti fondamentali, le quali, come tutti gli studenti di legge sanno fin dal primo semestre di qualunque università europea, vanno sempre adeguatamente giustificate, sono basate su una valutazione delle esigenze a sostegno delle misure in questione. Tale valutazione non deve limitarsi a identificare il bisogno d’azione, ma deve anche sottolineare i benefici derivanti dalla conservazione effettiva dei dati tratti dalle reti di telecomunicazione pubblica – Internet, linee di terra, telefonia mobile e messaggi brevi (SMS) – che potrebbero riguardare 450 milioni di persone.
Il principale problema su cui vorrei ritornare a questo proposito riguarda la procedura. Ringrazio per la comunicazione che abbiamo ricevuto. Anche con tutta la buona volontà, tuttavia, devo dire che la procedura ha margini di miglioramento molto ampi. La relazione su cui oggi esprimerete il vostro voto si basa su un progetto che risale all’aprile dell’anno scorso. Nel frattempo, la proposta del Consiglio ha subito numerose modifiche. La proposta più recente è del 24 maggio. Da allora la Commissione ha preso l’iniziativa di introdurre le proprie proposte. Poiché il Parlamento non è aggiornato riguardo a queste ultime, non essendo stato abbastanza coinvolto nelle ultime discussioni da ricevere un nuovo documento attraverso i canali ufficiali, difficilmente ci si può aspettare che esprimiamo entusiasmo incondizionato sulla cooperazione delle altre Istituzioni al riguardo. Forse, se vogliamo avere successo nella lotta contro il terrorismo, dovremmo pensare a migliorare la cooperazione interistituzionale.
Venendo brevemente alla relazione stessa, nella vecchia versione – ed è probabile che problemi simili esistano anche in quella nuova – abbiamo identificato difetti tecnici per quanto riguarda gli strumenti di esecuzione. Si tratta di creare basi di dati progettate per raccogliere quanti più dati sia possibile e necessario conservare; si tratta di verificare quanto sia facile trovare modi di aggirare le disposizioni contenute nella presente proposta e quanto facile o difficile possa o debba essere per l’industria interessata attuare i cambiamenti strutturali richiesti – e questa è la principale difficoltà economica del problema – senza che sia necessaria la compensazione. Forse alcune delle nuove proposte hanno previsto norme diverse al riguardo, ma di certo non vi era alcuna disposizione in materia di compensazione nella versione su cui abbiamo dovuto basare le nostre deliberazioni.
L’altra questione che abbiamo dovuto analizzare era di natura legale: fino a che punto il sistema proposto è compatibile con il diritto al rispetto della vita privata e familiare così com’è definita nell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo? Fino a che punto raccogliere i dati di tutti i cittadini europei è compatibile con i diritti fondamentali inclusi nelle nostre costituzioni nazionali, quali il diritto di decidere della diffusione e dell’utilizzo dei propri dati personali, come in Germania, e il diritto alla privacy telefonica, che presumibilmente esiste in ciascuno Stato membro? Quale sarà il primo paese a dichiarare anticostituzionale la decisione quadro, se mai qualcuno l’adotterà?
Un altro aspetto è il messaggio politico trasmesso dalla giustificazione del primo documento, che afferma che il sistema debba essere deliberatamente progettato per includere coloro che non sono mai stati indagati, in modo da poter raggiungere l’obiettivo di combattere il terrorismo e il crimine organizzato nel modo più esteso ed efficiente possibile. Forse si potrebbe scegliere una soluzione alternativa tra le altre opzioni disponibili. Abbiamo la Convenzione sulla criminalità informatica, che propone modalità per trovare un equilibrio ragionevole tra la raccolta e la protezione dei dati, quali il congelamento dei dati o l’utilizzo di un sistema di conservazione dei dati. Tale Convenzione propone diverse soluzioni che non sono ancora state attuate in un singolo paese. A questo punto si comincia a chiedersi se in questo caso il desiderio di agire rapidamente non abbia avuto la meglio sulla riflessione razionale, soprattutto alla luce del fatto che il Consiglio ha ricevuto il proprio mandato il 25 marzo dell’anno scorso, esattamente due settimane dopo le terribili atrocità di Madrid.
Mi auguro che il messaggio che stiamo inviando in questa sede venga interpretato correttamente. Desideriamo cooperare, ma vogliamo anche che si scelga la procedura giusta. Come dimostra la relazione, noi e i servizi giuridici riteniamo che la questione debba far parte del primo pilastro del Trattato UE, ovvero uno dei settori in cui il Parlamento partecipa a decisioni congiunte e non viene solamente consultato. Forse questa modifica potrà essere accolta, e forse allora ci verrà accordato il medesimo grado di rispetto che noi diamo alle altre Istituzioni nel corso del nostro lavoro.
Karl-Heinz Florenz (PPE-DE),autore. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, in questa discussione, sarei molto interessato a sapere quanta attenzione l’Unione europea in generale e il Consiglio in particolare stanno riservando al problema del bioterrorismo. Non metto in dubbio che una buona politica estera che funziona bene sia il miglior meccanismo preventivo. Purtroppo, però, questo non è stato compreso appieno da parte dell’elettorato europeo nelle scorse settimane, e senza dubbio abbiamo una parte di responsabilità al riguardo.
Comunque stiano le cose, non possiamo chiudere gli occhi di fronte al fatto che siamo esposti al problema del bioterrorismo. Speriamo di non arrivare a questo punto; vorrei però sapere dalla Commissione e dal Consiglio come si stanno preparando a una tale eventualità. Vorrei inoltre sapere quali progressi tali preparativi hanno compiuto nell’arco dell’ultimo anno e degli ultimi mesi, da quando è stato nominato un coordinatore europeo comune. Se è vera – e mi auguro che non lo sia – la voce secondo cui la cooperazione è stata pessima in tutta la zona che circonda il mio paese, vorrei sapere quali azioni la Commissione e il Consiglio stanno portando avanti per affrontare con fermezza il problema. Senza dubbio questa è una missione europea e la dimensione europea porta un valore aggiunto. Attendo con ansia i commenti della Commissione.
Franco Frattini,Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, affronterò insieme le numerose e delicate questioni poste dai relatori, che ho ascoltato con grande attenzione e che ringrazio sentitamente per avere sollevato aspetti di straordinario interesse per la vita democratica dell’Europa.
Ritengo che il terrorismo sia veramente la nuova dittatura del ventunesimo secolo, una dittatura che cerca di limitare le nostre libertà e di colpire i diritti basilari delle persone – il diritto alla vita e all’incolumità fisica – e quindi concordo con la vostra impostazione. Occorre una risposta che parta da un’azione europea e da una forte cooperazione internazionale. Non si tratta di una risposta di emergenza: è necessario considerare il terrorismo una minaccia permanente, che richiede quindi una strategia e soprattutto, come molti hanno detto, azioni concrete.
Su questa base, proprio venerdì scorso a Lussemburgo, il Consiglio ha approvato il piano d’azione proposto dalla Commissione, che contiene alcune nuove e, a mio avviso, efficaci proposte che saranno attuate sin dai prossimi mesi e che si aggiungono alle misure già in corso. Come correttamente affermato dall’onorevole Oreja, si tratta di elementi di un’unica strategia, non una lista di misure. Si tratterà di un disegno politico per il quale, evidentemente, Parlamento, Consiglio e Commissione devono e possono lavorare insieme.
Io credo che uno dei principi fondamentali consista nel fatto che la lotta al terrorismo non significa limitare la libertà delle persone, al contrario! Sarebbe il più grande errore politico se le libertà fondamentali dei cittadini dovessero anch’esse cadere vittime del terrorismo, nel senso di essere sacrificate o, qualche volta, eliminate. Quindi il bilanciamento tra azione di prevenzione e di repressione da un lato, e garanzia delle libertà e dei diritti fondamentali dall’altro è una direzione di marcia su cui si concentrano tutte le relazioni.
Mi sia concesso ora formulare alcune brevi osservazioni sulle relazioni presentate. L’onorevole González ha certamente ragione quando sottolinea l’importanza di un piano d’azione disponibile, che permetta in particolare il monitoraggio dell’azione compiuta dagli Stati membri per attuare le misure decise. Sarebbe davvero un paradosso se, dopo avere individuato una strategia, mancassero gli elementi per controllare l’applicazione delle misure delineate nella strategia stessa. Quindi il piano d’azione ed l’attuazione dello stesso saranno per la Commissione una priorità. Come molti di voi già sanno, uno degli elementi qualificanti del piano d’azione approvato venerdì a Lussemburgo è proprio la creazione di uno strumento di monitoraggio permanente.
La Commissione si propone periodicamente – io ritengo ogni sei mesi – di fornire una relazione, che ovviamente sarà pubblica, sulle modalità e la qualità dell’attuazione di tutte le misure da parte degli Stati membri. Ad esempio per quanto riguarda alcune punti citati nella relazione González, noi stiamo lavorando a una comunicazione sugli esplosivi, i detonatori, le armi da fuoco e a una seconda comunicazione che riguarderà la radicalizzazione e il reclutamento dei terroristi. Accanto a queste misure, proporremo chiaramente, in tempi molto rapidi, alcune proposte sul problema del finanziamento del terrorismo – e tornerò su questo tema – anche con particolare riferimento ad alcune organizzazioni che fiancheggiano e sostengono il terrorismo. Lavoreremo ovviamente alla messa in atto del cosiddetto sistema Argus, che molti di voi conosceranno, che permetterà – ne sono certo – la messa in rete di tutti i sistemi di allerta rapida esistenti presso la Commissione. L’intenzione è quella di creare una rete europea che permetta un immediato scambio di informazioni – direi in tempo reale – tra tutti gli Stati membri in caso di attacco terroristico.
La relazione dell’onorevole Oreja sottolinea, certamente a ragione, l’importanza di rafforzare lo scambio di informazioni, la cooperazione con i paesi terzi, il dialogo con la società civile, un aspetto fondamentale, e l’aiuto e il sostegno alle vittime del terrorismo, un altro aspetto su cui la Commissione lavorerà intensamente. Credo che questa stagione di lavoro, che oggi il Parlamento inaugura con le relazioni presentate, dovrà tenere sempre più in considerazione le vittime del terrorismo oltre, ovviamente, agli autori degli atti di terrorismo.
Credo che la chiave per il successo di questa strategia sia il principio di inclusività: tutti gli attori, pubblici e privati, della società debbono poter partecipare al dibattito democratico sul terrorismo. Io credo che un’informazione appropriata dell’opinione pubblica, non minacciosa né drammatizzante, bensì chiara, possa essere una risposta rassicurante. Se noi comunichiamo ai cittadini che esistono misure concrete e che insieme le stiamo mettendo a punto, credo che i cittadini possano sentirsi rassicurati dal fatto che le grandi istituzioni dell’Europa stanno lavorando e continueranno a lavorare attivamente.
Per quanto riguarda la protezione delle infrastrutture sensibili, onorevole Lambrinidis, io ho molto apprezzato la sua relazione. Una delle principali minacce terroristiche pesa certamente sulle infrastrutture e proprio in questo settore si rivela indispensabile la collaborazione tra istituzioni pubbliche, tutti i livelli di governo e il settore privato. La Commissione intende presentare al Parlamento, entro la fine di quest’anno, una proposta di programma europeo per la protezione delle infrastrutture sensibili. Uno dei punti del programma consisterà nella possibilità di dare accesso a un’informazione immediata e tempestiva, una sorta di allerta precoce, in caso di pericolo di attentato terroristico.
Vi comunico che proprio in questo momento si sta svolgendo a Bruxelles un importante seminario su questo tema, cui partecipano centocinquanta rappresentanti dei venticinque Stati membri. Tale incontro offre una risposta positiva: c’è un largo consenso sui principali elementi di questo futuro programma. Noi organizzeremo in settembre un secondo seminario europeo pubblico, per poter poi presentare, entro la fine dell’anno, un vero e proprio programma. In tale contesto disporremo un finanziamento di 1,5 milioni di euro per studi relativi alle prassi eccellenti per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sulle norme di sicurezza dedicate alle infrastrutture sensibili. E’ evidente che ciascuno Stato membro dovrà investire sulle strutture che esistono all’interno del suo territorio.
In relazione al finanziamento del terrorismo, tema affrontato nella relazione dell’onorevole Borghezio, io concordo sui principali punti che sono stati delineati. In merito al cosiddetto settore no profit, la Commissione sta lavorando a una sorta di codice di condotta europeo, per affrontare le vulnerabilità del settore in questione che, in qualche occasione – come è stato scoperto – operava a sostegno diretto o indiretto delle organizzazioni terroristiche. Ma per fare ciò chiediamo una grande collaborazione dello stesso settore no profit e della società civile che, come noi, è interessata a sradicare tutti coloro che aiutano in qualsiasi modo l’azione del terrorismo. Anche per quanto riguarda il finanziamento del terrorismo, noi pensiamo certamente ad un migliore scambio di informazioni tra le autorità nazionali. Stiamo valutando questo aspetto, sul quale è in preparazione una comunicazione della Commissione.
C’è un ulteriore aspetto di grande delicatezza: la tracciabilità delle transazioni finanziarie. E’ evidente che, in assenza degli strumenti necessari per seguire il percorso delle transazioni finanziarie, siamo sprovvisti di un effettivo strumento per colpire il finanziamento del terrorismo. In merito a tale aspetto intendiamo pertanto proporre al Parlamento e al Consiglio, entro quest’estate, uno schema di regolamento sull’informazione e gli strumenti per la tracciabilità delle transazioni finanziarie.
Vi sono inoltre le tre relazioni dell’onorevole Duquesne, che toccano un tema a me particolarmente caro: il rapporto tra l’azione contro il terrorismo e la protezione dei dati personali. Credo che gli emendamenti presentati per integrare e migliorare la proposta svedese vadano appoggiati. Si tratta di emendamenti che tengono conto dell’importante conferenza svoltasi alcuni giorni fa in Polonia e che sottolineano quanto sia importante il diritto di ogni persona alla protezione dei dati personali, anche quando ci troviamo a fronteggiare il terrorismo. Ciò significa individuare un equilibrio: nessuno può immaginare di rinunciare alla prevenzione e alla lotta al terrorismo ma i diritti fondamentali dell’individuo debbono essere preservati.
Io condivido il pensiero dell’onorevole Duquesne a proposito del ruolo di Europol e di Eurojust. E’ importante concedere a tali organismi la possibilità di accedere ad un ampio spettro di informazioni, affinché possano effettivamente svolgere quell’attività di scambio e di coordinamento che è propria di Europol, come si evince dal nuovo mandato sull’azione di tale organismo, ricevuto pochi giorni fa dal suo nuovo direttore.
Il principio del rispetto dei diritti fondamentali è un tema affrontato dall’onorevole Alvaro e io stesso ne ho parlato più volte. Il principio della custodia dei dati personali deve rispondere ad esigenze reali. Non si possono custodire dati personali se tale custodia non risponde ad obbiettivi determinati e per un tempo determinato, né si può consentire l’accesso a questi dati se non alle competenti autorità di polizia e di investigazione che hanno diritto ad accedervi per legge. Stiamo preparando un provvedimento al riguardo in forza di una base giuridica che, a mio avviso, è più corretta di quella esistente e che ho illustrato venerdì al Consiglio dei ministri “Giustizia e Affari interni”, riservandomi la presentazione di un testo concreto che avverrà entro l’estate dell’anno corrente.
L’ultimo tema sul quale vorrei rapidamente soffermarmi è il bioterrorismo. L’onorevole relatore sa che la Commissione dispone di alcune competenze ma non di tutte. Essa può occuparsi della sicurezza dei prodotti alimentari, del commercio di medicinali, del coordinamento tra gli Stati membri, della protezione civile e del finanziamento della ricerca. Non è poco. Ma tocca agli Stati membri adottare le misure concrete per l’azione operativa di prevenzione e di eventuale reazione in caso di attentato terroristico. Voi sapete che, in seguito all’attentato bioterroristico del 2005, con elementi di antrace, è stato istituito un comitato di alto livello per la sicurezza nel campo della salute pubblica, con un efficace programma di cooperazione per la prevenzione e la risposta rapida. La collaborazione in atto funziona e siamo in grado di comunicarvi l’esistenza di uno strumento che, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana, può fornire un’allerta rapida in caso di attacco biologico, chimico e con agenti radiologici. Molte azioni della Commissione miglioreranno il livello di preparazione e di prevenzione: stiamo sviluppando degli esercizi di simulazione in caso di possibili attentati bioterroristici, due dei quali si svolgeranno entro quest’anno per valutare concretamente il livello di prevenzione e di risposta rapida.
Stiamo inoltre elaborando delle linee guida per gestire le diagnosi mediche in caso di agenti diffusi dai bioterroristi; stiamo preparando dei corsi di formazione insieme ad Europol e stiamo sostenendo i piani nazionali di emergenza ai fini della disponibilità di un numero adeguato di vaccini e di un’assistenza urgente. Come voi sapete, il mio collega Kyprianou ha inaugurato, appena una settimana fa, un importante centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Su questi temi continueremo a incoraggiare gli Stati membri.
Vi sono due proposte finali e concrete che voglio ricordare: in primo luogo, la definizione di un nuovo programma europeo per la salute e per la protezione dei consumatori, nell’ambito del quale intendiamo aumentare il livello dei finanziamenti destinati alla prevenzione e alla reazione rapida in caso di emergenze sanitarie. Abbiamo proposto inoltre il rimborso, nell’ambito del Fondo di solidarietà, delle spese relative ad emergenze sanitarie, fino a un miliardo di euro. In secondo luogo – e concludo – segnalo un’iniziativa importante che abbiamo indicato come programma quadro. Si tratta di un programma, previsto e approvato per il prossimo bilancio comunitario, destinato alla preparazione e prevenzione in materia di sicurezza. Esso includerà, ovviamente, dei fondi da destinare in caso di eventuali attentati bioterroristici.
(Applausi)
Jaime Mayor Oreja (PPE-DE), relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – (ES) Signor Presidente, in questo brevissimo intervento, vorrei sottolineare l’importanza dello scambio di informazioni per combattere il tipo di terrorismo oggetto di discussione.
La relazione dell’onorevole Duquesne è particolarmente appropriata, in quanto pone l’accento proprio su questa importantissima questione. Dobbiamo avere il coraggio di chiamare per nome l’organizzazione che dobbiamo combattere e senza dubbio siamo di fronte a una serie di gruppi fondamentalisti che non rappresentano l’islam, ma sostengono di operare in nome dell’islam.
Considero quindi estremamente importante l’informazione, perché è un fenomeno emergente del quale conosciamo molto poco e con questo tipo di fenomeno l’informazione è essenziale. Di sicuro non conosciamo il modo in cui opera e soprattutto non comprendiamo il suo senso del tempo. Non è come altre organizzazioni, che hanno un senso del tempo analogo al nostro. Per questo motivo, è estremamente importante riuscire a lavorare conoscendo il sostegno sociale di cui godono tali organizzazioni, sapendo che chi vi milita è disposto a morire, a sacrificare la propria vita in questi attacchi, il che non avviene con organizzazioni di altro tipo.
E’ quindi estremamente importante saper porre l’accento sullo scambio di informazioni delle forze di polizia nazionali e non solo con Europol. Il progetto europeo deve avere sufficiente capacità per promuovere lo scambio di informazioni tra le forze di polizia nazionali, che sono le autorità che al momento si occupano in particolare di questo fenomeno.
Il Consiglio, la Commissione e il Parlamento devono dunque creare nuove sedi per lo scambio di informazioni tra tutte le forze di polizia che si occupano di questo problema difficile e delicato.
István Szent-Iványi (ALDE), relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – (HU) Una delle sfide più impegnative e complesse cui devono rispondere le democrazie liberali è il terrorismo internazionale. Il terrorismo mira a colpire innanzi tutto la nostra sicurezza, ma compromette in modo fondamentale anche la nostra libertà. Dobbiamo trovare soluzioni per difenderci dal terrorismo e per proteggere la nostra sicurezza, garantendo al tempo stesso che i nostri diritti umani e civili e le nostre libertà non siano ridotti. La relazione dell’onorevole Duquesne affronta questo dilemma e mi congratulo con lui al riguardo, perché sa che, da un lato, uno scambio rapido ed efficace di informazioni è la chiave per risolvere l’intero problema e, dall’altro, proprio a causa di questo scambio di informazioni, emergono preoccupazioni in materia di protezione dei dati personali. In proposito, l’onorevole Duquesne avanza un’ottima proposta – che appoggio – cioè l’istituzione di un organismo cui affidare il monitoraggio degli sviluppi durante l’intero processo. Tuttavia, finché non avremo introdotto queste nuove misure, dovremo adottare come norma le disposizioni di legge in vigore nei paesi che garantiscono la migliore protezione dei dati personali dei propri cittadini.
Per la seconda volta, proponiamo che i paesi che non sono ancora membri, ma sono candidati all’adesione, siano coinvolti in questo scambio di informazioni – almeno prendiamo in considerazione la possibilità di coinvolgerli – in altre parole, i paesi che presto faranno parte della famiglia europea e i paesi limitrofi interessati alla questione. Infine, raccomandiamo ed esortiamo gli Stati membri dell’Unione europea a ratificare nel più breve tempo possibile i vari accordi e trattati internazionali riguardanti la lotta al terrorismo. Numerosi Stati membri purtroppo non hanno ancora ratificato molti di tali accordi internazionali e di conseguenza non disponiamo di strumenti uniformi per combattere il terrorismo in modo efficace.
Antonio López-Istúriz White (PPE-DE), relatore per parere della commissione giuridica. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, in questo momento combattere il terrorismo, prevenirlo e cancellarlo dalla faccia della Terra deve costituire l’unico obiettivo prioritario delle politiche dell’Unione europea.
Non dobbiamo dimenticare l’11 marzo, quando la Spagna e l’Europa hanno subito un attacco codardo e crudele perché rappresentano il paradigma delle libertà che noi, in quest’Aula, cerchiamo costantemente di salvaguardare. L’11 marzo ha cambiato la storia della Spagna, dell’Europa e con essa quella dell’Unione europea. Da quel momento, è diventato necessario riconoscere che il terrorismo non è una realtà uniforme, omogenea o monolitica.
Al contrario, tale attentato ha dimostrato che esistono molti tipi diversi di terrorismo; pertanto, gli strumenti per combattere i diversi tipi di terrorismo non devono essere generici, ma specifici e adeguati a ciascuno di essi. Da questo punto di vista, il terrorismo di Al-Qaeda non si può combattere allo stesso modo del terrorismo dell’ETA o dell’IRA. E, naturalmente, non si può combattere negandone l’esistenza, come vorrebbero fare alcuni colleghi qui in seno al Parlamento europeo, eliminando qualsiasi riferimento ad Al-Qaeda nei nostri documenti antiterrorismo. Se ho appreso una lezione dalla storia, è che chi la nega è condannato a ripeterla.
Affinché la nostra lotta sia efficace, dobbiamo basare i nostri sforzi su meccanismi di prevenzione, e sono pienamente d’accordo con il Commissario. Questa lotta non deve basarsi esclusivamente su meccanismi di reazione; è evidente che il miglior modo di combattere il terrorismo consiste nel prevenirlo. Tale prevenzione, e sono assolutamente d’accordo con l’onorevole Mayor Oreja, si deve basare sullo scambio bilaterale e rapido di informazioni tra i servizi specializzati degli Stati membri, sull’agevolazione della trasmissione sistematica di informazioni a Europol ed Eurojust e sulla creazione di archivi, quali il casellario giudiziario europeo, per agevolare le indagini.
Nessuna difficoltà deve frapporsi alla protezione efficace della libertà e del diritto alla vita. La difesa della vita e della libertà deve sempre essere una priorità in questa lotta.
Angelika Niebler (PPE-DE),relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ho redatto il parere sulla conservazione dei dati per la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, e vorrei anche limitarmi a tale argomento.
Innanzi tutto, però, vorrei ringraziare il relatore e tutti coloro che hanno partecipato per il lavoro svolto. Senza dubbio è incontestabile che le democrazie dell’Unione europea devono affrontare la minaccia del crimine e del terrorismo e impegnarsi per sconfiggerli. La proposta della Commissione sulla conservazione dei dati memorizzati e trattati potrebbe contribuire al raggiungimento di tale obiettivo, ma non nella sua forma attuale. La proposta di decisione quadro è stata giustamente oggetto di forti critiche da parte di tutti i partiti in seno all’Assemblea. Vorrei soffermarmi su alcune questioni.
La proposta non risponde alla domanda fondamentale circa l’effettiva necessità e opportunità della conservazione dei dati. Purtroppo non contiene prove plausibili che le misure proposte servano effettivamente a migliorare la nostra capacità collettiva di combattere il crimine e il terrorismo. Tuttavia, senza tali prove, è assolutamente impossibile giustificare i notevoli effetti che questo tipo di conservazione dei dati avrà sulle persone e sulle imprese.
So che attualmente la Commissione sta lavorando a una propria proposta. Chiedo tuttavia alla Commissione – e ho scritto personalmente al Commissario Frattini al riguardo – di disporre una valutazione di impatto indipendente, al fine di accertare se i vantaggi delle misure previste ne giustifichino il costo.
Vorrei inoltre aggiungere qualche commento sull’attuale procedura. Per quanto riguarda le disposizioni procedurali, avrei voluto vedere una forma di coinvolgimento parlamentare diversa riguardo a questa delicata questione. La protezione dei dati, che davvero riguarda ciascun individuo e ciascuna impresa, richiede una procedura legislativa adeguata. Ai sensi del Trattato UE, ciò comporta la piena partecipazione del Parlamento europeo.
Tutto questo mi induce alla conclusione che la proposta di direttiva quadro dev’essere completamente rivista alla luce delle critiche mosse dal Parlamento europeo.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Manuel Medina Ortega (PSE), relatore per parere della commissione giuridica. – (ES) Signor Presidente, la discussione odierna è molto importante e vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori, in particolare i miei colleghi, onorevole Mayor Oreja e onorevole Díez González, per le loro relazioni. La relazione dell’onorevole Díez González, in particolare, è molto ambiziosa e mira a garantire ai cittadini un livello di protezione molto elevato contro il terrorismo.
Ritengo che uno dei portati dello Stato moderno sia stata la protezione dei cittadini contro qualsiasi tipo di delinquenza. In questo momento, ci troviamo di fronte a un tipo di delinquenza molto specializzato, il terrorismo, che esige non solo un’azione da parte delle istituzioni dello Stato, ma anche la cooperazione a livello internazionale.
Per quanto ci riguarda, consideriamo fondamentale la cooperazione nell’ambito delle Istituzioni europee e, al riguardo, vorrei sottolineare l’importanza attribuita dai cittadini d’Europa alla rapida ratifica della Costituzione europea, in quanto essa stabilisce un quadro per la lotta al terrorismo che comincia con il riconoscimento, quale diritto fondamentale, del diritto alla vita e all’incolumità fisica delle persone e quindi sancisce uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. E’ necessario leggere tali testi: sembra che alcuni cittadini dell’Unione non li conoscano ancora.
La clausola di solidarietà di cui all’articolo I-43 della Costituzione europea, stabilisce che “l’Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall’uomo”.
Afferma poi: “l’Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri, per:
a) – prevenire la minaccia terroristica sul territorio degli Stati membri;
– proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da un eventuale attacco terroristico,
– prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, in caso di attacco terroristico;
b) prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, in caso di calamità naturale o provocata dall’uomo”.
La Costituzione europea istituisce inoltre un meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri.
La mia conclusione, signor Presidente, è quindi che i cittadini d’Europa in questo momento si attendono che noi, i politici europei, promuoviamo il processo di ratifica della Costituzione europea al fine di disporre quanto prima di strumenti adeguati per combattere questo flagello.
Agustín Díaz de Mera García Consuegra, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere le mie congratulazioni ai sei relatori, che hanno assunto il compito molto complesso, ai fini della lotta contro il terrorismo, di svolgere una valutazione comune per combattere il terrorismo nel rispetto della legalità, dei diritti umani e della protezione dei dati personali. Mi congratulo, rivolgendomi a loro per nome e cognome, con gli onorevoli Rosa Díez, Jaime Mayor, Stavros Lambrinidis, Antoine Duquesne, Mario Borghezio e Alexander Nuno Alvaro.
Il mio intervento riguarda un impegno documentato, modesto ma ben documentato, a favore della lotta contro il terrorismo e del sostegno e della protezione delle vittime. Signor Presidente, le vittime devono essere ascoltate, devono essere rispettate e devono essere sostenute. A tal fine occorrono risorse.
Al terrorismo non si fanno concessioni. I reati di terrorismo non vanno mai in prescrizione e devono essere perseguiti in qualunque parte del mondo.
Tuttavia, signor Presidente, ispirato dal mio impegno a favore delle vittime, ho presentato un emendamento alla relazione dell’onorevole Borghezio: l’emendamento n. 4, riguardante le forme di finanziamento del terrorismo.
Nel mio paese esiste la cosiddetta “tassa rivoluzionaria”, imposta dall’organizzazione terrorista ETA. E’ la peggiore forma di estorsione conosciuta nell’Unione europea; è una forma di estorsione che consiste nello scrivere a imprenditori baschi per richiedere finanziamenti per le sue attività criminose. Si stima che tali finanziamenti si aggirino intorno a 12-15 milioni di euro all’anno. Se tale forma di finanziamento fosse interrotta e resa impossibile, il gruppo terrorista non potrebbe sopravvivere.
Esistono tre tipi di reazioni a questo fenomeno: alcuni pagano, altri lasciano il paese e altri ancora non pagano, ma ciò finisce per costare loro molto caro. La Corte suprema nazionale dispone di leggi e procedimenti per tali reati. Pertanto, stamattina mi rivolgo in particolare all’onorevole Roure e la invito a tenere conto di ciò che sto affermando, perché il sostegno del secondo gruppo maggioritario dell’Assemblea e degli altri gruppi è molto importante. La inviterei caldamente ad accettare e sostenere questo emendamento, che sarei disposto a modificare adoperando termini più accettabili, per esempio “forma di estorsione che l’organizzazione terrorista ETA definisce tassa rivoluzionaria”, in quanto si tratta di solidarietà con gli imprenditori baschi e spagnoli che subiscono questa forma di estorsione.
Infine, signor Presidente, e con questo concludo, mi rivolgo al signor Gijs de Vries: la minaccia persiste. Il signor de Vries, che sa che la minaccia persiste, deve disporre di risorse sufficienti non solo per produrre relazioni strategiche, ma anche per gestire un servizio in grado di combattere il terrorismo in modo efficace.
(Applausi a destra)
Martine Roure, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori e con tutti i membri della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, che hanno dedicato grande impegno a questo lavoro e a questa discussione.
Dobbiamo dimostrare la nostra determinazione, elaborando una risposta comune per la lotta contro il terrorismo, perché le organizzazioni terroriste non tengono conto delle frontiere nazionali quando commettono i loro atti criminosi. Questo è il motivo per cui, a nostro parere, l’unica risposta efficace al terrorismo è una risposta a livello europeo.
Il piano d’azione dell’Unione europea contro il terrorismo deve essere lo strumento politico di base dell’Unione in questo ambito. Dobbiamo quindi essere ambiziosi nel fornire risposte specifiche ai problemi alla base del terrorismo e dell’integralismo. Tuttavia, non possiamo limitarci alla sola politica di sicurezza, perché il terrorismo è la negazione delle libertà dei nostri cittadini.
Per questo motivo, dobbiamo innanzi tutto contrastare il terrorismo con la protezione e la promozione attiva dei diritti fondamentali. Questa priorità del programma dell’Aia deve trovare un posto centrale anche nella nostra politica. Dobbiamo promuovere i valori della democrazia e della solidarietà, al fine di combattere le cause del terrorismo. Dobbiamo affrontare le situazioni di estrema povertà e di esclusione sociale, che troppo spesso offrono terreno fertile alle idee estremiste. Nell’Unione, dobbiamo lottare contro le discriminazioni, il razzismo e la xenofobia. Al tempo stesso, tuttavia, sarebbe inaccettabile se la lotta al terrorismo favorisse nuove forme di discriminazione.
Dobbiamo anche trovare un modo di coordinare le politiche di lotta al terrorismo interne ed esterne dell’Unione europea. Dobbiamo incoraggiare il dialogo con i paesi terzi, per favorire innanzi tutto uno sviluppo comune. Nessuno dovrebbe essere spinto a compiere azioni disperate a causa di una situazione precaria.
Inoltre, la sicurezza dei trasporti senza dubbio svolge un ruolo importante nella lotta al terrorismo, ma deve essere garantita nel rispetto della vita privata dei cittadini e della protezione dei dati personali. A tal fine, è necessario proseguire il nostro lavoro e adottare misure legislative e operative, tra cui il mandato d’arresto europeo, che è uno strumento fondamentale.
Anche la terza direttiva sul riciclaggio di denaro, che comprende il finanziamento del terrorismo, ci offrirà gli strumenti per combattere le reti che sostengono il terrorismo. Chiediamo quindi un rafforzamento di Europol ed Eurojust, affinché possano realmente coordinare la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata in Europa.
Nondimeno, dobbiamo anche fornire garanzie ai cittadini per quanto riguarda la protezione della vita privata. Ciò sarà possibile soltanto se la conservazione dei dati sarà prevista come uno strumento nel quadro del primo pilastro, al fine di garantire la tutela dei dati personali. Purtroppo, questo processo è rallentato dalla mancanza di volontà politica degli Stati membri di conferire efficacia reale alle decisioni europee.
Per concludere, vorrei dire che l’odio, la violenza e la paura hanno sempre soffocato la ragione. Viviamo in un’epoca di integralismo, accompagnato da fanatismo e terrorismo. Il mondo sembra politicamente ed economicamente in fiamme e noi nell’Unione europea dobbiamo assolutamente ravvivare la fiducia nella democrazia e lottare contro tutte le ingiustizie, che sono terreno fertile per la violenza.
Ignasi Guardans Cambó, a nome del gruppo ALDE. – (ES) Signor Presidente, non so se parlo a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa o a titolo personale, ma credo di parlare a titolo personale.
In ogni caso, è chiaro che questa è una discussione importante. Sono oggi presentate in Aula diverse relazioni, ciascuna delle quali ha seguito il proprio corso in sede di commissione e, nell’insieme, forniscono una prova lampante dell’importanza che il Parlamento annette alla discussione.
Sono relazioni per le quali è doveroso congratularsi con i relatori, anche perché sono riusciti a comprendere la necessità di accogliere un gran numero di emendamenti, che le hanno arricchite e hanno chiarito alcune affermazioni contenute nei testi iniziali, in alcuni casi in modo molto significativo. In ogni caso, oggi risulterà chiaro l’impegno del Parlamento a favore di una lotta contro il terrorismo estremamente risoluta in termini di polizia e in termini di efficacia giudiziaria, ma, al tempo stesso, pienamente rispettosa dei diritti umani, della protezione dei dati e delle garanzie senza le quali questa lotta al terrorismo sarebbe priva di senso, una lotta che tiene conto delle vittime del terrorismo, ne tiene conto con rispetto – ovviamente non affida a loro le decisioni politiche, perché ciò non sarebbe appropriato, ma è evidente che devono avere voce in capitolo ed essere ascoltate direttamente – e che, senza giustificare il terrorismo né coloro che si immolano o sono capaci di uccidere indiscriminatamente, senza giustificarli in alcuna circostanza, è una politica antiterrorismo che affronta le cause che possono indurre una persona a diventare un terrorista.
Non possiamo trattare il terrorismo come se fosse appena atterrato da Marte. Esistono situazioni a causa delle quali alcune persone sono pronte a uccidere, il che non giustifica gli individui che lo fanno, ma ci obbliga, come responsabili politici, a chiederci perché e ad esaminare le situazioni specifiche alla base di questi comportamenti.
L’equilibrio tra questa lotta risoluta, questo esame della realtà per quello che è, e il rispetto dei diritti umani è di fatto un equilibrio reale che, se queste relazioni si tradurranno in un’azione politica, può produrre risultati significativi.
Alcuni emendamenti restano vivi, e alcuni li ho presentati io stesso a nome del mio gruppo – in questo caso sì, a nome del mio gruppo – e ne vorrei evidenziare due.
In primo luogo, stiamo parlando di terrorismo di varie origini e, di conseguenza, menzionare l’islam, anche solo per dire “riteniamo che l’islam in fondo sia buono, ma ci preoccupano i terroristi islamici” significa mescolare il terrorismo e l’islam. Proponiamo quindi di sopprimere qualsiasi riferimento all’islam in questo documento, perché altrimenti potremmo fare un elenco di potenziali terroristi. Non lo abbiamo fatto, e sarebbe molto pericoloso farlo, perché lasceremmo sicuramente fuori qualcuno. Non mescoliamo dunque il terrorismo e l’islam, nemmeno per introdurre solo una clausola che afferma: “in fondo l’islam è buono”, che sembra sia ciò che intendono fare queste relazioni, se l’emendamento non sarà approvato.
In secondo luogo, proponiamo di sopprimere qualsiasi riferimento al Tribunale penale internazionale. Riteniamo che tale Tribunale stia appena cominciando il suo lavoro e complicarne il funzionamento con un dibattito sulle sue competenze in materia di antiterrorismo ne comprometterebbe solo la funzione. Lasciamo dunque tale dibattito fuori dalla discussione odierna. Esistono altri modi di affrontarlo e oggi dovremmo attenerci a ciò che è già in funzione.
Vorrei infine dire al signor Gijs de Vries, che ci onora con la sua presenza in Aula, che l’importante è tradurre tutte queste parole in azione politica e in misure concrete.
Johannes Voggenhuber,a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, con le sette relazioni odierne, il Parlamento sta cercando di giungere a un’ampia posizione comune in materia di terrorismo e di organizzare la lotta contro di esso.
E’ un compito imponente quello che ci accingiamo a svolgere. Vorrei illustrare ciò che esso comporta. Tale compito prevede di vincere una battaglia contro avversari che mettono da parte ogni qualità umana, infrangono ogni norma ed ogni legge, disprezzano i confini nazionali e morali, non conoscono ritegno e perseguono con fanatismo lo scopo criminoso di distruggere la libertà umana. Il nostro obiettivo è vincere questa guerra senza sacrificare la nostra dignità, mettere da parte la nostra umanità e tradire le nostre stesse leggi e senza mettere a rischio la libertà personale sul nostro stesso territorio nazionale.
Il compito è questo, ed è incredibilmente difficile. Persino per la guerra nel corso dei secoli sono state fissate norme comuni, ma qui dobbiamo affrontare avversari che si annidano nell’ombra, che sono invisibili e trascendono ogni confine. Questo rende essenziale l’assoluta risolutezza e un approccio comune, ma ci impone anche di capire che la nostra sensibilità ai bisogni e ai diritti dei cittadini non si deve affievolire al suono della parola “terrorismo” e che non dobbiamo dare carta bianca all’uso di qualunque strumento per la lotta contro il terrorismo. L’onorevole Alvaro, uno dei relatori, ha sollevato la questione. Reputo particolarmente importante sottolineare che i diritti fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto non sembrano essere adeguatamente tutelati dalle disposizioni contenute in questo progetto.
Tuttavia, vi è un altro aspetto che ci pone di fronte a una situazione completamente nuova. L’intera relazione González si fonda sull’assunto che la Costituzione europea entrerà in vigore. Si poggia sulle basi della Carta dei diritti fondamentali, della codecisione parlamentare, dei processi legislativi aperti, della clausola della solidarietà, del diritto a decidere della diffusione e dell’utilizzo dei propri dati personali, dello scrutinio parlamentare, della revisione giudiziaria e della dissoluzione della struttura a pilastri in favore di un’Europa unificata. Non si tratta di un pio desiderio o di un sogno che forse si sgretolerà sotto i nostri occhi. No, si tratta di un requisito preliminare assoluto, imperativo e indispensabile per questo pacchetto di misure, per la sua legittimità e per la difesa dei diritti fondamentali.
Senza tale condizione preliminare, senza la Costituzione europea, non siamo nella posizione di approvare questo catalogo di misure, perché non vi è alcuna garanzia che l’equilibrio tra giustizia, sicurezza e libertà verrà preservato. Si aggiunga il fatto che, sulla questione di convertire Europol in un’agenzia e di inserire il Coordinatore europeo per la lotta contro il terrorismo tra il personale della Commissione, non è stato ancora presentato nulla al di fuori della nostra richiesta – nessun consenso, nessuna spiegazione – ed è evidente che in questo caso corriamo il rischio di alterare l’equilibrio, mettendo in pericolo la libertà dei cittadini.
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la prima frase del documento strategico di difesa nazionale approvato dagli Stati Uniti d’America nel marzo del 2005 recita: l’America e il mondo stanno combattendo una guerra. Questo è il presupposto ideologico che ha prodotto negli ultimi anni la teorizzazione della guerra preventiva, la violazione delle libertà individuali, la fine della protezione dei dati personali e l’ossessione securitaria.
Il terrorismo è un crimine gravissimo che va condannato e combattuto. Tuttavia esso non può essere combattuto con strumenti militari e pertanto ritengo che l’Europa debba prendere le distanze da questo approccio. Dobbiamo analizzare attentamente la spirale guerra-terrorismo: la risposta militare ha reso più forte il terrorismo, non possiamo eludere questo tema. In Afghanistan l’occupazione militare ha prodotto una crescita esponenziale della produzione di oppio, che sta finanziando Al-Qaeda. In Iraq la guerra ha alimentato la forza di gruppi terroristici, non tutti di ispirazione religiosa, ragion per cui bisogna rimuovere l’ossessione antislamica da alcune relazioni in esame in questo Parlamento.
Tale ossessione rivela anche una subalternità culturale agli Stati Uniti d’America. Il Presidente Bush, infatti, ha chiesto ai regimi islamici di limitare, controllare e registrare tutte le donazioni che i musulmani fanno alle organizzazioni di beneficenza. Tuttavia, noi non possiamo considerare le organizzazioni no profit, come fa qualche relatore in quest’Aula, la principale fonte di finanziamento del terrorismo. Dobbiamo evitare equazioni troppo semplicistiche come: terrorismo uguale immigrazione o terrorismo uguale islam.
Il terrorismo va combattuto e sconfitto: l’obiettivo è nobile, le modalità troppo spesso improprie e talvolta criminali. Il terrorismo è un reato contro l’umanità ma credo che non sia necessario individuare un Tribunale penale internazionale come luogo per giudicare tali reati, anche perché al contempo è inaccettabile che i massacri di popolazioni civili in azioni militari non siano giudicati da nessuno.
Troppo spesso la sovranità prevede l’irresponsabilità penale del principe. Un autorevole giurista asseriva che la storia giuridica dello Stato in occidente è quella della programmazione della sua innocenza rispetto agli atti criminali. Io credo che per combattere il terrorismo dobbiamo rimettere in discussione l’antico adagio del diritto secondo cui il re non sbaglia mai.
James Hugh Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, in questa discussione sul terrorismo, accolgo con favore il fatto che sabato scorso, a Belfast, un membro dell’IRA, Terry Davison, è stato incriminato dell’assassinio di Robert McCartney e un secondo membro dell’IRA, Jim McCormick, è stato incriminato del tentato omicidio dell’amico del signor McCartney, Brendan Devine.
Vorrei congratularmi con il servizio di polizia dell’Irlanda del Nord per aver annientato una campagna di intimidazione orchestrata dall’IRA e dato avvio al processo volto ad assicurare la giustizia in questa vicenda tristemente nota. Sono certo che seguiranno molte altre incriminazioni, perché questo è l’unico modo di rispondere ai metodi dei terroristi.
La missione delle democrazie è sconfiggere il terrorismo, non solo contenerlo o domarlo. Una conciliazione morbida fa solo il gioco dei terroristi, che poi pretendono sempre di più. Ci siamo passati in Irlanda del Nord: il nostro governo ha assurdamente tollerato le zone “no go” per le proprie forze di sicurezza e un livello accettabile di violenza, ha riconosciuto ai detenuti la condizione di prigionieri politici, ha condotto trattative segrete, concluso accordi collaterali, ha ristrutturato e cambiato nome alla polizia, ha sminuito la criminalità paramilitare organizzata, fino alla massima ignominia del rilascio anticipato dei terroristi nel quadro dell’accordo sconsiderato di Belfast. Nulla di tutto ciò ha funzionato, perché l’ultima relazione del comitato di monitoraggio internazionale rivela che esiste ancora un’IRA attiva e funzionante, che recluta, addestra, minaccia e opera in collusione con il suo socio minore, il Sinn Féin, i cui membri, come sempre, sono palesemente assenti quando si discute di terrorismo in Aula.
Raccomando umilmente agli altri paesi d’Europa di imparare la lezione. Mi auguro che imparino più rapidamente di quanto non abbia fatto il governo britannico la lezione che il terrorismo non si può domare o risanare, ma deve essere risolutamente sconfitto e spazzato via, comprese tutte le sue attività collaterali criminose.
Frederika Brepoels (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare i sei relatori per il loro lavoro. In veste di relatrice ombra per il mio gruppo, ho cercato di apportare un contributo positivo alla relazione Borghezio a favore della lotta al finanziamento del terrorismo. Risulta evidente da tutti gli interventi che esiste consenso generale sulla necessità di un’azione coordinata volta a combattere la criminalità organizzata internazionale e i mezzi con i quali è finanziata. I cittadini si attendono una forte risposta europea. Dopo tutto, il vantaggio della cooperazione europea in questo ambito è fuori discussione. Individuare e combattere le fonti di finanziamento delle reti terroriste e/o degli attentati terroristici non è compito facile, perché spesso gli importi interessati sono modesti.
A parte gli abusi commessi nell’ambito del settore finanziario regolare, sono principalmente gli enti di volontariato il terreno di caccia preferito dai terroristi internazionali. Infatti, le recenti statistiche della polizia belga indicano che un numero crescente di organizzazioni no profit è oggetto di abusi finalizzati ad attività criminose. In seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001, è improvvisamente suonato il campanello d’allarme per tutti e ben 86 fascicoli sono stati aperti solo nel nostro paese. Tutte le organizzazioni coinvolte dichiarano di svolgere attività di volontariato, ma la loro unica ragion d’essere è la raccolta e la veicolazione di fondi a favore delle organizzazioni terroriste. Queste statistiche, ma anche l’esito delle indagini relative all’omicidio di Theo van Gogh nei Paesi Bassi, per esempio, dimostrano che dobbiamo adottare con la massima urgenza politiche preventive basate sullo scambio di informazioni, su una migliore tracciabilità delle transazioni finanziarie e una maggiore trasparenza degli enti con personalità giuridica. Questo è il motivo per cui le raccomandazioni specifiche formulate nella relazione, tra cui l’istituzione di quadri comuni per le indagini transnazionali, lo sviluppo di una rete per lo scambio strutturato di informazioni, il miglioramento della cooperazione con SUSTRANS e l’elaborazione di norme minime per la verifica dell’identità dei clienti, possono contare sul nostro sostegno.
Infine, vogliamo anche fornire alle organizzazioni di volontariato i fondi necessari a garantire una protezione più efficace contro gli abusi da parte di organizzazioni terroriste. Ci auguriamo quindi che la relazione possa dare lo slancio iniziale alla lotta al finanziamento del terrorismo nell’Unione europea in modo strutturato e sostenibile.
Wolfgang Kreissl-Dörfler (PSE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, concordiamo sulla necessità di agire con decisione contro il terrorismo internazionale e il crimine organizzato. Oggi, tuttavia, vorrei porre nuovamente l’accento sulla necessità di adottare misure adeguate.
Secondo il mio parere e quello del mio gruppo, la proposta sulla conservazione dei dati memorizzati e trattati non è lo strumento adatto a questo scopo. Lo abbiamo espresso con estrema chiarezza in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Vorrei inoltre congratularmi, com’è doveroso, con l’onorevole Alvaro per la sua relazione.
La protezione dei dati personali dell’individuo non viene garantita dalla proposta del Consiglio. Imporrebbe costi esorbitanti all’industria europea delle telecomunicazioni, e i vantaggi della raccolta dei dati non sono sufficientemente commisurati allo sforzo compiuto. Vi sono troppe occasioni di aggirare la norma, per tutelarsi dalle quali la proposta del Consiglio non offre alcuna garanzia. Che dire dei contratti ad aliquota costante e dell’uso di cellulari stranieri dal Brasile o dall’Asia, per esempio?
Persino il BDK, sindacato che rappresenta la polizia criminale tedesca, ha messo in rilevo che è fondamentale la qualità dei dati, non necessariamente la quantità o il periodo di conservazione. Ciò che abbiamo in questo caso è una reazione di riflesso, che crea solo l’illusione di una maggiore sicurezza. Naturalmente non possiamo volere davvero raccogliere i dati relativi a più di quattro milioni di persone generati dall’utilizzo di Internet, della telefonia e dei messaggi brevi (SMS). Nel dubbio, non dobbiamo fare altro che guardare oltreoceano al paese che molto spesso supera i limiti della ragione nelle sue misure antiterrorismo.
Il Congresso degli Stati Uniti ha respinto un simile progetto di legge sulla conservazione dei dati memorizzati e trattati con la motivazione – che ci crediate o meno – che le misure proposte erano eccessive. Si è invece raggiunto un accordo sul meccanismo di “congelamento rapido”, che forse rappresenta una soluzione adeguata. Perché non può accadere la stessa cosa in Europa? Il Bundestag tedesco ha respinto la proposta del Consiglio. Anche la Finlandia ha messo in guardia dalla conservazione dei dati. Ciò che mi irrita e mi dà veramente sui nervi è la notizia che i ministri europei della Giustizia vogliano andare contro la raccomandazione della nostra commissione, attuando a qualunque costo i piani del Consiglio per la conservazione dei dati, senza procedura di codecisione parlamentare.
Alla luce dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi, si stenta a credere che si possa tentare in tutti i modi di escludere il Parlamento dal processo decisionale. Tale mossa è oltremodo pericolosa. Qui non si tratta di una singola misura per combattere il terrorismo, ma della protezione dei cittadini e dei diritti di ciascun individuo dell’Unione europea. Che il Consiglio a questo proposito affermi che prenderà una decisione unilaterale come ha sempre fatto non porterà l’Unione europea avanti di un solo passo.
La verità è che quanto è andato storto nell’Unione europea e ha compromesso la fiducia dei cittadini nell’UE si deve alle politiche, spesso orientate agli interessi particolaristici, perseguite dai ministri dei governi nazionali.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei cominciare con alcune osservazioni sull’azione dell’Unione europea in materia di giustizia e affari interni. Le critiche mosse contro il programma dell’Aia, che pone un indebito accento sulle considerazioni relative alla sicurezza a scapito del rispetto dei diritti fondamentali, sono giustificate. Non è l’osservazione di qualche agitatore di sinistra, ma una sobria valutazione della Camera alta del parlamento britannico, la rispettabile Camera dei Lord.
E’ evidente che le minacce alla nostra sicurezza sono minacce alla nostra libertà, ma è vero anche il contrario. Le violazioni indebite delle nostre libertà civili ci rendono meno sicuri come individui. Sostengo pienamente il lavoro svolto negli ultimi quattro anni per assicurare che le nostre agenzie incaricate dell’applicazione della legge si liberino della loro mentalità ristretta e burocratica e i nostri sistemi giuridici e giudiziari siano in grado di interagire, affinché i terroristi sospetti non possano infiltrarsi tra le maglie del sistema. Tuttavia, per usare le parole dei garanti europei della protezione dei dati, riunitisi alcune settimane fa: “Il terrorismo è utilizzato per giustificare nuove iniziative, molte delle quali riguardano un’intera serie di reati, alcuni dei quali sono decisamente meno gravi. E’ importante riconoscere che le deroghe dai diritti fondamentali, che potrebbero essere giustificate dalla lotta al terrorismo, non sono necessariamente giustificate in relazione ad altri criminali o attività”. Essi attendono con impazienza, come me, l’attuazione della proposta avanzata dal Commissario Frattini in occasione di una riunione delle autorità di controllo comuni, cioè che la Commissione prenda in considerazione lo svolgimento di una valutazione a priori della proporzionalità di ogni misura da introdurre in futuro e ne esamini l’impatto sui diritti fondamentali, compreso il problema della protezione dei dati personali.
Per quanto riguarda lo scambio di informazioni, il principio informatore adottato nel programma dell’Aia è il principio di disponibilità. Tale principio è del tutto ragionevole, purché significhi porre fine alle imperdonabili gelosie tra agenzie e alle lotte per le rispettive competenze che impediscono la cooperazione, ma chiaramente non deve essere travisato e interpretato come una rinuncia ai controlli rigorosi sulla conservazione, sul trasferimento e sull’accesso ai dati personali.
Mi preoccupa la possibilità che siano elaborati profili di terroristi potenziali sulla base della razza, della religione o delle convinzioni politiche. I garanti della protezione dei dati sono fermamente convinti che il trattamento di tali dati di norma debba essere vietato.
L’altro aspetto che desta serie preoccupazioni riguarda i diritti dei terroristi sospetti. Gli orientamenti del Consiglio d’Europa sulla detenzione di persone sospette senza equo processo sono stati senza dubbio violati nel Regno Unito e probabilmente in altri paesi dell’Unione. Si è assistito a uno scivolone che ha portato a fare assegnamento su prove estorte con la tortura e la traduzione in paesi che violano il divieto di respingimento.
Gli Stati membri conducono revisioni tra pari delle rispettive misure antiterrorismo e di sicurezza, ma non sono ancora nemmeno riusciti a garantire che tutti gli Stati membri recepiscano nel diritto nazionale la decisione quadro del 2002 sul terrorismo, cioè la legge che impone di considerare il terrorismo un reato penale. Se è vero che gli Stati membri continuano a non applicare le proprie legislazioni, considero davvero inaccettabile che in Europa si continuino a violare le libertà individuali.
Kathalijne Maria Buitenweg (Verts/ALE). – (NL) Signor Presidente, siamo di fronte a un dilemma difficile, che potremmo ricondurre al problema dell’uovo e della gallina; dobbiamo avere una democrazia selezionata e mettere in atto controlli democratici e giudiziari, o è più importante l’efficienza decisionale per generare un sostegno pubblico di massa a una democrazia europea? Naturalmente la risposta è che abbiamo bisogno di entrambe le cose. Come l’onorevole Oreja ha affermato poc’anzi, il terrorismo e la lotta contro di esso sono esempi eccellenti di questioni transnazionali, e quindi dobbiamo collaborare in modo più efficace. Tuttavia questo è più facile a dirsi che a farsi, perché 25 Stati vuol dire 25 diritti di veto. Si formulano decisioni che danno origine a farraginosi compromessi o, molto semplicemente, alla totale assenza d’azione. A mio avviso i paesi dovrebbero guardare oltre.
Nel contempo dobbiamo anche riconoscere che il Consiglio deve prendere decisioni riguardo a questioni molto delicate, che hanno conseguenze sui diritti civili. Anche per questo motivo il processo necessario a raggiungerle dovrebbe essere avvolto da tanta segretezza. Penso che il Consiglio dovrebbe innanzi tutto tenere riunioni e votazioni pubbliche. Nessuno di questi cambiamenti richiederebbe modifiche al Trattato. Si tratta solo di aprire le porte. Spero che il Parlamento intraprenda azioni congiunte per entrare in consultazione con il Consiglio riguardo a questo tema.
Si è detto molto sul fatto che il terrorismo è un attacco alle nostre libertà fondamentali e che per questo non dobbiamo commettere l’errore di compromettere questi stessi diritti civili. La privacy è un ulteriore esempio di cui si è fatta più volte menzione. Senza dubbio la privacy non è sacra di per sé, ma le sue violazioni dovrebbero sempre essere proporzionate, necessarie, efficaci e verificabili. In effetti, la proposta di raccogliere dati relativi al traffico delle comunicazioni è quindi fuori da ogni proporzione. Se il Consiglio dovesse adottarla, il Parlamento dovrebbe rivolgersi alla Corte di giustizia. Il fatto che il Consiglio, inoltre, tenti di aggirare il controllo democratico prendendo tale decisione entro il terzo anziché il primo pilastro non è di grande conforto. Vorrei ribadire, infatti, che, se vogliamo proteggere la democrazia dal terrorismo, innanzi tutto non dobbiamo violarla.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i relatori per il lavoro svolto, ma, quando si parla di terrorismo dobbiamo essere particolarmente attenti a presentare una posizione chiara riguardo al significato del termine.
Un segno dei pericoli in agguato quando diamo definizioni azzardate è la difficoltà che la stessa comunità internazionale e le Nazioni Unite incontrano nel rendere possibile un’interpretazione interamente oggettiva del terrorismo.
Il terrorismo è un crimine che condanniamo senza riserve, ammesso che il termine non venga usato impropriamente per perseguire i movimenti di liberazione e il radicalismo. Purtroppo gli eccessi nelle misure in corso di adozione ai sensi del piano d’azione permettono alle forze conservatrici di giustificare misure che non favoriscono affatto un clima di sicurezza. Nel contempo, dobbiamo essere molto attenti per quanto riguarda il quadro legislativo in cui cerchiamo di collocare il terrorismo, al fine di assicurare che non ponga le basi per un intervento militare, che sarebbe contrario ai principi del diritto internazionale e alla Carta su cui si fondano le Nazioni Unite.
La grande abbondanza di misure intraprese dall’Unione europea nella lotta contro il terrorismo è dovuta principalmente al bisogno di un clima di sicurezza. Questa, essenzialmente, è la priorità che è stata fissata. Intraprendere misure che garantiscano la coesistenza pacifica dei cittadini dell’Unione europea e un senso di sicurezza presso questi ultimi non è un fatto di secondaria importanza. Tuttavia, in nessun caso i cittadini possono essere garantiti sulla base degli interessi delle grandi imprese, della repressione delle coscienze e del rafforzamento del clima di paura e di insicurezza che deriva dagli eccessivi controlli sulla libertà e dalla sua limitazione, ad esempio nel settore dei diritti umani.
Il piano d’azione risponde soprattutto a una certa interpretazione del terrorismo e non mira a risolvere le sue cause più profonde. Risponde soprattutto alle tendenze egemoniche esistenti e non affronta, come pensiamo dovrebbe, le cause che stanno alla base, ossia la fame, la povertà, l’ingiustizia sociale, il mancato rispetto della dignità civile e nazionale, la discriminazione, il razzismo, il fatto che i diritti umani vengano calpestati dal terrorismo generale e statale. Di conseguenza, gli sforzi volti a rafforzare questo piano nella direzione degli obiettivi che esso serve ci preoccupano, e riteniamo che esso, così come ora si presenta, non possa rappresentare una soluzione per la creazione di uno spazio di vera libertà e sicurezza.
Georgios Karatzaferis (IND/DEM). – (EL) Signor Presidente, io sono una vittima del terrorismo. All’emittente televisiva che dirigo ad Atene, ho subito due attacchi dinamitardi. L’emittente è andata completamente bruciata ed è terribile vedere persone avvolte dalle fiamme che cercano di salvarsi. Hanno attentato alla mia persona anche in casa. Mi sposto con una macchina blindata e con le guardie del corpo. Dormo con un Uzi sotto il cuscino. E’ terribile sapere che si può essere attaccati in qualunque momento.
Dobbiamo tuttavia ammettere che il terrorismo ha già vinto le sue prime battaglie contro la democrazia. Quali sono queste vittorie? Le telecamere, le intercettazioni telefoniche, le limitazioni ai diritti umani e i passaporti biometrici che stanno entrando nella nostra vita. Queste sono tutte vittorie del terrorismo, in quanto vi è una riduzione della democrazia.
Il terrorismo si usa per imporre il controllo globale. Lo si alimenta. Quando diciamo che i terroristi in genere sono fondamentalisti islamici, e poi le persone urinano e sputano sul Corano, esse non stanno alimentando il fondamentalismo islamico? Dobbiamo quindi considerare la questione dal punto di vista opposto. Non serve guardare al terrorismo dai seggi del Parlamento europeo. Dobbiamo guardarlo dall’interno delle grotte dell’Afghanistan e nello stesso modo in cui qualcuno laggiù lo vede, cosicché a un certo punto possiamo avere un codice di comunicazione e risolvere il problema. Perché un principe milionario non vive nei casinò di Londra o alle Bahamas, tra le braccia, per dire, di donne bellissime, ma va a vivere e morire in una grotta? Dobbiamo vedere le cose così come sono. Si tratta di fanatismo? Questa è la risposta facile. Ma che cosa alimenta questo fanatismo? Siamo sempre stati così onesti in passato? Non abbiamo tenuto in schiavitù per anni queste regioni del pianeta? Il nostro alleato nella caccia al terrorismo non è stato colpevole di una pulizia etnica della peggior specie nei secoli in cui ha eliminato un’intera razza, quella degli indiani d’America? Non ha fondato il proprio progresso sulla tortura e la schiavitù dei neri?
Forse anche noi non siamo poi così corretti? Qual è la nostra posizione oggi? Non abbiamo una posizione unilaterale riguardo al Medio Oriente? Che cosa raccoglieremo? Adesso diciamo che Gheddafi, che ha abbattuto un aereo Pan American uccidendo decine di persone, è nostro amico perché ha cambiato politica; nel contempo, però, perseguitiamo Castro, che non ha abbattuto alcun aereo. Diciamo che il dittatore del Pakistan è buono perché è nostro amico, ma che un altro dittatore è cattivo e gli facciamo guerra. Dobbiamo pertanto riflettere su quanto siamo onesti in materia di terrorismo. Dobbiamo guardare a quanto sta accadendo. Dobbiamo tenere le orecchie aperte, perché, finché continueremo a prendere aspirine, avremo sempre mal di testa. Dobbiamo chiederci qual è la causa del mal di testa. Dobbiamo quindi aprire gli occhi e porre fine a questa politica unilaterale. Dobbiamo dare a queste nazioni maggiori incentivi, maggiori opportunità di ridurre il fondamentalismo, in modo da ridurre il terrorismo. Questa è la soluzione.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel breve tempo di parola che mi è stato assegnato, vorrei esporre tre considerazioni in merito a questioni di importanza fondamentale.
Innanzi tutto, è senz’altro deplorevole che a questo punto sia ancora tanto difficile e impegnativo ottenere una cooperazione e uno scambio di informazioni effettivi in materia di lotta contro il terrorismo, non solo tra Stati membri, ma anche tra gli Stati membri dell’Unione e gli altri paesi dell’Occidente libero. Per quanto io sia euroscettico a ragion veduta, ritengo che, almeno in questo settore, non si cooperi mai abbastanza. Il fatto è che è in ballo la sicurezza dei nostri cittadini.
Sappiamo che gli attentati dell’undici settembre sono stati organizzati, almeno in parte, ad Amburgo. Sappiamo che, in seguito all’attentato dinamitardo di Madrid, sono state scoperte cellule terroristiche in tutta Europa. E’ evidente che il terrorismo trascende i confini nazionali, e la lotta contro di esso dovrebbe quindi fare altrettanto.
In secondo luogo, non c’è tempo per una crisi di nervi; dobbiamo chiamare le cose con il loro nome. Il terrorismo in Europa è divenuto quasi esclusivamente islamico. Gli esperti americani oggi ci mettono in guardia rispetto al ritorno dall’Iraq e da altri luoghi di crisi di militanti islamici che in quei luoghi sono diventati più estremisti e hanno appreso tecniche terroristiche. L’islam intollerante marcia verso l’Europa e rappresenta un vero e proprio vivaio di terrorismo. Non tutti i mussulmani sono terroristi, ma quasi tutti i terroristi sono mussulmani.
In terzo luogo, vorrei richiamare la vostra attenzione anche sul fatto che da molti anni gli aiuti europei alla Palestina vengono utilizzati non solo per permettere alla signora Arafat di vivere nel lusso a Parigi, ma anche per finanziare il terrorismo in Israele. Non possiamo combattere il terrorismo in Europa e nel contempo finanziarlo in Israele. Se l’utilizzo dei fondi in Palestina non diventa più chiaro e trasparente, il loro stanziamento andrebbe sospeso.
Panayiotis Demetriou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, quest’oggi abbiamo ascoltato numerosi utili pareri e proposte da parte dei relatori e mi congratulo sia con loro che con il Vicepresidente della Commissione Frattini per i programmi che ha presentato per la lotta contro il terrorismo.
Terrorismo è un termine astratto, che ha però un fondamento politico concreto. I terroristi sono persone in carne e ossa, che esistono, ma che allo stesso tempo sono invisibili e nascoste. Ne consegue che la strategia globale contro il terrorismo riuscirà nel suo intento solo se elimineremo tutti – e intendo tutti – i terroristi, o se verrà meno il supporto politico su cui il terrorismo si fonda. Il primo obiettivo è impraticabile, mentre il secondo è raggiungibile.
Come tattica bellica o politica, il terrorismo è quanto di più abominevole esista. Non si può legittimare né giustificare in nessun modo e per nessun motivo l’azione disumana dei terroristi. Chi pratica le barbare tecniche terroristiche, tuttavia, cita alcune particolari cause religiose, e più raramente sociali, e gode del supporto morale e politico di numerose società. E’ a queste società che dobbiamo rivolgerci. L’Unione europea è nella posizione di penetrare queste società e agire da catalizzatore. Nel caso degli arabi, come pure in altri casi, l’Europa non viene vista come un supremo demone o come nemico del popolo. Ed è esattamente lì che dobbiamo spartire i compiti tra l’Unione europea, gli Stati Uniti, la Russia e gli altri paesi coinvolti.
Insieme alle chiacchiere denigratorie dell’Unione europea e al crescendo di misure legislative e di altro genere contro il terrorismo, dobbiamo elaborare una nostra strategia di comunicazione con gli elementi moderati di queste società. Sono certo che con questa strategia l’Unione europea riuscirà a far mancare il terreno sotto i piedi ai terroristi. Questo è l’unico modo per far scomparire, anziché diminuire, il terrorismo, ed è in questa direzione che l’Unione europea, il Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione devono volgersi tutti insieme.
Edith Mastenbroek (PSE). – (NL) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i relatori per il lavoro che ha portato alle relazioni oggi in discussione, che sottolineano ripetutamente il fatto che sostenere e promuovere i diritti umani è la strategia più importante e migliore per prevenire e combattere il terrorismo. Il Commissario Frattini ha suggerito che la lotta al terrorismo deve infatti implicare il rafforzamento dei diritti umani, affermazione con cui sono pienamente d’accordo. Sostenere e promuovere valori tanto importanti quali la democrazia, la libertà, il pluralismo e la dignità umana è fondamentale nella lotta al terrorismo. E’ fuor di dubbio che per realizzare davvero questo obiettivo dovremo riesaminare dal principio ampie sezioni della nostra politica, in particolare di quella estera.
La radicalizzazione e la polarizzazione che così spesso contribuiscono a produrre il terrorismo e che derivano da esso per l’Unione europea rappresentano una minaccia grande almeno quanto il terrorismo stesso. Noi politici ne dobbiamo essere pienamente consapevoli e dobbiamo mantenere la lucidità in ogni momento. Invece di instillare timori inutili, dobbiamo essere realisti ed evitare di farci contagiare dall’isteria che non fa altro che alimentare le tensioni di cui si nutre il terrorismo.
In ogni caso, non dobbiamo cadere nella trappola di condividere le bizzarre argomentazioni addotte dai terroristi per giustificare le loro deplorevoli azioni. Dobbiamo adottare misure che rafforzino davvero la libertà di tutti i cittadini e tenerci ben alla larga dalle misure che sembrano rafforzare solo la sicurezza. A questo proposito, due delle misure discusse in questa sede meritano a mio avviso maggiore attenzione.
Innanzi tutto l’idea di perseguire penalmente il terrorismo in seno al Tribunale penale internazionale. Mi domando quale problema concreto risolverebbe. Dobbiamo proprio trattare i terroristi come gli ex dittatori come Milosevic? Quello che so è questo: l’uomo che ha ucciso Theo van Gogh, famoso regista e discusso cronista e opinionista del mio paese, i Paesi Bassi, sarebbe felice di poter sfruttare la notorietà che tale condizione gli darebbe. Pertanto sono nettamente contraria a quest’idea.
Poi abbiamo la conservazione dei dati relativi al traffico delle comunicazioni, esempio di misura che porta solo a una falsa sicurezza, se mai ve n’è stata una. Non andrò oltre al riguardo, dacché si è già detto molto. Si tratta di un’esagerazione che limita la nostra libertà e ritengo che nell’Unione europea dobbiamo promuovere proprio questa libertà. Esistono dei rischi; si possono introdurre tutte le restrizioni possibili per quanto riguarda l’accessibilità delle informazioni di questo tipo, ma guardiamo in faccia la realtà: tutto ciò che è disponibile su Internet è accessibile universalmente, non importa quanto sia ben protetto, e quindi i rischi probabilmente superano i vantaggi. Non penso che dovremmo proseguire su questa strada. Al contrario, poiché Internet sta di fatto diventando lo strumento di comunicazione migliore in assoluto per chi voglia informarsi circa i terroristi e reclutali per conto di terzi, dovremmo fare in modo che i nostri servizi di sicurezza si specializzassero nella partecipazione a Internet, nel leggere e chattare su Internet, cioè che monitorassero attivamente quanto accade in questo mezzo di comunicazione. Questo farebbe veramente la differenza.
Scoprire a posteriori quali siti web sono stati visitati dopo che si è sferrato un attacco dinamitardo non mi pare la strategia migliore. Dobbiamo evitare innanzi tutto che tali attacchi vengano perpetrati. Penso che una tale misura – della cui base giuridica si è discusso numerose volte in questa sede, e per di più il modo in cui si è giunti a questa decisione è una palese violazione della democrazia – comprometta la fiducia nella democrazia europea, il che comporta rischi che di recente si sono fatti sentire con dolorose conseguenze.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere il mio rammarico per il “no” francese e olandese alla Costituzione, perché l’Unione europea dovrà ora combattere il terrorismo con una mano legata dietro la schiena.
I cittadini hanno fornito un chiaro segnale nel dibattito sui referendum. Vorrei quindi invitare il Consiglio ad operare nello spirito della Costituzione, e cioè a rispettare tre principi fondamentali. Il primo è il controllo democratico. Ciò significa che il Consiglio non deve ignorare ed escludere il Parlamento europeo, bensì accoglierne le raccomandazioni, anche se non è ancora obbligato a farlo. Gli altri due aspetti già menzionati da numerosi colleghi sono la proporzionalità e l’efficacia. Anche riguardo a questi aspetti il Consiglio dovrebbe riflettere due volte su determinate misure.
La sua stessa relazione sull’attuazione del piano d’azione per la lotta contro il terrorismo rivela che esistono notevoli lacune. Prima di adottare nuove misure, dovremmo occuparci dell’attuazione. Nel caso della revisione tra pari, per esempio, soltanto dieci paesi su venticinque hanno finora presentato le loro relazioni di attuazione! Come possiamo adottare nuove misure se non sappiamo nemmeno se quelle vecchie funzionano?
Vorrei ora esaminare tre questioni specifiche. In primo luogo, la conservazione dei dati. Molto è già stato detto e ancora una volta invito il Consiglio ad agire nello spirito della Costituzione e a non ignorare il Parlamento europeo. Non dovrebbe ignorare nemmeno i segnali trasmessi da molti paesi: l’esempio degli Stati Uniti è già stato fatto. Vorrei tuttavia aggiungere a tali esempi quello del parlamento olandese, che intendeva adottare una misura analoga per la conservazione dei dati. Tuttavia, una volta compreso il modo in cui avrebbe funzionato nella pratica – o meglio non avrebbe funzionato – il parlamento olandese ha deciso di rivederla, perché si è reso conto che la proposta sulla conservazione dei dati era semplicemente impraticabile. Il Consiglio non dovrebbe ignorarlo. E’ deplorevole che il Consiglio non sia presente in questa occasione.
Si sono verificati diversi incidenti anche con i dati relativi ai passeggeri. Ci era stata promessa una valutazione un anno dopo l’entrata in vigore. Vorrei sapere dalla Commissione quando la riceveremo.
In terzo luogo, vorremmo avere maggiori informazioni sul SitCen, il Centro di situazione. Che cosa sta facendo esattamente, che tipo di informazioni tratta e riferirà al Parlamento europeo?
Infine, chiedo al Parlamento europeo di dar prova di ciò che realmente è. Oggi si è parlato molto di protezione dei dati personali e di diritti fondamentali. Invito il Parlamento ad adottare non solo tutte le relazioni sulle misure antiterrorismo, ma anche la relazione Moraes sulle politiche antidiscriminazione e i diritti delle minoranze, perché i diritti fondamentali appartengono a tutti i cittadini.
Hélène Flautre (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, a mio parere, la sfida consiste nel condurre una lotta efficace contro il terrorismo, nel pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Com’è appena stato affermato, abbiamo le mani legate a causa del “no” francese e sussiste anche un altro importante problema o svantaggio: non esiste una definizione internazionale di terrorismo. Ciò significa che non abbiamo alcun rimedio giuridico possibile, non abbiamo certezza del diritto, né garanzie e protezioni. Ritengo quindi che l’Unione europea debba fare tutto il possibile per pervenire a una definizione adeguatamente riconosciuta, sia per se stessa sia a livello internazionale.
L’onorevole Van Hecke propone una definizione semplice: terrorista uguale a musulmano. Il Presidente Putin ne ha un’altra: terrorista uguale a ceceno. I cinesi ne hanno altre ancora. Ritengo che, con questo uso incredibilmente ampio, abusivo e arbitrario della nozione di terrorismo, stiamo perdendo la capacità di agire in modo efficace nella lotta contro il terrorismo. Di conseguenza, sono convinta che, come Unione europea, dobbiamo compiere uno sforzo significativo, quanto prima possibile – per esempio in occasione della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite – per ottenere una definizione comune di terrorismo, che è indispensabile e favorirà anche una reale cooperazione tra Stati, a livello europeo e a livello internazionale.
Sylvia-Yvonne Kaufmann (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, vorrei ricordare all’Assemblea le sagge parole di Benjamin Franklin, uno dei padri della costituzione americana, che disse che coloro che rinuncerebbero a una libertà fondamentale per ottenere un po’ di sicurezza temporanea non meritano né libertà né sicurezza.
Da quando si sono verificati gli atroci crimini di Madrid, sappiamo che l’Europa ora è un obiettivo diretto del terrorismo internazionale. Indubbiamente di questo si deve tenere conto nella formulazione delle politiche pubbliche. Qualunque forma di terrorismo è un crimine che minaccia le stesse fondamenta della nostra democrazia, e simili crimini vanno combattuti e devono avere conseguenze commisurate alla loro gravità. I terroristi vanno tuttavia combattuti con strumenti adeguati e non sacrificando la libertà. E’ superfluo dire che le nostre autorità investigative nazionali devono cooperare più da vicino. Nel contempo, non si deve creare la situazione per cui si raccolgono, si collegano e si scambiano dati e informazioni in modo sempre più indiscriminato, fino ad avere, in un prossimo futuro, il cittadino più trasparente possibile. Non dobbiamo percorrere la strada dello Stato del Grande Fratello di Orwell. I diritti fondamentali dei cittadini non vanno messi a rischio.
Occorre una politica mirata che preveda, da un lato, tolleranza zero per qualunque forma o manifestazione di terrorismo e, dall’altro, un’attenzione particolare all’obiettivo di eliminare le diverse cause di terrorismo. Solo così si potrà infine tagliare la radice che lo alimenta.
Carlos Coelho (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, Commissario Frattini, onorevoli colleghi, il terrorismo non è un fenomeno nuovo, ma i tragici eventi degli ultimi anni hanno dimostrato la sua potenza distruttiva. La lotta al terrorismo è una delle maggiori sfide del XXI secolo.
Mi congratulo con tutti i relatori per l’impegno profuso e per il lavoro svolto riguardo a questo dossier. Non importa come e dove il terrorismo si manifesti e chi sia a perpetrarlo, quali giustificazioni i colpevoli adducano o le cause per cui si battano. Tutti gli atti, i metodi e le pratiche terroristici sono politicamente e moralmente ingiustificabili, e vanno condannati senza riserve e combattuti con fermezza.
I tragici eventi dell’undici marzo a Madrid hanno portato l’Unione a mettere in discussione l’efficacia dei suoi strumenti e delle sue politiche e hanno palesato l’urgente necessità di un approccio nuovo, dinamico, sistematico ed efficace. Questo è il contesto in cui è stato creato il nuovo ufficio di Coordinatore europeo per la lotta contro il terrorismo, e vorrei dare il benvenuto a Gijs de Vries, che oggi è presente in Aula.
Sono favorevole a una strategia chiara nella lotta al terrorismo volta a trovare un equilibrio tra la sicurezza collettiva e la libertà individuale. Ciò comporta, innanzi tutto, il rafforzamento della strategia comunitaria di prevenzione, la preparazione e la capacità di reagire. Vi è stato un sensibile aumento delle fonti di finanziamento. Il sistema d’allarme relativo al traffico di merci e alla fornitura di servizi va migliorato, in modo da offrire un controllo migliore dei movimenti sospetti, senza sconvolgere le normali dinamiche del mercato.
Nel contempo, le istituzioni pubbliche e private, e in particolare il settore bancario, devono intensificare la collaborazione. In terzo luogo, occorre un incremento delle capacità nel settore dell’informazione, tra cui anche un essenziale miglioramento dello scambio di informazioni con Europol, della prevenzione e della gestione delle conseguenze e della protezione delle infrastrutture sensibili nella lotta al terrorismo, il che implica che si formulino norme più rigorose in materia di sicurezza e che si dimostri solidarietà a qualunque Stato membro che cada vittima di un attentato terroristico.
In conclusione, vorrei affrontare l’importantissima questione della solidarietà alle vittime del terrorismo. Quando persone innocenti vengono uccise, sequestrate o torturate, o subiscono estorsione, ricatto o minacce, non sono le uniche a soffrire; tutti i membri della loro famiglia, i loro amici e la loro comunità intera soffrono con loro.
PRESIDENZA DELL’ON. FRIEDRICH Vicepresidente
Genowefa Grabowska (PSE). – (PL) Signor Presidente, il terrorismo è una malattia mortale che è diventata un’epidemia mondiale all’inizio di questo secolo. Ora viviamo in un mondo con due estremi, e con ciò intendo non solo un mondo con povertà e ricchezza, ma anche un mondo con bene e male. Il bene è rappresentato dalla sicurezza pubblica, il male dal terrorismo.
Abbiamo imparato a condurre ricerche scientifiche sul terrorismo, a individuarne le varie forme e ad analizzarne dettagliatamente le cause. Ci siamo inoltre abituati a parlare di terrorismo di Stato, terrorismo individuale, terrorismo globale, terrorismo locale e fondamentalismo. Cionondimeno, la pura verità è che esiste solo una forma di terrorismo, che si ha quando una persona commette un male inconcepibile ai danni di un’altra.
Uno dei doveri fondamentali dell’Unione europea, espresso nell’articolo 29 del Trattato di Maastricht, è dare un alto grado di sicurezza ai cittadini. Dovremmo domandarci se l’UE sta riuscendo in questo intento e se i cittadini si sentono sicuri. La probabile risposta alla seconda domanda è che non sempre si sentono sicuri, perché tutti siamo al corrente di quanto è successo l’undici marzo a Madrid e di numerosi incidenti simili.
I criminali sfruttano i vantaggi dell’integrazione spostandosi liberamente all’interno dell’Unione europea, dove non esistono frontiere interne. Spesso restano impuniti, poiché l’Unione ha 25 sistemi giuridici e penali diversi. Per porre fine a questa situazione, l’Unione deve elaborare strumenti nuovi e più efficaci. Il pacchetto antiterrorismo oggi in discussione vuole aiutarci a fare proprio questo. Sono lieta di vedere che insieme alle proposte antiterrore il pacchetto invoca anche con urgenza la tutela dei diritti umani. Si presta attenzione a tutti i regolamenti e alle misure precedenti, da TREVI del 1975 al programma dell’Aia, passando da Vienna, Tampere e dal piano d’azione adottato in seguito all’undici settembre 2001. Tali misure hanno portato all’introduzione di un mandato d’arresto europeo, all’istituzione di Eurojust e alla nomina di un Coordinatore europeo per la lotta contro il terrorismo.
Se vogliamo ottenere risultati, però, l’Unione europea non deve limitarsi a migliorare costantemente e sistematicamente gli strumenti che utilizza nella lotta al terrorismo. Occorrono nuove misure che comportino maggiore cooperazione al fine di trovare una soluzione a ciò che è noto come “megaterrorismo”, cioè terrorismo che utilizza armi di distruzione di massa. Dobbiamo muoverci più in fretta dei terroristi e anticipare le loro mosse, invece di attendere gli attacchi e poi circoscriverne le conseguenze. Dobbiamo intervenire più rapidamente ed efficacemente, e i terroristi ne devono essere consapevoli e sentirne gli effetti. Occorrerà maggiore cooperazione a livello internazionale, insieme all’attuazione delle disposizioni previste dall’articolo 43 della Costituzione europea, ossia alla clausola di solidarietà che per noi riveste tanta importanza.
In conclusione, vorrei dire che, essendo polacca, sono estremamente orgogliosa che alla Polonia sia stato affidato il compito di proteggere i confini esterni dell’Unione europea. Così facendo, potremo dare il nostro contributo alla lotta contro il terrorismo.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella lotta al terrorismo è importante sia unire le forze a livello nazionale che intensificare nel contempo la cooperazione tra le Istituzioni comunitarie. Non basta reagire al terrorismo con una stretta collaborazione tra polizia e servizi di intelligence, anche se questi ultimi hanno naturalmente un’importanza fondamentale. La lotta al terrorismo è fondamentalmente legata a misure che già contribuiscono a ridurre la vulnerabilità della nostra società. Un esempio può essere dato dall’assicurare la sicurezza dell’attività industriale e la cooperazione e lo scambio di informazioni effettivi tra i servizi di emergenza.
Gli atti terroristici sono tragici e, come l’aggettivo stesso suggerisce, mirano a diffondere paura e panico. Per questo motivo le società europee devono essere rafforzate dall’interno, relativamente alle loro strutture e alla cultura dell’azione, e diventare società in cui il potenziale per il terrorismo è minore. La trasparenza amministrativa e la consapevolezza dei cittadini riguardo al loro ambiente, compresi i suoi rischi, hanno un’importanza fondamentale. Dobbiamo inoltre essere in grado di agire correttamente ed efficacemente nelle situazioni d’emergenza. Occorre ridurre la vulnerabilità dell’infrastruttura mediante un’azione decisa, e incrementare lo scambio di informazioni all’interno dei settori amministrativi relativamente a rischi evidenti.
E’ estremamente importante sviluppare adeguatamente la ricerca nell’Unione europea per sostenere la lotta al terrorismo. Dobbiamo assicurare che gli sforzi di ricerca dell’UE nel settore della sicurezza interna ed esterna siano sufficientemente in dialogo tra loro. Misure antiterrorismo efficaci possono dare risultati solo se mettono insieme le migliori conoscenze europee, la ricerca in materia di difesa e dei settori dei servizi d’emergenza, e altre ricerche riguardanti la sicurezza.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, le decisioni del Consiglio e le relazioni in esame oggi, con il pretesto della lotta al terrorismo, tentano di ottenere innanzi tutto la creazione e l’applicazione di un quadro istituzionale più autocratico e l’introduzione e il rafforzamento di nuovi meccanismi repressivi, sistemi di controllo, eccetera, il cui vero obiettivo non è la lotta al terrorismo di cui parlate, ma un movimento di base emergente che lotta contro il nuovo ordine imperialista.
In secondo luogo, adottando la guerra preventiva contro il terrorismo, tali misure tentano di preparare le persone ad accettare nuovi interventi e nuove guerre. E’ significativo che nessuna relazione denunci, anzi che tutte le relazioni assolvano, l’azione di terrorismo di Stato compiuta dagli Stati Uniti e da altri paesi in Afghanistan e in Iraq, il terrorismo israeliano in Palestina, eccetera. Per la verità, vi chiediamo: il massacro di 100 000 civili a Fallujah in una sola settimana da parte della milizia americana è o non è terrorismo?
Infine, la decisione del Consiglio dello scorso novembre e la relazione Oreja introducono la nozione secondo cui i movimenti radicali o le ideologie estremiste sono una fonte di terrorismo e ciò significa che i movimenti sociali e per i diritti fondamentali rientrano nella definizione di terrorismo. Ciò che vediamo è che avete paura delle lotte di base emergenti...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, l’impegno di tutti noi a combattere tutte le forme di terrorismo è non negoziabile e costante ed è anche una delle priorità del programma dell’Aia.
Tuttavia, per prevenire e combattere il terrorismo in modo efficace, deve esistere una cooperazione sistematica tra gli Stati membri a livello legislativo e a livello di scambio di informazioni, nel bloccare i finanziamenti e nel proteggere i trasporti internazionali. Infine, è necessaria una politica preventiva dettagliata e continuativa, l’Unione europea deve agire attivamente, non limitarsi a reagire a tragici incidenti.
La prima arma contro il terrorismo è l’informazione. Poiché il terrorismo è ora un fenomeno internazionale e opera su scala internazionale, è necessario promuovere la raccolta e lo scambio di informazioni a livello internazionale e una migliore valutazione delle minacce, tenendo sempre conto della necessità di rispettare la vita privata e di salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali che fanno parte della nostra civiltà.
Tutte le relazioni presentate, da vari punti di vista, convergono su conclusioni comuni con le quali sono pienamente d’accordo. Tuttavia, ritengo che l’esistenza di numerosi testi, non solo queste otto relazioni in esame oggi, ma tutti quelli adottati di volta in volta, crei un rischio di confusione e inefficacia. Vorrei proporre al Commissario Frattini, qui presente, che i servizi competenti della Commissione procedano alla codifica di tutti i testi in materia. Sono certo che in tal modo si otterrà anche una semplificazione e un ordinamento sistematico e coerente dei testi. Altrimenti si fa confusione e la confusione va evitata. La confusione non crea le condizioni necessarie per condurre una lotta efficace contro il terrorismo.
Erika Mann (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario Frattini, onorevoli colleghi, in realtà vorrei affrontare soltanto un punto, che riguarda l’annuncio che lei, signor Commissario, ha fatto proprio alla fine del suo intervento, relativo ai due esercizi di simulazione che si svolgeranno entro breve. Vorrei chiederle di informare il Parlamento in proposito in tempo utile, perché è molto importante che il Parlamento partecipi a questa iniziativa.
Assieme a un collega, l’onorevole Jerzy Buzek, ho preso parte a una simulazione svolta a Washington il 14 gennaio, l’esercizio Atlantic Storm dedicato al bioterrorismo. Abbiamo poi ridiscusso l’argomento a Bruxelles, nel quadro della nuova agenda per la difesa, il 25 aprile. Abbiamo individuato tre elementi principali, alla cui discussione dobbiamo semplicemente dedicare più tempo.
Il primo elemento consiste nella comprensione della necessità di intensificare la cooperazione molto più di quanto sia stato fatto finora. Ciò riguarda sia la cooperazione tra gli Stati membri sia la cooperazione tra l’Europa e gli Stati Uniti e altri paesi che andrebbero coinvolti. Questa cooperazione è estremamente importante, ma attualmente in alcuni casi è ancora molto sporadica. Non è condotta sistematicamente, né la metodologia adottata ci dà motivo reale di essere soddisfatti del sistema attuale. Non è affidabile, non è trasparente, né in termini generali né in relazione con il Parlamento, e la trasparenza è cruciale per individuare e correggere i difetti del sistema. Questo è un elemento.
La seconda inadeguatezza riguarda la prevenzione. Con riferimento specifico al bioterrorismo, vorrei chiederle quali progressi reali siano stati compiuti finora in materia di prevenzione per quanto riguarda i vaccini. Nella simulazione a Washington, abbiamo constatato che la disponibilità di vaccini varia considerevolmente tra gli Stati membri dell’Unione. Ciò sarà fonte di conflitti, signor Commissario, nel caso di un attacco, che ci auguriamo non avvenga. Vorrei chiederle di esprimere il suo parere su questo punto.
L’ultimo elemento che vorrei segnalare riguarda un aspetto completamente diverso della questione. Nelle nostre discussioni dovremmo sempre fare molta attenzione alla distinzione tra fondamentalisti islamici e islam in generale. Ciò contribuirebbe in misura enorme alla nostra discussione politica.
Alexander Stubb (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei cominciare con un’osservazione personale rivolta al Commissario Frattini. Vorrei ringraziarlo per il suo lavoro, in veste di ministro degli Esteri italiano, alla CIG costituzionale nella seconda metà del 2003. All’epoca ero un funzionario della delegazione finlandese. Il Ministro Frattini ha svolto un ottimo lavoro, non ultimo nel “comunitarizzare” la giustizia e gli affari interni, e questo è il motivo per cui mi auguro che adotteremo la Costituzione.
Vorrei affrontare brevemente cinque punti. In primo luogo, l’equilibrio tra libertà individuale e sicurezza è molto critico e dobbiamo essere estremamente prudenti nel trattare questo aspetto in relazione con il terrorismo. Questo è il motivo per cui mi oppongo all’iniziativa sulla conservazione dei dati e sostengo la posizione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.
Il secondo punto è che la lotta al terrorismo è un ambito in cui l’Unione europea ha veramente un valore aggiunto; è un ambito in cui gli Stati membri non possono e non potranno operare da soli.
Il terzo punto è che è anche un ambito in cui è necessaria un’azione. Se esaminiamo qualsiasi sondaggio dell’eurobarometro, vediamo che si tratta di un ambito in cui l’Unione europea può funzionare molto bene.
Il quarto punto è che questa potrebbe anche essere la nostra prossima storia di successo, ma tutto dipende dalla nostra capacità di realizzarla. Questo è il motivo per cui invito la Commissione a insistere con forza sia sull’agenda di Tampere sia sul programma dell’Aia e a far sì che gli Stati membri attuino le misure per proseguire la lotta al terrorismo.
Il quinto e ultimo punto riguarda la Costituzione. L’articolo I-43 della Costituzione è un articolo fondamentale. E’ quello relativo alla solidarietà. Se uno Stato membro è minacciato da un attacco terroristico, tutti gli altri Stati membri intervengono in suo aiuto. Questa clausola di solidarietà, sebbene non sia ancora in vigore, ha funzionato molto bene nel caso degli attentati di Madrid. Mi auguro sinceramente che gli Stati membri e la Commissione restino fedeli a tale principio.
Marek Maciej Siwiec (PSE). – (PL) Vorrei rivolgere le mie osservazioni al Commissario Frattini, che ha fornito un’ottima introduzione alla discussione. La sua strategia in materia è corretta, ma ha un difetto fatale. Mi riferisco al fatto che i preparativi che ha descritto riguardano una guerra che ha già avuto luogo. Ciò che è più necessario nella guerra contro il terrorismo è l’immaginazione, una grandissima immaginazione, perché ai terroristi di sicuro non manca. Vorrei dare al Commissario alcuni suggerimenti sul modo in cui usare l’immaginazione.
Vorrei sottoporgli i seguenti quesiti. Se si scoprisse che un passeggero a bordo di un aereo è affetto da una malattia infettiva, per esempio il vaiolo o qualsiasi altra malattia, dove atterrerebbe l’aereo? Sono stati designati aeroporti negli Stati membri per tale evenienza? Quali procedure si seguono se si individua un agente patogeno che può essere trasmesso da essere umano a essere umano? Quali procedure si seguono se si individua un agente patogeno che non può essere trasmesso da essere umano a essere umano? Quando ci poniamo questo tipo di interrogativi, dobbiamo ricordare che si tratta di un conflitto del futuro. Il bioterrorismo è un’arma che c’impone di usare l’immaginazione. Conto sul fatto che l’Unione europea svolga un ruolo organizzativo nel consolidare gli sforzi degli Stati e delle nazioni.
Il secondo e ultimo punto che vorrei rilevare è che gli eurodeputati sono stati molto eloquenti nel condannare il terrorismo durante la discussione di oggi. Mi chiedo quale nome si possa dare a un’istituzione che rende tecnicamente possibili le trasmissioni di un canale televisivo di proprietà di un’organizzazione terrorista mediorientale. Si può dire che tale istituzione sostenga il terrorismo oppure no?
Dobbiamo chiederci se gli organismi finanziari e i mezzi di informazione in realtà non svolgano un ruolo nell’ombra e creino le condizioni che permettono al terrorismo di diffondersi, e di diffondersi rapidamente. Mentre tutto ciò accade, il Parlamento si accontenta di rimanere comodamente seduto e condannare il terrorismo.
Timothy Kirkhope (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il terrorismo rappresenta una minaccia per tutti. Il Regno Unito ha dovuto far fronte al terrorismo repubblicano irlandese del Sinn Féin/IRA per oltre tre decenni e, come affermano loro stessi, non sono affatto spariti.
Dobbiamo essere irremovibili di fronte al terrorismo. La debolezza e l’ambiguità non fanno che rafforzare coloro che tentano di minare le basi della democrazia. Abbiamo anche bisogno di chiarezza in termini di comprensione della minaccia cui dobbiamo rispondere e di migliori misure per affrontarla. Per questo motivo, accogliamo con favore le proposte volte a migliorare la condivisione di informazioni tra autorità competenti, trattate nella relazione dell’onorevole Duquesne.
Come abbiamo visto, gli Stati membri che cooperano a livello bilaterale, senza essere ostacolati da vincoli istituzionali inutilmente gravosi, hanno ottenuto risultati. Le squadre comuni di indagine, sulle quali ho avuto l’onore di elaborare una relazione durante la precedente legislatura, lavorano bene in questo settore, come riferisce la relazione Díez González. Queste risposte flessibili, mirate, misurate e appropriate sono buoni esempi di ciò che si può realizzare. Tuttavia, dobbiamo anche essere consapevoli della natura della minaccia che abbiamo di fronte. L’IRA è diverso dall’ETA, che è diverso da Al-Qaeda, ma sono tutti pericolosi e devono essere sconfitti ed eliminati. Essere poco chiari non aiuta e semplicemente non capisco perché alcuni deputati non vogliano usare l’espressione “organizzazioni fondamentaliste islamiche” per descrivere Al-Qaeda e i suoi pari.
Per lo stesso motivo, accogliamo con favore anche l’invito, contenuto nella relazione Borghezio, ad esaminare la questione delle organizzazioni di volontariato che sono poco più di organizzazioni di copertura per raccogliere fondi destinati al terrorismo. E’ deplorevole che il Consiglio non abbia ritenuto opportuno includere hezbollah tra le organizzazioni terroriste.
In ogni caso, dobbiamo soprattutto lavorare insieme, condividere le informazioni, assisterci l’un l’altro per affrontare queste crescenti minacce, queste indubbie minacce alla nostra libertà e alla nostra democrazia.
(Applausi)
Nikolaos Sifunakis (PSE). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sappiamo tutti che il terrorismo oggigiorno è una realtà che purtroppo non possiamo evitare.
Da fenomeno marginale negli anni Settanta, che per lo più si limitava al contesto di uno Stato e a obiettivi specifici, negli ultimi anni purtroppo si è trasformato in attacchi che provocano un gran numero di vittime e utilizzano mezzi tecnologici avanzati.
La causa di questo innalzamento di livello è il persistere di problemi politici e sociali irrisolti. La comunità internazionale non è riuscita a dar prova della sua ferma intenzione di avviare processi di coesistenza pacifica in specifiche zone in cui sono in atto conflitti causati da differenze religiose, politiche o etniche.
Il terrorismo si è risvegliato là dove la comunità internazionale organizzata, o parte di essa, ha tentato, a livello unilaterale, di imporre soluzioni con la violenza, il che ha generato nuovi e più violenti conflitti. Sappiamo tutti che la violenza non solo non pone fine alla violenza, ma la rafforza anche.
Finché la questione palestinese, per esempio, rimane irrisolta, il terrorismo si diffonderà, alimentando l’estremismo che è di fatto la causa alla base del terrorismo.
Tuttavia, il terrorismo non si può combattere solo con misure giudiziarie e di polizia. I sistemi di gestione integrata delle crisi, il monitoraggio e il trattamento di informazioni sospette, la lotta al finanziamento del terrorismo, lo scambio efficace di informazioni o l’approvazione di una definizione comune di terrorismo sono meccanismi di prevenzione e repressione. Non raggiungono le radici del problema.
La discussione e la votazione di oggi in seno al Parlamento europeo sulle otto relazioni sulla lotta al terrorismo sono importanti, ma sappiamo tutti che non bastano. Tali misure non ci mettono in condizione di far scomparire il terrorismo. La soluzione finale per questo flagello va ricercata ben al di là dell’azione preventiva e repressiva della Comunità. La soluzione sta nel creare condizioni di pace, uguaglianza e prosperità in tutto il mondo.
Charlotte Cederschiöld (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, signor Commissario Frattini e signor de Vries, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori per i miglioramenti introdotti nelle proposte antiterrorismo del Consiglio, effettivamente intesi a rendere più efficace la lotta al terrorismo in diversi ottimi modi. Dobbiamo tuttavia mantenere l’equilibrio tra libertà e diritti e migliorare il nostro sistema democratico europeo.
Al momento, un’automobile quasi gode di migliori diritti di un essere umano, perché un’automobile può ottenere la soppressione della legislazione finanziaria dal Parlamento europeo e dalla Corte di giustizia delle Comunità europee. Queste questioni evidenziano la necessità di una nuova Costituzione, che ci permetta di combattere meglio la criminalità e il terrorismo.
La questione della conservazione dei dati illustra magnificamente come il sistema dei pilastri abbia fatto il suo corso. Abbiamo bisogno di un nuovo trattato che permetta di tutelare la vita privata e di respingere misure e obblighi sproporzionati. La protezione dei dati è necessaria in tutta la legislazione e non, come ora, solo in parte di essa. L’onorevole Niebler ha proposto una spiegazione costruttiva delle critiche del Parlamento europeo in questo ambito, e condivido ciò che ha affermato. Non abbiamo visto alcuna prova della necessità delle misure proposte in materia di conservazione dei dati.
Il Consiglio ha agito in modo provocatorio e ha deciso di introdurre una legislazione respinta dal Parlamento europeo. Tale comportamento indebolisce la nostra democrazia. Non è di questo che abbiamo bisogno ora. Dobbiamo andare nella direzione opposta. Abbiamo bisogno di un rafforzamento della democrazia e di un’azione più vigorosa da parte del Consiglio e mi auguro che, in futuro, il Consiglio ascolterà il Parlamento europeo in misura di gran lunga maggiore di quanto non abbia fatto finora.
Proinsias De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente, ho notato che l’onorevole Kirkhope non ha descritto l’IRA come un’organizzazione fondamentalista cattolico-romana, né lo ha fatto l’onorevole Allister, e hanno ragione a non farlo. Ritengo che sarebbe un grave errore cominciare a etichettare le organizzazioni con l’una o l’altra religione in questa sede. Ciò che condividono tutte è il desiderio di conseguire fini politici tramite azioni antidemocratiche. Questa, a mio parere, è la definizione essenziale di terrorismo: usare la violenza in modo antidemocratico per conseguire un obiettivo politico.
Vorrei ricordare all’onorevole Kirkhope e ad altri deputati che l’esperienza nell’Irlanda del Nord e in ogni altro paese è che attribuendo etichette a categorie della società di fatto si aumenta l’alienazione e si incoraggia il reclutamento nelle organizzazioni terroriste.
Dobbiamo rispondere al terrorismo a livello politico, economico e sociale. E’ chiaro che dobbiamo difendere il nostro stile di vita democratico quando è minacciato dalla violenza, ma dobbiamo farlo in modo da non negare o ridurre i diritti umani fondamentali, non solo per la società in generale, ma per le categorie della società che sono alienate dalla società in generale. Dobbiamo impegnarci con tutti i cittadini e favorirne l’integrazione. Dobbiamo cercare di garantire che possano ottenere nella vita ciò cui aspirano, non emarginarli.
E’ quindi estremamente importante che le misure proposte oggi siano proporzionate, giustificate ed efficaci, non solo nel far fronte al terrorismo, ma anche nel cercare di garantire che il terrorismo non possa prosperare. Dobbiamo quindi fare di più, non limitarci a introdurre misure di sicurezza.
La mia ultima osservazione riguarda il bioterrorismo. Vorrei invitare coloro che tentano di alimentare il timore del bioterrorismo a riconoscere la realtà del terrorismo. Le armi preferite dal terrorismo sono poche once di semtex in uno zaino o in un’automobile, fucili e pistole semiautomatici – osservate l’esperienza del terrorismo in qualsiasi luogo del mondo – sono queste le armi utilizzate. Non è il gas sarin a creare la morte e la distruzione spettacolare di cui i terroristi hanno bisogno per il telegiornale delle sei.
Piia-Noora Kauppi (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei esprimere il mio sostegno entusiastico per la relazione dell’onorevole Alvaro. Sarebbe pura follia approvare il regime di conservazione dei dati proposto nella sua forma attuale.
La criminalità informatica è una piaga reale, che rischia di compromettere la stabilità e la sicurezza dei nostri sistemi informatici e va affrontata con controlli significativi. Tuttavia, gravare le società di telecomunicazioni e i prestatori di servizi Internet dei costi relativi alla conservazione di tutti i dati che gestiscono nel corso di un anno è una risposta mal considerata, uno sparo nel buio.
A prescindere dal fatto che tali operazioni e comunicazioni vengono registrate o meno, il vero criminale, che si preoccupa di evitare una facile individuazione, sa come coprire le proprie tracce. In ogni caso, considerato il volume di dati che si dovrebbero conservare, in particolare i dati Internet, è improbabile che l’analisi completa dei dati possa essere effettuata in tempo utile. Abbiamo avuto chiare indicazioni del fatto che non è stato per mancanza di dati che le agenzie di sicurezza degli Stati Uniti non hanno colto importanti indizi nel periodo precedente gli attentati dell’11 settembre, bensì il fatto che mancava il personale per trascrivere, tradurre e analizzare il materiale. Alcuni hanno affermato che il costo della conservazione dei dati dovrebbe essere sostenuto dai governi, non dalle imprese. In ogni caso è uno spreco di denaro.
Oltre alle conseguenze finanziarie negative, il sistema violerebbe la vita privata delle persone, come hanno affermato molti colleghi. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo fornisce chiari orientamenti, fatti valere dalla Corte di giustizia europea, sulle circostanze in cui tali dati possono essere conservati. Il regime generale proposto non prevede alcun criterio preciso che soddisfi la Convenzione sui diritti dell’uomo.
Invito gli onorevoli colleghi a sostenere l’onorevole Alvaro nel portare questa proposta a una rapida e completa conclusione. In altri ambiti, le proposte sulla lotta al terrorismo rispettano il principio di proporzionalità, ma non quelle esaminate nella relazione dell’onorevole Alvaro.
Lasse Lehtinen (PSE). – (FI) Signor Presidente, vorrei concentrare l’attenzione su un particolare spesso trascurato quando si parla di terrorismo. I terroristi finanziano le loro attività con mezzi tradizionali e con reati tradizionali. Questo è il motivo per cui nella lotta al terrorismo anche il normale lavoro di polizia è importante.
Il lavoro di polizia tradizionale manca ancora a livello europeo. Europol non è diventato un’autorità che opera in tutto il territorio dell’Unione, come lascia intendere il suo nome. E’ ancora un’agenzia senza risorse proprie o un’autorità effettiva. Le forze di polizia nazionali non trasmettono le informazioni alle autorità di altri paesi, con il risultato che non esiste ancora una fiducia reale tra gli Stati membri.
Lo scambio di informazioni e maggiori livelli di fiducia accrescerebbero anche la trasparenza, che è ciò che si chiede in questa discussione. Non può emergere un’Europol competente nel clima attuale. Tuttavia, questo è proprio ciò che è necessario per salvaguardare altre forme di cooperazione europea.
John Bowis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei parlare specificamente dell’interrogazione orale presentata dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, che riguarda il bioterrorismo. Con gli incidenti relativi all’antrace in America, gli attentati sulla metropolitana giapponese e gli attacchi chimici contro i curdi, sappiamo di essere vulnerabili se non adottiamo precauzioni contro il bioterrorismo.
Nel 2004 gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno deciso di adottare misure concrete comuni per migliorare le nostre capacità in questo ambito. Gli americani hanno compiuto un primo passo con il progetto BioShield e noi vogliamo sapere che cosa stia facendo l’Unione europea.
In febbraio la Conferenza mondiale sulla sicurezza ha affermato che l’Europa era tristemente impreparata agli attacchi terroristici. Nel 2001 l’Europa ha cominciato ad adottare misure per garantire di essere preparata. Gli obiettivi erano la creazione di un meccanismo per lo scambio di informazioni, la messa a punto di un sistema a livello di Unione europea per l’individuazione, l’identificazione e la diagnosi di agenti chimici, la costituzione di una scorta di medicinali e vaccini, la creazione di una base di dati di specialisti del settore sanitario e la preparazione di orientamenti per le autorità sanitarie sul modo in cui rispondere e tenere i contatti con gli organismi internazionali. Tuttavia, finora non è andata molto bene, perché, per quanto riguarda la vigilanza, abbiamo istituito un sistema di allerta precoce per individuare gli agenti chimici trasportati dall’aria, ma la sua utilità è limitata, in quanto funziona solo per determinate sostanze e non protegge contro la contaminazione dell’acqua e degli alimenti. Non abbiamo alcuna scorta di vaccini a livello europeo e nella maggioranza dei paesi le leggi sulla quarantena sono obsolete.
L’Unione europea ha anche creato il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, tra l’altro, per difendere l’Europa contro il bioterrorismo. E’ di cruciale importanza potenziare e rendere efficace tale Centro. Le attuali notizie sui tagli di bilancio del Centro non sono accettabili e mi auguro che sia trasmesso un messaggio energico alla Commissione e al Consiglio.
Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, questa discussione rivela che il Parlamento ha ben presente la serietà e la gravità della minaccia terrorista e intende agire con fermezza per contrastarla. Mi congratulo quindi con i relatori.
Si tratta di una minaccia per la nostra società, il nostro modo di vita, la nostra libertà, alla quale possiamo rispondere solo con una piena cooperazione a livello sia europeo sia internazionale e con una politica coerente, anziché un semplice elenco di iniziative, come hanno giustamente rilevato il Commissario e l’onorevole Oreja. D’altro canto, chi preferirebbe adottare una strategia in cui si finga di non essere un obiettivo s’inganna, s’inganna due volte.
In primo luogo, perché questo atteggiamento alimenta l’essenza stessa del terrorismo, nel senso che, instillando timore, ci impedisce di vivere la nostra vita e, in secondo luogo, perché è solo un modo di garantire una protezione pratica contro una minaccia violenta e molto reale. Tuttavia, poiché conosciamo il pericolo e intendiamo agire, siamo anche consapevoli del fatto che molto resta da fare. E’ il caso del bioterrorismo, di cui si è parlato poc’anzi, che rappresenta oggi un pericolo che dobbiamo saper affrontare e per il quale continuiamo a non essere adeguatamente preparati.
Si tratta di armi a basso costo, di piccole dimensioni, di facile reperimento e con un’enorme capacità distruttiva, a parte il fatto che la semplice simulazione dell’uso di tali armi è sufficiente a causare il panico generale. L’Europa deve quindi rispondere alle varie esigenze, attraverso gli Stati membri, ma anche attraverso programmi comunitari specifici. E’ necessario tenere scorte di medicinali e vaccini, migliorare i sistemi di individuazione e di allarme rapido e precoce, rafforzare i meccanismi di protezione civile, compresi i piani nazionali di emergenza, e rendere disponibile una grande quantità di informazioni.
Del resto, sono preoccupazioni che ha espresso anche la Commissione. E’ tuttavia importante ricordare che l’Unione europea ha assunto impegni ed è ora necessario passare dai progetti alle azioni anche nel contesto dei nostri obblighi internazionali, soprattutto quelli assunti dagli Stati Uniti in materia di lotta al bioterrorismo, che sull’altra sponda dell’Atlantico sono sviluppati nell’ambito del progetto Bioshield.
Concludo, signor Presidente, dicendo che il terrorismo, in particolare il bioterrorismo, non conosce frontiere e di conseguenza anche la lotta al terrorismo deve essere senza frontiere.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, in molti dei nostri paesi le organizzazioni terroriste continuano ad arruolare, addestrare, raccogliere fondi, raccogliere informazioni e, di fatto, a compiere azioni terroristiche. A un altro livello, vi è ancora chi mira a infliggere la distruzione di massa alle nostre democrazie. La lotta contro queste organizzazioni è continua ed è giusto che non avvenga sotto gli occhi del pubblico. E’ nostro dovere in quanto responsabili politici assicurare che i nostri servizi di polizia, di sicurezza e di intelligence dispongano di tutti i mezzi possibili e ricevano sostegno per il loro lavoro difficile e spesso pericoloso, con adeguate salvaguardie per le libertà dei cittadini rispettosi della legge.
E’ inoltre nostro dovere essere risoluti nel condannare il terrorismo. Troppo spesso vi sono persone che cercano di scusare o giustificare il terrorismo e abusano dei diritti umani, delle libertà civili o di argomenti antidiscriminatori per offrire protezione o conferire legittimità ai terroristi dei quali si dà il caso che sostengano le cause.
I nostri governi trasmettono segnali disorientanti quando trattano e scendono a compromessi con i terroristi e addirittura sacrificano la reputazione delle nostre forze di sicurezza e di singoli ufficiali per ingraziarsi organizzazioni quali il Provisional IRA nel Regno Unito.
Le cosiddette tigri tamil – le LTTE – continuano a raccogliere fondi per le loro attività nel Regno Unito e in altri paesi europei. Hezbollah, un gruppo terrorista che si ritiene sia coinvolto nell’80 per cento degli attentati terroristici contro Israele, non figura ancora nell’elenco dell’Unione europea delle organizzazioni proscritte.
E’ giusto introdurre nuove misure nel nostro repertorio antiterrorismo per affrontare una minaccia in costante evoluzione e che tali misure facciano parte di una strategia priva di falle. Tuttavia, se non siamo disposti a combattere i terroristi a livello politico e con autentica determinazione, a nulla approderanno le misure pratiche.
Nel Regno Unito abbiamo servizi di sicurezza altamente professionali e competenti, ma i loro sforzi sono compromessi dall’incapacità del governo di adottare le misure più elementari. In una relazione del mese scorso sul funzionamento della legislazione antiterrorismo nel Regno Unito, Lord Carlisle ha affermato che in alcuni porti di fatto non esistevano controlli di sicurezza sull’ingresso nel paese.
Dobbiamo innanzi tutto migliorare la situazione nei nostri paesi. L’Unione europea deve essere coinvolta solo se presenta un reale e comprovato valore aggiunto, non come pretesto per estendere le competenze delle Istituzioni europee ad altri settori di attività.
Herbert Reul (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il terrorismo rappresenta un pericolo estremamente grave. Questo è anche il motivo per cui oggi affrontiamo l’argomento e per cui sono state presentate ben sette relazioni in materia. E’ un problema che si può risolvere solo a livello collettivo, assieme ai vari governi d’Europa.
Durante la discussione, mi ha sfiorato spesso il pensiero che il referendum in Francia o quello nei Paesi Bassi forse avrebbe avuto un esito diverso se alcuni elettori fossero stati più consapevoli dei problemi che ci affliggono, se si fosse riusciti a chiarire che tali problemi sono semplicemente impossibili da risolvere, a meno che l’Europa non agisca come una sola entità.
Forse le sette relazioni e i numerosi modelli sono anche un’indicazione del fatto che dobbiamo concentrarci sull’essenziale, affinché le persone comprendano la necessità di un’azione comune e accettino di attuare questa strategia. Non si tratta di produrre un numero infinito di nuove proposte e nuovi programmi – aumentando così anche le attese dei cittadini – bensì di assicurare che le persone prendano atto del fatto che ciò che facciamo per combattere il terrorismo sta dando frutti, che il coordinatore europeo antiterrorismo non è solo un’autorità pubblica, ma lavora con successo con la Commissione per conseguire una maggiore efficienza, che Europol ed Eurojust stanno diventando strumenti efficaci e che si garantisce il controllo democratico.
E’ assolutamente indispensabile, come si afferma in una delle relazioni, che il Parlamento s’impegni a garantire che gli strumenti che introduciamo siano soggetti a revisione durante l’intero periodo in cui vi si fa ricorso. Sono stati efficaci? Quali effetti hanno prodotto? Vi sono misure specifiche di cui si può fare a meno? Non è forse più importante concentrarsi sull’essenziale?
Ciò mi porta all’ultima osservazione che considero importante fare. Il modo in cui si può perdere la fiducia e in cui un obiettivo fondamentale può essere perseguito malamente è perfettamente illustrato da ciò che viene presentato oggi sotto il titolo di conservazione dei dati, argomento che affrontiamo oggi per l’ennesima volta. Questo è un caso in cui si intraprende un’azione fine a se stessa, in cui si rabboniscono le persone con misure che in definitiva potrebbero rivelarsi del tutto inutili in termini di rafforzamento della sicurezza. Così stando le cose, non servirà a nulla persuadere i cittadini dell’importanza e dei vantaggi offerti dall’Europa e convincerli ad accettare i risultati del nostro lavoro. Non voglio essere considerato responsabile di ciò che pensano i cittadini dell’Unione europea. Per la quinta o sesta volta, affermo che tale responsabilità incombe ai governi nazionali, la cui improvvisa iperattività serve solo a mettere in pace la loro coscienza, senza di fatto ottenere alcun miglioramento dell’efficacia.
Nicolas Schmit,Presidente in carica del Consiglio. – (FR) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare i sette relatori per il lavoro esemplare che hanno svolto, il quale dimostra chiaramente che la lotta al terrorismo deve basarsi su una strategia globale, che comprenda numerosi aspetti. Ritengo che le sette relazioni dimostrino anche l’importanza attribuita dal Parlamento alla lotta contro il terrorismo.
Siamo stati profondamente segnati dagli avvenimenti dell’11 settembre 2001 e dall’attentato dell’11 marzo 2004 a Madrid. Tali vili attentati hanno scosso tutti, sia i cittadini europei sia i cittadini del mondo. Sono attacchi contro la democrazia, contro i valori che difendiamo, e per questo motivo la lotta al terrorismo deve essere una lotta spietata, ma anche una lotta per la democrazia. Non si può difendere la democrazia mettendola in pericolo. In molti interventi che ho ascoltato stamattina è stata espressa la necessità di una lotta più efficace contro il terrorismo e di un chiaro impegno a combattere il terrorismo e le reti terroriste, ma anche il desiderio che questa lotta non rimetta in discussione i nostri diritti democratici e le nostre libertà civili. Siamo sempre impegnati in questo esercizio di bilanciamento: dobbiamo salvaguardare i nostri diritti e le nostre libertà e al tempo stesso essere implacabili nei confronti di coloro che vogliono mettere in pericolo tali diritti e libertà.
Siamo ben distanti dalla visione orwelliana di uno Stato che controlla tutto. Nondimeno, dobbiamo essere vigili, onde evitare qualsiasi deriva in tale direzione. Non dobbiamo neanche dimenticare che il terrorismo sfrutta l’intera serie di risorse e nuove tecnologie e che è diventato un fenomeno globale e globalizzato, una rete che si serve di Internet come qualsiasi altra impresa globalizzata. Per far fronte a questa minaccia e combattere il fenomeno, non possiamo più permetterci di rinunciare a determinate risorse, quali la conservazione dei dati.
In questo contesto, è tuttavia necessario garantire il rispetto della vita privata. E’ sempre una questione di proporzionalità. Sono d’accordo con l’idea avanzata riguardo alla protezione della vita privata. Non possiamo però rinunciare a determinate tecnologie, se vogliamo rimanere efficaci nella lotta contro il terrorismo. L’Europa deve dare l’esempio. Altrove, si nota una tendenza a non prendere sul serio la tutela della vita privata e dei diritti individuali. L’Europa deve dimostrare che la guerra al terrorismo e il rispetto dei diritti possono andare di pari passo, senza che l’efficacia di tale lotta sia sacrificata o indebolita.
Ho anche ascoltato le critiche rivolte all’Unione europea riguardo al coordinamento e allo scambio di informazioni. In seguito a questi avvenimenti, soprattutto quelli di Madrid, il coordinamento è molto migliorato, in particolare grazie al signor de Vries, cui è stata affidata una missione speciale volta a coordinare tutte le attività dell’Unione europea e degli Stati membri in materia di lotta al terrorismo. Vorrei complimentarmi con lui per il suo lavoro e il suo impegno in questo ambito.
Ho altresì constatato che alcuni si preoccupano del fatto che l’Europa non sia preparata ad altri tipi di minacce, ancora più terribili di quelle all’origine dei due attentati che ho già menzionato. Si tratta del bioterrorismo, una minaccia che supera la nostra immaginazione, la nostra comprensione. E’ tuttavia un rischio possibile che non si può scartare a priori. Questo è il motivo per cui bisogna prepararsi a farvi fronte.
Vorrei cogliere l’occasione per rispondere all’interrogazione dell’onorevole Florenz, che ha sollevato proprio la questione della minaccia del bioterrorismo e del terrorismo nucleare. E’ chiaro che questo tipo di terrorismo, che comprende il terrorismo chimico, biologico, radioattivo e nucleare, costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale. Sappiamo che le reti terroriste hanno manifestato uno spiccato interesse per tali sostanze ed armi e che, se riuscissero a procurarsi tali armi di distruzioni di massa, sarebbero in grado di causare danni di una portata senza precedenti e di minare le basi democratiche delle nostre società.
Questo è il motivo per cui la minaccia del terrorismo biologico, nucleare e chimico merita di ricevere maggiore attenzione da parte dell’Unione europea. E’ stato fatto un parallelismo con le legislazioni americane in questo campo. Senza dubbio l’Europa ha molto da imparare dagli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda la formazione di squadre speciali, la costituzione di scorte di vaccini, le attività di ricerca e sviluppo sulle contromisure mediche, eccetera. Iniziative analoghe sono già state prese dagli Stati membri e le Istituzioni dell’Unione si sono già impegnate a svolgere questo tipo di attività. Di conseguenza, l’Unione dispone di un sistema di allerta rapida per ogni tipo di attentato terroristico, per il quale sarà creato un punto d’accesso centrale, il cosiddetto sistema Argus, nell’ambito della Commissione. In forza della direttiva che modifica la direttiva che istituisce un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, gli Stati membri hanno ora la possibilità di permettere la distribuzione temporanea di medicinali autorizzati in risposta a un attentato che comporti la diffusione di agenti patogeni, tossine, agenti chimici o radiazioni nucleari. E’ attualmente in corso la formazione anti-CBRN del personale medico.
Informazioni in materia di capacità di difesa civile e banche del sangue sono scambiate nell’ambito dei meccanismi di protezione civile. Inoltre, altri lavori di ricerca di ampia portata sono condotti a titolo del sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico per permettere di rispondere meglio ad azioni di questo tipo. La strategia del Consiglio contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa mira ad impedire ai terroristi di accedere a tali armi ed è deplorevole che la conferenza di New York non sia riuscita a trovare l’accordo su un testo comune, dal momento che un aspetto della conferenza sulla non proliferazione riguardava la minaccia terrorista in questi campi.
In un altro ambito di competenza, in questo caso a seguito della dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio europeo il 25 marzo 2004, il Consiglio e la Commissione hanno adottato, il 2 dicembre 2004, il programma di solidarietà dell’Unione europea sulle conseguenze delle minacce e degli attacchi terroristici, che modifica il programma CBRN e lo estende a tutte le forme di terrorismo.
Uno dei principi fondamentali della strategia dell’Unione europea è che la protezione contro le conseguenze degli attacchi terroristici è principalmente di competenza degli Stati membri. Tuttavia, la dichiarazione sulla solidarietà contro il terrorismo, adottata dal Consiglio europeo il 25 marzo 2004, conferma che le Istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri hanno la ferma intenzione di mobilitare tutti gli strumenti a loro disposizione per fornire assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche. Al riguardo, non posso astenermi dal fare riferimento a una disposizione della Costituzione che rafforza il carattere di solidarietà, soprattutto in caso di attacchi terroristici.
Il programma CBRN e il suo successore, il programma di solidarietà, sono programmi pluridisciplinari che prevedono risorse politiche, tecniche, economiche, diplomatiche, militari e giuridiche. E’ un po’ difficile, ma c’è...
Nel quadro dell’attuale programma di solidarietà, l’azione dell’Unione europea contro il terrorismo CBRN si basa su sei obiettivi strategici, che vorrei rapidamente ricordare.
Analisi e valutazione della minaccia: diverse analisi di queste minacce sono state svolte da Europol e dal Centro di situazione congiunto dell’Unione europea, il SitCen.
Prevenzione e riduzione della vulnerabilità: sono state adottate misure legislative per migliorare la conformità alle norme internazionali in materia di biosicurezza.
Individuazione degli attacchi CBRN: la Commissione ha adottato misure volte ad estendere e coordinare i sistemi comunitari di individuazione, comunicazione e informazione riguardanti le minacce chimiche e biologiche, nonché la salute umana, animale e vegetale.
Infine, i preparativi per mitigare le conseguenze di eventuali attacchi: la Commissione sta valutando le capacità che gli Stati membri possono mettere a disposizione in termini di protezione civile e di prodotti medici e farmaceutici. Sta elaborando norme relative alla cura di malattie legate a tali sostanze.
Da parte sua, il Consiglio ha creato una base di dati sulle risorse militari e sulle capacità che rivestono interesse per la protezione della popolazione civile contro gli attacchi terroristici, compresi gli attacchi CBRN. Per quanto riguarda gli aspetti della politica europea di sicurezza e di difesa attinenti alla lotta contro il terrorismo, è in corso d’esame l’interoperabilità civile/militare in campo CBRN.
Il Consiglio sta anche svolgendo lavori riguardanti un regime integrato di gestione delle crisi. La cooperazione internazionale naturalmente svolge un ruolo molto importante in questo contesto: persegue in generale gli stessi obiettivi del programma di solidarietà, cioè la messa in comune di informazioni epidemiologiche riguardanti la propagazione transfrontaliera di malattie contagiose e la cooperazione in materia di piani d’emergenza, tecnologie di individuazione per laboratori, non proliferazione, assistenza reciproca e coordinamento delle risposte. Anche gli Stati Uniti partecipano a tali lavori. Un altro dialogo sarà avviato a tempo debito. Questa cooperazione internazionale, in particolare con gli americani, ma anche con gli altri partner, ci sembra estremamente importante.
Prima di procedere alla votazione e prima che prenda la parola il Vicepresidente Frattini, vorrei concludere dicendo che a mio parere l’Unione europea è impegnata in un processo globale di preparazione alla lotta contro tutte le forme di terrorismo. La guerra al terrorismo – come ho affermato all’inizio e come dimostrano chiaramente le vostre relazioni – richiede una strategia globale. Vi è un aspetto al quale dovremmo prestare particolare attenzione: dobbiamo impedire ai gruppi terroristi di reclutare adepti nelle nostre società. Infatti, è il reclutamento nelle nostre società, in particolare tra giovani sradicati e male integrati nelle nostre società, che costituisce la più grande minaccia terroristica. Questi giovani per certi versi rappresentano un terreno fertile per azioni inimmaginabili e impensabili, azioni che rivelano una specie di disperazione. Ciò significa che la nostra strategia per la lotta al terrorismo deve includere una dimensione sociale, una dimensione che comprenda l’integrazione e il trattamento da riservare a tali gruppi, in particolare i giovani, che provengono da paesi musulmani. In tal modo potremo vincere questa battaglia sul nostro stesso territorio, nell’Unione, obiettivo, questo, che va assolutamente raggiunto.
Presidente. – A questo punto ho il piacere di porgere il benvenuto al nostro ex collega, signor Gijs de Vries, al quale auguro tutta la forza di cui ha bisogno per questo compito enorme. Benvenuto al Parlamento europeo, signor de Vries.
Franco Frattini,Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli deputati, non posso certamente rispondere in pochi minuti a tutti gli interventi importanti svolti nel corso di una discussione di circa tre ore.
Vorrei soltanto svolgere alcune rapidissime riflessioni: credo che vi sia un ampio consenso sul fatto che contro il terrorismo occorrono misure a livello europeo, azioni collegate in una strategia europea organica, misure proporzionate, basate anzitutto sulla prevenzione, sulla cooperazione, anche internazionale, e sul rispetto dei diritti fondamentali della persona tra i quali, ovviamente e soprattutto, il diritto alla vita privata, da molti evocato in quest’Aula.
Vi è un altro principio che ritengo di dover sottolineare: nessuno può essere sospettato di terrorismo per ragioni etniche o religiose, perché ciò significherebbe davvero la vittoria del terrorismo che punta allo scontro tra religioni e civiltà. Se quindi è necessario comprendere le radici profonde del terrorismo, non vi devono comunque esservi dubbi sul fatto che il terrorismo non può mai avere giustificazioni. Dobbiamo conoscere le radici per sradicarle, mai per giustificarle. Vi è una distinzione profonda tra questi due concetti.
Occorre altresì dare piena attuazione alle misure decise a livello europeo, ossia al piano d’azione. Probabilmente sapete che molti Stati membri non hanno ancora attuato numerose misure definite nel piano d’azione. Posso a tutt’oggi citare soltanto due esempi positivi, quelli della Danimarca e dell’Ungheria, due Stati membri che le hanno invece attuate tutte. Credo che debbano essere indicati come modello per gli altri Stati membri dell’Unione europea.
Vi è inoltre un principio su cui tutti conveniamo, ossia il principio di solidarietà. In primo luogo, solidarietà tra gli Stati – e qui concordando appieno con il Presidente in carica, il ministro Schmidt: credo che si debba sostanzialmente anticipare il principio sancito nel Trattato costituzionale, che prevede una solidarietà reciproca tra gli Stati membri allorché uno di questi è colpito dai terroristi. In secondo luogo, solidarietà verso le vittime del terrorismo, un’altra delle linee d’azione su cui l’Europa si dovrà concentrare.
Si è parlato a lungo di bioterrorismo: la Commissione europea in primo luogo può incitare a proseguire e a rafforzare le azioni intraprese. Essa si adopera per incoraggiare gli Stati membri a prendere tutte le misure necessarie ad una preparazione adeguata in caso di attentato bioterroristico, augurandosi di poter contare sul pieno sostegno di questo Parlamento nel convincere tutti gli Stati membri ad agire più incisivamente, investendo maggiori risorse, perché la minaccia di un attentato bioterroristico non ci può e non ci deve trovare impreparati. Informeremo il Parlamento di tutte le misure che avremo intrapreso, ivi comprese le simulazioni di attacchi terroristici e le azioni di cooperazione internazionale che stiamo conducendo.
In conclusione, signor Presidente, credo che la migliore arma contro il terrorismo sia l’unità di azione tra le istituzioni, Commissione, Parlamento, Consiglio, e la società civile. Dobbiamo spiegare ai nostri cittadini che soltanto dall’azione unita delle istituzioni e della società potrà derivare una risposta veramente europea alla sfida dei terroristi, che è una sfida contro tutti noi.