– Mozione di censura nei confronti della Commissione (B6-0318/2005)
Bruno Gollnisch (NI). (FR) Se gli europarlamentari che sono membri della Coordination des Droites Européennes non hanno preso parte al voto sulla mozione di censura, non è stato per solidarietà politica con la Commissione, bensì perché la mozione è stata presentata e concepita male.
Saremmo stati perfettamente disposti a censurare il Presidente Barroso per le sue azioni politiche e, in particolare, per l’ostinazione con cui la Commissione si permette di non curarsi del voto recentemente espresso in maniera chiarissima dalla popolazione francese e olandese. Quando tuttavia c’è in gioco la rispettabilità di una persona, occorre sapere con certezza che posizione assumere ed essere disposti ad andare a fondo della questione.
Il ritiro implicito della mozione di censura da parte dell’onorevole Bonde poco prima della votazione dimostra che egli non si trovava in questa posizione. Di conseguenza, abbiamo temuto che tale avventatezza potesse pregiudicare la mozione di censura, che deve essere riservata esclusivamente ai casi gravi per i quali il mio gruppo ha deciso di utilizzarla in futuro.
Jens-Peter Bonde, Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM),per iscritto. – (DA) Ci sono 90 di noi che, in veste di europarlamentari, hanno sottoscritto una mozione di censura nei confronti della Commissione, in quanto era l’unico modo a nostra disposizione per indurre il Presidente della Commissione a venire qui in Parlamento a spiegare il legame che sussiste tra l’omaggio di una vacanza del valore compreso tra 20 000 e 25 000 euro e la decisione, a essa successiva, di accordare 10 milioni di euro in aiuti regionali al proprio amico Spyros Latsis, cinquantaquattresimo nella lista degli uomini più ricchi del mondo.
Nella nostra mozione di censura abbiamo scritto che avremmo ritirato tale mozione se ci fosse stata fornita una spiegazione ragionevole.
Una spiegazione ci è stata data, ma nel frattempo il Presidente del Parlamento ha deciso, contrariamente al nostro volere, che è necessario votare sulla mozione.
Per il futuro possiamo accettare che le mozioni di censura vengano accolte dal momento in cui vengono presentate con 74 firme, e che contestualmente a ciò vengano messe automaticamente ai voti.
La mozione è stata tuttavia presentata in conformità alle vecchie regole. Alcuni di noi sceglieranno pertanto di astenersi al momento della votazione sulla mozione.
Ciò non significa che la risposta della Commissione ci soddisfa, ma siamo lieti degli impegni assunti durante il dibattito, daremo un seguito alla questione in seno alla commissione per il controllo dei bilanci e continueremo a batterci per una trasparenza completa sugli omaggi e sulla composizione dei 3 000 gruppi di lavoro segreti della Commissione.
Nigel Farage (IND/DEM),per iscritto.(EN) Il voto di oggi sulla mozione di censura è stato una farsa. Il Parlamento ha votato con una maggioranza schiacciante per dare una pacca sulla spalla al Presidente Barroso e per complimentarsi del lavoro eccellente che sta facendo. A lui e agli altri Commissari è stato detto che possono accettare ospitalità illimitata da chiunque, senza dover rendere conto a nessuno.
La mozione è stata presentata soltanto perché il Presidente Barroso si è rifiutato di fornire spiegazioni sull’ospitalità, e per l’intransigenza e l’obbedienza cieca dei gruppi politici più importanti. Ebbene, malgrado il pugno di ferro e le prepotenze siamo riusciti ad avere un dibattito, che rappresenta una piccola vittoria della trasparenza. Il silenzio del Presidente Barroso alla domanda cruciale e molto diretta sul gruppo Latsis e i rapporti con l’UE, è una prova inconfutabile che non sussistono più legami commerciali tra loro.
Tuttavia, a causa di una reinterpretazione delle regole, oggi siamo stati costretti a votare, il che non era mai stato nelle nostre intenzioni. E sia. Il Parlamento europeo potrà anche avere fiducia nel Presidente Barroso, ma altre votazioni di recente svoltesi nel mondo reale indicano che i popoli europei hanno perso la loro fiducia nel suo progetto.
Roger Helmer (NI),per iscritto.(EN) Quale firmatario della mozione di censura, la mia intenzione, come dichiarato nella mozione, era di garantire che il Presidente della Commissione José Manuel Barroso venisse in Parlamento a fornire spiegazioni sull’ospitalità smisurata ricevuta da un armatore greco. L’obiettivo in questione è stato raggiunto, e analogamente alla maggior parte dei firmatari, anch’io avrei accettato di buon grado il ritiro della mozione. A quanto pare, ciò non è stato possibile per motivi procedurali.
Considerato che non volevo che la mozione fosse messa ai voti, la scelta più logica che potessi fare era quella di astenermi.
Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer, Esko Seppänen, Jonas Sjöstedt e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL),per iscritto.(EN) I funzionari governativi hanno l’obbligo di essere irreprensibili, sia che lavorino per l’Unione europea che per gli enti locali. Devono evitare i conflitti di interesse nonché legami con società che possano loro fornire gratificazioni personali. Nel caso del Presidente Barroso, che presiede la Commissione europea, sono insorti dubbi a proposito dei suoi rapporti con le imprese. Per questo motivo abbiamo sottoscritto una mozione di censura con l’obiettivo esplicito ed esclusivo di avviare un dibattito in plenaria. Benché tale dibattito si sia già svolto lo scorso 25 maggio, non abbiamo motivo di ritenerci al momento soddisfatti delle risposte del Presidente Barroso. Siamo fermamente convinti che una maggioranza consistente di eurodeputati abbia effettivamente fatto il possibile per impedire al Presidente Barroso di considerare seriamente le critiche. Nel frattempo, abbiamo ricevuto nuove informazioni sul coinvolgimento del Presidente Barroso nel mondo imprenditoriale. Benché tali informazioni siano tuttora insufficienti per mettere ai voti la presente mozione di censura, potrebbero rivelarsi sufficienti in un prossimo futuro. Se ci fosse stata concessa la libertà di ritirare o rinviare la mozione di censura, l’avremmo fatto. Tuttavia, dato che – a quanto pare – non è più possibile ritirare la mozione, abbiamo deciso di astenerci dal voto di oggi.
Luís Queiró (PPE-DE),per iscritto.(PT) Non posso votare a favore della presente mozione di censura.
La Commissione e il suo Presidente sono stati coinvolti in un lavoro molto importante nell’ambito del dibattito sulle prospettive finanziarie. Di conseguenza, lo scopo di questo attacco al Presidente, una critica priva di qualsiasi base etica, è semplicemente quello di compromettere un’Istituzione comunitaria. I responsabili hanno assunto una posizione sbagliata non perché si sono mossi controcorrente, ma semplicemente perché si sono opposti senza avere altre proposte positive da presentare.
Le esigenze etiche vanno di pari passo con un atteggiamento responsabile, che manca del tutto nel caso di questa mozione di censura.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Ho votato a favore della relazione Böge perché ritengo che sia necessario dimostrare che l’UE è in grado di agire attraverso le sue Istituzioni dopo il fallimento dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi.
Sullo stesso piano del Consiglio, il Parlamento ha formulato chiaramente le sue priorità politiche in relazione alle prospettive finanziarie. Grazie al relatore, è stato creato con grande professionalità un quadro che fornisce un valore aggiunto reale e che stabilisce delle soglie finanziarie fattibili e accettabili che eventualmente saranno trasformate in strumenti e programmi specifici. Il fatto che i fondi di coesione saranno mantenuti al 4 per cento del PIL è di grande importanza per i nuovi Stati membri, dal momento che si trovano nella posizione di ricevere una somma sostanziale di fondi per le misure di coesione e quelle strutturali. Allo stesso tempo, viene posto l’accento su una più equa ripartizione dei contributi da parte dei contributori netti, in linea con lo spirito di solidarietà.
La relazione Böge rappresenta un compromesso accettabile tra la proposta generosa della Commissione e l’inadeguata proposta del Consiglio. La sfida che deve affrontare il Consiglio è quella di consentire che i negoziati sulle prospettive finanziarie si concludano con un’approvazione all’unanimità nel corso del vertice di giugno quando ancora il Lussemburgo detiene la Presidenza, o al più tardi entro la fine di quest’anno.
Mairead McGuinness (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, intervengo in riferimento alla relazione Böge a nome dei miei colleghi della delegazione irlandese del gruppo del PPE-DE: onorevoli Doyle, Mitchell, Coveney e Higgins. Ci congratuliamo con l’onorevole Böge per la sua relazione di cui apprezziamo l’ampia visione d’insieme. Tuttavia devo esprimere la nostra preoccupazione relativamente al finanziamento dell’agricoltura. Abbiamo votato con i nostri colleghi spagnoli in modo che l’onere di far fronte a eventuali carenze che potrebbero sorgere ricada sul Consiglio e non sugli Stati membri.
Alla luce di una recente riforma della politica agricola comune, l’attuale posizione del Parlamento, che suggerirebbe il cofinanziamento, non sarà accolta con molto favore dagli agricoltori e dagli abitanti delle zone rurali. Credo che trasmetta un messaggio sbagliato, in un momento in cui la fiducia dell’opinione pubblica nell’Europa è in calo e qualsiasi cenno al cofinanziamento nuoce alla politica agricola comune. Abbiamo dunque votato di conseguenza.
Gerardo Galeote Quecedo (PPE-DE). – (ES) Mi compiaccio della posizione adottata dal Parlamento europeo relativamente alle prospettive finanziarie. Ora auspico solamente che il Consiglio si assuma le proprie responsabilità e giunga ad un accordo il prossimo 17 giugno. Alcuni di noi deputati tuttavia si sono astenuti per una questione di principio. Non ammettiamo, neanche ipoteticamente, che si riapra l’accordo del 2002 relativo alla politica agricola comune. Desideriamo che tale accordo rimanga chiuso fino al 2013, come era stato convenuto.
Francisco Assis, Fausto Correia, Edite Estrela, Emanuel Jardim Fernandes, Joel Hasse Ferreira, Jamila Madeira e Manuel António dos Santos (PSE),per iscritto.(PT) Considerando:
1. il contesto politico e la necessità di coinvolgere i vari partner europei nella creazione di un quadro finanziario stabile che assicuri uno sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro;
2. la necessità che le Istituzioni europee diano un chiaro segnale del loro impegno a cercare soluzioni ai problemi dei cittadini;
3. la necessità di incanalare gli sforzi per raggiungere un accordo in cui possa riconoscersi gran parte dei 453 milioni di cittadini, assicurando dunque l’unità nella diversità;
4. il fatto che la politica di coesione rappresenta la solidarietà interna dell’UE e che, nonostante le attuali limitazioni, questo principio è stato perlomeno sostenuto;
la rappresentanza dei socialisti portoghesi al Parlamento ha votato a favore della relazione Böge sulle prospettive finanziarie 2007-2013.
Charlotte Cederschiöld, Lena Ek, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark, Anna Ibrisagic, Cecilia Malmström e Anders Wijkman (PPE-DE),per iscritto.(SV) Una forte azione di prioritarizzazione delle risorse dell’Unione europea è di cruciale importanza per apportare quei cambiamenti di cui l’Europa ha bisogno. Devono divenire prioritarie le questioni relative all’allargamento e alla creazione di legami stretti tra i paesi dell’UE, così come la lotta contro la criminalità e l’obiettivo di rendere l’UE l’economia più competitiva al mondo.
Devono avere la precedenza gli aiuti alle regioni più deboli così come l’ambizione di incrementare sostanzialmente il bilancio europeo destinato alla ricerca. Deve divenire inoltre questione di priorità il ruolo dell’UE in relazione alle questioni climatiche e alla lotta contro la povertà e le malattie infettive. Non accettiamo un aumento dei costi amministrativi del 3 per cento annuo.
Imposte ridotte sul lavoro e sulle imprese sono una condizione indispensabile per trasformare l’Europa in un’economia di successo. Hanno bisogno di uno spazio di manovra nella politica finanziaria degli Stati membri. Crediamo dunque che i livelli di impegno e di pagamenti adottati dal Parlamento europeo siano troppo alti. Per ridurre il bilancio comunitario desideriamo modificare l’accordo del 2002 relativo alla spesa agricola ed effettuare una revisione degli aiuti regionali, dando priorità invece alle regioni più povere.
Per queste ragioni nella votazione finale ci siamo astenuti piuttosto che votare contro la proposta del Parlamento, di cui possiamo appoggiare parti considerevoli. Non possiamo tuttavia dare il nostro sostegno al livello di spesa che consideriamo eccessivamente alto, specialmente perché il modo in cui sarebbe ripartita non coinciderebbe con le nostre priorità.
Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. (FR) La relazione dell’onorevole Böge rappresenta il mandato negoziale del Parlamento in vista delle prossime prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013.
Ho votato contro la presente relazione per le ragioni seguenti.
1. Il processo di ratifica del Trattato costituzionale ha evidenziato i dubbi di una parte delle nazioni europee sull’efficacia delle politiche socioeconomiche comunitarie. Sono convinto che l’Unione europea debba avere un bilancio ambizioso che assicuri alle autorità comunitarie i mezzi per svolgere la propria missione. La relazione Böge, che fissa gli stanziamenti di pagamento all’1,7 per cento del reddito nazionale lordo, non è all’altezza di questa sfida.
2. Il rilievo posto sulle restrizioni di bilancio indebolisce l’impegno europeo nei confronti degli agricoltori. Minaccia altresì l’applicabilità dell’organizzazione comune del mercato (OCM) dello zucchero, di cui non sarà possibile finanziare la riforma. Non accetto che gli agricoltori diventino vittime dell’egoismo nazionale, implicito nella relazione Böge.
3. L’introduzione del cofinanziamento, che apre la strada alla rinazionalizzazione della politica agricola comune (PAC), è, secondo me, inaccettabile. Denota l’abbandono dell’unica politica pubblica veramente europea, in un momento della nostra storia in cui l’Europa deve rafforzarsi unendo le sue forze. Cedendo ai dubbi nazionali si allargherebbe il divario tra l’Europa e i suoi Stati.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM),per iscritto.(SV) Le riserve scritte dell’onorevole Wohlin relative alla relazione dell’onorevole Böge, insieme al discorso pronunciato in Parlamento dall’onorevole Goudin il 7 giugno 2005, riassumono il motivo per il quale la Junilistan ha scelto di votare contro la presente relazione. Appoggiamo la richiesta del governo svedese e quella di altri cinque paesi che il bilancio comunitario non superi l’1 per cento del prodotto nazionale lordo, sia in termini di pagamenti che di impegni. L’UE deve rispettare i suoi impegni nei confronti dei dieci nuovi Stati membri, ma viene lasciato spazio a questa spesa all’interno dell’attuale quadro di spesa. La differenza tra la nostra richiesta di un 1 per cento e la proposta del Parlamento (e della Commissione) sta nel fatto che l’UE a 15 (con l’eccezione della Grecia e del Portogallo) deve rinunciare in particolare agli aiuti dal Fondo di coesione. La Junilistan si compiace dell’iniziativa in termini di cofinanziamento e auspica che possa aprire la porta ad una futura rinazionalizzazione per esempio della politica agricola. Sosteniamo altresì l’idea di un meccanismo di correzione per compensare quei paesi che, con l’attuale sistema, sono responsabili di una somma sproporzionatamente grande del reddito comunitario. Il meccanismo di correzione costituirà auspicabilmente un’alternativa alla compensazione britannica.
Respingendo la Costituzione, sia la Francia che i Paesi Bassi hanno mostrato di preferire meno sopranazionalismo e non il contrario. Un veto svedese in seno al Consiglio contro un brutto compromesso rappresenta un’alternativa migliore di un nuovo bilancio a lungo termine. Un voto contrario alla presente relazione è un voto netto a favore di una maggiore sussidiarietà.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL),per iscritto.(PT) Diciamo “no” alle proposte presentate dalla Commissione e dal Parlamento relativamente alle prospettive finanziarie per il 2007-2013, innanzi tutto perché dal punto di vista politico e finanziario rispecchiano gli obiettivi previsti nella cosiddetta “Costituzione europea”, come la predominanza della concorrenza, il rafforzamento della “fortezza Europa” e la militarizzazione dell’UE e in secondo luogo perché sono purtroppo inadeguate dal punto di vista finanziario se desideriamo promuovere la “coesione sociale ed economica” e far fronte alle sfide sociali, economiche e ambientali dell’UE allargata.
Diciamo “no” perché ci opponiamo a qualsiasi tentativo volto ad aiutare i paesi più sviluppati dal punto di vista economico – o piuttosto i loro grandi gruppi economici e finanziari – a ricavare ancora una volta dall’UE la parte del leone dei benefici politici ed economici, mettendo i propri interessi davanti a quelli del Portogallo e del popolo portoghese.
Diciamo “no” perché abbiamo bisogno di una chiara rottura con le politiche neoliberali comunitarie e, sulla base della cooperazione tra Stati sovrani e paritari, dobbiamo promuovere uno sviluppo economico sostenibile, creare posti di lavoro e combattere i persistenti alti livelli di disoccupazione, povertà, esclusione sociale e disparità di reddito.
Respingiamo dunque la relazione dell’onorevole Böge. Al contrario appoggiamo la risoluzione alternativa presentata dal nostro gruppo relativamente alle prospettive finanziarie 2007-2013 che contiene proposte che difendono gli interessi del Portogallo.
Satu Hassi, Anneli Jäätteenmäki, Henrik Lax, Lasse Lehtinen, Riitta Myller, Reino Paasilinna, Esko Seppänen, Hannu Takkula, Paavo Väyrynen e Kyösti Tapio Virrankoski (ALDE),per iscritto.(FI) Dichiarazioni di voto.
Abbiamo votato contro l’emendamento 26 perché la sua formulazione implica che la dimensione settentrionale dell’UE dovrebbe essere riconcepita come la strategia del mar Baltico. Siamo a favore della creazione di una strategia del mar Baltico per l’UE, ma essa dovrebbe essere parte della dimensione settentrionale.
Avremmo desiderato che coloro che hanno presentato l’emendamento si fossero accordati su un emendamento orale, che avrebbe chiaramente sottolineato l’importanza della dimensione settentrionale e della strategia del mar Baltico come parte vitale della stessa.
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE), per iscritto.(FR) Non è previsto alcuno stanziamento per Natura 2000!
L’omissione più importante nelle prospettive finanziarie è, ancora una volta, la protezione della natura. Tuttavia, nel corso di numerosi dibattiti, ciascun membro del Parlamento europeo ha riconosciuto che Natura 2000 è parte integrante della politica comunitaria, che i primi esperimenti nella gestione dei siti hanno prodotto risultati molto positivi e, ancora meglio, hanno consentito di gettare le basi per lo sviluppo sostenibile in aree di importante valore biologico. L’ambiente, essendo stato tenuto precedentemente sotto controllo, si stava trasformando nella carta vincente per il nuovo sviluppo basato sulla comprensione dell’importanza del patrimonio naturale dei nostri paesi. La relazione cita i 21 miliardi di Euro necessari per continuare a far funzionare Natura 2000 negli anni 2007-2013, ma non c’è una sola riga del bilancio che faccia riferimento a questo dato nelle previsioni di spesa. Un emendamento adottato durante la plenaria è addirittura riuscito a rimuovere Natura 2000 dai finanziamenti alla pesca.
Ciò indica che non esiste politica in grado di contribuire alla creazione di Natura 2000. Questo vuol dire che Natura 2000 sarà stroncata sul nascere dalle prospettive finanziarie?
L’unica speranza restante per la protezione della natura risiede nel fondo LIFE+. Il Parlamento europeo avrà bisogno di redimersi includendo nel presente strumento finanziario per l’ambiente una quota per Natura 2000.
Timothy Kirkhope (PPE-DE),per iscritto.–(EN) Io e i miei colleghi conservatori britannici abbiamo votato contro la presente relazione perché non contiene alcuna proposta di riforma finanziaria necessaria affinché i contribuenti dell’UE spendano meglio il proprio denaro.
In questa fase, in cui l’opinione pubblica percepisce il bilancio comunitario come un “buco nero”, non è il momento di chiedere più soldi agli Stati membri. L’Unione dovrebbe anzi fare di meno, ma farlo meglio. Di conseguenza sosteniamo la limitazione effettiva dei contributi al bilancio comunitario da parte degli Stati membri all’1 per cento del PNL. L’UE deve gestire i fondi che riceve in modo più trasparente e rispondente a criteri di costi-efficienza, con l’obiettivo di stimolare la crescita economica e la prosperità in Europa.
Infine, non si deve consentire al governo britannico di rinunciare alla compensazione del Regno Unito per una qualsiasi alternativa a breve termine. Al momento il Regno Unito ha un introito procapite che probabilmente è il più basso nell’UE, ovvero percepisce, in termini di sussidi alle infrastrutture e all’agricoltura, meno di paesi quali la Francia e l’Italia. Infatti la Gran Bretagna è già il secondo maggiore contribuente al bilancio, e senza la deroga in questione diventerebbe il primo. Non si può certo sostenere che si tratti di un buon esempio per il contribuente britannico di come spendere bene il proprio denaro!
Christa Klaß (PPE-DE),per iscritto.(DE) L’agricoltura rappresenta qualcosa di più di una semplice produzione di alimenti. Per questo motivo mantenere l’agricoltura in tutti gli Stati membri è un compito importante per l’Unione europea. Lo sviluppo economico e rurale trae benefici da questa attività che garantisce un paesaggio naturale e culturale salubre. Agli agricoltori deve continuare ad essere garantito un sostegno finanziario attraverso la politica agricola comune e la pianificazione finanziaria a lungo termine dell’UE deve considerare questo aspetto. L’adesione di Bulgaria e Romania, programmata per il 2007, renderà la situazione finanziaria più critica. Per far fronte a questo allargamento non è stata ancora prevista alcuna disposizione per lo stanziamento di maggiori fondi per la PAC. Al contrario, la bozza prevede una riduzione o limitazione delle risorse. L’adesione ridurrà ulteriormente i fondi stanziati per gli agricoltori degli Stati membri esistenti e dunque, qualora le risorse finanziarie della PAC si rivelassero insufficienti per far fronte alle necessità, si dovranno cercare i contributi nei singoli Stati membri, che saranno obbligati a sopperire alla riduzione per i propri agricoltori. Lungi dal sommarsi alla rinazionalizzazione della politica agricola, questo significherebbe che il suo finanziamento sarebbe assicurato sul lungo termine. Se si vogliono conservare i benefici della politica agricola comune, potrebbe in futuro essere necessario chiedere agli Stati membri di farsi carico della propria quota dei costi, dal momento che non è accettabile che gli agricoltori debbano pagare il conto dell’allargamento dell’UE e che i fondi per le altre politiche debbano essere ricavati dal bilancio previsto per l’agricoltura.
Stéphane Le Foll (PSE), per iscritto. (FR) Mi astengo dalla votazione su questa relazione per le seguenti ragioni.
– Sono a favore di un’Europa più forte e più politica. E’ difficile per il Parlamento europeo indicare per il bilancio generale un importo inferiore a quello proposto dalla Commissione. E’ difficile volere più Europa senza un bilancio adeguato. Ritengo dunque necessario dare alcuni segnali ai capi di Stato e di governo che prenderanno la decisione finale relativamente al livello delle prospettive finanziarie. Devono dare all’Europa le risorse per il raggiungimento dei suoi obiettivi.
– Si deve respingere il cofinanziamento del primo pilastro della politica agricola comune (PAC), che promuove idee che possono rivelarsi distruttive per una delle politiche di base dell’Unione europea, orientandola verso una rinazionalizzazione. Tale proposta non risolve assolutamente il problema dell’insufficienza di credito europeo, ma al contrario trasferisce la responsabilità di parte dei costi agli Stati membri e/o alle comunità territoriali, senza assicurarsi che abbiano davvero i mezzi per pagare. Si tratta di una falsa soluzione per quelli che rifiutano di prendere decisioni a favore di una migliore ripartizione del sostegno pubblico all’agricoltura e di una revisione più profonda della PAC che porterebbe ad un’agricoltura più sostenibile.
Kartika Tamara Liotard e Erik Meijer (GUE/NGL),per iscritto.– (NL) In qualità di membri del partito socialista olandese, non abbiamo obiezioni di rilievo alla possibilità che l’Unione europea abbia a disposizione un massimale di 1,26 per cento del prodotto nazionale lordo, come stabilito nei trattati. I soldi spesi collettivamente per la democrazia, l’ambiente, la fornitura di servizi pubblici, la sicurezza sociale e la solidarietà internazionale sono soldi ben spesi. Una società che tralascia di stanziare risorse a questo scopo è permanentemente in crisi. Anche se non abbiamo alcuna comprensione per coloro che vogliono ridurre le imposte facendo arretrare lo Stato, critichiamo l’UE per il modo in cui spende i soldi. Il denaro viene fatto confluire senza che ce ne sia bisogno verso regioni degli Stati membri più ricchi, con gran parte dei fondi agricoli che finiscono nelle mani dei grandi agricoltori e nei sussidi alle esportazioni, e con il fondo per le calamità che viene improvvisamente ampliato per includere un fondo per il terrorismo. Per il Parlamento europeo vengono spese somme ingenti e inutili di denaro, per l’ingente mole di spese da rimborsare e a causa del suo costante pendolarismo tra due città. Molte delle questioni transfrontaliere per cui l’UE potrebbe essere utile non sono affrontate e molti fondi scompaiono in spese illusorie e in attività fraudolente. Fintanto che la situazione persiste, abbiamo pochi motivi per opporci in modo attivo a coloro che desiderano ridurre la spesa all’1 per cento, anche se condanniamo le loro idee e argomentazioni spesso egoistiche.
Diamanto Μanolakou (GUE/NGL),per iscritto.– (EL) E’ un insulto discutere sulle prospettive finanziarie per il 2007-2013, quando il loro obiettivo dichiarato è quello di applicare il nuovo Trattato costituzionale che è stato respinto, condannato ed è morto. Le popolazioni di Francia e Paesi Bassi hanno condannato, sulla base della propria esperienza di vita, la politica europea e del governo che porta austerità, disoccupazione, inflazione e incertezza attraverso ristrutturazioni capitaliste, obiettivi, questi, promossi nelle prospettive finanziarie per il 2007-2013. E’ questa la direzione che si sta imprimendo alle prospettive finanziare per salvaguardarne i profitti e rafforzare il capitale europeo e la plutocrazia in ogni paese, per cercare di colpire i diritti dell’intera popolazione e rafforzare la militarizzazione dell’UE. Ovviamente ci sono anche numerosi stanziamenti di propaganda e per allontanare i lavoratori dai propri reali interessi.
Il corpo a corpo tra gli imperialisti sta peggiorando e i margini di manovra si stanno riducendo: la reiezione della “Costituzione europea” rappresenta un messaggio positivo e ottimista.
Il buon risultato di questi referendum per le popolazioni dell’UE, che nella vostra posizione – e questa è la vostra pseudodemocrazia – disprezzate, non può essere rovesciato da una decisione relativa alle prospettive finanziarie che sarà respinta dal partito comunista greco. Peraltro, tale esito mostra ai lavoratori il percorso di insubordinazione e disubbidienza alla politica dell’UE e apre le prospettive di lotta per un’Europa di pace, di diritti popolari e di socialismo.
Eluned Morgan (PSE),per iscritto. – (EN) Vorrei che fosse preso nota che ho votato a favore del mantenimento della compensazione britannica. Questo dovrebbe rimanere valido fino a che non ci sarà una riduzione radicale degli importi erogati a sostegno dell’agricoltura.
Luís Queiró (PPE-DE),per iscritto.(PT) Mi sono astenuto dalla votazione sulla presente relazione, perché ritengo che le sue proposte si trovino a metà strada tra ciò che sostengo (la proposta della Commissione) e una posizione che non potrebbe essere più lontana dai miei obiettivi (l’opzione dell’1 per cento del PIL).
Dal momento che la proposta contenuta in questa relazione si è allontanata dalla posizione della Commissione (sia della Commissione Prodi che di quella attuale) e porterebbe a una riduzione ingiustificata e inaccettabile degli importi complessivi, non posso esprimere un voto favorevole.
Tuttavia, non mi sento neanche di votare contro la relazione, perché questa proposta è preferibile a quella presentata dalla Presidenza del Consiglio – secondo quanto è dominio pubblico – ed è certamente migliore di quello che offrono i sei maggiori contributori al bilancio comunitario, ovvero di ridurre il bilancio dell’Unione all’1 per cento del PIL comunitario.
Dunque il mio voto dovrebbe essere visto come voto a favore della continuazione dei negoziati, in modo tale che possano essere soddisfatti gli obblighi dell’UE relativi alla coesione e alla solidarietà, ma anche le necessità finanziarie derivanti dall’allargamento e da una gamma più ampia di competenze senza che ciò pregiudichi direttamente le altre linee di bilancio, come gli stanziamenti per i Fondi strutturali.
Frédérique Ries (ALDE),per iscritto.– (FR) Ricostituire la fiducia, rendere l’Europa migliore, non più grande – questo è uno dei messaggi centrali inviati la scorsa settimana ai propri leader dalla maggioranza dei cittadini di Francia e Paesi Bassi.
Si tratta anche di una delle nostre missioni principali: ridefinire il nostro progetto, la nostra stessa identità e utilizzare al meglio le risorse che vogliamo dedicarvi.
Oggi si dice che il duplice “NO” abbia rilanciato le possibilità di accordo tra i governi sulle prospettive finanziarie, dal momento che l’urgenza di ridare fiducia e di rafforzare il progetto europeo è così evidente. Io mi chiedo se questa prospettiva sia davvero una buona notizia per quelli che, come me, desiderano un bilancio ambizioso per garantire il successo dell’Europa di domani.
Come possiamo sperare di soddisfare le nostre ambizioni in termini di ricerca e sviluppo, ambiente, occupazione e tutela delle regioni svantaggiate, come possiamo far funzionare l’allargamento se il “club dei 6 taccagni” non fa concessioni? Un’Europa con 25 membri non può funzionare con meno fondi di quanti ne disponeva con 15!
Da quando si sono tenuti i due referendum, fioccano le promesse: un’Europa migliore, un’Europa rilanciata, un’Europa a favore dell’occupazione, e così via. Ma rimarranno pure promesse gratuite se non vengono sostenute dal bilancio. Ecco perché ho votato a favore della relazione Böge – una relazione ambiziosa sia in termini di importi che di obiettivi.
Kathy Sinnott (IND/DEM),per iscritto. –(EN) Ho votato contro l’emendamento n. 3 perché la strategia di Lisbona originariamente si fondava su una triplice base costituita da questioni sociali, ambientali ed economiche. Nella revisione sia le questioni sociali che quelle ambientali della strategia di Lisbona sono state sacrificate a favore di un marchio europeo di competitività. Con questa ricetta otterremo solo la stagnazione sociale ed economica e un disastro ambientale.
Ho votato contro l’emendamento n. 28 perché consentirebbe all’UE di rinunciare agli impegni assunti a sostegno degli agricoltori obbligando i paesi a cofinanziare progetti come il pagamento unico per azienda.
Gli agricoltori irlandesi stanno già lottando per sopravvivere in un clima economico che è stato reso artificialmente difficile. In tal modo non faremmo che accrescere le difficoltà dei nostri agricoltori.
Luís Queiró (PPE-DE),per iscritto.(PT) Esprimo un voto favorevole nei confronti di questa relazione in quanto ne condivido gli obiettivi e confido nell’efficacia delle soluzioni proposte.
Oggi è comunemente accettato che la lotta al riciclaggio dei capitali – il reato dei veri criminali – è uno dei modi migliori per combattere la grande criminalità organizzata, sia di matrice terroristica che di altra natura, che rappresenta uno dei più gravi attentati allo Stato di diritto democratico.
Per questo motivo, aderisco agli obiettivi proposti nel documento in esame. Inoltre, penso che la cooperazione interistituzionale abbia consentito di trovare una soluzione nel contempo ragionevole, equilibrata e potenzialmente funzionale.
Jan Andersson (PSE),per iscritto.(SV) Le attuali normative sull’accisa sono a volte poco chiare e difficili da applicare, in quanto comportano un inutile supplemento di lavoro per i privati e le società. Accogliamo quindi di buon grado la riforma da parte della Commissione delle normative che regolano i prodotti soggetti ad accisa, ma, al contempo, critichiamo alcune delle soluzioni proposte. Oggi abbiamo pertanto scelto di votare contro la risoluzione legislativa del Parlamento europeo, poiché appoggia anch’essa in larga misura le sezioni peggiori della proposta della Commissione.
Riteniamo che solo i prodotti trasportati personalmente da un privato vadano considerati come importazioni individuali e quindi esentati da tassazione nel proprio paese. Il tabacco e le bevande alcoliche devono poter essere esentati dalla norma generale per cui l’accisa va pagata nello Stato membro in cui il prodotto acquistato per uso personale viene consumato. Questa nostra scelta dipende dal fatto che il tabacco e le bevande alcoliche danneggiano la salute pubblica e non andrebbero quindi trattati come qualsiasi altro prodotto.
Ci opponiamo inoltre a che un privato possa trasportare personalmente grandi volumi di oli minerali. Riteniamo che sui prodotti che danneggiano il nostro ambiente debba venire applicata un’accisa a parte. In questo modo sarebbe possibile orientare le scelte dei cittadini verso un maggiore rispetto dell’ambiente. Inoltre, i trasporti e le modalità di trasporto sono più sicuri se gestiti professionalmente.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE),per iscritto.(SV) Le attuali normative sull’accisa sono a volte poco chiare e difficili da applicare, in quanto comportano un inutile supplemento di lavoro per i privati e le società. Accogliamo quindi di buon grado la riforma da parte della Commissione delle normative che regolano i prodotti soggetti ad accisa, ma, al contempo, critichiamo alcune delle soluzioni proposte. Oggi abbiamo pertanto scelto di votare contro la risoluzione legislativa del Parlamento europeo, poiché appoggia anch’essa in larga misura le sezioni peggiori della proposta della Commissione.
Riteniamo che solo i prodotti trasportati personalmente da un privato vadano considerati come importazioni individuali e quindi esentati da tassazione nel proprio paese. Il tabacco e le bevande alcoliche devono poter essere esentati dalla norma generale per cui l’accisa va pagata nello Stato membro in cui il prodotto acquistato per uso personale viene consumato. Questa nostra scelta dipende dal fatto che il tabacco e le bevande alcoliche danneggiano la salute pubblica e non andrebbero quindi trattati come qualsiasi altro prodotto.
Ci opponiamo inoltre a che un privato possa trasportare personalmente grandi volumi di oli minerali. Riteniamo che sui prodotti che danneggiano il nostro ambiente debba venire applicata un’accisa a parte. In questo modo sarebbe possibile orientare le scelte dei cittadini verso un maggiore rispetto dell’ambiente. Inoltre, i trasporti e le modalità di trasporto sono più sicuri se gestiti professionalmente.
Lena Ek, Cecilia Malmström e Anders Wijkman (PPE-DE),per iscritto. (SV) Per ragioni di salute pubblica ho scelto di non sostenere oggi la relazione dell’onorevole Dariusz Rosati sulla modifica della direttiva relativa al regime generale dei prodotti soggetti ad accisa, quali bevande alcoliche e tabacco. Né la proposta della Commissione, né la relazione del Parlamento europeo tutelano la salute pubblica al livello che ritengo auspicabile. Se usati correttamente, insieme ad altre misure, i livelli indicativi possono svolgere un ruolo importante per stabilire se i prodotti siano usati a scopi commerciali o a uso personale del privato. Allo scopo di limitare gli effetti dannosi delle bevande alcoliche e di ridurre il consumo totale di alcol, ritengo che i livelli indicativi vadano mantenuti. Bisognerebbe poi impegnarsi in particolare ad armonizzare i livelli dell’accisa con l’obiettivo esplicito di ridurre i danni causati da tabacco e alcol.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM),per iscritto.(SV) Con questa proposta, sia la Commissione che il Parlamento europeo intendono in pratica eliminare le attuali possibilità di importare quote limitate di alcol e di tabacco. La Lista di giugno sceglie quindi di astenersi dal votare gli emendamenti della commissione per i problemi economici e monetari, poiché un voto negativo implicherebbe l’appoggio alla proposta della Commissione. I governi svedese, finlandese e danese, invece, richiedono che i livelli indicativi vengano dimezzati e considerati limiti massimi per le importazioni private. La Lista di giugno sostiene quindi la posizione svedese, finlandese e danese in seno al Consiglio. Fortunatamente, in quest’ambito la Svezia ha ancora il diritto di veto in Consiglio, pertanto la proposta non dovrebbe essere una minaccia per la legislazione esistente.
Luís Queiró (PPE-DE),per iscritto.(PT) Benché comprenda le preoccupazioni sollevate dalla questione in oggetto, specialmente trattandosi di una questione sensibile come l’imposizione fiscale, su questo particolare aspetto sono a favore di una soluzione più liberale, che dia un contributo effettivo alla creazione del mercato interno. Ciò è tanto più vero in quanto non sono in causa, come è stato chiaramente affermato, attività commerciali, bensì quelle dei consumatori.
Peter Skinner (PSE),per iscritto. (EN) Vorrei informare il signor Presidente che l’EPLP ha scelto di astenersi dalla votazione finale sulla relazione.
L’EPLP, benché riconosca la capitale importanza di un mercato unico per i prodotti acquistati da privati, ritiene che altre questioni incidano sulla decisione circa l’accisa.
Questa relazione inoltre sugli acquisti a distanza, ignora il concetto correlato di e-commerce.
In secondo luogo, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di stabilire autonomamente le aliquote di accisa. L’armonizzazione totale viola tale diritto.
In terzo luogo, i livelli indicativi minimi nel Regno Unito sono un’indicazione utile per il consumo personale e aiutano le autorità britanniche a combattere la frode.
– Proposta di risoluzione sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (B6-0327/2005)
Carlos Coelho (PPE-DE),per iscritto.(PT) Stiamo per affrontare la seconda fase di attuazione dell’area di libertà, sicurezza e giustizia. Per rispondere alle preoccupazioni dei cittadini che chiedono maggiore libertà e sicurezza si deve giungere ad un equilibrio giuridico e soprattutto politico ed istituzionale.
E ciò soprattutto in tre questioni di cruciale importanza:
– credibilità: sono consapevole delle difficoltà e dei ritardi che sono emersi in numerose aree. Ciò dimostra che c’è molto da fare per alzare il livello di fiducia tra gli Stati membri. Non sono d’accordo, tuttavia, che la migliore azione possibile sia quella di prendere delle iniziative al di fuori del quadro comunitario, come lo Schengen+ (tra sette Stati membri), che pregiudica lo sviluppo di una fiducia reciproca tra gli Stati membri.
– legittimità: i ridotti livelli di legittimità democratica sono terrificanti. Il Parlamento deve essere veramente coinvolto nell’elaborazione della legislazione.
– efficacia: devono essere stabiliti chiaramente gli obiettivi, le priorità e le responsabilità evitando allo stesso tempo sovrapposizioni o dispersione di sforzi.
Infine, mantenendo l’attuale legislazione in attesa della ratifica del Trattato costituzionale non si è fatto altro che aggravare il deficit democratico esistente. Ci sono diversi aspetti che avrebbero dovuto essere affrontati e che non lo sono stati, come la supervisione democratica da parte di Europol e Eurojust.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM),per iscritto.(SV) La Junilistan ritiene che la cooperazione delle forze di polizia e in ambito giuridico dovrebbe essere intergovernativa, che il diritto penale non dovrebbe essere armonizzato a livello comunitario e che non dovrebbe essere creata alcuna procura europea. Le politiche di immigrazione e asilo devono continuare a essere condotte a livello nazionale per evitare di creare una “Fortezza Europa”. Inoltre gli stessi Stati membri devono stabilire come devono essere progettate le proprie Istituzioni democratiche, tenendo in considerazione i criteri di Copenaghen e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Non possiamo dunque appoggiare la risoluzione.
Luís Queiró (PPE-DE),per iscritto.(PT) Per creare realmente un’area senza confini ampia e aperta e caratterizzata dalla libera circolazione ci deve essere una forte cooperazione e fiducia tra i vari Stati membri, sia a livello di autorità politiche come sul piano delle autorità di polizia e ovviamente giudiziarie.
Non credo che tutte le proposte contenute nella relazione che stiamo esaminando siano essenziali, necessarie, utili o auspicabili. Tuttavia ho votato a favore perché mi sembra che la relazione si incentri sulla convinzione e la consapevolezza che senza la cooperazione, senza la fiducia e senza un determinato elemento comunitario in certe aree della politica interna, non sarà possibile il conseguimento degli obiettivi nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, specialmente per quanto riguarda la prevenzione e la lotta alla criminalità e al terrorismo, che è uno degli aspetti più significativi.
Britta Thomsen (PSE),per iscritto.–(DA) I socialdemocratici danesi del Parlamento europeo hanno votato oggi a favore della risoluzione relativa allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Tuttavia siamo consapevoli del fatto che parti della risoluzione riguardano un’area coperta dal Titolo IV del Trattato CE e non si applicano dunque alla Danimarca (si rimanda al protocollo relativo alla posizione della Danimarca).
Philip Claeys (NI). – (NL) Signor Presidente, la relazione Moraes è un altro di quei documenti ricchi di buone intenzioni che raggiungono sempre l’opposto di quanto sperano di ottenere. Infatti vi si parla costantemente di razzismo e discriminazione, ma questi termini non sono ben definiti. E’ ovviamente un problema quando questi termini compaiono in disposizioni legislative repressive, come si segnala in questo caso. Ed ecco come il più grande partito politico belga è arrivato ad essere condannato in parte sulla base di un testo sulla circoncisione femminile. Secondo il giudice, quel testo non era stato pubblicato per migliorare la situazione delle donne nell’islam, ma per criticare l’islam. In questo modo viene storpiata la libertà di opinione, non si può parlare dei problemi e questo non è certo il modo di risolverli.
La relazione si esprime, e cito, in termini di “dichiarazioni e azioni profondamente razziste, antisemitiche, islamofobiche e omofobiche da parte di personaggi politici di primo piano e membri di governo”. Tuttavia, la realtà è che quasi tutti gli incidenti antisemiti possono essere fatti risalire agli immigrati islamici. La realtà è che la cosiddetta discriminazione è spesso il risultato di una mancanza di volontà di integrazione da parte degli immigrati. La realtà è che la popolazione locale non è mai stata consultata in modo democratico e non ha mai potuto esprimere se desiderasse o meno vivere in un paese multiculturale: si tratta di una situazione che deve cambiare con la massima urgenza.
James Hugh Allister (NI),per iscritto. –(EN) Ho votato contro la relazione Moraes perché ritengo inaccettabili i paragrafi 22 e 24. Non posso sostenere la promozione della parità dei diritti di matrimonio e di altri diritti per coppie dello stesso sesso. Ritengo che uno Stato membro abbia il diritto di respingere queste relazioni dal momento che non sono uguali a quelle eterosessuali. Sostengo fortemente l’unità familiare basata sull’ordine naturale di coppie di sessi complementari. Giudico inoltre positivi i benefici per i bambini che derivano da queste ultime coppie.
Adam Jerzy Bielan (UEN),per iscritto.(PL) Alcune delle disposizioni che stabiliscono i diritti delle minoranze sessuali nella versione finale della relazione Moraes sulla protezione delle minoranze sono intrinsecamente rischiose. La ragione è che i troppo ampi concetti utilizzati nella relazione possono portare ad un’interpretazione troppo vasta di tali diritti.
La formulazione del paragrafo 24, che chiede alla Commissione di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione nell’UE per le coppie omosessuali sposate o legalmente riconosciute, potrebbe servire da base per il riconoscimento di certi diritti giuridici detenuti dalle coppie omosessuali. Soltanto un esiguo numero di Stati membri dell’UE concede a queste ultime un riconoscimento giuridico.
Ciò costituirebbe un’interferenza ingiustificata nei sistemi di diritto di famiglia di alcuni Stati membri dell’UE. Dal momento che quest’area del diritto non è utilizzabile per le misure di integrazione, tale interferenza è inaccettabile.
I diritti delle scuole religiose potrebbero essere ridimensionati sulla base del paragrafo 22, qualora fossero obbligate ad assumere persone omosessuali e ad includere l’omosessualità tra le materie di educazione sessuale. Ciò sarebbe contrario alla moralità, alle idee e alle missioni di tali scuole. Un buon esempio di direttiva che non fa menzione di queste questioni è la direttiva per la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro (2000/78/CE).
Anche se è stato esortato a farlo con la massima urgenza, il Parlamento non ha inserito una clausola che sottolinei “il diritto dei genitori di crescere i propri figli secondo la propria fede religiosa”. Formulato in tal modo, tale diritto dei genitori viene riconosciuto universalmente nel diritto internazionale.
In virtù delle decisioni prese dal Parlamento, ho deciso di votare contro la relazione e la risoluzione.
Carlos Coelho (PPE-DE),per iscritto.(PT) E’ molto importante adottare un approccio integrato e coerente nella lotta contro la discriminazione e la xenofobia. Dobbiamo inoltre trarre i massimi benefici dallo scambio di esperienze e delle migliori pratiche. Il pari trattamento e il rispetto della diversità vanno nell’interesse dell’intera società.
Abbiamo adottato una serie di direttive miranti ad assicurare ad ogni cittadino una protezione giuridica efficace contro tutte le forme di discriminazione. Tuttavia, mentre abbiamo creato un quadro giuridico forte per combattere la discriminazione, il grande problema che rimane da affrontare è quello di assicurare che venga attuato in modo efficace ed efficiente.
La protezione delle minoranze è di grande importanza, specialmente in seguito all’ultimo allargamento che ha portato ad un numero maggiore di Stati membri caratterizzati da diversità culturali e linguistiche enormi. La legislazione e la politica comunitaria devono essere in grado di sostenere gli sforzi fatti dagli Stati membri nell’affrontare i problemi che incontrano le minoranze, come la promozione della loro inclusione e del loro coinvolgimento.
Tutte le forme di discriminazione sono inaccettabili, ma non possiamo forzare alcuno Stato membro a cambiare le proprie normative per accettare situazioni che vanno contro le proprie tradizioni morali e culturali. Deve essere mantenuto il principio di sussidiarietà e deve essere rispettata la responsabilità condivisa dall’Unione e dagli Stati membri su tale questione di diritti umani.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM),per iscritto.(SV) E’ importante possedere una politica contro la discriminazione efficiente, così come una protezione efficace delle minoranze. Tuttavia si tratta di questioni che, secondo i criteri di Copenaghen, devono essere affrontate dal singolo Stato membro e dunque non si possono prendere decisioni in materia a livello comunitario.
La Junilistan crede che siano il Consiglio d’Europa e la Corte di giustizia a doversi prendere cura della sorveglianza politica e/o giuridica.
Stavros Lambrinidis (PSE),per iscritto.– (EL) Il gruppo parlamentare dei socialisti panellenici al Parlamento europeo voterà a favore della relazione Moraes. Come sostiene la relazione, la parità di trattamento è un diritto fondamentale.
Allo stesso tempo, fa notare che ogni Stato membro dell’Unione, all’interno dei propri confini, ha una sua definizione di minoranze e gruppi etnici, nazionali e religiosi sulla base della propria legislazione e/o delle convenzioni internazionali. In nessuna circostanza la struttura costituzionale e giuridica degli Stati membri e le disposizioni pertinenti del diritto internazionale si possono considerare contestate o colpite dalla presente relazione.
Marcin Libicki e Konrad Szymański (UEN),per iscritto.(PL) La formulazione del paragrafo 24, che chiede alla Commissione di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione nell’UE per le coppie omosessuali sposate o legalmente riconosciute, potrebbe servire da base per il riconoscimento di certi diritti giuridici detenuti dalle coppie omosessuali. Soltanto un esiguo numero di Stati membri dell’UE concede a queste ultime un riconoscimento giuridico.
Ciò costituirebbe un’interferenza ingiustificata nei sistemi di diritto di famiglia di alcuni Stati membri dell’UE. Dal momento che quest’area del diritto non è utilizzabile per le misure di integrazione, tale interferenza è inaccettabile.
I diritti delle scuole religiose potrebbero essere ridimensionati sulla base del paragrafo 22, qualora fossero obbligate ad assumere persone omosessuali e ad includere l’omosessualità tra le materie di educazione sessuale. Ciò sarebbe contrario alla moralità, alle idee e alle missioni di tali scuole. Un buon esempio di direttiva che non fa menzione di queste questioni è la direttiva per la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro (2000/78/CE).
Anche se è stato esortato a farlo con la massima urgenza, il Parlamento non ha inserito una clausola che sottolinei “il diritto dei genitori di crescere i propri figli secondo la propria fede religiosa”. Formulato in tal modo, tale diritto dei genitori viene riconosciuto universalmente nel diritto internazionale.
In virtù delle decisioni prese dal Parlamento, ho deciso di votare contro la relazione e la risoluzione.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL),per iscritto. – (EL) La relazione sulla “protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione nell’Europa allargata” contiene tutto ad esclusione del fatto basilare che la discriminazione nell’UE contro donne, giovani, minoranze di immigrati etnici, disabili, eccetera è il risultato di politiche comunitarie impopolari e insensibili, da un lato, e possiede una natura molto profonda e basata sulle classi, dall’altro. Tale fenomeno non supera la linea di demarcazione sociale; riguarda soprattutto le sezioni più povere e popolari della società. La relazione fa riferimento a numerose forme di effettiva discriminazione sul posto di lavoro contro donne e giovani, ma sorvola sulla questione degli alti tassi di disoccupazione e sulle forme flessibili e disumane di occupazione imposte soprattutto ai giovani e alle donne, come risultato di strategie simili a quelle di Lisbona. La relazione tace sulla scandalosa discriminazione contro la minoranza russa negli Stati del Baltico, nonostante il fatto che il partito comunista greco abbia ripetutamente sollevato il problema in seno al Parlamento europeo.
Le persone che subiscono discriminazioni non dovrebbero illudersi. Solo lottando insieme ai movimenti coerenti della classe dei lavoratori e ai movimenti popolari di lotta tali persone potranno frenare la loro emarginazione ed esclusione dai diritti sociali e politici di cui sono responsabili il capitalismo e i suoi esponenti politici.
Luís Queiró (PPE-DE),per iscritto.(PT) La protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione spesso oscillano tra due estremi – o c’è una carenza di politiche e protezione o un eccesso di soluzioni che vanno chiaramente oltre il proprio obiettivo dichiarato e diventano modelli. Questi ultimi, a cui sono generalmente contrario, non dovrebbero essere imposti agli Stati membri.
Questo è quanto si è precisamente verificato nella relazione che stiamo esaminando. Il gruppo a cui appartengo ha presentato una serie di emendamenti che avrebbero trasformato la relazione in una serie di proposte accettabili e positive. Tali emendamenti però sfortunatamente non sono stati adottati e ho votato dunque contro la relazione.
Credo che su questioni come queste, e lo ripeto, sia le carenze che gli eccessi siano nocivi. Il diritto alla differenza non dovrebbe essere confuso con l’imposizione dell’uguaglianza. Non sono la stessa cosa e non producono gli stessi risultati.