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Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 5 luglio 2005 - Strasburgo Edizione GU

29. Parità di opportunità e di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0176/2005), presentata dall’onorevole Niebler a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza dei sessi, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego [COM(2004)0279 – C6-0037/2004 – 2004/0084(COD)].

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziare la relatrice, onorevole Niebler, e la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza dei sessi per la loro relazione chiave sulla nostra proposta di revisione della direttiva. Scopo della proposta è la semplificazione, la modernizzazione e il miglioramento della legislazione comunitaria sulla parità di trattamento fra uomini e donne in relazione all’occupazione. La direttiva rivista intende raccogliere in un unico documento i provvedimenti rilevanti delle direttive precedenti su questo argomento, al fine di renderli più praticabili e facili da capire per tutti i cittadini, il che è in linea con i nostri tentativi di rendere l’Unione più aperta, più trasparente e più vicina alla vita di tutti i giorni.

Tuttavia la proposta non si limita solo a consolidare la legislazione esistente, bensì la semplifica e compie alcuni cauti passi avanti verso la sua modernizzazione. Ciò porterà a notevoli miglioramenti, di cui l’aspetto più significativo sarà l’utilizzo di una terminologia coerente e, cosa più importante, di definizioni coerenti, che permetteranno una maggiore coerenza legislativa. Si è fatto esplicitamente ricorso a numerosi provvedimenti orizzontali relativi ai regimi professionali di sicurezza sociale, ed è stata incorporata la giurisprudenza recente della Corte di giustizia al fine di rafforzare certezza e chiarezza giuridiche.

E’ assolutamente vero che la proposta non riesce a introdurre nuove politiche o idee innovative, ma va sottolineato che ci troviamo in una posizione unica, in quanto rivediamo una direttiva sulla base di un accordo interistituzionale. Il maggior vantaggio di questo metodo legislativo è che ci permette di apportare miglioramenti tecnici alla legislazione dell’Unione a livello comunitario e di salvaguardare i risultati passati senza riaprire il dibattito e rimettere in discussione soluzioni che sono già state riconosciute come questioni complesse e delicate dal punto di vista politico. La Commissione ha cercato di trarre vantaggio da questo metodo e dal potenziale di revisione legislativa che esso offre, al fine di una migliore promozione della parità tra uomini e donne.

 
  
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  Joachim Wuermeling (PPE-DE), in sostituzione del relatore.(DE) Signor Presidente, Commissario Špidla, onorevoli colleghi, la votazione sulla direttiva rifusa porrà fine alle discussioni molto approfondite tenutesi in seno alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza dei sessi, perciò sono certo che comprenderete quanto l’onorevole Niebler si rammarichi di non poter essere presente a questo dibattito per via di un lutto familiare. Mi ha chiesto di pronunciare la seguente dichiarazione a suo nome, e chiedo la comprensione dell’Assemblea al riguardo.

L’onorevole Niebler ringrazia tutti per la fattiva e corretta cooperazione realizzatasi in seno alla commissione nel corso della preparazione di questa importante relazione. In questo caso la Commissione ha proposto di camminare pericolosamente su un filo teso tra il mero consolidamento dell’attuale legislazione e un parziale miglioramento dei regolamenti esistenti nell’intento di redigerli in termini più comprensibili, modernizzarli e semplificarli, incorporando inoltre nel testo consolidato la giurisprudenza della Corte di giustizia. Parlando in qualità di ex membro della commissione giuridica, io stesso non posso non essere favorevole a tale obiettivo. Ciò che l’Europa richiede in questo settore va espresso in modo più trasparente, più generale e più chiaro, ed è per tale motivo che sosteniamo un simile approccio.

Non è un segreto che questa proposta sia arrivata in un momento in cui il processo di trasposizione delle decisioni comunitarie negli Stati membri è oggetto di una discussione decisamente vivace – basti citare il dibattito fin troppo acceso in Germania, dove il governo rosso-verde sta andando davvero incontro alla sconfitta politica per essersi spinto ben al di là di ciò che l’Europa richiede, ma non è questo il punto della questione. La direttiva si incentra soltanto sulla parità di diritti tra uomini e donne sul lavoro, elemento che sta proprio al centro della politica europea di parità, ed è fuori discussione il fatto che tale questione sia di competenza dell’Unione europea.

Dopo decenni trascorsi a lavorare per la parità, come stanno ora le cose? Nonostante i nostri sforzi per la parità nel mondo del lavoro, possiamo vedere che vi è ancora un divario di genere, che corrisponde al 16 per cento circa degli stipendi. Gli uomini hanno il doppio delle possibilità di occupare posizioni di comando e il triplo di arrivare a capo di società. Ai massimi livelli decisionali delle 50 maggiori società quotate in borsa, la quota di donne è di solo il 10 per cento.

Tre aree tematiche hanno dato origine a un acceso dibattito in seno alla commissione. Innanzi tutto, numerosi deputati hanno chiesto che la direttiva comprendesse un riferimento al congedo parentale, ma l’onorevole Niebler ha assunto la posizione secondo cui l’uso di questa rifusione per apportare un cambiamento tanto radicale nel diritto europeo non era opportuno. Il fatto che le norme varino così tanto da uno Stato membro all’altro – e il congedo parentale varia da tre mesi a tre anni – significa che un’estensione della direttiva per coprirlo avrebbe implicato enormi modifiche e reso necessari sia un dibattito approfondito che una valutazione dell’impatto. Pertanto vale la pena di sostenere il compromesso raggiunto, secondo il quale le parti sociali, che sono già attive in questo campo, sono invitate a rivedere i regolamenti esistenti alla luce di queste considerazioni.

Il secondo argomento ad essere oggetto di discussione critica riguardava le cosiddette “tariffe unisex”. A un certo punto la commissione, con una maggioranza molto esigua, si è espressa a favore dell’idea che la distinzione tra uomini e donne nei regimi pensionistici professionali vada abolita, ma l’onorevole Niebler ha messo in guardia molto decisamente dal riaccendere la discussione in merito in questa fase, dato che solo pochi mesi fa è stato raggiunto, dopo lunghi negoziati, un compromesso ben ponderato sulle prestazioni di anzianità. L’onorevole Niebler reputa molto importante che se ne parli perché, se ora si riapre il dibattito sulle “tariffe unisex”, questione decisamente controversa dal punto di vista politico, si corre il rischio di perdere la direttiva rifusa per aver preteso troppo dal processo di consolidamento legislativo attualmente in corso.

Le medesime considerazioni valgono per quanto riguarda la terza questione, cioè il nostro appello affinché si esercitino maggiori pressioni sugli Stati membri e affinché le parti sociali li inducano a migliorare la situazione. Non poniamo dunque a rischio l’intera direttiva sovraccaricandola di richieste sostanziali; che la legge sia chiara e comprensibile è cosa di per sé preziosa. E’ questo lo scopo della direttiva, e vi chiedo di contribuire a sostenerlo.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali.(EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la relazione sulla proposta di revisione della direttiva riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne è stata presentata quest’oggi in plenaria in una nuova forma, dopo mesi di laboriosa elaborazione da parte della relatrice, onorevole Niebler.

Nel corso di tale elaborazione tutte le parti hanno avuto occasione di esprimersi e di farsi ascoltare da tutti coloro che hanno contribuito a formulare la proposta odierna. La relatrice merita sincere congratulazioni, poiché ha conciliato i suggerimenti della Commissione affinché si semplificasse la codificazione della legislazione precedente con un campo di applicazione più ampio per le politiche orizzontali nei settori fondamentali del diritto europeo, come ad esempio i settori della retribuzione e della previdenza sociale.

In qualità di relatrice per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, ritengo che vi sia una migliore tutela delle pari opportunità sul luogo di lavoro, dall’accesso alla formazione e all’occupazione allo sviluppo di carriera, soprattutto per quanto riguarda la retribuzione.

La proposta rafforza il principio di sussidiarietà, in quanto ci si rivolge ripetutamente agli Stati membri affinché decidano in merito alle misure individuali per la parità di trattamento. Sono inoltre salvaguardati il diritto fondamentale di assistenza legale efficace e l’applicazione di sanzioni dissuasive in caso di molestie.

Il punto di vista diverso tra la procedura di revisione e quella di codecisione non deve indurre la Commissione a perpetuare la faida con il Parlamento. Il problema demografico dell’Unione europea impone di creare pari opportunità tra uomini e donne per quanto riguarda il congedo parentale, com’è stato deciso in una direttiva conclusa solo tra Commissione e parti sociali. La Commissione è inoltre invitata a proporre una revisione della direttiva.

Le disuguaglianze vengono create nei momenti in cui le donne si occupano di figli piccoli o di persone che necessitano di protezione. Per questo motivo la proposta di misure volte a conciliare il lavoro e la famiglia, con la parallela tutela della maternità, non si allontana dall’obiettivo.

Invitiamo inoltre il Consiglio a esprimere la propria volontà politica…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Katalin Lévai (PSE), relatore per parere della commissione giuridica.(HU) Le pari opportunità tra uomini e donne sono un diritto fondamentale e una priorità nell’Unione europea. La politica comunitaria che mira ad assicurare le pari opportunità fa parte del programma politico comunitario fin dall’inizio dell’integrazione, pur con qualche variazione nei contenuti. La direttiva che ci auguriamo venga adottata domani riassume le direttive che già affrontavano la questione, riflettendo così lo scopo dei legislatori di proporre regolamenti omogenei e semplificati che riuniscano tutte le disposizioni esistenti al riguardo. Componente fondamentale della direttiva è che si prefigge come obiettivo non solo l’uguaglianza di genere per quanto riguarda il trattamento di uomini e donne, ma anche l’uguaglianza tra i sessi. E’ importante sottolineare che il principio delle pari opportunità non si può limitare unicamente all’occupazione, perché riguarda tutti i settori della vita.

Tale principio richiede che non vi sia discriminazione di sorta in base al sesso, soprattutto per quanto riguarda il matrimonio e lo status coniugale, e in particolar modo per quanto concerne le condizioni di accesso ai regimi di sicurezza sociale, il calcolo degli obblighi contributivi e il diritto ai benefici. Poiché i ruoli tradizionalmente occupati dalle donne in seno alla famiglia sono una delle principali ragioni di disparità sul luogo di lavoro, la direttiva richiede orari più flessibili sul luogo di lavoro per permettere sia agli uomini che alle donne di conciliare gli impegni familiari con quelli lavorativi. La direttiva mira a permettere alle parti lese di affermare con efficacia i propri diritti giuridici; questo è facilitato dall’inversione dell’onere della prova nei casi di discriminazione e dal divieto di discriminazione indiretta o occulta. La direttiva si fa inoltre carico in modo particolare di attirare l’attenzione degli Stati membri sul fatto che l’eliminazione degli svantaggi che le donne incontrano è inconcepibile se i governi non assumeranno un ruolo attivo; inoltre è necessario che le istituzioni democratiche controllino gli sforzi compiuti dai governi al riguardo. Creiamo istituzioni specializzate per garantire i diritti delle donne sia in seno al sistema governativo istituzionale che al di fuori di esso.

 
  
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  Anna Záborská, a nome del gruppo PPE-DE.(FR) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare i colleghi della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza dei sessi per la collaborazione preziosa e costruttiva. Dopodiché vorrei sollevare due questioni di attualità: in primo luogo, l’obbligo di rispettare appieno la sovranità legislativa degli Stati membri; in secondo luogo, il riconoscimento economico del lavoro delle donne in tutte le sue forme.

Innanzi tutto, diciamo di sì a un’Europa sociale, che permetta la totale parità tra uomini e donne, ma anche al rispetto per le diverse culture nazionali. Il piano d’azione di Pechino è chiaro, e anche l’Unione europea dovrebbe rispettarlo. Esso stabilisce che l’attuazione di ogni programma politico è responsabilità sovrana di ciascuno Stato, che deve agire in conformità di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali; inoltre, tenere in considerazione e rispettare appieno i diversi valori religiosi e morali e la tradizione culturale e le credenze filosofiche degli individui e delle loro comunità dovrebbero aiutare il pieno godimento dei diritti umani da parte delle donne al fine di ottenere la parità, lo sviluppo e la pace.

In conclusione, dato che si tratta di una revisione, è stato possibile solo adottare ciò che era già presente nelle direttive precedenti. Tuttavia sarebbe utile una direttiva sul valore economico del lavoro delle donne nel settore non commerciale e informale o del lavoro femminile non retribuito nel settore della solidarietà sociale, intergenerazionale o professionale. Esso ha un valore economico. Invito tutti i colleghi a familiarizzarsi con le idee del Premio Nobel Gary Becker, i cui studi hanno stimato con precisione il valore economico del lavoro delle donne in tutte le sue forme. Questo lavoro è degno di essere pienamente rivalutato, stimato e quantificato a vantaggio della piena parità economica fra uomini e donne.

 
  
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  Bernadette Vergnaud, a nome del gruppo PSE.(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei congratularmi con la relatrice, onorevole Niebler, per il testo completo ed equilibrato da lei preparato. Questa formulazione di compromesso, con gli emendamenti apportati, rappresenta un contributo parlamentare importante e di alta qualità.

Il suo scopo principale è la revisione dei termini delle precedenti direttive su parità di retribuzione, parità di trattamento nell’accesso all’occupazione, alla formazione e promozione, condizioni di lavoro, regimi professionali di sicurezza sociale e prevenzione delle molestie. Questa revisione ci permetterà di presentare una formulazione unica e coerente, priva di definizioni contraddittorie, di aumentare la trasparenza e la chiarezza della legislazione in materia di parità di trattamento e di facilitarne l’efficacia dell’attuazione rafforzando l’acquis, evitando regressioni e incorporando tutti i recenti sviluppi della giurisprudenza europea. Includendo anche tutte le definizioni di discriminazione diretta e indiretta e di molestie, il principio della parità di retribuzione e i regimi pensionistici professionali, il testo offrirà la chiarezza e la semplificazione indispensabili alla buona applicazione della direttiva negli Stati membri e assicurerà un alto grado di certezza giuridica.

Deploro tuttavia che, dei tre principali obiettivi enunciati dalla Commissione – semplificare, modernizzare e migliorare la legislazione comunitaria – quello di apportare miglioramenti non abbia prodotto alcuna proposta concreta nel testo. Una politica vigorosa sulla tutela delle donne che esercitano un’attività autonoma, in particolare nei settori dell’agricoltura e dell’artigianato, sul congedo parentale e sulla conciliazione tra vita professionale e vita familiare avrebbe dovuto fare parte di questo obiettivo, e ne deploro l’assenza.

Chiedo pertanto alla Commissione di inviare un segnale forte, innanzi tutto rivedendo e migliorando con urgenza la direttiva 86/613 sull’applicazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne che esercitano un’attività autonoma, e, in secondo luogo, riesaminando la direttiva 96/34 sul congedo parentale, al fine di adattarla all’attuale situazione mediante l’introduzione di incentivi negli Stati membri, quali una compensazione ragionevole e il riconoscimento statistico del valore di questo lavoro non retribuito.

Si devono compiere progressi essenziali nella lotta alla tradizionale segregazione dei ruoli all’interno della famiglia e si deve assicurare una presenza più equilibrata di donne e di uomini sul mercato del lavoro. In breve, una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. La parità di trattamento è una condizione essenziale per raggiungere gli obiettivi della crescita e dello sviluppo economici, sociali e ambientali sostenibili che fanno parte del rilancio della strategia di Lisbona. L’Europa deve assicurare diritti minimi per tutti gli uomini e le donne e deve fare in modo che vengano rispettati negli Stati membri nel più breve tempo possibile. Tale scopo impone a tutti noi – Parlamento, Consiglio e Commissione – di dimostrare una forte determinazione politica e una cooperazione intelligente al servizio dei nostri concittadini.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki, a nome del gruppo ALDE.(FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, affrontare la questione della parità di retribuzione è da diversi decenni uno dei nostri maggiori problemi in materia di parità. La legislazione comunitaria è stata finora incapace di eliminare la disparità in questo settore. Meri incentivi e raccomandazioni non saranno sufficienti per raggiungere la parità di retribuzione neppure in futuro. Va detto chiaramente che differenze ingiustificate di retribuzione sono inaccettabili. Occorrono requisiti più precisi, occorrono sanzioni giuridiche e occorrono risultati.

Gli Stati membri devono riferire le modalità con cui provvedono all’attuazione pratica del principio di parità di trattamento. Le informazioni riguardo alle modalità con cui esso trova applicazione a livello normativo sono insufficienti. Dobbiamo adottare procedure adeguate negli Stati membri. Stavamo appunto dicendo che la Turchia deve attuare la legislazione e che non basta semplicemente concordare con le sole leggi. A questo proposito, l’Unione europea e i suoi attuali Stati membri potrebbero guardarsi un po’ allo specchio e attuare le leggi e i regolamenti che abbiamo adottato in comune.

Anziché spronare le parti sociali, gli Stati membri dovrebbero fare in modo di attuare e promuovere il principio di parità di trattamento, osservando così le prescrizioni dei Trattati e della legislazione comunitari. Se un datore di lavoro si fa beffe di un regolamento, dev’essere chiamato a rispondere del suo comportamento.

Noi deputati desideriamo migliorare l’attuale legislazione, in modo che possa promuovere la parità di trattamento fra donne e uomini. Ci auguriamo di raggiungere il consenso con la Commissione e il Consiglio riguardo agli obiettivi.

 
  
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  Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in passato l’Unione europea era un chiaro simbolo di parità per le donne. Nel corso del dibattito sulla Turchia si è detto molto a proposito dell’essere una comunità di valori e a proposito del valore della parità nell’Unione europea, valore che spero non si stia logorando. Reputiamo indispensabile l’inclusione delle pensioni professionali nella relazione, sapendo che le donne sono vittime di discriminazioni in base al sesso, poiché l’azienda non può sapere se saranno loro o i colleghi maschi a vivere più a lungo. La discriminazione riguardo alle pensioni professionali è incompatibile non solo con l’articolo 13 del Trattato, ma anche con il principio di parità sul luogo di lavoro. Pertanto mi aspetto e mi auguro che l’intera commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza dei sessi sostenga questa proposta.

Vorrei inoltre aggiungere che ritengo inopportuno da parte dell’onorevole Wuermeling e di altri deputati pronunciare, en passant, commenti assolutamente sprezzanti sull’idea che le direttive antidiscriminatorie debbano valere al di fuori della vita lavorativa. Commissario Špidla, mi aspetto che lei ribadisca il suo chiaro ed esplicito sostegno alle direttive antidiscriminatorie, non solo per quanto concerne la discriminazione sul luogo di lavoro, ma anche al di fuori di esso. Quando si tratta delle politiche a favore delle donne, non si può dire un giorno “alt” e quello dopo “via libera”, ma bisogna invece mettere in chiaro che esse rappresentano uno dei valori dell’Unione europea. Dalla politica di parità non si può fare marcia indietro.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL.(SV) Signor Presidente, l’intera relazione riguarda proprio le basi di tutto il lavoro sull’uguaglianza di genere, in altre parole il diritto e l’opportunità di guadagnarsi da vivere. Vorrei porre l’accento soprattutto su tre parti della direttiva.

La prima questione riguarda la parità di retribuzione per lavori di pari valore. Non è nulla di nuovo, ma un elemento che faceva parte delle precedenti direttive. L’idea viene tuttavia rafforzata, in quanto i due versanti dell’industria sono chiamati ad assumersi sia l’iniziativa che la responsabilità per quanto riguarda il principio di parità di retribuzione. Nonostante fosse in vigore la direttiva sul principio di parità di retribuzione, sussistono ancora grandi disparità di retribuzione, il che significa che la discriminazione continua.

La seconda parte su cui vorrei richiamare l’attenzione riguarda il congedo parentale. Essere genitori non è più considerata una questione che riguardi uno solo dei sessi. Al contrario, ai genitori va data l’opportunità di condividere la responsabilità dei figli.

La terza parte su cui vorrei porre l’accento è quella della parità di trattamento in materia di impiego e occupazione. In questo caso non dovremmo interessarci solo della parità di trattamento per le donne già inserite nel mercato del lavoro, ma anche della non discriminazione in materia di reclutamento e condizioni di impiego.

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. (PL) Signor Presidente, questa risoluzione intendeva accrescere le pari opportunità e migliorare la situazione delle donne nel mercato del lavoro. Numerosi emendamenti contribuiranno a un cambiamento in positivo, ma sembra che, se si vogliono apportare miglioramenti effettivi, non si debba solo introdurre standard giuridici, ma soprattutto cambiare il nostro modo di concepire il ruolo delle donne nella vita sociale ed economica. Dobbiamo abbandonare le idee liberali, fondate sul relativismo morale, per adottare un approccio basato su principi etici e morali, rispettosi dell’individuo, donna o uomo che sia, e non vedere solo un elemento che si può usare per trarne profitto. Gli individui più deboli, e soprattutto le donne, sono particolarmente sensibili ai rischi dell’approccio utilitaristico, che implica che le grandi imprese, le aziende e le catene commerciali si rifiutino di concedere il congedo di maternità o di pagare gli stipendi e che le donne siano costrette a svolgere lavori e servizi umilianti.

I cambiamenti nel nostro modo di pensare devono iniziare con l’istruzione scolastica, a casa, sul luogo di lavoro e in tutte le sfere della vita. Le donne sono diverse sotto l’aspetto psicologico e fisico, e a nostro avviso si dovrebbero proibire loro alcuni lavori per la loro stessa protezione. Le donne che lottano per la parità di trattamento spesso si ritrovano in situazioni di svantaggio, a concorrere e combattere contro gli uomini invece di collaborare e condividere le responsabilità secondo la propria predisposizione.

Ritengo molto ingiusto che il progetto manchi di menzionare il significativo numero di donne in pensione o che non ricevono pensioni. Questo è contrario alle dichiarazioni della risoluzione. Se non verranno incluse le suddette disposizioni, la direttiva in discussione sarà solo un altro documento morto.

 
  
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  Lissy Gröner (PSE).(DE) Signor Presidente, questa direttiva riguarda la posizione delle donne nel mercato del lavoro. Pertanto si rivolge innanzi tutto alle donne, ed è la causa delle donne che si sta portando avanti ancora una volta completando lo smantellamento della burocrazia che abbiamo promesso ai cittadini. Mi auguro che domani si voti all’unisono, e che il riferimento alle regole antidiscriminatorie fosse solo una scaramuccia verbale da parte dell’onorevole Wuermeling. Sono già in corso le elezioni nazionali e non hanno nulla a che fare con questa direttiva.

Ai sensi dell’articolo 119 del Trattato, il diritto europeo promette parità di diritti alle donne, che devono vedere la realizzazione pratica di questo principio. Molte deputate al Parlamento hanno fatto riferimento ai settori in cui questo non avviene e al bisogno di diffondere la consapevolezza della discriminazione diretta e indiretta che continua a verificarsi. Può ben darsi che la discriminazione inizi nella testa delle persone, ma per la sua eliminazione dobbiamo cambiare i diritti e le leggi, e la loro trasposizione nel diritto nazionale verrà di conseguenza.

Occorre volontà politica, che la Commissione ha dimostrato di avere. L’Assemblea contribuisce con la sua. Auspico che domani potremo ottenere ciò che vogliamo e inviare alle donne dell’Unione europea il messaggio che siamo ancora il motore che fa andare avanti i diritti delle donne in Europa.

 
  
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  Věra Flasarová (GUE/NGL).(CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, i problemi relativi alla ricerca di un equilibrio nella vita lavorativa sono divenuti parte della vita moderna. Uno dei motivi della condizione di disparità della donna sul luogo di lavoro è che i datori di lavoro sono consapevoli dei conflitti di interesse tra responsabilità lavorative e familiari. Anche se le donne rappresentano quasi il 44 per cento dei lavoratori della Repubblica ceca, nel migliore dei casi, secondo la nostra ricerca, il numero di uomini che occupano posti di comando è cinque volte superiore a quello delle donne. Le donne che vogliono fare carriera devono ottenere risultati eccezionali per poter essere considerate partner alla pari degli uomini; in effetti, per riuscire devono fare molta più strada rispetto agli uomini che svolgono lo stesso lavoro.

Lo stipendio medio delle donne della Repubblica ceca attualmente è inferiore del 19 per cento a quello degli uomini. E’ inoltre comprovato che, nei colloqui di assunzione, sono spesso le donne stesse a chiedere stipendi inferiori rispetto agli uomini che si candidano allo stesso posto di lavoro, il che indica di per sé la mancanza di autostima delle donne nelle relazioni lavorative.

Ne consegue pertanto che la promozione della parità di diritti per donne e uomini non dev’essere solo questione di adottare varie direttive e leggi. Sono assolutamente favorevole alla direttiva, che però va inserita nel quadro di cambiamenti fondamentali nella cultura europea nel suo complesso. A dire il vero, mi spingerei ad affermare che il punto di partenza dev’essere la totale eliminazione dei nostri atteggiamenti medievali e della convinzione errata che la parità tra uomini e donne sia solo un problema delle donne e che non esiste la discriminazione contro gli uomini.

 
  
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  Christa Prets (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, data l’attuale situazione, in cui l’Unione europea ha difficoltà a esprimere il proprio pensiero, o almeno a farlo in modo da essere compresa dai cittadini, è ancora più importante che la legislazione e la giurisprudenza comunitarie diventino più chiare e immediatamente comprensibili. Per tale motivo accolgo con favore questa proposta.

Se però si considerano la modernizzazione e i miglioramenti citati in questo documento, mi rincresce dover dire che il metodo di rifusione non lascia spazio per alcuna modifica o integrazione significativa, come ad esempio la parità delle pensioni professionali.

Quando stavamo preparando l’ultima direttiva relativa all’articolo 13, ci è stato promesso che la questione sarebbe stata affrontata in seguito, nella direttiva rifusa. Commissione e Consiglio ora sono contrari, e mi domando perché non si sia sfruttata quella occasione. Era necessario dare maggiore enfasi a questo tema, e deploro che non si sia fatto.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione.(CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi per questa discussione estremamente animata e pertinente. Innanzi tutto vorrei sottolineare che ci si presenta l’opportunità di adottare immediatamente questa direttiva cruciale. Nell’interesse dei cittadini europei, si tratta di un’opportunità che va colta. Vorrei far notare che questo è un passo fondamentale che bisogna compiere per promuovere la parità tra uomini e donne di fronte a tutte le parti in causa, indipendentemente dalle diverse opinioni delle Istituzioni in merito alle idee che animano questa revisione.

Se mi è concesso, ora vorrei illustrare in modo un po’ più dettagliato la posizione della Commissione in merito agli emendamenti. La Commissione ne può accogliere senza difficoltà un numero significativo, che riteniamo siano di fatto anche coerenti con la posizione esposta dal Consiglio nel suo orientamento generale del 7 dicembre 2004. Essi rappresentano un notevole miglioramento della legislazione comunitaria in quest’ambito e la rendono molto più accessibile. A questo scopo vengono utilizzati svariati strumenti, che comprendono misure tecniche, chiarimenti giuridici e disposizioni che daranno un nuovo slancio politico alla promozione della parità tra uomini e donne, ad esempio per quanto riguarda la parità di retribuzione.

La Commissione non è in grado di accogliere una seconda serie di emendamenti per ragioni puramente tecniche, ragioni che esporrà in dettaglio nella proposta modificata. Ha inoltre respinto un certo numero di emendamenti perché eccedono la portata di quanto si può ragionevolmente ottenere nel corso di questo processo di revisione, il cui scopo specifico è quello di facilitare le attuali procedure parallele di codifica della legislazione comunitaria, da un lato, e porre le basi per cambiamenti fondamentali, dall’altro.

Il primo di tali emendamenti riguarda il nuovo articolo 3, lettera a, che prevede a carico degli Stati membri l’obbligo, e non l’opzione, di attuare vere e proprie misure attive. Poiché l’articolo 141, paragrafo 4, del Trattato, che è fonte di diritto primario, stabilisce chiaramente che gli Stati membri hanno facoltà di intraprendere qualunque azione reputino necessaria in quest’ambito, ogni atto di diritto secondario che, citando il suddetto articolo del Trattato, intacchi la facoltà da esso prevista, incontrerebbe a nostro avviso ostacoli significativi.

In secondo luogo, la Commissione non può accettare che l’obbligo imposto agli Stati membri di sostenere alcune misure nel quadro del dialogo sociale sia trasformato nell’obbligo di garantire determinati risultati di questo dialogo, in linea con gli emendamenti agli articoli 24 e 27. Sarebbe arduo adattare tali emendamenti al principio dell’autonomia delle parti sociali.

Vorrei inoltre ricordare all’Assemblea che le disposizioni corrispondenti sono state incluse nella direttiva 2002/73/CE, in seguito a lunghi negoziati con il Parlamento e il Consiglio. Tale direttiva e le norme che essa dispone, che rappresentano un approccio innovativo inteso ad accrescere la partecipazione delle parti sociali, non entrerà in vigore fino all’ottobre 2005. A nostro avviso, sarebbe inappropriato modificare tali disposizioni prima che abbiano avuto la possibilità di dimostrare la propria efficacia nella pratica.

Il nuovo articolo 28, lettera b, che propone una clausola di revisione per la direttiva sul congedo parentale, è inaccettabile poiché tale direttiva non rientra nel campo d’applicazione della presente revisione. Sarebbe difficile conciliare una clausola in tal senso con le pertinenti disposizioni della direttiva sul congedo parentale e con quelle dell’accordo quadro a livello europeo tra le parti sociali, su cui la direttiva si basa. Nascerebbero inoltre problemi riguardo alla compatibilità di tale emendamento con l’autonomia delle parti sociali e del loro ruolo, come previsto dagli articoli 138 e 139 del Trattato.

Infine, la Commissione non può accogliere gli emendamenti all’articolo 8 che mirano a proibire l’utilizzo del genere quale fattore di calcolo dei premi e dei benefici assicurativi per i regimi assicurativi professionali. Anche tali emendamenti esorbitano da quelli che possono essere i contenuti di proposte legislative quali la direttiva in discussione. Con questo non intendo dire che la questione non debba essere oggetto di discussione politica in futuro. Anche se le opinioni divergono al riguardo, e la posizione attualmente assunta dal Consiglio è piuttosto chiara, sono assolutamente convinto che questa è un’importante questione che merita la nostra attenzione.

La Commissione, inoltre, naturalmente non crede che applicare regimi diversi per pensioni del secondo e del terzo pilastro sia fonte di ambiguità nel contesto attuale, com’è stato suggerito nel corso del dibattito. Si tratta di una questione completamente distinta, che trascende le considerazioni di carattere puramente tecnico.

In conclusione, vorrei far notare che la Commissione può accogliere senza riserve numerosi emendamenti sulla base di queste considerazioni e, se mi è concesso, vorrei elencare gli emendamenti in questione. La Commissione può accogliere senza riserve gli emendamenti nn. 1, 2, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 26, 27, 28, 31, 32, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 45, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 64, 65, 66, 68, 69, 70, 74, 75, 77, 78, 79, 80, 82, 83, 85, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 96, 101, 106, 107, 108 e 109. La Commissione può accogliere in parte gli emendamenti nn. 5, 24, 71, 72, 73, 76, 84, 98, 102, 103, 104 e 105. La Commissione non può tuttavia accogliere gli emendamenti nn. 3, 12, 13, 29, 30, 36, 44, 46, 53, 63, 67, 81, 86, 94, 95, 97, 99 e 100. Ho già esposto le ragioni alla base della posizione della Commissione.

 
  
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  Hiltrud Breyer (Verts/ALE). (DE) Signor Presidente, signor Commissario, questo mi induce a rivolgerle una domanda. La proposta della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza dei sessi contiene due elementi essenziali, il congedo parentale e le pensioni professionali, che in effetti rappresentano il cuore della proposta, e lei li ha respinti. La sua risposta alle pensioni professionali è stata pressappoco: “sì, è una questione molto importante, che prima o poi prenderemo in considerazione”. Commissario Špidla, a mio avviso, quando stavamo lavorando alla direttiva lei ci ha promesso che...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

Signor Presidente, la prego di lasciarmi formulare la domanda. Lei ha affermato che questa era una questione importante, e che a un certo punto l’avremmo affrontata. Vorrei sapere quando lo farà e in quale forma verrà affrontata. Che cosa prevede il calendario effettivo? Le chiedo davvero di rilasciare una dichiarazione sulla questione delle pensioni professionali, come ha promesso di fare, perché in effetti è una violazione del Trattato...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente . Domando scusa, ma questo non era pertinente all’argomento trattato. Riguardava un tema completamente diverso, ma acconsento alla domanda, e pregherei il Commissario Špidla di intervenire.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione.(CS) A mio avviso, dal dibattito è emerso piuttosto chiaramente che lo scopo della proposta di direttiva è apportare miglioramenti tecnici alla legislazione comunitaria attualmente in vigore, non già introdurre modifiche ampie e di vasta portata. Per questo motivo la Commissione non può accettare i due emendamenti chiave menzionati dall’onorevole Breyer, poiché ciò sarebbe in contrasto con il pensiero sotteso alla stesura di questa direttiva. L’importanza delle due questioni che ha citato è talmente vasta che le affronterò nel corso del mio lavoro, anche se in questo momento non posso comunicare date precise all’Assemblea. Posso tuttavia dire che di tali questioni dibatteremo in un futuro molto prossimo, e sono assolutamente certo che se ne presenterà l’occasione durante la discussione in merito al Libro verde sul cambiamento demografico che si terrà la prossima settimana. Come giungeremo a una conclusione è tuttavia una questione ancora aperta e sarebbe inappropriato scendere in ulteriori dettagli al riguardo.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.00.

 
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