Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 6 luglio 2005 - Strasburgo Edizione GU

28. Un mondo senza mine
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione su un mondo senza mine.

 
  
MPphoto
 
 

  Douglas Alexander, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Signor Presidente, sono onorato di potere aprire oggi il dibattito su “un mondo senza mine terrestri”. Il sostegno all’azione internazionale contro le mine è una delle priorità politiche più importanti dell’Unione e sono davvero grato al Parlamento per l’impegno profuso nel cercare di evitare che questo tema scomparisse dall’agenda internazionale.

L’Unione ha svolto un ruolo attivo in occasione della Prima conferenza di revisione della Convenzione sul divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione del novembre 2004, che faceva riferimento al Vertice di Nairobi svoltosi nel 2004 su un mondo senza mine. L’Unione ritiene che la Prima conferenza di revisione della Convenzione sia stata un’importante pietra miliare per fare un bilancio degli obiettivi raggiunti finora nell’applicare la Convenzione e identificare ciò che occorre fare per rinnovare l’impegno degli Stati firmatari nell’estirpare gli effetti disumani delle mine antiuomo.

C’è il rischio che, quando discutiamo di questo tema stando al sicuro nel cuore dell’Europa, come pure a New York o a Ginevra, ne possiamo perdere di vista l’importanza; pertanto vorrei creare le premesse per il dibattito di questo pomeriggio, ricordando l’entità e la gravità del problema e per quale motivo è importante che l’Unione e il Parlamento continuino a svolgere un ruolo di primo piano.

Si stima che ogni anno tra le 15 000 e le 20 000 persone vengano uccise o menomate dalle mine terrestri. Questi decessi e queste lesioni accadono in più di ottanta paesi del mondo, dall’Angola allo Zimbabwe e anche più vicino a noi, nei Balcani. Sorprendentemente, ciò equivale a più di 40 incidenti al giorno, una cifra che, ne sono sicuro, ciascuno dei presenti qui oggi converrà essere semplicemente inaccettabile. Gran parte di questi incidenti si verificano in paesi che non sono più in guerra. Tuttavia, le mine terrestri non si rendono conto della fine delle ostilità. E’ orribile che esistano tuttora milioni di mine antiuomo e che, in alcune parti del mondo, ne vengano seminate ancora, colpendo la gente più povera dei più poveri paesi, la gente che meno è in grado di far fronte alla minaccia e quella che ha più bisogno del nostro aiuto e sostegno.

Le mine terrestri antiuomo sono spietate e non fanno distinzioni. Non sono destinate a un bersaglio ben definito; non distinguono tra soldati e civili, adulti o bambini. Le ferite inflitte dalle mine terrestri a chi è così sfortunato da imbattervisi sono davvero terribili. Questo non avviene per errore: le mine antiuomo sono state progettate per mutilare anziché uccidere le loro vittime, che soffrono orribilmente, dal momento che vengono letteralmente fatte a pezzi. In parole povere, le mine terrestri causano privazione, morte accidentale e sofferenza indicibile per molte popolazioni civili innocenti.

Perciò è giusto che la comunità internazionale debba intervenire e che l’Unione sia tra quelli in prima linea. La Convenzione di Ottawa, o “Trattato sul divieto delle mine”, vietando le mine terrestri antiuomo ha goduto di un vasto appoggio internazionale e attualmente i firmatari sono 152. Sono stati compiuti molti progressi nella lotta al flagello costituito da queste terribili armi da quando, nel 1999, è entrata in vigore la Convenzione, che si è rivelata un successo. Prima di essa si reputava che 34 nazioni commerciassero in mine antiuomo; ora, tranne qualche attività illecita, virtualmente non esiste più un commercio del genere. 54 nazioni producevano mine terrestri antiuomo; oggi si suppone che 15 siano in grado di produrre mine, ma la maggior parte di questi paesi non lo fa. Sette anni fa le mine erano usate in 19 paesi; adesso, probabilmente, in 5. Di fatto, il bando nei confronti di queste mine antiuomo è globale per via del marchio d’infamia enorme e opportuno connesso all’uso di queste armi.

Più di 37 milioni di mine antiuomo stoccate sono state distrutte. Vaste zone del mondo sono state bonificate dalle mine e rese nuovamente produttive. Si tratta di risultati dei quali la comunità internazionale può andare fiera e che non si sarebbero mai raggiunti senza il Trattato sul divieto delle mine, ma questo per noi non significa dovere allentare la presa sull’obiettivo di una completa universalizzazione del Trattato di Ottawa. Inoltre dobbiamo lavorare per giungere a un accordo che assicuri la piena applicazione del piano d’azione globale concordato nella Conferenza di revisione a Nairobi.

Oggi, parlando qui davanti a voi, sono particolarmente orgoglioso e grato per il ruolo che l’Unione ha svolto nella lotta alle mine terrestri antiuomo, contribuendo ad alimentare la cooperazione politica e l’aiuto concreto. Esprimo pieno appoggio all’obiettivo europeo che consiste nel “ridurre drasticamente la minaccia persistente e l’impatto delle mine terrestri nell’ambito dell’incremento della sicurezza locale e della fiducia a livello regionale”. Alcuni potrebbero obiettare che l’obiettivo delle “zero vittime” che l’Unione si è prefissa sia troppo ottimistico e che sia anzi irraggiungibile. Ma questo deve rimanere il nostro obiettivo e siamo impegnati a lavorare per conseguirlo.

La strategia di azione contro le mine 2005-2007 dell’Unione agisce basandosi su tre obiettivi tematici: ridurre la minaccia costituita dalle mine terrestri antiuomo, alleviare la sofferenza delle vittime delle mine sostenendo la reintegrazione socioeconomica e accrescere gli impatti locali e regionali dell’azione in atto contro le mine.

Nel perseguire i nostri scopi abbiamo dimostrato il nostro impegno politico e finanziario per trasformarli in realtà. Continueremo a farlo. L’Unione ha cercato di promuovere ogni sforzo per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di eliminare del tutto le mine terrestri antiuomo, anche mediante azioni congiunte e manovre diplomatiche, attraverso il dialogo con i paesi terzi e l’attività nell’ambito dei forum internazionali.

C’è ancora molto da fare. L’Unione ha sostenuto e continuerà con le sue risorse a sostenere la politica in questo settore. A livello finanziario si prevede un’assistenza da parte dell’Unione a favore dell’azione contro le mine – nell’ambito della nostra strategia 2005-2007 – che ammonterà complessivamente ad almeno 140 milioni di euro, assistenza che si ricollegherà ai più ampi obiettivi dell’Unione per lo sviluppo. Gli Stati membri vi stanno contribuendo con ulteriori finanziamenti bilaterali a favore dei paesi più bisognosi.

E’ chiaro che dove ci sono mine terrestri ci sono poche prospettive di sviluppo. La loro presenza massiccia acuisce la povertà impedendo lo sfruttamento produttivo della terra e delle infrastrutture, mentre i costi per curare i superstiti feriti in seguito a incidenti da mina priva le nazioni più povere delle loro già esigue risorse. Perciò lo sminamento umanitario è particolarmente importante. Continueremo a sostenere l’azione contro le mine incentrata sui paesi più poveri. Il futuro di tale azione dipenderà soprattutto dal suo inserimento nei piani di sviluppo dei paesi, senza il quale verrebbero ridimensionate le speranze di conseguire gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo, che costituiranno uno degli argomenti principali del Millennium Review Summit che si terrà a settembre.

Permettetemi di concludere affermando che l’Unione è decisa a eliminare del tutto le minacce costituite dalle mine terrestri promuovendo l’universalità, distruggendo gli stoccaggi, sminando e fornendo assistenza alle vittime, il tutto in stretta cooperazione con la comunità internazionale, sia essa rappresentata da governi, organizzazioni internazionali o anche organizzazioni non governative. Continuiamo a intraprendere azioni concertate finché l’ultima mina antiuomo non sarà eliminata dalla faccia della terra e l’obiettivo delle zero vittime da mine terrestri non verrà definitivamente raggiunto.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, oltre a essere estremamente importante per la comunità internazionale e per l’Unione, l’argomento delle mine terrestri è per me anche di grande interesse personale. Durante la guerra mio padre è capitato su una mina e ha subito l’amputazione di una gamba, per cui può immaginare che ciò abbia segnato in qualche maniera tutta la mia infanzia. Pertanto, come ministro degli Esteri, mi sono sentita impegnatissima nella lotta alle mine terrestri e penso che questa costituisca un fulcro del nostro lavoro in materia di sicurezza umana. Come abbiamo udito, le mine terrestri rappresentano ancora una minaccia in troppi paesi.

A cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di proibizione delle mine e dopo l’esito positivo della Conferenza di revisione di Nairobi tenutasi l’anno scorso, la comunità internazionale, con l’Unione come ispiratore, ha compiuto progressi significativi nella realizzazione di un mondo senza mine terrestri. Attualmente 144 paesi hanno ratificato il Trattato sul divieto delle mine.

Se è vero che abbiamo davvero conseguito ottimi risultati, resta tuttavia molto da fare; inoltre non può esserci sicurezza a lungo termine senza la sicurezza umana. Pertanto il sostegno all’azione internazionale contro le mine rimane tra le priorità più importanti dell’Unione.

Il nostro impegno nel combattere le mine terrestri è parte integrante della nostra politica estera umanitaria e di sviluppo. In risposta al piano d’azione di Nairobi, alla fine dell’anno scorso la Commissione ha adottato la seconda Strategia di azione contro le mine per gli anni dal 2005 al 2007. Il suo obiettivo di massima è quello delle zero vittime. Ciò che noi vogliamo è un mondo in cui nessuno venga ferito o ucciso dalle mine terrestri. Non è un sogno politico fuori dalla nostra portata, ma un traguardo raggiungibile. Per realizzarlo, la Commissione sta rafforzando ulteriormente l’assistenza internazionale nell’ambito dell’azione contro le mine, esortando con determinazione gli Stati a ratificare il Trattato sul divieto delle mine e anche aiutandoli ad applicarlo.

A questo proposito ho il piacere di annunciare che, in seguito alla recente ratifica del Trattato sul divieto delle mine da parte del Parlamento ucraino, la Commissione e il governo ucraino hanno appena concordato i dettagli di un importante progetto per la distruzione degli stoccaggi di mine terrestri. Abbiamo spiegato ai nostri partner ucraini che occorreva loro ratificare il Trattato prima che potessimo sbloccare qualsiasi genere di fondi. Pertanto questo è un esempio incoraggiante di cooperazione concreta che promuove l’adesione universale al Trattato.

La nostra strategia è finanziata da un bilancio pari a 140 milioni di euro, il 10 per cento in più rispetto alla Strategia 2002-2004. Sono soldi ben spesi, non solo per la segnalazione, la bonifica e la distruzione delle mine, ma anche per alleviare la sofferenza delle vittime, reintegrare economicamente e aumentare il rendimento a livello locale e regionale. Per fornirvi solo una cifra in particolare, in Afghanistan abbiamo speso circa 40 milioni di euro tra il 2001 e il 2006 al fine di rendere il paese sicuro per la popolazione civile.

Vorrei sottolineare che, da quando il Trattato sul divieto delle mine è stato firmato, il sostegno finanziario complessivo da parte della Comunità e degli Stati membri ha raggiunto una cifra record di oltre 1 miliardo di euro, quasi la metà del bilancio globale per le mine terrestri. Ciò dimostra che anche l’Unione è un operatore a livello globale che può fare la differenza e questa è anche la prova del fatto che il Parlamento e la Commissione, assieme al Consiglio, costituiscono una squadra forte nell’ambito degli affari esteri. Approvo in pieno e appoggio tutte le vostre iniziative e vi ringrazio per averle proposte.

Per concludere, vorrei dire che attualmente stiamo affrontando tempi duri, ma non c’è ragione di diventare introspettivi. Dobbiamo essere sempre determinati nel perseguire il nostro obiettivo fondamentale di politica estera che consiste in un’Europa sicura in un mondo migliore e più sicuro.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Geoffrey Van Orden, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Commissario Ferrero-Waldner per il suo impegno e le sue considerazioni. Do un particolare benvenuto al ministro di Stato britannico per l’Europa e Presidente in carica del Consiglio Douglas Alexander. E’ una cosa molto bella vederlo qui.

Da circa 10 anni partecipo attivamente alla lotta contro il flagello rappresentato dalle mine terrestri antiuomo. E’ un peccato dovere tornare ancora su questo argomento. Come il Ministro ha ricordato, molte della parti più povere del mondo continuano a essere afflitte da queste armi. Si stima che tuttora ogni anno ci siano circa 15 000 vittime da mina e che siano immagazzinate ancora milioni di mine. Il fatto è che le forze armate dei paesi afflitti non sono ancora coinvolti a sufficienza nell’opera di bonifica. Troppo è lasciato alle ONG e alla comunità internazionale e c’è il rischio che la campagna politica che patrocina l’azione contro le mine sia dirottata in altre direzioni invece di concentrarsi su ciò che è realmente importante: bonificare quelle aree dove la sospetta presenza di mine costituisce un ostacolo alla vita normale, allo sviluppo economico e all’assistenza a favore delle vittime delle mine.

E’ della massima importanza che il problema delle mine terrestri sia, sotto ogni aspetto, risolto entro il 2010, in soli cinque anni, e non diventi uno di quei problemi che permangono all’infinito. Ciò richiede un’intensificazione dell’impegno di volontà politica e un incremento di risorse da parte della comunità internazionale e dei paesi interessati.

C’è da congratularsi con la Commissione per la portata, la qualità e la continuità del suo contributo, ma occorre attribuire a questo problema una priorità ancora maggiore e dobbiamo assicurare il giusto impegno pluriennale di fondi nonché accertarci che i soldi siano ben spesi.

E’ altresì importante restare fortemente concentrati, tenendo conto delle esigenze delle nostre forze armate professionali e responsabili. Alcuni sembrano dimenticare che il problema non è costituito dalle democrazie occidentali, che per la maggior parte fanno parte della soluzione: mi riferisco ai nostri stessi governi – quello britannico e gli altri governi europei, e anche a quello degli Stati Uniti, che è tra quelli al mondo che danno il maggior contributo all’azione contro le mine.

Il gruppo PPE-DE sta proponendo la propria risoluzione e non può sostenere la risoluzione di altri gruppi politici che enfatizzano l’allargamento della campagna per includere le mine anticarro e altre categorie di munizioni.

Questa settimana l’attenzione è puntata sull’Africa al Vertice del G8 di Gleneagles e in questa sede nelle Istituzioni europee. Ricordiamoci che molti Stati africani sono tra i paesi maggiormente afflitti dalle mine terrestri, la cui esistenza costituisce la principale barriera al rapido sviluppo che è indispensabile si affermi nel continente se la popolazione dell’Africa vuole sottrarsi alla povertà. Rinnoviamo il nostro impegno per sconfiggere il terribile impatto delle mine terrestri antiuomo.

 
  
MPphoto
 
 

  Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Anch’io sono stata turbata dagli interventi del Presidente in carica del Consiglio e dal Commissario Ferrero-Waldner, che ha fatto riferimento a un fatto che deve essere accaduto durante la Seconda guerra mondiale. Le statistiche mostrano che tuttora 20 000 persone all’anno sono vittime di mine o di munizioni abbandonate. Di queste persone, dagli otto ai diecimila sono bambini che vengono uccisi o mutilati, di solito da mine antiuomo. Queste armi immorali continuano a produrre un impatto sociale, economico, ambientale e umanitario sulla popolazione, e pertanto rappresentano una minaccia intollerabile alla sicurezza di intere comunità.

La Convenzione di Ottawa costituisce un enorme passo avanti nella lotta a questo flagello, ma resta molto da fare, come abbiamo appreso da Jody Williams e dall’ambasciatore Wolfgang Petritsch nel giornata informativa allestita qui in Parlamento il 16 giugno. Oltre alle obbligazioni internazionali cui sono soggetti gli Stati firmatari, la comunità internazionale ha il dovere di eliminare una volta per tutte non solo le mine antiuomo, ma ogni mina o congegno che può uccidere o mutilare indiscriminatamente. Paesi come il mio che hanno collocato mine in altri paesi durante guerre di natura coloniale o di altro genere, ora hanno una particolare responsabilità nel contribuire alla rimozione di quelle mine e nel sostenere la riabilitazione e il reinserimento delle vittime nella società.

E’ soprattutto l’Europa che deve continuare a svolgere un ruolo guida in questo campo ed estendere tale ruolo ad altri aspetti del disarmo. La produzione, il commercio e l’uso delle mine anticarro, delle munizioni a frammentazione e delle armi leggere rappresentano sfide che vanno affrontate senza indugio, altrimenti lo slancio può andare perduto. Gli Stati membri e i membri della Commissione devono mostrare un fronte compatto e parlare a una sola voce, più forte e con maggiore efficacia, per promuovere in tutti i forum internazionali e nei rapporti con paesi terzi l’estensione universale della Convenzione di Ottawa, dando risalto alla necessità di ratificarla e applicarla. A questo scopo, i paesi dell’Unione che devono ancora firmarle o ratificarle la Convenzione devono farlo senza indugio e unirsi ai 144 paesi che considerano questo e altri aspetti del disarmo globale elementi fondamentali per la stabilità durevole del nostro pianeta e per la sicurezza di ciascuno.

Come ha concluso la Conferenza di revisione di Nairobi, la priorità è lavorare per arrivare a un mondo senza mine. Questo dobbiamo alle migliaia di comunità il cui sviluppo è stato pregiudicato da queste e da altre armi che uccidono e mutilano a caso. Glielo dobbiamo nel nome dei diritti umani, della sicurezza umana, della pace, dei veri valori su cui si basa l’Unione, e questo si riflette nella risoluzione che abbiamo presentato.

 
  
MPphoto
 
 

  Jelko Kacin, a nome del gruppo ALDE. – (SL) Benché un gran numero di paesi abbiano vietato l’uso, l’immagazzinamento, la produzione e la distribuzione di mine antiuomo e si siano impegnati a eliminarle ratificando la Convenzione, le mine antiuomo e altre forme di mine terrestri continuano a esistere. Giusto ieri, in Afghanistan, un veicolo militare sloveno è incappato in una mina. Giacciono nascoste in campagna o nei pressi di luoghi disabitati, minacciando le persone e gli animali, portando morte e infliggendo danni fisici e psicologici con conseguenze a livello sociale e di altro genere a lungo termine. Il mondo non si è ancora liberato dalla minaccia di quest’arma, la più inumana tra quelle che insozzano il nostro pianeta.

Capisco la situazione e le circostanze storiche dei tre Stati membri che non hanno ancora ratificato la Convenzione, ma ora è tempo di apportare alcuni cambiamenti. Occorre impiegare alti mezzi per prevenire il rischio di conflitti militari in Europa.

Ci sono più vittime a causa delle mine di quanto potremmo immaginare o di quanto sappiamo. Le vittime non solo soltanto civili innocenti, principalmente agricoltori e i loro figli che, se sopravvivono, sono danneggiati sia psicologicamente che fisicamente e segnati per il resto della loro vita. Anche i loro genitori, i loro parenti, i loro vicini e amici sono vittime. E’ giusto e opportuno che nella nostra risoluzione parliamo anche del denaro da stanziare per la riabilitazione e il reinserimento delle vittime nella società, reinserimento che costituisce un processo a lungo termine estremamente difficile se si deve assicurare una riabilitazione completa e autentica.

Tuttavia ogni processo di sminamento è molto più apprezzabile di quanto non sia far fronte alle conseguenze di un’esplosione o riabilitare le vittime. Anche nell’Europa sudorientale, a meno di mille chilometri da Strasburgo, si registrano ancora nuove vittime da mina, per cui dobbiamo portare avanti il processo di bonifica finché non venga rimossa l’ultima mina dall’Europa. Se non provvediamo a farlo in tempi rapidi, ci troveremo davanti a nuove vittime e non potremo intervenire in maniera persuasiva o con successo in altri continenti se prima non possiamo rimettere ordine nella nostra stessa casa.

Solo un mondo senza mine può permettere il ritorno dei rifugiati e una rinascita dell’agricoltura, che rappresenta un fattore economico determinante, soprattutto nei paesi dove le guerre hanno imperversato.

 
  
MPphoto
 
 

  Caroline Lucas, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, proprio poche settimane fa in Nepal un autobus è incappato in una mina anticarro seminata sulla strada dai ribelli. Più di 60 civili sono morti. Questo incidente – uno tra svariate migliaia – sottolinea i danni spaventosi provocati dalle moderne mine anticarro.

Il divieto sulle mine terrestri antiuomo decretato dal Trattato di Ottawa era un primo passo importante; tuttavia, per un mondo davvero libero da mine, dobbiamo assolutamente andare oltre e chiedere un divieto totale che comprenda tutti i tipi di mine, incluse le mine anticarro e le bombe a frammentazione. Mi dispiace che il gruppo PPE-DE non possa associarsi a noi in merito a questo. Il terribile incidente accaduto in Nepal dimostra quanto sia urgente la necessità di permettere alle ONG specializzate di coinvolgere operatori non governativi anche nell’opera di sminamento dalle aree sotto il loro controllo.

Non dobbiamo dimenticare il ruolo svolto dalle istituzione finanziarie. Plaudo con entusiasmo all’iniziativa presa da banche private del Belgio di non investire più in compagnie coinvolte nella produzione di mine terrestri. L’Unione e gli Stati membri devono lavorare sodo per rendere obbligatorio per legge in tutta Europa questo eccellente esempio di responsabilità sociale collettiva. Spero che domani manderemo un messaggio forte adottando questa eccellente risoluzione e portando avanti questa campagna di vitale importanza per eliminare definitivamente il flagello delle mine che ha provocato così tante morti e mutilazioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Douglas Alexander, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Signor Presidente, è più che giusto avere discusso questo importante argomento. Ho apprezzato la discussione animata e approfondita svoltasi oggi nel limitato tempo a nostra disposizione. Abbiamo pure ascoltato la toccante testimonianza personale del Commissario Ferrero-Waldner e abbiamo constatato il suo impegno in prima persona, sia su questo tema che su quest’agenda.

Come abbiamo sentito, c’è un accordo quasi unanime sulla necessità di contrastare i terribili problemi causati dalle mine antiuomo; c’è egualmente la consapevolezza che i nostri elettori di tutta Europa non si aspettano niente di meno da noi. Permettetemi di rispondere ad alcune delle osservazioni principali che sono state fatte nel corso del nostro dibattito.

Inizio col riconoscere il merito dell’onorevole Van Orden per il suo lavoro di lunga data in materia. Ha parlato con vera conoscenza di causa e consapevolezza dell’urgenza, vista l’entità della sfida che affrontiamo. Mi associo a lui nei complimenti alla Commissione per il suo lavoro e nel riconoscerle il merito dell’opera intrapresa su questo tema. Inoltre mi rendo conto, come lui ha spiegato, della particolare sfida in cui è impegnata l’Africa relativamente alle operazioni di sminamento. Tutti noi, con attenzione sincera per le condizioni di questo continente, riconosciamo quale significativo contributo può dare la bonifica per il conseguimento degli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo.

L’onorevole Gomes ha parlato in particolare del pericolo che le mine costituiscono per i bambini, riconoscendo tra l’altro che la Convenzione rappresenta un importante passo avanti. Sono d’accordo sulla sua prima osservazione: l’Europa deve svolgere un ruolo di primo piano a questo proposito. In effetti l’Unione è stata all’avanguardia assoluta nella lotta alle mine terrestri antiuomo e posso garantirle che continuerà a esserlo. Nell’ambito della Strategia 2005-2007 stiamo puntando all’obiettivo ambizioso delle zero vittime, senza più morti né feriti a causa delle mine terrestri. Questa strategia rappresenta un obiettivo comune, condiviso da tutti e 25 gli Stati membri.

L’onorevole Kacin ha parlato della sfida attuale rappresentata dalle mine terrestri riferendosi all’incidente avvenuto recentemente in Afghanistan. Sul tema dell’estensione universale della Convenzione in quanto parte del piano d’azione approvato nel dicembre scorso dalla Prima conferenza di revisione della Convenzione di Ottawa, l’Unione è impegnata nel promuovere l’universalizzazione del Trattato e la comunità internazionale sta facendo progressi: a tutt’oggi 152 paesi hanno firmato la Convenzione e 144 l’hanno ratificata, perciò oggi il Trattato di Ottawa costituisce la norma internazionale per eccellenza, anche se ciò non significa che dobbiamo allentare gli sforzi relativamente al nostro impegno per estendere universalmente il Trattato.

L’onorevole Lucas ha elogiato, a mio avviso giustamente, l’importante lavoro che stanno svolgendo gli operatori non governativi per quanto riguarda la divulgazione del Trattato e la continuità nel sostenere la causa affinché vengano intraprese ulteriori iniziative. Abbiamo avuto l’occasione e anzi, credo che ora abbiamo il dovere di cambiare la vita di milioni di persone in tutto il mondo intervenendo sulla questione delle mine. E’ un’opportunità per contribuire a liberarli dallo spettro del pericolo costituito dalle mine terrestri antiuomo che incombe quotidianamente sulle loro vite settimana dopo settimana e noi abbiamo l’onere di affrontare questa sfida a viso aperto e di conseguire risultati concreti che serviranno a promuovere la prosperità e la sicurezza per le generazioni future, non solo in questo continente, ma in tutti i continenti del mondo.

Grazie per i contributi al dibattito di questo pomeriggio che ho avuto modo di ascoltare. Mi ha rincuorato l’impegno della Commissione; posso assicurarvi che la Presidenza britannica continuerà a prendere provvedimenti in merito a questo tema.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Per concludere la discussione, comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento(1).

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà il 7 luglio 2005.

(La seduta, sospesa alle 17.50, riprende alle 18.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. KAUFMANN
Vicepresidente

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

Note legali - Informativa sulla privacy