Presidente. – Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 8 settembre 2005.
2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
4. Petizioni (cfr. processo verbale)
5. Dichiarazioni scritte (articolo 116): vedasi processo verbale
6. Seguito dato alle posizioni e alle risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale
7. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
8. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale
9. Accoglienza degli osservatori bulgari e romeni
Presidente. – Oggi dobbiamo innanzitutto dare il benvenuto ai colleghi rumeni e bulgari; pronuncerò un discorso per l’occasione immediatamente dopo l’approvazione dell’ordine dei lavori. Per il momento dico solo: dobre doshli e bun venit.
10. Ordine dei lavori
Presidente. – E’ stata distribuita la versione definitiva del progetto di ordine del giorno della tornata in corso e della prima tornata di ottobre, elaborata dalla Conferenza dei presidenti, riunitasi giovedì 22 settembre, ai sensi degli articoli 130 e 131 del Regolamento.
Per quanto riguarda lunedì, martedì e mercoledì
Non è stata presentata alcuna richiesta di modifica.
Per quanto riguarda giovedì
Il gruppo PPE-DE e, stando a quanto mi è stato comunicato, solo questo gruppo, e non il gruppo liberale, come mi era stato detto prima, ha chiesto che il dibattito sulla Tunisia sia sostituito dal dibattito sulle minoranze in Vojvodina.
L’onorevole Watson lo conferma.
Va bene, la richiesta è stata effettivamente presentata solamente dal gruppo PPE-DE.
Il gruppo PSE ha chiesto invece di inserire il dibattito sulla Vojvodina al posto del dibattito sull’Uzbekistan.
Potrebbe gentilmente chiarire la richiesta, onorevole Schulz?
Martin Schulz (PSE). – (DE) Signor Presidente, quanto lei ha appena affermato corrisponde a quanto è emerso dalla Conferenza dei presidenti e dalle successive discussioni tra i gruppi. Qualche istante fa in Aula gli onorevoli Watson, Poettering ed io ne abbiamo discusso brevemente e quindi proponiamo che l’Uzbekistan sia discusso nella tornata di Ottobre, mentre ora potremmo procedere con la discussione sulla situazione in Vojvodina (Interruzione), rimandando il dibattito sulla Tunisia.
(L’onorevole Cohn-Bendit interviene fuori microfono)
Presidente. Sarebbe buona cosa se tutti potessero sentire quanto stiamo dicendo, non solo l’onorevole Cohn-Bendit.
(Si ride)
Perfetto, si diceva che secondo la proposta del gruppo PSE la discussione sulla situazione in Vojvodina verrebbe inserita al posto del dibattito sull’Uzbekistan.
Il gruppo PPE-DE conferma la sua proposta?
Hans-Gert Poettering (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, sostanzialmente puntiamo ad una sostituzione, vogliamo che sia rinviato il dibattito sulla Tunisia e che sia inserita al suo posto la discussione sulla Vojvodina; tuttavia, ritenendo fondamentale che su simili questioni, inerenti ai diritti umani, si giunga a soluzioni condivise, proponiamo di mantenere il dibattito sulla Tunisia, chiedendo – come ha detto l’onorevole Schulz – di discutere della Vojvodina invece che dell’Uzbekistan. L’Uzbekistan potrebbe essere rinviato alla prossima tornata in modo da poter essere certi di raggiungere un’ampia maggioranza. Desidero chiarire ai colleghi del mio gruppo che il ragionamento che ha portato alla proposta è che, in questo modo, la questione della Vojvodina sarà sicuramente discussa questa settimana.
Presidente. Pertanto ne deduco che ritirate la proposta.
Per quanto riguarda mercoledì 12 e giovedì 13 ottobre 2005
Non è stata presentata alcuna richiesta di modifica.
(L’ordine dei lavori è approvato)
Se me lo consentite, desidero approfittare dello spazio assegnatomi al prossimo punto dell’ordine del giorno per dare ufficialmente il benvenuto ai colleghi.
11. Priorità di lavoro del Parlamento
Presidente. Onorevoli colleghi, oggi è doveroso dare un caloroso benvenuto agli osservatori di Bulgaria e Romania che siedono tra noi in Aula.
La loro presenza ci ricorda che lo scorso maggio il quinto allargamento dell’Unione europea è rimasto incompiuto e rimarrà tale fino a che Romania e Bulgaria non porteranno a termine il processo di adesione.
E’ bene inoltre ricordare che il Parlamento ha già approvato i trattati di adesione, che sono poi stati ratificati dagli Stati membri. Tutti ci attendiamo quindi che l’adesione avvenga alla data prevista, il 1° gennaio 2007. Sono certo che noi tutti, insieme a Romania e Bulgaria, compiremo ogni sforzo e faremo tutto quanto in nostro potere affinché ciò accada.
Rivolgendomi ai nuovi colleghi, voglio dire loro che attendiamo con ansia i loro contributi ai dibattiti ed esprimiamo loro i nostri migliori auguri per il lavoro parlamentare che li attende.
Onorevoli colleghi, l’arrivo di Bulgaria e Romania avviene però in un momento particolarmente difficile per l’Unione europea. Per quanto attiene all’attività ordinaria le Istituzioni continuano a funzionare nella normalità, e nulla ha turbato la vita quotidiana dell’Unione; tuttavia il progetto europeo sta attraversando una crisi d’identità che non possiamo certo ignorare.
Stando ad alcune dichiarazioni rese dei giorni scorsi, l’Unione europea potrebbe fare a meno di una visione per il futuro, limitandosi semplicemente a migliorare il funzionamento dei mercati e perseguire l’allargamento. Secondo alcuni, questo sarebbe già sufficiente. Temo però che il problema sia più profondo, che tocchi il significato politico del progetto europeo e la sua connotazione geografica. Oggi, entrambi gli aspetti – il significato politico e la connotazione geografia – sono allo stallo e il Parlamento europeo è quindi chiamato a compiere un enorme sforzo per contribuire a superarlo. La nostra Istituzione deve concorrere in ogni modo possibile a sbloccare questa situazione.
Onorevoli colleghi, poco più di un anno fa illustravo all’Assemblea le priorità dei lavori parlamentari. Credetemi, ritornando al settembre dell’anno scorso, era difficile immaginare in che circostanze ci saremmo trovati oggi. Era difficile prevedere la situazione che si è venuta a creare. Ritengo pertanto che dovremmo analizzare quanto è accaduto nel corso degli ultimi dodici mesi e riconsiderare gli obiettivi di lavoro per il prossimo anno.
Chiedo quindi all’Assemblea di indicare i risultati raggiunti rispetto al programma di lavoro proposto un anno fa e di definire un nuovo approccio per l’anno di lavoro che si apre in questa fase critica dell’integrazione europea.
Sempre un anno fa si sono uniti a noi nuovi paesi membri. L’anno scorso abbiamo accolto i colleghi dei 10 Stati membri e in quell’occasione, nella gioia della riunificazione, ci chiedevamo se saremmo stati in grado di lavorare insieme, di fondere culture parlamentari così diverse; ci chiedevamo se saremmo stati all’altezza di una sfida unica al mondo nel suo genere: lavorare in venti lingue diverse, che per quanto numerose non rispecchiano per intero il ventaglio della diversità linguistica dell’Unione. A distanza di un anno, un anno intenso in ogni aspetto, a mio avviso, possiamo affermare di aver superato la sfida: il Parlamento allargato funziona in maniera soddisfacente. Desidero ringraziare tutti per aver contribuito a raggiungere questo traguardo.
Un anno fa vi dissi che ero determinato a risolvere la delicata e complessa questione dello statuto dei deputati. Ricorderete che abbiamo convenuto quanto fosse prioritario, ed ero infatti molto ansioso di trovare una soluzione. Ebbene oggi possiamo dire: missione compiuta!
Grazie all’inestimabile contributo della Presidenza lussemburghese, a luglio il Consiglio ha dato il proprio assenso sul testo approvato dal Parlamento, che firmerò mercoledì prossimo. Questo accordo è molto importante per la nostra Istituzione; infatti proprio la mancanza di un accordo di questo genere da tempo gettava discredito sull’immagine pubblica dell’Assemblea.
In relazione al nostro Regolamento interno vi rammento che ora dobbiamo darci due obiettivi: le norme sugli assistenti parlamentari e la riforma del regolamento finanziario, in modo che l’Unione possa gestire le proprie risorse in maniera più efficiente. Esiste un ampio consenso al riguardo. Senza compromettere la gestione, l’Unione deve dotarsi di un regolamento finanziario che le consenta di operare con maggiore efficacia.
Abbiamo già ricevuto la bozza della Commissione. Propongo che si persegua l’obiettivo di far entrare in vigore il nuovo regolamento finanziario insieme al bilancio 2007.
Un anno fa ci stavamo anche preparando per l’investitura della nuova Commissione, e vi ricorderete che è stato un periodo turbolento. Oggi però possiamo affermare che il Parlamento europeo ci ha guadagnato in maturità, legittimità, credibilità e visibilità pubblica e che la cooperazione con la Commissione si regge su fondamenti più solidi.
Dopo la travagliata investitura abbiamo negoziato un accordo quadro tra il Parlamento e la Commissione che ci ha consentito di compiere notevoli progressi sul versante dell’informazione e del controllo democratico. Per me è un altro motivo di soddisfazione. Come previsto dall’accordo, tra un paio di giorni il Presidente Barroso illustrerà alla Conferenza dei presidenti le proposte che la Commissione ha annunciato per quest’anno.
Sempre un anno fa la drammatica vicenda degli ostaggi di Beslan ha gettato una triste ombra sulla plenaria. All’epoca insistevo sulla necessità di dare impulso allo spazio europeo di sicurezza e di giustizia attraverso una promozione attiva della strategia antiterrorismo. A distanza di un anno, però, la barbarie terroristica non si è arrestata. Londra è stata l’ultima vittima in terra europea, mentre l’Iraq viene martoriato quotidianamente.
Oggi la minaccia del terrorismo si è ingrandita e per ora non accenna a scemare; la società europea deve dimostrare di saperla affrontare nel rispetto dei valori democratici. L’equilibrio tra libertà e sicurezza rimarrà pertanto un elemento permanente nel nostro dibattito, come è accaduto nell’ultima tornata, quando è intervenuto anche il ministro Clarke, e continuerà a verificarsi anche in futuro.
Inoltre è giocoforza constatare che a causa del terrorismo i confini tra affari interni e politica estera si sono fatti più sfumati e che oggi, che ci piaccia o no, il problema pare essere direttamente collegato alla tematica dell’immigrazione. Dobbiamo quindi combattere il terrorismo di concerto con i nostri vicini e partner del mondo islamico, soprattutto nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.
Onorevoli colleghi, permettetemi una digressione per sottolineare che proprio la relazione con il mondo musulmano è una delle questioni principali che attengono al futuro Unione europea. Forse è la questione più importante in assoluto. Propongo di ricorrere all’assemblea parlamentare euromediterranea, che attualmente è presieduta dal Parlamento europeo, per sviluppare questa relazione in maniera positiva in modo da impedire che la minaccia terroristica e le tensioni dovute all’immigrazione provochino la fobia per il mondo islamico; sarebbe infatti questa la più grande vittoria per i terroristi.
Un anno fa vi parlai anche di due temi che rivestivano un’importanza capitale già in quel periodo e che oggi hanno assunto una rilevanza ancora maggiore. Come sapete, mi riferisco al Trattato costituzionale e alle prospettive finanziarie. In entrambi i casi il Parlamento ha agito in linea con i propri propositi.
In relazione al Trattato costituzionale si è tenuto un grande dibattito culminato nel sostegno a maggioranza per il testo. Tredici paesi lo hanno ratificato, ma i “no” di Francia e Paesi Bassi, come sapete, hanno portato il Consiglio a un periodo di riflessione su cui mi soffermerò tra poco.
Per quanto attiene alle prospettive finanziarie, abbiamo redatto una relazione ambiziosa e sensata per mezzo di una commissione speciale che ci ha consentito di riunire tutte le opinioni rilevanti. Di conseguenza, il Parlamento ha definito una posizione propria che funge da piattaforma per analizzare le posizioni delle altre Istituzioni. Sappiamo ciò che vogliamo e lo abbiamo affermato chiaramente. In relazione alla nostra posizione dobbiamo valutare quella della Commissione, che conosciamo, e quella del Consiglio, che stiamo ancora aspettando, poiché il Consiglio non ha ancora raggiunto un accordo. Temo che non sia a causa di problemi inerenti alla Costituzione, bensì ad un’allarmante mancanza di spirito comunitario e a una crescente svalutazione dell’idea di solidarietà europea.
Onorevoli colleghi, siamo giunti sin qui seguendo il cammino che poc’anzi ho ripercorso. Cosa dobbiamo fare ancora d’ora in poi e come?
A mio avviso, le prospettive finanziarie rappresentano la questione più impellente e più importante – innegabilmente la più urgente. E’ opportuno ricordare che, seppur necessario, l’accordo in seno al Consiglio è una condizione necessaria, ma non sufficiente affinché l’Unione si possa dotare di un quadro finanziario pluriennale.
Ho ribadito in più occasioni agli Stati membri che l’accordo in seno al Consiglio si vanifica se non è condiviso dal Parlamento, in quanto vige un accordo interistituzionale che implica il concorso delle tre Istituzioni.
Colgo questa opportunità per esortare il Consiglio ad adempiere al proprio dovere e a raggiungere un accordo nel corso della Presidenza britannica, perché dopo sarebbe troppo tardi, o diventerebbe tutto troppo complicato.
Dal formidabile discorso con cui fu inaugurato il suo mandato pareva che la Presidenza britannica avesse già in mente come raggiungere un accordo per conferire una struttura migliore alla spesa comunitaria. Il Parlamento europeo non cessa di sottolineare quanto sia urgente concretizzare tali idee.
Nel frattempo dobbiamo continuare a lavorare sui programmi legislativi. Mi rendo conto che stilare programmi senza conoscere l’entità delle risorse assegnate per ciascun piano di spesa rende più complesso il nostro lavoro, ma non impossibile. Vi informo che la Commissione e il Consiglio hanno insistito affinché il Parlamento continui a lavorare su tali programmi legislativi, che sono essenziali per l’attuazione del bilancio del 2007. Nei prossimi giorni la Conferenza dei presidenti sarà chiamata a decidere come procedere e chiederà alle commissioni competenti di attivarsi in maniera coordinata ai sensi dei rispettivi orientamenti.
Onorevoli colleghi – se mi consentite di intervenire in maniera più formale per un momento, approfittando della presenza del Primo Ministro britannico, che ringrazio per l’attenzione che riserva al Parlamento – ribadisco che l’Unione ha bisogno delle prospettive finanziare per il 2007-2013. Tuttavia, più che le prospettive è assolutamente essenziale che l’Unione sia dotata di un bilancio da applicare a partire dal 1° gennaio 2007. Se così non fosse, ci troveremmo dinanzi a un problema gravissimo.
D’ora in avanti dobbiamo pensare alla possibilità di dover avviare la stesura del bilancio annuale per il 2007 prima che sia raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie. Si tratta di una possibilità concreta. Sin da adesso vi posso assicurare che il Parlamento adempierà al proprio dovere, come previsto dai Trattati, per garantire che, a prescindere dalle prospettive finanziare, l’Unione abbia un bilancio per il 2007.
Si potrebbe configurare una situazione nuova, ma se così fosse dovremo affrontarla in una maniera democratica appropriata. D’altro canto, si pone anche l’altra grande questione di fondo: il futuro dell’Unione e la sua relazione con il Trattato costituzionale.
Come sapete, il Consiglio ha indetto un periodo di riflessione fino alla prossima primavera; si tratta né più né meno di una riflessione. Non è una pausa, un termine che, come potete notare, non compare affatto nelle conclusioni del Consiglio. Se ne è parlato, ma non figura nelle conclusioni finali. In realtà, altri paesi hanno proceduto nel processo di ratifica da quel Consiglio, anche mediante consultazione referendaria, come in Lussemburgo.
E’ chiaro, però, che durante questo periodo di riflessione, dobbiamo continuare a lavorare con gli strumenti che abbiamo a disposizione: il Trattato di Nizza. Non sussiste infatti alcuna crisi nell’attività ordinaria. Non sussiste alcun vuoto giuridico. E’ banale da dire, ma nella politica talvolta è bene ricordare anche le ovvietà. Vi sono degli ottimi motivi per sottolinearlo, in quanto permangono i problemi sull’avvenire dell’Unione che il Trattato costituzionale si proponeva di risolvere. Tali problemi sono rimasti immutati.
Per superarli ci vuole ben più di un’operazione di facciata. Le Istituzioni devono dotarsi di un assetto appropriato per poter operare in maniera efficace.
Tutti ora possono constatare che non c’era e non c’è alcun piano B in alternativa al Trattato costituzionale. Non esiste alcun piano B, ma al nostro interno abbiamo coniato un piano D: “D” come democrazia e dibattito. Ed è proprio la democrazia e il dibattito che costituiscono l’essenza di un’assise parlamentare.
Il Parlamento, quindi, che ha ospitato l’ultimo grande dibattito sull’Unione con interventi del Primo Ministro Juncker e del Primo Ministro Blair, che ha assistito a quel grandioso momento di democrazia parlamentare, deve continuare nella stessa direzione e – perché non farlo? – sollecitare i capi di Stato e di governo dei paesi in cui si sono svolte consultazioni referendarie che hanno avuto esiti particolarmente significativi a continuare il dibattito che è stato così intelligentemente avviato.
Inoltre la commissione per gli affari costituzionali è in procinto di redigere una relazione su questo periodo di riflessione e in seguito ci presenterà le sue proposte.
Onorevoli colleghi, ricorderete che un anno fa credevo che il momento della ratifica sarebbe stato un momento decisivo per parlare dell’Europa agli europei. Una grande opportunità per parlare dell’Europa agli europei, dissi, ma la verità è che non avrei mai pensato che sarebbe stata un’opportunità così importante per farlo.
Dopo quanto è accaduto, dobbiamo promuovere un grande dibattito tra gli europei in tutta Europa, un dialogo decentrato naturalmente, di concerto con i parlamenti nazionali, ma coinvolgendo altresì tutte le voci dell’intera società civile. Abbiamo tempo a sufficienza. Reputo opportuno intervenire, forse in maniera meno passionale rispetto alle campagne referendarie, ma con più intensità e attraverso una migliore informazione.
Ho appena ricevuto una lettera del Presidente Barroso, in cui ci ha proposto di lavorare insieme in questo ambito, e ho avuto incontri operativi con la Vicepresidente, che è presente oggi. Ovviamente coopereremo sia con la Commissione che con il Consiglio, poiché siamo persuasi che l’Europa che costruiremo non sarà ne tecnocratica né burocratica e il Parlamento è quindi chiamato a dare piena dimostrazione della sua ragion d’essere.
Consentitemi ora di ritornare al lavoro legislativo. Credo che i risultati siano positivi. Dobbiamo però porre una maggiore enfasi sul valore aggiunto che l’Europa offre agli europei e avremo la possibilità di farlo quando discuteremo della direttiva REACH – il tipo di direttiva che la Commissione ha asserito di non voler mai più presentare – e delle direttive sui servizi, sul tempo di lavoro, sulla sicurezza aerea e sul trasporto ferroviario.
Poi vengono le questioni inerenti alla sicurezza e alla giustizia come pure la Turchia, perché un anno fa ci siamo proposti di dare il nostro parere in merito. Lo abbiamo fatto.
La nostra posizione ha avuto un preciso impatto politico. Mercoledì riesamineremo la situazione alla vigilia dell’avvio dei negoziati. Stiamo indubbiamente vivendo un momento di portata storica e il Parlamento dovrà rendere il proprio parere sul protocollo all’accordo di associazione UE-Turchia, che ha innescato i problemi che tutti ben conosciamo e che la Presidenza britannica si sta adoperando per risolvere.
Onorevoli colleghi, il Parlamento ha un ruolo essenziale da svolgere per identificare il punto di equilibrio tra libertà e sicurezza nella lotta contro il terrorismo. Se vogliamo che l’Europa disponga di una politica contro il terrorismo che ridefinisca la relazione tra libertà e sicurezza, il Parlamento deve essere pienamente coinvolto.
Questo compito è previsto dal Trattato costituzionale, che rappresenta un significativo avanzamento in relazione alla funzione del Parlamento in tale ambito. Anche senza un Trattato costituzionale, però, è stato positivo che nell’ultima riunione informale dei ministri degli Interni, il Consiglio e la Commissione abbiano convenuto che il Parlamento debba partecipare pienamente alla definizione di questo equilibrio. Se così sarà, e spero che lo sia, sarebbe un’eccellente dimostrazione di cooperazione tra le tre Istituzioni e il modo migliore per definire una politica contro il terrorismo pienamente condivisa dalla società europea.
Infine desidero affrontare il tema della qualità e della rilevanza della legislazione europea. Il tipo di normative che emaniamo, la qualità dei testi, le tematiche affrontate, la rilevanza che tale legislatura riveste, il grado di efficacia: in altri termini, una regolamentazione migliore. Non si tratta di una questione nuova: ogni Commissione dichiara di voler semplificare l’acquis comunitario. Mi sembra che sia perlomeno la terza volta che una Commissione si pone questo obiettivo.
Per quanto attiene alla situazione attuale, il Presidente della Commissione ultimamente ha dichiarato che intende ritirare diverse decine di proposte legislative. Da un punto di vista procedurale ho rammentato alla Commissione l’obbligo, sancito dall’accordo quadro, di informare il Parlamento prima di ritirare le proposte, senza cadere nella pura formalità nell’adempimento di questo compito. Non sappiamo ancora quali testi siano – sono certo che il Presidente Barroso ce li indicherà –, ma devo puntualizzare che, a seconda della fase in cui si trovano nella procedura tra Consiglio e Parlamento, il ritiro potrebbe innescare problemi giuridici, che il Parlamento vorrebbe risolvere in maniera positiva. Questa è la mia opinione in merito alla procedura.
In relazione ai contenuti, è vero che l’Unione europea talvolta tratta troppe tematiche in maniera eccessivamente minuziosa. Oltre a cercare di non legiferare troppo in dettaglio, però, sarebbe altresì opportuno esaminare l’opportunità di inserire qualche colonna portante nella costruzione europea per garantire solidità all’intera struttura. Senza dubbio occorre semplificare la legislazione, valutarne l’impatto e analizzare il recepimento dei testi. Ad esempio, mi è stato detto che vi sono 56 direttive sull’etichettatura dei prodotti. Se è vero che vi sono 56 direttive sull’etichettatura dei prodotti in Europa, allora questa mole di normative deve essere consolidata.
In proposito la Presidenza britannica ha convocato per la fine di ottobre un vertice straordinario, in cui avrò l’onore di rappresentare la nostra Istituzione; il coinvolgimento del Parlamento è stato rafforzato, e credo che dovremmo esserne lieti.
Non conosciamo ancora il programma del vertice, ma senz’altro la questione del famoso modello sociale europeo sarà uno dei temi di spicco. Il modello sociale, che per alcuni non esiste e per altri assume molteplici forme, è un tema prioritario del nostro dibattito, perché rappresenta la risposta della società europea alla globalizzazione economica. E’ assolutamente fondamentale per il futuro della nostra società.
Il lavoro delle commissioni assumerà una valenza essenziale al riguardo, come pure il dibattito che avremo in plenaria alla presenza del Primo Ministro britannico, che si presenterà dinanzi al Parlamento alla vigilia del Vertice.
Devo inoltre dirvi che in tutti i viaggi che ho fatto quest’anno ho notato che la politica estera dell’Unione non è più esclusivamente una competenza dei governi; nelle mie visite in paesi terzi ho avvertito che la diplomazia parlamentare acquisisce una maturità e una responsabilità crescenti, in particolare grazie all’eccellente cooperazione con il Consiglio e la Commissione. Devo rilevare che ovunque mi rechi mi viene ribadita la necessità dell’Europa e spesso raccolgo lamentele perché la sua presenza non è sufficiente. Forse fuori dall’Europa si avverte l’esigenza dell’Europa ancor più che al nostro interno.
Onorevoli colleghi, esaminando il modello democratico che stava emergendo negli Stati Uniti, una democrazia come quella che intendiamo creare, la democrazia sovranazionale, Alexis de Tocqueville affermò che le nazioni, come gli uomini, accedono a un destino più grande solo attraverso il dialogo e il dibattito politico. Vi invito caldamente a ravvivare questo spirito nel dibattito sul futuro dell’Europa nei nostri rispettivi Stati membri e presso le Istituzioni europee.
(Applausi)
Hans-Gert Poettering, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto, a nome del gruppo, desidero esprimere un caloroso benvenuto ai nostri amici di Bulgaria e Romania, assicurando loro che siamo ansiosi di cominciare un percorso di reciproca conoscenza. L’Assemblea potrà apprendere molto dalla Bulgaria e dalla Romania sull’evoluzione di questi due paesi, mentre i nuovi osservatori, dal canto loro, avranno molto da imparare dai nostri metodi di lavoro. Un atteggiamento comprensivo da entrambe le parti ci porterà a risultati positivi di cui beneficeremo tutti.
Lei, signor Presidente, ha fatto accenno alla crisi d’identità e, partendo dal suo discorso, desidero fare il punto sulla situazione. Lei ha parlato anche della Costituzione. Sono profondamente convinto che l’unica possibile reazione dinanzi alla crisi d’identità in cui versa l’Europa consiste nel riuscire a esprimere i valori che ci uniscono – ben al di là delle linee di demarcazione politiche e di partito – sotto forma di diritto costituzionale europeo. Per tale ragione la Costituzione – e penso in particolare alla seconda parte che racchiude questi valori – non deve essere messa da parte, ma deve rimanere tra le nostre priorità, poiché abbiamo incontestabilmente bisogno di questi valori da cui dipende il nostro stesso futuro comune. Per tale ragione la risposta negativa di Francia e Paesi Bassi non deve chiudere questo capitolo. Dobbiamo naturalmente fissare le tempistiche giuste e tracciare la direzione da seguire, quindi occorre compiere un’analisi di concerto con la Commissione. Nessuno di noi deve avallare l’impressione che la Costituzione in qualche modo non sia più tra le nostre priorità
Credo inoltre che sarebbe una buona idea – e mi pare che il Presidente sia dello stesso parere – se periodicamente, a prescindere dal paese che detiene la Presidenza di turno dell’Unione europea, invitassimo i capi di governo per dibattere insieme a loro il futuro dell’Europa.
Ci turba apprendere che buona parte dell’opinione pubblica consideri l’Europa come un’entità molto distante. Vicepresidente Wallström, per certi versi si tratta incontestabilmente di una questione di pubbliche relazioni che quindi rientra tra le sue competenze, ma nell’essenza riguarda il nostro lavoro legislativo, e quindi a nome del mio gruppo desidero affermare che l’approccio della Commissione – che comporta una produzione legislativa più limitata – in linea teorica è giusto. La nostra azione però deve essere positiva; deve esplicarsi in una produzione legislativa migliore. La Commissione sta affrontando la questione nella prospettiva giusta, ma vi esorto a non eludere le procedure definite nell’accordo interistituzionale, altrimenti ci troveremo in un vicolo cieco. Pur sottoscrivendo la sostanza di quanto ci chiede, raccomando vivamente all’Esecutivo di seguire fedelmente le procedure di consultazione con il Parlamento europeo prima di varare risoluzioni ufficiali. Se volete pervenire a una decisione già entro martedì, non è sufficiente che il Commissario Verheugen – e non capisco perché debba essere proprio lui – informi i gruppi oggi in maniera informale; occorre invece uno scambio istituzionale costruttivo tra la Commissione e il Parlamento europeo.
Uno degli argomenti più importanti da esaminare sarà senz’altro la competitività dell’Europa. Siamo d’accordo con il Presidente Barroso, in quanto il dibattito sulla Costituzione non deve distrarci da questo punto, che, insieme alle modalità tese a costruire l’Europa sociale, è al centro di tutto. Dobbiamo inoltre impegnarci in un dialogo più serrato con i parlamenti nazionali, poiché, se emergessero delle divisioni, sarebbe un dramma per l’Unione europea. Se vogliamo traghettare l’Unione europea verso un futuro positivo, dobbiamo individuare modalità per intervenire insieme.
Desidero inoltre menzionare – e con questo termino il mio intervento, tanto più che è arrivato il Vice Primo Ministro che è tra noi in veste di Presidente di turno del Consiglio – il tema dei dati e della lotta al terrorismo. Abbiamo sentito che alcuni governi vogliono affrontare il problema solo attraverso risoluzioni quadro, il che significa escludere il Parlamento europeo. Il ministro degli Interni britannico Clarke ha affermato che la Presidenza è disposta a coinvolgere il Parlamento, se riusciremo a presentare una proposta definitiva entro un lasso di tempo ragionevole. A nome del mio gruppo, posso rispondere che è esattamente quanto vogliamo fare, poiché il terrorismo deve assolutamente essere contrastato. Posso assicurarvelo. Voglio però che il Parlamento sia coinvolto anche per assicurare un quadro legislativo appropriato e affinché l’attuazione non sia affidata unicamente ai governi nazionali. Sulla base di tali presupposti spero che il Consiglio, la Commissione e noi in Parlamento lavoreremo insieme positivamente, altrimenti l’Unione europea si troverà in difficoltà ancora maggiori. Stiamo lavorando insieme per il futuro dell’Unione europea e lo facciamo in quanto è un dovere comune.
(Applausi)
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, la ringrazio vivamente per averci illustrato le direttrici su cui si articolerà il nostro lavoro nel prossimo anno. Desidero inoltre dare un caloroso benvenuto ai colleghi di Romania e di Bulgaria di tutte le affiliazioni politiche; rivolgo un augurio particolare ai colleghi che appartengono al mio gruppo, ma anche agli esponenti di schieramenti diversi, esprimendo altresì l’auspicio di un proficuo lavoro comune per il bene dell’Unione europea. Chiedo inoltre loro di lavorare serratamente e di discutere con fervore in quest’Aula, poiché l’Unione europea ha bisogno anche del loro contributo.
E’ in quest’arena che si concretizza la democrazia europea, quindi consentitemi di riprendere le parole del collega, onorevole Poettering. In effetti sono d’accordo con lui, non possiamo accettare il modo in cui la Commissione divulga le informazioni; ad esempio, il Commissario Verheugen ha indicato al Frankfurter Allgemeine Zeitung i testi che intende ritirare e il giorno seguente il Presidente Barroso ha reso dichiarazioni alla stampa internazionale sui testi che saranno ritirati; finora quindi il Parlamento non ha avuto alcuna comunicazione ufficiale, ancorché la Commissione sarebbe tenuta ad assolvere a questo obbligo ai sensi dell’accordo interistituzionale.
Il Parlamento ha pienamente diritto di sapere cosa accade nei corridoi segreti del potere di questo edificio. La Conferenza dei presidenti di giovedì scorso poteva rappresentare l’occasione giusta: il Presidente Barroso avrebbe potuto assolvere ai propri doveri. Ovviamente era stato invitato, ma aveva fatto sapere di non poter presenziare. Mi è stato riferito che non sarebbe intervenuto perché mancava l’onorevole Poettering. Bene, mi sono detto: “Se non c’è l’onorevole Poettering, non ha senso!”. Leggendo i giornali di oggi, ho capito dov’era il Presidente Barroso giovedì scorso, quando non poteva proprio essere presente. D’altro canto, il presidente del gruppo PPE-DE teoricamente si sarebbe anche potuto irritare per una simile mancanza nel dovere di informazione, ma non lo scorso giovedì, in quanto l’onorevole Poettering si trovava con il Presidente Barroso a un evento organizzato dall’apparato organizzativo del PPE-DE a Lisbona. Non dovrebbe quindi lamentarsi con la Commissione, se poi è proprio lui la causa per cui saltano gli incontri volti ad informare l’Assemblea.
Non voglio attaccare l’onorevole Poettering, non ne è responsabile. Lo capisco, ma non capisco affatto il Presidente della Commissione. Signora Commissario Wallström, può riferire al Presidente Barroso da parte mia che non ritengo ammissibile una situazione in cui il Presidente della Commissione comunica il suo programma alla stampa internazionale ma non si premura affatto di informare il Parlamento europeo. E’ inammissibile!
Reputo altresì inammissibile che il Presidente della Commissione in occasione di una conferenza stampa al rientro delle vacanze – che devono essere state veramente lunghe, visto che da lungo tempo non avevamo sue notizie – affermi che è inutile concentrarsi sulla Costituzione, la quale avrebbe comunque richiesto molto tempo, ma che ora è il momento di dedicarci ad altro: sono dichiarazioni rese dal custode della Costituzione stessa!
Mi chiedo quindi come si comporterà il Presidente della Commissione dinanzi agli Stati che hanno ratificato il testo, o verso i paesi che sono in procinto di farlo. Cosa dovrebbero pensare dinanzi a un simile Presidente della Commissione?
Non ho nulla da eccepire sulla sostanza della proposta; è veramente opportuno legiferare in maniera migliore, ritirando i testi superflui. Ne convengo con tutto il cuore, ma voglio altresì che sia molto chiaro, signor Presidente, che il programma di lavoro che lei ha annunciato per l’anno a venire non può essere attuato come i precedenti. Verte completamente sulla cooperazione tra le Istituzioni europee, soprattutto tra la Commissione e il Parlamento, mi aspetto quindi che la Commissione dimostri una certa apertura verso il Parlamento ed elegga l’Assemblea – e non una sala stampa o gli incontri informativi della Commissione a Bruxelles – a luogo deputato a discutere del futuro dell’Europa.
E’ l’unico modo per raggiungere un qualsiasi tipo di accordo, tanto più sulle prospettive finanziarie. Vi rammento che tra i numeri del Parlamento – ossia tra le proposte da noi avanzate – e quelle che il Vertice non è riuscito a varare, che si giocavano su un compromesso dell’1,07 per cento, c’era un divario di diversi miliardi, ma è una vera e propria voragine quella che separa le richieste della Commissione sulle prospettive finanziarie e la posizione del Consiglio, oltre il doppio di quella cifra. Dopo il nulla di fatto sulle prospettive finanziarie qualsiasi Presidente della Commissione, se veramente intenzionato ad attuare il proprio ambizioso programma, avrebbe reagito clamorosamente, denunciando che l’Unione stava imboccando la strada verso la rovina più completa!
Signor Presidente, critico in particolare l’assenza eccessivamente prolungata della Commissione dal dibattito sulle prospettive finanziarie e sulla Costituzione. Pur sostenendo con tutto il cuore le sue proposte, speriamo altresì che la Commissione, in particolare il suo Presidente, rientri al più presto in campo.
(Applausi)
Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, a nome del mio gruppo desidero dare il benvenuto al Presidente di turno John Prescott, che alla festa di gala del suo partito a Brighton ha preferito di gran lunga la compagnia degli ex colleghi.
Mi unisco inoltre alle espressioni di benvenuto rivolte ai colleghi di Romania e Bulgaria. Mi dispiace che arrivino in un momento non proprio felice. L’Europa è in preda alla depressione: la Costituzione ha subito un arresto, il bilancio è allo stallo e l’economia è stagnante. Il continente sta attendendo vento favorevole per issare le vele.
In passato nelle varie legislature che si sono succedute il Parlamento guardava al ruolo guida della Commissione, in quanto custode dei Trattati, motore dell’integrazione e promotrice di idee. Quest’Assemblea invece si è trovata a dover pungolare gli Stati membri. La Germania è pronta a varare le riforme? L’Italia affronterà il problema del disavanzo pubblico? Tony Blair darà seguito alle sue belle parole, assicurando la piena partecipazione del Regno Unito ai progetti europei? Parigi e l’Aia manterranno fede alla volontà sovrana dei loro popoli? Ora più che mai il Parlamento e la Commissione devono lavorare di concerto per salvare il progetto europeo, per unificare l’Unione.
Cinque anni fa a Lisbona gli Stati membri definirono un programma. Cinque mesi fa a Bruxelles la Commissione ha presentato una nuova strategia per l’occupazione e la crescita. Quanto ancora dobbiamo attendere affinché il Consiglio addivenga a un accordo? E quando si arriverà al consenso, quanto ci vorrà per trovare il coraggio di agire?
Abbiamo lavorato su una quantità sterminata di normative, senza dubbio da tempo attese. Ma consentitemi di esprimere un’osservazione in materia di procedura. Alla Commissione e alla Corte di giustizia toccherebbe assicurare che le normative siano applicate in maniera migliore. Sempre alla Commissione spetterebbe ridurre e razionalizzare le nuove normative. Ma le decisioni di abrogare le norme e di emendare i testi inadeguati implicano anche l’intervento del Parlamento e noi ci attendiamo infatti di essere coinvolti se le normative vengono ritirate o riscritte.
(Applausi)
Commissario Wallström, il nostro coinvolgimento è sotto la sua responsabilità, e dalla nostra approvazione dipende la sua legittimità.
Temo che il bilancio non sarà approvato durante la Presidenza britannica. Signora Commissario, la esorto però ad effettuare una tornata di visite in Europa insieme al Presidente Barroso per creare consenso nelle capitali europee sul finanziamento delle esigenze comunitarie. Abbiamo bisogno di altri esempi positivi come Airbus. Non sarà possibile con l’1 per cento. Dobbiamo investire per incrementare le competenze, assicurare l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, stimolare la ricerca e lo sviluppo, il che è assolutamente impossibile con un limite dell’1 per cento. Signora Wallström, la esorto a effettuare ora la tornata di visite che avrebbe dovuto fare a giugno. Fissi un programma, altrimenti lo faranno gli Stati membri al suo posto.
La Costituzione europea reca le firme di Presidenti e Primi Ministri. Eppure parte della cittadinanza ha negato il proprio avallo. Probabilmente la soluzione non è proprio ideale. Forse la gente sospetta che sia stata sottoscritta in malafede. Di certo i firmatari hanno mostrato ben poco del prezioso rispetto che dovrebbero avere per le Istituzioni che essi stessi hanno fondato. Al momento è tutto fermo. Esorto quindi il Presidente Barroso a ridefinire le priorità politiche, il che presupporrebbe riorientarle verso un centro.
Per quanto concerne la Costituzione, non credo proprio ci si debba precipitare a celebrarne le esequie. Parafrasando Mark Twain, l’annuncio della sua morte potrebbe essere un’esagerazione. Utilizziamo invece questo periodo di riflessione per convocare in Aula il Presidente Chirac e il Primo Ministro Balkenende affinché possano spiegarci come intendono procedere; propongo di indire audizioni con i paesi che non hanno ancora ratificato la Costituzione e di metterli dinanzi alle loro responsabilità. Vi invito a dimostrare insieme che l’Unione è in grado di soddisfare le esigenze del suo popolo, rafforzando la sicurezza senza compromettere la libertà, creando i presupposti per stimolare l’occupazione senza mettere a repentaglio la solidarietà, acquisendo valore aggiunto a livello comunitario senza ledere l’identità. Se questo sarà il nostro programma, tra qualche tempo le Istituzioni e i nostri piani istituzionali riguadagneranno il sostegno e la dedizione dei cittadini.
(Applausi)
Daniel Marc Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi di Romania e di Bulgaria, tutti vi accolgono a braccia aperte, il nostro gruppo vi dà un caloroso benvenuto e, come potere constatare, siete giunti proprio al momento giusto. In realtà, la situazione in cui vi trovate è anomala. Il Parlamento è visibilmente furioso, stando alle dichiarazioni dei presidenti di gruppo che hanno lanciato strali all’impazzata contro la Commissione e contro questo o quell’esponente.
Presidente Borrell, lei ha detto che il discorso del Primo Ministro Blair ha segnato un grandioso momento di democrazia. Ma in fondo cosa è successo? Il Primo Ministro ha pronunciato il suo discorso, se n’è andato e da allora la Presidenza si è ammutolita. E’ svanita nel nulla, non si sa cosa faccia: non è un grande momento di democrazia.
(Rivolgendosi all’onorevole Watson che gli chiede: “E la Presidenza francese?”)
La Presidenza francese al momento non c’entra, ora è in carica la Presidenza britannica. La Presidenza britannica si è insediata, dovrebbe quindi presiedere, ma non adempie ai propri doveri. In veste di Parlamento, abbiamo quindi il diritto di rimarcare che la Presidenza non fa nulla. Per un Parlamento mi sembra il minimo. Non c’è altro da aggiungere.
Ora mi preme esprimere un concetto semplicissimo. Se il Presidente Barroso ha una sua opinione sulla Costituzione, che venga a esporla al Parlamento. Ne discuteremo insieme e gli daremo una bella strigliata. Lo invitiamo caldamente a parlarci della Costituzione qui in Aula. Se il Presidente Barroso ritiene che alcune normative debbano essere ritirate, che ce lo venga a dire! A proposito, onorevole Poettering, lei non può dire di concordare con il Presidente Barroso sui contenuti, perché non li conosciamo. Lei può convenire sulla forma, ma nel merito non sappiamo quali siano le intenzioni della Commissione.
Per quanto attiene al cosiddetto miglioramento della regolamentazione, o “better regulation”, per usare la dicitura inglese, prendiamo ad esempio la proposta del Commissario Reding, che vuole istituire una rete televisiva europea, una televisione alla Berlusconi con pubblicità dappertutto. E’ forse questo il miglioramento della “legislazione”? No, questa è cattiva regolamentazione e non la vogliamo. Ne conosciamo le implicazioni. Quando la signora Reding verrà a presentare la sua nuova direttiva sulla televisione e si vedrà cosa vuole la Commissione, l’Assemblea non darà mai il suo consenso.
Le cose sono pertanto molto semplici. La Commissione propone, avanza delle idee. Si ritira, riflette seriamente e quando ritorna presenta delle idee. Che venga in Parlamento a proporle. Quando si ha una direttiva, bisogna metterla ai voti: o viene approvata o viene respinta. Quando si vuole ritirare una direttiva, si vota la proposta: o viene approvata o viene respinta.
Si procede con una cosa per volta, sia che si tratti di migliore regolamentazione, di regolamentazione neoliberista, di regolamentazione socialista o di regolamentazione zero, ciò che conta sono i contenuti.
Ne ho abbastanza di gente che continua ad avanzare proposte nello spazio europeo senza sapere a chi rivolgersi. Noi vogliamo una Commissione che sia una Commissione che proponga leggi europee. Vogliamo un Parlamento. Vogliamo un Consiglio che adempia al proprio compito: la Presidenza deve solamente presiedere senza lasciarsi distrarre da altro. Se al Primo Ministro Blair piace giocare a cricket o bere tè, che lo faccia pure, ma in veste di Presidente avrebbe anche qualcos’altro da fare. E’ tenuto ad avanzare proposte affinché l’Europa possa progredire, e per il momento l’Europa non sta affatto progredendo proprio a causa di questa Presidenza.
(Applausi)
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, Presidente Prescott, Commissario Wallström, insieme al mio gruppo mi associo agli auguri di benvenuto rivolti agli osservatori di Romania e di Bulgaria. Però, se non vogliamo che tutti questi bei discorsi rimangano solo buone intenzioni, dobbiamo avere il coraggio di assumerci tutte le responsabilità derivanti dalla scelta che abbiamo compiuto. La prospettiva incipiente – che peraltro il mio gruppo ha pienamente sostenuto – dell’adesione di questi due paesi all’Unione europea rende ancora più urgente e decisivo un vero e proprio cambiamento di rotta nella politica europea in materia economica, monetaria, di bilancio, fiscale e commerciale. A 15 era necessario, a 25 e a 27 diventa imprescindibile.
Signor Presidente, lei ha parlato di crisi di identità. Credo abbia ragione. Per uscirne, le scelte politiche devono anteporsi alle esigenze del mercato; altrimenti, se in nome della concorrenza mondiale ci accontenteremo di adattarci alla globalizzazione nella sua forma attuale, non rimarrà alcuno spazio per il sociale né per la solidarietà. Dinanzi alla disoccupazione di massa, alla precarietà galoppante, all’entità della povertà, alle disuguaglianze stridenti che ben conosciamo, sarebbe politicamente irresponsabile e socialmente pericoloso rimanere radicati alle idee fisse sulla libera concorrenza, sulla restrizione della spesa pubblica, sul dumping sociale e – ciliegina sulla torta – sulla tirchieria di bilancio. Noi siamo i rappresentanti eletti dei cittadini, abbiamo il dovere di testimoniare il profondo malessere che, in una forma o in un’altra, serpeggia in tutta Europa. Che cosa può fare il Parlamento nei prossimi mesi per inviare i segnali positivi che gli europei si attendono? Al proposito desidero avanzare tre proposte.
In primo luogo, saremo giudicati per come voteremo su una serie di proposte di direttiva. A partire da questa settimana saremo chiamati a votare su testi che mirano a liberalizzare completamente il settore dei trasporti ferroviari. Nelle settimane a venire dovremo affrontare l’emblematica direttiva Bolkestein, che il Presidente Barroso si è ben guardato dal gettare nel calderone con tutte le altre. Poi verranno i testi sui trasporti regionali, sui servizi portuali e sull’orario di lavoro, senza dimenticare il parere che saremo chiamati a dare in merito ai negoziati dell’OMC, in particolare sull’accordo generale sul commercio dei servizi. Dovremo assumere in ciascun caso un chiaro atteggiamento antiliberista e dobbiamo essere molto esigenti in relazione ai servizi pubblici, se vogliamo essere all’altezza delle aspettative.
In secondo luogo, dobbiamo avviare alcune iniziative politiche di ampio respiro sui grandi temi civili. Si prenda ad esempio il tema della guerra e della pace. Per esprimere il nostro rifiuto alla guerra e ancor più contro un coinvolgimento maggiore dei paesi europei in una simile avventura, dobbiamo invitare in Parlamento la signora Cindy Sheehan, madre di un soldato americano morto in Iraq, il cui grido di dolore, di verità, di umanità ha commosso l’opinione pubblica americana e quella europea.
In terzo luogo, infine, come gesto indissociabile dalle prime due proposte, dobbiamo dar voce ai cittadini. E’ vero che organizziamo dei dibattiti, ma devono essere dibattiti autentici, privi di tabù, nei 27 Stati membri dell’Unione allargata, su tutto quanto deve cambiare nell’Unione per ridare vita al sogno europeo.
Nigel Farage, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, desidero dare il benvenuto ai colleghi di Bulgaria e Romania, che saranno accolti a braccia aperte in seno a questo impero europeo in costante espansione.
Mi rivolgo direttamente a loro: benché non siate stati eletti, sarete trattati come membri a pieno titolo dell’élite politica europea. Vi sarà corrisposta un’indennità giornaliera molto generosa. Avrete un servizio di autisti a vostra disposizione. Sarete introdotti in un circolo infinito di colazioni, pranzi, cene e cocktail. Dopodiché, metterete su pancia, poi in teoria dovreste ritornare nei vostri rispettivi paesi e dire alla gente che al club cui avete acconsentito di aderire va tutto molto bene.
Come però disse Marx – non Carlo, ma Groucho Marx –, “Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me”. Per quanto attiene all’Unione europea, è innegabile che sia un circolo, un club che da dieci anni non fa i conti con se stesso. E’ un club, come avete avuto modo di sentire poc’anzi dai presidenti di gruppo, che tratta con estremo sprezzo gli elettori francesi e olandesi e che cerca di imporre i disposti di una Costituzione che dovrebbe già essere morta e sepolta. E’ un club che vi toglierà ogni diritto all’autodeterminazione e che tristemente assomiglia sempre più allo stesso ordinamento politico a cui siete da poco sfuggiti. In quest’Aula sentirete riecheggiare i fischi e le urla di gente che vive alle spalle dell’Unione europea e che qui guadagna molto più di quanto meriterebbe mai in un contesto di mercato.
Voi siete qui in veste di osservatori, quindi vi invito a guardarvi intorno. Cosa stiamo facendo qui oggi? E’ assurdo spendere 200 milioni di euro all’anno del denaro dei contribuenti per la gita mensile a Strasburgo. Date un’occhiata domani, mercoledì e giovedì al sistema di votazione totalmente ridicolo e traete le vostre conclusioni: a dispetto di quanto dichiarato la settimana scorsa dal Presidente Barroso a proposito della deregolamentazione, della necessità di diminuire la produzione legislativa e dei 60 atti che dovrebbero essere ritirati, in un arco di tempo brevissimo, dal 1° luglio, ossia dall’inizio della Presidenza britannica, sono stati approvati 2 000 provvedimenti legislativi.
Vi prego di osservare e di dire la verità ai vostri popoli. I dieci Stati membri che hanno aderito l’anno scorso hanno tenuto consultazioni referendarie a livello nazionale. Mi sembra di capire, però, che non ci sia l’intenzione di indire un referendum in Romania e in Bulgaria. Questi popoli non meritano forse perlomeno la possibilità di votare in un referendum e quindi di prendere parte al dibattito? Non sarebbe forse un errore storico di proporzioni epiche incanalare questi popoli nella fallimentare Unione europea senza prima raccontare loro la verità? Sono trent’anni che il popolo britannico viene preso in giro in merito al club europeo. I vostri popoli meritano un trattamento migliore.
(Applausi dai banchi del gruppo IND/DEM)
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il Vicepresidente Prescott e il Commissario Wallström che oggi hanno voluto essere tra di noi. Ringrazio altresì l’onorevole Cohn-Bendit che, come al solito, è sempre così prodigo di attenzioni per me.
Oggi abbiamo avuto modo di constatare la capacità di un’Istituzione come la nostra di dar voce a gravi preoccupazioni senza però arrivare ad alcuna soluzione. In definitiva, se vogliamo veramente reagire dinanzi a quanto sta accadendo oggi nell’Unione europea, dobbiamo prima riconoscere che, a prescindere dalla crisi che possiamo percepire, l’opinione pubblica la vede in modo assai diverso. Per il 90 per cento della popolazione l’Unione europea non rappresenta un’immagine positiva a cui attribuire importanza. E’ vista invece come un’interferenza, un peso eccessivo, come un contenitore generico, in realtà indifferente ai problemi della gente comune.
E’ importante essere realistici in relazione alla quantità di temi di cui l’Unione si può occupare ai sensi delle norme che la disciplinano. Oggi è stato detto che il Presidente Barroso ha commesso un errore madornale, annunciando il ritiro di una serie di direttive, o la riduzione delle normative vigenti. Il Presidente del Parlamento oggi ha dichiarato che sono 56 le direttive sulla vendita e la produzione di merci in relazione a forniture o a servizi. Sono 16 le direttive sulla compravendita, la commercializzazione e l’etichettatura dei fertilizzanti destinati al mercato. Potrebbero sicuramente essere riunite in un’unica normativa. Forse c’è stato un problema linguistico o di interpretazione, e in realtà il Presidente della Commissione si riferiva al consolidamento, o alla codificazione, procedure abituali in ogni governo.
Non sussiste alcun motivo per cui le Istituzioni singolarmente non debbano fare una seria autocritica per individuare le questioni più importanti da affrontare e per migliorare la legislazione, mettendola più in sintonia con le esigenze della gente.
Le sfide che oggi siamo chiamati ad affrontare non riguardano un futuro lontano né le ideologie fallaci del passato. Oggi siamo chiamati a creare una struttura adeguata per l’Europa nel XXI secolo. Il finanziamento è una delle questioni di spicco e deve essere raggiunto un accordo sulle prospettive finanziarie. Gli Stati membri devono effettuare trasferimenti nel bilancio comunitario per assicurare sostegno ai paesi che più ne necessitano e per continuare a portare avanti l’Europa come centro dinamico, innovativo e creativo.
Non dobbiamo però buttar via il bambino con l’acqua sporca. Ultimamente sono stati perpetrati tentativi per collegare la politica agricola comune alle prospettive finanziarie. E’ stato un errore e spero che sarà fatto un passo indietro al riguardo. Allo stesso modo, è importante che il Parlamento svolga responsabilmente il proprio ruolo e che, quando riteniamo che una normativa non è opportuna o non troviamo un consenso, non ci precipitiamo a bocciare le decisioni – come abbiamo fatto con al direttiva sulla brevettabilità del software, come stiamo cercando di fare con la direttiva sui servizi e come abbiamo fatto con molte altre proposte di direttiva in passato. Il nostro compito di legislatori è appunto quello di legiferare, il che implica assumere decisioni difficili che inevitabilmente sono destinate a dividere l’Assemblea. Non si tratta certo di differenze personali, bensì di vedute diverse sul futuro.
Infine, quando parliamo dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, è proprio la giustizia che deve figurare in primo piano tra questi obiettivi e ideali, poiché, se non riusciremo a garantire la tutela dei diritti individuali della persona, falliremo nel nostro primo dovere come legislatori, che consiste nell’assicurare che le leggi che emaniamo non solo siano destinate a proteggere il bene comune, ma che parallelamente non si ripercuotano negativamente sulle minoranze.
Jean-Marie Le Pen (NI). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, dulcis in fundo anch’io desidero dare il benvenuto ai nuovi colleghi rumeni e bulgari. Spero che restituiranno alla lingua e alla cultura francese un po’ del lustro che era andato perso dopo gli altri allargamenti, soprattutto con l’adesione dei paesi dell’Europa settentrionale e centrorientale. Non dimentico però le eccezioni di tutto rispetto, come il compianto collega polacco, l’onorevole Filip Adwent.
In particolare, desidero dare il benvenuto a cinque colleghi e amici del partito della grande Romania, România Mare, e al collega bulgaro del movimento Attaka. Essi giungono in veste di osservatori al Parlamento europeo proprio quando, il prossimo 3 ottobre, si apriranno i negoziati di adesione della Turchia, benché la questione fosse tra le cause che hanno portato alla bocciatura della Costituzione e benché il paese non abbia riconosciuto la Repubblica di Cipro e non sia affatto intenzionata a farlo. Visto che il 10 per cento della popolazione è di origine turca, credo che la Bulgaria sia particolarmente sensibile a questo avvenimento che riveste un’importanza capitale.
Voglio che i colleghi sappiano che possono contare sul nostro sostegno in seno al Parlamento europeo per difendere l’Europa delle patrie dinanzi alla globalizzazione distruttrice e alle ondate migratorie dilaganti. Rilevo con interesse il colpo di grazia che il Presidente Barroso ha recentemente inferto alla ormai defunta Costituzione europea. Essendo un fautore razionale della democrazia, egli ha tratto le conclusioni delle consultazioni referendarie tenutesi in Francia e nei Paesi Bassi e ha quindi definitivamente affossato questo testo liberticida. Una volta tanto il diritto collima con la morale. L’opinione dei popoli è superiore a quella dei tecnocrati nonostante le pressioni di ogni sorta esercitate dalle grandi coscienze professionali.
Per quanto concerne le prospettive finanziarie 2007-2013, la battaglia franco-britannica sullo storno e sul bilancio della PAC potrebbe protrarsi, salvo il caso in cui il bilancio comunitario sia aumentato di oltre l’1 per cento del PIL per soddisfare le esigenze dei paesi dell’Europa centrorientale. In questa vicenda denunceremo ogni ripiegamento o ritirata del Presidente Chirac e del governo francese in relazione alla PAC. I britannici, fedeli alleati degli americani, puntano solo a due obiettivi quando assumono la Presidenza di turno: ravvivare la prospettiva di adesione della Turchia e far approvare la famigerata direttiva sui servizi, la cosiddetta direttiva Bolkestein. Dal canto nostro ci opporremo ad entrambe le mosse.
Senza alcuna vergogna il Presidente Chirac si è rivolto alla Commissione europea, chiedendone l’intervento nella vicenda Hewlett Packard, riguardante 1 240 licenziamenti. Si è fatto umiliare pubblicamente, trascinando nell’ignominia l’intera Francia. La Commissione in effetti non può intervenire nella gestione interna delle imprese. E’ del tutto naturale che si decida a Parigi e non a Bruxelles o a Ginevra su come tutelare gli interessi economici e sociali francesi.
Solo le elezioni presidenziali francesi del 2007, dopo il fulmine a ciel sereno del 29 maggio 2005, segneranno la vera rottura con l’eurointernazionalismo e con lo spirito di rinuncia. E’ una rottura attesa da tutti gli europei convinti. Si avrà quindi il ritorno delle idee nazionali e del patriottismo economico al servizio del popolo. Avendo il grande pregio dell’anzianità, mi pongo come il portavoce più autorevole in materia in Francia e in Europa.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Signor Presidente, per cominciare desidero unirmi al Presidente Borrell e a tutti coloro che hanno dato il benvenuto agli osservatori di Bulgaria e Romania. E’ un passo importantissimo in vista dei preparativi finanziari all’adesione. La Commissione continuerà ad assistere attivamente il vostro operato, siamo ansiosi di cominciare a lavorare con voi. Desidero inoltre aggiungere che nel corso dell’estate ho seguito con vivo interesse l’evolversi delle inondazioni e i danni inferti ai vostri paesi. Spero abbiate avvertito la nostra solidarietà e spero sappiate che risponderemo a qualsiasi richiesta di assistenza che vorrete avanzare.
Vorrei fare due osservazioni, anzitutto in merito alla Costituzione, poiché è importante illustrare quanto più possibile il ruolo della Commissione in questo ambito. Sin dall’inizio l’Esecutivo, oltre ad apportare il proprio sostegno, si è impegnato attivamente nei lavori della Convenzione. Se ne è discusso a scadenza settimanale in seno alla Commissione. Continuiamo a sostenere la Costituzione. Conveniamo tutti che non è un documento perfetto, ma lo appoggiamo e vi abbiamo attivamente lavorato.
Dopo l’esito negativo delle consultazioni referendarie in Francia e nei Paesi Bassi sappiamo tutti che probabilmente la Costituzione non sarà ratificata da tutti gli Stati membri nell’immediato futuro, il che però non significa che non continueremo ad adoperarci attivamente sul versante del programma politico al fine di realizzare risultati concreti a beneficio dei cittadini europei. La Commissione continuerà a lavorare sulle priorità politiche e ad attuarle. Dobbiamo poi utilizzare questo periodo di riflessione per dialogare con i cittadini. E’ l’unico modo per ottenere un sostegno pieno a una nuova Costituzione. Vogliamo trovare un terreno comune con gli Stati membri per poter procedere, sempre con l’aiuto del Parlamento europeo. Per tale motivo, ben prima dell’estate, abbiamo approntato il cosiddetto “piano D” per il dibattito, il dialogo e la democrazia. Nel seminario della scorsa settimana abbiamo discusso una serie di idee concrete per avviare il dialogo con gli Stati membri. Deve essere un programma molto ampio, teso a proseguire il dialogo ben oltre il presente mandato della Commissione e del Parlamento. Non si tratta solo di un’operazione di salvataggio della Costituzione, deve essere anche un modo nuovo di impegnarsi verso i cittadini. Il Presidente Barroso ed io presenteremo le idee preliminari su questo piano D in occasione della Conferenza dei presidenti di mercoledì. E’ in via di preparazione anche una comunicazione del Consiglio e del Parlamento e spero che una versione ufficiale sarà disponibile già entro questa settimana in modo che il Parlamento possa esprimersi in merito.
La scorsa settimana il Presidente Barroso ha inviato una lettera al Presidente Borrell, invitando l’Assemblea a indicare iniziative su cui la Commissione e il Parlamento possano cooperare e su cui i rispettivi servizi possano incontrarsi quanto prima per discutere.
Il modo migliore per superare la crisi è convincere gli europei dell’importanza dell’Europa. Pertanto puntiamo soprattutto a realizzare le nostre priorità politiche. Gli obiettivi di prosperità, di solidarietà e di sicurezza sono ancora validi, anzi ora sono più importanti che mai. Come evidenziato dai sondaggi dell’Eurobarometro, i nostri obiettivi sono in linea con quanto vogliono i popoli in Europa: un aumento dell’occupazione, posti di lavoro qualitativamente migliori, la tutela della coesione sociale e territoriale, la gestione sostenibile delle risorse del pianeta, il consolidamento della sicurezza in Europa e nel mondo intero.
In secondo luogo, in merito al miglioramento della regolamentazione, desidero prima di tutto ringraziare il Parlamento per la cooperazione sulla firma del nuovo accordo quadro. Poiché rientra tra le mie competenze, mi premurerò che sia ottemperato appieno. Per tale ragione ho studiato le vicissitudini che hanno scatenato le critiche e causato disagio ai deputati sulla questione del miglioramento della regolamentazione.
Da tempo ormai le Istituzioni puntano a migliorare la regolamentazione. E’ dal 2003 che collaboriamo per razionalizzare il processo legislativo. Quell’anno infatti fu sottoscritto un accordo interistituzionale teso a semplificare e a razionalizzare le normative comunitarie.
La Commissione in carica ha rinnovato il forte impegno verso questo obiettivo all’inizio del suo mandato, che è altresì divenuto una delle componenti centrali della strategia di Lisbona riveduta. Il collega, il Commissario Verheugen, ha tenuto costantemente informato il Parlamento in merito all’approccio della Commissione e, dando uno sguardo al calendario, ho notato che vi sono state perlomeno dieci occasioni, ad esempio le audizioni preliminari, in cui l’Assemblea è stata informata in merito al miglioramento legislativo, mentre altre informazioni di natura più generica sono state divulgate tramite interviste o in occasioni di altro tipo.
Si tratta di una triplice filosofia che si articola come segue: analisi delle normative non ancora approvate affinché possano essere ritirate le proposte che non soddisfano i criteri, esercizio di semplificazione, aggiornamento dei metodi atti a predisporre nuove proposte legislative nonché valutazione dell’impatto.
Domani la Commissione discuterà e approverà i risultati dell’esercizio di analisi, dopodiché presenterà l’elenco delle proposte legislative che a suo parere dovrebbero essere ritirate. E’ la prima volta che la Commissione nella sua collegialità ha la possibilità di deliberare su questa materia. Dopo un esercizio meticoloso e ampio riteniamo che le 183 proposte non ancora approvate debbano essere ridotte di circa un terzo. L’operazione verrà attuata nel pieno rispetto delle disposizioni del nuovo accordo quadro. Ai sensi dell’articolo 12 dell’accordo, il Commissario Verheugen presenterà la nostra proposta in Parlamento prima di renderla pubblica; la presentazione avverrà domani subito dopo il dibattito in seno alla Commissione.
Ai sensi dell’articolo 32 dell’accordo, la proposta, che al momento costituisce una decisione politica, ha valore di comunicazione preventiva alle altre Istituzioni e, in linea con la prassi riconosciuta, l’atto ufficiale del ritiro dei testi avverrà tra tre mesi. Questo esercizio è stato annunciato da tempo e la Commissione si è dimostrata aperta sia sui metodi che sugli obiettivi. Non crediamo che le dichiarazioni rilasciate alla stampa dai singoli Commissari o dal Presidente possano essere ritenute lesive della prerogativa della Commissione di agire collegialmente o degli impegni presi verso altre Istituzioni. Se lo reputate opportuno, posso fornirvi un elenco completo delle singole occasioni in cui tali proposte sono state presentate all’Assemblea nei diversi ambiti sia nelle commissioni che sotto forma di decisioni.
Ammetto che c’è sempre un margine per migliorare la comunicazione e la fiducia tra le nostre due Istituzioni. Desidero riaffermare il mio impegno personale affinché questo obiettivo rimanga tra le priorità nel programma della Commissione. Coglierò ogni opportunità per ricordare ai colleghi che le proposte devono sempre essere presentate prima all’Assemblea.
(Applausi)
Presidente. – La ringrazio molto, Commissario Wallström.
L’onorevole Berès ha chiesto la parola. La prego di indicarmi l’articolo a cui si appella.
Pervenche Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, desidero intervenire in merito all’organizzazione dell’ordine del giorno solamente per richiamare l’attenzione sul metodo di lavoro. Mi duole che un testo legislativo di capitale importanza per il finanziamento dell’economia – e ribadisco che si tratta di un testo legislativo – sia stato inserito all’ordine del giorno oggi dopo le 19.30. Sarebbe stato più opportuno collocarlo in un’altra giornata e a un’ora diversa. Capisco l’importanza dei momenti di respiro e di dibattito politico, ma credo che il Parlamento debba altresì affrontare il lavoro legislativo in maniera razionale.
Presidente. – La ringrazio per i commenti sui metodi di lavoro, ma non possiamo fare altro che seguire l’ordine del giorno che abbiamo approvato.
La discussione è chiusa.
PRESIDENZA DELL’ON. MAURO Vicepresidente
12. Interventi di un minuto su questioni politiche importanti
Presidente. L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Marianne Thyssen (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, oggi è la Giornata europea delle lingue. Celebriamo la diversità linguistica che è parte del patrimonio culturale ed elemento di arricchimento della società. Fin da piccola conoscevo il vecchio detto olandese: “Quante più lingue si conoscono tanto più si è umani”. E’ un proverbio che è stato ripreso anche sul sito della Commissione in una dichiarazione del Commissario Figel’. L’Assemblea infatti dovrebbe sentirsi spronata ad accordare il massimo sostegno a validi programmi tesi a promuovere la diffusione delle lingue.
Il Parlamento tuttavia deve altresì comprendere che l’ottemperanza delle norme interne in merito alla diversità linguistica è espressione di rispetto per l’essere umano e favorisce il funzionamento democratico della nostra Istituzione. Pur non avendo molto tempo a disposizione, reputo importante richiamare in particolar modo la vostra attenzione su due temi.
Prima di tutto, dobbiamo continuare a batterci affinché tutti coloro che lavorano in quest’Assemblea, deputati e funzionari, abbiano la possibilità di frequentare corsi di lingue e, in secondo luogo, dobbiamo incoraggiare i funzionari a continuare a rispettare la lettera e lo spirito delle norme interne in materia di lingue. A prescindere da ciò che facciamo, non dobbiamo scivolare nella prassi che ha adottato il Consiglio, alla luce del…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Catherine Stihler (PSE). – (EN) Signor Presidente, il trasporto pubblico riveste grande importanza per tutte le comunità locali. In Scozia i traghetti forniscono un servizio essenziale alle comunità più periferiche e più vulnerabili dell’Unione europea. Questa settimana infatti riceverò una delegazione del sindacato CalMac in visita presso il Parlamento europeo, che poi mercoledì incontrerà il Commissario per i trasporti.
Al momento il servizio viene assegnato mediante appalto e rappresenta l’unico mezzo di trasporto che collega le comunità insulari alla terraferma. Ai sensi delle ultime proposte della Commissione in materia di obblighi di servizio pubblico per il trasporto terrestre, le amministrazioni pubbliche acquisiranno una maggiore autonomia in merito alle gare d’appalto e potranno quindi assegnare alcuni servizi direttamente a operatori interni. Perché allora ai servizi essenziali di traghetto viene riservato un trattamento diverso rispetto ai treni, ai tram e alla metropolitana? Non esistono proprio treni, tram e metropolitana nelle isole periferiche scozzesi. La posizione della Commissione appare quindi contraddittoria e pertanto esorto l’Esecutivo a chiarirla. I servizi essenziali di traghetto sono troppo importanti per essere ignorati.
Sophia in ’t Veld (ALDE). – (EN) Signor Presidente, desidero condividere con voi la mia inquietudine, in quanto per l’ennesima volta è stato pronunciato un discorso clamorosamente omofobico in un parlamento nazionale di uno Stato membro dell’Unione europea. Nella fattispecie mi riferisco al parlamento lettone, che sta discutendo dell’attuazione dell’articolo 13 in merito alla normativa europea contro le discriminazioni come pure della proposta di vietare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Faccio notare che nemmeno George Bush ha mai osato tanto.
Rivolgo quindi un appello ai colleghi del parlamento lettone, invitandoli a condurre il dibattito con dignità e a condannare i discorsi traboccanti di odio; desidero inoltre ricordare loro che la Lettonia, come gli altri Stati membri, ha firmato la Carta dei diritti fondamentali. Il paese ha altresì ratificato la Costituzione europea che vieta la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL). – (EN) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come forse saprete, l’IRA ha intrapreso un’altra iniziativa a favore della pace in Irlanda. La coraggiosa decisione odierna di rinunciare alle armi in maniera definitiva e trasparente rappresenta un enorme progresso nel processo di pace in Irlanda.
Il grandioso gesto dell’IRA non può essere sottostimato né sottovalutato. Desidero quindi cogliere questa occasione per elogiare l’IRA che si è assunta dei rischi quando altri rifuggono dalle loro responsabilità.
Ora il governo britannico e quello irlandese hanno un’enorme responsabilità, in quanto devono finalmente dar corso all’accordo del Venerdì santo in tutti i suoi aspetti, su temi quali l’uguaglianza, i diritti umani, le operazioni di polizia, la smilitarizzazione e anche la rappresentanza settentrionale in seno all’Oireachtas. Il partito unionista democratico, che ha un rappresentante in quest’Assemblea, deve pertanto assumersi un rinnovato impegno nel processo di pace. Non vi sono più pretesti a cui appigliarsi per non discutere ...
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Dariusz Maciej Grabowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, la firma dell’accordo per la costruzione di un gasdotto sottomarino nel Baltico è stata suggellata dalle immagini del Presidente russo Putin che stringe in un caloroso abbraccio il Cancelliere tedesco Schröder. La dimostrazione di affetto è avvenuta sullo sfondo di due grandi minacce alla pace e alla sicurezza dell’economia mondiale. Mi riferisco al terrorismo internazionale e al rialzo dei prezzi che, unitamente all’instabilità, contraddistinguono il mercato delle materie prime per la produzione di energia. E’ universalmente noto che in queste circostanze occorre una cooperazione a livello mondiale. Purtroppo, proprio nel momento stesso in cui l’Unione europea dovrebbe dare l’esempio di saggezza collettiva e di solidarietà tra paesi, il Cancelliere Schröder e il Presidente Putin si lanciano in dichiarazioni che non lasciano ombra di dubbio sulla scena internazionale: essi non si curano d’altro se non degli interessi particolari di Germania e Russia. I paesi in cui passerà il gasdotto non sono stati informati, né tanto meno consultati, il che dimostra il rispetto che Germania e Russia hanno per il diritto internazionale del mare.
Siamo fermamente convinti che l’accordo per la costruzione del gasdotto sia stato concepito a danno di diversi Stati membri dell’Unione europea. La Polonia, le Repubbliche baltiche insieme ad altri paesi saranno costretti ad assoggettare l’approvvigionamento energetico al controllo russo. L’accordo presagisce inoltre una chiara associazione …
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, mancano solo 15 mesi all’inizio del periodo delle nuove prospettive finanziarie dell’Unione. Nonostante norme e convenzioni comunitarie riconosciute, non disponiamo ancora di una proposta di bilancio. L’Unione sta andando alla deriva nell’oceano del bilancio, per così dire. Man mano che si accumulano i mesi di ritardo, salgono di pari passo tensioni e disagi inutili che alimentano la sfiducia tra i vecchi e i nuovi Stati membri.
Non riuscendo a produrre un bilancio, l’Unione sta inviando il messaggio sbagliato ai membri futuri e ai partner esterni. Si presenta come entità debole senza una visione per il futuro e senza alcuna volontà politica di cooperare all’insegna della solidarietà per costruirsi quel futuro. Non si può parlare semplicemente di stallo. Per usare il linguaggio degli scacchi, pare invece che sia stata messa in scacco l’idea stessa di un’Europa veramente unita, scevra da divisioni tra prima e seconda classe a seconda della ricchezza o del retaggio storico.
Chiedo al Consiglio e alla Presidenza britannica di assicurarsi che i lavori sul bilancio si concludano quanto prima.
Zdzisław Zbigniew Podkański (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, la Polonia fa parte da oltre un anno dell’Unione europea, ma le prospettive degli agricoltori polacchi peggiorano sempre più invece di migliorare.
La produzione polacca di frutti a polpa tenera rappresenta il 50 per cento della produzione europea, eppure gli agricoltori si trovano sull’orlo del fallimento. Lo stesso vale per i coltivatori polacchi di patate, che sono i principali produttori del settore a livello comunitario, e per i produttori di cereali e di piante tessili. Tra poco toccherà anche ai produttori di carne suina, di latte, di barbabietola da zucchero, e vi ricordo che la Polonia è al terzo posto in Europa per la produzione di barbabietola di zucchero in Europa. I deputati di quest’Assemblea comprendono la situazione, ma non la Commissione europea, che tende a ignorare il Parlamento e a non osservare le sue decisioni. Così è successo con la relazione sulla produzione di amido, ad esempio.
La prevista riforma del mercato dello zucchero comporterà una contrazione di oltre il 42 per cento del prezzo della barbabietola da zucchero, che ne renderà antieconomica la produzione. Sembrerebbe che alla Commissione stiano più a cuore i coltivatori cinesi e marocchini di frutti a polpa tenera e i produttori brasiliani di zucchero rispetto ai coltivatori e ai produttori dei nuovi Stati membri. A questo punto è legittimo chiedersi perché la Commissione europea e il Commissario stesso perseguano una politica deleteria per gli agricoltori degli Stati membri e perché non osservano le decisioni assunte dal Parlamento.
Antonio Masip Hidalgo (PSE). – (ES) Signor Presidente, intervengo a nome dell’onorevole Pittella, deputato italiano, e dell’onorevole Madeira, deputata portoghese, per chiedere alla Presidenza di turno del Consiglio di incorporare nelle prossime prospettive finanziarie i criteri indicati dalla Commissione sulle regioni colpite dall’effetto statistico; tali regioni infatti devono essere sorrette, evitando ogni vergognosa discriminazione, poiché come ho affermato in questa stessa Aula il 9 marzo, è una questione di dignità, bisogna rendere la politica europea comprensibile, egualitaria, calibrata e democratica, fedele alle proprie radici e alle proprie ambizioni.
Marian Harkin (ALDE). – (EN) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la possibilità di esprimermi in questa giornata storica per l’Irlanda. Lo scorso luglio l’IRA ha dato ordine alle proprie unità di rinunciare alle armi e oggi abbiamo la riprova che le parole pronunciate qualche mese fa sono diventate realtà. E’ vero, vi sono ancora molti ostacoli da superare, ma oggi, a mio giudizio, il dado è tratto.
Vi saranno ancora difficoltà in futuro; vi saranno ancora violazioni alla pace da entrambe le parti nel tentativo di destabilizzare il processo. Deve essere quindi essere accordato un massiccio sostegno agli artefici del processo di pace, alla gente comune che giorno dopo giorno costruisce la fiducia nella ricerca di un futuro condiviso. Rendiamo omaggio a tutti coloro che, su entrambi i fronti e al di là delle divisioni di parte, danno il loro contributo affinché questo momento possa realizzarsi. Dinanzi al Parlamento europeo desidero quindi plaudere al ruolo positivo e di sostegno che l’Unione europea svolge in questo processo.
Infine, in questa giornata, vorrei ricordare le vittime e le loro famiglie, la cui vita è stata spezzata. Per loro questo giorno è giunto con ritardo, ma a tutti noi tutti rimane la speranza che sia un nuovo inizio.
Mirosław Mariusz Piotrowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, recentemente abbiamo appreso che è stato firmato un accordo tra Germania e Russia sulla costruzione di un gasdotto in Europa settentrionale che dovrebbe passare sotto il Baltico. Chiaramente le implicazioni vanno ben oltre il significativo accordo economico. Sussiste infatti un’altrettanto importante valenza politica. La Polonia e le Repubbliche baltiche sono state ignorate anche a discapito degli interessi di paesi che sono parte della medesima struttura, ossia dell’Unione europea. Per l’ennesima volta le politiche economiche ed estere comuni si sono dimostrate parole vuote, e molti analisti e politici stanno già tratteggiando analogie tra l’accordo recentemente sottoscritto e il Patto Ribbentrop-Molotov del 1939.
Invito la Germania a rispettare le procedure che vincolano tutti gli Stati membri e a chiarire la situazione. Chiedo inoltre che le informazioni così fornite siano messe a disposizione del Parlamento europeo.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, l’Europa è capace di dare prova di solidarietà, come ha fatto a seguito dei drammatici eventi che hanno sconvolto il Portogallo. I capi politici europei però talvolta si comportano in maniera molto egocentrica, come è accaduto quando il Presidente Chirac, il Cancelliere Schröder e il Presidente Putin si sono riuniti a Kaliningrad, un luogo assai controverso del territorio russo. In seguito il Cancelliere Schröder e il Presidente Putin hanno agito egoisticamente, sottoscrivendo l’accordo per la costruzione di un gasdotto. Tale gasdotto servirebbe a garantire l’approvvigionamento energetico della Germania, ma questa è solo una parte della storia. In realtà il Cancelliere Schröder sostiene la politica del Presidente Putin basata sul “Dividi et Impera”, che presuppone l’indebolimento dell’Unione. Il Parlamento europeo deve issarsi a difensore dell’Europa e denunciare questo atto per quello che veramente è.
L’Europa ha bisogno di decisioni che travalicano gli interessi particolari. Non realizzeremo mai l’integrazione, se non adottiamo politiche coesive. Sarebbe come voler costruire una casa di mattoni senza usare il cemento.
Panagiotis Beglitis (PSE). – (EL) Signor Presidente, negli ultimi giorni ci sono giunte notizie particolarmente allarmanti dalle ONG turche per i diritti umani in merito a procedimenti giudiziari e a condanne inflitte a giornalisti turchi.
Non mi riferisco solo al caso dello scrittore Orhan Pamuk, ma anche al giornalista Emin Karaca, condannato a cinque mesi di reclusione per aver violato l’articolo 301, paragrafo 2, del codice penale recentemente riformato. Faccio inoltre notare altri casi di giornalisti denunciati ai sensi del medesimo articolo.
Alla luce di queste circostanze chiedo al Parlamento europeo e soprattutto al suo Presidente di attivarsi immediatamente presso il Primo Ministro turco Erdogan e presso il Presidente del parlamento turco Arinc, chiedendo l’annullamento dei procedimenti giudiziari e il rispetto della libertà di parola, e chiedo alla Presidenza britannica e alla Commissione europea…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signor Presidente, pur sostenendo strenuamente l’uso di una lingua di lavoro comune, accetto e rispetto il diritto di ogni deputato di ascoltare gli interventi degli altri e di esprimersi nella propria lingua madre. Non ritengo però ammissibile che, a distanza di oltre un anno dall’adesione di dieci nuovi Stati membri, vi siano ancora commissioni parlamentari che ancora non dispongono del servizio di interpretazione per alcune delle lingue dei nuovi Stati membri e che quindi i colleghi di questi paesi non possano prendere parte alle delibere nella loro lingua ufficiale. Di conseguenza, questi deputati si trovano in una posizione ingiusta e svantaggiosa. E’ una situazione inammissibile e le chiedo di impegnarsi di fronte all’Assemblea nella Giornata della libertà linguistica, assicurando che a questa incresciosa situazione sia posto rimedio quanto prima e che essa non si ripeta quando prossimamente altri due paesi aderiranno all’Unione europea.
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, un quarto del prodotto interno lordo irlandese è legato all’edilizia. Si può tranquillamente affermare infatti che tutta l’Irlanda sia un cantiere. Tuttavia, nel mio collegio elettorale in molte cittadine nei pressi delle grandi città spuntano case ad un ritmo incessante senza alcuna considerazione per i servizi pubblici; non viene affatto vagliata la disponibilità della rete idrica e di fognatura o di altre importanti componenti delle infrastrutture sociali. I bambini compiono l’intero percorso scolastico in scuole prefabbricate. Non ci sono campi sportivi o asili nido e anche i negozi scarseggiano. Le cittadine rurali in poco tempo si trasformano in città dormitorio prive del benché minimo senso di comunità. L’Europa non ha nulla da eccepire? E’ coerente questo stato di cose con lo sviluppo rurale? Ho bisogno di risposte per la gente che abita a Watergrass Hill, Glenville e in altre cittadine: queste persone si trovano a combattere giorno dopo giorno per sopravvivere all’interno di patinati complessi residenziali senz’anima.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, nella Giornata europea delle lingue desidero esprimere la mia preoccupazione, in quanto non sono disponibili insegnamenti nella lingua madre per i figli di cittadini degli Stati membri che si trasferiscono in altri paesi dell’Unione, pertanto questi bambini finiscono per dimenticare la loro lingua materna e quindi anche la loro identità culturale.
L’assimilazione linguistica a cui sono assoggettati i bambini e i giovani europei quando si trasferiscono, soprattutto quando la loro lingua non è molto diffusa rispetto alle lingue europee parlate da milioni di persone in Europa, non contribuisce certo a salvaguardare la diversità linguistica che l’Unione europea sostiene di voler mantenere.
Invito quindi la Commissione, nel quadro della nuova strategia sul multilinguismo, a controllare l’applicazione della direttiva (CEE) n. 77/486 del 25 luglio 1977 relativa alla formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti…
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Alfredo Antoniozzi (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi si festeggia in Europa una data importante: la Giornata europea delle lingue. Si tratta di un evento nato nel 2001 che vede un coinvolgimento dell’Unione europea e soprattutto del Consiglio d’Europa, il quale ha previsto eventi in tutta Europa.
Oggi accogliamo qui i nuovi colleghi rumeni e bulgari e con essi, dal primo gennaio 2007, il bulgaro e il rumeno entreranno a far parte della nostra famiglia linguistica comunitaria, portando le lingue ufficiali da venti a ventidue.
Per noi europei, la lingua è sinonimo di cultura, di storia e quindi di un enorme patrimonio storico, culturale. La mia riflessione è: Non sarebbe opportuno promuovere finalmente, in quanto Parlamento europeo, una riforma costruttiva del regime linguistico all’interno delle Istituzioni comunitarie? L’arrivo delle nuove lingue e specialmente di quelle che entreranno a far parte del nostro lavoro quotidiano mi riempie certamente di gioia, mentre invece mi preoccupano enormemente il caos e la mancanza di regole scritte, come confermatomi dalla Commissione europea.
Magda Kósáné Kovács (PSE). – (HU) Signor Presidente, è morto un uomo. Da molti era considerato uno spietato vendicatore, benché fosse assetato di giustizia, non di vendetta. Era animato dalla convinzione che, se i responsabili dei crimini erano liberi di lasciarsi il passato alle spalle senza doverne affrontare le conseguenze, il passato sarebbe ritornato, avvelenando sia il presente che il futuro. Simon Wiesenthal se n’è andato.
Essendo umano, talvolta ha commesso degli errori. Tuttavia, non riusciva ad accettare il fatto che l’Europa, il mondo nuovo che costruiva un futuro collettivo sulla base di valori comuni, in passato fosse già stata unita. Unita sul presupposto della superiorità razziale, della condanna, dell’ostracismo e dell’odio. Un uomo di 96 anni se n’è andato. Egli ci lascia la consapevolezza che lo sprezzo degli altri esseri umani e della vita umana non potrà mai più essere elemento di unificazione dell’Europa. Vi invito a pensare a lui quando saremo chiamati ad assicurare che l’unità della nuova Europa si fondi sulla parità di trattamento e sulle pari opportunità. In sua memoria chiedo alla commissione che al paragrafo 13 …
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Nikolaos Sifunakis (PSE). – (EL) Signor Presidente, desidero informare l’Assemblea in merito a un fatto gravissimo.
Proprio in questo momento le autorità turche stanno ultimando la costruzione di una diga che dovrebbe essere completata entro il 15 novembre: tra meno di 50 giorni a partire da oggi questa diga causerà l’allagamento e quindi la distruzione di uno dei siti archeologici più importanti dell’Asia minore.
Sto parlando di Allianoi, una località termale di epoca romana situata a 18 chilometri dalla città di Pergamo.
Il sito archeologico di Allianoi consiste in un intero complesso di strutture termali che sarebbero state il compendio del celeberrimo Asklepieion di Pergamo.
Credo che il Parlamento europeo debba prendere posizione contro la distruzione di questo sito e, visto che la risposta della Commissione è stata insoddisfacente, chiedo al Presidente dell’Assemblea di scrivere al Presidente turco affinché siano bloccati i lavori di completamento della diga che è destinata a causare la distruzione di parte del patrimonio culturale europeo.
Avril Doyle (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, approfittando della presenza del Commissario McCreevy e dei suoi colleghi, desidero fare un appunto sulla proposta di riforma della Commissione in relazione al regime dello zucchero. Contrariamente a quanto comunemente si crede, il consumo mondiale di zucchero è superiore alla domanda.
Stando alle previsioni della FAO, il consumo mondiale di zucchero si aggirerebbe sui 145 milioni di tonnellate per il 2004 e il 2005, a fronte di una produzione di 143 milioni di tonnellate. Il prossimo anno dovrebbe sfiorare le 149 tonnellate; basti pensare che il consumo pro capite in Cina nel medio termine dovrebbe passare dagli attuali 10 chili a 35 chili, allineandosi quindi al consumo comunitario. In Brasile il consumo pro capite ha già raggiunto i 50 chili. Inoltre, la disponibilità di acqua per l’irrigazione nei paesi in via di sviluppo e in altri paesi sta diminuendo, il che a sua volta determinerà un calo nella coltivazione della canna da zucchero, una coltura che richiede grandi quantità di acqua. Inoltre, l’atteso aumento della benzina addizionata di alcool a fronte del formidabile rialzo dei prezzi del petrolio è destinato ad avere un grande impatto sui consumi di canna da zucchero. Lo zucchero potrebbe diventare una risorsa strategica e nel lungo termine si profila quindi un’impennata nella domanda mondiale.
Marta Vincenzi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a proposito della situazione del Sahara occidentale. Nell’agosto scorso il Fronte Polisario ha liberato gli ultimi prigionieri di guerra marocchini, ciò rappresenta un fatto positivo, che ha incontrato l’approvazione del Segretario Generale delle Nazioni Uniti, di Bush e di tutta la Comunità internazionale.
Tuttavia non sta accadendo altrettanto per i detenuti nelle carceri marocchine: le condizioni fisiche delle decine di detenuti saharawi in sciopero della fame sono ormai critiche, come ha denunciato Amnesty International. Tra loro ci sono donne e uomini simbolo della difesa dei diritti umani. L’Europa non può restare in silenzio, deve avviare una decisa iniziativa perché si arrivi alla liberazione dei sostenitori dei diritti umani e affinché il Marocco, i Saharawi rimasti nel Sahara occidentale, i profughi, trovino un accordo per vivere in pace collaborando alla nascita della nuova Repubblica araba-saharawi democratica e non vivano più in esilio o in carcere.
Christopher Beazley (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, anch’io desidero dare il benvenuto ai colleghi rumeni, in particolare ai colleghi che sono entrati a far parte del mio gruppo e che provengono dal partito democratico rumeno, dall’alleanza democratica ungherese in Romania e dal partito conservatore rumeno. Gli osservatori ovviamente impareranno la nostra metodologia di lavoro, che talvolta può essere molto complessa, ma credo che anche noi abbiamo qualcosa da imparare dalla storia della Romania. La Romania cadde nel giogo della dittatura con la Guardia di Ferro e poi con Ceausescu rimase prigioniera nella morsa del comunismo.
Per convenienza politica molti hanno dimenticato che la Bessarabia con un colpo di mano fu occupata da Stalin grazie alla complicità di Hitler. Centinaia di migliaia di persone perirono o furono costrette all’esilio e si compì l’assoggettamento di quella regione del paese. Alcuni capitoli della storia dell’Europa centrorientale sono stati dimenticati e ora tocca a noi ripercorrerli. Pur non facendone un’ossessione, dobbiamo trarne le debite conclusioni e guardare al futuro. La Romania prima del comunismo e della dittatura era un paese estremamente prospero, disponeva di una società petrolifera anglo–rumena e riceveva investimenti consistenti dalla Francia.
Peter Skinner (PSE). – (EN) Signor Presidente, i colleghi di ogni nazionalità e di tutti gli schieramenti politici hanno dichiarato il proprio sostegno a favore di John Packwood, che è in attesa di estradizione dalla Spagna al Marocco, una misura inaccettabile per un cittadino spagnolo. Si tratta di una palese violazione della parità di trattamento dei cittadini comunitari, sancita dal Trattato. E’ una discriminazione a cui esorto la Commissione e il Presidente di opporsi con forza, attivandosi presso il governo spagnolo prima del termine fissato per l’estradizione.
Dovrebbe essere aperta un’istruttoria come preludio di un’inchiesta presso la Corte per il diritti dell’uomo, il che però sembra impossibile perché la vicenda viene fatta procedere molto in fretta. Quest’uomo è disperato, si trova dinanzi una prospettiva orribile e quindi ha bisogno di tutto il nostro sostegno. Chiedo all’Assemblea di attivarsi per questo caso.
Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il 15 settembre un caccia russo armato di quattro missili ha sconfinato nello spazio aereo lettone e si è schiantato nei pressi della città di Kaunas. Faceva parte di una pattuglia di cinque caccia che scortavano un aereo spia russo da San Pietroburgo a Kaliningrad. E’ stato l’incidente più grave in una lunga serie di violazioni dello spazio aereo finlandese e baltico ad opera di aerei russi. Alla vigilia del Vertice UE-Russia chiedo alla Commissione di indicare come potrebbe essere affrontata la questione delle sistematiche violazioni ad opera di aerei russi dei confini di Stati membri dell’Unione europea nel contesto dei valori comuni su cui ufficialmente si fonda il partenariato UE-Russia. L’integrità del confine orientale dell’Unione non rientra forse nella politica estera e di sicurezza comune?
Per quanto attiene a Kaliningrad, non è forse nell’interesse di tutte le parti individuare dei modi per smilitarizzare le ultime vestigia della guerra fredda in Europa?
Ljudmila Novak (PPE-DE). – (SL) Nel 1940, quando già si stagliava la minaccia bellica, l’Italia prelevò dai territori sloveni dell’Istria, di Capodistria, di Isola e di Pirano opere d’arte create da maestri italiani in quelle zone sotto il patrocinio della Chiesa e di privati.
Come già aveva fatto la Jugoslavia, il governo sloveno si è attivato per conto dei proprietari per ottenere la restituzione di queste inestimabili opere. L’Italia evita di affrontare seriamente la vertenza e respinge tutte le iniziative avviate dal governo sloveno affinché sia individuata una soluzione diplomatica.
Il 22 settembre di quest’anno il ministro degli Esteri ha quindi inviato un verbale rinnovando la richiesta affinché si addivenga a una soluzione diplomatica. Ai sensi del trattato internazionale l’Italia è tenuta a restituire tutti i beni prelevati dai territori occupati e per tale ragione ci attendiamo legittimamente che queste opere d’arte siano restituite alla Slovenia.
Presidente. La discussione è chiusa.
13. Venticinquesimo anniversario di Solidarnosc e suo messaggio per l’Europa
Presidente. L’ordine del giorno reca la discussione della dichiarazione della Commissione – Venticinquesimo anniversario di Solidarnosc e suo messaggio per l’Europa.
Nell’introdurre questo dibattito mi preme sottolineare come il contributo dato da Solidarnosc alle vicende dell’Europa unita si qualifichi come la possibilità e l’opportunità per una generazione di essere educata alla libertà: l’Occidente ha sicuramente fatto molto per i paesi dell’est europeo sottomessi al giogo sovietico, Solidarnosc ha fatto forse molto di più per l’Occidente e per una generazione di occidentali.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, i fatti storici dell’agosto del 1980 hanno dato vita al processo che è sfociato nella fine della guerra fredda e che poi ha portato alla riunificazione dell’Europa. L’azione condotta all’epoca da Solidarność incarna il valore che tutti gli europei attribuiscono ai principi condivisi di libertà e di solidarietà.
Grazie al coraggio e alla determinazione dei leader di Solidarność e al suo spirito che ha contagiato le masse, l’eco dello sciopero dei lavoratori dei cantieri navali di Danzica non si è fermato ai confini della Polonia. Ha infuso nuova linfa ai molti nuclei di dissidenza e di democrazia che stavano germogliando in tutta l’Europa centrorientale, forieri dell’unificazione del continente.
Come dichiarato dal Presidente della Commissione il 31 agosto a Danzica, il nome “Solidarietà” si è rivelato una scelta felice per il sindacato nato dallo sciopero di Danzica. Emanava forza, determinazione ed era un polo di attrazione. Oggi la parola solidarietà è ripresa in sei titoli della Carta europea dei diritti fondamentali. La rievocazione degli avvenimenti dell’agosto del 1980 conferisce al temine un significato più forte e una grande carica emotiva.
La libertà era l’obiettivo della lotta di Solidarność e oggi è strettamente correlata alla solidarietà come valore fondamentale condiviso da tutti gli europei. L’Europa non può esistere senza solidarietà. Solidarność è diventato un emblema potente che ricorda questa alleanza anche alle generazioni future.
La Commissione, su invito del governo polacco e dei deputati al Parlamento europeo, ha dato con grande piacere il proprio contributo alle manifestazioni commemorative tenutesi a Danzica tre settimane fa per celebrare il 25° anniversario di questi eventi storici. La Commissione ascolterà i pareri dell’Assemblea e vi posso assicurare che prenderà favorevolmente in esame le iniziative tese ad imprimere alla data del 31 agosto il vessillo della memoria.
Jacek Emil Saryusz-Wolski, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signor Presidente, il movimento di Solidarność ha avuto un triplice significato. Prima di tutto, in Polonia ha segnato la rottura con il modello sovietico. In secondo luogo, in Europa centrorientale ha decretato la fine della suddivisione del continente decisa a Yalta alla fine della seconda guerra mondiale. Infatti, la parte dell’Europa che il comunismo aveva isolato dal resto del continente ha potuto riprendere il posto che le spetta nell’integrazione della storia politica del continente. In questo senso, quindi, le vicende storiche che hanno avuto come sfondo i cantieri navali di Danzica, la caduta del muro di Berlino e la rivoluzione di Kiev rappresentano tutte tappe nel cammino dell’Europa verso la libertà.
In terzo luogo, nell’Europa occidentale Solidarność ha portato alla riscoperta di valori che erano venuti meno nella vita pubblica a causa della Realpolitik. Valori quali la libertà, la solidarietà, la democrazia e la dignità della persona. Grazie a Solidarność molti in Europa occidentale hanno compreso che i valori fondamentali ravvivati dal movimento dovevano entrare a far parte del tessuto della nuova Europa riunita.
Il messaggio e l’essenza di questi fatti trascendono l’esperienza di un’unica nazione. Hanno un significato di gran lunga universale e sono paneuropei per natura. Invitano all’unità europea. Se il disegno di Schuman è considerato l’assunto fondante che sorregge l’integrazione europea, i postulati formulati nei cantieri navali di Danzica devono essere visti come il presagio di un’altra tappa importante in questo processo. Nel messaggio del settembre 1981 ai lavoratori dell’Europa centrale e orientale gli attivisti di Solidarność misero in luce il senso di un destino comune che abbraccia tutti gli europei nella parte orientale del continente. Venticinque anni dopo la stessa espressione figura nel preambolo del Trattato costituzionale in riferimento però all’Unione europea allargata.
Il movimento di Solidarność sottolinea l’importanza della solidarietà come presupposto di un sistema di fiducia e di unità. La solidarietà, intesa come condivisione dei problemi di tutti, in effetti assume un significato molto pragmatico in relazione all’Unione europea. Significa solidarietà finanziaria in materia di sicurezza e solidarietà nella politica estera. Solo dando prova di questa solidarietà possiamo realizzare l’unità europea.
Józef Pinior, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, nel luglio e nell’agosto del 1980 i lavoratori polacchi di Lublino sulla costa del Baltico e di molte altre cittadine scesero in sciopero. Alla fine di agosto la protesta era dilagata, assumendo le proporzioni di uno sciopero generale che aveva investito l’intero paese. La protesta fu diretta e organizzata da un comitato interaziendale e da Lech Wałęsa nei cantieri navali di Danzica. Lavoratori e intellettuali si ribellarono in nome della libertà, della giustizia sociale e della dignità. Gli inni alla libertà, all’uguaglianza e alla fratellanza si levavano a gran voce nelle strade proprio come era avvenuto 200 anni prima a Parigi.
Il 31 agosto fu firmato un accordo presso i cantieri navali di Danzica in cui le autorità nazionali accoglievano i 21 postulati presentati dai dimostranti. In questo modo, si venne a formare un sindacato indipendente e autonomo: Solidarność. Lo sciopero generale e le attività di Solidarność riaccesero le speranze dei lavoratori di tutto il mondo che lottavano per i loro diritti, per una società più giusta e per un mondo migliore. Solidarność innescò in tutta l’Europa orientale una reazione a catena che alla fine sfociò in una rivoluzione democratica pacifica e nella vittoria della democrazia e dei diritti umani. Segnò inoltre l’inizio della fine del sistema totalitario e della divisione dell’Europa il cui emblema rimane la caduta del muro di Berlino.
A distanza di 25 anni, al Parlamento europeo riunito a Strasburgo, il cuore politico dell’Europa unita, è d’uopo onorare i lavoratori polacchi e tutti coloro che si sono ribellati contro l’oppressione e l’ingiustizia e che hanno contribuito alla nascita di Solidarność. Un riconoscimento particolare va agli attivisti che hanno continuato a portare avanti un’azione autonoma dopo l’introduzione della legge marziale in Polonia. Desidero rendere omaggio a tutti i popoli dell’Europa centrorientale che ammiriamo per la lotta che hanno combattuto all’insegna della democrazia, dei diritti umani e della sovranità nazionale.
Signor Presidente, non eravamo soli a combattere questa battaglia. Va ricordato che Solidarność fu aiutato dal movimento sindacale internazionale, dalla società civile dell’Europa occidentale e dai governi democratici. Grazie, Europa! La nostra riconoscenza va anche a tutti gli europei che hanno preso le parti di Solidarność e che hanno sostenuto la nostra lotta per la libertà e per la democrazia quando eravamo in prigione e quando eravamo costretti ad agire nella clandestinità. L’Unione europea deve essere fiera di questo retaggio, fiera di aver dato una tale prova di fratellanza, la fratellanza su cui poggia l’unità europea.
Nel suo programma, ossia nei 21 postulati di Danzica, e nel piano di autogoverno, Solidarność presentava la visione di una società e di un paese coeso nella libertà, in cui regnavano il rispetto dei diritti umani e la giustizia sociale. Questa visione rimane valida ancor oggi. Il programma di Solidarność può ancora fungere da fonte di ispirazione sia nel mondo che in Europa, dove si profila la sfida di instaurare un’economia efficiente e una società giusta.
Nel mondo di oggi Solidarność incarna il rifiuto di accettare la povertà e l’oppressione a livello planetario. Infatti l’Unione europea deve intervenire per cancellare la povertà dalla faccia della terra. Nel XXI secolo il messaggio di Solidarność presuppone che la politica estera dell’Unione europea promuova attivamente la democrazia e i diritti umani e sostenga tutti coloro che vengono perseguitati perché appartengono a una minoranza.
Bronisław Geremek, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signor Presidente, a nome del gruppo ALDE voglio innanzitutto rendere omaggio ai lavoratori polacchi che diedero vita al processo di liberazione e di unificazione dell’Europa. Sono commosso e grato, in quanto sia il Parlamento europeo che la Commissione hanno compreso e apprezzato il significato dei fatti storici avvenuti in terra polacca 25 anni fa.
I lavoratori polacchi hanno portato nel cuore il messaggio del Papa del loro paese che li esortava a non avere paura. Sono stati i lavoratori polacchi ad agire per conto della loro nazione che anelava alla libertà. In questo modo, hanno dimostrato quanto avevano torto coloro che sostenevano che il proletariato non avesse patria. I lavoratori si sono mobilitati in nome della libertà, opponendosi a un regime e a un sistema che aveva la pretesa di rappresentarli. Hanno avanzato istanze politiche, hanno chiesto libertà e l’istituzione di un sindacato libero che li potesse veramente rappresentare. Quei lavoratori inoltre hanno chiesto la libertà di stampa, la libertà di informazione e uno Stato svincolato dal controllo dei funzionari comunisti. Tutte queste istanze hanno dato corpo a una componente cruciale in relazione all’essenza stessa dell’Europa, in quanto veniva invocata la libertà.
Infatti, quanto i lavoratori dei cantieri di Danzica si mobilitarono per migliorare la propria vita e quella delle loro famiglie, erano ben consapevoli che la situazione in cui versavano era il frutto di un regime alieno che era stato loro imposto. Era un regime a cui la nazione polacca non aveva mai acconsentito. La straordinaria conquista di questo movimento di massa di 10 milioni di lavoratori, braccianti e intellettuali è stata una rivoluzione pacifica. E’ stato un movimento che ha abbracciato l’intera società polacca e che ha dato vita a una ribellione contro il totalitarismo. Anche nel mondo di oggi rimane valido il principio dell’azione senza il ricorso alla forza. Era un movimento animato da valori. Siamo infatti fieri che il termine “solidarietà” sia entrato nel linguaggio della politica. Per noi è una parola carica di significato, una parola profondamente polacca che incarna il contributo del nostro paese al concetto di Europa.
Signor Presidente, sono convinto che l’unificazione dell’Europa è cominciata a Danzica, l’est e l’ovest si sono incontrati grazie al movimento a cui hanno dato vita i lavoratori dei cantieri navali di Danzica, e molti altri paesi hanno seguito la direzione segnata dalla Polonia e da Solidarność. Solidarność ha ispirato la rinascita delle nazioni e la lotta dei popoli per la libertà. Ne siamo orgogliosi, ma soprattutto ci sentiamo solidali con gli artefici della libertà in Georgia, conquistata con la rivoluzione delle rose, e in Ucraina, con la rivoluzione arancione.
Auspichiamo che l’esempio di non violenza nel cambiamento di regime attraverso il negoziato, che incarna gli ideali europei, rimanga valido nel mondo di oggi. Sono certo che l’Europa, in un momento in cui l’Unione è alla ricerca della sua identità, vorrà seguire da vicino il corso dei popoli che si sono adoperati affinché la libertà trionfasse nel continente. Sono uomini e donne che hanno messo la parola fine alla guerra fredda e che hanno reso possibile l’unificazione dell’Europa.
(Applausi)
Milan Horáček, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi polacchi, non è meramente simbolico che oggi ci troviamo ad accogliere gli osservatori di Bulgaria e Romania e a commemorare il grande trionfo di Solidarność nel suo 25° anniversario. Sono lieto che la Commissione oggi abbia parlato del movimento di Solidarność. Si poteva infatti pensare che ci fossero occasioni di maggiore rilevanza contemporanea e che le celebrazioni delle ultime settimane fossero state sufficienti per rendere omaggio alla storia, ma il dibattito odierno dimostra esattamente il contrario. Quando ho preso parte alle commemorazioni a Varsavia e a Danzica tre settimane fa, ho ripensato a quanto fosse attuale questo dirompente evento storico.
Il leggendario sciopero di Solidarność che celebriamo oggi fa ormai parte della nostra memoria viva e nei 25 anni trascorsi da allora il suo significato è rimasto intatto. Sono stati i popoli politicamente e socialmente oppressi e svantaggiati che, con il loro coraggio, sono riusciti a porre fine ai regimi comunisti totalitari in Polonia e poi in altri paesi dell’Europa centrorientale; la loro sconfinata sete di riforme oggi è sulla bocca di noi tutti. In particolare però, onoriamo la memoria delle vittime dei regimi totalitari, ricordando coloro che hanno subito l’oppressione, che sono stati arrestati, che sono stati uccisi nel corso delle manifestazioni di protesta, che sono stati condannati e giustiziati a seguito di processi fittizi. Un uomo – un sacerdote, Don Jerzy Popiełuszko, può ergersi a emblema di tutti.
Il 1953, il 1956 e il 1968 sono stati anni significativi che hanno segnato la storia della Germania orientale, della Polonia, dell’Ungheria e della Cecoslovacchia; Solidarność però ha dato impeto e infuso nuova forza ai movimenti per i diritti civili in Europa centrale e orientale, come Charta 77, che si è battuta per i diritti politici universalmente riconosciuti, la campagna di pace “trasformare le armi in aratri” che ha pervaso la ex Germania orientale e il movimento ambientalista Dunakör in Ungheria. In altre parole, senza Solidarność il muro di Belino non sarebbe stato abbattuto.
Parlo a nome dell’Assemblea, se dico che quel dibattito è stato importante per gli artefici del movimento di Solidarność in Polonia, un dibattito che ha visto la partecipazione dei nostri colleghi Adam Michnik e Jacek Kuroń, come pure di Bronisław Geremek e Janusz Onyskiewicz, che ora sono deputati al Parlamento, quindi a loro va la nostra riconoscenza, perché 25 anni fa hanno gettato le fondamenta di un’Europa unita nella pace, nella libertà e nella democrazia, un’Europa animata da principi sociali e ambientali.
(Applausi)
Jonas Sjöstedt, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, nell’autunno del 1980, a 15 anni, per la prima volta in vita mia mi recai in Polonia. Eravamo un gruppo di giovani svedesi e collaboravamo con il movimento autonomo polacco degli studenti. Era un movimento giovanile che si ricollegava a Solidarność e all’enorme e dirompente mobilitazione scatenata da Solidarnosc nella società polacca dell’epoca. Quel viaggio mi aprì gli occhi. Le libertà e i diritti che io, come adolescente svedese, davo per scontati erano valori per cui i miei coetanei polacchi dovevano combattere duramente. Scarseggiavano i beni materiali e il paese era afflitto da una manifesta oppressione politica; per la stragrande maggioranza della popolazione la vita era molto dura. Con le sue istanze di libertà e di democrazia e la riaffermazione del diritto all’autodeterminazione nazionale, Solidarność all’epoca era sinonimo di speranza in un futuro migliore. Era un movimento progressista, e non solo perché invocava la democratizzazione della società polacca. In quanto sindacato, si batteva per ottenere un aumento dei salari, migliori condizioni pensionistiche, un maggiore coinvolgimento dei lavoratori sul posto di lavoro e una migliore assistenza sanitaria nonché più soddisfacenti servizi per l’infanzia. Era un movimento autenticamente progressista che fu soffocato quando, con il sostegno dell’Unione sovietica, i militari presero il potere. Nonostante il regime militare, le istanze e le speranze incarnate da Solidarność non furono però spezzate.
Infatti, in diverse occasioni le manifestazioni spontanee dei lavoratori, unitamente alle richieste di istituire sindacati autonomi, si rivelarono decisive per contrastare la dittatura nei paesi che nel dopoguerra si erano trovati sotto il dominio sovietico. Solidarność e l’opposizione polacca rappresentarono una delle rivolte più importanti, se non la più importante in assoluto, di una serie di manifestazioni contro l’oppressione. A Berlino est nel 1953, a Budapest nel 1956, a Pozna sempre nello stesso anno e a Praga nel 1968, l’opposizione democratica era stata schiacciata con la violenza. Nella maggior parte dei casi la protesta era stata inscenata dai lavoratori, organizzati in movimenti di lotta per istanze di giustizia e democrazia.
Oggi la Polonia è un paese democratico inserito in un contesto di paesi democratici. Sono stati compiuti enormi progressi in ambiti cruciali dal crollo del muro di Berlino. Un fattore importante all’origine del fenomeno – forse il fattore decisivo – è stata l’opera di opposizione di Solidarność contro il vecchio regime. Questa evoluzione ha portato un futuro più radioso, non solo per la Polonia ma per l’intera Europa. Al contempo, però, rimane ancora molto da fare a fronte delle istanze sociali avanzate da Solidarność sui diritti dei lavoratori e per migliorare il tenore di vita.
Attualmente la Polonia è un paese afflitto dalla povertà e da una disoccupazione elevatissima. Parallelamente la partecipazione sindacale è scarsa e i lavoratori spesso devono lottare per far sentire la propria voce. Se si vuole intervenire, è necessario un movimento sindacale forte e ben organizzato.
Wojciech Roszkowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, il 25° anniversario della nascita di Solidarność non è semplicemente un’occasione per commemorare l’evento che ha segnato l’inizio dell’unificazione dell’Europa. Rappresenta altresì un’occasione per ricordare una verità assoluta in merito alle azioni dei popoli e delle nazioni e ai fondamenti morali e politici dell’Unione europea.
“Non ci può essere libertà senza solidarietà”, è questo lo slogan che ha acceso gli animi di milioni di aderenti al sindacato tra il 1980 e il 1981 e nel periodo della legge marziale. Siamo del tutto consapevoli che Solidarność si è fondato sulla solidarietà tra esseri umani, una solidarietà con la “S” maiuscola. E’ stato proprio questo il fattore che ne ha garantito il successo e invero la stessa sopravvivenza. D’altro canto, infatti, anche i politici e le società occidentali hanno preso a cuore questo slogan, sostenendo il popolo polacco nella sua lotta per la sovranità nazionale e per la democrazia. Sotto le insegne di questo slogan sono state lanciate le campagne “Lasciate che la Polonia sia polacca” e “Solidarietà per Solidarność”, e i cittadini dei paesi occidentali hanno inviato aiuti materiali al sindacato, ai suoi attivisti e a milioni di cittadini comuni.
Dovete credermi, onorevoli colleghi, quando dico che la solidarietà politica, morale e materiale dimostrataci dai popoli dell’Occidente ha contribuito a mantenere viva la speranza, facendoci sentire che i nostri sforzi non erano vani e che non eravamo soli. L’ho vissuto direttamente.
Oggi, intervenendo in Aula, desidero ringraziare sinceramene tutti i popoli di buona volontà che ci hanno offerto solidarietà. Nel loro significato più ampio, gli insegnamenti di Solidarność, o della solidarietà, rimangono tutt’oggi validi. “Non ci può essere libertà senza solidarietà” significa anche che la libertà non è un fine in sé. Nell’accezione economica la libertà è essenziale, ma se è priva di solidarietà, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri e quindi anche le singole economie di tutta l’Unione europea ne risultano compromesse.
La libertà può scivolare facilmente nell’anarchia o in una nuova forma di oppressione se non ha anche una dimensione morale. La libertà senza solidarietà diventa ostinazione. Prima o poi diventa nociva per i singoli o per la società. Spezza le famiglie e le comunità. I tentativi di instaurare la libertà senza solidarietà e senza i diritti fondamentali come il diritto alla vita, alla giustizia e all’onestà sono sprezzanti dei diritti altrui e minano le basi della società. In definitiva, mettono a rischio la stessa libertà.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ Vicepresidente
Ryszard Czarnecki (NI). – (PL) Signor Presidente, Solidarność nacque in Polonia un quarto di secolo fa. Questo movimento pacifico e non violento si rivelò potente quanto il movimento del grande Mahatma Gandhi, che si era affermato qualche decennio prima. Il movimento di Gandhi portò all’indipendenza dell’India, mentre Solidarność fu decisivo per la Polonia che riconquistò la sovranità e per i polacchi che riconquistarono la libertà. Solidarność però fu decisivo anche per molti altri versi. Provocò una rivoluzione pacifica nell’Europa centrorientale. Nove anni dopo la nascita di Solidarność la Cecoslovacchia conobbe la rivoluzione di velluto, a cui seguì il crollo del muro di Berlino. Le origini di tutti questi eventi possono essere ricondotte al 1980 e alla città polacca di Danzica.
Solidarność non fu solo un sindacato con 10 milioni di iscritti, pari al 40 per cento della popolazione adulta del mio paese. Era altresì un movimento che si batteva per le libertà democratiche, le libere elezioni, mezzi di comunicazione liberi e libertà di culto. Essendo polacco, non posso essere del tutto obiettivo, ma sono fermamente convinto che Solidarność segnò una svolta fondamentale nella nostra storia comune del XX secolo.
Oggi, a distanza di 25 anni, desidero rendere omaggio a Solidarność come polacco e come europeo. E’ stato in larga misura grazie a questo movimento che il mio paese e i paesi vicini hanno riconquistato la libertà. Ma la libertà non è tutto. Abbiamo ancora molti problemi economici e sociali da affrontare, tuttavia la cosa più importante è che ora godiamo di una libertà autentica e siamo in grado di pensare a noi stessi. Voglio ringraziare i milioni di lavoratori del mio paese, i cui sforzi ci hanno permesso di essere in questa fortunata posizione. La Polonia e l’Europa intera hanno un debito di riconoscenza verso di voi. Dobbiamo tutti molto a Solidarność.
Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) Sono profondamente lieto per tutta l’attenzione che la Commissione e il Parlamento europeo hanno dedicato a Solidarność, senza il quale non avremo mai celebrato il crollo del totalitarismo comunista e lo storico allargamento dell’Unione europea. In un’occasione come questa è d’uopo ricordare quanto il fenomeno di Solidarność rafforzò le speranze dei fautori della democrazia in Slovenia e il significato che ebbero per noi le parole di Giovanni Paolo II, quando disse: “Non abbiate paura”.
Esprimendo la nostra riconoscenza a Solidarność e ricordando con speciale reverenza coloro che hanno pagato con la vita l’anelito alla libertà e alla democrazia, sappiamo bene che Solidarność non è affatto una reliquia da museo, bensì un motivo di ispirazione, un concetto e un modo di procedere necessario senza il quale lo sviluppo europeo e mondiale è inconcepibile.
Stiamo erigendo un monumento a Solidarnosc, ma non vogliamo che rimanga solo una rievocazione solenne, perché siamo determinati a continuare nella nostra opera in nome della solidarietà. Sussiste una necessità naturale di solidarietà tra generazioni, tra parti sociali, tra paesi industrializzati e paesi meno sviluppati nel settore della sicurezza, della protezione civile, e via dicendo. Sono fermamente convinto che la qualità della nostra vita in futuro dipenderà dal soddisfacimento di questo principio essenziale. Dopo questa svolta storica è infatti sorta l’esigenza di un altro periodo di solidarietà.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, è d’obbligo una certa modestia per chi come me è nato in Olanda in periodo di pace dopo la seconda guerra mondiale. Oggi è il momento giusto affinché coloro che non hanno vissuto sotto il giogo del comunismo rendano omaggio a chi, soprattutto in Polonia, si è ribellato contro un regime universalmente considerato ignobile. E’ stato un capitolo speciale nella storia della Polonia e sono molto lieto che venga commemorato oggi al Parlamento nella sede di Strasburgo. Benché formi una parte importante nella storia polacca, non è patrimonio esclusivo dei polacchi, in quanto l’esempio di Solidarność – o solidarietà – ha innescato un grande dibattito e un grande movimento che ha avuto un enorme influsso al di là dei confini della Polonia.
Posso affermare che anche dopo 25 anni Solidarność è entrato nella coscienza comune anche nel mio paese, l’Olanda. Era tanto speciale, in quanto i lavoratori dei cantieri di Danzica inscenarono una protesta, scesero in sciopero e riuscirono a raccogliere l’adesione di un gruppo di intellettuali influenti che ebbero il coraggio di esporsi e di opporsi al regime in Polonia. Si è trattato dell’esempio più edificante che abbiamo mai conosciuto in Europa di un movimento di lavoratori, un movimento democratico dei lavoratori che in termini di libertà, coscienza politica ed emancipazione ha avuto grande risonanza anche nei nostri paesi.
E’ stato altresì una fonte di ispirazione per molti, non solo nei paesi dell’Europa orientale, ma anche in Europa occidentale, e in Olanda, proprio per la tempra morale di cui hanno dato prova i dimostranti di Danzica che si sono opposti così strenuamente al regime comunista.
Guardando indietro, ora sappiamo che l’opera di Solidarność ha segnato anche l’ultima fase di una fenomenale rivoluzione nella storia Polacca; ora possiamo affermare che la Polonia ha finalmente trovato la sua giusta collocazione, nella libertà, in Europa. E’ questa, a mio avviso, la Polonia su cui vanno puntati i riflettori. La lotta della Polonia per la libertà insieme alla sua storia arricchiscono il nostro continente, la vicenda umana dell’idraulico polacco diventa ancora più struggente se si pensa al ruolo storico che ha svolto.
Benché Solidarność continui a essere vivo in Polonia e nei cuori del popolo polacco, come appare evidente anche oggi, esso merita parimenti di essere ricordato come uno sfolgorante esempio europeo.
Erik Meijer (GUE/NGL). – (NL) Signor Presidente, secondo gli ideali che i socialisti proclamarono nel XIX e nel XX secolo, la società umana deve basarsi sull’uguaglianza delle persone e sulla solidarietà reciproca; il popolo non deve essere subordinato allo Stato o al datore di lavoro, deve essere garantita la libertà di scelta e la libertà di organizzare la società dal basso.
Questi ideali si fondavano sulla consapevolezza che in una società in cui un gruppo prevarica sugli altri nessuno può essere veramente libero, nemmeno gli oppressori. Animati da questa convinzione, i socialisti della vecchia guardia, compreso il grande pensatore Carlo Marx, avrebbero applaudito alla protesta dei lavoratori polacchi degli anni ’70 e ’80 del XX secolo. I regimi autoritari che reprimono i salari e prosperano favorendo un’oligarchia meritano di essere soverchiati dalla protesta delle masse.
Solitamente le proteste dei lavoratori sono volte contro la sete di profitto delle grandi imprese o contro i governi di destra. Lo scenario è stato del tutto diverso in Polonia. Lo Stato infatti si fondava sul socialismo, sull’eredità intellettuale di Marx, sulla proprietà comune dei mezzi di produzione e sull’uguaglianza universale. Quello Stato però non era il frutto della lotta di classe dei lavoratori, ma era il prodotto delle spartizioni dei vincitori della seconda guerra mondiale che si erano suddivisi le sfere d’influenza.
La realtà vissuta dai popoli all’epoca fu l’antitesi dei valori socialisti. Proprio questa fu una delle ragioni per cui a metà degli anni ’80 durante un comizio nei Paesi Bassi sono sceso in campo, inneggiando alla solidarietà con il sindacato autonomo soppresso in Polonia. Non ho mai condiviso l’opinione secondo cui i lavoratori debbano accondiscendere ai loro capi solo perché questi si definiscono socialisti o comunisti.
Al contempo esponenti di schieramenti diametralmente opposti parlano del retaggio di Solidarność sia all’interno della Polonia che all’estero. Per alcuni esso rappresenta il ritorno alla Polonia conservatrice del periodo Pilsudski tra le due guerre; per altri è stato un passo imprescindibile per rimpiazzare il regime falsamente socialista creato dopo il 1945 dalla democrazia socialista reale.
Al momento sembra prevalere quest’ultima opinione; pur non deplorando tale conclusione, ritengo che la resistenza contro un governo inaccettabile sia un diritto intrinseco di tutti i popoli e Solidarność ne è un fulgido esempio.
Jan Tadeusz Masiel (NI). – (PL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò eternamente riconoscente a Solidarność, che mi ha permesso di essere qui oggi in quest’Aula e che mi ha liberato dalla condanna di vivere per sempre dietro la cortina di ferro. Se non fosse stato per Solidarność, il muro di Berlino sarebbe stato abbattuto più tardi o forse non sarebbe mai crollato. Già i cechi, gli slovacchi e gli ungheresi avevano cercato di soverchiare quel sistema diabolico, ma sono stati i polacchi e il Papa polacco a riuscire finalmente a smantellare gli accordi siglati a Yalta. Oggi vorrei ringraziare i paesi dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti per il loro sostegno. Va però ricordato che Stalin non è stato l’unico colpevole. A Yalta Churchill e Roosevelt, con un atto di tradimento, hanno consegnato metà Europa ai sovietici, nella speranza di assicurare pace e tranquillità oltre che per pura convenienza.
La vicenda di Solidarność dimostra quanti lunghi anni possano servire per rimediare agli errori. Con l’assenso del Parlamento ora l’Unione si accinge ad avviare i negoziati con la Turchia. Temo che potrebbe essere l’inizio della fine per l’Unione, e mi dispiace tantissimo, poiché tengo molto all’Europa comune. Dobbiamo mostrare solidarietà al mondo intero, ma senza tradire l’Europa nel nome dell’internazionalismo.
Timothy Kirkhope (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il fatto che la sinistra sia stata mandata all’opposizione in Polonia rende più sagace il nostro dibattito. Porgo le mie congratulazioni all’onorevole Saryusz-Wolski, alla piattaforma civica e al partito per la legge e la giustizia per la vittoria riportata nelle elezioni politiche di ieri; sono certo che la Polonia avrà un grande futuro con il nuovo governo.
Lech Wałęsa è il simbolo di Solidarność e del suo successo. Recentemente è stato ospite a Bruxelles per ricevere il plauso dell’Assemblea in occasione di questo importante anniversario. Ha ricevuto molti onori da paesi e da organizzazioni di tutto il mondo per il suo coraggio e la sua lungimiranza, ma forse il più grande degli onori per lui è stato quello di servire il suo paese come Presidente dopo la caduta del comunismo.
Il Regno Unito avverte da sempre un’affinità particolare con la Polonia, come è stato dimostrato agli inizi degli anni ’80, quando il paese attraversava un periodo estremamente difficile. Il conservatore Malcolm Rifkind, ministro degli Esteri britannico, fu il primo uomo politico occidentale che, nel corso di una visita a Varsavia, volle incontrare un rappresentante di Solidarność, suscitando grande irritazione al regime comunista. L’incontro fu l’emblema del profondo legame che unisce il Regno Unito e la Polonia. In tutti quegli anni bui il nostro paese non dimenticò mai la Polonia e non perse mai la convinzione che la democrazia e la libertà alla fine avrebbero prevalso e che questa nazione avrebbe ripreso il posto d’onore che le spetta in seno alla famiglia europea.
E’ facile dimenticare la velocità con cui l’Europa si è lasciata alle spalle quei giorni oscuri e com’era la vita dei popoli prigionieri nella morsa della tirannia comunista. Proprio per questo è importante tenere viva la memoria e, con l’adesione della Polonia all’Unione europea, avvenuta lo scorso anno, possiamo essere certi che le sofferenze subite e inflitte non saranno mai dimenticate. La solidarietà, allora come adesso, simboleggia la speranza nel futuro, la determinazione dei popoli di costruire una vita migliore per se stessi e per le loro famiglie e un’incrollabile fiducia nel potere dello spirito umano. Gli ordinamenti politici possono assoggettare la volontà dei popoli e annientare l’individualità, ma non potranno mai soffocare l’anelito alla libertà. Noi tutti faremmo bene a trarre insegnamento dalla storia di Solidarność.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, faccio presente agli oratori precedenti che presso i cantieri navali di Danzica dove è stato commemorato il 25° anniversario dell’inizio degli scioperi di Solidarność del 1980, lavoravano 6 000 persone. Da allora i cantieri sono stati privatizzati e, negli anni ’90, la forza lavoro è stata ridotta di due terzi.
Il signor Wałęsa e Solidarność, ovviamente, non hanno inscenato alcuna protesta, perché sono stati proprio loro i responsabili dei licenziamenti. Nella città di Danzica, che voi eleggete a simbolo, regna la povertà. La disoccupazione supera il 15 per cento. Nella Polonia “libera” i contadini, ossia la base, vivono in condizioni drammatiche. Il tenore di vita sta colando a picco. A 14 anni dalla fine del socialismo, i consumi dei polacchi, anche per quanto concerne le derrate alimentari, sono inferiori rispetto ai livelli del 1980. Tutte le conquiste sociali sono state compromesse. Il paese è sottoposto al saccheggio attraverso i capitali esteri. I contadini sono costretti ad abbandonare l’attività e si vengono a creare nuovi latifondi.
Il corso degli eventi rivela quindi che Solidarność è stata il cavallo di Troia che ha consentito il ripristino del capitalismo in Polonia. I capi hanno ingannato i lavoratori. Hanno sbandierato istanze a loro favore, per poi intrappolarli e portarli a questo punto. Essi godevano del sostegno economico e politico degli Stati Uniti e dei governi di altri paesi capitalisti, che oggi stanno traendo enormi profitti dai capitali investiti, creando povertà tra la popolazione polacca.
Faccio quindi presente agli oratori che mi hanno preceduto che gli slogan di Lech Wałęsa che inneggiavano alla cosiddetta libertà e solidarietà per i lavoratori hanno consegnato le masse lavoratrici – impoverite, soggiogate e private di diritti – nelle mani dei capitalisti.
Per quanto attiene alla democrazia in Polonia, permettetemi di citare un unico dato statistico: nelle ultime elezioni europee l’affluenza alle urne è stata pari al 20 per cento, il che rende bene l’opinione delle gente in merito all’Unione europea.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, vorrei informare il deputato intervenuto prima di me che né i lavoratori da lui ricordati né gli altri vorrebbero tornare indietro nel tempo fino al periodo che ha preceduto la nascita di Solidarność.
Pochi sono gli eventi che si ricordano con orgoglio e piacere, soprattutto in quest’Emiciclo. A mio avviso, la solidarietà è un concetto che merita una voce speciale in qualsiasi enciclopedia. Non è facile manifestare la propria solidarietà; spesso è necessario sacrificare i propri interessi, gli interessi nazionali e forse anche gli interessi superiori. L’Unione europea non è un’unità coesa come una nazione, un gruppo etnico o politico; ecco perché è necessario dare prova di solidarietà. Soltanto grazie alla determinazione e alla solidarietà di lavoratori, studenti, agricoltori, membri del mondo accademico e talvolta di quegli ufficiali della polizia e dell’esercito che si sono rifiutati di cedere alle intimidazioni, e infine grazie alla solidarietà degli altri popoli, è stato possibile costringere i tirannosauri a cedere il potere cui erano così ostinatamente attaccati. Solo in questo modo gli onesti cittadini hanno potuto restaurare i valori della dignità umana.
Se troveremo in noi stessi la forza per riconoscere il significato di Solidarność e comprendere questa lezione memorabile, potremo sperare che le misure approvate da quest’Assemblea vengano applicate; potremo anche sperare che l’organismo frutto di un’attività di coordinamento e noto come Unione prenda gradualmente forma.
L’Europa è troppo complessa e varia perché si possa raggiungere quest’obiettivo in assenza di solidarietà; la solidarietà dev’essere promossa in quest’Aula, in sede di Commissione e attraverso programmi educativi e culturali. Dobbiamo far sì che essa germogli e fiorisca fra tutti gli europei, sviluppando al contempo una più ampia solidarietà che potremmo definire sopracontinentale, per contribuire alla soluzione dei problemi che affliggono l’umanità. Vorrei ripeterlo: senza solidarietà non c’è futuro né per l’Europa, né per l’umanità.
Nell’incarnazione che assunse nel 1980, la solidarietà mosse i primi passi a Świdnik e a Lublino, ed è proprio grazie ad essa che oggi la nostra Assemblea può discutere di valori fondamentali.
Sta alla solidarietà europea odierna garantire che, tra altri 25 anni, i deputati europei possano esprimersi in modo analogo sul Parlamento e sulla Commissione di oggi, e riconoscere loro un ruolo fondamentale nel processo storico di cui noi tutti facciamo parte.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, oggi celebriamo il venticinquesimo anniversario di Solidarność e analizziamo il messaggio che essa ha trasmesso all’Europa. Ricordiamo i giorni e i mesi in cui i polacchi giunsero oltre il limite della sopportazione e i lavoratori polacchi entrarono in sciopero a Danzica. Ricordiamo la battaglia che avviò un processo ben più vasto della lotta per la libertà in Polonia: iniziò allora la lotta per la libertà in tutta l’Europa orientale. La prima pietra che si staccò dal muro di Berlino non cadde a Berlino, ma a Danzica; tuttavia, spesso dimentichiamo che lo sciopero e il moto di solidarietà di Danzica furono preceduti da anni di rivolta dei polacchi contro il comunismo. Molti si batterono per la libertà, indipendentemente l’uno dall’altro e in modi differenti, ma non c’era una forza collettiva che unisse tutti i polacchi intorno alla stessa idea. Solo quando in Vaticano entrò un papa polacco, i polacchi compresero che a unirli era il loro patrimonio spirituale, e che esistevano forze che li avrebbero portati all’indipendenza e all’autonomia; e così fu.
Io vivevo allora nella Jugoslavia comunista, e ricordo vividamente le immagini che giungevano da Danzica; non riuscivo a comprendere come qualcuno potesse davvero credere che si sarebbe potuto abbattere il comunismo. Quando, quasi vent’anni dopo Danzica, il popolo serbo si levò contro il regime di Milosevic, esso aveva imparato una lezione da Solidarność: aveva compreso che i regimi totalitari non sono eterni, ma possono crollare. Il popolo serbo aveva anche compreso che la democrazia deve sempre nascere dall’interno, e che la vittoria arride sicuramente a un popolo unito che combatte per la libertà. Solidarność ha già inviato all’Europa il suo messaggio più importante: il collega Sjöstedt, che è svedese e appartiene a un partito il cui leader si definisce ancora comunista, ha appena reso omaggio nel suo intervento a Solidarność, un movimento che proprio contro il comunismo ha combattuto. Anche qui sta il messaggio che Solidarność ha inviato all’Europa: l’Europa non tollera dittature, né comuniste né di altro tipo, e neppure altri sistemi di totalitarismo o asservimento. Il futuro dell’Europa è nella libertà; è questo un principio che tutti difendiamo, oggi soprattutto esprimendo rispetto e gratitudine per i popoli dell’Europa orientale e della Polonia che negli anni ’80 e ’90 hanno combattuto per un’Europa libera.
Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, Solidarność è stata uno straordinario esperimento, in cui una comunità si è sviluppata sulla base di valori comuni e della fede nella libertà.
Nell’agosto del 1980 i lavoratori polacchi chiesero libertà di stampa, libertà religiosa e soprattutto la libertà di formare sindacati liberi, oltre alla fine della repressione basata su ragioni di opinione. Milioni di polacchi dissero “no” al comunismo, e questo segnò l’inizio della fine per la dittatura comunista; invitammo le nazioni dell’Europa orientale a impegnarsi nella lotta per le libertà civili, e questo significava anche la costruzione di una società civile. Ci accingemmo a tale impresa decisi, e forti della convinzione che la libertà si possa ottenere ad onta di tutte le restrizioni politiche ufficiali. Milioni di persone, animate dall’ideale della solidarietà, si impegnarono a dare nuova vita al proprio paese, un paese che restò libero per sedici mesi, fino al 13 dicembre, quando la dittatura comunista del generale Jaruzelski cercò di stroncare questo movimento con un colpo di Stato. Tuttavia, era impossibile domare o spezzare il nostro spirito, e continuammo a vivere da popolo libero; nell’agosto del 1980 il comunismo subì una ferita mortale nei cantieri di Danzica, e nove anni dopo, nel 1989, ricevette il colpo di grazia.
Nella nostra lotta fummo aiutati da altre nazioni europee; Francia, Germania, Italia e Regno Unito ci offersero il loro sostegno. Questo fatto ci infuse coraggio e fiducia nella nostra forza; desidero cogliere quest’occasione per esprimere la mia gratitudine a coloro che allora furono al nostro fianco. Grazie a voi siamo riusciti a sopravvivere, forti della consapevolezza che l’Europa pensava a noi, e non eravamo stati dimenticati.
In che misura gli ideali della solidarietà possono attualmente toccare i cuori e le coscienze? Riflettere su Solidarność oggi significa riflettere sulla natura dell’Europa. L’Europa è qualcosa di più di un’economia e di un mercato; è anche un simbolo dei valori che hanno reso grande la Comunità europea; l’Europa è una famiglia di nazioni costruita su un retaggio cristiano. Solidarność fu fondata su valori cristiani e si è sempre battuta per risvegliare nel popolo la parte migliore dei valori umani: mi riferisco alla capacità di sentirsi tutti responsabili gli uni degli altri, e alla disponibilità ad aiutare coloro che ne hanno bisogno. L’etica di Solidarność può contribuire a creare una moderna immagine dell’Europa che risvegli l’interesse del mondo. Riflettere su Solidarność oggi significa anche riflettere sul modo migliore per combattere gli egoismi nazionali che dividono i 25 Stati membri dell’Unione; sono convinto che sia possibile raggiungere tale risultato.
Io credo in un’Unione europea permeata di solidarietà, un’Unione capace di essere competitiva ma anche solidale nei confronti di chi è piccolo e debole; credo in un’Unione che tenga alta la bandiera di Solidarność e della libertà, e che sia d’ispirazione a coloro che ancora ne sono privi.
(Applausi)
Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, 25 anni fa, in Polonia, lavoratori e intellettuali riuscirono a creare un’alternativa civica e democratica alle rigide strutture del regime comunista. Solidarność inaugurò il processo con cui le nazioni dell’Europa orientale si sono liberate dalla schiavitù totalitaria. Il secondo polmone della comune patria europea, per citare papa Giovanni Paolo II, iniziò allora a respirare, recando ossigeno e rispetto di sé a decine di milioni di cittadini dell’Europa orientale.
Per l’Europa, la Polonia è un simbolo. Essa è stata la prima vittima dell’alleanza fra Hitler e Stalin, che insieme scatenarono la Seconda guerra mondiale; la nazione polacca ha dovuto sperimentare gli aspetti peggiori di entrambe queste dittature. Non è forse un caso che la vittoria dei lavoratori di Danzica abbia aperto la strada alla riunificazione dell’Europa.
A mio avviso, il risultato più brillante ottenuto da Solidarność è stato la sua capacità di unire tutti i settori della società; ciò non sarebbe stato possibile senza un moto di rinascita morale, senza quella dimensione spirituale di cui un papa polacco è stato incarnazione, simbolo e ispirazione insieme. La vittoria di Solidarność ci lascia un importante messaggio, ammonendoci sulla necessità di proseguire, con tenacia e saggezza, nell’appassionata ricerca della giustizia e degli eterni valori spirituali d’Europa.
Ascoltare tale messaggio ci sarebbe probabilmente d’aiuto per superare la crisi d’identità che attanaglia l’Europa – quella crisi di cui si è già parlato oggi –, in quanto Solidarność è entrata a far parte della nostra identità europea. Abbiamo l’occasione di decidere di celebrare il 31 agosto la giornata della libertà e della solidarietà, ma c’è un’altra data di grande importanza per l’Europa che occorre ricordare; il 23 agosto, data in cui, nel 1939, venne firmato il patto nazisovietico, dovremmo commemorare insieme le vittime del nazismo e quelle del comunismo. Solo allora il famoso slogan “Mai più” si applicherà anche alle vittime del comunismo.
(Applausi)
Presidente. – Comunico di aver ricevuto quattro proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì alle 12.00.
Dichiarazione scritta (Articolo 142 del Regolamento)
Filip Andrzej Kaczmarek (PPE-DE). – (PL) Solidarność non è patrimonio esclusivo della Polonia; Solidarność, insieme ai suoi valori e al suo ethos, deve entrare a far parte del patrimonio dell’Europa intera, e anzi di tutto il mondo. Proprio per questo è importante che Solidarność divenga un elemento permanente della nostra coscienza europea. Come si ricorda nelle nostre risoluzioni, 25 anni fa i lavoratori di Danzica aprirono un nuovo capitolo della lotta europea per il pane e la libertà. In realtà, furono i lavoratori di Poznań, la mia città, a dare inizio a questa lotta 49 anni or sono; il 28 giugno 1956 diverse decine di loro morirono per mano comunista. Morirono perché avevano chiesto pane e libertà, ma fortunatamente la loro morte, così come quella dei lavoratori che persero la vita nel dicembre 1970, non è stata vana.
Solidarność ha acquisito un significato globale, poiché è stata un movimento pacifico ma anche vittorioso. La vicenda di Solidarność infonde ottimismo e fiducia, perché ha fornito la prova che persino un regime totalitario comunista può essere rovesciato senza ricorrere alla forza. Sarebbe meraviglioso se i metodi e i valori di Solidarność potessero indicare a tutti coloro che sono oppressi da regimi tirannici una strada efficace per battersi per la libertà, la dignità e i diritti umani. Solidarność ha dimostrato che vale la pena di sperare in una vita migliore, e che la tenacia e la fede nei propri principi sono destinate a fruttificare. Sono convinto che l’Unione europea a 25 Stati membri oggi non esisterebbe se, 25 anni fa, Lech Wałęsa e i suoi compagni non avessero agito come hanno fatto.
14. 1. Accesso all’attività degli enti creditizi, 2. Adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0257/2005), presentata dall’onorevole Radwan a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rifonde la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio [COM(2004)0486 – C6-0141/2004 – 2004/0155(COD)] e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rifonde la direttiva 93/6/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi [COM(2004)0486 – C6-0144/2004 – 2004/0159(COD)].
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, per cominciare ringrazio l’onorevole Alexander Radwan e la commissione per i problemi economici e monetari per l’eccellente lavoro portato a termine su questo dossier. Vorrei sottolineare che ciò che è stato fatto in merito alla direttiva sui requisiti patrimoniali rappresenta un buon esempio di cooperazione efficiente tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Data la complessità della questione, ritengo che sia stata una vera conquista.
Un quadro moderno e generalmente accettato per l’attività di vigilanza, sia per le imprese d’investimento che per gli enti creditizi, è importante per la stabilità finanziaria del mercato europeo e per creare condizioni di parità, non soltanto all’interno dell’Unione europea, ma in tutta la comunità finanziaria globale, nei confronti di quei paesi che aderiscono anche al processo di Basilea II.
La nostra proposta è stata preparata in stretta collaborazione con gli Stati membri e il settore finanziario, e mediante ampie consultazioni. Essa è conforme all’accordo di Basilea II, ma non trascura, se del caso, le specificità europee. Verranno incluse anche le ultime proposte relative al trattamento di attività di negoziazione.
Questa proposta offre un quadro normativo per le attività finanziarie condotte nell’ambito dell’Unione europea; essa migliora il regime di vigilanza attualmente in vigore, che si basa soprattutto sui requisiti patrimoniali. Il nuovo regime poggerà su una solida base formata da tre pilastri. In primo luogo requisiti patrimoniali più sensibili ai rischi, che siano più conformi alle prassi bancarie; in secondo luogo, migliori procedure di vigilanza per garantire una maggiore aderenza a questi nuovi requisiti; e in terzo luogo, requisiti di informazione che migliorino la trasparenza e la disciplina del mercato. Questa proposta, nell’insieme, rappresenta il passaggio ad un approccio più sofisticato e raffinato alla vigilanza e alla gestione dei rischi.
Adottando tale proposta, l’Unione europea sarà la prima organizzazione internazionale ad attuare la nuova Convenzione quadro di Basilea II, un passo importante verso una migliore vigilanza bancaria e una maggiore efficienza dei mercati finanziari europei.
Passiamo ora alla questione della comitatologia. Come sappiamo, la discussione è legata alla più ampia questione dei poteri del Consiglio e del Parlamento europeo nell’ambito delle procedure di comitatologia. Dobbiamo scongiurare in ogni modo il blocco del processo legislativo. Non credo che i nostri cittadini e il settore capirebbero se proposte legislative importanti, come quelle in discussione quest’oggi, diventassero ostaggio di una questione come la comitatologia – per quanto importante questa possa essere.
Dobbiamo trovare il modo di garantire concretamente una conclusione legislativa serena per le disposizioni sulla comitatologia previste dalla direttiva sui requisiti patrimoniali. Mi compiaccio per gli sforzi fatti dal Parlamento europeo e dal Consiglio, nel tentativo di trovare un accordo in materia. Conveniamo tutti, credo, sul fatto che l’approvazione in prima lettura di questa direttiva è nell’interesse di tutte e tre le Istituzioni, ed è anche ciò che il mercato vuole.
La comitatologia è una questione di natura generale, e dobbiamo perciò esaminarla in un contesto generale. Nel 2002 la Commissione ha presentato una proposta di modifica della decisione sulla comitatologia del 1999, seguita da una proposta emendata nel 2004. Questa proposta integrava già alcuni elementi importanti richiesti dal Parlamento europeo, in particolare il fatto che Parlamento e Consiglio devono godere di una posizione paritaria per ciò che riguarda i loro poteri nelle procedure di comitatologia.
Grazie soprattutto all’insistenza del Parlamento, e del vostro relatore in modo particolare, il Consiglio riprenderà l’attività di revisione della decisione sulla comitatologia, basandosi sulla proposta riveduta della Commissione.
Accolgo con favore l’iniziativa assunta dalla Presidenza con la formazione del gruppo “Amici della Presidenza”, per avviare la discussione sulla proposta della Commissione in seno al Consiglio; si tratta di un importante passo avanti. Il Parlamento europeo deve confermare con urgenza se intende continuare a sostenere la proposta della Commissione, altrimenti dovrà definire con chiarezza i propri obiettivi. La Commissione è pronta a collaborare sia con il Parlamento che con il Consiglio, per raggiungere quanto prima una conclusione soddisfacente su questa delicata questione.
Consentitemi di fare ancora alcune osservazioni specifiche. Comprendo l’interesse del Parlamento europeo a diffondere un senso di urgenza sulla questione dei propri poteri di vigilanza, da esercitare sulle competenze di esecuzione della Commissione. Ma il termine del 1° gennaio 2007, data prevista per l’entrata in vigore della clausola di caducità, mi sembra troppo ravvicinato; corriamo il rischio che una riduzione così drastica della durata della clausola di caducità trasmetta al mercato un messaggio assai pericoloso, ossia che l’approvazione delle necessarie misure di esecuzione diventi estremamente incerta.
Secondo il Consiglio un periodo di almeno due anni è accettabile. Sulla base delle discussioni che si sono tenute, la Commissione ritiene ammissibile questo periodo. L’introduzione di un periodo più breve per le competenze di esecuzione – assai più breve del normale periodo di quattro anni – sottolinea chiaramente la necessità di trovare una soluzione seria, durevole ed equilibrata per la vigilanza delle competenze di esecuzione della Commissione da parte di entrambi i rami dell’autorità legislativa. Tutte le istituzioni devono collaborare per raggiungere quanto prima questa soluzione. A tale proposito, la Commissione osserva che nella prima metà del 2007, le prime clausole di caducità previste dalla cosiddetta procedura Lamfalussy cominceranno a sospendere le competenze di esecuzione della Commissione per due direttive – la direttiva sui conglomerati l’11 febbraio 2007 e la direttiva sugli abusi di mercato il 12 aprile 2007.
La Commissione tiene fede agli impegni assunti dall’allora Presidente, Romano Prodi, e dal mio predecessore, Frits Bolkestein, quando il Parlamento europeo approvò la procedura Lamfalussy; la Commissione d’altro canto ritiene che il rinnovo delle proprie competenze di esecuzione per tali direttive sarebbe problematico in mancanza di una soluzione globale per la comitatologia. Ciò dovrebbe spingere tutte le Istituzioni a fare progressi in questo settore. La mancanza di un accordo non soltanto rovinerebbe lo spirito di collaborazione tra le Istituzioni, ma sarebbe dannosa per l’ulteriore sviluppo di un mercato integrato dei servizi finanziari, che dipende in larga misura dalla disponibilità di competenze di esecuzione nel contesto di una legislazione quadro concordata mediante codecisione. Vorrei aggiungere che la mancanza di un accordo sulla comitatologia influirebbe su altre aree politiche.
Prima di concludere vorrei invitare nuovamente Parlamento e Consiglio a lavorare in maniera costruttiva per giungere a una soluzione. La Commissione, da parte sua, offrirà il proprio sostegno ogniqualvolta le sarà possibile per garantire che la priorità che adesso viene riconosciuta alla questione non venga meno. La Commissione riconosce ormai da tempo la necessità di individuare una soluzione, e credo che le condizioni siano ormai mature.
Attendo ora i vostri commenti.
Alexander Radwan (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, per una volta non è per pura formalità che esordirò ringraziando i miei colleghi, i relatori ombra e tutti i membri della commissione parlamentare che hanno consentito a noi tutti di lavorare insieme su questa direttiva in maniera costruttiva. Vorrei altresì ringraziare la Commissione europea per aver collaborato con noi negli ultimi anni – giacché è stato necessario un certo tempo per realizzare questa proposta di direttiva – e per aver reso possibili i nostri progressi. Ritengo che questo sia un buon esempio di una possibile collaborazione per la futura attività legislativa.
Questa sera vorrei cominciare sottoponendo alla vostra attenzione una lacuna. Come ha giustamente affermato il presidente della nostra commissione, le leggi che noi emaniamo avranno effetti di ampia portata sul settore finanziario e sulle piccole e medie imprese di tutta Europa. Signor Presidente, parlando a nome del nostro presidente, vorrei ricordare a lei e all’Ufficio di presidenza che l’Assemblea dispone di pieni poteri legislativi in questo settore. Forse lei potrebbe esaminare gli ordini del giorno di questa settimana e trovare un altro tema, un’altra posizione per cui approviamo leggi con procedura di codecisione, a meno che lei non pensi veramente che tutti i temi in discussione questa settimana siano prioritari. Mi riferisco anche alla relazione Doorn, che riguarda a sua volta i pieni poteri legislativi del Parlamento.
Nell’occuparsi di questa direttiva, il Parlamento ha sempre ribadito che è importante rendere alcuni settori compatibili con lo schema di Basilea, l’Accordo internazionale di Basilea. Abbiamo sempre considerato importante il settore delle piccole imprese. Abbiamo sempre ritenuto importante fare in modo che, in questo quadro normativo, si realizzassero accordi speciali per le piccole banche affinché queste non fossero schiacciate dalla concorrenza; basti pensare all’applicazione parziale, o alla richiesta contenuta nella relazione per cui le banche che in futuro opteranno per il metodo standardizzato non dovranno essere discriminate dalle autorità nazionali di vigilanza. Un altro esempio è quello della granularità che è stata concordata con l’Accordo di Basilea e ricorre nella proposta della Commissione, ma che è assente dalla risoluzione parlamentare e non dovrà essere reinserita con qualche scappatoia. Vorrei sottolineare che tale esigenza dovrà essere recepita dai parlamenti nazionali e incorporata nella prassi di vigilanza.
Questa direttiva contiene alcuni elementi di novità che cambieranno la vigilanza finanziaria in Europa, per esempio il sistema di Lead Supervisor, in base al quale un’autorità di vigilanza può prevalere su un’altra al momento di approvare i rating interni, e che ci avvia verso la costruzione di un mercato europeo. Un altro esempio, su cui si è coagulato un notevole consenso all’interno dell’Assemblea, riguarda la pubblicità dei rating, che assume particolare importanza per le piccole e medie imprese; sono grato al Consiglio per aver infine accettato il compromesso che il Parlamento aveva proposto su questo tema. Si è discusso a lungo delle esposizioni intergruppo. Fin dall’inizio ho affermato che i prestiti interni delle banche avrebbero dovuto godere di pari trattamento sulla base dei rischi, poiché questo documento concerne i rischi più che la concorrenza. Poiché in Europa esistono già diverse strutture non dobbiamo prescrivere strutture ad hoc, dal momento che non si può dire con certezza quali strutture siano migliori di altre. Dobbiamo però analizzarne i meriti; e anche qui abbiamo raggiunto un compromesso, ottenendo buoni risultati per quanto riguarda la sostanza. La comitatologia è e rimarrà un punto debole. Vorrei ricordare che la commissione per i problemi economici e monetari ha sempre sostenuto la comitatologia prevista dalla procedura Lamfalussy, ritenendola giusta e importante in termini di una rapida legislazione che soddisfi le esigenze del mercato; ma abbiamo sempre considerato il precedente accordo Lamfalussy in vista di una Costituzione futura, predisponendo un meccanismo di avocazione. Oggi non abbiamo certo bisogno di un nuovo dibattito sulla Costituzione ma se, in futuro, riusciremo a produrre un maggior numero di direttive utilizzando la comitatologia della procedura Lamfalussy, dovremo concludere un nuovo accordo sul tema per garantire i diritti del Parlamento; faremo quindi in modo che, oltre a delegare tali diritti, possiamo anche avocarli, ossia assicurare una verifica migliore, maggiori opzioni per le definizioni e la generale revoca del potere delegato se insorgono problemi.
Poiché non potrò prendere la parola durante la discussione sulla relazione Doorn, colgo l’occasione per affermare che un settore è rimasto escluso dalla relativa risoluzione. La commissione per i problemi economici e monetari, in futuro, sarà responsabile dei principi contabili internazionali. A mio avviso però, anche se questa non sarà la nostra decisione di domani, l’accordo dovrà includere la convenzione internazionale sui principi contabili. Non è tollerabile che, in futuro, organismi internazionali debbano definire norme che poi saranno applicate senza alcuna verifica da parte di questo Parlamento. Vorrei ricordare all’Assemblea che un po’ di tempo fa abbiamo ricevuto la visita di alcuni membri del comitato direttivo responsabile dei principi contabili internazionali, ed essi ci hanno informato che stavano lavorando sulle norme riguardanti le PMI. Noi non accetteremo queste norme senza un’opportuna verifica – e lo dico anche a beneficio della Commissione. Siamo sulla strada giusta – spero – e mi auguro che la Presidenza accolga i compromessi che abbiamo presentato quest’oggi. Sono ottimista, non solo per la data della clausola di caducità, ma anche per quanto riguarda i considerando, la possibilità di raggiungere un buon compromesso questa settimana e di conseguire l’obiettivo di fare adottare questo documento in prima lettura. Mi risulta che molti Stati membri stiano già facendo ciò di cui abbiamo parlato, e credo che siamo sulla strada giusta per raggiungere il nostro obiettivo. Adesso la palla passa al Consiglio.
Harald Ettl (PSE), relatore per parere della commissione giuridica. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la commissione giuridica si compiace del compromesso che è stato raggiunto grazie al relatore. La relatrice per parere condivide gran parte degli obiettivi e concorda sulla necessità di aggiornare le disposizioni per tener conto dei notevoli progressi raggiunti nelle tecniche di valutazione dei rischi e nella gestione dei servizi finanziari; allo stesso tempo, ella ha proposto emendamenti che potrebbero semplificare il sistema dei requisiti relativi al capitale proprio. Alcuni emendamenti riguardano la discrezione delle autorità nazionali, che dev’essere eliminata per favorire una maggiore armonizzazione normativa nel mercato interno. Vorrei aggiungere che molte di queste soppressioni sono state raccomandate alle autorità nazionali di vigilanza.
La relatrice per parere ritiene inoltre che sia stato opportuno prendere come base della proposta l’articolo 47, paragrafo 2, del Trattato CE. Poiché una direttiva è lo strumento più adatto a raggiungere gli obiettivi desiderati, vengono rispettati i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, dal momento che la direttiva si limita a fare ciò che è assolutamente necessario.
Vorrei aggiungere alcune osservazioni sulla comitatologia dal punto di vista della commissione giuridica e della commissione per i problemi economici e monetari, che commenterò successivamente. Poiché i mercati finanziari e le banche tendono a subire rapidi mutamenti, data la necessità di sviluppare continuamente nuovi prodotti e combinazioni di prodotti, la legge sulle banche e sulla vigilanza bancaria dev’essere suscettibile di ulteriori sviluppi. Non dobbiamo permettere che l’accordo di Basilea II degeneri per diventare un quadro normativo self-service; esso invece non deve mai perdere di vista la necessità di proteggere i creditori, gli investitori e i consumatori. Anche il dialogo tra legislatori, organismi di vigilanza e banche, sia a livello nazionale che europeo, cui si fa riferimento nella procedura Lamfalussy può contribuire ad adeguare l’attività di vigilanza alle funzioni interessate. Successivamente entrerò nei dettagli su questo tema.
José Manuel García-Margallo y Marfil, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, le porgo il benvenuto nel nostro Emiciclo. Il mio ruolo in questo dibattito è soltanto quello di spiegare ciò che è avvenuto in quest’Assemblea durante la procedura di comitatologia e di offrire il mio sostegno senza riserve alla posizione del relatore, onorevole Radwan.
I problemi in materia di comitatologia sono emersi alcuni anni fa, quando la Commissione presentò al Parlamento il piano d’azione sui servizi finanziari che proponeva la rapida attuazione di circa quaranta misure nel settore dei servizi finanziari.
In quell’occasione fummo informati che la procedura legislativa ordinaria era troppo lenta per tenere il passo con i mercati finanziari; nel mio intervento affermai che, nella stragrande maggioranza dei casi, la responsabilità di questo ritardo non era del Parlamento ma del Consiglio.
La fase successiva fu la relazione nota come Lamfalussy – dal nome dell’autore il quale, per individuare una soluzione e per adeguare la velocità della procedura a quella dei mercati, propose di dividere la legislazione in due livelli. Primo livello: principi generali e orientamenti fondamentali. Secondo livello: norme giuridiche concrete. Livello uno, codecisione. Livello due, totale esclusione del Parlamento. Ci è stato chiesto di rinunciare alle prerogative che rappresentano i privilegi e le norme fondamentali di qualunque parlamento europeo.
E’ comprensibile che il Parlamento europeo si sia mostrato diffidente; chiedevamo soltanto che ci venisse riconosciuta la stessa posizione del Consiglio. In caso di abusi, nel caso in cui il mandatario non rispettasse i limiti del proprio mandato, chiedevamo il diritto di avocazione.
In quel momento non fu possibile, perché i Trattati non lo consentivano, e aspettavamo la Costituzione. Abbiamo raggiunto una situazione transitoria – lo sottolineo, transitoria – e auspico quindi l’introduzione della clausola di caducità a cui ha fatto riferimento l’onorevole Radwan. Fino ad allora sarà necessario raggiungere un accordo che armonizzi i due obiettivi: velocità della procedura legislativa e rispetto dei poteri del Parlamento, poteri che, come per qualsiasi parlamento, sono stati conquistati con pazienza e con fatica. Per concludere, vorrei giustificare la nostra diffidenza ricordando un politico spagnolo, noto per la sua abilità e capacità di aggirare le norme, che diceva: “voi fate le leggi, lasciate che sia io ad occuparmi delle regole”. Ecco il pericolo che ci preoccupa.
PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS Vicepresidente
Harald Ettl, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, vorrei iniziare con un ringraziamento al relatore per la disponibilità a cooperare da lui dimostrata, che ha consentito di superare le più importanti preoccupazioni dei socialdemocratici. A nostro avviso la vigilanza sugli istituti bancari dev’essere concordata a livello internazionale e deve avere caratteristiche uniformi in tutta l’Unione europea; in particolare, per tener conto dei rischi commerciali, occorre regolare in maniera più rigorosa i requisiti relativi al capitale proprio che la legge impone alle banche. E’ l’unico modo per garantire una posizione più sicura ai risparmiatori, tutelandone i risparmi nell’eventualità di un fallimento della loro banca.
Le banche moderne gestiscono i beni delle famiglie e ne tengono la contabilità, e al tempo stesso fungono da agenti e consulenti delle famiglie sui mercati finanziari. L’efficienza economica dei finanziamenti che esse concedono e del capitale che investono dipende dalla loro capacità di mantenersi competitive. I finanziamenti concessi dalle banche svolgono un importante ruolo nell’ulteriore sviluppo dell’Unione europea: penso a infrastrutture, edilizia, amministrazioni locali, settore energetico e – non ultimo elemento – piccole e medie imprese. Basilea II comprende riferimenti oggettivi per valutare i rischi legati alla concessione di questi finanziamenti, nonché i rischi che ne derivano per il capitale proprio delle banche e gli interessi applicati ai debitori.
Il quadro è completato dall’adozione dei miei emendamenti concernenti l’agevolazione del credito al dettaglio per le piccole e medie imprese e le passività delle autorità locali e regionali, come fattori da inserire nel calcolo dell’elemento di rischio. L’effetto di Basilea II non dev’essere quindi quello di rendere i finanziamenti più costosi o più difficili da ottenere. Le banche devono assumersi la loro responsabilità economica, e Basilea II non va utilizzato in maniera distorta, a danno o a spese dei debitori.
Un altro obiettivo di Basilea II è quello di fissare regole del gioco eque ed uniformi per la concorrenza tra i grandi gruppi bancari e le casse di risparmio e le cooperative di credito che operano su base regionale; proprio per tale motivo ho insistito per ottenere la massima obiettività possibile nel trattamento di quelli che vengono definiti prestiti interbancari. Vorrei non da ultimo sottolineare l’attuale duplice responsabilità delle autorità nazionali di vigilanza, per quanto riguarda sia il monitoraggio dei metodi di valutazione dei rischi delle banche, ora più precisi, sia il sostegno alle banche che operano in più di un paese, quando le autorità di vigilanza dei due paesi collaborano tra loro.
Vorrei dedicare un’ultima ma non meno importante osservazione al tema della comitatologia. Le norme in materia di informazione e trasparenza che il Parlamento richiede per Basilea II sono in effetti date per scontate nella legislazione moderna, e questo dovrebbe riflettersi anche nel diritto di avocazione. Chiediamo al Consiglio la garanzia di disporre, fra due anni al massimo, di un solido accordo che consenta al Parlamento di continuare ad esercitare la responsabilità e i diritti democratici che gli spettano.
Wolf Klinz, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, obiettivo di questa proposta di direttiva è l’applicazione di Basilea II nell’Unione europea, per garantire una base di maggiore stabilità ai mercati finanziari. La vigilanza bancaria si può rendere più efficiente, e si può attribuire maggiore importanza all’elemento di rischio. La direttiva imporrà anche standard minimi per attività ad alto rischio.
In seno alla commissione per i problemi economici e monetari abbiamo discusso in modo approfondito di Basilea II, esaminando circa 900 emendamenti, a cui si è aggiunta una folta schiera di emendamenti di compromesso che il relatore, onorevole Radwan, ha elaborato insieme all’onorevole Ettl e a me. A questo punto vorrei esprimere la mia gratitudine per la completa fiducia e la costruttiva cooperazione su cui abbiamo potuto contare. Nel trilogo che è seguito, il Consiglio ha accettato molti degli emendamenti del Parlamento, e siamo riusciti ad ottenere dal Consiglio stesso numerosi compromessi e concessioni; tecnicamente, quindi, la sostanza di Basilea II si può considerare equilibrata. Parlando da liberale, mi rallegra particolarmente che siamo riusciti ad elaborare norme in grado di garantire eque condizioni di concorrenza tra i vari gruppi del settore bancario.
I liberaldemocratici possono sostenere con convinzione questo pacchetto. Esso però contiene due emendamenti su ipoteche e prestiti islamici, e uno sulle aziende energetiche, che noi non possiamo sostenere, in quanto Basilea II non è stato concepito come strumento per istituire speciali misure di salvaguardia, o creare condizioni particolari, a favore di determinati settori industriali. Ciononostante, il nostro gruppo voterà a favore del pacchetto nel suo insieme.
E’ stato il nostro gruppo a introdurre gli emendamenti relativi al portafoglio di negoziazione. Riteniamo assai positivo che l’ottimo e rapido lavoro svolto dalla Commissione europea abbia reso possibile adottarli nel corso della votazione su Basilea II, garantendo in questo campo un’attuazione coerente.
Il dibattito su Basilea II, naturalmente, ha anche toccato il tema della comitatologia, argomento su cui tutti gli oratori hanno fatto osservazioni. Nessuno di noi mette in discussione l’importanza e l’utilità della procedura di comitatologia; è uno strumento che consente di emanare rapidamente le norme attuative di leggi fondamentali, ma si tratta d’altra parte di una procedura che non deve minare le prerogative del Parlamento, di cui il Trattato costituzionale prevede anzi il rafforzamento. Il futuro del Trattato è forse incerto, ma le preoccupazioni del Parlamento restano e sono importanti. Come si poteva prevedere, i negoziati del trilogo sulla comitatologia si sono dimostrati particolarmente problematici; dopo settimane di pressioni da parte nostra, il Consiglio si è deciso a creare un gruppo di lavoro denominato “Amici della Presidenza”, che è stato menzionato dal Commissario McCreevy, e in tal modo ha riconosciuto per la prima volta la necessità di un nuovo accordo interistituzionale e di nuove iniziative. Non possiamo però accontentarci di semplici promesse; vogliamo invece che sia fissata una data precisa, entro la quale venga stipulato un nuovo accordo interistituzionale che rafforzi i nostri diritti.
Al Consiglio proponiamo il 1° gennaio 2008 come data per la clausola di caducità; attendiamo ora una risposta, che ci auguriamo sia favorevole.
John Whittaker, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, i requisiti patrimoniali sono considerati utili per scongiurare il fallimento bancario perché costringono gli azionisti a sostenere una maggiore percentuale dei costi del fallimento. Le proposte della Convenzione internazionale Basilea II – che vengono attuate dalla presente direttiva – mirano ad ottenere una migliore combinazione tra capitale e rischio rispetto al semplice rapporto dell’8 per cento tra capitale e attività previsto da Basilea I. Tuttavia, nessun capitale bancario inferiore al 100 per cento dell’attività di rischio può proteggere dal fallimento. Gli importi minimi di capitale indicati in qualsiasi sistema normativo sono arbitrari.
Come ha sottolineato l’onorevole Radwan, altri problemi sono la misura in cui la ripartizione dei rischi tra le singole banche di un gruppo bancario debba implicare una riduzione nel patrimonio regolamentare, e la difficoltà di definire la divisione di responsabilità tra le autorità di vigilanza nazionali. Non esistono risposte obiettive per questioni così controverse. Per tale motivo, metto in dubbio la competenza della nostra Assemblea in questo campo; è ridicolo che veniamo coinvolti nei dettagli minuti di questa direttiva, data la sua complessità e la sua importanza. Ma è così che lavora il Parlamento e da noi deputati, indipendentemente dal nostro livello di esperienza (o di inesperienza) negli arcani dei regolamenti bancari, si esigono centinaia di giudizi ponderati su svariate questioni, per molte delle quali non esiste una risposta oggettiva.
Visti i dubbi che ancora sussistono, il relatore raccomanda la futura revisione della direttiva. Il settore bancario non ha certo bisogno di una simile revisione. Le banche convivono giornalmente con i rischi e l’incertezza; aggiungere ulteriore incertezza ai futuri regolamenti non favorirebbe certo l’attività di programmazione delle banche, né la tutela dei nostri interessi quali clienti e azionisti.
Possiamo dunque affermare che non esiste un giusto importo di patrimonio regolamentare. Se ci basassimo su questo principio al momento di legiferare, produrremmo norme assai più semplici, e ai deputati di quest’Assemblea si risparmierebbe la farsa di dover votare su centinaia di emendamenti.
Eoin Ryan, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il relatore, onorevole Radwan, per la sua tempestiva relazione.
Il settore dei servizi finanziari è divenuto estremamente sofisticato nella gestione dei rischi, e quindi il quadro normativo deve adeguarsi alle nuove condizioni. Sono molto soddisfatto della relazione in discussione quest’oggi; in essa si riconosce che le obbligazioni coperte sono un prodotto globale dei mercati dei capitali e non sono più un prodotto europeo né nazionale. Credo che qualsiasi soluzione alternativa ostacolerebbe lo sviluppo del settore, che dispone di un significativo potenziale commerciale.
Secondo uno studio realizzato da JP Morgan, Basilea II potrebbe aumentare il numero delle emissioni dei titoli ad alto rendimento – e soprattutto di obbligazioni coperte. Ciò sarebbe vantaggioso dal punto di vista irlandese perché le emissioni di obbligazioni coperte irlandesi godono dei più alti rating di credito. E’ perciò importante che Basilea II sostenga le attuali prassi di mercato nel settore delle obbligazioni coperte.
Le banche vantano una lunga tradizione di concessione di prestiti, e talvolta noi diamo per scontato che esse siano disposte ad affrontare rischi consueti come i rischi connessi al credito e al mercato; oggi, tuttavia, le banche si scontrano con rischi operativi sempre più imprevedibili e difficili da gestire. Nell’ambito di Basilea II, sarebbe essenziale effettuare una tempestiva analisi dei rischi per le operazioni dei servizi finanziari. Sarebbe interessante sapere quanto spenderanno per tali analisi le istituzioni finanziarie nell’Unione europea dopo l’introduzione di Basilea II. Accolgo quindi con favore la proposta di rivedere questo regolamento dopo quattro anni.
Allo stesso tempo però non sarebbe opportuno sottovalutare l’importanza della gestione dei rischi nei settori tradizionali del credito e dei rischi di mercato. Nell’attuale clima economico c’è una crescente necessità di un’analisi dettagliata degli effetti della recessione e di altri shock finanziari sulle economie nazionali e sull’Unione europea. Secondo le norme fissate da Basilea II, il settore bancario dovrà investire nello sviluppo di sistemi informatici capaci di fornire dettagliati modelli di analisi dei rischi di credito. Il modo di espletare i servizi finanziari è cambiato e continuerà a cambiare ma, per avere successo, la gestione dei rischi non può basarsi unicamente su una risposta obbligata alle norme; è necessaria una profonda comprensione di ciò che favorisce l’attività economica e la convergenza delle migliori prassi.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, per molte piccole e medie imprese l’accordo di Basilea II è una questione di vita o di morte. Quest’accordo le preoccupa molto e molte sono state le discussioni sul tema. Credo che esse dovrebbero riporre piena fiducia nel relatore. La relazione ha indubbiamente raggiunto numerosi obiettivi, ma c’è un aspetto che vorrei menzionare nel breve tempo a mia disposizione: la possibilità di garantire davvero una concorrenza equa tra le fonti di credito, e magari anche tra coloro che lo richiedono, dipenderà dall’accordo che sarà raggiunto in questa sede. Fortunatamente siamo soltanto nella fase di prima lettura. Ritengo però che l’emendamento 140 sarà essenziale, se vogliamo evitare ulteriori distorsioni della concorrenza; con tale emendamento si vuole introdurre una maggiore trasparenza invitando gli enti creditizi a rivelare le proprie decisioni di rating per iscritto e in modo comprensibile alle PMI e ad altre società che chiedano prestiti. Dovremo poi aspettare i risultati per poter valutare se avremo ottenuto effettivamente il giusto grado di trasparenza o un’eccessiva regolamentazione. Sarebbe positivo se riuscissimo a fissare un calendario per questo, se non altro in seconda lettura. Sarei certamente favorevole ad una clausola di caducità – argomento che è stato trattato esaurientemente – e mi auguro che la relazione Radwan venga approvata in una forma che consenta di mantenere l’equilibrio auspicato dal relatore.
John Purvis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Radwan per la sagacia con cui ha condotto una direttiva così complessa fino a questa fase avanzata.
Noi tutti ci auguriamo che il Consiglio dei ministri adesso adotti le misure necessarie a raggiungere un accordo in prima lettura. Certamente la Presidenza potrà fare un ultimo sforzo per chiudere la questione della comitatologia con un accordo sulle scadenze che sia reciprocamente accettabile. Abbiamo già raggiunto un accordo su questioni tecniche così complesse, che sarebbe inammissibile – oserei dire imbarazzante – lasciare in sospeso i punti ancora irrisolti. E’ senz’altro ragionevole che il Parlamento aspiri ad avere nel processo legislativo un ruolo equivalente a quello dell’altro ramo legislativo – il Consiglio. I nostri elettori se lo aspettano, e anzi gran parte di loro pensa che sia già così. Chiediamo quindi al Consiglio di tener conto quanto prima di tale aspirazione.
Il settore ha bisogno di ottenere rapidamente certezza giuridica e non perdonerà facilmente né il Parlamento né il Consiglio se, dimenticando il buon senso, lasceremo cadere quest’importante direttiva per motivi che al mondo esterno sembrerebbero sottigliezze interistituzionali.
Passo ora a considerazioni di natura internazionale. Il nuovo regime produrrà effetti su quasi tutte le imprese europee del settore bancario, assicurativo e di gestione patrimoniale, che dovranno sostenere i costi legati all’adeguamento del proprio sistema. In America, d’altra parte, soltanto le maggiori banche internazionali dovranno adeguarsi. I vantaggi competitivi indurranno probabilmente almeno alcune delle loro concorrenti di medie dimensioni ad adottare Basilea II. Tuttavia, anche le istituzioni finanziarie europee minori dovranno adeguarsi e sostenere considerevoli costi finanziari, mentre le loro concorrenti americane, come le società di gestione patrimoniale, non dovranno farlo. Come riuscirà la Commissione a garantire condizioni paritarie per le nostre istituzioni finanziarie di natura e dimensione diverse nel mercato globale?
Pervenche Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ci è stato presentato un accordo in prima lettura su un testo estremamente complesso, nell’ambito del quale 304 emendamenti verranno approvati senza alcuna difficoltà; o meglio, verranno approvati se il Parlamento saprà lavorare con intelligenza in caso di necessità.
Ciò premesso, questo testo – come è facile constatare – pone in gioco una posta altissima, in difficile equilibrio fra un approccio sensibile al rischio e un approccio sensibile alle sfide in termini di concorrenza, sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea.
Farò tre osservazioni. In primo luogo, elemento fondante di questo dossier, tutto ciò che può consentire una valutazione e una maggiore considerazione dei rischi da parte del settore bancario – e più globalmente da parte del settore delle istituzioni finanziarie – va nella giusta direzione, nella misura in cui si associa ad un ragionevole consolidamento e soprattutto all’istituzione di efficaci meccanismi di vigilanza. Tutto questo risulta dalla discussione sulla dimensione delle banche, sui consolidamenti intergruppo e sulla valutazione dei rischi. Al di là della modalità di gestione di questo dossier, rimane irrisolto e prioritario il problema della nomina di un lead supervisor su scala europea: su questo punto dovremo tornare negli anni futuri.
Vorrei soffermarmi sulle PMI; mi auguro che la soluzione proposta vada nella giusta direzione e non provochi invece una riduzione del credito a favore delle PMI. Il dibattito è aperto, ma personalmente nutro alcuni dubbi in proposito.
Il secondo punto, che è stato menzionato dal collega Purvis, riguarda le relazioni internazionali. Signor Commissario, so che lei annette grande importanza a questo aspetto e, francamente, da quando abbiamo cominciato ad occuparci di questo dossier, sono rimasta colpita dallo squilibrio che caratterizza il modo di concepire l’integrazione e l’adeguamento degli accordi di Basilea II. Conosciamo il ruolo svolto dagli americani nella definizione e nei negoziati di Basilea II e constatiamo la presenza di un gran punto interrogativo, sia per quanto riguarda il calendario che il campo applicativo di questo accordo sull’altra sponda dell’Atlantico. Dietro tutto questo, la posta in gioco per le nostre economie in termini di concorrenza non può essere ignorata, e contiamo sulla vostra vigilanza per scongiurare qualsiasi discriminazione a danno dell’Unione europea.
Ultimo punto, la comitatologia di cui hanno parlato tutti i colleghi. In primo luogo, il Commissario ci ha detto: “non prendiamo in ostaggio questi accordi, perché i mercati non capirebbero”. Ma i mercati, com’è noto, fanno ciò che vogliono. Oggi ci diranno: “dovete assolutamente adottare questo testo, o sarà una catastrofe”. E domani, quando non saranno d’accordo sul modo in cui avrete attuato il primo livello dell’accordo, verranno a trovarci e saranno ben lieti del fatto che esista un Parlamento in cui si possa tornare a discutere del modo in cui le misure di comitatologia sono state attuate, bene o male. Quindi non ascoltiamo troppo i mercati e facciamo il nostro lavoro di legislatori. Per quanto riguarda il mio ultimo punto, mi compiaccio della decisione della Presidenza britannica di costituire un gruppo di “Amici della Presidenza”; credo infatti che sia un buon modo per trovare un accordo. Mi dispiace però che il Consiglio non sia presente a questa importante discussione nel dibattito tra le Istituzioni.
Nils Lundgren (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, la direttiva sui requisiti patrimoniali risolleva il ricorrente problema del contrasto di obiettivi nell’ambito della cooperazione europea: un contrasto che noi tutti, in linea di principio, abbiamo ragione di analizzare e discutere prima di prendere posizione.
Da un lato, ci sono spesso buoni motivi per introdurre norme comuni a livello di Unione europea, se si vuole che il mercato interno operi in modo efficiente. L’esistenza di norme diverse nei singoli Stati membri in settori cruciali comporta alti costi e quindi una minore prosperità. Ciò vale anche per il mercato finanziario.
Dall’altro, ci sono ottimi motivi per non costringere gli Stati membri ad adottare norme comuni che poi entrano a far parte del nostro acquis comunitario e perciò impediscono ai singoli Stati di assumere un ruolo guida e sviluppare sistemi di norme. Gran parte della dinamica delle nostre economie si basa sulla concorrenza istituzionale che si registra tra i diversi paesi quando si tratta di sviluppare istituzioni che operino con efficienza e promuovano la crescita. Spesso si usano espressioni come migliori prassi e benchmarking, a dimostrazione della conoscenza di questo importante processo.
Purtroppo quest’Assemblea dedica scarsa o nessuna attenzione alla concorrenza istituzionale. Per quanto riguarda l’accordo di Basilea II, tuttavia, parliamo di un mercato estremamente globalizzato, caratterizzato da un gruppo di soggetti assai ben informati, capaci di agire con brevissimo preavviso. In questo mercato, le posizioni speciali a livello di Unione europea hanno scarso margine di manovra. Quanto all’accordo di Basilea II, i singoli paesi devono operare autonomamente nell’ambito di questa cooperazione tra le banche centrali. Non ha alcun senso tirare in ballo in questo processo l’UE e il Parlamento; non è questa la nostra funzione.
Consentitemi infine di convenire con altri oratori; è inopportuno che il Parlamento stia cercando di usare questa relazione nell’ambito della costante lotta di potere ingaggiata tra le Istituzioni europee. La Lista di giugno non intende rafforzare il potere di questo Parlamento.
Ieke van den Burg (PSE). – (NL) Signor Presidente, se non erro potrò utilizzare anche il tempo di parola dell’onorevole Goebbels. Poiché numerosi deputati sono già intervenuti in merito al contenuto di questo dossier, non intendo dilungarmi troppo sull’argomento; vorrei però fare un’osservazione in merito alla procedura, ma non prima di essermi tolto un peso dallo stomaco.
Ai profani, questo sembra un fascicolo estremamente tecnico e complesso, che conta ben 800 emendamenti, o quasi; un documento che ha uno spessore di 10 centimetri. Verrebbe spontaneo chiedersi che cosa sta combinando Bruxelles. Ma dove sono le voci indignate, dove le critiche feroci della stampa? D’altro canto, qui non si tratta di proteggere i lavoratori dal cancro alla pelle dovuto ad eccessiva esposizione alla luce del sole – un tema su cui tutti hanno un’opinione e che, nella precedente tornata, ha raccolto una generale condanna.
No, questa volta ci occupiamo della protezione del capitale investito. Forse che questo è un obiettivo completamente diverso e più nobile? Dovremmo quindi consentire all’Europa un maggior coinvolgimento? Questa volta non si registra alcuna indignazione selettiva. Per fortuna ciò vale anche per me: non ho niente contro questo dossier, ma in futuro cerchiamo di non applicare norme diverse quando si tratterà di proteggere i lavoratori.
Adesso passerò alla relazione. Constato con piacere ed orgoglio che siamo riusciti a preparare questo complesso fascicolo – tra cui le norme supplementari per il portafoglio di negoziazione – con estrema rapidità ed efficienza, nell’ambito della nostra commissione per i problemi economici e monetari; di ciò dobbiamo congratularci con tutti coloro che vi hanno preso parte. La nostra determinazione viene osservata, soprattutto dagli Stati Uniti, con meraviglia e gelosia. Ecco che cosa occorre per rendere l’Europa competitiva ed attrarre investimenti che favoriscano la crescita e l’occupazione; questo è ciò che conta nella strategia di Lisbona.
Il nostro approccio in questo campo, tuttavia, con questa pletora di emendamenti e appendici tecniche, non mi sembra opportuno né, credo, ci consentirà di ottenere una migliore normativa. Nell’ambito dei regolamenti dei mercati finanziari abbiamo appena elaborato un metodo di lavoro più intelligente, definito procedura Lamfalussy; secondo tale procedura, le Istituzioni europee adottano la legislazione quadro mentre i dettagli tecnici vengono delegati alle diverse commissioni parlamentari, in comitatologia, e ai gruppi europei responsabili per la vigilanza che, a loro volta, delegano, in stretto dialogo e in consultazione con gli operatori del mercato e le altre parti in causa.
Ciò è necessario non solo per ridurre gli oneri dei datori di lavoro, ma anche per consentire una risposta più flessibile e adeguata agli sviluppi che si registrano in questi mercati così dinamici. Sono una strenua sostenitrice di tale approccio, e credo che sia possibile adottarlo per individuare soluzione efficaci che garantiscano norme migliori anche in altri settori.
Paradossalmente non abbiamo ancora applicato il metodo Lamfalussy a questa direttiva sull’adeguatezza patrimoniale, ma adesso tutta l’attività di elaborazione – comprese le appendici e le formule matematiche – si svolge a livello di legislatori come gruppo. Preferiremmo invece, dopo l’entrata in vigore della direttiva, subordinare a condizioni e a una scadenza precisa la possibilità di iniettare questo dinamismo e questa flessibilità alla direttiva.
Vorrei chiarire che la nostra posizione non scaturisce dall’opposizione al metodo; riteniamo però che alla procedura Lamfalussy manchi ancora una condizione fondamentale, ossia il diritto di avocazione del Parlamento. Ritengo opportuno sottolinearlo ancora una volta, ed è quello che intendevamo fare con la direttiva per ottenere questo diritto formale di avocazione. Non ci interessa il modo in cui ciò avviene. Il problema emerse già nel 1999, prima che si introducessero le convenzioni per elaborare le modifiche ai Trattati, e quindi dobbiamo trovare una soluzione strutturale al problema. Adesso la palla è nel campo del Consiglio, e ci auguriamo che i ministri ECOFIN facciano capire alle loro controparti dei Consigli “Affari generali” e “Affari esteri” che si deve trovare una soluzione a tutti i costi. Credo che questo sia il messaggio fondamentale che ci giunge dal dibattito.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, mi associo volentieri ai colleghi nel porgere i miei ringraziamenti al relatore. Egli ha dato prova di una buona capacità d’ascolto, che ci ha consentito di raggiungere un accordo; un accordo che non piace a tutti, ma che soddisfa molti di noi. La natura estremamente tecnica di questa direttiva non può comunque farci dimenticare il suo carattere fondamentale; l’attuazione degli accordi di Basilea II a livello comunitario è assolutamente essenziale per il settore bancario in Europa.
Insieme ad altri colleghi, mi sono battuta per oppormi a una logica di armonizzazione massimalista nel campo delle emissioni ipotecarie, e sono lieta di aver vinto. Il mercato delle emissioni ipotecarie, originariamente tedesco, è in piena espansione, soprattutto da quando è stato introdotto l’euro; con un ammontare dell’ordine di 1 600 miliardi di euro, esso costituisce il maggiore segmento privato di emissione. Ora, il mantenimento delle disposizioni inizialmente previste avrebbe comportato un arresto repentino per quest’attività che riguarda le principali piazze finanziarie dell’Unione: Londra, Dublino, Parigi e Lussemburgo.
Le obbligazioni coperte sono uno dei rari prodotti europei che gli americani ci invidiano; non trasformiamole quindi in pezzi da museo, applicando criteri troppo restrittivi che impediscano alle banche di utilizzarle nel modo più consono alla loro finalità.
Poiché le obbligazioni ipotecarie si annoverano tra gli strumenti finanziari più sicuri e godono di altissime valutazioni, nessuno avrebbe compreso la nostra azione, se noi avessimo favorito la rigidità e proibito ogni forma di autonomia in materia di regolamentazione nazionale. Anche la definizione delle obbligazioni ipotecarie e i limiti della loro copertura sono stati infine strutturati in maniera da essere compatibili con le legislazioni esistenti. E’ stata una decisione doverosa, ma mi rammarico del fatto che, in termini di lost given defaults, la direttiva vada ben al di là delle effettive necessità, con tassi che superano le perdite effettivamente assorbite dagli enti emittenti.
Concluderò con due osservazioni. Prima di tutto, constato una volta di più che l’approccio dell’unificazione e dell’armonizzazione conduce allo stallo; non dobbiamo confondere la necessità di un quadro comune con l’egualitarismo. Inoltre, il dialogo con i soggetti finanziari può realizzarsi in perfetta trasparenza, con soddisfazione di tutti.
Gunnar Hökmark (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, desidero anzitutto ringraziare l’onorevole Radwan e congratularmi con lui per il considerevole, complesso e importante lavoro svolto.
Se c’è un settore in cui è evidente l’importanza della cooperazione europea è proprio la creazione di un vasto mercato finanziario, che ci stiamo accingendo a realizzare. Al collega svedese che è intervenuto in precedenza vorrei far notare che, se non vi fosse una cooperazione europea, non avremmo la possibilità di esercitare un controllo democratico e parlamentare sulle norme elaborate in questo campo. Nei mercati finanziari comuni abbiamo ora stabilità, efficienza e prevedibilità. La direttiva comporta anche una valutazione dei rischi più flessibile, e questo – giova sottolinearlo – è un elemento sostanzialmente positivo per le imprese e i consumatori europei. L’aspetto importante, come è stato osservato in precedenza in quest’Aula, è che la direttiva prescrive anche norme di base identiche nel mercato globale e in relazione al mercato americano; ma è altrettanto importante che la direttiva prescriva norme di base identiche in un altro senso, sicché vedremo sorgere e svilupparsi nuove istituzioni finanziarie nei dinamici mercati finanziari. Così come, negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una convergenza tra banche e compagnie di assicurazioni, vedremo ora svilupparsi nuovi prodotti e nuove strutture.
E’ essenziale, perciò, che in pratica questa direttiva non intralci il dinamico sviluppo del mercato, ma consenta anzi a nuove forme di attività economiche di crescere e competere a parità di condizioni. Sarà importante che la Commissione – e anche il dibattito del nostro Parlamento – seguano gli sviluppi precisamente in tal senso. Sono lieto che sia stato possibile ottenere norme di transizione che offrano alle autorità nazionali l’opportunità di riaffermare questa tendenza; tuttavia, quando la direttiva sarà entrata in vigore e le sue norme saranno applicabili, tra i compiti del Parlamento e della Commissione vi sarà per l’appunto quello di garantire un’apertura ai cambiamenti che recepisca positivamente la variabilità dei mercati finanziari. In caso contrario, in Europa saremo meno competitivi; proprio per questo si tratta di un compito importante.
Andreas Schwab (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, per le piccole e medie imprese europee Basilea II è divenuta sinonimo di una situazione per cui, quanto più difficile è la congiuntura in cui ci si trova, tanto più arduo è ottenere credito. Se Basilea II fosse stata accettata nella sua forma originaria, ciò avrebbe naturalmente rappresentato un pessimo segnale per l’attuale situazione economica europea; desidero quindi ringraziare cordialmente il relatore del nostro gruppo, onorevole Radwan, che al riguardo ha svolto un lavoro estremamente arduo. Questa direttiva, nella forma in cui ce la presenta la relazione del collega Radwan, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, ci fornisce a mio avviso un ottimo strumento per dissipare i timori delle piccole e medie imprese.
Il secondo punto su cui vorrei soffermarmi è quello che è già stato affrontato dall’onorevole Berès. Non mi capita spesso di condividere le sue opinioni, ma in questo caso sono d’accordo con lei. E’ sbalorditivo che il settore bancario americano, da cui proviene questa direttiva, ne ritardi ora l’applicazione alle banche americane più piccole. Pur essendo un convinto sostenitore delle relazioni transatlantiche, credo che sia necessario, da parte nostra, vigilare affinché l’armonizzazione economica in Europa non prenda una strada diversa da quella seguita oltre Atlantico. Potremo essere l’area economica più forte del mondo solo se sapremo cambiare allo stesso ritmo degli americani.
Vorrei concludere esprimendo la mia adesione alle osservazioni dell’onorevole Radwan sulla comitatologia. Il messaggio più opportuno che possiamo inviare a quel vasto settore dell’opinione pubblica europea che lamenta la scarsa chiarezza dei processi decisionali nel nostro continente è questo: le decisioni di natura politica si prendono nel Parlamento europeo, e per tale motivo la clausola di caducità, destinata a rimanere in vigore per due anni, ha il mio sostegno. Nel 2007 avremo altre tre direttive passate attraverso la procedura Lamfalussy: la direttiva sulle responsabilità relative ai prospetti, la direttiva sugli abusi di mercato e quella sui conglomerati finanziari. Saranno disponibili tutte e tre; e tutte e tre, ne sono convinto, devono portare chiarezza e stabilità nei mercati finanziari. E’ qui che il Parlamento europeo può svolgere la sua parte, e quindi accolgo con favore questa direttiva, nella forma in cui l’onorevole Radwan ce l’ha presentata.
Jean-Paul Gauzès (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Radwan per la qualità della sua relazione, che si occupa di un settore estremamente tecnico ma fondamentale per l’attività bancaria. Il progetto di direttiva concretizza, o piuttosto attualizza, i principi di sicurezza generale del sistema bancario, in particolare per la solvibilità degli enti creditizi.
Due aspetti specifici meriteranno in futuro una riflessione approfondita: la ripartizione dei rischi per controllare adeguatamente la parte dei fondi propri regolamentari riservati a un’unica firma e l’armonizzazione delle regole relative al controllo interno per tener conto della situazione dei gruppi bancari transfrontalieri. A tale proposito avrei auspicato – e avevo infatti presentato alcuni emendamenti in questo senso – che alla dimensione europea si conferisse maggiore importanza per i prestiti intergruppo transfrontalieri e la vigilanza consolidata. Ammetto tuttavia che la proposta di direttiva, nella versione emendata dal Parlamento, garantisce realisticamente il miglior equilibrio possibile tra le responsabilità delle autorità competenti del paese d’origine e quelle del paese ospitante per i gruppi bancari che esercitano attività transfrontaliere.
Data la deprecabile mancanza di una Costituzione, le proposte della Presidenza del Consiglio sembrano tutelare pragmaticamente i diritti legittimi del Parlamento. Le banche, a loro volta, mobilitano ormai da molti anni risorse umane, finanziarie e tecniche per rispettare la scadenza; la scadenza regolamentare deve quindi essere rispettata, indipendentemente dagli interrogativi americani. E’ importante che la direttiva possa entrare in vigore alla data prevista. Per questo motivo auspico che il Parlamento approvi la proposta che gli è stata presentata e che si riesca a trovare un accordo già in prima lettura.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero in primo luogo far notare alla Commissione che a questo punto il lavoro vero deve ancora cominciare. L’onorevole Radwan ci ha presentato certo uno splendido testo, ma ora è importante che il Commissario Verheugen rifletta sul modo migliore di introdurre questa direttiva in Europa, evitando le insolvenze e incoraggiando la formazione di società. Il Commissario Kovács, a mio avviso, dovrà invece pensare al modo in cui, in futuro, le aziende potranno incrementare gli ammortamenti dei cespiti minori – in America, ad esempio, i tassi sono notevolmente più alti – nonché gestire la ripartizione e il riporto delle perdite. E’ questo l’ambito in cui la Commissione europea, tenendo conto della concorrenza, dovrebbe intervenire in maniera creativa; infatti gli obiettivi di fondo del progetto Basilea II sono la razionalizzazione e la riforma. Esso mira a ridurre i costi anziché produrne di nuovi, e anche per questo motivo raccomando di fare ricorso al benchmarking e al metodo delle migliori prassi.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli deputati per i loro costruttivi commenti su questo importante strumento legislativo e, come ho detto all’inizio della discussione, mi congratulo con l’onorevole Radwan e i relatori ombra per il loro lavoro e per l’attività intensa ed estremamente tecnica svolta dalla commissione parlamentare su un tema così complesso.
Condivido gli interventi tesi a sottolineare l’importanza di questa specifica direttiva. Ciò che favorirà le istituzioni finanziarie favorirà la crescita economica, l’occupazione, l’economia e una maggiore stabilità finanziaria. Talvolta l’opinione pubblica guarda con ostilità alle questioni che concernono le banche e le istituzioni finanziarie, che accusa di applicare tassi d’interesse eccessivi e di conseguire profitti enormi a spese dei clienti. Ma se non fosse per le banche e gli enti creditizi, i risultati economici sarebbero assai più limitati. E’ perciò nell’interesse di tutti – dei diversi soggetti coinvolti e delle parti in causa – disporre di un settore finanziario adeguatamente regolamentato e di una corretta valutazione dei rischi, elemento, questo, importante anche per i risparmiatori. E’ l’altra faccia della medaglia dell’attività creditizia; se nessuno depositasse il proprio denaro in banca, non ci sarebbe denaro disponibile per le operazioni di credito. Per gli stessi motivi questo elemento è importante anche per gli azionisti e per gli investitori, nonché per i dipendenti delle istituzioni finanziarie. Quindi, ciò che favorisce il settore bancario, favorirà anche noi.
Secondo uno studio recente, la proposta di direttiva consentirà alle banche di ridurre i propri requisiti patrimoniali di circa 80-120 miliardi di euro; si dice anche che questa direttiva ridurrà i requisiti patrimoniali per i prestiti alle PMI di più del 50 per cento. L’Assemblea ha presentato emendamenti alle nostre proposte che migliorano ulteriormente le norme per il credito al dettaglio e alle PMI. In alcuni interventi si è fatto riferimento al problema delle ipoteche islamiche; abbiamo bisogno di norme per garantire che per tali crediti non si possa ricorrere a cavilli o scappatoie.
Gli onorevoli Ryan e Lulling hanno sollevato il problema delle obbligazioni ipotecarie e delle obbligazioni coperte da attività. Osservo che la maggiore flessibilità introdotta dagli emendamenti del Parlamento ridurrà ulteriormente i limiti normativi per le cosiddette obbligazioni coperte, il che rappresenta un buon risultato per i mercati.
Altri deputati – in particolare gli onorevoli Berès e Purvis – hanno sottolineato la necessità di garantire condizioni paritarie per l’Europa e gli Stati Uniti. Prima di tutto vorrei ricordare che le banche americane piccole e medie hanno chiesto che i benefici di Basilea II venissero estesi anche a loro, e mi risulta che gli Stati Uniti avanzeranno tali proposte entro il mese prossimo.
In secondo luogo, per quanto riguarda le condizioni paritarie, tutte le grandi banche americane che sono in diretta concorrenza con le banche europee operanti a livello mondiale rientreranno nel quadro normativo di Basilea.
Accolgo tuttavia le osservazioni fatte dagli onorevoli Purvis e Berès, non soltanto su questo tema specifico ma anche in merito ad altre questioni concernenti gli Stati Uniti. So che l’onorevole Berès nutre un particolare interesse per la questione, e ne terrò conto.
Quasi tutti gli interventi hanno fatto riferimento al tema generale della comitatologia. L’onorevole Radwan può essere soddisfatto e orgoglioso per aver portato la questione al centro del dibattito, e per averla estesa anche ad altri settori.
Per quanto riguarda la comitatologia, noto con soddisfazione che il relatore avanza una proposta utile e costruttiva e mi auguro che, non solo con questa direttiva ma anche in altri settori, potremo risolvere con successo la questione, grazie alla cooperazione dei vari soggetti interessati.
Sono inoltre lieto di informarvi che la Commissione può accettare senza riserve il compromesso che è stato raggiunto su questi emendamenti. Il pacchetto che viene ora discusso dall’Assemblea plenaria costituisce un equo compromesso che tiene conto delle discussioni tenutesi tra il Consiglio e il Parlamento, e che godrà del forte sostegno del settore bancario. Inoltre, le soluzioni proposte sono ben equilibrate e rispettano le intenzioni iniziali della Commissione per questa normativa.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.00.
15. Revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0224/2005), presentata dall’onorevole Doorn a nome della commissione giuridica, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati e che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio [(COM(2004)0177 – C6-0005/2004 – 2004/0065(COD)].
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Bert Doorn e la commissione giuridica per l’eccellente lavoro svolto su questo dossier. Una cooperazione efficace tra le Istituzioni dovrebbe consentire di approvare questa proposta in un’unica lettura.
La revisione legale dei conti è un tema di grande importanza per l’Europa; i recenti scandali infatti hanno evidenziato la necessità di raccogliere le nuove sfide. Per ammodernare la revisione legale dei conti, la direttiva modificata indicherà con maggior chiarezza i doveri dei revisori legali dei conti, la loro indipendenza e il loro codice etico. Essa inoltre invocherà l’applicazione di norme internazionali sulla revisione dei conti, e stabilirà i criteri per un rigoroso controllo pubblico della professione del revisore contabile. Nell’Unione europea abbiamo bisogno di revisori contabili capaci. Ciò andrà a vantaggio di tutti – aziende, investitori e risparmiatori, grandi e piccoli – e favorirà la crescita della fiducia economica.
Vorrei fare alcune osservazioni sull’opportunità di limitare la responsabilità dei revisori contabili, un tema che è emerso durante le discussioni su questa direttiva, sebbene non fosse menzionato nella proposta originaria della Commissione europea. I revisori sono molto cauti al momento di assumere nuove revisioni poiché temono la responsabilità illimitata. Capisco le argomentazioni che sono state mosse a favore di un’azione a livello di Unione europea, giacché potrebbe esserci un impatto sul mercato interno, e intendo agire attivamente per capire che cosa si possa fare al riguardo. Come prima misura, vorrei avviare uno studio in materia nel prossimo futuro.
Gli emendamenti proposti tengono conto delle discussioni in seno al Consiglio e godono del forte sostegno del settore della revisione contabile. Le soluzioni proposte dal vostro relatore, inoltre, sono ben equilibrate e rispettano le intenzioni iniziali della Commissione su questa normativa. Di conseguenza sosteniamo con forza il risultato.
Come si è già verificato per la precedente relazione che abbiamo discusso, la comitatologia è ancora una volta l’unico tema irrisolto. La situazione è molto simile a quella verificatasi poco fa nell’ambito della discussione sulla relazione Radwan, concernente la direttiva sui requisiti patrimoniali. Farò riferimento alle affermazioni che ho fatto in tale contesto, così non dovrò ripetermi.
Le competenze di esecuzione sono molto importanti per l’ottava direttiva sul diritto societario. Molte questioni tecniche e numerosi adeguamenti richiedono la disponibilità di competenze di comitatologia, come ha confermato il Consiglio al momento di esprimere il proprio sostegno al pacchetto di emendamenti di compromesso. Il comitato dei rappresentanti permanenti riteneva che una clausola di caducità, nell’ambito della quale sarebbero state sospese le competenze di esecuzione, avrebbe potuto danneggiare l’effettiva attuazione della direttiva; di conseguenza ha chiesto al Parlamento di considerare con attenzione le implicazioni di una simile clausola di caducità.
La Commissione condivide le preoccupazioni espresse dal Consiglio, ma tiene conto anche del parere del Parlamento secondo cui il proprio ruolo di vigilanza dell’esercizio dell’autorità delegata dev’essere conforme alla propria posizione nell’ambito della procedura di codecisione. In mancanza di una soluzione globale per la comitatologia, la Commissione comprende che il Parlamento voglia limitare, col tempo, l’autorità delegata; per la Commissione è essenziale che questo periodo sia sufficientemente lungo per garantire un’adeguata attuazione della direttiva. Mi risulta che il vostro relatore vorrebbe proporre una clausola di caducità di due anni dall’entrata in vigore della direttiva, ma al più tardi al 1° aprile 2008. Ciò comunque non varrebbe per l’articolo 26 sui principi di revisione internazionali. La Commissione può essere d’accordo su questo punto. La soluzione corrisponderebbe a quella individuata nella relazione Radwan sulla proposta di direttiva concernente i requisiti patrimoniali. La Commissione inoltre invita il Consiglio a mostrarsi flessibile, ma soprattutto a considerare prioritaria la revisione della decisione del 1999 sulla comitatologia.
Bert Doorn (PPE-DE), relatore. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in qualità di relatore per l’ottava direttiva posso informarvi che nel corso dei negoziati con il Consiglio e la Commissione abbiamo realizzato un interessante pacchetto. Per esempio, siamo riusciti a dare più spazio alle soluzioni nazionali per quanto riguarda i comitati interni per la revisione contabile, che sono comitati di vigilanza interni alle imprese; abbiamo ribadito una volta di più che il governo societario è una questione da negoziare a livello di Stato membro, e che in questo campo è inaccettabile imporre soluzioni generali a livello europeo.
Siamo riusciti a fare della sostituzione dei revisori la norma, e della sostituzione dell’impresa di revisione l’eccezione. Siamo anche riusciti a limitare l’onere amministrativo gravante, in alcuni campi, sulle piccole e medie imprese, e la Commissione si è impegnata a presentare una relazione sulla responsabilità prima della fine del 2006. Poco fa il Commissario McCreevy ha annunciato la sua intenzione di “avviare uno studio nel prossimo futuro”, ma avevamo raggiunto un accordo per la presentazione di una relazione prima della fine del 2006, e mi auguro di poter avere la sua parola che ciò avverrà effettivamente; su questo tema gradiremmo avere uno scambio di opinioni anche in quest’Aula.
La responsabilità rappresenta un problema a causa delle fortissime differenze che sussistono fra gli Stati membri, ma in questo settore è necessario individuare soluzioni. Nel complesso, si tratta di un provvedimento legislativo vitale, che a mio avviso negli ultimi sei mesi è divenuto più pragmatico e anche di più pratica applicazione: in fondo è questo il punto essenziale.
C’è un altro grosso ostacolo su cui occorre negoziare: si tratta – come lei ha già sottolineato, signor Commissario – della comitatologia. A tal proposito ci siamo schierati sulla stessa linea della relazione Radwan, poiché credo che siano in gioco gli stessi interessi.
Riprendendo poi un commento fatto poco fa da un collega – “non voglio immischiarmi in un gioco di potere tra le Istituzioni” – vorrei ribadire che, a mio avviso, in questo caso non abbiamo a che fare con giochi di potere, bensì, semplicemente, con un moderno modo di legiferare. Dobbiamo elaborare una legge quadro e delegare i dettagli alla Commissione e agli esperti, ma questo è possibile solo se il Parlamento dispone del diritto di avocazione: è questo l’aspetto più importante.
Ricordo che poco prima del referendum sulla Costituzione nei Paesi Bassi – che, come sapete, ha avuto esito negativo – un quotidiano olandese pubblicò un lungo articolo intitolato “I funzionari di Bruxelles hanno il potere”; in concreto, esso si riferiva alle commissioni esecutive che, a porte chiuse, si occupano dell’applicazione di tutti i vari provvedimenti legislativi elaborati dal nostro Parlamento. Ecco un tipico esempio di una di quelle situazioni che contribuiscono alla crescente ostilità dei cittadini nei confronti di Bruxelles, ove ogni tipo di attività si svolge a porte chiuse.
A mio avviso, quindi, se intendiamo discutere questo aspetto della comitatologia – e mi rallegro che il Consiglio abbia annunciato l’intenzione di avviare iniziative in merito – ci sarà molto lavoro da fare per migliorare la situazione da questo punto di vista. A tal proposito sostengo la clausola che fissa al 1° aprile 2008 il termine della “caducità”, analogamente del resto a quanto stabilisce la relazione Radwan. Desidero però aggiungere che, per quanto riguarda l’articolo 26, che concerne l’adozione dei principi di revisione internazionali, dovremmo introdurre un’eccezione, poiché questi implicano, relativamente alla clausola di caducità, accordi internazionali. E’ superfluo aggiungere che – se e quando sarà introdotto un nuovo regolamento per la comitatologia – il diritto di avocazione dovrà applicarsi a questo tipo di principi di revisione.
Concludo ringraziando i colleghi della commissione parlamentare per la collaborazione estremamente costruttiva che mi hanno offerto; a mio avviso, i negoziati che abbiamo condotto negli ultimi sei mesi si sono rivelati preziosissimi. Desidero ringraziare anche la Commissione e il Consiglio per il loro atteggiamento costruttivo; possiamo dichiararci completamente soddisfatti dei risultati che abbiamo raggiunto.
Andreas Schwab, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, permettetemi anzitutto di ringraziare l’onorevole Doorn per l’eccellente lavoro che ha svolto con l’aiuto di numerose commissioni parlamentari. Mi sembra che questa relazione rappresenti un buon compromesso su un tema estremamente arduo. E’ chiaro – lo dimostra anche il numero dei colleghi presenti in Aula – che stiamo esaminando un provvedimento legislativo altamente tecnico, il quale tuttavia, ne sono convinto, potrà recare un importante contributo alla competitività sia interna che esterna dell’Europa. Ci muoviamo in un campo delicatissimo, che esige una legislazione assai rigorosa.
Alcuni compromessi sono naturalmente necessari; l’onorevole Doorn ne ha menzionato uno, relativo alla rotazione. In sostanza è giusto eliminare la rotazione esterna, poiché gli Stati membri dispongono di una soluzione alternativa; alcuni di essi possono mantenere la rotazione esterna che vigeva in precedenza. Istintivamente, mi sembra che gli Stati membri non dovrebbero avere il diritto di esigere la rotazione esterna, che a mio avviso non incoraggia la concorrenza.
Dal momento che il mio tempo di parola è limitato, vorrei concentrarmi sulla proposta avanzata dal Commissario McCreevy in merito a uno studio sui possibili effetti della responsabilità limitata sul mercato internazionale delle imprese di revisione contabile. L’introduzione della responsabilità limitata offrirebbe all’Europa un considerevole vantaggio come sede delle imprese, e quindi sono lieto che il Commissario McCreevy abbia aderito all’idea di elaborare questo studio, che dovrà essere portato a termine rapidamente, ossia entro la fine del 2006.
Gli Stati membri che vogliono porre un limite alla responsabilità dispongono di un ampio ventaglio di soluzioni: per esempio responsabilità proporzionata, limiti superiori o una combinazione dei due metodi. Ciò che il nostro Parlamento vuole dalla Commissione è che gli Stati membri siano in grado di decidere da sé in tema di responsabilità, e che l’Europa possa alla fine darsi norme armoniose, piuttosto che armonizzate.
L’onorevole Doorn ha già detto tutto quel che andava detto sulla comitatologia, e io concordo pienamente con lui; vi ringrazio quindi per la vostra attenzione ed esprimo l’auspicio che la direttiva venga approvata.
Antonio Masip Hidalgo, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, credo che la proposta sulla revisione contabile ci offra un buon esempio di cooperazione tra i diversi gruppi del Parlamento europeo, nonché tra il Parlamento e le altre Istituzioni: Consiglio e Commissione.
Il relatore ha lavorato tenacemente per farci partecipare all’elaborazione del testo e ai suoi incontri con il Consiglio e la Commissione, e ora questa proposta può rappresentare un contributo all’omogeneità della legislazione europea in un settore importante come quello della revisione contabile, che ha suscitato tanta inquietudine nell’opinione pubblica in seguito agli scandali Enron e Parmalat. Si tratterà in ogni caso di un quadro minimo, che nel prossimo futuro conserverà agli Stati la competenza in quei settori in cui, per motivi di capacità, esperienza e prossimità, essi possono svolgere ispezioni con maggiore efficacia.
Tra i punti più controversi della proposta della Commissione europea, desidero sottolineare la rotazione di imprese, revisori e partner, nella prospettiva di ridurre la possibilità di conflitti di interesse tra revisori e impresa oggetto della revisione.
Dopo molti sforzi siamo riusciti ad aprire la strada alla rotazione delle imprese, e non solo dei partner, consentendo ad ogni Stato di adottare in alternativa la rotazione delle imprese di revisione contabile, ossia la rotazione esterna.
Sono stati accolti alcuni emendamenti in fatto di indipendenza. Spero che essi si dimostrino utili in futuro, dal momento che garantiscono la fiducia che il mercato esige.
La proposta conserva per i revisori contabili la stessa responsabilità che vale per gli altri professionisti. Ritengo che in questo campo si debbano garantire parità di trattamento e sicurezza per i cittadini. Non sono però convinto, devo confessarlo, che la nuova normativa possa stimolare la crescita quantitativa delle grandi imprese di revisione contabile e risolvere così i problemi connessi alla struttura oligopolistica che caratterizza il settore, cui ha fatto riferimento lo stesso Commissario.
Il caso Enron ha segnato la fine della Arthur Andersen, e quindi delle cosiddette cinque grandi ne sono sopravvissute quattro. Un altro scandalo che provocasse una perdita di fiducia nei confronti di un’altra grande impresa di revisione contabile potrebbe avere conseguenze fatali non solo per l’impresa interessata, ma per la stabilità dell’intero sistema. Per questo ho sostenuto fin dall’inizio che non era opportuno lasciare completamente nelle mani delle imprese di revisione contabile il compito di controllarsi da sé, ma che invece dovremmo essere favorevoli a un controllo esercitato da parte delle autorità pubbliche; infatti, non è in gioco solo la sopravvivenza di un’impresa, ma la salute del sistema finanziario.
Desidero congratularmi ancora una volta con l’onorevole Doorn.
Wolf Klinz, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi auguro che la direttiva sulla revisione contabile possa contribuire a ripristinare la fiducia nelle revisioni dei conti annuali e nel funzionamento dei mercati, che negli ultimi anni è stata incrinata da vari scandali. Si può sperare che essa dia agli investitori quella maggior sicurezza che avevano in passato e che renda più competitive le imprese europee. Se si confrontano i punti principali del parere che ho elaborato a nome della commissione per i problemi economici e monetari con la versione finale che il relatore, onorevole Doorn, ci ha presentato dopo i negoziati del trilogo, si può notare che esse in larga misura coincidono, ad esempio per quanto riguarda la rotazione, i costi sostenuti dalle piccole e medie imprese e la responsabilità. Approvo la proposta secondo la quale la Commissione dovrebbe portare a termine entro la fine del 2006 uno studio sul tema della responsabilità, e concordo con le osservazioni fatte in proposito dall’onorevole Schwab.
Avrei voluto udire un messaggio più positivo in merito a due altre importanti questioni, ossia i comitati interni di revisione contabile e la fornitura di servizi aggiuntivi diversi dalla revisione contabile. La commissione per i problemi economi e monetari ha accolto con entusiasmo la proposta di istituire tali comitati, e ha aderito all’impostazione della Commissione europea. Considerata globalmente, la relazione dell’onorevole Doorn costituisce un passo nella giusta direzione, e gli sono grato per il lavoro che ha svolto in qualità di relatore. Il voto cui ci accingiamo sarà importantissimo per portare positivamente a termine la procedura rapida, e quindi i mercati riceveranno presto il segnale che ansiosamente attendevano.
Noto inoltre con soddisfazione che nella sua relazione l’onorevole Doorn affronta il problema della comitatologia, anche se personalmente preferirei fissare la data della clausola di caducità al 1° gennaio, anziché al 1° aprile 2008.
Ritengo comunque che sarà difficile accettare l’approccio che è stato suggerito per l’applicazione dei principi di revisione internazionali, noti come IAS o ISA; anche in questo caso il diritto di avocazione è uno strumento che il Parlamento deve gelosamente custodire. Benché l’onorevole Wallis, relatrice ombra del mio gruppo per la commissione competente per il merito, ci raccomandi di approvare questa relazione, da parte mia mi asterrò dal voto, a causa delle riserve che ho già espresso.
Giuseppe Gargani (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio intervento è volto soprattutto a sottolineare, al di là della retorica o delle frasi di rito, il lavoro importante che il collega Doorn ha fatto; inoltre, come ho detto in commissione e vorrei ripetere qui, a mio parere il lavoro fatto è stato intelligente, equilibrato e lungimirante.
Ritengo che la direttiva sia davvero importante in quanto esiste il problema della sicurezza dei mercati, che gli scandali evidenziati hanno messo ancora più in luce. Tuttavia da tempo era emersa la necessità di una direttiva come quella che portiamo avanti, che si sta rivelando un successo nella prima lettura e costituisce il punto di equilibrio che abbiamo trovato in Parlamento.
Ci sono garanzie nuove per i risparmiatori, sui quali, come nel caso dei consumatori, dovremmo concentrare la nostra attenzione principale, dato che il rapporto finanziario tra le banche, le emissioni e i risparmiatori resta un elemento fondamentale per l’equilibrio sociale di un paese.
Ringrazio inoltre il relatore per la soluzione intelligente individuata per la rotazione delle società di revisioni, soluzione in merito alla quale, parlo naturalmente per la mia esperienza, ma credo che anche gli altri paesi abbiano avuto la stessa valutazione, il mio paese è molto consenziente e molto soddisfatto. Anche su questo piano occorre dare atto a Doorn e ai i colleghi dell’equilibrio. L’accordo sulle misure di esecuzione dà una misura, appunto, dell’importanza che il Parlamento può avere, deve avere, rispetto a questa difficile operatività che la direttiva deve trovare.
In conclusione, collegandomi anche a tutti i rilievi positivi che sono stati espressi, non posso che dire in maniera formale e con molto compiacimento che il lavoro è stato proficuo e lo offriamo, il relatore ed io, all’Aula.
Arlene McCarthy (PSE). – (EN) Signor Presidente, nel contesto degli scandali Enron e WorldCom abbiamo discusso per la prima volta la questione del governo societario in seguito al rapporto del gruppo di alto livello. In tale occasione gli esperti dell’Unione europea per il settore della revisione contabile affermarono che in Europa non sarebbe mai potuto accadere; poi c’è stato il caso Parmalat, una società che – come Enron – disponeva di un comitato interno per la revisione contabile formato da illustri professori indipendenti. Il problema stava nel fatto che essi non avevano mostrato alcuna autonomia nell’opporsi ai soci colpevoli e al comitato direttivo.
Questa proposta non intende affrontare il problema prescrivendo la costituzione di comitati interni per la revisione contabile, ma piuttosto modificando la cultura e la prassi della revisione. Grazie al pragmatismo del nostro relatore, onorevole Bert Doorn, e ad una buona collaborazione con la Commissione e la Presidenza, disponiamo adesso di uno strumento flessibile nell’ambito dell’Unione europea, che accrescerà la qualità e la coerenza delle revisioni contabili in tutta Europa, nel rispetto delle efficaci disposizioni nazionali sul diritto societario già in vigore.
Un approccio ai rischi e alle misure di salvaguardia basato sui principi garantirà un regime assai più efficace e solido a livello di Unione europea, che si dimostrerà decisamente migliore del sistema Sarbanes-Oxley, basato su un approccio normativo; quest’ultimo potrebbe facilitare le misure detentive, ma certo non migliora l’etica, l’indipendenza e il sistema di controllo pubblico delle strutture di revisione contabile.
E’ stato ragionevole eliminare l’obbligo prescrittivo di comitati interni per la revisione contabile e sostituirlo con la proposta di conferire tali funzioni ad un organismo che soddisfi gli standard e gli obiettivi della revisione contabile e che possa attuare le disposizioni in maniera trasparente. Accolgo inoltre con favore i compromessi concernenti la rotazione dei soci incaricati della revisione legale nonché i servizi diversi dalla revisione contabile.
Dobbiamo tuttavia occuparci della questione della comitatologia. La Commissione e le successive Presidenze – tra cui quella del Regno Unito – hanno raddoppiato gli sforzi per migliorare la normativa incrementando la qualità delle leggi dell’Unione europea, nonché il recepimento e l’attuazione di tali leggi. Il Parlamento dev’essere coinvolto in quest’agenda che prevede il miglioramento della normativa e, nella sua veste di colegislatore, deve avere il diritto di garantire che le leggi votate dagli esperti attraverso quest’Assemblea possano essere soggette a scrutinio e monitoraggio.
Esso inoltre ha un ruolo da svolgere nel recepimento e nell’attuazione. Sono quindi favorevole all’iniziativa adottata dalla Presidenza e alle proposte di portare avanti la riforma delle procedure di comitatologia del 1999, per assicurarci un ruolo nel miglioramento delle norme e nel perfezionamento del processo normativo. Attendo con ansia che gli emendamenti che devono essere avanzati dal Parlamento vengano accolti in questo settore; in tal modo potremo davvero svolgere un ruolo nel processo di cooperazione.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia ha riservato grande attenzione al tema in oggetto, data la sua notevole rilevanza per la competitività dell’industria europea. Soprattutto per le società quotate in Borsa, è importante che i diritti di proprietà ottengano la massima priorità al momento di nominare i revisori contabili. E’ qui che entrano in gioco le sensibilità nazionali.
Ovviamente non possiamo ignorare il problema dei costi, che possono essere enormi, in particolar modo per le piccole e medie imprese che ambiscono ad essere quotate in Borsa, adottano le misure necessarie e mirano alla massima trasparenza – nel rispetto dei requisiti fissati; chiedo quindi che la questione della responsabilità limitata venga discussa con gli assicuratori, in modo che i revisori contabili possano agire con la necessaria responsabilità.
Andrzej Jan Szejna (PSE). – (PL) Signor Presidente, i recenti scandali che si sono succeduti hanno minato la fiducia di consumatori e investitori. A titolo di esempio, potrei citare le vicende di Enron o Parmalat; la portata di tali scandali, dietro i quali si celavano vari tipi di frodi, è stata allarmante. L’iniziativa della Commissione europea offre quindi un’adeguata risposta alla situazione che è venuta a crearsi.
La proposta della Commissione sulla revisione legale dei conti è il risultato di anni di preparazione e include le raccomandazioni che sono state avanzate nel 2000 e nel 2002. Questa direttiva mira a sostituire l’ottava direttiva del 1984 sui revisori legali dei conti, che si limita ad enunciare i principi dell’accreditamento dei revisori contabili, ma non si occupa di procedure di revisione, supervisione o controllo esterno della qualità. La nuova proposta di direttiva fa chiarezza sui compiti dei revisori legali e stabilisce principi etici a garanzia della loro professionalità e indipendenza, ad esempio l’integrità, la competenza professionale, la riservatezza e il segreto professionale nonché la responsabilità generale.
La proposta della Commissione sul principio di rotazione delle imprese e dei partner è un altro contenzioso da aggiungere all’elenco di quelli che hanno provocato forti prese di posizione. In generale, il principio di rotazione merita sostegno, poiché garantisce l’indipendenza e favorisce una valutazione obiettiva. Tra gli aspetti negativi della rotazione troviamo i costi supplementari, la perdita di know-how e il conseguente rischio di errori. Almeno ogni sette anni è necessario cambiare l’impresa di revisione contabile, e il lasso di tempo tra i contratti dev’essere di almeno due anni. Dobbiamo fare di tutto per garantire una concorrenza sana, ridurre il rischio di frodi e offrire servizi di alta qualità.
Le procedure presentate nella relazione rappresentano probabilmente una risposta equilibrata e ragionevole all’esigenza di garantire la qualità delle revisioni contabili e l’indipendenza dei revisori.
Per concludere vorrei sottolineare che è necessario ripristinare la fiducia del mercato e rafforzare i diritti degli azionisti, per rendere più sicuri gli investimenti e più competitive le aziende europee.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare gli onorevoli deputati per i loro interventi e per gli eccellenti contributi che hanno apportato a questa importante direttiva.
Fin dall’inizio del dibattito probabilmente avrei dovuto informarvi che, in passato, sono stato revisore dei conti e tuttora verso una quota annuale all’associazione irlandese dei revisori ufficiali dei conti anche se – come ho spesso affermato – non farei grande affidamento su una contabilità sottoposta alla mia revisione. Forse avrei dovuto dirlo ben prima.
L’onorevole Doorn e altri hanno sollevato la questione della responsabilità della revisione contabile, e personalmente sono molto interessato al problema; infatti ho sollecitato i miei servizi ad affrontare questo tema con particolare urgenza. Lo studio sarà commissionato tra breve così che, entro la fine del 2006, saremo pronti per presentare i dati a nostra disposizione. Questa è la nostra intenzione e mi auguro che riusciremo a rispettare il calendario senza troppe difficoltà.
Si è parlato anche di comitati interni per la revisione contabile, che sono spesso necessari per aiutare i revisori contabili a resistere alle eventuali pressioni che vengono esercitate dalla dirigenza. Il Parlamento europeo ed il Consiglio ritengono opportuno lasciare il maggior margine di manovra possibile agli Stati membri dell’Unione, affinché essi individuino un proprio sistema per i comitati interni per la revisione contabile delle aziende quotate in Borsa, a condizione che questi svolgano tutte le funzioni elencate nella nostra direttiva. Siamo stati sufficientemente flessibili e abbiamo tenuto conto di tali preoccupazioni.
Forse, come ha affermato l’onorevole McCarthy, per quanto efficace sia il sistema basato sull’approccio normativo, non si potranno mai scongiurare scandali o in caso di collusione tra più di due persone che intendono svolgere attività fraudolente; al di là del fatto che disponiamo o meno di un sistema basato sull’approccio normativo, sappiate che negli Stati Uniti, per un certo periodo, tale sistema esisteva ma non è bastato a scongiurare gli scandali che si sono abbattuti su quella sponda dell’Atlantico, come del resto non servirebbe un sistema basato sui principi. Nessuna procedura di revisione contabile al mondo e nessun meccanismo di controllo interno potrà evitare con assoluta certezza le frodi o i reati finanziari; dovrà però consentire, nel minor tempo possibile, di capire esattamente che cosa sta succedendo. E’ importante per le aziende e per i cittadini che la gente abbia fiducia nella professione di revisore contabile, nell’autonomia dei revisori contabili e nel tipo di norme che essi rispettano e nell’etica della professione.
Purtroppo devo riconoscere, avendo svolto questa professione in passato, che gli scandali degli ultimi anni hanno minato la fiducia dell’opinione pubblica nella revisione contabile e nella professione di revisore. Sta proprio al revisore ripristinare questa fiducia e far sì che i diversi cambiamenti che sono stati apportati – sia nell’ambito della professione che adesso da parte delle Istituzioni europee –, nonché quelli che ci auguriamo saranno effettuati dagli Stati membri, rassicurino la popolazione sull’alta qualità delle norme che disciplinano la professione di revisore contabile.
Come ho già detto, la questione della comitatologia è già stata sollevata nella precedente discussione, e ripeterò che la Commissione può accettare la proposta di sospensione dopo due anni, eccezion fatta per l’articolo 26, in questa specifica direttiva.
Ringrazio gli onorevoli deputati per i loro circostanziati interventi.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.00.
16. Protocollo all’accordo sulla pesca del tonno CE / Repubblica federale islamica delle Comore (2005-2010)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0260/2005), presentata dall’onorevole Fraga Estévez a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca del tonno e la contropartita finanziaria previste dall’accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica federale islamica delle Comore sulla pesca al largo delle Comore per il periodo dal 1º gennaio 2005 al 31 dicembre 2010 [COM(2005)0187 – C6-0154/2005 – 2005/0092(CNS)].
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, prima di illustrare la posizione della Commissione su questo dossier, vorrei ringraziare la commissione per la pesca e specialmente la relatrice, onorevole Fraga Estévez, che ha compiuto un ottimo lavoro entro scadenze assai ristrette.
Sono lieto di potervi presentare il progetto di proposta sulla conclusione del protocollo che fissa le possibilità di pesca del tonno e la contropartita finanziaria previste dall’accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica federale islamica delle Comore.
Come gli onorevoli deputati sanno, la Comunità ha una lunga tradizione di rapporti con le Comore nel settore della pesca. Il primo accordo di pesca con quel paese risale al 1988. Benché si tratti del più modesto tra gli accordi per la pesca del tonno, riveste nondimeno grande importanza a causa della collocazione strategica di quest’attività di pesca nell’Oceano Indiano, nonché per le possibilità di pesca che abbiamo ottenuto.
Il nuovo protocollo, firmato il 24 novembre 2004, copre un periodo di sei anni che va dal 1° gennaio 2005 al 31 dicembre 2010. Esso concede possibilità di pesca a 40 tonniere con reti a circuizione e a 17 pescherecci con palangari di superficie; prevede un contributo finanziario di 390 000 euro all’anno. L’accordo è vantaggioso per entrambe le parti, e prevede numerosi elementi nuovi, tra cui i seguenti: in primo luogo, una clausola di esclusività, che vieta le licenze private o altri accordi della stessa natura al di fuori dei limiti dell’accordo. In secondo luogo, un requisito VMS per rendere più rigorosi i controlli sulle navi operanti in acque comoriane. In terzo luogo, la clausola sociale applicabile ai marinai locali ingaggiati su navi comunitarie. In quarto luogo, norme che regolano la presenza a bordo di osservatori e, in quarto luogo, una revisione della suddivisione dei costi dell’accordo fra Comunità e armatori: si passa da un rapporto di 75/25 euro a 65/35 euro per tonnellata, che è quello già applicato in altri accordi per la pesca del tonno nell’Oceano Pacifico. Tale incremento della quota dei costi a carico degli armatori verrà gradualmente esteso a tutti gli accordi comunitari per la pesca del tonno, così com’era richiesto dalla riforma della politica comune della pesca.
Sono convinto che questi nuovi elementi, introdotti nell’ambito del dialogo allacciato con le autorità delle Comore e in conformità dei principi formulati nei nuovi accordi di partenariato per la pesca, garantiranno che l’accordo con le Comore contribuisca a una responsabile e sostenibile attività di pesca in quelle acque.
Questo lavoro comprende la definizione di obiettivi annuali e pluriennali, la distribuzione di una parte – il 60 per cento – delle compensazioni finanziarie, le mete da raggiungere e criteri e procedure per la valutazione dei risultati annuali ottenuti, in conformità dell’articolo 7 del protocollo.
Vorrei soffermarmi ora sugli emendamenti. Per quanto riguarda l’emendamento n. 1, la Commissione lo giudica superfluo; infatti, sarà presto avviata la procedura per l’adozione del nuovo accordo quadro – l’accordo di partenariato per la pesca.
La Commissione concorda senza riserve con lo spirito degli emendamenti nn. 2, 3 e 5. Tuttavia, la Commissione trasmette già questo tipo di informazioni, in ossequio agli attuali accordi interistituzionali e in particolare all’accordo quadro fra Commissione e Parlamento europeo. La Commissione giudica perciò superflui tali emendamenti.
Quanto all’emendamento n. 4, ricordo le disposizioni comunitarie fondamentali concernenti il mandato conferito alla Commissione per negoziare a nome della Comunità. Il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare accordi di pesca fra la Comunità e le Comore. In tale contesto, il rinnovo periodico non necessita ogni volta di un nuovo mandato.
La Commissione non può accettare l’emendamento n. 6. La Commissione intrattiene un dialogo costante con il settore, nel quadro di uno specifico gruppo settoriale. Tale gruppo si riunisce a scadenze regolari e discute i negoziati imminenti, insieme ad altri argomenti tecnici. Inoltre, esperti provenienti dagli Stati membri vengono invitati ad assistere ai negoziati di ogni protocollo o accordo di pesca.
Carmen Fraga Estévez (PPE-DE), relatore. – (ES) Signor Presidente, sono sicura che la nostra Assemblea, così come la commissione per la pesca, approverà la firma di questo accordo di pesca tra l’Unione europea e le Comore, che fa seguito a protocolli precedenti e permetterà la pesca a 57 pescherecci comunitari fino al 2010.
Quest’accordo costituisce inoltre un’ulteriore fase del nuovo modello di accordi di associazione, che intende promuovere una collaborazione ancora più stretta e una più intensa partecipazione al settore della pesca dei paesi terzi. Tuttavia, anche se siamo favorevoli ai principi di fondo di questo modello, dobbiamo ribadire che esso è tutt’altro che chiaro.
In primo luogo è il primo di tali accordi a raggiungere il Parlamento recando una decisione della Commissione che prevede – unilateralmente e senza richieste da parte del paese terzo – di aumentare da 25 a 35 euro, ossia del 40 per cento, l’importo pagato dagli armatori per ogni tonnellata pescata, e per di più senza consultarli. La Commissione si difende affermando che quest’incremento era stato anticipato nelle conclusioni del Consiglio dei ministri del 2004, ma da quelle conclusioni noi avevamo dedotto unicamente il preannuncio di un incremento graduale di tali pagamenti, mentre in realtà vi è stato un brusco aumento, attuato per decreto.
Come l’intero settore della pesca, il nostro Parlamento si trova quindi di fronte a una politica di fatti compiuti, che i negoziatori della Commissione hanno portato avanti in completa indipendenza, senza darci l’opportunità di esaminare tali decisioni se non in maniera fuggevole; il protocollo è giunto alla nostra commissione – tra l’altro in forte ritardo – già firmato e convalidato.
La nostra Istituzione ritiene che tale situazione di oscurantismo non debba continuare. Nella mia relazione propongo quindi che gli armatori vengano ora ammessi a partecipare alle riunioni della commissione congiunta, così da essere almeno immediatamente informati dei provvedimenti che si preparano a loro riguardo.
Per quanto riguarda il Parlamento, vorrei cogliere quest’occasione per chiedere ancora una volta – mi rivolgo ora al Consiglio, che non è presente – che un membro della commissione per la pesca partecipi ai negoziati in qualità di osservatore. Onestamente, non comprendiamo perché il Consiglio si opponga, dal momento che un osservatore non può ingerirsi nel processo decisionale; se noi fossimo presenti alle riunioni saremmo meglio informati, e questo non potrebbe nuocere a nessuno, a meno che i negoziatori abbiano qualcosa da nascondere.
Non meno grave – questa volta dal punto di vista del bilancio – è il fatto che, contrariamente alle conclusioni del Consiglio, alcuni di questi accordi, come quello che stiamo esaminando oggi, non rispettano la distinzione obbligatoria tra le somme erogate come compensazione per le opportunità di pesca e quelle versate come aiuto allo sviluppo.
Dal punto di vista della trasparenza di bilancio, questa situazione è inaccettabile. Per di più, la Commissione europea ne è chiaramente consapevole e ha ammesso, di fronte alla commissione per la pesca, di non rispettare quest’obbligo. Non ha però minimamente spiegato quali siano i motivi che l’hanno spinta a comportarsi così, almeno in questo caso.
Infine, signor Presidente, in omaggio alla necessaria semplificazione e dopo un ammirevole periodo di pazienza da parte del nostro Parlamento, è giunto il momento di chiedere che la Commissione presenti il proprio modello di accordi regionali, e in particolare un accordo tipo per il tonno.
Come sappiamo, la flotta di pesca del tonno sta chiedendo licenze di pesca a tutti i paesi della regione, per poter seguire i banchi di tonni che attraversano le differenti zone di pesca. Attualmente questa circostanza obbliga la flotta ad imbarcare un numero non indifferente di marinai di ognuno dei paesi interessati; in tal modo ogni peschereccio si trasforma in una specie di ONU in miniatura, con problemi talvolta insormontabili di lingua, usanze, tradizioni e semplice spazio, per non parlare dei costi.
E’ quindi una situazione completamente assurda, cui si aggiunge l’incertezza su alcuni aspetti pratici, come l’esatta definizione di marea o, per esempio, dei meccanismi di trasmissione per via elettronica. E’ forse comprensibile che i negoziatori non si occupino di questi dettagli, ma se ci mettiamo per un attimo nei panni del capitano di un peschereccio ci rendiamo conto che al tirar delle somme egli dovrà preoccuparsi più di problemi amministrativi e di personale che non di pesca vera e propria.
Signor Presidente, invito naturalmente ad approvare quest’accordo, che è essenziale tanto per l’approvvigionamento europeo di tonno che per il settore della pesca delle Comore, ma vorrei anche che si tenesse conto delle osservazioni che ho appena fatto.
Helga Trüpel (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (DE) Signor Presidente, Commissario Borg, per prima cosa desidero ribadire che la politica della pesca, la quale naturalmente riveste grande importanza nell’Unione europea, è un classico esempio della necessità di conciliare interessi economici ed esigenze ambientali. L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di proteggere gli stock ittici e agevolarne il ripristino, evitando al tempo stesso un’attività di pesca eccessiva e promuovendo gli interessi del settore della pesca. Per cogliere tali obiettivi, tuttavia, la trasparenza è un fattore essenziale, e la commissione per i bilanci ha pertanto presentato i due emendamenti cui intendo dedicare il mio intervento.
Quest’accordo scadrà nel 2010, e pone un problema essenziale; trattandosi di un accordo nuovo, vi sarà effettivamente una valutazione ex post, e tale valutazione sarà poi trasmessa alla nostra Assemblea in tempo utile, prima che si concludano nuove intese e si negozi un nuovo accordo? Questo Parlamento esige che venga annunciato in maniera adeguata e precisa il momento in cui saranno disponibili i dati della valutazione ex post; ciò che le chiedo, Commissario Borg, è un inequivocabile impegno a informare il Parlamento e a fornirgli i dati di qualsiasi valutazione ex post entro le opportune scadenze.
Per lo stesso motivo, non intendiamo più accettare una situazione in cui le proposte di accordo giungono al nostro Parlamento qualche mese dopo l’inizio della pesca. Mi attendo anche che lei dichiari chiaramente se intende modificare questa prassi, e iniziare a informare il Parlamento europeo in tempo utile.
Dorette Corbey, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, vorrei ringraziare entrambi i relatori, le cui relazioni ho letto con profondo interesse. Il tonno è un pesce sano e prediletto dai consumatori, ricco dell’importantissimo olio Omega 3; ed è importante che le specie di tonno sopravvivano alla pesca, affinché i futuri pescatori possano ancora catturare tonni, e i futuri consumatori possano gustarli.
Il contenuto degli accordi di pesca è di vitale importanza per la pesca europea, per i paesi in via di sviluppo e soprattutto per le risorse ittiche stesse. Essendo appena entrata a far parte della commissione per la pesca, non ho potuto seguire i dibattiti sulle Comore, ma vorrei comunque formulare due osservazioni.
La prima concerne i partenariati autentici e il pesce a prezzo equo. L’accordo fa seguito a un’intesa che era stata assai vantaggiosa per l’Unione europea: per ogni euro investito l’UE ne ha avuti indietro 5,7, ma purtroppo lo stesso non vale per le Comore, paese afflitto da grave povertà. Sono quindi un po’ sorpresa che l’onorevole Fraga non approvi l’aumento del contributo a carico dei pescatori e dell’Unione europea; dopo tutto si trattava di un’intesa assai vantaggiosa, e solo concludendo partenariati autentici, anziché mirare a benefici finanziari unilaterali, cooperazione per lo sviluppo, pesca e ricerca scientifica possono saldarsi in un insieme armonioso.
Concordo senza riserve con la commissione per lo sviluppo, secondo la quale sarebbe preferibile spendere i fondi per la pesca a favore dei pescatori locali; gradirei vedere specifiche più dettagliate sul tema del personale locale imbarcato sui pescherecci.
In secondo luogo, per quanto riguarda la pesca sostenibile, i consumatori devono avere la possibilità di comperare pesce sostenibile, ossia tonno sostenibile certificato dall’MSE o da organismi analoghi. Pesca sostenibile significa anzitutto evitare uno sforzo di pesca eccessivo; a tal proposito abbiamo bisogno di dati certi, e inoltre occorre effettuare ispezioni e un attento monitoraggio. L’articolo 7 del protocollo afferma che l’Unione europea deve garantire la futura sostenibilità della pesca del tonno.
Vorrei porre alcune domande. Il Commissario può assicurarmi che “in futuro” significa al più presto possibile? Quali iniziative intende prendere per garantire la sostenibilità a breve termine anche per il tonno degli Oceani Indiano e Pacifico? Quali competenze deve sviluppare il governo delle Comore per riuscire a garantire una pesca sostenibile del tonno, e quale sostegno offre al riguardo l’Unione europea?
Pesca sostenibile significa anche evitare le catture accessorie di specie ittiche minacciate. Squali, tartarughe e delfini rischiano di incappare nelle reti e farsi catturare; il tonno obeso e il tonno albacora sono specie minacciate che vengono catturate con le medesime reti. Conosce, signor Commissario, le quantità di tonno obeso e tonno albacora che popolano la regione delle Comore? Quando verranno pubblicati i risultati degli studi commissionati dall’Unione europea, e quale livello di sostegno garantisce l’UE al gruppo di lavoro sulle catture accessorie della commissione per il tonno dell’Oceano Indiano?
Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) Signor Presidente, le Comore sono un paese lontano, e quel che combiniamo laggiù rimane segreto: non diviene certo oggetto di dibattito in Europa. Tuttavia, se le immagini delle Comore entrassero nelle nostre case, portate dalla televisione, il Parlamento non approverebbe mai quest’accordo. Noi comperiamo i diritti di pesca dal governo, ma coloro cui realmente togliamo il pesce, ossia i pescatori dei villaggi, non hanno alcuna voce in capitolo e raramente ricevono un compenso adeguato; né i parlamenti nazionali né il Parlamento europeo possono esercitare un’apprezzabile influenza, e vengono anzi posti di fronte al fatto compiuto. Solo dieci mesi dopo l’entrata in vigore dell’accordo ci viene data la possibilità di esprimere la nostra opinione. Questo Parlamento ha chiesto più volte un cambiamento; è ora giunto il momento di ripristinare un controllo democratico su questi accordi, che sembrano appartenere più all’antico colonialismo che alla democrazia e a una moderna concezione del commercio. Accolgo quindi con favore la proposta di pretendere più ampie informazioni. Ringrazio la Commissione per aver aumentato il cofinanziamento a carico di coloro che utilizzano l’accordo, poiché in tal modo diminuirà l’onere per i nostri contribuenti; deploro però che l’accordo sia stato esteso fino a parecchie tonnellate l’anno. A mio giudizio le piccole comunità di pescatori del paese partner dovrebbero avere diritto di veto sugli accordi; il mio gruppo voterà contro l’accordo, che favorisce i pescatori dell’Unione europea a spese dei loro colleghi più poveri dei paesi del sud.
Hélène Goudin, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signor Presidente, gli accordi di pesca tra Unione europea e paesi terzi sono stati ampiamente criticati da svariate organizzazioni attive nel settore dello sviluppo, tra cui anche la commissione svedese per la cooperazione allo sviluppo internazionale (SIDA). Certo, vi è stata una riforma degli accordi, ma le critiche che vengono rivolte agli attuali accordi di partenariato sono pienamente giustificate.
Le Comore sono situate in una posizione strategica, e quindi, secondo la relatrice, un accordo di pesca con questa repubblica insulare costituirebbe un’integrazione degli attuali accordi stipulati dall’Unione europea con paesi terzi. Si tratta, in altre parole, di proteggere i ristretti interessi dell’Unione europea, non quelli che potrebbero essere gli interessi dei pescatori poveri delle Comore. L’Unione sfrutta la propria posizione di potere per garantire i propri interessi di breve termine. L’accordo per la pesca del tonno con le Comore non è di portata particolarmente ampia, ma il problema degli accordi di pesca è importante in linea di principio. Sarebbe giusto che il costo degli accordi di pesca venisse addebitato completamente a coloro che decidono di valersi degli accordi stessi. Perché mai i contribuenti europei dovrebbero pagare per accordi di pesca di cui beneficiano solo le flotte di alcuni Stati membri? La relatrice ritiene che gli armatori paghino troppo per questi accordi; la Lista di giugno pensa invece che questo problema non riguardi affatto l’Unione europea, e che per pagare i costi degli accordi non si debba affatto ricorrere alle risorse dell’Unione europea.
La Presidenza britannica e la Commissione hanno dichiarato che i problemi dello sviluppo in Africa sono un settore politico che merita priorità. Tuttavia c’è scarsa volontà di metter mano a una seria riforma della controproducente politica dell’Unione europea in materia di agricoltura, commercio e pesca. Sembra invece che vi sia l’ambizione di incrementare gli aiuti senza affrontare in alcun modo i problemi strutturali che rendono così difficile per i paesi in via di sviluppo sfuggire alla povertà.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, gli oratori che mi hanno preceduto non si sono scomodati a visitare i paesi con cui noi firmiamo accordi di pesca. Io invece l’ho fatto: ho visitato le Comore, ho vissuto in mezzo a quel popolo, ne ho sperimentato il modo di vita e ho constatato l’importanza di quest’accordo per lo sviluppo economico di quelle isole. Non mi sembra quindi serio parlare a vanvera, senza conoscere l’oggetto del nostro dibattito.
Su questo tema concordo senza riserve con la relatrice. Ritengo che quest’accordo sia importante, sia per noi che per la popolazione delle Comore, e ne approvo quindi la formulazione.
L’accordo contribuisce a mantenere la stabilità del settore in Europa, e giova pure allo sviluppo di quei paesi; dai primi accordi, che erano esclusivamente commerciali, siamo passati ad accordi tramite i quali aiutiamo quei paesi a svilupparsi.
L’attuale struttura degli accordi contribuisce allo sviluppo di questi paesi; potremmo probabilmente fare di più, se la partecipazione di pescatori e armatori fosse maggiore. Le proposte avanzate in tal senso dalla commissione per la pesca sono ragionevoli e noi le sosteniamo senza riserve; esse ci aiuterebbero infatti a evitare procedure burocratiche.
Dobbiamo anche elaborare una politica complessiva per tutta questa regione dell’Oceano Indiano, nella quale, benché la nostra presenza in termini di pescherecci con reti a circuizione sia notevole, la partecipazione generale dell’Unione europea è assai ridotta rispetto alla pesca effettuata in quelle acque da paesi asiatici come Taiwan, il Giappone o la Repubblica di Corea, che ne sfruttano le risorse a spese della popolazione.
Il volume di pesca dell’Unione europea è assai modesto, e naturalmente concordo con la relatrice che lamenta l’esistenza di una discriminazione per cui negli accordi con i paesi del sud sono i pescatori a dover pagare, mentre negli accordi con i paesi del nord non si registra quest’incremento di pagamenti che ora si vorrebbe imporre. In ogni caso questo accordo è importante per noi oltre che per i paesi della regione, e vorrei naturalmente che lo stesso approccio venisse adottato anche in relazione ad altri aspetti.
Ci sarebbe forse motivo per opporsi, alla luce delle considerazioni che ho esposto; ritengo però che l’Unione europea abbia l’obbligo di continuare a sviluppare questo tipo di rapporti. Questi paesi – e le Comore in particolare – hanno disperato bisogno della nostra presenza. Le Comore sono tre remote isolette dell’Oceano indiano, situate nel canale di Mozambico in una posizione di limitata importanza strategica; la popolazione è afflitta da ogni sorta di malattia – febbre di dengue, malaria, febbre gialla e altri morbi – e il grande problema che queste isole devono superare è precisamente l’assenza degli elementi necessari per lo sviluppo.
Sono convinto che l’accordo di pesca possa – e debba – fornire un aiuto, purché noi riusciamo a coinvolgere assai più a fondo i nostri marinai e pescatori nello sviluppo di queste isole, a vantaggio loro e dell’Unione europea.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziare tutti gli oratori per le loro osservazioni. Desidero poi commentare alcuni aspetti, a cominciare da quello – concernente i diritti di licenza – su cui si è soffermata l’onorevole Fraga. Il riequilibrio dei costi non è una questione nuova: chi ne riconsidera l’evoluzione a partire dalla metà degli anni ’80 constaterà che fino alla metà degli anni ’90 il rapporto è stato 80/20; da allora a oggi, esso è passato a 75/25.
Ora ci accingiamo a introdurre una nuova ripartizione dei costi, secondo un rapporto 65/35. Posso dire che la decisione, da parte della Commissione, di aumentare i diritti per il tonno pagati dagli armatori si giustifica da parecchi punti di vista: tra l’altro, con la necessità di accrescere la responsabilità finanziaria degli armatori comunitari, e di assicurare un equo contributo per lo Stato rivierasco. Come si afferma nelle conclusioni del Consiglio del luglio 2004, tale contributo dev’essere equo, equilibrato e non discriminatorio.
Il rapporto 35/65 viene già applicato in tutti gli accordi per il tonno conclusi nel Pacifico, tra cui quelli con Kiribati, le isole Salomone e gli Stati federati della Micronesia; gli Stati membri interessati non hanno sollevato obiezioni al riguardo.
Nel settembre scorso, quando è stato rinnovato il protocollo CE-Seychelles, la Commissione aveva già annunciato al gruppo esterno del Consiglio l’intenzione di adottare il rapporto 35/65. Nel corso dei negoziati, le Seychelles hanno chiesto alla Commissione di posticipare questa modifica per evitare distorsioni della concorrenza rispetto all’accordo con la Tanzania, che entrerà in vigore tra breve e nella fase iniziale prevede l’applicazione di un rapporto 25/75. L’accordo CE-Seychelles ha mantenuto quindi il rapporto 25/75, ma è stata concordata una formula in base alla quale, nel prossimo futuro, si effettuerà la transizione al rapporto 35/65.
L’armonizzazione del rapporto 35/65 in altri accordi di pesca verrà introdotta nel 2006. Lo stesso rapporto 35/65 verrà introdotto in altri accordi di pesca stipulati nella regione – quelli con Maurizio e Madagascar – che saranno negoziati nel 2006.
La Commissione intende inoltre organizzare una riunione con i rappresentanti del settore della pesca del tonno entro la fine del 2005, per discutere tutti i problemi in gioco.
Sottolineo inoltre, e desidero ripetere, che con il settore è in corso un costante dialogo nel quadro dello speciale gruppo settoriale; farò in modo che tale dialogo venga ulteriormente intensificato. Verificherò inoltre quali misure sia possibile prendere per ridurre al minimo i ritardi nei pagamenti effettuati a terzi.
Per quanto riguarda il problema sollevato dall’onorevole Corbey, vorrei far notare che tutti gli accordi vengono stipulati dopo una valutazione della salute degli stock ittici. Permettetemi di ricordare il recente accordo con il Marocco, in occasione del quale la Commissione ha dimostrato chiaramente la serietà con cui considera i propri obblighi, effettuando anzitutto una valutazione scientifica, conformemente alla nuova politica in materia di accordi di partenariato per la pesca. L’accordo è stato quindi orientato a quelli che si possono definire “gli stock in eccesso”: in altre parole al pesce che si può catturare in condizioni di sostenibilità, in aggiunta a quello che possono catturare i pescatori locali. L’accordo riguarda, dunque, unicamente gli stock ittici in eccesso che rientrano nei limiti della sostenibilità. Questa politica è in corso di adozione e applicazione in tutti gli accordi di partenariato per la pesca.
Ringrazio l’onorevole Schlyter per il sostegno che ha garantito in materia di riequilibrio dei costi; ringrazio pure l’onorevole Medina Ortega che ci ha sostenuto sul tema del nuovo accordo di partenariato per la pesca, e farò ogni sforzo per limitare al massimo le superflue pastoie burocratiche. Lo ringrazio anche per i suggerimenti che ci ha potuto fornire grazie alla sua esperienza della pesca nelle Comore e nell’Oceano Indiano.
In risposta all’onorevole Goudin, faccio notare che quest’accordo prevede un capitolo sullo sviluppo, in base al quale l’Unione non beneficia solo di diritti di pesca, ma è anche obbligata a fornire assistenza al settore della pesca delle Comore. Si tratta di un nuovo aspetto degli accordi di partenariato, che viene introdotto in tutti gli accordi stipulati con paesi terzi.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.
17. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale