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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 16 novembre 2005 - Strasburgo Edizione GU

4. Cambiamenti climatici – Vincere il cambiamento climatico planetario
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione congiunta sulle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla relazione (A6-0312/2005), presentata dall’onorevole Wijkman a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, su “Vincere il cambiamento climatico planetario”[2005/2049(INI)].

 
  
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  Margaret Beckett, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Signora Presidente, oggi è quasi universalmente accettato che i cambiamenti climatici costituiscono un problema serio e urgente. Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento del clima (IPCC) prevede che le temperature mondiali potrebbero aumentare anche di 5,8°C entro il 2100. Secondo una compagnia di assicurazioni, i costi economici stimati del riscaldamento globale potrebbero raddoppiare giungendo a 150 miliardi di dollari l’anno nei prossimi 10 anni, colpendo gli assicuratori con richieste di risarcimento per 30-40 miliardi di dollari. Esistono prove che l’ondata di caldo europea del 2003 è stata influenzata dal riscaldamento globale e che, come ricorderanno gli onorevoli deputati, ha causato 26 000 morti premature, oltre a essere costata 13,5 miliardi di dollari.

Quegli eventi e i loro relativi costi ci portano molto vicino la realtà di cosa significherebbero per noi cambiamenti climatici non controllati. E’ chiaro che la portata di un problema di cambiamento climatico è enorme e pressante e per questo motivo il Regno Unito ha deciso di mettere tale questione tra le priorità della nostra Presidenza sia del G8 sia dell’Unione europea.

Il 2005 è stato un anno cruciale per la politica internazionale in materia di cambiamenti climatici. Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore. Il sistema europeo di scambio di quote di emissione è in funzione e alla fine dell’anno dovremmo iniziare le discussioni sulle azioni future dopo il 2012. Tornerò su questo punto.

Il G8 rappresenta solo un piccolo gruppo di paesi – benché importante – ma i progressi che abbiamo compiuto in tale ambito avranno, spero, un impatto notevole. Le discussioni del Vertice del G8 a luglio si sono concluse con un comunicato ufficiale ambizioso, che comprendeva un accordo tra tutti i membri, tra cui gli Stati Uniti, sul ruolo dell’attività umana nel riscaldamento globale e sulla necessità di azioni urgenti. Sussisteva anche un consenso su un pacchetto di azioni per combattere i cambiamenti climatici attraverso una serie di vie diverse: efficienza energetica, generazione di elettricità più pulita, ricerca e sviluppo, finanziamento di energia più pulita, gestione degli impatti dei cambiamenti climatici, oltre alla lotta contro il disboscamento illegale.

I paesi del G8 si sono impegnati con la Banca mondiale e altre banche di sviluppo a migliorare lo stanziamento di fondi per la tecnologia pulita e, cosa fondamentale, hanno altresì convenuto di avviare un nuovo dialogo sui cambiamenti climatici, l’energia pulita e lo sviluppo sostenibile con altri paesi aventi un significativo fabbisogno energetico. La prima riunione di tale dialogo si è tenuta a Londra il 1° novembre. Il Messico si è offerto di ospitare un secondo incontro l’anno prossimo.

Gli Stati membri dell’Unione europea sono stati tra i primi negli anni ’90 a riconoscere i pericoli del riscaldamento globale, il collegamento all’attività umana e la necessità di ridurre le emissioni dei gas a effetto serra. Già nel 1991 la Commissione pubblicò la prima strategia comunitaria intesa a limitare le emissioni di CO2 e a migliorare l’efficienza energetica. Alla luce degli impegni dell’UE nel quadro del Protocollo di Kyoto, divenne presto chiaro che occorreva fare di più. Quindi, nel 2000 fu avviato il programma europeo sui cambiamenti climatici. Oggi l’Unione europea sta assumendo la direzione, ad esempio concentrandosi sulle emissioni causate dal trasporto aereo e accogliamo con viva soddisfazione la recente comunicazione della Commissione sulla riduzione dell’impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici. Il suo annuncio di appoggio all’inclusione delle emissioni del trasporto aereo nel sistema europeo di scambio delle quote di emissione è estremamente incoraggiante e attendiamo con ansia di promuovere progressi in tale area tra le priorità per la nostra Presidenza dell’Unione europea.

All’interno dell’Europa vi è un chiaro riconoscimento dell’importanza dell’efficienza energetica nell’affrontare la sfida posta dai cambiamenti climatici e si sta già lavorando per realizzare risparmi di efficienza energetica in tutta la Comunità. La direttiva sui servizi in campo energetico che speriamo di concordare entro la fine dell’anno dovrebbe fornire un interessante primo passo, mentre il Libro verde della Commissione sull’efficienza energetica pubblicato alla fine di giugno dovrebbe stabilire il futuro piano per la strategia europea sull’efficienza energetica fino al 2020.

Tuttavia, malgrado tutto questo lavoro e questi sforzi, è chiaro che le emissioni nell’Unione europea non si stanno riducendo rapidamente come vogliamo e che è necessaria un’azione urgente in tutti i settori, a livello sia nazionale che comunitario. Plaudo quindi alla decisione della Commissione di lanciare una nuova fase del programma europeo sul cambiamento climatico per esaminare quali ulteriori interventi sono possibili.

Parallelamente, la Commissione e il Consiglio stanno sviluppando una strategia comunitaria a medio e lungo termine per affrontare il cambiamento climatico e riferiranno al Consiglio europeo di dicembre in merito ai progressi compiuti sinora. Il contributo del Parlamento in questo sarà cruciale, perciò la risoluzione che avete prodotto di recente è un contributo estremamente prezioso a questo processo.

La Presidenza britannica ha cominciato a creare un nuovo impulso nel più ampio processo internazionale in cui l’Unione europea svolge tale ruolo cruciale. Per questo motivo abbiamo inserito i cambiamenti climatici nell’agenda dei Vertici UE con la Cina e l’India. Questi due paesi sono partner particolarmente importanti per l’Unione europea nell’affrontare i cambiamenti climatici. In entrambi i Vertici si sono svolte utili discussioni bilaterali sulla sicurezza e sull’efficienza energetica.

Un elemento chiave del partenariato con la Cina è una nuova iniziativa sulla riduzione delle emissioni prossime a zero per il carbone, con la cattura e lo stoccaggio del carbonio, per affrontare la sfida vitale costituita dal problema dell’aumento delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dal carbone. Abbiamo anche concordato un nuovo partenariato con l’India. Anche il Vertice UE-Russia è stato un’ottima occasione per esaminare le esperienze che possiamo dividere riguardo all’attuazione del Protocollo di Kyoto, affinché i suoi meccanismi entrino al più presto in funzione.

A settembre, per la prima volta, i ministri del Consiglio “Agricoltura” hanno incontrato i ministri dell’Ambiente per discutere gli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura nell’Unione europea. Abbiamo anche inserito i cambiamenti climatici nell’agenda dei Consigli “Energia”, “Trasporti” e “Competitività”.

Tutta questa attività sta conducendo alla prima riunione delle parti al Protocollo di Kyoto, che si terrà a dicembre a Montreal, dove, conformemente al Protocollo stesso, le parti avvieranno le discussioni sul prossimo periodo successivo al 2012. Vorrei dichiarare in tutta chiarezza che l’Unione europea e il Regno Unito rimangono assolutamente impegnati sia nel quadro del Protocollo di Kyoto sia nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Come ha affermato questa settimana il nostro Primo Ministro Tony Blair al banchetto del sindaco a Londra, il mondo ha bisogno di uno schema con gli obiettivi necessari, applicato in modo ragionevole e intelligente nel rispetto delle scadenze, che ci porti oltre 2012. Forse potrei chiedere ai colleghi di prestare particolare attenzione all’uso della parola “obiettivi”, perché il Regno Unito ha affermato ripetutamente che sono assolutamente essenziali accordi formali con obiettivi in qualsiasi programma internazionale sui cambiamenti climatici, anche perché offrono un incentivo e una certezza al mondo imprenditoriale.

Anche il processo informale del G8 è enormemente importante, ma complementare. Non sostituisce il Protocollo di Kyoto né la Convenzione delle Nazioni Unite e non è mai stato concepito in tal senso. Spero che il lavoro che abbiamo svolto quest’anno attraverso entrambe le Presidenze costituisca di fatto la base per ulteriori sviluppi a Montreal.

Montreal sarà primariamente la celebrazione di un grande conseguimento: l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. In certi momenti pareva probabile che non sarebbe mai avvenuto, ma l’Unione europea ha continuato a lavorare accanitamente per realizzare tale risultato e ora abbiamo l’unico accordo internazionale credibile e vincolante sul controllo delle emissioni di gas a effetto serra.

L’Unione europea ha esposto la nostra posizione di negoziato per Montreal al Consiglio “Ambiente” di ottobre. In primo luogo, vogliamo siglare gli accordi di Marrakech – decisioni che formeranno le regole del Protocollo. In secondo luogo, vogliamo concordare un meccanismo di conformità affinché le parti al Protocollo ne rispettino le regole. In terzo luogo, vogliamo cercare di migliorare il funzionamento dei meccanismi di Kyoto – mi riferisco principalmente al meccanismo per lo sviluppo pulito. Lo scambio delle quote di emissione, il meccanismo per lo sviluppo pulito e l’attuazione congiunta sono tutti elementi cruciali per il Protocollo e rimarranno essenziale negli anni a venire.

Infine, la Conferenza di Montreal guarderà al futuro e comincerà a discutere cosa accadrà quando il primo periodo di impegno di Kyoto finirà, nel 2012. E’ probabile che quest’ultima questione sia di gran lunga l’elemento più delicato, nonché il più importante. Sicuramente vogliamo proseguire sulla base del Protocollo di Kyoto dopo il 2012 e dobbiamo avviare una discussione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, del Protocollo per esaminare i futuri impegni dell’Unione europea insieme alle altre parti aderenti a Kyoto. Tuttavia, è altresì chiaro che per un sistema globale sui cambiamenti climatici realmente efficace abbiamo bisogno di una partecipazione più ampia di quanto non offra attualmente il Protocollo. A Montreal cercheremo una via verso un quadro post-2012 che si sviluppi sulla base dell’esperienza del Protocollo di Kyoto attuale e che possa includere il massimo numero possibile di paesi.

L’Unione europea dovrà chiaramente sostenere la nostra ambizione politica per la Conferenza di Montreal delle parti dimostrando che stiamo assumendo la direzione nell’affrontare il problema dei cambiamenti climatici. Il Protocollo di Kyoto stabilisce anche che, entro la fine del 2005, le parti devono dimostrare i progressi compiuti nel soddisfare gli impegni di Kyoto. Questa sarà per l’Unione l’occasione ideale per riaffermare il nostro impegno nel quadro del Protocollo di Kyoto, a realizzare i nostri obiettivi di riduzione delle emissioni e a rispettare i nostri obblighi di assistenza nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Preparandoci per la conferenza, stiamo raccogliendo dati, fatti e cifre per mostrare l’applicazione pratica del nostro impegno politico. Sappiamo che dobbiamo fare di più e siamo tutti pronti a impegnarci in tal senso.

La discussione odierna qui a Strasburgo ci permetterà di valutare attentamente la situazione attuale e ci offrirà un’ulteriore opportunità di dimostrare al resto del mondo che l’UE prende sul serio questo problema ed è impegnata a fornire risultati. Insieme abbiamo già realizzato molto; abbiamo dimostrato capacità di svolgere un ruolo di guida e abbiamo davvero fatto la differenza. Dobbiamo continuare così e non esitare ora che la posta in gioco in termini ambientali diventa più alta.

Non vedremo una risoluzione al problema a Montreal, né sotto l’attuale Presidenza del Regno Unito. Le Presidenze future – sia dell’UE che del G8 – dovranno continuare questo lavoro, mantenendo il tema del cambiamento climatico ai primi posti delle rispettive agende e affrontando le notevoli minacce che pone alle nostre economie, alla nostra società e al nostro ambiente. Vi sono segnali incoraggianti che le prossime presidenze del G8 – Russia e Giappone – intendano pienamente agire in tal senso e ho ogni fiducia nella determinazione dell’Unione europea ad affrontare questo problema vitale.

(Applausi)

 
  
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  Stavros Dimas, Μembro della Commissione. – (EL) Signora Presidente, sono particolarmente lieto di avere l’opportunità di discutere con voi i recenti sviluppi riguardanti i cambiamenti climatici nonché il modo in cui sarà rafforzata la politica dell’Unione europea in materia e sarà realizzato il coinvolgimento attivo di tutti i partner in una produttiva cooperazione internazionale in questo campo.

Il dibattito odierno è particolarmente importante nell’attesa della prossima riunione delle parti a Montreal, che sarà segnata dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto e da discussioni sul sistema volto a combattere i cambiamenti climatici dopo il 2012.

Ci siamo tutti preoccupati per la recente successione di catastrofi naturali. L’estate scorsa abbiamo sofferto una grave siccità nella penisola iberica, mentre nell’Europa centrale si sono verificate inondazioni; abbiamo inoltre registrato una serie di uragani – Katrina, Rita, Wilma – e altri disastri su scala minore.

Il 2005 ha già raggiunto un record senza precedenti, poiché è stato l’anno con il numero più alto di cicloni tropicali riconosciuti da quando si sono cominciati a registrare. Anche se i fenomeni atmosferici specifici non possono essere collegati direttamente ai cambiamenti climatici, l’aumento dei fenomeni di siccità e inondazioni e gli uragani o temporali tropicali di maggiore intensità e frequenza confermano comunque i pareri scientifici sui cambiamenti climatici.

La terra non si è probabilmente mai riscaldata nella sua storia così rapidamente come negli ultimi 30 anni. Gli anni ’90 sono stati il decennio più caldo e nove dei dieci anni più caldi della storia si sono registrati tra il 1995 e il 2004, il più caldo dei quali nel 1998. Gli scienziati stanno esprimendo il timore che il 2005 possa rivelarsi l’anno più caldo della storia.

Come tutti sappiamo, quando il pianeta si riscalda, anche il mare si riscalda e quando la temperatura del mare supera i 26°C, è plausibile che si sviluppi un ciclone tropicale. La temperatura alla superficie del mare è aumentata a livello globale negli ultimi 100 anni dello 0,6 per cento, il che significa che probabilmente avremo cicloni molto più frequenti e più violenti in futuro.

Tuttavia, piuttosto che determinare in quale misura l’uragano Katrina o altri fenomeni atmosferici siano stati causati dall’attività umana, è più importante trarre un insegnamento da questi fenomeni, in modo da poter vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici.

Vorrei riferirmi in particolare alla proposta di risoluzione del Parlamento sulla comunicazione intitolata “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” e desidero ringraziare in particolare il relatore, onorevole Wijkman, e i membri della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, della commissione per lo sviluppo e della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia per le loro preziose proposte specifiche.

La proposta di risoluzione sottolinea che la strategia dell’UE sulla mitigazione dei cambiamenti climatici dovrebbe poggiare su un approccio articolato sui seguenti punti: basarsi su elementi di chiave del Protocollo di Kyoto, realizzare una forte riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea, coinvolgere tutti i paesi principali, come gli Stati Uniti, sviluppare un partenariato strategico con paesi in via di sviluppo d’importanza cruciale, promuovere risolutamente la ricerca e l’innovazione e migliorare l’efficienza energetica nell’Unione europea.

Concordo e sostengo questo approccio; le iniziative prese dalla Commissione quest’anno nel campo dei cambiamenti climatici vanno perlopiù di pari passo con la proposta del Parlamento.

Permettetemi di fare una breve osservazione generale: a ottobre la Commissione ha segnato l’inizio di una nuova era nel programma europeo sui cambiamenti climatici in occasione di un’importante conferenza a Bruxelles alla quale hanno partecipato i principali attori del settore. Il nuovo programma europeo sui cambiamenti climatici costituirà un nuovo quadro per la politica che attueremo in materia di cambiamenti climatici successivamente al 2012.

Affrontiamo una serie di nuove questioni, come il trasporto aereo, e rivolgiamo anche la nostra attenzione alle nuove tecnologie, come la cattura del carbonio, che offre opportunità per adottare misure finanziariamente efficienti per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

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Come primo passo, la Commissione sta creando alcuni gruppi di lavoro, che comprendono un gruppo di lavoro incaricato di elaborare una visione d’insieme dei progressi compiuti sinora nell’attuazione delle politiche sui cambiamenti climatici, un gruppo di lavoro che studierà la cattura e lo stoccaggio del carbonio in formazioni geologiche quale mezzo per mitigare i cambiamenti climatici, un gruppo di lavoro che valuterà l’integrazione del trasporto aereo nel sistema europeo di scambio di quote di gas serra, un gruppo di lavoro che preparerà la revisione della strategia comunitaria sulla riduzione delle emissioni di biossido di carbonio da veicoli commerciali leggeri e un gruppo di lavoro che determinerà i necessari adeguamenti politici che l’Unione europea deve seguire.

Ognuno di questi gruppi di lavoro determinerà nuovi campi specifici nei quali l’Unione europea può migliorare la propria azione per combattere i cambiamenti climatici. Il primo di questi gruppi di lavoro dovrebbe cominciare a presentare le relazioni finali nel corso del primo semestre del prossimo anno.

Come ha detto il ministro Beckett, la Commissione ha adottato anche un Libro verde sull’efficienza energetica. Analogamente, vorrei fare riferimento alla comunicazione della Commissione dal titolo “Ridurre l’impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici”. Il trasporto aereo contribuisce sempre di più alle emissioni di gas serra. Il documento giunge alla conclusione che per ridurre queste emissioni il modo migliore è integrare il settore del trasporto aereo nel sistema europeo di scambio delle quote di emissione. In seguito a consultazioni con le parti interessate, la Commissione intende presentare la relativa proposta legislativa entro la fine del 2006.

Naturalmente, le iniziative della Commissione non sono confinate solo a elaborare un’azione all’interno dell’Unione europea. Partecipiamo attivamente alle discussioni con i paesi terzi e li interpelliamo per conoscerne il parere sui passi da prendere durante futuri negoziati sul clima e sulla creazione di nuove strutture per rafforzare il nostro dialogo politico e la cooperazione tecnologica.

I cambiamenti climatici e, in particolare, i loro collegamenti con l’energia e con l’approvvigionamento sicuro di energia, sono inclusi tra le priorità dei nostri contatti bilaterali e multilaterali. In questo settore, stiamo cooperando strettamente con la Presidenza britannica che, come ha detto prima il ministro Beckett, ha posto i cambiamenti climatici ai primi posti dell’agenda per il Vertice del G8 a Gleneagles e ha sempre inserito la questione dei cambiamenti climatici nel suo elenco delle priorità.

I risultati sono incoraggianti. L’accordo sul partenariato tra l’Unione europea e la Cina sui cambiamenti climatici e sull’energia offre il quadro politico per una più stretta cooperazione e un dialogo su tali questioni. L’obiettivo principale del partenariato UE-Cina è quello di sviluppare una tecnologia del carbonio avanzata, a emissioni prossime a zero, basata sulla cattura e lo stoccaggio del carbonio in formazioni biologiche. Gli altri obiettivi sono promuovere altre fonti di energia pulita e l’efficienza energetica, il risparmio energetico e le fonti rinnovabili di energia.

L’iniziativa UE-India sullo sviluppo pulito e sui cambiamenti climatici prevede varie iniziative per rafforzare il dialogo. Enfatizza la cooperazione sullo sviluppo e sulla valutazione di tecnologie pulite, sui necessari adeguamenti al riscaldamento del pianeta e sul meccanismo per lo sviluppo pulito del Protocollo di Kyoto.

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici comincerà a Montreal, in Canada, alla fine del mese e durerà due settimane. La Commissione ha partecipato attivamente a una serie di riunioni non ufficiali di preparazione alla conferenza di Montreal. Le nostre attività, sia nell’Unione europea che sulla scena internazionale, hanno svolto un ruolo importante per definire le condizioni per il successo di questo evento. Quali sono i nostri obiettivi a Montreal?

In primo luogo, la conferenza segnerà l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, con l’adozione delle regole e delle procedure necessarie per la sua applicazione. In questo quadro, è importante che dimostriamo che l’Unione europea sta mantenendo i suoi impegni.

In secondo luogo, il dialogo intensivo tenuto in questi ultimi mesi ha impresso un importante slancio, cosicché alla conferenza di Montreal verrà avviato il dibattito a livello internazionale sulla forma della futura strategia internazionale sui cambiamenti climatici.

Comunque, la realizzazione dei suddetti obiettivi non è un risultato scontato. Un piccolo numero di paesi, capeggiato dagli Stati Uniti, continua a non essere disposto a partecipare al dialogo sulla futura strategia globale relativa ai cambiamenti climatici. Dovremo aumentare i nostri sforzi nelle prossime settimane, affinché anche questi paesi cooperino nell’avviare il dialogo.

E’ anche importante comprendere che la conferenza di Montreal non sarà la fine della procedura; segnerà l’inizio del dialogo, ma non offrirà la soluzione. La soluzione si troverà solo attraverso un dibattito internazionale intensivo nel corso dei prossimi anni. Grazie a questo dialogo, dobbiamo trovare le soluzioni che rispondano agli elementi fondamentali della futura strategia sul clima, come stabilito all’inizio di quest’anno nella comunicazione della Commissione. Questi elementi sono riflessi nella proposta risoluzione del Parlamento: una partecipazione più ampia, copertura di tutti i settori e tutti i gas, rafforzamento dello sviluppo e dell’uso di nuove tecnologie, impiego di mezzi basati su meccanismi di mercato e infine politiche per l’adattamento alle conseguenze dell’aumento del riscaldamento del pianeta.

In conclusione, se vogliamo che il dialogo abbia un esito positivo, deve continuare ad esserci un interesse politico attivo per la questione dei cambiamenti climatici e deve essere rafforzato il ruolo guida dell’Unione europea. Dobbiamo dimostrare che possiamo ridurre le nostre emissioni e che ciò contribuisce al nostro sviluppo economico. La proposta di risoluzione invia un messaggio chiaro, sottolineando che, nell’affrontare questa sfida, la Commissione può sempre contare sull’appoggio del Parlamento europeo.

 
  
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  Anders Wijkman (PPE-DE), relatore. – (SV) Signora Presidente, signor Commissario, desidero esprimere uno speciale ringraziamento alla Presidente in carica del Consiglio Beckett, che oggi è presente in quest’Aula. I cambiamenti climatici costituiscono una delle minacce più serie che dobbiamo affrontare. Desidero sottolineare che non può più essere considerato un problema ambientale. Un clima più caldo è un clima meno stabile, che comporta una minaccia per quasi tutti i settori della nostra società, una minaccia che deve essere considerata un problema di sicurezza. Non solo è una minaccia di sicurezza per l’Unione europea e i suoi Stati membri, ma anche, evidentemente, per molti paesi poveri nei tropici.

Parallelamente, desidero sottolineare che è importante non vedere la questione del clima soltanto come un problema e un peso. Con le azioni giuste, possiamo ridurre i rischi futuri per la società. Con le azioni giuste, possiamo anche offrire opportunità alle imprese e alla tecnologia in una serie di settori. Il mondo vanta un’associazione nota con il nome di Gruppo sul clima, che include un certo numero di grandi società: questo dimostra che è possibile ridurre le emissioni e guadagnare molto in un periodo relativamente breve. Ritengo che la necessaria trasformazione dei sistemi di energia e di trasporto nella nostra parte del mondo dovrebbe divenire un’importante leva nel processo di Lisbona e dovrebbe essere in grado di imprimere un impulso per la creazione di nuovi posti di lavoro e opportunità di esportazione.

La relazione del Parlamento offre un elenco di misure proposte per la strategia dopo il 2012. Noi pensiamo che l’Unione europea debba continuare ad avere un ruolo di guida nel lavoro sui cambiamenti climatici a livello internazionale. Il ministro Beckett ha appena confermato nel suo discorso che si tratta di un parere condiviso all’interno del Consiglio. Dobbiamo fare di più a breve termine in modo da conformarci realmente ai requisiti del Protocollo di Kyoto. Attualmente, comunque, siamo responsabili solo di una quota di emissioni, che ammonta circa al 14 per cento. Dobbiamo, quindi, coinvolgere altri attori. E’ una questione di grande urgenza che, nel lungo periodo, coinvolgiamo gli Stati Uniti in una cooperazione costruttiva. Dobbiamo stabilire obiettivi a lungo termine. Chiediamo, e vorremmo vedere, riduzioni del 30 per cento entro il 2020 e del 60-80 per cento entro il 2050. Questa è anche una richiesta espressa costantemente dal mondo imprenditoriale, che sottolinea di avere bisogno di regole di fondo a lungo termine.

La situazione dei paesi in via di sviluppo è, evidentemente, di enorme importanza. Per loro l’energia è soprattutto una questione di crescita e sviluppo, ma non devono ripetere i nostri errori. Abbiamo bisogno di partenariati strategici, soprattutto con i grandi paesi in via di sviluppo, per offrire uno stimolo a compiere progressi tecnologici ed effettuare investimenti nella migliore tecnologia possibile. Ciò che è stato introdotto in questo campo tramite l’accordo della Commissione con la Cina è, chiaramente, molto costruttivo, ma deve avvenire su più larga scala e diventare molto più significativo. Va ricordato che, ogni mese, la Cina mette in funzione due nuove centrali elettriche a carbone.

Dobbiamo investire di più in ricerca e sviluppo. Ora è un fatto che i governi di tutto il mondo investono meno nella ricerca in campo energetico come percentuale del PIL rispetto a 30 anni fa. Mi è del tutto incomprensibile. Spesso confronto questa situazione con quella creatasi riguardo al progetto Apollo. Se gli americani sono stati capaci di mandare un essere umano sulla luna in dieci anni, dovremmo essere in grado, compiendo enormi sforzi nel campo della ricerca e dello sviluppo, di compiere un’impresa simile in termini di progressi nelle nuove tecnologie. Per diventare credibili politicamente dobbiamo adottare misure vigorose per noi stessi. Dobbiamo imprimere un impulso al risparmio energetico, cosa che è già stata sottolineata in molte occasioni. Questo significa che, ad esempio, la direttiva sugli edifici dovrebbe essere estesa e resa più ambiziosa.

Il settore dei trasporti è molto critico. Accogliamo con favore il fatto che il trasporto marittimo e quello aereo saranno inclusi nella politica sul clima. Raccomandiamo misure rapide mirate a rendere più efficiente il trasporto su ferrovia. A nostro parere dovremmo trarre le giuste conclusioni dalle difficoltà incontrate nella riduzione delle emissioni del traffico stradale. Ci occorrono regole ambiziose e vincolanti – che quindi proponiamo – che disciplinino le emissioni di biossido di carbonio prodotto da nuovi veicoli. Dobbiamo contribuire all’immissione sul mercato di nuove tecnologie – che esistono. Vi sono comunque, molti ostacoli. Uno di questi è, ovviamente, il fatto che continuiamo a sovvenzionare la tecnologia convenzionale, vale a dire la tecnologia alimentata da combustibili fossili. Dobbiamo sviluppare lo scambio di quote di emissione, ma logicamente dobbiamo far sì che l’indennità non sia ambiziosa come l’anno scorso. Dobbiamo invece abbassare gradualmente il massimale. Dobbiamo invitare altri attori a partecipare a questo processo, per evitare che l’Europa diventi l’unico mercato.

La maggioranza delle misure proposte nella relazione è rivolta a imprese e produttori. Pensiamo anche che sarebbe necessario un coinvolgimento più attivo da parte dei cittadini. Gli stili di vita di tutti noi si ripercuotono sugli sviluppi della situazione. Abbiamo un’idea di esaminare, nel lungo periodo, una forma di scambio di emissioni a livello di individui. Forse è impossibile da attuare in pratica, ma un primo passo dovrebbe essere aumentare le conoscenze sia del contenuto di carbonio di tutto ciò che compriamo sia del carbonio emesso dalle forme di trasporto che utilizziamo.

Naturalmente noi in Parlamento e nelle Istituzioni europee dovremmo mettere in pratica ciò che predichiamo. Ad esempio, dovremmo fare in modo che i nostri edifici e le nostre forme di trasporto impieghino meno carbonio possibile. C’è molto da fare in questo settore. In conclusione, voglio augurare buona fortuna alla Commissione e al Consiglio a Montreal. Dovete far sì che l’Unione europea possa continuare a svolgere un ruolo di guida e stimolare il lavoro internazionale sui cambiamenti climatici nella prospettiva di realizzare risultati positivi.

 
  
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  Paul Verges (GUE/NGL), relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, a nome della commissione per lo sviluppo, vorrei congratularmi innanzi tutto con il nostro collega, onorevole Wijkman, per la sua eccellente relazione sul cambiamento climatico.

In quanto relatore di questa commissione, vorrei formulare alcune brevi osservazioni di ordine generale. Il nostro collega ha ragione a sottolineare che il riscaldamento planetario, se è vero che rappresenta una sfida ambientale, è soprattutto una sfida per lo sviluppo.

In effetti, i cambiamenti climatici costituiscono, a nostro parere, una vera questione di civiltà. Per questa ragione la nostra commissione ha tenuto a sottolineare che la combinazione delle conseguenze del cambiamento climatico, dell’evoluzione demografica mondiale e della globalizzazione economica annunciano un periodo di instabilità senza precedenti nella storia dell’umanità. C’è infatti motivo di temere che, in questo contesto, il riscaldamento planetario aumenti la frattura tra il mondo sviluppato e i paesi in ritardo di sviluppo. Purtroppo non vi è dubbio che questi paesi saranno i più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Ciò è vero soprattutto per i piccoli Stati insulari, vulnerabili sotto più di un aspetto, in particolare dinanzi ai cicloni e all’innalzamento del livello degli oceani.

Per tale ragione consideriamo che l’aiuto all’adattamento di questi paesi agli impatti del cambiamento climatico deve costituire una priorità nella politica di aiuto allo sviluppo dell’Unione europea. Raccomandiamo che l’Unione europea sviluppi una politica di cooperazione specifica per i paesi in via di sviluppo. Vi sarete resi conto che, per la commissione per lo sviluppo, la lotta contro il cambiamento climatico è quindi indivisibile dalla lotta contro la povertà e dalla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio.

La relazione ha anche ragione a insistere sugli sforzi che restano da realizzare in materia di attenuazione per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto. Una domanda per finire, signora Presidente: mentre oggi il 20 per cento della popolazione del pianeta consuma l’80 per cento dell’energia mondiale, come sarà verso il 2050 l’inquinamento dell’atmosfera, in un momento in cui occorrerà rispondere ai fabbisogni di energia di nove o dieci miliardi di abitanti?

 
  
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  Cristina Gutiérrez-Cortines, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signora Presidente, evidentemente il cambiamento climatico è tanto intenso e tanto vicino a noi che non è già più un problema intellettuale o un problema di determinati gruppi più sensibili che avevano sollevato la questione.

E’ un’opportunità per cambiare le nostre abitudini, è un’opportunità per ridurre le emissioni e ottenere un’aria più pulita, è un’opportunità per lo sviluppo di energie rinnovabili e alternative ed è anche un’opportunità perché l’Europa consideri la sua dipendenza dai combustibili fossili, spesso in territori soggetti a grande instabilità politica e a forti fluttuazioni dei prezzi. Pertanto, credo che apra anche la via all’opportunità di rivedere l’energia nucleare come una delle molte soluzioni, oltre ad altre alternative.

Dobbiamo ancora migliorare molto la ricerca e la conoscenza delle cause del cambiamento climatico. Si sono compiute poche ricerche, ad esempio, sulla relazione tra agricoltura e cambiamento climatico. Recenti ricerche hanno suscitato un allarme e hanno aperto un’altra direzione; stiamo incolpando solo l’industria del problema. Credo che dovremmo creare un’agricoltura intelligente orientata verso tali strategie; sarebbe scientificamente molto più sicuro.

Inoltre, credo che occorra conseguire miglioramenti anche in relazione alle quote e ai modelli matematici per la fissazione delle quote; vi sono ancora molti paesi che agiscono in maniera poco corretta, mentre altri hanno trovato soluzioni valide, come il Regno Unito.

Credo anche che sia necessario cercare strategie per compensare il cambiamento climatico e determinare in che misura possa essere mitigato. Ritengo che si debba rivedere la politica sulla siccità e la desertificazione nel Mediterraneo e reagire alla sofferenza e al deterioramento causati all’ecosistema e alle nostre risorse animali e alla fauna.

 
  
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  Gyula Hegyi, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, abbiamo visto i volti delle vittime dell’uragano e dell’inondazione di New Orleans. Il riscaldamento globale non significa un reale riscaldamento in ogni singola parte del mondo. Significa un numero crescente di disastri, ad esempio anomalie atmosferiche, enormi perdite di vite umane e danni materiali. Semplicemente usiamo troppa energia da combustibile fossile. Se le nazioni in via di sviluppo, che comprendono quasi tre miliardi persone in Cina e in India, seguiranno lo stile americano di consumi finiremo col distruggere il nostro pianeta. Per questa ragione, a nome del gruppo socialista, accolgo con favore la coraggiosa relazione dell’onorevole Wijkman.

Comunque, non bastano le belle parole. Dobbiamo esortare i nostri partner a ratificare il Protocollo di Kyoto. Dobbiamo trovare alleati per questo obiettivo fra politici e cittadini di ampie vedute negli Stati Uniti, che capiscano l’importanza dello sviluppo sostenibile.

Per ridurre le emissioni abbiamo bisogno di una svolta forte verso il trasporto pubblico. La ferrovia è cinque volte più efficiente del trasporto su strada. Inoltre, è un modo di trasporto ecologico. Ma l’Unione europea manca ancora degli strumenti giusti per incoraggiarne l’uso. L’UE non ha alcun progetto per migliorare i trasporti pubblici urbani e il numero crescente di auto nelle città significa che la vita urbana sta diventando più caotica e sempre meno sana. La nostra popolazione urbana merita più attenzione da noi politici per quanto riguarda l’aria pulita e la qualità dei trasporti pubblici.

Le energie rinnovabili si stanno sviluppando in alcuni paesi, ma in altri Stati membri sono stati compiuti solo alcuni passi. Abbiamo bisogno di obiettivi vincolanti se non per il 2010, almeno per il 2020.

C’è un punto sul quale contraddirei il ministro Beckett. Penso che le mezze soluzioni come lo stoccaggio del carbonio non possano essere una soluzione per il futuro. Invece di nascondere temporaneamente le nostre crescenti emissioni, dobbiamo ridurle. Se una centrale nucleare dovrà essere chiusa per qualche ragione, dovrebbe essere sostituita solo da energie rinnovabili. Chiudere le centrali nucleari e usare più energia da combustibile fossile sarebbe una sorta di suicidio collettivo.

 
  
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  Caroline Lucas, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare la Commissione e il Consiglio per le loro dichiarazioni. Devo dire, tuttavia, che non condivido la valutazione ottimista del ministro Beckett su quanto sta facendo l’Unione europea, nonostante l’impegno del governo britannico a considerare il cambiamento climatico una priorità della sua Presidenza. I progressi concreti sono stati molto deludenti. Definire ambizioso il comunicato ufficiale del G8 sui cambiamenti climatici è una forzatura della lingua inglese quasi al punto di rottura. Se la Presidenza britannica dimostrerà una capacità di porsi alla guida a livello internazionale su questo tema, deve innanzi tutto mettere ordine in casa propria.

All’inizio di quest’anno abbiamo incaricato l’Associazione per la conservazione dell’energia di elaborare una relazione per valutare la correttezza dell’attuazione da parte di questo governo delle leggi europee esistenti sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili. I risultati hanno evidenziato chiaramente che questo è un governo che ha rinviato l’attuazione della direttiva sul rendimento energetico degli edifici, che ha chiesto un aumento del livello del Regno Unito di emissioni di CO2 permesso nel quadro del sistema europeo di scambio delle quote di emissione, che non ha stabilito obiettivi vincolanti per la riduzione della domanda di energia nel quadro della direttiva sui servizi in campo energetico e che non ha promosso le centrali combinate su piccola scala per la produzione di calore ed energia in linea con la direttiva sulla cogenerazione.

Per questo motivo il Consiglio dovrebbe prendere in particolare considerazione la relazione del Parlamento europeo sui cambiamenti climatici, elaborata con competenza da Anders Wijkman. Vi troveranno un coraggioso e ambizioso invito all’azione. In particolare, il testo chiede forti riduzioni delle emissioni sul fronte interno, cominciando con riduzioni del 20-30 per cento all’interno dell’Unione europea entro il 2020 e giungendo a un obiettivo del 60-80 per cento entro il 2050. Invita a fare dell’Europa l’economia più efficiente del mondo in termini energetici, definendo obiettivi di riduzione annuale dell’intensità energetica dell’ordine del 2,5-3 per cento e a sviluppare una strategia forte per Montreal. Nel nostro emendamento, i Verdi chiedono all’Unione europea di assicurare un mandato formale e un calendario per negoziare futuri impegni in materia di clima con un termine per il raggiungimento di un accordo entro la fine del 2008.

Concludo con due rapide domande per il Consiglio. Innanzi tutto, qual è il suo parere sulla riduzione e la convergenza come quadro per l’azione futura? In secondo luogo, oltre a includere il trasporto aereo nel sistema di scambio di emissioni, il Consiglio proporrà in parallelo strumenti mirati ad affrontare il pieno impatto del trasporto aereo sul clima, poiché, come sappiamo, il sistema di scambio di quote di emissione non coprirà le emissioni non collegate al CO2?

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signora Presidente, per andare dritto al punto, un sistema di libero mercato non è la migliore soluzione al problema dei cambiamenti climatici. Un’economia di libero mercato sfrenata senza alcuna restrizione al consumo eccessivo e ai prodotti conduce a un aumento delle emissioni di gas serra e così aggrava il problema. La crescita economica è come una vacca sacra: è sacrosanta, e ogni singolo bene di consumo deve essere disponibile sul mercato in tutto il mondo contemporaneamente. Dobbiamo ricordare, tuttavia, che anche le vacche sacre possono diffondere gas dannosi, e non solo metaforicamente, ma anche letteralmente, se si considera la quota dell’allevamento intensivo di bestiame nel livello di emissioni di CO2.

La lobby dell’energia nucleare ha approfittato della questione dei cambiamenti climatici per riacquistare visibilità. Stranamente, non proferiscono parola sulle enormi montagne di rifiuti che creano e che ci causeranno seri problemi per i prossimi diecimila anni. Non dovremmo tentare di risolvere una crisi ambientale creandone un’altra. I miliardi che vengono ancora destinati allo sviluppo e alla promozione dell’energia nucleare potrebbero essere spesi più saggiamente per l’energia eolica, solare e idraulica.

I livelli delle emissioni nel settore dei trasporti saranno ancora nel 2030 superiori del 28 per cento rispetto al livello del 1990. Il suo valore simbolico per un’economia internazionale di libero mercato ne fa un settore difficile per le misurazioni, e chiederei pertanto tasse sui trasporti aerei e marittimi. In contrasto con lo scambio dei diritti di emissione, non possiamo, mediante la tassazione, trasferire il problema ai paesi in via di sviluppo.

 
  
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  Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, sono rimasto colpito dal programma di lavoro presentato ieri in Parlamento dal Presidente della Commissione Barroso. Contiene molti punti validi anche riguardo alla lotta contro il cambiamento climatico. Ad esempio, sostengo vivamente l’inclusione del traffico aereo nel sistema di scambio delle quote di emissione, nonché la revisione della direttiva sui limiti massimi di emissione nazionali, che risale al 2001. Anche così, la Commissione non è stata, a mio parere, molto ambiziosa a tale riguardo. Da anni stiamo discutendo di riduzioni drastiche delle emissioni di gas serra, ma le emissioni stanno aumentando anno dopo anno, non solo a livello mondiale, ma anche all’interno dei vari Stati membri.

Se vogliamo essere presi sul serio a Montreal, dovremmo non solo osare menzionare le riduzioni, ma questa volta anche impegnarci ad adottare realmente misure. Se necessario, dovremmo coinvolgere un numero più ridotto di paesi. Esorto il Commissario Dimas a presentare una strategia che contenga misure che possano aiutarci a realizzare il nostro obiettivo a lungo termine, poiché le proposte qui presentate questa settimana, nonostante l’effetto positivo che hanno avuto, sono ispirate solamente a una visione a breve termine.

 
  
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  Liam Aylward, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signora Presidente, dieci anni fa c’era molta speculazione sui cambiamenti climatici, ma oggi questi sono una realtà, mentre il futuro si apre davanti ai nostri occhi. Le popolazioni dell’Artide lo vedono nella scomparsa del ghiaccio artico; gli abitanti delle baraccopoli dell’America latina e dell’Asia meridionale lo vedono nei micidiali uragani e nelle inondazioni; gli europei lo vedono nell’arretramento dei ghiacciai, negli incendi delle foreste e nelle terribili ondate di caldo. In Brasile quest’anno, ad esempio, mentre gli uragani a distanza di migliaia di chilometri flagellavano gli Stati Uniti e i Caraibi con acqua e vento, i residenti di una piccola città di pescatori nella profonda regione amazzonica hanno visto prosciugarsi il lago dal quale dipendono per cibo e trasporto in un anno che ha visto la peggiore siccità della regione in quattro decenni: il risultato del riscaldamento delle acque oceaniche, che è stato indicato anche come la causa di una delle più violente stagioni di uragani nella storia del Golfo del Messico.

La firma del protocollo di ratifica per Kyoto da parte di alcuni dei principali attori è stata un evento accolto con grande soddisfazione. Il Protocollo di Kyoto è fuori pericolo perché è stato ratificato dalla Federazione russa. Tuttavia, i principali attori devono ora essere più proattivi nel convincere i paesi con i livelli più alti di inquinamento: gli Stati Uniti e i paesi in via di sviluppo.

Rimango profondamente preoccupato per il fatto che gli Stati Uniti continuano a scegliere di affrontare il problema dei cambiamenti climatici attraverso attività unilaterali. I cambiamenti climatici devono essere affrontati come un problema globale. Se non si riduce il biossido di carbonio, la calotta glaciale artica scomparirà. Questo si ripercuoterà sulla qualità della vita in particolare di coloro che vivono nelle regioni costiere e in comunità insulari. E’ un fatto scientifico, non un’appassionata osservazione di natura politica da parte mia.

L’Irlanda è molto più efficiente in termini energetici di quanto non fosse dieci anni fa. Incoraggio gli altri Stati membri a seguirne l’esempio. Affrontare i cambiamenti climatici non è mai stato definito un compito facile, ma il compiacimento nell’affrontarli è di gran lunga peggiore.

E’ un dato di fatto, che sorprende molti, che a causa del livello di gas serra nell’atmosfera, siamo già destinati a un notevole riscaldamento globale e a un considerevole aumento del livello del mare. Se ora diventassimo alunni diligenti in termini di emissioni di gas a effetto serra, patiremmo comunque le conseguenze dell’inquinamento del passato, ma più aspettiamo ad affrontare le emissioni di gas serra in modo serio, più saranno croniche le conseguenze future.

Sono già stati rilevati aumenti di temperatura. L’aumento di temperatura di mezzo grado è simile a quello osservato alla fine al XX secolo. Comunque, l’aspetto più allarmante è l’aumento previsto del livello del mare, che è più del doppio rispetto all’aumento di tre pollici verificatosi nell’ultima parte del secolo scorso. Queste cifre non tengono conto dell’acqua dolce che scaturisce dallo scioglimento della coltre glaciale e dei ghiacciai, che potrebbe almeno raddoppiare l’aumento del livello del mare causato solo dalla dilatazione termica.

Gli scienziati hanno affermato che quest’anno le temperature dell’acqua nell’Oceano Atlantico settentrionale e nel Golfo del Messico sono state di ben 3,6 gradi più elevate del normale. Questo fenomeno ha contribuito ad alimentare gli uragani che hanno devastato la costa del Golfo degli Stati Uniti e i Caraibi. Ha altresì contribuito a generare correnti di aria più calda del normale che si sono riversate nel bacino amazzonico impedendo la formazione di nembi. Greenpeace ha avvertito che l’esperienza di quest’anno potrebbe essere un segnale di cosa accadrà in futuro se non si mette fine a pratiche come la deforestazione e le emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera.

Affrontando seriamente i cambiamenti climatici non solo contribuiamo a preservare il nostro pianeta per i nostri nipoti e per le generazioni future, ma eviteremmo anche a loro e a noi stessi un onere monetario, dato che i costi dei cambiamenti climatici sostenuti per proteggere le specie e gli habitat in via di estinzione sono molto elevati.

Gli attori in evoluzione come l’Asia meridionale, l’America latina e l’Africa richiedono politiche di riduzione delle emissioni che non danneggino il loro sviluppo economico. Le politiche relative ai cambiamenti climatici devono quindi essere formulate in modo da contribuire alla crescita economica nei paesi in via di sviluppo.

Mi recherò a Montreal il mese prossimo come parte della delegazione europea e attendo con ansia di vedere gli attori globali affrontare la realtà di quest’anno e lavorare insieme come partner nell’affrontare questo problema globale estremamente importante.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ONYSZKIEWICZ
Vicepresidente

 
  
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  Irena Belohorská (NI).(SK) L’Europa è stata fra le prime regioni nel mondo a registrare i cambiamenti climatici che sono la conseguenza di pericolosi mutamenti climatici globali. Le estati sono divenute più calde, gli inverni sono divenuti piovosi, la portata dei fiumi si è ridotta, l’umidità del suolo è diminuita e abbiamo registrato più inondazioni, oltre a siccità estreme e uragani.

Non c’è dubbio che questi cambiamenti siano causati direttamente dall’attività umana, soprattutto nei paesi industrializzati che sono quasi sempre responsabili di elevate emissioni di gas serra. Tra chi inquina maggiormente c’è anche l’Unione europea. Ogni anno, le calamità naturali provocano una significativa perdita economica, perdite di vite umane e una maggiore incidenza delle numerose malattie collegate all’inquinamento ambientale. E’ essenziale un’azione congiunta da parte dei principali responsabili dell’inquinamento – la Cina, gli Stati Uniti, l’Unione europea e l’India – nella lotta contro i cambiamenti climatici.

Non è realistico aspettarsi che l’umanità rinunci alle comodità della vita moderna, come le automobili e altri mezzi di trasporto, a favore della bicicletta. Abbiamo quindi bisogno di innovazione in relazione alle tecnologie esistenti e dello sviluppo di fonti di energia più ecologiche. E’ necessario usare maggiormente l’energia solare, idraulica ed eolica e aumentare la ricerca su queste nuove forme di energia.

In Europa, stiamo assistendo all’esodo dei nostri giovani scienziati verso gli Stati Uniti, perché l’Europa non offre loro risorse adeguate per eseguire una ricerca efficace ad alti livelli in questo settore. Inoltre, alcuni campi di ricerca non sono neppure studiati in Europa. I cambiamenti climatici avranno un impatto sulla salute degli europei. Come risultato dei cambiamenti climatici, l’Europa sarà esposta a malattie che non sono originarie di questo continente, ma piuttosto tipiche di zone geografiche più a sud. Il riscaldamento globale può aumentare l’incidenza di malattie infettive trasmesse da artropodi, come la zanzara che diffonde la malaria o certe infiammazioni virali del cervello.

 
  
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  Peter Liese (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, consentitemi di osservare che la Presidenza del Consiglio ci ha fatto aspettare 10 o 15 minuti l’inizio della discussione. Apprezzerei almeno una spiegazione e una richiesta di scuse; chissà se arriveranno.

Desidero ringraziare l’onorevole Wijkman per il suo impegno e il duro lavoro. Il suo non era un compito facile, e non è certamente un segreto che ci sono state discussioni all’interno del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, anche se siamo stati in grado di risolvere in modo soddisfacente tali questioni. La relazione all’esame è valida e vorrei sottolinearne un particolare aspetto. In Germania, da lunedì esiste un accordo su una nuova grande coalizione. Alcuni aspetti di tale accordo hanno attirato critiche giustificate: vi sono alcuni compromessi che non tutti possono accettare.

I capitoli sull’ambiente, sull’energia e i cambiamenti climatici sono, comunque, perfettamente rispettabili, e credo che consentiranno all’Europa anche di compiere progressi. Gran parte dell’accordo di coalizione è identica a quello che ha proposto la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare nella relazione dell’onorevole Wijkman, ed è un incoraggiamento alla Commissione a raddoppiare l’impegno per la realizzazione dei suoi obiettivi in settori come il trasporto aereo.

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, noi – non solo nella grande coalizione tedesca, ma anche negli emendamenti che abbiamo presentato alla relazione Wijkman – vogliamo che sia data una nuova priorità al riscaldamento, un settore nel quale, con una spesa modesta, possiamo ridurre molto le emissioni di biossido di carbonio, e per tale ragione la Commissione ha voluto presentare una proposta di direttiva sull’argomento.

C’è una questione, a mio parere, che né la grande coalizione in Germania né la commissione per l’ambiente hanno risolto in modo soddisfacente: quella dell’energia nucleare. Sono d’accordo con l’onorevole Gutiérrez che l’energia nucleare è indispensabile se vogliamo risolvere il problema del clima.

Vorrei, comunque, che la relazione ottenesse una vasta e convincente maggioranza, e concludo sottolineando ciò che ha detto l’onorevole Wijkman sull’esistenza anche di un problema di sicurezza. Secondo uno studio del Pentagono, i cambiamenti climatici rappresenteranno, a lungo termine, un pericolo per l’umanità più grave del terrorismo internazionale. Questo dovrebbe rendere chiaro a tutti che è giunto il momento di agire.

 
  
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  Dorette Corbey (PSE).(NL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Wijkman per la sua eccellente e incisiva relazione. Desidero anche congratularmi con la Presidente in carica del Consiglio Beckett per il suo impegno a favore della politica in materia di clima. Oggi il Parlamento chiede ancora una volta una politica ambiziosa sul clima e il Commissario Dimas ha spiegato perché ha tutte le ragioni per chiederla.

A Montreal, dobbiamo gettare le basi per una politica nuova sul clima. Siamo di fronte all’enorme sfida di offrire energia pulita e trasporti più puliti, riducendo nel contempo il consumo energetico.

Finora, l’Europa ha svolto un ruolo di guida, che ha dato davvero un buon risultato. Certamente abbiamo di che festeggiare a Montreal.

Il compito chiave dell’Europa è ora quello di fare in modo che il paese responsabile delle maggiori emissioni di CO2, gli Stati Uniti, accetti anche di assumersi gli obblighi del caso e che il coinvolgimento di paesi come la Cina e l’India nell’intero processo sia autentico. Tale compito potrà essere realizzato solamente se l’Unione europea affronterà i problemi in prima persona e dimostrerà che l’economia europea riceverà, di fatto, dall’innovazione un’enorme spinta, acquistando maggiore efficienza energetica, con una produzione più efficiente e l’introduzione di prodotti sostenibili sul mercato. Purtroppo, tuttavia, a parte il Regno Unito, la maggior parte dei paesi non soddisfa gli obblighi in prima persona e le automobili più pulite e più economiche non sono prodotte in Europa, ma in Giappone. Dobbiamo fare meglio e di più! Ciò è possibile solo se coinvolgiamo i cittadini nella politica relativa al clima.

(Applausi)

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, concordo pienamente con la collega del mio gruppo, onorevole Lucas, sui risultati alquanto raffazzonati del governo del Regno Unito nell’affrontare in modo serio i cambiamenti climatici. Comunque, se il Consiglio intende adottare un approccio più ambizioso, potrebbe utilmente esaminare con attenzione e adottare la relazione dell’onorevole Wijkman.

Il fatto è che abbiamo bisogno di cambiare il modo in cui discutiamo dei cambiamenti climatici, in particolare fra il pubblico. Dobbiamo cominciare con le nostre stesse azioni, perché sono quelle che possiamo controllare meglio. Dobbiamo comprendere che se raccogliamo la sfida, possiamo trarre profitto dal nostro stesso esempio. L’energia rinnovabile è la chiave della soluzione. Il mio paese, la Scozia, potrebbe essere il leader mondiale in fatto di energia rinnovabile pulita, ecologica. Abbiamo le onde marine, una lunga linea costiera, colline battute dai venti, biomassa ed energia geotermica, e la materia prima per l’energia idroelettrica cade regolarmente dal cielo; tuttavia, non stiamo investendo in misura neanche lontanamente sufficiente nelle tecnologie rinnovabili né in Scozia né in Europa. Nel caso della Scozia, il motivo è che il Regno Unito controlla la politica energetica e resta legato a un’agenda nucleare, che a mio parere non offre alcuna soluzione a lungo termine.

Noi in Parlamento possiamo svolgere la nostra parte in questo cambio di direzione sull’energia rinnovabile e nel dibattito sui cambiamenti climatici, e dobbiamo unirci a favore della relazione dell’onorevole Wijkman. La Commissione può svolgere la sua parte dando la priorità all’energia rinnovabile nei programmi del settimo programma quadro.

 
  
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  Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’effetto serra è il più grande problema che dobbiamo affrontare, perché riguarda una modificazione strutturale delle condizioni necessarie all’esistenza. La capacità di affrontare tale problema deve costituire un elemento primario del nostro agire. A tal fine, è necessario assumere la strategia di Kyoto e la sua implementazione come elementi sovraordinati a tutte le nostre scelte, quale base giuridica e progettuale nonché quale elemento chiave della politica interna e internazionale dell’Europa, a partire da Montreal.

Gli assi del protocollo di Kyoto, ovvero la convergenza e la riduzione, ci indicano che i modelli di sviluppo e di economia devono cambiare radicalmente ed essere orientati verso una gestione più razionale e più equa delle risorse. Penso che si possa arrivare alla cifra di un TEP per essere umano. Questo impegno che ci deve portare verso il risparmio e l’uso di fonti alternative rinnovabili, gestite democraticamente.

Rispetto a questo obiettivo e a questa necessità, ogni idea di ricorso al nucleare, che rappresenta una fonte finita ad altissimo rischio, con problemi irrisolvibili come le scorie, e una fonte non democratica, è veramente inaccettabile.

 
  
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  Urszula Krupa (IND/DEM).(PL) Signor Presidente, trovo difficile dare la mia approvazione a una relazione che contiene così poche proposte costruttive riguardanti misure pratiche da adottare per prevenire i cambiamenti climatici e che non include un’analisi finanziaria. Inoltre, gli Obiettivi di sviluppo del Millennio e l’adesione alle raccomandazioni contenute nel Protocollo di Kyoto sono insufficienti. Quest’ultimo impegna i singoli governi e le imprese ad attuare una politica comprendente programmi intesi a ridurre i gas serra e a istituire sistemi di scambio di quote di emissione e regolamenti per il risparmio energetico.

La principale responsabilità della distruzione ambientale è dei paesi industrializzati. Lo stile di vita agiato di cui godono e i comportamenti consumistici che promuovono sono alla radice di questo disastro che ha conseguenze inimmaginabili per la salute e per il futuro della terra in generale. Oltre alle misure alle quali hanno già fatto riferimento oratori precedenti, uguale importanza dovrebbe quindi essere attribuita a cambiare la mentalità delle persone e alla loro evoluzione come individui. Questa è stata descritta giustamente come la mossa verso una cultura della soddisfazione che inverte la tendenza verso il possesso ad ogni costo e l’accumulo incontrollato di beni.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, sebbene il riscaldamento climatico sembri oggi un fatto evidente, è opportuno comunque verificare le analisi che lo attribuiscono quasi esclusivamente ai gas a effetto serra, cosa che certi scienziati contestano, per il fatto che sono possibili altre cause. Detto questo, nel caso in cui tali analisi fossero confermate, gli ambientalisti dovrebbero chiedersi se non siano stati eccessivi nella loro lotta accanita contro qualsiasi forma di energia nucleare, che indubbiamente presenta rischi, ma non produce alcun gas a effetto serra.

Come propone la relazione Wijkman, le fonti di energia alternative devono essere incoraggiate, in particolare l’energia solare e geotermica. Tuttavia non si possono imporre restrizioni così pesanti solo ai paesi europei, quando la Cina, gli Stati Uniti e molti altri aumentano in misura massiccia le loro emissioni di CO2. In quanto allo stoccaggio del biossido di carbonio, permettetemi di raccomandare un metodo naturale, efficace e vantaggioso, vale a dire la riforestazione, tanto più che una riforestazione sistematica potrebbe essere l’oggetto di un vasto programma di cooperazione internazionale.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, la discussione è quasi al termine e la giuria scientifica è in ampia misura concorde sull’impatto dei gas serra sul nostro clima. Le perdite economiche a causa di catastrofi naturali connesse al clima sono aumentate di sei volte dagli anni ’60. La temperatura della terra sta aumentando a un ritmo allarmante. I Quindici non raggiungeranno gli obiettivi di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di CO2 e non si farà nulla al riguardo.

Alla riunione COP 11/MOP 1 a Montreal il mese prossimo, l’attenzione sarà concentrata sul seguito da dare a Kyoto e su cosa accadrà dopo il 2012. Senza una autentica cooperazione globale, in particolare dal più grande produttore del mondo di gas serra, gli Stati Uniti, qualsiasi accordo sarà privo di senso. Si tratta di un’enorme sfida. Attendiamo la revisione della Commissione riguardo al funzionamento del sistema di scambio di quote di emissione il prossimo giugno per tenere a bada i cinici e i “ve l’avevo detto” e mantenere la credibilità di tale sistema. E’ essenziale che ne ampliamo la portata e stabiliamo obiettivi settoriali trasversali. Troppi settori sono esclusi e ciò crea divari e inefficienze nel mercato che rischiano di far aumentare il costo delle attività. Stiamo ancora dedicando solo belle parole all’intero settore dell’efficienza energetica, che ha un enorme contributo da dare. Dobbiamo concentrarci anche sullo sviluppo di combustibili e tecnologie alternativi. I veicoli destinati al trasporto pubblico e le flotte “captive” dovrebbero usare combustibili puliti e alternativi per offrire uno stimolo al mercato e al settore privato, e per dare il via al processo di creazione di una rete di sbocchi esterni.

Ci occorrono regimi di accise che favoriscano i biocarburanti e i biocarburanti flessibili. Perché non stabilire per legge che tutti i carburanti per motori debbano includere una miscela di combustibile da fonti rinnovabili, per esempio il 5 per cento di miscela bioetanolo nella benzina, il 2 per cento di miscela di biodiesel per i veicoli diesel, senza rendere necessaria alcuna modifica ai veicoli? Abbiamo bisogno di pensare e agire in modo radicale. Se siamo convinti che le emissioni di CO2 debbano essere ridotte drasticamente, dobbiamo smettere di cincischiare attorno all’energia rinnovabile e realizzare una vera liberalizzazione per i mercati dell’elettricità. Dobbiamo destinare le risorse in modo coerente con le idee che sosteniamo, esaminare il settimo programma quadro e investire in questo settore.

 
  
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  Anne Ferreira (PSE).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Wijkman merita tutta la nostra attenzione. Questo testo deve essere considerato la nostra tabella di marcia per lottare in modo più efficace contro i cambiamenti climatici negli anni futuri. Le vie da seguire sono realistiche, tocca a noi percorrerle nel modo più rigoroso possibile appoggiandoci a tutti i partner che partecipano all’attuazione degli obiettivi, dagli Stati membri ai cittadini, e cambiando i nostri metodi di produzione e di consumo.

Tuttavia, se esiste un settore essenziale nel quale dobbiamo impegnarci molto più a fondo, dotandoci dei mezzi finanziari all’altezza della posta in gioco, è quello della politica della ricerca, perché non ci possono essere nuove tecnologie né innovazioni senza ricerca. La materia grigia dei nostri ricercatori costituisce per l’Unione europea una risorsa che dobbiamo valorizzare per raccogliere la sfida dello sviluppo sostenibile e del cambiamento climatico, senza dimenticare, naturalmente, la nostra responsabilità nei confronti dei paesi più poveri. Dovremo quindi disporre in futuro di un bilancio della ricerca all’altezza delle nostre ambizioni.

 
  
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  Lena Ek (ALDE). (SV) Signor Presidente, è stato gratificante sentire l’altro giorno il Commissario Dimas alla Conferenza internazionale sull’energia di Pechino esprimere il suo appoggio all’ambizioso obiettivo del Parlamento di avere il 25 per cento di energia rinnovabile entro il 2020, come altrettanto gratificante è stato sentire il Commissario affermare che l’energia rinnovabile è essenziale per superare problemi come i cambiamenti climatici e la povertà e promuovere lo sviluppo economico generale.

Tuttavia se vogliamo creare un mercato per l’energia rinnovabile, occorre mettere chiaramente in evidenza i costi dell’insostenibile dipendenza odierna da fonti di energia basate su combustibili fossili. Non si tratta solo di mostrare gli effetti sull’ambiente e sulla salute pubblica di livelli altissimi di emissione. Gli effetti devono anche essere espressi in termini di euro e centesimi. L’Europa ha già introdotto un sistema governato dal mercato di scambio di emissioni. Certamente, il ruolo svolto dal trasporto aereo nel sistema è oggetto di discussione, ma voglio vedere incluso anche il trasporto marittimo e, soprattutto, il traffico via terra. Soltanto quando avremo ben chiari i costi che comportano le emissioni di biossido di carbonio derivanti da questo settore aumenterà sul serio la domanda e l’approvvigionamento di fonti di energia rinnovabili.

La mia prima domanda è quindi se – e, se sì, quando – la Commissione intenda includere il settore dei trasporti nel sistema europeo di scambio di emissioni. La mia seconda domanda riguarda la percentuale delle fonti di energia rinnovabile. Desideriamo aumentarle, ma, ovviamente, devono anche essere usate. Quando intende la Commissione proporre che la cosiddetta direttiva sui carburanti automobilistici sia sostituito da una miscela di etanolo minima del 10 per cento nei carburanti per autoveicoli?

 
  
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  Bairbre de Brún (GUE/NGL).(L’oratore si esprime in irlandese)

(EN) La relazione dell’onorevole Wijkman sottolinea chiaramente che la conformità ai requisiti di Kyoto è la prima priorità dell’Unione europea. Anche se Kyoto costituisce solo un piccolo passo nella lotta contro i cambiamenti climatici, dobbiamo dare il nostro appoggio ed esortare coloro che non hanno firmato il Protocollo a ratificarlo immediatamente.

Questa mattina mi ha fatto piacere sentire la Commissione e il Consiglio sottolineare l’importanza della prossima fase, perché la vera sfida è fissare obiettivi ambiziosi per il periodo successivo al 2012 e coinvolgere tutti i principali attori mondiali. Voglio anche sostenere gli emendamenti presentati dai miei colleghi del gruppo GUE/NGL, in particolare l’asserzione che la promozione di un libero mercato senza freni ha condotto a consumi eccessivi, che a loro volta hanno causato l’aumento delle emissioni di gas serra.

(L’oratore si esprime in irlandese)

 
  
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  Georgios Karatzaferis (IND/DEM).(EL) Signor Presidente, volevo parlare di un problema molto serio. Mi chiedo quante donne questa mattina non hanno usato la lacca per i capelli e chi di noi non ha usato un deodorante spray. In questo modo, contribuiamo a creare l’effetto serra. Sono semplici fattori che anche noi trascuriamo.

Signor Commissario Dimas, lei sta compiendo invano i suoi sforzi se non convince gli americani a rispettare le regole. Mi permetta di citarle due statistiche: gli Stati Uniti emettono più sostanze inquinanti di tre quarti dei membri delle Nazioni Unite e solo lo Stato di New York emette la stessa quantità di sostanze inquinanti dell’intero continente africano. Di conseguenza, qualunque cosa facciamo in Europa, se non convinciamo la nostra solita controparte riottosa, intendo dire gli Stati Uniti, ad assumersi le sue responsabilità, falliremo. Questa è la tragica verità.

Dobbiamo anche vedere cosa farà la Cina, essendo il paese più popoloso nel mondo, che da solo ha un quarto della popolazione mondiale. Qualunque cosa facciamo in Europa, non conseguiremo alcun risultato. Abbiamo l’enorme problema del clima, che non conosce confini. Non possiamo mettere sbarramenti di filo spinato. Dobbiamo quindi convincere gli americani se vogliamo evitare risultati disastrosi. Ci stiamo incamminando con precisione matematica verso lo stesso destino dei dinosauri. Dobbiamo capire tutti che la minaccia di Bin Laden e del terrorismo è molto più limitata rispetto alla minaccia ambientale che incombe sugli americani. Di conseguenza, se vogliamo ottenere risultati, dobbiamo persuadere gli americani a seguire le regole.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE). (FR) Signor Presidente, signor Commissario, signora Presidente in carica del Consiglio, soltanto alcuni anni fa, quando si parlava di cambiamenti climatici, alcuni sorridevano con aria dubbiosa. Oggi nessuno mette in discussione il fatto che questi cambiamenti stiano avvenendo. C’è anche un senso di urgenza. Dobbiamo agire subito per rispondere a questa minaccia, indubbiamente una delle più gravi nella storia dell’umanità, con sempre più frequenti inondazioni, siccità, uragani, lo scioglimento della calotta glaciale e dei ghiacciai e forse un giorno la diffusione di malattie.

Di fronte a questa minaccia, abbiamo quindi un’occasione senza precedenti di avviare un vero programma tecnologico, che ci consenta di promuovere l’innovazione di cui abbiamo tanto bisogno per la creazione di nuovi posti di lavoro in Europa. L’Europa e il mondo hanno parlato molto, ma le azioni non sono sufficienti. E’ quindi giunto il momento di avere il coraggio politico di dare nuovo slancio al Protocollo di Kyoto. Biocarburanti, energia solare, energia eolica, energia idroelettrica, idrogeno, misure mirate all’efficienza energetica: queste tecnologie esistono. Tocca a noi accelerarne l’impiego nelle nostre politiche urbanistiche e nei metodi di costruzione.

Dobbiamo avvalerci di tutte le possibilità che sono offerte. Non esiste un’unica soluzione ideale. Dobbiamo invece combinare l’utilizzo di queste diverse fonti. Esistono ancora troppe restrizioni all’attuazione e alla commercializzazione di innovazioni tecnologiche come i veicoli ibridi o elettrici. I nostri concittadini sono pronti a prendersi la loro parte di responsabilità nella gestione dell’energia. Gli Stati Uniti, l’India e la Cina stanno già assumendo iniziative, in particolare nel settore dell’energia nucleare. Non potremo ignorare l’energia nucleare, che non causa nessuna emissione di gas a effetto serra. Cosa aspetta l’Europa ad aprire realmente il dibattito – un dibattito serio, senza fanatismi – sull’energia nucleare? Vi chiedo di non rinviarlo ulteriormente.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, per essere credibile agli occhi dei cittadini, l’Unione europea deve mettere da parte le buone intenzioni e agire concretamente, prefiggendosi obiettivi ambiziosi e investendo risorse proporzionate a questi ultimi. Quante risorse saranno destinate al trasporto ferroviario? Quando saranno realizzate le grandi reti transeuropee, che stiamo ancora aspettando? Quando saranno istituite sovvenzioni nel quadro della PAC a favore dei biocarburanti? Quando vedremo un aumento dei bilanci della ricerca per affrontare le grandi sfide energetiche, come quelle connesse al settore dell’idrogeno? Quando i Fondi strutturali e le sovvenzioni saranno subordinati all’efficienza energetica e al risparmio energetico? Penso all’ambiente urbano, all’edilizia abitativa e alle case popolari. Quando saranno imposte ecotasse sui trasporti di merci, in particolare sui trasporti marittimi? Quando si stabilirà una regolamentazione degli scambi commerciali nella prospettiva della lotta contro l’effetto serra? Attendiamo risposte concrete e operative, che preparino la strada ad azioni immediate. L’Unione europea deve agire qui e ora per convincere, per porsi come modello e per creare nuovi partenariati con i paesi del sud. Siamo ancora a livello di intenzioni. Passiamo all’azione.

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE-DE).(SV) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Wijkman per aver elaborato una relazione equilibrata su un importante problema. Vorrei sottolineare che difficilmente al momento attuale l’Europa riuscirà a realizzare gli obiettivi di Kyoto, poiché sono molto impegnativi e la politica che attualmente viene messa in atto non sembra avere le caratteristiche per consentirci di soddisfare tali obiettivi in questa prima fase. Una ragione di questo fatto è che i dettami imposti da una politica ambientale moderna alla politica sull’energia vengono ampiamente ignorati.

Se consideriamo le condizioni esistenti, non saremo in grado di soddisfare gli obiettivi di Kyoto in termini di aspettative riguardanti i combustibili rinnovabili. Tali combustibili saranno sviluppati e svolgeranno un ruolo maggiore, ma non risolveranno i problemi. Non possiamo realizzare gli obiettivi di Kyoto regolamentando l’economia o adottando misure di risparmio energetico, perché tali misure interferirebbero con lo scopo di creare le condizioni di base per una economia migliore che faccia di più per soddisfare i requisiti ambientali. Non possiamo risolvere i problemi rallentando la crescita dell’economia. Dobbiamo invece condurre una politica ambientale compatibile con una politica coerente e credibile in materia di energia, analizzando anche le basi del nostro approvvigionamento energetico.

Petrolio e gas non sono la strada del futuro, eppure possiamo constatare che è soprattutto l’uso di petrolio e gas che aumenta quando viene eliminata l’energia nucleare, con la conseguenza di un aumento delle emissioni di biossido di carbonio. Con l’attuale combinazione di energia, la produzione di energia nucleare in Europa incide per il 50 per cento delle emissioni di biossido di carbonio e apporta una riduzione delle emissioni di biossido di carbonio equivalente alla quantità derivante dalle auto private. Questo dimostra l’ordine di grandezza di cui stiamo parlando. Stando così le cose, l’energia nucleare non può essere accantonata. L’energia nucleare non risolverà i nostri problemi ambientali, ma questi problemi non possono essere risolti né gli obiettivi di Kyoto possono essere realizzati ignorando l’energia nucleare. E’ quindi un compito importante per questo Parlamento e anche per gli Stati membri condurre una politica credibile in materia di energia non intesa a eliminare l’energia nucleare e a sostituirla con petrolio e gas. Dovremmo invece fare in modo che l’energia nucleare possa svolgere un ruolo significativo nella politica equilibrata di cui abbiamo bisogno in materia di energia.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE).(LT) Porgo il benvenuto all’onorevole Anders Wijkman e agli altri che condividono la convinzione che salvare il pianeta riguarda noi in prima persona, non qualcun altro.

L’Unione europea deve esercitare tutta la sua influenza per esortare i paesi che non hanno ancora aderito al Protocollo di Kyoto, anche quelli più potenti, a ratificarlo. Sarebbe ingenuo sostenere che se gli Stati Uniti avessero soddisfatto i requisiti del Protocollo di Kyoto non sarebbero stati devastati dagli uragani Katrina e Wilma. Ma la natura ha colpito proprio lo Stato che la danneggia di più. Se la comunità internazionale non adotterà misure urgenti e drastiche per fermare l’ulteriore espansione del riscaldamento globale, il nostro pianeta si trasformerà in un mostro generatore di uragani che ci inonderà di fuoco e acqua.

La presente relazione si propone giustamente di fare dell’Unione europea un leader ancora di più in primo piano per quanto riguarda l’uso di fonti di energia rinnovabili. Esprimo il mio pieno appoggio alla proposta anche riguardo all’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei cittadini europei e di coinvolgerli nella conservazione dell’ambiente. Dobbiamo dedicare ulteriore energia allo sviluppo di un sistema di tasse, sanzioni e incentivi che incoraggi le imprese a operare in un modo efficiente e rispettoso dell’ambiente. Ancor più importante è lo stile di vita. Ogni cittadino dell’UE dovrebbe comprendere che vivere causando il minor inquinamento e la minima influenza possibile sul clima del pianeta è non solo nobile e bello, ma è anche un’impresa meritevole.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, alla fine di questo mese e all’inizio del prossimo il Parlamento europeo presenterà ancora una volta la sua posizione sui cambiamenti climatici a una conferenza delle Nazioni Unite. Prima che tale posizione sia presentata alla comunità internazionale per la discussione, è essenziale assicurare che rifletta i migliori interessi di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Come hanno giustamente sottolineato gli onorevoli Grossetête e Hökmark, si dovrebbe considerare con la dovuta attenzione anche il ruolo dell’energia nucleare.

Le emissioni di gas serra sono ancora in aumento in molti Stati membri. I singoli cittadini dovranno quindi svolgere un ruolo maggiore negli sforzi congiunti volti a limitare le emissioni e a trovare uno stile di vita più sostenibile se vogliamo che la Convenzione delle Nazioni Unite e il Protocollo di Kyoto siano attuati pienamente. A tale proposito, un importante aspetto della lotta per ridurre le emissioni di CO2 è l’approccio integrato, che coinvolge i politici, l’industria e la società.

Adottare questo approccio integrato sarebbe un modo più efficace e meno costoso di ridurre le emissioni di CO2. E’ basato sul presupposto che la responsabilità della riduzione delle emissioni è non solo dei fabbricanti di autoveicoli e dei fornitori di combustibili, ma anche degli utenti dei veicoli. Altri fattori che giustificano la nostra attenzione comprendono le condizioni delle infrastrutture stradali e i sistemi di gestione del traffico stradale, come indicato nel secondo programma europeo per il cambiamento climatico avviato nell’ottobre 2005.

Anche se la svolta da un’economia basata sui combustibili fossili offre un’opportunità storica per il mondo imprenditoriale, non si dovrebbe dimenticare che molti paesi con abbondanti risorse di energie rinnovabili non dispongono attualmente delle tecnologie necessarie per sfruttarle. Ciò vale in particolare nel caso di paesi in via di sviluppo. La questione delle sovvenzioni all’energia è quindi molto pertinente per i negoziati sulla riduzione delle emissioni di gas serra.

Sono già stati individuati numerosi metodi per ridurre le emissioni di gas serra. Le tecnologie di risparmio energetico e a basse emissioni sono uno strumento efficace nella lotta contro l’inquinamento ambientale, ma non dovrebbero essere combinati con la riduzione delle sovvenzioni ai combustibili fossili proposta dal relatore come conditio sine qua non per l’applicazione di soluzioni moderne di protezione ambientale.

 
  
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  Edite Estrela (PSE).(PT) Signor Presidente, signora Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, come disse un grande capo indiano, la terra non ci appartiene, ma l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli.

Se perdiamo la battaglia contro i cambiamenti climatici, quale sarà la terra che lasceremo ai nostri figli? La diagnosi è stata fatta. Manca il coraggio di mettere in pratica politiche più ambiziose ed efficaci. La relazione dell’onorevole Wijkman dà un valido contributo. Ora occorre passare dalle parole ai fatti e, in coerenza con la strategia di Lisbona, dobbiamo adottare nuove tecnologie e impegnarci a livello internazionale per rispettare gli obblighi della Convenzione di Kyoto.

Gli Stati Uniti devono assumersi le loro responsabilità. Accolgo con soddisfazione il dialogo dell’Unione europea con la Cina e con l’India, ma è anche necessario coinvolgere paesi come il Brasile, il Sudafrica, la Russia, il Giappone e l’Indonesia e porre fine alle contraddizioni come le sovvenzioni ai combustibili fossili. Il Commissario Dimas ha detto che la Conferenza di Montreal non produrrà tutte le soluzioni che stiamo cercando. Ma si spera, comunque, che ne emerga qualche soluzione. E’ un’esigenza per i nostri figli e le generazioni future.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, signora Beckett, sono lieto che la Presidenza del Consiglio stia seguendo la nostra discussione e vorrei anzitutto ringraziare il mio amico, onorevole Wijkman, per la relazione molto ambiziosa che ha elaborato su questo tema.

La necessità di passare all’azione è indicata dagli stessi fenomeni naturali che si verificano intorno a noi: gli incendi nell’Europa meridionale, gli uragani in America, le inondazioni nella regione da cui provengo, il Tirolo austriaco. C’è un errore, tuttavia, nel quale non dobbiamo cadere: dobbiamo fare attenzione a non attribuire tutto al cambiamento climatico mondiale o dire che questo è causato solo dalle emissioni di CO2 provocate dall’uomo. Purtroppo si sta verificando una sovrapposizione degli effetti naturali con quelli attribuibili all’attività umana; occorre intraprendere maggiori sforzi di ricerca in questo campo se vogliamo che sia possibile in futuro elaborare prognosi affidabili sull’evoluzione del clima e, soprattutto, valutare l’effetto dell’attività umana.

E’ altresì importante, tuttavia, disporre di strategie a lungo termine per poter reagire e avere la sicurezza necessaria per una pianificazione. Occorre far comprendere all’economia e all’industria dove conduce questa strada e quali possibilità avranno a disposizione in futuro. Questo è della massima importanza per la localizzazione delle imprese in Europa. Teniamo anche presente il fatto che la Comunità è attualmente responsabile solo del 14 per cento delle emissioni di CO2, ed è quindi molto importante coinvolgere non solo i paesi in via di sviluppo, ma anche ovviamente gli Stati Uniti – il paese che costituisce la fonte principale di emissioni. Il punto da sottolineare in modo particolare nella relazione è il seguente: abbiamo bisogno di una strategia globale.

Devo dire che non concordo con i colleghi per quanto riguarda l’energia nucleare, che non considero un’alternativa alle tecnologie che producono CO2, perché a lungo termine ha effetti negativi. Soprattutto, non dobbiamo proporla ai paesi in via di sviluppo come alternativa, semplicemente perché non può essere utilizzata in modo sicuro in tali paesi.

E’ altresì importante prestare maggiore attenzione ai trasporti e cercare in questo settore di applicare appieno il potenziale di riduzione di CO2.

 
  
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  Rebecca Harms (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi ricollego a ciò che ha detto l’oratore precedente. Devo dire, dopo la mia visita nel Regno Unito la settimana scorsa, che trovo molto irritante che Tony Blair e altri stiano trascinando il dibattito sui cambiamenti climatici verso l’idea che gli obiettivi di protezione del clima potrebbero essere realizzati con un maggiore utilizzo dell’energia nucleare, che secondo quanto si asserisce produrrebbe energia più pulita.

Vorrei cogliere questa occasione per fugare un equivoco, e per chiedere cosa intendete attualmente nel Regno Unito quando parlate di energia nucleare più pulita. Parlate dell’estrazione dell’uranio che è un’attività particolarmente sporca? Parlate dell’arricchimento del combustibile, un altro processo particolarmente sporco? Parlate della conversione dell’esafluoruro di uranio, che costituisce un processo molto difficile che comporta elevati livelli di inquinamento ambientale? Quando parlate di energia atomica pulita, intendete la riduzione di barre di combustibile in Russia? Avete mai discusso nel Regno Unito della quantità di scorie che dovrete smaltire e dei tempi e dei costi di tale smaltimento? Come valutate i pericoli e i rischi che comporta il ritrattamento? Windscale è un esempio della grande esperienza che avete avuto dei danni reali all’ambiente e alle persone causati dal ritrattamento. Sono stupita che siano gli inglesi, che di fatto hanno abbandonato l’energia nucleare per motivi economici, a portare avanti questo folle dibattito sulla “protezione del clima mediante un maggiore utilizzo dell’energia nucleare”.

Esaminiamo il quadro globale: se vogliamo davvero dare un contributo efficace alla protezione del clima mediante l’energia nucleare, dovremo costruire altre centinaia, migliaia di reattori nucleari. Questo comporterebbe di fatto l’espansione massiccia di una nuova generazione di reattori autofertilizzanti veloci che si sono già rivelati un rovinoso fallimento in Europa. Comporterebbe il funzionamento di impianti di ritrattamento in tutto il mondo, perché le scorte di uranio disponibili non sarebbero neanche lontanamente sufficienti per una simile espansione dell’energia nucleare.

E’ irresponsabile intraprendere una tale espansione in un momento in cui si parla di terrorismo e dei rischi di proliferazione. Anche se è di gran lunga più difficile affrontare i problemi in campo energetico massimizzando l’efficienza energetica, riducendo i consumi o con altri approcci, cominciamo ad andare con costanza in questa direzione invece di tornare all’uso di una tecnologia che di fatto appartiene al secolo passato e che ha prodotto problemi di scorie e inquinamento che non abbiamo neppure cominciato a risolvere.

 
  
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  Margaret Beckett, Presidente in carica del Consiglio. – (EN) Signor Presidente, è stata una discussione interessante e stimolante, caratterizzata da un sostegno quasi unanime – giustamente – per la relazione dell’onorevole Wijkman e per i suoi contenuti, e da un accordo reale sulla natura e sull’entità della sfida. E’ stata altresì segnata da un forte accento posto da molti oratori sulle risorse rinnovabili, di cui sono stati citati vari esempi, e anche da notevoli divergenze di opinione sull’energia nucleare. All’ultima oratrice intervenuta, l’onorevole Harms, direi che se l’unico aspetto del dibattito sui cambiamenti climatici che ha sentito nel Regno Unito è stato quello dell’energia nucleare, deve aver frequentato gruppi molto limitati, perché si sta discutendo di molti aspetti nel Regno Unito, che in realtà non ha preso alcun nuovo impegno verso il nucleare, malgrado l’impegno a discuterne. Di fatto, l’efficienza energetica è ai primi posti nell’elenco delle politiche del Regno Unito intese ad affrontare i cambiamenti climatici, proprio come auspica l’onorevole deputata.

E’ stato messo un forte accento su quelli che in gergo sono chiamati “co-benefici”. Alcuni oratori hanno sottolineato il danno provocato dall’inquinamento atmosferico causato dagli stessi gas che contribuiscono ai cambiamenti climatici, mentre altri hanno sottolineato che, affrontando i cambiamenti climatici, trarremo altri potenziali vantaggi in termini di salute dalla riduzione dell’uso di tali gas.

L’onorevole Gutiérrez-Cortines ha posto una domanda sul ruolo dell’agricoltura. Come forse sa l’onorevole deputata, in paesi come la Nuova Zelanda il bestiame è la fonte di quasi tutte le emissioni di gas serra, un problema particolarmente difficile da risolvere. Indubbiamente, quindi, l’agricoltura può, in certe circostanze, far parte del problema. Tuttavia, come hanno menzionato numerosi oratori riguardo alla biomassa e ai biocarburanti, potrebbe anche far parte della soluzione. E’ una questione destinata a un maggiore approfondimento.

Mi dispiace che l’onorevole Hegyi sia contrario alla cattura e allo stoccaggio del carbonio. Purtroppo è un dato di fatto che paesi come l’India e la Cina, che hanno bisogno di crescere e svilupparsi per affrontare il problema della povertà – un’altra questione menzionata, anche qui giustamente, nel corso della discussione – hanno enormi riserve di carbone e le useranno, perché ritengono di non avere alcuna alternativa. Sicuramente è meglio per noi cercare il modo per aiutarli a farlo in modo sostenibile, attraverso tecnologie come la cattura e lo stoccaggio del carbonio, piuttosto che limitarci a dire loro di non usare tali fonti di energia, che temo sarebbe inutile.

Tutti i riferimenti fatti agli Stati più vulnerabili e alle categorie più vulnerabili all’interno di altri paesi mettono in rilievo la necessità che l’Unione europea intraprenda azioni per l’adattamento, e il sostegno all’adattamento, agli impatti che non possiamo evitare. E’ stato posto un forte accento sul ruolo dei molti altri paesi coinvolti e sulla necessità di un dialogo globale – su cui il Consiglio è pienamente d’accordo – e c’è un chiaro accordo sia sul fatto che l’Unione europea debba continuare ad assumere un ruolo di guida a livello internazionale sia sulla necessità di continuare a porre un forte accento sull’attuazione dei nostri stessi programmi.

Gli onorevoli Doyle e Hökmark hanno entrambi definito improbabile che l’Unione soddisfi gli obiettivi di Kyoto. Io ho un parere diverso sulla più recente posizione valutata dalla Commissione. Comunque, è una relazione che pubblicheremo nell’imminenza di Montreal, e certamente rimane il fatto che dobbiamo continuare a mantenere e a migliorare la nostra attività.

Questo mi porta alle osservazioni degli onorevoli Lucas e Smith, che hanno elogiato giustamente l’ambizione della relazione Wijkman nel fissare un obiettivo di una riduzione del 60 per cento delle emissioni entro il 2050, a quanto pare senza essere consapevoli che questo è l’obiettivo stabilito dal governo del Regno Unito nel suo Libro bianco sull’energia nel 2003. Forse, tuttavia, non dovrebbe essere una sorpresa, poiché l’onorevole Lucas non ha rilevato nessun aspetto positivo riguardo all’approccio del Regno Unito. Devo tuttavia risponderle precisando a nome del Consiglio che è una perdita di tempo per tutti chiedere che l’UE presenti un mandato e un calendario formale a Montreal. Questo organismo dovrebbe riconoscere soprattutto che il mondo dell’imperialismo è alla fine. Non possiamo andare a Montreal e imporre al resto del mondo come comportarsi e amministrarsi, soprattutto quando ci rivolgiamo ad alcuni dei paesi più poveri e vulnerabili del globo la cui priorità, giustamente, è lo sviluppo e la sussistenza della popolazione. Non agiremo in questa maniera. Se saremo capaci di avviare un dialogo e di innescare un processo a Montreal, sarà un risultato concreto e sostanziale, come lo è stato trovare la formulazione e fissare il programma d’azione concordato a Gleneagles. Siamo tutti concordi sul fatto che dovremmo procedere con maggiore rapidità, ma almeno riconosciamo il fatto che stiamo facendo progressi.

(Applausi)

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. – (EN) Desidero ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questa ricca e importante discussione.

La necessità di agire con urgenza per affrontare i cambiamenti climatici è stata sottolineata dall’onorevole Wijkman e da altri deputati. Io credo che l’azione intrapresa e la serie di nuove iniziative presentate dalla Commissione dopo l’adozione della sua comunicazione a febbraio dimostrino la sua determinazione ad agire in questo settore.

La principale priorità dell’Unione europea a Montreal è costruire un vasto appoggio internazionale a favore di ulteriori azioni e ottenere un accordo sull’avvio di un processo formale per discutere la forma di un futuro sistema multilaterale per i cambiamenti climatici. Una volta avviate le discussioni, l’Unione europea dovrà considerare il momento giusto per presentare i propri pareri sugli obiettivi nel quadro di tale futuro sistema. Gli obiettivi si sono dimostrati uno strumento molto utile nella formulazione della politica ambientale. Forniscono i nostri orientamenti ai responsabili delle decisioni in società. Sono particolarmente utili per l’industria e il settore privato quando devono prendere decisioni di investimenti a lungo termine. Gli obiettivi rimarranno perciò un elemento centrale di qualsiasi futura architettura in materia di cambiamenti climatici. Abbiamo bisogno di obiettivi.

Come saprete, il Consiglio europeo dello scorso marzo ha stabilito un obiettivo indicativo di riduzione delle emissioni dal 15 al 30 per cento entro il 2020. Comunque, la Commissione ritiene che non sia ancora giunto il momento di stabilire obiettivi concreti per i paesi industrializzati a Montreal a dicembre. Questo si farà solo quando avremo più chiarezza sul progresso dei negoziati relativi al periodo successivo al 2012.

L’onorevole Seeber ha sottolineato che qualsiasi regime futuro sui cambiamenti climatici dovrà basarsi su una vasta partecipazione da parte di tutti i principali responsabili di emissioni e questo elemento è d’importanza fondamentale se la nostra cooperazione deve essere veramente efficace.

La Commissione e gli Stati membri stanno lavorando intensamente per promuovere un dialogo più profondo con gli Stati Uniti e i paesi in via di sviluppo. Abbiamo svolto un dialogo sulle politiche con l’amministrazione degli Stati Uniti nell’ambito dell’accordo quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, nonché in altri contesti e riunioni, come il seminario congiunto di scienza e tecnologia dei cambiamenti climatici. Esso riguarda temi concreti come l’energia rinnovabile, l’efficienza energetica e il sequestro del carbonio.

Gli Stati Uniti sostengono di avere un approccio diverso alla lotta contro i cambiamenti climatici, basato principalmente sulla ricerca e sviluppo di nuove tecnologie. La differenza tra il loro approccio e il nostro è che loro hanno registrato un aumento del 15 per cento circa delle emissioni di biossido di carbonio, mentre l’Unione europea a 25 ha visto una riduzione considerevole rispetto ai livelli del 1990, e i 15 paesi membri soggetti agli obblighi del regime di Kyoto sono dell’1,7 per cento al di sotto del livello del 1990. Non è sufficiente, ma siamo sicuri che, entro la fine del nostro periodo di impegno, saremo conformi all’obiettivo di Kyoto. Questa è la differenza tra i due approcci.

Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, l’Unione europea ha una visione aperta sulla loro partecipazione alla futura cooperazione multilaterale in materia di clima. E’ chiaro che non possiamo aspettarci gli stessi requisiti obbligatori che imponiamo ai paesi industrializzati. Qualsiasi impegno che assumeranno sarà basato sul principio delle responsabilità comuni, ma differenziate.

La Cina e altri paesi in via di sviluppo hanno contribuito alla formazione dell’effetto serra per una percentuale molto più modesta rispetto ai paesi industrializzati, e le emissioni pro capite in Cina sono attualmente meno di un decimo dei livelli nel mondo sviluppato: dovremmo quindi seguirne l’esempio. Dove il reddito pro capite è molto più basso e lo sviluppo è una necessità più urgente dobbiamo seguire la politica comune ma differenziata indicata dalla Convenzione delle Nazioni Unite.

L’onorevole Verges ha detto che dovremmo prestare particolare attenzione ai paesi in via di sviluppo e alle loro crescenti necessità derivanti dal riscaldamento globale. Dovremmo davvero prepararci a tale impatto. La Commissione sta già fornendo finanziamenti e accoglie con favore l’intenzione del Canada di elaborare un programma di lavoro quinquennale sull’adattamento alla Conferenza di Montreal.

Inoltre, l’Unione europea è il principale contributore alla dichiarazione politica di Bonn del 2001 che impegna 410 milioni di dollari l’anno destinati a finanziamenti connessi ai cambiamenti climatici a favore dei paesi in via di sviluppo, a cominciare da quest’anno.

Al Consiglio “Ambiente” di ottobre, i ministri si sono impegnati a comunicare a Montreal i progressi compiuti verso la realizzazione di questo obiettivo. Inoltre, per sostenere paesi in via di sviluppo, dobbiamo assicurarci che i meccanismi per lo sviluppo pulito funzionino davvero. La questione chiave è l’efficienza del consiglio esecutivo a Bonn, e l’Unione europea sta già fornendo finanziamenti, ma chiaramente è necessario un maggiore sostegno. L’Unione europea è ancora il principale contributore di fondi al consiglio esecutivo.

Sono state espresse alcune preoccupazioni sulla cooperazione bilaterale al di fuori del contesto delle Nazioni Unite, in particolare nel partenariato con la regione asiatica del Pacifico. Desidero sottolineare che questa non può in nessun modo essere considerata un’alternativa al processo delle Nazioni Unite. Comunque, questo partenariato può sostenere i nostri sforzi nel quadro della Convenzione sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto mediante una più stretta cooperazione bilaterale che include sia un dialogo politico più forte sia una particolare attenzione alla tecnologia. Allo stesso modo si dovrebbero considerare i partenariati UE-Cina e UE-India. Questo si traduce in azioni molto concrete: di recente abbiamo tenuto due seminari in India e in Cina sul meccanismo per lo sviluppo pulito e sui meccanismi basati sul mercato. Riguardo alla Cina, vediamo anche una particolare attenzione allo sviluppo e alla dimostrazione di sistemi di generazione di energia a emissioni prossime a zero, e sono d’accordo con la Presidente in carica del Consiglio Beckett sul fatto che il processo di cattura e stoccaggio del carbonio sia uno dei mezzi per affrontare il problema dei cambiamenti climatici. Non è la panacea, ma uno dei tanti strumenti che possiamo usare. Questi partenariati avranno l’immediato effetto positivo di sostenere le discussioni su un regime multilaterale sui cambiamenti climatici dopo il 2012.

L’onorevole Blokland ha posto una domanda sull’efficienza delle attuali misure dell’Unione europea. Attuando appieno tutte le misure, otterremo una riduzione del 4 per cento rispetto al 1990, che ovviamente non è sufficiente a soddisfare l’obiettivo che ci siamo prefissati di una riduzione dell’8 per cento. Per questo motivo abbiamo incluso misure supplementari nel programma sui cambiamenti climatici che abbiamo avviato un mese fa. Questo implica che dovremmo apportare maggiori riduzioni delle emissioni, che ci consentano di raggiungere l’obiettivo di Kyoto e di compiere ulteriori progressi per il periodo successivo al 2012. E’ importante sapere che, per l’Unione europea a 25, il risultato con le misure esistenti sarà una riduzione del 7 per cento.

L’onorevole Doyle, l’onorevole Grossetête e altri hanno posto quesiti riguardanti le emissioni prodotte dagli autoveicoli. Concordo pienamente sul fatto che si tratta di una questione vitale e per tale ragione, nel 2006, la Commissione sottoporrà a revisione l’accordo con l’industria automobilistica per valutare la possibilità di raggiungere l’obiettivo comunitario di 120 g/km, dopo aver verificato, ovviamente, che soddisfiamo l’obiettivo di 140 mg concordato volontariamente con l’industria automobilistica in Europa, Giappone e Corea.

L’onorevole Ek ha fatto riferimento all’inserimento dei trasporti nel sistema europeo di scambio delle quote di emissione. Come sapete, la Commissione ha già fatto una proposta riguardo al trasporto aereo. L’esecutivo valuterà questa possibilità per gli altri settori di trasporto nell’ambito della revisione del 2006.

Riguardo all’energia rinnovabile, la Commissione presenterà nelle prossime settimane una nuova relazione in cui si valuta un obiettivo per l’energia rinnovabile entro il 2020. Riguardo all’energia nucleare e alle osservazioni fatte dall’onorevole Hökmark, alcuni Stati membri considerano l’energia nucleare tra le fonti di approvvigionamento energetico del futuro. Dobbiamo comunque fare in modo di avere un’ampia serie di fonti di energia a basse emissioni di carbonio. L’energia nucleare non sarà in grado di soddisfare la crescente domanda di energia e dovremmo anche essere consapevoli del fatto che l’energia nucleare comporta problemi riguardanti le scorie nucleari e l’opinione pubblica.

Riguardo a ciò che ha detto l’onorevole Gutiérrez-Cortines sull’agricoltura, la Commissione concorda sulla possibilità di trovare sinergie tra i cambiamenti climatici e l’agricoltura. Abbiamo avuto una riunione estremamente interessante a Londra, organizzata dal ministro Beckett e dalla Presidenza del Regno Unito, sui cambiamenti climatici e l’agricoltura e si è giunti in tale occasione a conclusioni molto importanti. La Commissione presenterà un piano a favore dei biocarburanti.

In conclusione, per vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici è necessaria un’azione decisa e immediata. Come ha detto l’onorevole Smith, è necessaria l’azione di tutti gli attori e i settori della società. Non dobbiamo sottovalutare la portata di questa sfida. Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici richiederà tempo – e quello di cui disponiamo è poco e prezioso – e sforzi che qualcuno dirà non possiamo permetterci. Con il vostro costante appoggio, siamo determinati a riaffermare il ruolo di guida dell’Unione europea in questa sfida fondamentale per l’umanità. Vi ringrazio.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, alle 12.00.

(La seduta, sospesa alle 11.55, riprende alle 12.05).

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. TRAKATELLIS
Vicepresidente

 
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