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Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 12 dicembre 2005 - Strasburgo Edizione GU

19. Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) – Verso una società giusta
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0366/2005), presentata dell’onorevole Roure a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) – Verso una società giusta [COM(2005)0225 – C6-0178/2005 – 2005/0107(COD)].

 
  
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  László Kovács, Membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, l’Unione europea può essere orgogliosa delle conquiste realizzate nel campo della non-discriminazione, che la collocano tra le regioni più avanzate del mondo in tale ambito. Nel 2000 abbiamo varato due direttive fondamentali: una è tesa a contrastare la discriminazione razziale, mentre l’altra vieta la discriminazione diretta e indiretta in campo occupazionale per motivi legati al credo e alla religione, alla disabilità, all’età o all’orientamento sessuale. Tuttavia, le leggi di per sé non sono sufficienti a combattere efficacemente le discriminazioni. Molti Stati membri oltretutto sono in ritardo sui tempi di recepimento e, laddove la legislazione nazionale ottempera alle direttive comunitarie, la gente comune non è al corrente delle normative che, peraltro, non sono debitamente attuate.

La Commissione, tra le varie iniziative, ha quindi proposto di proclamare il 2007 l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti. L’iniziativa è volta proprio a sensibilizzare l’opinione pubblica sui benefici che possono scaturire da una società giusta che offre a tutti le medesime opportunità a prescindere dal sesso, dall’origine etnica o razziale, dalla religione o dal credo, dalla capacità, dall’età e dall’orientamento sessuale. Saranno così messi in luce i benefici della diversità quale fonte di vitalità sociale ed economica che l’Europa deve riconoscere e sfruttare. La diversità infatti arricchisce il tessuto sociale dell’Europa ed è una componente vitale della sua prosperità economica.

Le discussioni e le attività che si susseguiranno nel corso dell’anno saranno imperniate su tre argomenti principali. In primo luogo sarà messo in risalto il diritto all’uguaglianza e alla tutela contro le discriminazioni. Un elemento fondamentale consiste proprio nell’intensificare la consapevolezza dell’opinione pubblica sul fatto che la parità di trattamento non implica necessariamente un trattamento identico; talvolta si richiede invece un trattamento diverso a seconda del caso. In secondo luogo sarà messo in luce il contributo positivo che tutti, a prescindere dalla caratteristiche personali, possono rendere alla società. L’obiettivo è quello di far conoscere alla gente il guadagno e i vantaggi che l’Europa può ricavare dalla diversità. In terzo luogo si affronta il tema della rappresentanza nella società dei gruppi svantaggiati: sarà dato avvio a un dibattito sulle modalità più idonee per ovviare all’insufficiente rappresentanza e partecipazione di certe categorie nella società. In quarto luogo sarà promosso il rispetto e la tolleranza all’interno e verso le diverse comunità che compongono la società europea.

La società civile e le parti sociali saranno pienamente coinvolte nell’attuazione delle attività dell’Anno europeo. Uno dei principi essenziali che contraddistinguono l’Anno europeo è che le iniziative saranno condotte a livello decentrato in ciascuno Stato membro. Per divulgare efficacemente questo messaggio, l’Anno dovrà prevedere il maggior coinvolgimento possibile dei cittadini. Infine, le attività devono garantire che nel corso dell’anno e in tutti gli Stati membri sia assegnata pari importanza a tutti i settori oggetto di discriminazione indicati all’articolo 13 del Trattato, ossia: la discriminazione basata sul sesso, sull’origine etnica o razziale, sulla religione o sul credo, sulla disabilità, sull’età e sull’orientamento sessuale.

 
  
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  Martine Roure (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, nessuna barriera istituzionale separa le diverse categorie sociali e nulla impedisce ad alcuno di dar prova del proprio valore e di riceverne una gratificazione. Sono stati allestiti sistemi specifici, sotto forma di esami o di concorsi, con il rilascio di diplomi per attestare le attitudini di tutti. L’accesso ai vertici in linea teorica è aperto a tutti senza distinzioni.

Tuttavia, pur essendo uguali per legge, gli uomini non sempre lo sono di fatto. La parità di opportunità non ha trovato affatto realizzazione concreta. A parte alcuni esempi di ascesa sociale spettacolare, citati con eccessivo compiacimento, visto che sono più che altro eccezioni, le possibilità di riuscita non sono ugualmente ripartite tra tutti; e, se l’organizzazione sociale non permette a tutti di manifestare le proprie attitudini, essa stessa diventa incubatore dei germi di frustrazioni e tensioni. Né l’efficienza né la giustizia trovano spazio in questo stato di cose.

Se questi sono i fatti, a quasi due secoli dalla proclamazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, bisogna cercare di comprenderne i motivi. Bisogna forse concludere che non abbiamo prospettive di successo? I principi democratici sono forse un miraggio, un ideale che si allontana sempre più man mano che ci avviciniamo? E’ una filosofia che non possiamo accettare nel modo più assoluto.

E’ vero che le disuguaglianze tendono ad accumularsi. Le persone provenienti da famiglie modeste in media hanno meno possibilità di conseguire un livello di istruzione elevato. A loro volta chi ha uno scarso livello di istruzione ha meno possibilità di raggiungere una posizione sociale elevata o di esercitare una professione ben remunerata. Il numero di donne che occupano posizioni di prestigio, a prescindere dal tipo di professione, è sempre molto basso se non addirittura infimo. Di norma il potere rimane esclusivo appannaggio degli uomini. I disabili non sempre hanno diritto a una giusta collocazione nella società. Gli omosessuali troppo spesso sono ancora oggetto di discriminazione e per alcuni un fatto simile è del tutto normale. Il colore della pelle, le origini etniche confinano ai margini molti uomini, donne e bambini.

Abbiamo il diritto di tollerare questa situazione? Abbiamo il diritto di ritenere che nulla può essere tentato per ravvicinare la realtà all’ideale democratico? Gli ostacoli possono apparire insormontabili e sembrano essere parte integrante della stessa organizzazione sociale. Ma non è negandoli che si riuscirà a superarli. Bisogna guardare in faccia la verità e denunciarla. Ad esempio, le discriminazioni spesso costringono chi ne è vittima a svolgere lavori privi di qualifiche e precari che si accompagnano quasi sempre a livelli retributivi bassi e quindi a un basso tenore di vita.

Le persone che subiscono tali discriminazioni incontrano grandi difficoltà a trovare una casa decente e ad accedere all’assistenza sanitaria. Non hanno praticamente alcuna possibilità di migliorare la propria posizione tramite la formazione professionale continua, mentre le attività ricreative si riducono a ben poca cosa.

In queste condizioni la scolarità dei loro figli è segnata sin dall’inizio. Questi bambini si trovano privati delle condizioni materiali, relazionali e affettive che permettono la costruzione di un progetto di vita. Ed è elevato il rischio che finiscano per ritrovarsi nella stessa situazione dei genitori.

In sintesi da svantaggio nasce svantaggio. Coloro che subiscono le conseguenze delle disuguaglianze sociali in certi settori corrono il forte rischio di subirne anche in altri ambiti. Il fenomeno della discriminazione multipla, percettibile intuitivamente, finora è stato scarsamente studiato.

Desidero quindi chiedere al Consiglio e alla Commissione di impegnarsi a fondo contro tutte le forme di discriminazione in tutti i paesi dell’Unione, segnatamente nel quadro dell’Anno europeo delle pari opportunità per tutti.

Noi le chiediamo un impegno forte, signor Commissario. Abbiamo sentito quanto ha affermato poc’anzi. Siamo soddisfatti delle sue parole, ma lei capirà che rimarremo molto vigili sull’applicazione e concludo rammentandole che il 28 agosto 1963 a Washington, nel suo celeberrimo discorso, I have a dream, Martin Luther King esprimeva suggestivamente la speranza, il sogno di un mondo di libertà e di giustizia per tutti. “Io ho un sogno”, egli disse, “che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere”.

Vi invito a sognare insieme che entro la fine del decennio realizzeremo un’Unione scevra da discriminazioni, un’Unione che offre una possibilità a tutti i suoi figli. La invito a sognare insieme a noi, signor Commissario.

 
  
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  Patrick Gaubert, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di tutto ringrazio l’onorevole Roure per il lavoro svolto sul testo. L’Unione europea si è impegnata a promuovere i diritti fondamentali e la parità di opportunità per tutti. Disponiamo di una delle normativa più complete del mondo in tema di lotta contro le discriminazioni. Ma c’è un problema. I cittadini conoscono le direttive europee tese a contrastare le discriminazioni? Sanno che tutti gli Stati membri hanno l’obbligo di recepirle nel proprio ordinamento? Purtroppo credo proprio di no. Per tale ragione l’iniziativa di proclamare l’Anno europeo delle parità di opportunità per tutti è molto costruttiva.

Un evento mediatico di tale portata costituisce uno strumento efficace di sensibilizzazione e di informazione. La parità di opportunità si concretizza in una politica di misure specifiche atte a ristabilire a favore degli svantaggiati un accesso equo a diritti, servizi e beni. Affinché la parità sia autentica, dobbiamo lottare contro tutte le discriminazioni. Uomini e donne sono vittima ogni giorno di discriminazioni nell’accesso al lavoro e ai servizi a causa del sesso, dell’origine etnica e della religione. E’ inammissibile, non possiamo più tollerare situazioni simili.

Gli interventi che l’Unione sosterrà nel 2007 e le campagne di sensibilizzazione e di promozione si innestano nella giusta direzione. E’ assolutamente fondamentale anche un’autentica volontà politica. Tutti gli Stati membri, senza alcuna eccezione, devono mobilitarsi. La piena applicazione della legislazione contro le discriminazioni rimane dunque una priorità. E’ sconfortante che alcuni paesi siano stati condannati per non aver recepito correttamente le direttive europee in materia.

Domani il Parlamento deve lanciare un segnale forte ai cittadini, approvando la relazione con un’ampia maggioranza. La lotta contro le discriminazioni non è una battaglia di destra o di sinistra. E’ la lotta di uomini e di donne, sorretti fortemente dalle loro idee, che tendono verso il medesimo obiettivo: lottare per il rispetto dei diritti umani, e più precisamente contro tutte le forme di discriminazione.

 
  
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  Katalin Lévai, a nome del gruppo PSE.(HU) Il messaggio principale che il Parlamento europeo ha lanciato in relazione alla proposta della Commissione incita alla lotta contro tutte le forme di discriminazione, motivo per cui sono particolarmente lieta di porgere le mie congratulazioni all’onorevole Martine Roure per la relazione. Mi preme sottolineare che la parità di opportunità – come primo diritto umano formulato dall’Unione europea – si configura come un settore orizzontale che abbraccia tutti gli altri. Pertanto l’attuazione delle pari opportunità non può essere solo la priorità assoluta del Parlamento, ma deve esserlo anche dell’Unione europea e di tutti gli organismi governativi degli Stati membri. Sono particolarmente lieta che il Presidente Borrell abbia istituito la commissione ad alto livello per le pari opportunità e sono orgogliosa del lavoro svolto da alcuni dei suoi membri. Richiamo l’attenzione dei colleghi su un documento pubblicato poco tempo fa dalla commissione, in cui si fa riferimento ai benefici derivanti dall’applicazione dei principi di diversità nei colloqui di assunzione. I luoghi di lavoro dove vengono attuate queste politiche e le imprese che tengono conto della diversità culturale sono molto più competitivi nel lungo termine e in alcuni casi registrano anche un aumento dell’efficienza nel breve e nel medio termine. Pertanto le pari opportunità non sono un ostacolo alla crescita della competitività economica, anzi fungono da elemento rafforzante. Desidero porre l’accento sulla responsabilità individuale degli Stati membri che si devono preparare per l’Anno europeo delle pari opportunità e desidero avanzare una serie di iniziative. Ho organizzato la prima audizione parlamentare pubblica in Ungheria, che si svolgerà la prossima settimana, in cui i cittadini che vi prenderanno parte parleranno della loro esperienza personale per illustrare le discriminazioni che hanno subito. Una ragazza cieca non è stata ammessa all’università a causa della sua disabilità, mentre un giovane rom parlerà della vita di questa etnia. Vorrei che questo appuntamento diventasse una consuetudine in Ungheria e vorrei introdurre nel mio paese le audizioni personali che ho avuto modo di conoscere in questa sede.

 
  
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  Sophia in ’t Veld, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, prima di tutto desidero ringraziare la relatrice per tutto il positivo lavoro svolto: non è stato un compito facile. L’Anno delle pari opportunità per tutti è un’iniziativa molto apprezzata, in quanto i cittadini europei hanno molto a cuore i diritti fondamentali che devono infatti diventare una realtà per tutti. Poste queste premesse, desidero mettere in luce due questioni in particolare.

Prima di tutto il bilancio. Credo che tutti in quest’Aula convengano che 15 milioni di euro per i diritti fondamentali siano una cifra ridicola! Se la si raffronta alle risorse che spendiamo per una serie di altri settori che sono meno importanti dei diritti fondamentali, devo confessare che mi viene un crampo allo stomaco.

La seconda questione verte sull’attuazione decentrata. E’ estremamente positiva, ma temo che gli Stati membri possano assumere atteggiamenti eccessivamente pretenziosi. Non mi sento del tutto rassicurata dalle belle parole che abbiamo udito negli ultimi anni in merito ai diritti fondamentali, in quanto la realtà dei fatti è ben diversa e lo stesso Commissario ha ammesso che alcuni Stati membri sono in ritardo nell’attuazione delle normative contro le discriminazioni. Esiste ancora una gerarchia delle discriminazioni e ritengo che con questo programma per l’Anno delle pari opportunità per tutti dovremmo privilegiare questo ambito.

Chiedo quindi al Commissario di impegnarsi una volta per tutte a nome della Commissione a garantire, pubblicamente e ufficialmente che gli Stati membri usino i fondi disponibili per questa iniziativa al fine di affrontare tutte le forme di discriminazione con equanimità. Non possiamo certo intervenire sulla destinazione dei fondi, ma vogliamo – per così dire – che certe categorie più svantaggiate, che subiscono discriminazioni – come gli omosessuali, alcuni gruppi religiosi o i rom, ad esempio – abbiamo pari accesso a questo programma rispetto agli altri gruppi oggetto di discriminazione. Attendo con ansia una risposta positiva.

 
  
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  Jean Lambert, a nome del gruppo Verts/ALE.(EN) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare la relatrice per il lavoro svolto, comprendo la necessità di prepararsi quanto prima se vogliamo che l’Anno delle pari opportunità per tutti abbia un impatto significativo. Visto che però i tempi sono stati assai stretti, in due o tre settori, come ha appena accennato anche la collega, avremmo voluto meglio definire alcuni aspetti, ma non è stato possibile.

Speriamo tutti che l’Anno rappresenterà un incentivo per gli Stati membri che sono più restii ad attuare le direttive afferenti all’articolo 13. Tali normative rispecchiano la dimensione più positiva dell’Unione europea, mentre l’opinione pubblica deve essere consapevole dei propri diritti. Come abbiamo avuto modo di vedere su temi quali la direttiva sull’orario di lavoro, la gente troppo spesso non realizza di avere dei diritti per non parlare poi della possibilità di avvalersene.

Convengo con l’onorevole Roure, le pari opportunità sono un fattore importante dell’inclusione sociale e a noi tocca la lotta contro il fanatismo e i pregiudizi a tutti i livelli, sia per le strade che in seno al governo, in quanto sono proprio questi gli ostacoli che impediscono a molti di realizzare il proprio potenziale e alla società di trarre beneficio dal talento delle persone.

Mi associo inoltre alle osservazioni espresse in merito alla totale inadeguatezza dei finanziamenti. Basta pensare alla cifra che noi, partiti politici, spendiamo per le campagne elettorali nel tentativo di convincere gli elettori ad abbracciare idee nuove, per capire che ci vogliono maggiori risorse nel bilancio attuale per convincere la gente che anche gli altri nella società hanno diritti che devono essere riconosciuti.

 
  
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  Mary Lou McDonald, a nome del gruppo GUE/NGL.(EN) Signor Presidente, anch’io desidero esprimere un encomio alla relatrice per il lavoro profuso in questo importantissimo settore e aderisco alla proposta di designare il 2007 come Anno europeo per le pari opportunità per tutti.

Dobbiamo impegnarci per promuovere le pari opportunità, non solo come concetto, ma anche e soprattutto come risultato concreto. Tutti hanno il diritto a una parità piena a livello sociale, economico e culturale. Ovviamente tale aspetto comprende l’uguaglianza delle persone a prescindere dal sesso, dalla razza, dall’etnia, dall’origine nazionale, dallo stato civile o familiare, dall’orientamento sessuale, dalla disabilità, dalla condizione socioeconomica come pure dall’affiliazione politica o religiosa. Se vogliamo veramente conseguire la parità, dobbiamo assicurare su base continuativa non solo le pari opportunità in tutte le categorie, ma dobbiamo altresì essere in grado di misurare accuratamente e debitamente i risultati raggiunti per ciascuna categoria.

Sappiamo tutti che l’ineguaglianza sociale non è un fenomeno naturale, è il frutto diretto delle disuguaglianze di potere e quindi, per affrontare l’ineguaglianza, dobbiamo affrontare le questioni legate al potere nella società, mettere in discussione lo status quo. Ritengo che il 2007 come Anno per le pari opportunità per tutti possa diventare un trampolino di lancio proprio in questo senso. Credo altresì che il fatto stesso che sia stata avanzata una tale iniziativa sia un esplicito riconoscimento che finora abbiamo fallito nel nostro percorso vero l’uguaglianza.

Nel mio paese, l’Irlanda, stiamo ancora tentando di farci una ragione del retaggio della dominazione britannica e della persistente divisione del paese per non parlare dei decenni di discriminazioni nel processo elettorale, nel settore della casa, nel mercato del lavoro e nell’attività della polizia. La tigre celtica è un fulgido esempio per tutti gli irlandesi, eppure rimaniamo una delle società con le maggiori sperequazioni non solo all’interno dell’Unione europea ma anche a livello mondiale.

La relazione Roure presta particolare attenzione sia agli emigranti che alle donne, è quindi degna di encomio ed è particolarmente opportuna per il mio paese. L’Anno europeo deve andare al di là dell’attività di sensibilizzazione pura e semplice sulle discriminazioni. La legislazione in materia di uguaglianza di per sé non può affrontare disuguaglianze profondamente radicate, serve la volontà politica dei politici, di coloro che detengono il potere decisionale in politica e di altri interlocutori; bisogna poi afferrare il toro per le corna, affrontando quindi a tutto campo il tema delle discriminazioni.

A tal fine, concludo reiterando l’invito dell’onorevole Roure affinché la Commissione e il Consiglio stanzino fondi adeguati, laddove effettivamente sussiste la necessità, per poter far fronte alle disuguaglianze nell’Unione.

 
  
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  Zita Gurmai (PSE).(HU) Il 2007 è un anno molto importante per le tematiche da risolvere in materia di pari opportunità e di applicazione di questo diritto in tutta l’Unione europea. La parità delle opportunità costituisce la base del sistema europeo di valori e attuandola si promuoverà la realizzazione dei diritti umani fondamentali.

La relazione, stilata sulla base della procedura di codecisione, affronta tutti i settori di attuazione – dalla creazione del quadro legislativo fino all’individuazione dei mezzi finanziari – comprese le possibilità di partecipazione degli Stati membri e delle organizzazioni civili. La collega, l’onorevole Roure, ha svolto una notevole mole di lavoro. L’essenziale è applicare le normative già promulgate e approvate, facendo in modo che le categorie interessate siano informate delle leggi varate a loro favore. Quindi ci vogliono fatti concreti, non parole. Non è abbastanza attuare il principio della parità delle opportunità a livello comunitario – dobbiamo assicurarci che sia universalmente noto che tutti i cittadini a prescindere dal sesso, dalla razza o dall’origine etnica, dalle opinioni, dalla disabilità, dall’età e dall’orientamento sessuale hanno diritto a pari opportunità e a un pari trattamento.

E’ importante continuare l’opera di informazione, di sensibilizzazione e di cooperazione con le organizzazioni civili e con i cittadini europei. Occorrono campagne per conquistare l’opinione pubblica e ravvivare il dialogo sociale. L’Europa sociale è inconcepibile senza la protezione delle fasce più vulnerabili e dei gruppi più esposti alle discriminazioni. La discriminazione e l’emarginazione hanno centinaia di volti: si possono basare sulla razza, sull’origine etnica, sulla religione, sull’età, sul sesso, sulle disabilità fisiche e mentali. Tutti hanno un ruolo da svolgere nell’attuazione della parità di opportunità, dai governi alle autorità nazionali, dalla società civile fino ai singoli cittadini europei. La solidarietà rappresenta l’approccio più appropriato e più celere nella lotta per le pari opportunità. Abbiamo tutti la responsabilità di garantire che ogni persona usufruisca di pari opportunità per realizzare il proprio potenziale in tutti i settori della vita. Nei miei emendamenti ho altresì messo l’accento sulla necessità di dispiegare ogni sforzo per realizzare la parità, non solo a livello comunitario e individuale, ma anche a livello regionale, nazionale e locale. Mi auguro che la relazione venga approvata.

 
  
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  Tatjana Ždanoka (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, come altri oratori, convengo con il signor Commissario, l’Unione europea deve essere dotata di un quadro legislativo tra i più avanzati per contrastare la discriminazione. Ritengo quindi positivo che gli emendamenti del Parlamento puntino ad integrare nella proposta della Commissione l’istanza che l’Anno europeo per le pari opportunità per tutti acceleri il processo di recepimento di due direttive contro le discriminazioni, per cui ringrazio l’onorevole Roure.

Con rammarico devo dire che il mio paese, la Lettonia, è tra i paesi che sono in ritardo con il recepimento. Contro gli Stati membri, nuovi o vecchi che siano, deve essere avviata una procedura di infrazione per le violazioni al diritto comunitario. In questo contesto le ONG devono svolgere un ruolo vitale sul versante della sensibilizzazione. La Commissione deve garantire che, in particolare, le ONG che rappresentano le categorie più colpite dalle discriminazioni siano coinvolte in tutte le fasi dei lavori connessi all’Anno europeo. Spero che il signor Commissario ne convenga.

 
  
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  László Kovács, Membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, prima di tutto desidero ringraziare gli onorevoli deputati per l’appoggio espresso nel dibattito di oggi. Mi preme sottolineare che la Commissione condivide l’impegno da voi assunto al fine di contrastare tutte le forme di discriminazione in tutti gli Stati membri. La Commissione è disposta a sollecitare tutti gli Stati membri a stanziare risorse finanziarie a tal fine.

In line di massima la Commissione è pronta ad accogliere tutti gli emendamenti presentati dall’Assemblea. Non li passerò in rassegna singolarmente, preferisco invece concentrarmi sulle questioni fondamentali.

Accogliamo gli emendamenti tesi a rafforzare il coinvolgimento della società civile e l’attuazione dell’Anno europeo delle pari opportunità per tutti. Sarà infatti proprio questo uno dei fattori principali della sua riuscita. Acconsentiamo a che siano incrementati i riferimenti al mainstreaming di genere. Siamo pienamente favorevoli al fatto che nel corso dell’Anno in tutti gli Stati membri sia assegnata pari importanza a tutti i settori oggetto di discriminazioni indicati all’articolo 13 del Trattato, ossia: la discriminazione basata sul sesso, sull’origine etnica o razziale, sulla religione o sul credo, sulla disabilità, sull’età e sull’orientamento sessuale. E’ altresì possibile allestire un sistema semplificato per la gestione amministrativa dei fondi a livello nazionale, come proposto. Acconsentiamo ad aumentare il bilancio che passa quindi da 13,6 a 15 milioni di euro.

In sintesi, la Commissione accoglie tutti gli emendamenti presentati. Concludo esprimendo un caloroso ringraziamento alla relatrice, l’onorevole Roure, il cui impegno sui temi della lotta contro le discriminazioni è stato il volano attraverso cui i negoziati con gli Stati membri sono giunti a una felice conclusione. Le trattative infatti sono state molto veloci e molto gratificanti. Il testo, che vi è stato sottoposto per l’approvazione definitiva, rafforza la proposta iniziale della Commissione e ci dota dei mezzi per scendere in campo a favore della diversità in tutta l’Unione europea.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, alle 12.

 
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