Roberta Angelilli (UEN), per iscritto. – La delegazione di Alleanza nazionale al Parlamento europeo ha espresso un voto di astensione sulla Relazione Brok perché considera indispensabili prerequisiti per l’entrata della Croazia nell’Unione europea i seguenti temi:
1. Richiedere la sospensione dei negoziati di adesione all’UE fin quando le Autorità croate manterranno il divieto per i cittadini comunitari di nazionalità italiana di accedere al mercato immobiliare, in evidente contrasto con i principi dell’“acquis” comunitario;
2. Richiedere, come condizione per l’adesione della Croazia il pieno risarcimento per i beni sequestrati alle migliaia di cittadini di origine italiana espulsi dal territorio croato dal 1946;
3. Richiedere alle Autorità croate l’ammissione di responsabilità, ormai storicamente accertata e documentata, per le deportazioni, le atrocità, i massacri, la pulizia etnica contro migliaia di persone di origine italiana, perpetrate dal regime comunista dal 1946.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) In qualità di relatore, nella scorsa legislatura, sulle relazioni con la Repubblica di Corea nell’ambito della scienza e della tecnologia, riconosco l’importanza per l’Europa delle relazioni con questa potenza economica crescente dell’Asia. Pertanto accolgo favorevolmente la relazione e la sostengo per il fatto che estende l’accordo quadro di commercio e cooperazione ai nuovi Stati membri dell’Unione. Ora disponiamo di un meccanismo per un partenariato in crescita tra UE e Repubblica di Corea. La cosa importante, a questo punto, è utilizzarlo.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione messa ai voti in considerazione delle questioni che solleva, segnatamente il costo finanziario reale delle difficoltà cui le Maldive devono far fronte a causa della tragedia di appena un anno fa, a prescindere da tutti i problemi precedenti del paese, e in considerazione delle responsabilità del Parlamento in termini tecnici riguardo a questa situazione, che è distinta rispetto a quella delle istituzioni finanziarie.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) E’ chiaro, e spero pacifico, che le Maldive dovrebbero rientrare nella lista di paesi ammissibili all’aiuto per le conseguenze del disastro dello tsunami del 2004. Sono lieta di aver sostenuto questa iniziativa e spero che potremo agire quanto prima per offrire un utile aiuto pratico al paese.
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signor Presidente, la relazione Catania sulla cittadinanza dell’Unione, che abbiamo appena votato, può vantare di essere uno dei testi senza dubbio più incoerenti e scriteriati che questo Parlamento abbia mai prodotto, il che non è poco. In buona sostanza, la relazione garantiva il diritto generale di voto a tutte le elezioni per chiunque si trovi sul nostro territorio, più o meno legalmente. Non faceva menzione della volontà di integrazione, né delle conoscenze linguistiche o delle condizioni per la nazionalità. In breve, agli stranieri si accordavano tutti i diritti ma nessun dovere.
Era pura follia. Si trattava dell’opera di un manipolo di persone accecate dall’ideologia che si rifiutavano di ammettere la realtà del fallimento totale del modello del multiculturalismo. Inoltre, la relazione violava i fondamenti della sovranità dei nostri Stati membri. La cittadinanza di uno Stato e tutti i diritti che ne derivano, incluso il diritto di voto, devono rimanere di esclusiva competenza degli Stati membri. L’Europa non dovrebbe interferire. Avevamo tutto il diritto e la ragione di votare contro questa relazione idiota.
Luciana Sbarbati (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei esprimere la mia profonda amarezza per il fatto che la relazione Catania non sia stata approvata dal Parlamento in cui, a volte, si manifestano spinte progressiste e, altre volte, spinte decisamente conservatrici.
Il rammarico più profondo è che il mio stesso gruppo si sia diviso sul voto a questa relazione che, secondo lo spirito più autenticamente liberale, doveva essere votata. E’ vero che la cittadinanza europea è in progress ed è complementare rispetto alla cittadinanza di uno degli Stati membri: ma questo è un obiettivo a cui dobbiamo tendere, mediante operazioni politiche e nelle quali l’Europa si dia la dignità che le compete, cercando di interpretare al meglio i nuovi bisogni e i nuovi diritti di cittadinanza, che emergono comunque ancor prima che il diritto se ne faccia carico.
Per questo motivo, nell’esplicitare il mio rammarico per questo voto contrario, desidero esprimere anche tutta la mia solidarietà al collega Catania, con il quale ho collaborato e condiviso anche gli emendamenti.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, a nome della delegazione del partito popolare austriaco desidero formulare la seguente dichiarazione di voto.
Secondo noi, la relazione Catania sulla quarta relazione della Commissione sulla cittadinanza dell’Unione ha completamente mancato il tema che avrebbe dovuto trattare. In un momento di diffuso scetticismo dell’opinione pubblica riguardo a molti processi in atto nell’Unione europea, la questione della cittadinanza dell’Unione deve essere affrontata con serietà. E’ deplorevole che la relazione in esame tratti esclusivamente della situazione degli immigrati e non delle esigenze dei cittadini europei. Mi preme affermare senza tema di equivoco che coloro che dai paesi terzi desiderano venire nell’Unione europea, dunque gli immigrati o i richiedenti asilo, meritano maggiore serietà e rispetto di quanto la relazione riservi loro. Per questo motivo abbiamo votato contro.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Il mio partito sostiene con determinazione le misure a favore di una maggiore armonizzazione dei diritti umani e civili per tutti i cittadini degli Stati membri. Condivido fortemente gli elementi contenuti nella relazione Catania volti a sollevare la questione dei diritti dei lavoratori migranti, in particolare i diritti civili e politici di cittadinanza e di partecipazione elettorale.
Sinn Féin è fermamente convinto del fatto che i lavoratori migranti dovrebbero avere pieno accesso ai diritti civili e umani e che gli Stati membri dovrebbero prevedere un processo di naturalizzazione equo e imparziale per i lavoratori migranti che scelgono di avvalersi di tale meccanismo.
Nella votazione finale della relazione Catania sulla quarta relazione della Commissione sulla cittadinanza dell’Unione (A6-0411/2005) mi sono astenuta in quanto Sinn Féin considera che la cittadinanza, le elezioni e la partecipazione politica siano questioni di competenza primaria delle istituzioni governative a livello di Stati membri.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Nella relazione Catania sulla cittadinanza europea nulla meritava sostegno, ma due proposte risultavano particolarmente scioccanti: innanzi tutto, la richiesta di includere nella cittadinanza dell’Unione europea il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni locali, nazionali ed europee per tutti i residenti di un paese, a prescindere dalla loro nazionalità. Secondo, la domanda di armonizzare i diritti di cittadinanza degli Stati membri, con il pretesto che la loro differenza crea, per i non europei, una discriminazione nell’accesso alla cittadinanza europea così come è attualmente definita dai Trattati.
Fin dove si spingerà il delirio? L’unico modo possibile di acquisire la cittadinanza di un paese è quello di possedere la nazionalità di quel paese. Spetta esclusivamente al potere sovrano di uno Stato stabilire le condizioni necessarie per ottenere la nazionalità dello stesso. Concedere il diritto di voto agli stranieri, a prescindere dalla loro nazionalità, equivale a conferire loro un duplice diritto: quello che possono continuare a esercitare nel paese di origine e quello che possono esercitare nel paese di residenza. Di fatto, si tratta dunque di una misura ingiusta. Essere ospite di qualcuno non conferisce il diritto di immischiarsi nei suoi affari.
Per tutte queste ragioni, è motivo di compiacimento che la relazione sia stata respinta.
Hélène Goudin e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione mira a rafforzare la cittadinanza dell’Unione rendendola indipendente dalla cittadinanza nazionale e richiedendo regole armonizzate per la concessione della cittadinanza nazionale. Noi, invece, crediamo che la cittadinanza sia una delle pietre angolari della sovranità degli Stati nazionali e che ciascuno Stato membro deve essere libero di adottare le proprie decisioni in ordine alla concessione della cittadinanza.
Certamente possono esservi argomenti favorevoli alla riforma delle norme sull’acquisizione della cittadinanza nazionale in seguito a un periodo alquanto lungo di residenza ininterrotta in un paese e sull’opportunità di votare e presentarsi come candidato alle elezioni locali, regionali e nazionali.
La questione della cittadinanza dello Stato membro, tuttavia, è esclusivamente di competenza dei paesi, che applicano la propria legislazione. Spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni in base alle quali si acquisisce o si perde la cittadinanza e quali effetti derivino da essa. L’Unione europea non ha poteri in tale materia. La cittadinanza dell’Unione, dunque, è soggetta alla cittadinanza nazionale e pertanto deve essere definita dalle leggi nazionali sulla cittadinanza.
Inoltre la relazione contiene alcune frasi relative all’introduzione di una tassa UE, a liste transnazionali dei partiti politici europei per le elezioni del Parlamento europeo, al significato di una Costituzione europea per rafforzare la solidarietà europea e alle basi comuni per inserire la dimensione europea nel curriculum di ogni scuola.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Il concetto di “cittadinanza dell’Unione”, senza nemmeno l’attributo qualificativo di “europea”, è uno strumento per distruggere i nostri diritti nazionali all’identità e alla sovranità. Lo dimostra la relazione Catania, che vuole imporre un vasto gruppo nel quale non esisteranno più francesi, polacchi, spagnoli, italiani, inglesi, che verranno sostituiti da “cittadini dell’Unione” con i medesimi diritti politici.
Così il paragrafo 17 della relazione, che invita gli Stati membri ad accordare il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni nazionali a tutti i residenti che siano “cittadini dell’Unione”, “senza distinzione di nazionalità”, permetterebbe a un cittadino ceco stabilitosi in Francia di partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica.
Tale diritto di voto sarebbe addirittura esteso agli immigrati extraeuropei, poiché il paragrafo 18 propone di estendere ai cittadini di paesi terzi residenti nell’Unione europea i diritti dei cittadini dell’Unione.
Le nazioni europee, minacciate di essere sommerse da un’immigrazione su scala globale, hanno bisogno non di una cittadinanza europea, bensì di vedere riaffermati i loro diritti nazionali. Un numero sempre maggiore di francesi, in particolare, esige una riforma delle norme sulla nazionalità onde far sì che la nazionalità francese possa essere acquisita per nascita o per merito.
Marine Le Pen (NI), per iscritto. – (FR) Nonostante la crisi che sta attraversando, e che è al contempo una crisi di rappresentatività, manifestatasi in particolare con la bocciatura della Costituzione europea da parte di francesi e olandesi, e una crisi di partecipazione democratica, con una crescente generalizzazione dell’astensionismo alle elezioni europee, dal Trattato di Maastricht in poi, ovvero dal 1992, non passa anno che l’Europa non cerchi di farci ingoiare a forza la pillola della cittadinanza europea.
Si tratta ancora una volta di una macchina per macinare le nazioni e le identità nazionali per sostituirle alla fine con un’identità europea. Il nuovo “pacchetto” arrivato direttamente dalle alte sfere burocratiche degli eurofederalisti partecipa pienamente al processo di sommersione e invasione di immigranti voluto dalla Commissione. Il diritto di ogni cittadino di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri è concepito come il diritto centrale della cittadinanza europea. Si comprendono dunque gli sforzi di Bruxelles volti a semplificare e ammorbidire le modalità di ingresso e di soggiorno sul territorio europeo, in quanto è su di esse che si basa l’acquisizione della nuova cittadinanza.
La filosofia spicciola dominante distrugge sistematicamente i valori e le identità nazionali. Oggi bisogna essere davvero coraggiosi per mostrare e difendere una coscienza nazionale!
Kartika Tamara Liotard, Esko Seppänen e Jonas Sjöstedt (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Abbiamo votato a favore della relazione nonostante ritenessimo che alcune parti del testo non avrebbero dovuto essere trattate in questa relazione, come ad esempio alcuni elementi della cittadinanza dell’UE, l’atteggiamento positivo sulla Costituzione dell’UE, l’elezione di alcuni deputati europei sulla base di liste transnazionali, la proposta di una tassa europea e così via.
Abbiamo votato contro la presenza di quelle parti nel testo, ma alla fine abbiamo votato a favore della relazione nel suo complesso per perseguire una situazione migliore dei migranti in Europa. Abbiamo considerato che si trattava soltanto di una relazione d’iniziativa priva di conseguenze giuridiche.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la relazione sulla cittadinanza dell’UE per i cittadini dei paesi terzi. La questione centrale della relazione è che i cittadini dell’UE dovrebbero poter votare nelle elezioni nazionali negli Stati membri diversi dal proprio, se vi risiedono.
Mi dispiace che la relazione sia stata respinta, in quanto era meritoria. Tuttavia, mi sono astenuto sugli emendamenti relativi ai seguenti paragrafi: paragrafo 11, prima e seconda parte; paragrafo 12, prima e seconda parte e paragrafi 13, 21 e 28. Ho ritenuto, infatti, che nella fase attuale essi si spingano troppo oltre.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Fenomeni come la diffusione dell’astensionismo, i messaggi negativi lanciati dai referendum bocciati e la frustrazione crescente nei confronti dell’UE dimostrano che il cittadino europeo non si conquista con un inno o una bandiera comune. Né gli interessa come si presenta l’Unione europea – ad esempio nel progetto di Costituzione – bensì cosa essa riesce o meno a tradurre in realtà.
Rafforzare la cittadinanza dell’Unione non servirà a trasformare gli scettici in entusiasti dell’Unione europea, come qualcuno vorrebbe, soprattutto fintanto che non esistono requisiti minimi comuni a livello di UE per l’acquisizione della cittadinanza e non si eliminano gli abusi all’istituto dell’asilo. Gli attacchi terroristici di Londra, l’omicidio del regista Theo van Gogh e i disordini di piazza in Francia dimostrano che in futuro dovremo verificare con attenzione la capacità di integrazione degli aspiranti cittadini nella cultura maggioritaria. La mancata accettazione dell’ordine giuridico e culturale da parte dei musulmani europei è un dato di fatto che l’UE non può più dissimulare con il pretesto del “multiculturalismo”.
Occorre mettere un freno anche alla pratica delle regolarizzazioni di massa, che rendono “europei” milioni di immigrati illegali. Allo stesso modo, il Sistema di informazione di Schengen in futuro dovrebbe segnalare se esistono ambasciate che rilasciano visti di ingresso su scala industriale.
Fintanto che l’Accordo di Schengen non funzionerà e non avremo sotto controllo il problema delle società parallele, fintanto che non saremo in grado di garantire la protezione dei nostri popoli europei autoctoni, non avremo neanche bisogno di cullarci nel sogno della cittadinanza europea.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Le questioni sollevate dalla relazione sono estremamente interessanti e meritevoli di una discussione approfondita. Tuttavia, vorrei porre in rilievo che tenere una discussione di tale natura non rientra nelle competenze del Parlamento, né, peraltro, di alcuna Istituzione europea. L’acquisizione della cittadinanza è materia esclusivamente nazionale, una chiave di volta della sovranità di ogni Stato membro e, dal mio punto di vista, non è negoziabile. Sono in disaccordo con gran parte delle premesse e delle conclusioni contenute nella relazione e di conseguenza ho votato contro. Pertanto mi rallegro che la relazione non sia stata approvata.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) E’ un diritto dell’uomo poter partecipare attivamente al processo democratico e stiamo energicamente cercando di creare una situazione nella quale tutti godano di tale diritto. Tuttavia non è difendibile che l’UE lo utilizzi come leva per sviluppare le proprie ambizioni di assumere il controllo delle strutture democratiche degli Stati membri e per aumentare così i propri poteri.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La relazione riguarda la cittadinanza, un tema estremamente controverso, e in linea di massima ritengo che tali questioni siano di esclusiva competenza degli Stati membri e che i diritti UE derivino dalla cittadinanza di uno Stato membro. Tuttavia, la relazione in oggetto, che non ha natura vincolante, prova a esaminare come ciascuno Stato membro può essere incoraggiato ad aumentare gli standard di equità e giustizia, posto che esistono paesi dell’UE che non trattano bene le minoranze. La bocciatura della relazione, a mio modo di vedere, riflette una decisione matura da parte del Parlamento, anche se continuo a ritenere che tali questioni devono essere dibattute e presto torneranno all’ordine del giorno di questo Parlamento.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La “cittadinanza europea” è un concetto ideologico privo di valore pratico, dato che la cittadinanza è concessa dagli Stati membri. Il ruolo che la relazione tenta di ascrivere alla cittadinanza “europea” ha caratteristiche puramente ideologiche e crea la falsa impressione di un “cittadino europeo”, che non esiste, su un unico “territorio politico e culturale”, così da far sembrare che non vi sia possibilità di ritorno da un’Unione europea imperialista e reazionaria.
Sostanzialmente, la relazione cerca di introdurre dalla porta di servizio aspetti della Costituzione europea reazionaria bocciati dai popoli dell’Unione, come la tassazione diretta dei cittadini europei da parte dell’UE, il rafforzamento dei partiti europei, le liste elettorali sopranazionali e via dicendo. La passione europea che infiamma la relazione è tale da giungere a determinare il diritto di acquisire un’inesistente cittadinanza “europea” per coloro che sono residenti “di lunga durata” e che però saranno privati della cittadinanza e dei diritti nei paesi in cui risiedono.
Noi appoggiamo senza riserve gli immigrati e stiamo battendoci con loro per la salvaguardia e l’ampliamento di pieni diritti politici e sociali, come il diritto di voto attivo e passivo, la piena occupazione, il salario, i diritti assicurativi e pensionistici, la concessione della cittadinanza a coloro che sono residenti di lunga durata e via dicendo. Ciò nonostante, l’acquisizione di tali diritti non ha nulla a che vedere con l’ideologia fuorviante di “cittadinanza europea”; è il campo di battaglia dei movimenti di base di massa in ciascuno Stato membro e a livello europeo.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). – (DE) Com’è ovvio abbiamo appoggiato incondizionatamente la relazione Prets e siamo molto lieti per il fatto che è stata addirittura migliorata grazie agli emendamenti.
Ciò che stava particolarmente a cuore al gruppo Verts/ALE era chiarire che i clienti delle prostitute dovrebbero avere motivo di temere di incorrere in sanzioni, quando sono a conoscenza di una situazione di coercizione. Con questo vogliamo puntualizzare che la prostituzione forzata non deve essere combattuta soltanto legalmente, deve anche essere messa al bando socialmente. Siamo particolarmente soddisfatti che il Parlamento abbia ripreso la nostra idea di lanciare l’8 marzo un’iniziativa contro la prostituzione forzata in occasione del campionato mondiale di calcio che si celebrerà quest’anno in Germania. Vogliamo così affermare senza equivoci che bisogna estrarre il cartellino rosso, che fairplay deve significare opporsi alla prostituzione forzata.
Spero che si possa davvero lanciare un segnale chiaro del Parlamento in riferimento a eventi sportivi, perché la prostituzione forzata si può combattere soltanto se non confiniamo questa lotta alle iniziative legislative, ma lanciamo messaggi chiari a tutti gli strati della società. L’aumento esponenziale della prostituzione forzata deve appunto essere un’occasione per assumere un impegno preciso volto a combatterla.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, il declino delle strutture statali nella società multiculturale, il passaggio all’economia di mercato nei paesi dell’est europeo e la conseguente agevolazione delle organizzazioni corrotte e criminali, come pure l’immigrazione di massa dovuta all’apertura delle frontiere, hanno favorito il commercio della merce “umana”, che è addirittura più lucrativo del commercio di armi e droga. Poiché le vittime hanno vergogna o paura di testimoniare, e la metà delle donne e dei bambini vittime della tratta ricadono in questa trappola dopo il ritorno in patria, i trafficanti rimangono per lo più impuniti. Serve dunque una prevenzione basata sull’informazione il più possibile tempestiva delle potenziali vittime e sulla sensibilizzazione della popolazione.
Oltre a ciò è necessario che a livello di EU vi siano pene severe contro la pedofilia e ancora più severe per la tratta organizzata degli esseri umani.
Gerard Batten (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Il partito indipendentista britannico ha votato contro la relazione Prets sulla tratta delle donne e dei minori a causa della natura dei paragrafi contenuti nella relazione. Siamo fortemente contrari alla tratta di tutti gli esseri umani e alla schiavitù, ma non riteniamo che sia competenza dell’UE interferire nelle questioni interne e, in particolare, non riteniamo che l’UE debba creare una politica in materia di prostituzione.
Tutti gli elementi contenuti nella relazione sono già contemplati dalla legislazione britannica; occorre pertanto applicare integralmente queste leggi, invece di emanare una nuova legislazione europea che produrrebbe conseguenze negative.
Godfrey Bloom (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Il partito indipendentista britannico ha votato contro la relazione Prets sulla tratta delle donne e dei minori a causa della natura dei paragrafi contenuti nella relazione. Siamo fortemente contrari alla tratta di tutti gli esseri umani e alla schiavitù, ma non riteniamo che sia competenza dell’UE interferire nelle questioni interne e, in particolare, non riteniamo che l’UE debba creare una politica in materia di prostituzione.
Tutti gli elementi contenuti nella relazione sono già contemplati dalla legislazione britannica; occorre pertanto applicare integralmente queste leggi, invece di emanare una nuova legislazione europea che produrrebbe conseguenze negative.
Maria Carlshamre (ALDE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro il gruppo ALDE sul paragrafo 46, relativo alla criminalizzazione dei clienti che deliberatamente sfruttano persone costrette a prostituirsi. Mentre la linea del gruppo ALDE era quella di votare contro, io credo che l’atto di comprare deliberatamente donne/ragazze costrette a prostituirsi debba essere considerato un reato simile a quello dell’acquisto di merci rubate, cioè la ricettazione. Penso che anche gli Stati membri che oggi sono contrari alla criminalizzazione di chi compra sesso dovrebbero invece considerarlo un illecito penale.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sulla tratta di donne e bambini. Crediamo che la sicurezza delle persone sia meglio garantita tramite sforzi comuni tesi a combattere la criminalità transfrontaliera, particolarmente la criminalità che viola le libertà e diritti fondamentali e la dignità umana. Per dare effetto giuridico alle domande presentate e per aumentare il profilo della questione, la delegazione dei conservatori svedesi desidera, inoltre, porre in rilievo che il problema della tratta dovrebbe essere affrontato in sede di commissione giuridica del Parlamento europeo e non di commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere.
Tuttavia siamo contrari alle proposte della relazione che interferiscono con le sfere di competenza degli Stati membri, ad esempio l’organizzazione della polizia.
Hélène Goudin e Lars Wohlin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione d’iniziativa riguarda questioni importanti e la Lista di giugno sostiene molte delle idee di base che informano la relazione. Lo sfruttamento sessuale e la tratta degli esseri umani devono essere combattute, senza dimenticare la grave criminalità che spesso è la conseguenza della tratta transfrontaliera di esseri umani. Pertanto è estremamente importante facilitare la cooperazione e lo scambio di informazioni all’interno dell’UE.
La Lista di giugno ritiene, tuttavia, che anche su tali tematiche si debba lasciare a ogni Stato membro la discrezionalità di scegliere il proprio metodo e il proprio modo di lavorare. La Lista di giugno pertanto decide di votare contro la relazione d’iniziativa.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Insieme con i colleghi conservatori britannici plaudo al fatto che la risoluzione riconosca che la lotta alla tratta è parte del contrasto alla criminalità organizzata. Di conseguenza, qualunque misura in tale direzione dovrebbe essere coerente con la strategia globale contro la criminalità organizzata. Pertanto questo non dovrebbe essere un pretesto per perseguire la piena comunitarizzazione in questo ambito. Piuttosto noi siamo a favore di politiche nazionali efficaci e di una forte cooperazione intergovernativa per imporre un giro di vite a tale turpe commercio.
Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) La tratta delle donne e lo sfruttamento sessuale dei bambini in Europa costituiscono sempre di più un’economia parallela di notevoli dimensioni. Secondo l’ONU, circa 4 milioni di donne e di bambini sarebbero oggetto di abusi o violenze sessuali. Assistiamo anche alla crescente diversificazione delle modalità della tratta degli esseri umani.
L’aumento del turismo sessuale e la domanda di bambini a fini di sfruttamento economico (mendicanti, borseggiatori, piccoli spacciatori, lavoro in nero, ecc.) sono altrettante forme di criminalità e di sfruttamento, nella maggior parte dei casi opera di gruppi criminali organizzati. Grazie ai pericolosi accordi di Schengen, che hanno soppresso tutti i controlli alle frontiere dell’Unione, questi bambini sono utilizzati come corrieri della droga o come ladri. Inoltre, in caso di arresto da parte delle autorità, non possono essere perseguiti perché minori.
Prevenire tutte le forme della tratta di esseri umani significa combattere queste mafie, questi traffici illeciti che continuano a svilupparsi in un’Europa spalancata.
L’aggiunta di programmi comunitari nel settore e i pii desideri delle varie ONG non serviranno a nulla. Solo un risveglio dei popoli e delle nostre élite di fronte alla politica ultraliberale e favorevole all’immigrazione attuata da Bruxelles ci consentirà di sperare di sentirci sicuri in Europa.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Apprezzo che la relazione sottolinei quanto sia importante introdurre e promuovere il mainstreaming di genere e l’attenzione ai bambini in tutte le politiche dell’UE. La tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento sessuale è una violazione dei diritti umani. Ogni anno tra 600 000 e 800 000 uomini, donne e bambini sono vittime della tratta internazionale. Circa l’80 per cento di loro sono donne e ragazze e il 50 per cento sono minori.
Concordo sul fatto che i dati sulla tratta sono lacunosi e che è necessario un approccio più armonizzato tra gli Stati membri sulle modalità di raffronto dei dati; allo stesso modo, sono d’accordo sull’opportunità di separare i dati sui bambini da quelli che riguardano donne e uomini.
E’ fondamentale che le strategie di prevenzione siano mirate tanto alle vittime quanto ai trafficanti. I gruppi più vulnerabili dovrebbero essere al centro dell’attenzione, innanzi tutto migliorando le opportunità di istruzione e occupazione, combattendo il problema della femminilizzazione della povertà, della discriminazione e della disuguaglianza. Inoltre, bisognerebbe introdurre più campagne, con un logo UE comune e linee telefoniche internazionali di assistenza, e fornire più informazione sui diritti legali all’assistenza sanitaria per le vittime in altri paesi.
Infine, concordo sul fatto che le autorità preposte all’applicazione della legge devono perseguire e punire severamente i responsabili della tratta e combattere la corruzione.
Claude Moraes (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione Prets sulla lotta alla tratta di donne e bambini è un importante contributo a uno dei problemi più angoscianti e a più rapida diffusione che colpiscono donne e bambini vulnerabili, vittime della moderna schiavitù, specialmente nell’industria del sesso in Europa.
Il problema deve essere affrontato con la massima considerazione per le vittime della tratta, così che non siano punite due volte dai sistemi giudiziari dei paesi UE.
Sebastiano (Nello) Musumeci (UEN), per iscritto. – Lo sfruttamento sessuale delle donne e dei bambini è un flagello dell’umanità che assume dimensioni sempre più ampie con il passare del tempo. Condivido in pieno l’idea di prevedere severe norme penali nei confronti dei clienti delle schiave del sesso. Ma non basta. Serve una strategia comune ed efficace.
La tratta di esseri umani, infatti, gestita da una vera e propria multinazionale del crimine organizzato mafioso, trova le proprie origini nella disperazione e nella miseria di uomini e donne che fuggono dal proprio Paese d’origine verso i Paesi ricchi del pianeta alla ricerca di un impiego e di benessere.
Pur essendo la tratta delle donne e dei bambini principalmente destinata allo sfruttamento sessuale, essa, purtroppo, viene altresì utilizzata per altri scopi ugualmente deprecabili e degradanti per l’essere umano: il lavoro forzato, la schiavitù e, ciò che considero più ignominioso, l’esportazione di organi.
E’ noto che lo sfruttamento sessuale rientra in un’attività delinquenziale più articolata che include il turismo sessuale, il narcotraffico, il contrabbando di armi e di rifiuti radioattivi. Al fine di contribuire alla lotta alle reti criminali mafiose o similari, ripropongo – come già fatto nel marzo del 2004 – l’istituzione di un Osservatorio europeo che consenta di monitorare il fenomeno mafioso e proporre soluzioni per armonizzare le norme sanzionatorie nei Paesi dell’UE.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Non è necessario che ripeta le argomentazioni che sono così chiaramente esposte nella relazione. Fatta tale premessa, ritengo valga la pena di puntualizzare che dovremmo condannare fermamente la tratta di esseri umani (non solo donne e bambini, per quanto essi siano i gruppi più vulnerabili), sia a scopi sessuali che per qualunque altra forma di sfruttamento. Tuttavia non è sufficiente protestare, sia pure con fermezza; occorre anche agire in modo risoluto e fattivo. Come risulta più che chiaramente da numerose relazioni parlamentari e numerosi reportage giornalistici, il contrasto alla tratta degli esseri umani non avrà grandi opportunità di successo senza la cooperazione a livello di Stati membri. Pertanto ritengo che sia necessario promuovere la cooperazione, migliorare il coordinamento e rafforzare la determinazione.
Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Si stima che nel mondo il numero di donne e bambini vittime della tratta oscilli tra 700 000 e 4 milioni l’anno. Secondo l’ONU, i bambini coinvolti sarebbero 1,2 milioni.
La relazione della collega parte da una constatazione drammatica: nonostante le misure adottate fino ad oggi dagli Stati membri e dalla stessa Europa, la tratta degli esseri umani è considerata oggi un’attività criminale che conosce il tasso di crescita più rapido rispetto a tutte le altre forme di criminalità organizzata. Purtroppo non sarà la pila di testi comunitari, di risoluzioni o di innumerevoli rapporti delle ONG che si accumulano sull’argomento a mettere fine a questo fenomeno planetario.
Infatti, benché le cause siano state identificate – la povertà, l’esclusione sociale, la disoccupazione, l’assenza di controlli alle frontiere che consentono lo sviluppo di reti clandestine della criminalità organizzata di ogni genere, la violenza contro le donne, l’istruzione, l’esplosione della pornografia, o ancora la scomparsa di punti di riferimento morali – le soluzioni proposte nella relazione sono troppo vaghe, troppo generali e parziali.
Per lottare in modo efficace contro tutti questi traffici organizzati di esseri umani, la prima cosa da fare è ristabilire i controlli alle frontiere interne degli Stati membri. La loro soppressione con gli accordi di Schengen è stata una delle principali cause dello sviluppo di tutta questa industria del sesso in Europa.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Esiste un nesso tra la lotta alla tratta di esseri umani, da un lato, e la domanda di servizi correlati per coloro che comprano sesso, dall’altro. Criminalizzare questo tipo di reato a livello di UE tuttavia, potrebbe condurre a sanzioni non adeguate alla logica interna dei sistemi nazionali e dunque a un divieto di criminalizzare quanti comprano sesso.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Nessuno può negare che la tratta organizzata di uomini e donne sia una questione urgente per i paesi dell’UE, ed è necessario un intervento coordinato nell’UE per contrastarla. La relazione dimostra che la cooperazione può condurre a risultati migliori rispetto all’azione individuale da parte degli Stati membri, e sono lieta di dare il mio assenso. Pur nutrendo riserve su alcune delle opinioni espresse nella relazione, ritengo che la stessa UE debba intervenire per combattere questo problema, insieme agli Stati membri.
Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) Il partito indipendentista britannico ha votato contro la relazione Prets sulla tratta delle donne e dei minori a causa della natura dei paragrafi contenuti nella relazione. Siamo fortemente contrari alla tratta di tutti gli esseri umani e alla schiavitù, ma non riteniamo che sia competenza dell’UE interferire nelle questioni interne e, in particolare, non riteniamo che l’UE debba creare una politica in materia di prostituzione.
Tutti gli elementi contenuti nella relazione sono già contemplati dalla legislazione britannica; occorre pertanto applicare integralmente queste leggi, invece di emanare una nuova legislazione europea che produrrebbe conseguenze negative.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL). – (CS) E’ innegabile che il futuro del trasporto aereo sia attualmente a un bivio. L’impennata dei prezzi del petrolio dell’anno scorso ha causato gravi problemi a diverse compagnie aeree. Molte di esse registreranno perdite significative e alcune negli Stati Uniti stanno addirittura ricevendo di nuovo sussidi dal governo. Le compagnie low-cost sono il secondo problema da affrontare; dobbiamo chiederci in che misura tali vettori, che sono stabiliti in paesi sviluppati, rispettano le norme dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile e dell’Organizzazione internazionale del lavoro nonché gli orientamenti dell’OCSE per le imprese multinazionali. La questione centrale è se siamo in grado di garantire che tali compagnie rispettino i requisiti delle direttive CE di cui ai paragrafi 24 e 25 della relazione sullo sviluppo di un’agenda per la politica estera della Comunità in materia di aviazione, e se siamo in grado di verificare in modo efficace tale ottemperanza.
Allo stesso modo, sono consapevole dei problemi posti dai negoziati, in particolare con i nostri partner maggiori, in altri termini Russia e Cina. Si tratta di un tema esaminato nella relazione concernente le relazioni con la Federazione russa e la Cina nel settore del trasporto aereo. La situazione probabilmente è ancora più complessa per i negoziati con gli Stati Uniti, dove le relazioni sono sempre al limite della concorrenza sleale. Tuttavia, nonostante i gravi problemi che la Comunità affronta nel negoziare con i partner esterni, vorrei sottolineare che tali negoziati sono urgenti e importantissimi e il trasporto aereo non potrà svilupparsi ulteriormente senza di essi. Ciò significa che particolare importanza dovrebbe essere attribuita all’affermazione conclusiva nella relazione El Khadraoui. Il luogo in cui si presume che una persona lavori, quando svolge operazioni di cabotaggio in uno Stato membro UE, è lo Stato membro in questione, il che significa che le condizioni di lavoro dovrebbero avere uno standard appropriato. Inoltre il cabotaggio nel settore del trasporto aereo dovrebbe essere considerato come impiego nell’Unione europea.
Vorrei cogliere l’occasione per sottolineare che quest’impostazione di estendere la copertura a un intero settore dei servizi dovrebbe essere corredata da metodi basati sulle migliori pratiche. A quel punto sarebbe possibile, in questo come in altri settori, avviare i negoziati per aprire il mercato e per liberalizzare il cabotaggio. Un simile approccio potrebbe anche aprire nuove opportunità per i negoziati sulla direttiva “servizi”, inclusi i servizi di interesse pubblico. L’adozione di queste due relazioni dunque ci conferisce una nuova opportunità di negoziare sul trasporto aereo e su altre questioni, senza contare che le possibilità di applicare i nuovi principi cui ho fatto riferimento potrebbero rappresentare una vera e propria breccia e sono accolte con grande apprezzamento dal Gruppo confederale della sinistra unita europea/sinistra verde nordica.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Credo che la definizione di una strategia di sviluppo coerente per la politica estera dell’Unione in materia di aviazione rivesta un’importanza significativa.
Questa politica estera comune può essere stabilita adattando gli accordi bilaterali vigenti al diritto comunitario, oppure concludendo nuovi accordi tra la Comunità e i paesi terzi.
Nelle varie discussioni in sede di commissione, tuttavia, si è chiarito che tale strategia non si può sviluppare senza accordi con gli Stati Uniti, la Federazione russa e la Cina.
In considerazione delle nuove realtà del mercato globale e nel contesto delle varie iniziative attuate dalla Commissione europea e dalla commissione dei trasporti e del turismo, questa relazione merita il mio appoggio.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’Unione sta perseguendo la strategia generale di creare uno spazio comune dell’aviazione con i suoi vicini.
Il voto sulla relazione Zīle sulle relazioni con la Cina e la Russia nel settore del trasporto aereo è parte di tale contesto. Questi paesi hanno in comune alti livelli di crescita nel settore dell’aviazione e affrontano sfide per consolidarlo, liberalizzarlo e modernizzarlo.
Senza perdere mai di vista la natura specifica di questi due paesi e considerando questioni quali l’abolizione dei diritti di sorvolo e la necessità di estendere la portata del mandato a temi quali le infrastrutture aeroportuali e della sicurezza aerea, ritengo che la relazione sia un passo altamente significativo per assicurare la chiarezza giuridica tramite un processo transitorio che non mina la stabilità economica del settore.
Ho votato a favore della relazione, che è parte della più ampia questione dello sviluppo delle relazioni esterne dell’UE nell’ambito della politica dell’aviazione.