2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
3. Strategia europea di comunicazione – Libro bianco
Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione la comunicazione della Commissione sulla Strategia europea di comunicazione – Libro bianco.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare lei e gli onorevoli deputati per essere qui questa mattina presto. Grazie per avermi dato l’opportunità di presentarvi il Libro bianco su una politica europea di comunicazione adottato dalla Commissione nel corso della riunione di ieri.
Non è la prima volta che parlo del Libro bianco in quest’Aula. L’ho annunciato per la prima volta nel corso del dibattito sulla relazione Herrero, che è stato un importante punto di riferimento per il mio lavoro successivo. Durante le fasi preparatorie del Libro bianco ho informato regolarmente il Parlamento delle mie idee, incontrando i diversi gruppi politici, le commissioni e così via, e sono certa che molti di voi troveranno alquanto familiari i concetti e i messaggi principali del Libro bianco.
Il feedback e l’incoraggiamento che ho ricevuto mi danno ragione di credere che in quest’Aula continuerò a trovare l’alleato più impegnato e prezioso per quanto riguarda la comunicazione. La comunicazione è innanzi tutto e soprattutto una questione di democrazia. Le persone hanno diritto di sapere ciò che l’Unione europea fa e ciò che promuove, e in quanto cittadini hanno il diritto di partecipare appieno al progetto europeo. Questo è il messaggio principale del Libro bianco.
Tra l’Unione europea e i suoi cittadini vi è una distanza preoccupante. Sette intervistati su dieci nei sondaggi Eurobarometro sostengono di sapere poco o nulla dell’Unione europea. Più di metà pensa che la propria voce non conti per quanto concerne i temi europei. La fiducia nelle Istituzioni europee sta scemando, come pure il numero di coloro che credono che l’Europa rechi beneficio a loro o ai loro paesi. La percezione di una distanza, in termini di comunicazione, tra l’Unione europea e i suoi cittadini non è nuova. E’ stata oggetto di discussione negli ambienti comunitari almeno a partire dai referendum che hanno preceduto l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht nel 1992. In questo senso i recenti referendum sul Trattato costituzionale sono stati un brusco segnale di avvertimento.
Ridurre le distanze tra l’Unione europea e i cittadini ha assunto una priorità senza precedenti. Per andare avanti, il progetto europeo dev’essere ancorato ai desideri e alle aspettative dei cittadini. Deve appartenere ai cittadini, non solo a una piccola élite con sede a Bruxelles o in un paio di grandi capitali europee. Il Libro bianco è la proposta della Commissione per rispondere a tale sfida e per gettare le basi di una politica di comunicazione dell’Unione europea.
Quale dev’essere il principale scopo di una politica europea di comunicazione? Il Libro bianco propende per lo sviluppo di una sfera pubblica europea che funzioni, in cui il dibattito europeo possa emergere con chiarezza e a cui i cittadini possano partecipare. Si tratta di un’idea che il Parlamento europeo ha abbracciato da tempo e che è diventata centrale nella concezione della Commissione di una politica di comunicazione.
Il Libro bianco sottolinea l’importanza di sviluppare una vera e propria cultura politica europea, con gruppi politici paneuropei, media paneuropei e forum o luoghi d’incontro in cui i cittadini possano riunirsi e discutere di questioni d’interesse comune. Vorrei però chiarire immediatamente che tutto questo non vuole sostituire o sminuire il ruolo dei livelli nazionali, regionali o locali delle strutture politiche e dell’attività dei media; al contrario, li integra.
La necessità più urgente per creare una cultura politica europea è probabilmente assicurare che le questioni europee si riflettano nei dibattiti nazionali, regionali e locali. Lo sviluppo di una sfera pubblica europea è senza dubbio un progetto molto ambizioso che richiederà tempo e che va ben oltre le competenze della Commissione. Il ruolo del Parlamento europeo sarà cruciale al riguardo, ma sappiamo che riusciremo nell’intento solo se tutte le parti coinvolte – e in primo luogo gli Stati membri – saranno pronte a impegnarsi e ad assumersi le proprie responsabilità.
Il Libro bianco è pertanto un invito all’azione da parte di tutte le Istituzioni europee, dei governi e dei partiti politici dell’Unione europea, della società civile e dei media in tutti i paesi dell’Unione. Propone di avviare lavori in cinque settori fondamentali, innanzi tutto definendo principi comuni. Una politica comunitaria di comunicazione dev’essere fondata sull’atto fondamentale di riconoscere che tutti i cittadini dell’Unione europea hanno determinati diritti, ad esempio il diritto a un’informazione equa e completa in merito all’Unione europea, il diritto ad ascoltare l’intero spettro di opinioni sull’Unione europea e il diritto di far sentire la propria voce ai responsabili delle decisioni politiche.
Il Libro bianco propone che tali principi vengano racchiusi in un documento quadro – una carta o magari un codice di condotta – in vista del quale tutte le principali parti interessate s’impegnerebbero volontariamente a definire principi comuni in materia di comunicazione. Occorre che tali principi comuni guidino l’azione di tutti noi e conferiscano credibilità e legittimità alle nostre attività di comunicazione, mettendo in chiaro che comunicazione comunitaria non vuol dire organizzare una campagna di marketing per l’Europa né produrre propaganda, ma promuovere la democrazia. E’ uno strumento con cui i cittadini possono valutare se i loro diritti vengono rispettati o meno.
La seconda area di lavoro proposta dal Libro bianco è il coinvolgimento dei cittadini. Come può contribuirvi una politica europea di comunicazione? Il Libro bianco individua tre modi di procedere: intensificare la collaborazione in materia di educazione civica, mettere i cittadini in comunicazione tra loro e collegare i cittadini e le istituzioni pubbliche. L’educazione civica è una responsabilità nazionale o regionale, ma vi è un valore aggiunto europeo. L’Unione europea può contribuire ad assicurare uno scambio di migliori pratiche e favorire lo sviluppo di strumenti educativi comuni, in modo che si possa affrontare meglio la dimensione europea. Ne faccio esperienza ogni volta che visito gli Stati membri. Gli insegnanti e tutte le persone coinvolte in simili attività dicono: “Dobbiamo davvero scoprire l’acqua calda da soli? Non potremmo migliorare lo scambio di pratiche, di materiali, di esperienze?”
Sono indispensabili nuovi forum di discussione pubblica sulle questioni europee per creare fiducia reciproca, rispetto e disponibilità a lavorare insieme verso obiettivi comuni. Inoltre, in una democrazia sana è essenziale una buona comunicazione a due sensi tra cittadini e istituzioni pubbliche. Si deve continuare a rafforzare l’attuale campagna volta a rendere le Istituzioni comunitarie più responsabili, aperte e accessibili.
Il terzo settore in cui il Libro propone interventi riguarda i media e le nuove tecnologie. I media hanno un ruolo fondamentale nella politica di comunicazione ed è indispensabile che le istituzioni pubbliche a tutti i livelli di governance trovino modi innovativi di lavorare con i media nazionali, regionali e locali. Dobbiamo inoltre esaminare insieme le condizioni per assicurare che tutte le opinioni vengano rappresentate in modo equo nel corso di tali dibattiti e per fornire ai cittadini informazioni complete, eque e basate sui fatti attraverso un’ampia gamma di canali, non solo la stampa, la radio e la televisione, ma anche Internet. Una delle proposte, inoltre, come avete già appreso dalla copertura mediatica, è che dobbiamo aggiornare l’esistente Europa via Satellite – un servizio interistituzionale – e, ad esempio, la TV regionale, che appartiene agli utenti del servizio EVS.
Il quarto settore di intervento è la comprensione dell’opinione pubblica. E’ una sfida per i responsabili politici, che devono restare in sintonia con l’opinione pubblica europea, poiché le opinioni dei cittadini su qualunque tema possono variare in modo piuttosto considerevole da un paese all’altro o da una regione all’altra. La Commissione europea è stata all’avanguardia nel mettere a punto strumenti moderni, come i sondaggi Eurobarometro, per l’analisi dell’opinione pubblica. Il nostro Libro bianco incoraggia il dibattito su come migliorare l’utilizzo di tali strumenti per compiere un’analisi più approfondita e usarla con maggior efficienza per alimentare il processo decisionale.
La quinta area di discussione comune riguarda il modo di far funzionare il partenariato: la chiamiamo “come collaborare”. Come possono i governi dell’Unione europea cooperare a più stretto contatto l’uno con l’altro e con Bruxelles per informare e consultare i cittadini? Come possono le Istituzioni comunitarie collaborare in modo più efficiente e fare di più per decentralizzare i propri sforzi? Le autorità locali e regionali sono in una buona posizione per intraprendere un autentico dialogo con i cittadini. Come possono trasmettere al meglio l’opinione delle comunità locali ai responsabili delle decisioni a Bruxelles? Che cos’altro possono fare i partiti politici e le ONG per sensibilizzare i cittadini sulle questioni europee e stimolare il dibattito pubblico?
La Commissione non ha risposte prefabbricate a tutte queste domande né ha la presunzione di dire alle altre parti interessate che cosa devono fare. Il Libro bianco lancia pertanto un ampio processo di consultazione e invita tutte le parti coinvolte a pensare a fondo a tali questioni e a presentare le proprie idee. Non vi è mai stata una consultazione pubblica sulla comunicazione dell’Europa. E’ ora di avviarla, se vogliamo seriamente porre i cittadini al centro delle nostre attività. Vorrei che il Parlamento europeo fosse il nostro più stretto alleato e sostenitore in tale processo. Le strutture per tale cooperazione esistono già e possono rappresentare una base per meglio costruire e coordinare il nostro lavoro.
In conclusione, vorrei citare il filosofo John Dewey, che ha scritto: “Vi è più di un collegamento verbale tra le parole comune, comunità e comunicazione. Tentate l’esperimento di comunicare, con completezza e precisione, una qualsiasi esperienza, soprattutto se è piuttosto complicata, a un’altra persona, e troverete la vostra disposizione verso il cambiamento dell’esperienza”.
La comunicazione aiuta a capire, costruisce valori comuni e crea comunità. E’ questo ciò che serve all’Unione europea più di qualunque altra cosa. Grazie per l’attenzione. Sono ansiosa di sentire le vostre opinioni.
Struan Stevenson, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Commissario Wallström, la ringrazio per l’interessantissimo Libro bianco che ha ben presentato stamani. A nome del gruppo PPE-DE, accolgo con grande favore il Libro bianco sulla politica europea di comunicazione. Giunge in un momento in cui cresce la distanza tra l’Europa e cittadini. Il nostro elettorato è pervaso da un senso di alienazione da Bruxelles: alienazione dalle sue Istituzioni e dalla politica in generale. La scarsa affluenza alle urne nel 2004 è stata purtroppo un chiaro monito del fatto che l’Unione europea deve imparare a comunicare di più con i cittadini.
Tuttavia, non è solo questione di avere più comunicazione: ci serve una comunicazione migliore. E al fine di comunicare meglio, l’Europa deve anche ascoltare di più. I leader europei hanno perso il contatto con il pubblico e concordo con lei, Commissario, quando nella comunicazione dice che i cittadini si aspettano che l’Europa offra loro garanzie di prosperità, solidarietà e sicurezza di fronte alla globalizzazione. I nostri cittadini non si preoccupano dei dettagli economici della riforma istituzionale, ma dei propri posti di lavoro, dei 20 milioni di disoccupati in Europa, quindi concordo senz’altro con il nuovo orientamento, che passa dalla comunicazione a senso unico a un dialogo consolidato, da un approccio incentrato su Bruxelles a un approccio più decentrato, da una comunicazione – come dice il documento – basata sulle istituzioni a una comunicazione basata sui cittadini.
Senza dubbio ho tentato di fare altrettanto in Scozia, nel mio distretto elettorale. Ho avviato un concorso di componimento tra scuole per cercare di diffondere l’interesse per le questioni europee tra gli alunni. Proprio domani mi recherò ad Aberdeen per illustrare ai dirigenti del Consiglio le prospettive finanziarie, il che è comunicazione europea in atto. Lei deve tuttavia assicurare che questo Libro bianco non resti soltanto un esercizio di consultazione, insignificante e staccato da quegli stessi cittadini che sta cercando di raggiungere. In Europa tendiamo a essere molto bravi a discutere, molto meno a concretizzare.
Alle idee deve seguire l’azione. Quando ha parlato dell’importanza dei programmi ERASMUS e “Cittadini per l’Europa” come modo per colmare il divario tra l’Unione e i suoi cittadini, mi sono chiesto se non vi sia una leggera contraddizione, visto che tali programmi hanno in effetti subito tagli significativi nel bilancio 2006. Forse abbiamo bisogno di migliore comprensione e di maggiori dettagli su come lei intende finanziare di preciso questa enorme strategia di pubbliche relazioni.
Comunicazione, trasparenza, accesso libero ai documenti e coinvolgimento in ambito decisionale non sono pienamente sviluppati nemmeno tra noi, deputati al Parlamento europeo, rappresentanti dell’Unione. L’Assemblea rappresenta quegli stessi cittadini con cui stiamo cercando di comunicare, ma purtroppo il Parlamento non viene consultato a sufficienza, o spesso lo si consulta quando è troppo tardi. Spesso non gli si presta ascolto, spesso viene osteggiato dall’azione inesplicabile e impenetrabile del Consiglio. Per questo motivo, Commissario Wallström, pur essendo molto favorevole ai suoi obiettivi e ai suoi sforzi, la invito a considerare l’idea di aggiungere un’altra “D” al suo piano per il dialogo, il dibattito e la democrazia. Sarebbe la “D” di decisione: la decisione di agire.
(Applausi)
Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, giustamente ci preoccupiamo dei problemi di comunicazione dell’Unione europea e giustamente, come recita il titolo di questo Libro bianco, discutiamo dell’Europa e coinvolgiamo i cittadini. La diagnosi è chiara e il Libro bianco offre prescrizioni dettagliate per affrontare il problema.
Vorrei ringraziare di cuore il Commissario Wallström per gli sforzi profusi per farci compiere un tale passo avanti nell’affrontare il problema. Più tardi discuteremo in modo approfondito molte delle proposte presentate dai gruppi. Vorrei cogliere l’occasione per fare alcuni commenti di carattere generale sulle attività di comunicazione.
Nell’arte della comunicazione meno vuol dire più. L’essenza di una buona comunicazione è esprimere un messaggio forte con parole semplici. Dobbiamo spiegare ai cittadini ciò che facciamo e perché è importante per loro. Una volta consci del fatto che le nostre decisioni influenzano i loro interessi, non mancheranno di prestare attenzione alla sfera pubblica.
Il Libro bianco prevede l’istituzione di meccanismi, procedure e nuove tecnologie per favorire i canali di comunicazione, il che è positivo. Non parla però della qualità di ciò che verrà trasmesso attraverso questi canali di comunicazione. Parla di mettere in contatto i cittadini e di discutere della sfera pubblica. E’ giusto a nostro parere; tuttavia, per far si che i cittadini partecipino a una qualunque di queste attività, deve importargliene. Solo allora potranno essere coinvolti. Dobbiamo dimostrare loro perché devono interessarsi alle attività dell’Unione europea. Tutti noi abbiamo la responsabilità di affrontare questi problemi: tutte le Istituzioni, e non solo la sala stampa al piano di sotto. Il partenariato è dunque un altro importante concetto presentato nel Libro bianco.
Come ho detto, sarebbe positivo investire in nuovi siti web e in canali televisivi di nostra proprietà, ma abbiamo già il più grande gruppo mondiale di corrispondenti accreditati alle nostre porte: 1 300 giornalisti bramosi di raccontare storie di buona qualità a audience di tutto il mondo. Se produciamo storie tempestive e interessanti per i giornalisti, i titoli, i siti Internet, i nuovi canali televisivi e i dibattiti sulla sfera pubblica verranno di conseguenza.
La realtà, tuttavia, è che la maggior parte dei nostri sforzi di comunicazione naufraga perché l’Unione europea fallisce nelle questioni fondamentali. L’Unione europea offre un solo modello di comunicati per tutti anziché compiere sforzi più strenui per trovare nuovi messaggi per catturare l’interesse di gruppi di media specifici nei diversi paesi e nelle diverse regioni.
A buon diritto il Libro bianco pone una certa enfasi sui sondaggi d’opinione e sulla necessità di comprendere l’opinione pubblica europea. Tuttavia, volendo fare un uso corretto di questa risorsa, perché la Commissione persiste nel presentare proposte tanto profondamente impopolari come la direttiva sui servizi portuali di cui abbiamo discusso un mese fa? Il Libro bianco parla del bisogno di ascoltare i cittadini, e a ragione. Quello è stato un caso in cui la Commissione ha mancato di ascoltare persino il suo stesso Parlamento, altro che i cittadini. A tale proposito, non è sufficiente dire che l’Europa deve ascoltare i cittadini: essa deve anche agire in base a ciò che essi dicono. Quale vantaggio trovano i cittadini a parlare con noi a Bruxelles se non hanno alcuna garanzia che ciò che dicono avrà importanza o cambierà ciò che abbiamo in mente di fare?
Accolgo con favore questo Libro bianco perché dà un rapido avvio a un dibattito di cui vi è grande bisogno. L’Assemblea dovrebbe essere favorevole all’importante contributo del Commissario Wallström. In seno al Parlamento europeo dobbiamo fare la nostra parte per assicurare che l’Unione europea si sviluppi con il sostegno dei cittadini e che serva i loro interessi nel miglior modo possibile.
Gérard Onesta, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) La vostra comunicazione sul Libro bianco è partita molto bene, Commissario Wallström, visto che sulla prima pagina leggo che non si può dissociare la comunicazione dal suo contenuto.
Mi aspettavo pertanto di trovare un’analisi politica di ciò che sta causando quella frattura che lei e tutti noi possiamo constatare tra gli europei e le Istituzioni europee. Ammetto di essere molto deluso al riguardo, perché l’autocritica non va al di là della frase che ho appena pronunciato. A vostro parere basterebbe far circolare giudizi più lusinghieri sull’Europa per ripristinare la fiducia che un tempo gli europei nutrivano nei confronti delle Istituzioni e del progetto comunitario. Si può tuttavia sostenere con serietà che gli obiettivi liberali abbracciati in modo così incondizionato dal team del Presidente Barroso non abbiano qualche rapporto con tutto ciò che preoccupa – giustamente – i cittadini comunitari?
E’ vero che il documento indica determinate vie da seguire e contiene alcune formule seducenti: decentramento, partecipazione e cultura. Al di là di questi termini, tuttavia, che cosa vi è di concreto? Ho l’impressione che confondiate comunicazione e dialogo. La democrazia non è solo comunicazione, è soprattutto partecipazione autentica dei cittadini attraverso le loro istituzioni. Se il Presidente Barroso alla fine dell’estate ci dice: “Ho ricevuto il messaggio: ritirerò i testi su cui non vi è consenso”, e ne ritira a decine, ma mantiene la direttiva sui servizi, mi sento come se non avessi fatto la sua stessa campagna referendaria, il che è inaccettabile. Per parte mia, pensavo che la direttiva sulla protezione dei lavoratori non fosse un problema, diversamente dalla direttiva sui servizi, che solleva difficoltà di natura pratica. Non basta abbellire le strategie; forse vanno cambiate.
Ho l’impressione che il vostro approccio sia piuttosto tecnocratico ed elitario. ERASMUS è un programma fantastico, ma, come ha affermato il precedente oratore, non ha grosse conseguenze sui cittadini, perché non abbiamo le risorse necessarie. Dire che facciamo affidamento sulle nuove tecnologie, che apparentemente rappresentano la risposta a tutto, equivale forse a credere che moltiplicare il numero di siti Internet sia sufficiente a risolvere i problemi dell’Unione europea a livello di opinione pubblica, problemi che del resto conosciamo benissimo. E’ davvero necessaria tutta una serie di nuovi sondaggi Eurobarometro per sapere che le preoccupazioni dei cittadini riguardano le delocalizzazioni, la precarietà sociale, l’incertezza, la crisi della sanità e gli sconvolgimenti ambientali? Sono quasi certo che Eurobarometro vi rivelerà ciò che ho detto poc’anzi in una sola frase.
Quali risorse mettete a disposizione per far fronte a queste angosce? Quando ho partecipato alla stesura del programma PRINCE nel quadro del bilancio 2005, ricordo che la Commissione aveva proposto di dimezzare i fondi per questo programma, e questo dopo lo choc del doppio voto negativo al progetto di Costituzione. E’ stato il Parlamento, in quest’Aula, che successivamente ha moltiplicato i fondi per sei.
Signora Commissario, le vostre intenzioni sono lodevoli, ma ancora una volta, fintanto che non preciserete per che cosa chiedete sostegno politico, non avrà senso pensare al fiocchetto della confezione: rivedere la comunicazione è una buona idea, ma rivedere la politica sarebbe un’idea migliore.
Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, cara Margot, sotto le belle parole che abbiamo ascoltato c’è il fatto che l’ufficio incaricato di propagandare l’Unione europea vorrebbe altro denaro per fare ulteriore propaganda. Si devono assumere altri giornalisti per reclamizzare le virtù dell’Unione e bisogna creare una nuova agenzia di stampa, in modo che possiate decidere che cosa devono scrivere i media dell’Unione europea e che possiate aggiungere a ogni singola notizia un messaggio di facile comprensione che magnifichi l’Unione europea. La Commissione non ha bisogno di una nuova politica di comunicazione. Ha bisogno di trasparenza e di democrazia.
Dovrebbe innanzi tutto sottoporre i propri conti all’esame del Parlamento. Dare ai revisori contabili comunitari l’accesso a tutte le spese, in modo che possano monitorarle. Pubblicare i nomi di coloro che vengono pagati per dispensare buoni consigli in seno ai gruppi di lavoro segreti della Commissione. Aprire il cassetto con le lettere di messa in mora, in modo che gli elettori e i rappresentanti eletti possano vedere quali aspetti delle nostre leggi non sono graditi alla Commissione. Dirci chi vota che cosa in seno alla Commissione. Ad esempio, ci sono Commissari che si sono opposti al piano sulla comunicazione del Commissario Wallström o all’iniziativa per la trasparenza del Commissario Kallas? E’ meglio avere trasparenza, democrazia ed essere vicini ai cittadini che avere più soldi per le relazioni pubbliche.
David Hammerstein Mintz (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, Commissario Wallström, vorrei presentare una proposta molto specifica, poiché l’Europa deve prendere misure coraggiose e fantasiose per avvicinare le questioni europee a tutti e fare progressi nella creazione di un’opinione pubblica europea.
Credo sia necessario un programma pilota per avviare i grandi dibattiti europei, per aprire i Consigli in cui i ministri discutono temi riguardanti i cittadini, con un chiaro codice di condotta che renda il dibattito comprensibile. Ritengo che, in seguito a tutti i problemi costituzionali, tale progetto pilota potrebbe essere visto come segno di una volontà di trasparenza e di dibattito aperto. Propongo che tale progetto sia una discussione pubblica della direttiva Bolkestein di fronte alle telecamere televisive.
Si parla molto della trasparenza del Consiglio, ma non si fa mai nulla di concreto.
Questo porterebbe i cittadini a parlare del dibattito destinato a presentare l’Europa al pubblico e a spiegare con chiarezza le diverse posizioni, in modo che i cittadini sappiano che cosa si decide in relazione ai temi che riguardano la vita quotidiana di ciascuno di loro.
Vorrei inoltre aggiungere che, ai sensi dell’articolo 8 del regolamento del Consiglio, qualunque Membro della Commissione o del Consiglio può proporre un simile dibattito pubblico. Lei stessa potrebbe proporlo, signora Commissario.
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevoli deputati, grazie delle vostre preziose opinioni in merito al Libro bianco.
Innanzi tutto, deve seguire l’azione. Se parliamo di avvicinarci ai cittadini non possiamo operare tagli ai programmi che hanno proprio quello scopo. A tale proposito la nostra posizione è esattamente la stessa del Parlamento europeo, per quanto ne so. Vogliamo un bilancio che speriamo venga incrementato, certamente non ridotto. Questa è la nostra posizione anche nell’ambito delle trattative per il bilancio che sono in corso. Esporremo la nostra opinione con assoluta chiarezza al riguardo. Senza dubbio la pensiamo allo stesso modo sulla questione.
Onorevole Wiersma, penso che lei abbia espresso un concetto molto valido, perché si tratta anche di far partecipare i cittadini. Ho detto più volte che la democrazia non è solo uno sport per spettatori. Richiede impegno da parte dei cittadini, che però devono essere in grado di acquisire le conoscenze fondamentali in merito a ciò che accade e a come esercitare il proprio potere. Pertanto abbiamo anche l’obbligo di assicurare che vi sia accesso, ad esempio, all’educazione civica, grazie alla quale si può imparare il funzionamento di tutto e il modo in cui si può dire la propria in tale processo.
Penso che la direttiva sui servizi sia un ottimo esempio di come limitarsi a raccontare la storia non serva se non vi sono le basi, se la consultazione non è stata compiuta. Alla fine non ci sarà nessuno a sostenere la proposta. Penso si tratti di un settore in cui dobbiamo compiere un lavoro riparatore. Si tratta di coinvolgere i cittadini. Ieri uno dei miei colleghi a una riunione della Commissione ha detto che quando la Commissione ha consultato i bambini in merito a una proposta sui diritti dell’infanzia, la proposta che ci è stata restituita aveva subito cambiamenti radicali. I bambini hanno un altro ordine di priorità. Abbiamo imparato molto da tale processo di consultazione.
Si tratta proprio di questo: di etica della comunicazione. Non si può separare la comunicazione dalla politica, perché la prima può essere valida solo se lo è il suo contenuto. Ciò che vogliamo fare per cambiare la realtà delle cose deve riguardare i contenuti della politica. Dobbiamo tuttavia mettere in chiaro anche quali norme e atteggiamenti verso la democrazia e la procedura democratica adottiamo. Dobbiamo inoltre mettere in chiaro che la comunicazione e l’etica della comunicazione sono uno strumento essenziale per aiutarci. E’ quanto stiamo decidendo in questa sede: gli strumenti, il quadro e i procedimenti che ci permettono di comunicare, di avere un dialogo a due sensi con i cittadini. Ecco che cosa stiamo cercando di costruire.
Avete ragione di chiedere del bilancio. Chiediamo solo un po’ di personale in più, che sia d’aiuto durante l’intero periodo di consultazione. E’ troppo presto per dire che cosa occorre per le proposte concrete, perché stiamo conducendo consultazioni al riguardo. Dobbiamo ritornare sulle proposte e sui piani d’azione specifici con valutazioni d’impatto adeguate, bilanci e cifre concrete. Per il momento stiamo solo fissando e organizzando il periodo di consultazione.
Quando ho sentito i commenti dell’onorevole Bonde, mi sono chiesta se avevamo letto il medesimo documento. Devo rispondere a proposito dell’intera questione dell’agenzia stampa, che è in parte una questione linguistica. Non abbiamo mai avuto altra idea se non quella di migliorare il servizio oggi esistente nell’ambito della Direzione generale Comunicazione. Si chiama Europa via Satellite. Abbiamo pochissime persone a espletare il servizio, che procura immagini e suoni per radio e televisione sull’intero territorio dell’Europa. Il servizio è condotto in 20 lingue. Se vogliamo una migliore qualità, più fatti e più numeri e se vogliamo assicurare una maggiore copertura a ciò che accade in seno a Consiglio, Parlamento e Commissione, avremo bisogno di più personale e strutture più articolate. Come ho detto poc’anzi, è così che aiutiamo la televisione regionale o le stazioni radio che non possono permettersi di inviare corrispondenti a Bruxelles. Se abbiamo la seria intenzione di offrire questa informazione interna e interistituzionale, avremo bisogno delle persone che lo facciano. In definitiva, occorrerà una figura ad alto profilo professionale per decidere che cosa è più interessante dal punto di vista giornalistico: dobbiamo inviare una squadra in Parlamento oggi, o dovrebbe essere altrove a occuparsi di una storia diversa? Lo facciamo già, ma con risorse molto limitate.
Questo non è in contraddizione con la Web TV in cui il Parlamento ha già deciso di investire, che copre ciò che accade in seno all’Istituzione, ma integra gli sforzi per comunicare meglio con i cittadini. L’idea è stata questa fin dall’inizio.
I giornalisti con sede a Bruxelles non sono soddisfatti. Temono la concorrenza. Da parte mia, vedo molto poca concorrenza nell’organizzare conferenze stampa in 20 lingue. Non credo sia un problema. Tuttavia, tutti stanno cercando di segnare il proprio territorio. Dobbiamo essere realistici. Se vogliamo che le notizie siano diffuse a livello locale e regionale e alla radio e alla televisione – che sono le fonti che la maggior parte dei cittadini oggi utilizza per ottenere informazioni su ciò che accade nell’Unione europea – dobbiamo investire in radio e televisione. Siamo gli unici che possono procurare queste immagini e questi suoni dall’interno delle Istituzioni. Nessuno ci farà concorrenza al riguardo. E’ questo che vogliamo fare con la proposta contenuta nel Libro bianco.
Non vi è stata votazione al riguardo. Discutiamo e molto raramente votiamo in seno alla Commissione. Durante l’intero quinquennio della Commissione Prodi abbiamo tenuto votazioni solo tra le 5 e le 10 volte. Quindi non vi è stata votazione, ma un forte sostegno per il mio Libro bianco. Sono lieta di potervelo dire. Non si tratta solo di votare. Avete ragione quando sostenete che dobbiamo dire ai cittadini che questa è un’altra arena politica e che la discussione politica è cruciale. Dobbiamo discutere. Avremo punti di vista ideologici diversi e le discussioni proseguiranno nell’arena europea. Dobbiamo far sì che i cittadini siano in grado di seguire e comprendere ciò che accade e possano avere voce in capitolo. Nel nostro Libro bianco troverete alcune idee su come realizzare questi propositi.
In conclusione, concordo con l’onorevole Hammerstein Mintz. Mi auguro che vedremo un progetto pilota grazie al quale gli incontri del Consiglio diverranno pubblici. Questo è anche un modo per porre fine al gioco al massacro, in cui le Istituzioni si accusano l’una l’altra. Alla fine sono i cittadini a rimetterci, perché non possono seguire o giudicare gli eventi e le parole dei ministri in seno al Consiglio. Concordo sul fatto che le riunioni del Consiglio dovrebbero essere pubbliche e che i cittadini dovrebbero avere la possibilità di seguirle. Contribuiremo in ogni modo a realizzare questa ipotesi. E’ inoltre opinione della Commissione che apertura e trasparenza siano assolutamente essenziali per quanto riguarda il miglioramento della comunicazione.
Presidente. – La discussione è chiusa.
Dichiarazione scritta (articolo 142)
Alyn Smith (Verts/ALE). – (EN) Ascoltando questo dibattito, mi sorprende ancora quanto è sbagliata la domanda che poniamo, e di conseguenza la risposta. La strategia di comunicazione della Commissione ha forse obiettivi validi, ma dubito che ottenga granché nella pratica, perché la realtà dell’Unione europea nel suo complesso, e non solo le attività della Commissione, è ben lungi da come dovrebbe essere. Di conseguenza i cittadini sono scettici; non è che non capiscano l’Unione europea, la capiscono fin troppo bene.
In Scozia abbiamo un vecchio modo di dire secondo cui non si può ingentilire una rapa, e per quanto ci si sforzi con gli abbellimenti, non si riuscirà a mascherare il fatto che l’Unione europea ha un problema strutturale che non stiamo affrontando. I meccanismi istituzionali dell’Unione e gli argomenti affrontati nelle varie parti dell’Unione europea vanno visti alla luce dell’allargamento, altrimenti rischiano di comportare un perdurante ristagno. Solo una vera riforma avvicinerà l’Unione al cittadino, e su tale riforma dobbiamo concentrarci.
4. Legislazione sociale nel settore dei trasporti su strada – Armonizzazione delle disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada
Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta, le relazioni presentate dall’on. Helmuth Markov, a nome della commissione per i trasporti e il turismo,
– sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme minime per l’applicazione dei regolamenti (CEE) n. 3820/85 e n. 3821/85 del Consiglio relativi a disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che abroga la direttiva 88/599/CEE (PE-CONS 3672/2/2005 – C6 0417/2005 – 2003/0255(COD)) (A6-0005/2006), e
– sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, che modifica i regolamenti (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 (PE-CONS 3671/3/2005 – C6 0416/2005 – 2001/0241(COD)) (A6-0006/2006)
Helmuth Markov (GUE/NGL), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, nel settembre 2001 la Commissione ha adottato il nuovo Libro bianco intitolato “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”, nel quale si delineavano le prospettive per lo sviluppo fino a tale data e la Commissione proponeva circa 60 misure diverse e un programma d’azione con lo scopo principale di rendere i trasporti più sicuri. La presentazione in esso contenuta del tema di cui discutiamo oggi – i tempi di guida e di riposo dei conducenti e la direttiva relativa al controllo della conformità alle condizioni imposte dalla prima direttiva – ha offerto, certamente, una valida opportunità di trasformare le buone intenzioni in politiche pratiche.
Ne consegue che la principale domanda da porre nel valutare il risultato ottenuto dal Comitato di conciliazione tra il Consiglio e Parlamento è se gli obiettivi che ci siamo prefissati siano stati realizzati, il primo dei quali è il miglioramento e l’armonizzazione delle condizioni di lavoro dei conducenti professionisti, il secondo il miglioramento della sicurezza stradale e il terzo la creazione di condizioni di concorrenza eque per tutte le parti interessate.
Procederò ora a illustrare le più importanti conseguenze di questo compromesso.
La prima è che il tempo di guida giornaliero non deve superare le nove ore; la seconda è che non deve eccedere 56 ore in una settimana e comunque non deve superare l’orario di lavoro massimo fissato dalla direttiva sull’orario di lavoro. In terzo luogo, il tempo di guida complessivo accumulato in un periodo di due settimane non deve essere superiore a 90 ore. In quarto luogo, il periodo di riposo giornaliero normale è di undici ore, consecutive o divise in due periodi rispettivamente di tre e nove ore. Questo risponde al desiderio di maggiore flessibilità espresso dai conducenti, che potranno usare i periodi di riposo in modi molto diversi a seconda delle diverse condizioni climatiche prevalenti rispettivamente in inverno e in estate. Il quinto punto è che il tempo di riposo regolamentato in una determinata settimana è fissato a un minimo di 45 ore, e il sesto è che la relazione introduce il tachigrafo digitale, rendendo possibile in tal modo un controllo migliore e più esauriente del rispetto dei regolamenti. Settimo, sono fissate regole chiare sulla responsabilità degli autotrasportatori. Ottavo, i controlli minimi che saranno eseguiti a partire dal 2008 sono aumentati fino al raggiungimento di almeno il 2 per cento e di almeno il 3 per cento a partire del 2010. Il nono punto è che i controlli devono essere eseguiti non solo sulla rete stradale, ma anche presso la sede delle imprese.
Si può prontamente osservare, da un confronto tra i documenti in esame e quelli applicati in precedenza, che le condizioni non sono state in alcun modo peggiorate. Tuttavia, se si confrontano i risultati conseguiti con le nostre aspettative iniziali, su alcuni punti si giunge a una conclusione diversa.
Vi faccio qualche esempio: il primo è che il regolamento non si applica a veicoli di peso inferiore a 3,5 tonnellate, anche se tali veicoli sono usati con sempre maggior frequenza per il trasporto di merci e sono coinvolti in un numero sempre più alto di incidenti. Il secondo è che ci sono solo due riferimenti alla direttiva sull’orario di lavoro, ma il rispetto delle disposizioni in essa contenute non è controllato contemporaneamente al controllo di conformità rispetto alle regole sui tempi di guida e di riposo. Io non credo che questo sia sufficiente a garantire una minor probabilità che i conducenti arrivino a livelli eccessivi di stanchezza o che siano superati i tempi massimi, né a evitare che tali irregolarità si verifichino in assoluto. In terzo luogo, anche se l’allegato alla direttiva sul controllo include un elenco di violazioni contro il regolamento, questo non è armonizzato in modo giuridicamente vincolante. In quarto luogo, non sono previste sanzioni armonizzate, con la conseguenza che gli Stati membri possono ancora imporre sanzioni diverse per la stessa violazione.
Considerati tutti questi aspetti, certamente si può affermare che insieme abbiamo proposto molte soluzioni flessibili, e naturalmente speriamo che questa normativa, durante il periodo previsto di due anni, trovi spazio nel nuovo accordo AETR e diventi così applicabile agli Stati che non sono membri dell’Unione europea, ma i cui veicoli utilizzano le strade dell’UE, in modo da garantire condizioni eque di concorrenza.
Come la maggior parte di voi sa, in sede di Comitato di conciliazione ho votato contro il compromesso che avevamo raggiunto, poiché ero convinto che il Parlamento avrebbe potuto ottenere di più e che la nostra maggioranza nel Comitato fosse stata troppo frettolosa nel chiudere i negoziati con il Consiglio. Stando così le cose, posso certo capire che tra coloro che parteciperanno alla votazione odierna vi sia qualcuno che non intende sostenere il compromesso. Anche se la maggior parte di coloro che sono toccati dal regolamento e dalla direttiva non sta certo facendo salti di gioia, una maggioranza assoluta di essi ha espresso appoggio all’adozione di questi due fascicoli e il mio voto rifletterà tale posizione.
Infine, chiederei alla Commissione di agire su tre fronti: in primo luogo, commissionare uno studio sugli schemi di traffico dei veicoli commerciali di peso inferiore a 3,5 tonnellate, poiché vivo nella speranza di un diverso orientamento dei gruppi di interesse, in modo da poter incorporare anche queste categorie nella direttiva in un secondo momento. In secondo luogo, le chiederei di contribuire a coordinare i vari organismi che controllano i tempi di guida e di riposo e gli orari di lavoro e, in terzo luogo, di organizzare, insieme agli Stati membri e alle parti sociali, seminari sulla nuova normativa al fine di attuarla al più presto possibile.
Vorrei concludere ringraziando sentitamente tutti coloro che hanno lavorato con me su questo fascicolo nel corso di questi anni – in primo luogo i signori Hauck e Darmis del Comitato – e anche i relatori ombra. Abbiamo tutti lavorato insieme molto bene, in un modo piuttosto insolito, ma che si è dimostrato valido. Ringrazio anche il nostro Vicepresidente Vidal-Quadras Roca, che ha guidato con mano ferma la procedura di conciliazione, e il signor Tziorkas, responsabile per il nostro caso.
Spero che i tachigrafi digitali siano introdotti presto e che gli Stati membri mettano a disposizione le smart card per i conducenti; in tal modo avremo compiuto qualche progresso nel portare un po’ più di giustizia sociale, di sicurezza e di concorrenza leale sulle strade dell’Unione europea.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, il considerevole sviluppo del trasporto stradale negli ultimi vent’anni ha condotto la Commissione a presentare due testi. Il primo era una proposta di regolamento elaborata nel 2001 con lo scopo di semplificare, chiarire e aggiornare un regolamento molto noto ai conducenti, cioè il regolamento (CEE) n. 3820/85 che definisce i tempi di guida e di riposo e le interruzioni per i conducenti. Il secondo era una proposta di direttiva elaborata nel 2003 e mirata a sostituire una direttiva del 1988, per garantire un livello minimo di controllo dei tempi di guida e di riposo nel settore dei trasporti su strada.
Abbiamo lavorato tutti per completare questo pacchetto il 6 dicembre 2005, dopo un lungo e difficile negoziato durato più di due anni. Il Comitato di conciliazione è giunto finalmente a un accordo. Il Parlamento ha contribuito ampiamente a portare avanti questo fascicolo e desidero congratularmi con il presidente della vostra delegazione, onorevole Vidal-Quadras Roca, al quale anche l’onorevole Markov ha voluto rendere omaggio. Vorrei altresì complimentarmi in modo particolare per il lavoro degli onorevoli Markov, Grosch e Piecyk e dei membri della commissione per i trasporti e il turismo, che hanno seguito le questioni con molta attenzione e che hanno ottenuto reali progressi rispetto al testo della posizione comune del Consiglio.
E’ stato raggiunto un compromesso su due terzi degli emendamenti del Parlamento riguardanti il regolamento e su oltre la metà degli emendamenti del Parlamento riguardanti la direttiva. Farò l’esempio dell’introduzione di un sistema comunitario inteso a stabilire una classificazione comune e precisa delle violazioni secondo la loro gravità. Una tale armonizzazione ci permetterà di chiarire gli obblighi imposti dalla regolamentazione, dal punto di vista sia dell’industria che degli ispettori in tutta Europa. Sottolineo “in tutta Europa” e non solo nell’Unione europea. Grazie all’insistenza del Parlamento, il Consiglio e la Commissione si sono impegnati a fare in modo che l’accordo AETR possa essere ratificato dagli altri paesi europei, compresa la Russia, entro due anni.
E’ vero che non siamo riusciti a includere il controllo dell’orario di lavoro nel campo di applicazione della nuova direttiva. Posso assicurarvi, comunque, che la Commissione farà tutto il possibile per una piena e completa applicazione della direttiva sull’orario di lavoro. Il 19 dicembre la Commissione ha inoltre inviato dieci pareri motivati agli Stati membri che non avevano ancora notificato la completa attuazione di questa direttiva.
Inoltre, la procedura di conciliazione ha permesso di compiere altri passi avanti. Questo pacchetto legislativo apporterà un certo numero di vantaggi e di progressi rispetto alla situazione attuale. Ne sono convinto. Citerò alcuni esempi: limiti chiari e semplici per quanto riguarda le ore di guida settimanali, che rendono il testo più comprensibile e, ovviamente, permettono di controllare meglio se viene rispettato; un impegno esplicito e chiaro in favore di una convergenza dei sistemi di informazione, delle caratteristiche tecniche delle attrezzature, della classificazione dei rischi e dell’interpretazione delle regole; infine, l’aumento dei controlli, l’extraterritorialità delle sanzioni e la responsabilizzazione lungo l’intera catena del trasporto.
Vorrei ancora una volta sottolineare, signor Presidente, che questi progressi sono stati ottenuti per la maggior parte grazie agli interventi del Parlamento. Sul campo, i controlli saranno più coordinati e più efficaci. Non si tratta solamente di aumentarli, ma anche di renderli più adeguati.
Una parola, infine, sul tachigrafo digitale. Tengo a sottolineare questa mattina, all’intenzione del Parlamento, quanto sarebbe auspicabile che i testi all’esame fossero approvati perché ci permetteranno di rendere effettivo l’uso del tachigrafo digitale. Il Parlamento ha concordato con il Consiglio una data limite per la sua introduzione. Il Parlamento e il Consiglio hanno fatto una dichiarazione congiunta su questo argomento. Nell’attesa del vostro accordo sul pacchetto legislativo, il 12 gennaio 2006 ho comunicato ai ministri dei Trasporti di tutti gli Stati membri che accettavo personalmente di prolungare il periodo di grazia fino alla data limite. Ho fatto questo gesto onde evitare malintesi. Tuttavia, è chiaro che al di là della data voluta dal legislatore, vale a dire il Parlamento, ogni nuovo automezzo che non sarà attrezzato con il tachigrafo digitale rischierà di incorrere in sanzioni immediate da parte delle autorità nazionali, per esempio nell’ingiunzione a non circolare.
Onorevole Markov, lei mi ha posto domande su tre punti. Vorrei precisare che la Commissione si è messa immediatamente al lavoro per fornirle le risposte da lei attese.
Onorevoli deputati, signor Presidente, oso sperare che potrete approvare il risultato di questa procedura di conciliazione e che potremo infine chiudere questo fascicolo oltre due anni dopo la presentazione della proposta da parte della Commissione. Sarebbe un peccato mantenere ancora in sospeso i progressi contenuti in questi testi che, grazie al vostro voto, potranno applicarsi nell’Unione europea.
Mathieu Grosch, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, siamo al termine della procedura di conciliazione, il cui scopo, come indica il suo stesso nome, è quello di trovare compromessi. Sarebbe esagerato se il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei – o chiunque altro, del resto – sostenesse che il risultato è in tutto e per tutto quello che avremmo sperato. La domanda essenziale per quanto riguarda il lavoro che è stato fatto su questo tema a tutti i livelli è se questo fascicolo stia andando nella direzione giusta, se certi obiettivi che ci eravamo prefissati siano stati realizzati. La risposta che posso dare, a nome del gruppo PPE-DE, è assolutamente affermativa.
Consideriamo i tempi di guida e di riposo dei conducenti una questione di sicurezza e riteniamo che qualsiasi cosa accentui o migliori la sicurezza costituisca un passo nella direzione giusta; per questa ragione desidero ringraziare il relatore, i membri della commissione per i trasporti e il turismo e anche la Commissione, poiché credo che tutti – per quanto diverse potessero essere le loro aspettative – abbiano lavorato insieme con un unico scopo. In questo senso, abbiamo fatto un buon lavoro.
Questo dossier costituisce un importante passo avanti, in quanto ha comportato da parte nostra un’analisi delle misure essenziali da adottare a livello europeo anche in relazione ai paesi i cui veicoli viaggiano sulle nostre strade. Naturalmente ci aspettavamo di più, ma dobbiamo tenere presente ciò che è possibile realizzare, e se domani otterremo come risultato che 42 paesi – 25 Stati membri dell’Unione europea più gli altri Stati europei – adotteranno tali misure mediante l’accordo AETR, avremo inviato un messaggio chiaro al mondo esterno per quanto riguarda la sicurezza, poiché di sicurezza si tratta quando parliamo di tempi di guida e di riposo, e non solo della sicurezza dei conducenti, ma anche di tutti gli altri utenti delle reti stradali.
Abbiamo anche semplificato e chiarito alcuni termini. E’ stato curioso scoprire che, sebbene stessimo discutendo di tempi di guida e di riposo nel settore dei trasporti su strada, nessuno aveva mai fissato una definizione dell’espressione “tempo di guida”. Abbiamo comunque assunto anche iniziative più importanti, in quanto abbiamo chiarito che tutto il tempo speso alla guida o per il riposo deve poter essere oggetto di controlli. Naturalmente ci si poteva aspettare di più, ma la regola secondo cui il tempo di riposo deve comprendere nove ore più tre, o propriamente nove ore, è di gran lunga preferibile alla formula 8 + 1 + 1 + 1 applicata in precedenza. Io penso che anche le proposte avanzate dal Consiglio a tale riguardo fossero corrette. Un conducente sa quale deve essere la durata di una pausa dopo quattro ore e mezza – che siano 15 o 30 minuti – senza tutte le regole che si applicavano in precedenza. Provenendo da una regione frontaliera, conosco bene la realtà delle migliaia di persone che utilizzano le strade, parlando lingue diverse, con modi diversi di esprimersi, e occorre esercitare un controllo su tutti.
Per quanto riguarda i tachigrafi, vi è ancora il vecchio sistema di comunicazione orale, in cui qualcuno chiede: cosa significa in realtà ciò che è indicato dal tachigrafo? Rendere controllabili questi dati – in modo che risultino leggibili sia al conducente sia all’incaricato del controllo – è, a mio parere, un progresso veramente importante. Penso che abbiamo chiarito molto bene alcuni punti a questo riguardo.
C’è una lunga storia dietro al tachigrafo. Avevamo già posto alcune domande per conto della Commissione, ma avremmo preferito chiudere l’argomento del tachigrafo digitale tempo fa, nell’agosto 2004. Devo dire, tuttavia, signor Commissario, che le sue chiare dichiarazioni delle settimane scorse hanno inviato un messaggio preciso al mondo esterno.
Non è così importante che si provveda all’attuazione un anno prima o un anno dopo. L’importante è che la Commissione dica chiaramente che chi non si conforma entro una certa data, chi non installa questi nuovi tachigrafi sui veicoli nuovi andrà incontro a problemi nel suo paese e nella sua impresa. Suppongo che lei agirà come annunciato e chiarirà che non ci sarà più indulgenza.
Sarebbe un peccato infatti, e anche un segnale sbagliato, se gli Stati che hanno ottemperato ai loro obblighi finissero per penalizzare indirettamente le proprie imprese per il fatto che gli Stati inadempienti non subiscono cause – e noi sappiamo quali paesi non hanno ancora portato a termine il lavoro preparatorio.
Signor Commissario, la ringrazio molto, per aver inviato quello che considero un chiaro segnale del fatto che la nostra preoccupazione primaria, riguardo ai tempi di guida e di riposo, è la sicurezza, seguita in secondo luogo dalla concorrenza sleale. E’ per queste due dimensioni che l’intero settore dei trasporti è unito nell’appoggiare iniziative di questo tipo, poiché non è accettabile che, domani, in questo settore, siano quelli che non rispettano la legge a guadagnare più soldi. Con il sostegno della maggioranza, tutti i paesi adotteranno alla fine lo stesso approccio.
Ciò mi porta al secondo punto: in questo Parlamento possiamo elaborare e adottare le migliori direttive, ma è inutile se negli Stati membri non esiste la volontà di un controllo sistematico. Sono addirittura convinto che in molti campi non abbiamo bisogno di molte nuove leggi; abbiamo invece bisogno di semplificazione, in alcuni casi unita a una certa limitazione delle possibilità di interpretazione, in modo che i cittadini nei vari paesi sappiano cosa aspettarsi. Anche la migliore delle direttive sarà inutile senza la possibilità di controllo e di sanzioni. Vorrei quindi ringraziare anche la Commissione, che prenderà l’iniziativa in caso di violazioni di grave entità. Agiremo così sulla base del consenso. In ogni caso, vorrei chiedere a coloro che non fanno parte del gruppo PPE-DE di unirsi a me nel riconoscere che questo risultato costituisce un passo avanti.
Willi Piecyk, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, la nostra adozione oggi del regolamento sui tempi di guida e di riposo costituirà senza dubbio un passo avanti, in quanto sarà aumentato il tempo minimo quotidiano, sarà ridotto il tempo massimo di guida consentito, saranno introdotti i tachigrafi digitali con l’intenzione di impedirne la manipolazione e rendendo possibile controllare i 28 giorni precedenti; inoltre, il viaggio per raggiungere il luogo di consegna – in termini sia di distanza che di tempo impiegato – sarà ora calcolato come tempo di lavoro. Tutte queste misure costituiscono un progresso e il merito è anche del nostro relatore, onorevole Markov, il quale, fino alla fine dell’iter procedurale, si è impegnato in modo eccezionale per rappresentare i pareri del Parlamento. Per questo motivo la maggioranza del mio gruppo voterà a favore.
Va detto, tuttavia, che c’è una ragione seria per la quale io non voterò a favore del risultato della conciliazione: il rifiuto del Consiglio di creare un collegamento con la direttiva sull’orario di lavoro. Nonostante molte offerte di compromesso da parte del Parlamento, il Consiglio non ha ritenuto possibile fare concessioni su questo punto.
Il tempo di guida del conducente, comunque, include tutti le altre sue mansioni, come il carico e lo scarico, le riparazioni, la compilazione di moduli, tutti obblighi faticosi che quindi hanno un effetto diretto sulla sicurezza stradale. Per tale ragione, oltre ai tempi di guida e di riposo, occorre controllare il rispetto della direttiva sull’orario di lavoro. Deve quindi essere possibile punire e sanzionare le violazioni alla direttiva sull’orario di lavoro. Il Consiglio non è stato in grado di provvedere e ci deve una spiegazione in proposito.
Ci è voluta una settimana perché si chiarisse la ragione del rifiuto del Consiglio, quando è emerso che dieci Stati membri non hanno ancora attuato la direttiva sull’orario di lavoro, anche se il termine per il recepimento è scaduto nel marzo 2005. I dieci Stati membri in oggetto sono: Austria, Repubblica ceca, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Non stupisce che il Consiglio abbia respinto il collegamento tra tale direttiva e un altro atto legislativo. Avrei voluto che la Commissione ci fornisse queste informazioni all’inizio della procedura, poiché, a mio giudizio, il fatto che questa direttiva non sia stata attuata in dieci Stati membri avrebbe potuto orientare il nostro dibattito sull’argomento in una direzione lievemente diversa.
I tempi di guida e di riposo, gli orari di lavoro e i relativi controlli sono elementi di un tutt’unico. Il Consiglio ha scelto di ostacolarne il coordinamento e per questa ragione oggi voterò contro questo risultato.
Anne E. Jensen, a nome del gruppo ALDE. – (DA) Signor Presidente, signor Commissario, durante l’intero lavoro su queste due direttive il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa si è schierato a favore di un controllo più severo del rispetto delle regole sui tempi di guida e di riposo, e accogliamo con soddisfazione l’introduzione del tachigrafo digitale, poiché è necessaria un’attuazione più uniforme e coerente delle normative. Abbiamo bisogno di questo strumento in funzione della sicurezza stradale e per garantire condizioni eque di concorrenza per i vettori e i conducenti che rispettano le regole. Le violazioni della legislazione devono essere rilevate e i colpevoli puniti. Abbiamo espresso maggiore scetticismo, tuttavia, riguardo a modifiche significative alle regole sui tempi di guida e di riposo. E’ un dato di fatto che le regole sono complicate, ma sono consolidate e note ai conducenti. Se le cambiamo, dobbiamo cambiarle in meglio.
Con la conciliazione tra Parlamento e Consiglio ritengo, comunque, che abbiamo trovato un equilibrio ragionevole e il gruppo ALDE può sostenere il risultato raggiunto. Le regole sono state semplificate, il che significa anche che in certi casi stanno diventando meno flessibili. In futuro non sarà possibile suddividere il tempo di riposo quotidiano in periodi più brevi. Le regole imporranno un periodo di riposo quotidiano diviso in periodi di nove e tre ore. In cambio saranno ammorbidite su altri punti, prevedendo, ad esempio, maggiore flessibilità in relazione ai servizi di traghetto. Un altro punto importante è che le regole ora riguardano anche gli automezzi dei paesi terzi, che non rientrano nell’accordo AETR. E’ importante che gli autotrasportatori siano ben riposati, indipendentemente dal fatto che provengano dalla Danimarca o dall’Ucraina.
La questione del controllo dell’orario di lavoro dei conducenti è stata importante nei negoziati. Il gruppo ALDE si è opposto alla proposta di affidare alla polizia la responsabilità di controllare il rispetto delle regole che disciplinano l’orario di lavoro dei conducenti. Tale controllo è organizzato in modo molto diverso da un paese all’altro e questo è un fatto che dobbiamo accettare. Ciò non significa che non vogliamo l’applicazione della direttiva sull’orario di lavoro per i conducenti e inviterei la Commissione a controllare l’attuazione di tale direttiva e ad assicurare che tutti i paesi provvedano ai controlli e all’applicazione in modo uniforme, in modo da evitare distorsioni della concorrenza in questo settore. I proprietari di autobus e di pullman non saranno soddisfatti del risultato della conciliazione. Diventerà più difficile organizzare viaggi con questi mezzi di trasporto rispetto a quanto avviene attualmente, quando i conducenti possono rendersi disponibili per più di sei giorni di seguito. Mi rammarico del fatto che non siamo stati capaci di trovare una soluzione più flessibile in questo caso. Per il resto, sono soddisfatto del risultato complessivo, e ringrazio l’onorevole Markov e il relatore ombra per il loro impegno.
Il fatto è che la normativa riguardante i tachigrafi digitali è stata definita una farsa perché è rimasto a lungo incerto il momento della sua introduzione. Di fronte ad annunci di modifiche alle regole, i vettori si sono trovati in un vuoto giuridico. Penso che la farsa ora debba finire e concluderei quindi ponendo la seguente domanda al Commissario Barrot: intende garantire che quando, tra un anno, entrerà in vigore la nuova normativa sui tempi di guida e di riposo, si terrà conto dei problemi che comporta la conversione dei tachigrafi digitali dalle regole attuali alle nuove norme? Può garantirlo, signor Commissario?
PRESIDENZA DELL’ON. OUZKÝ Vicepresidente
Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i membri della nostra squadra – relatori e relatori ombra – meritano un sentito ringraziamento per la loro straordinaria cooperazione in una causa comune, la stessa che rappresentava l’intenzione originale della direttiva: eliminare, in Europa, gli incidenti del traffico pesante e la minaccia alla sicurezza stradale causata da conducenti che crollano improvvisamente per la stanchezza accumulata in lunghi periodi di guida, nonché lo scandaloso dumping sociale nel settore dei trasporti, che causa non solo concorrenza sleale tra paesi europei, ma anche tra questi e i paesi terzi, a danno di tutti coloro che agiscono onestamente e correttamente – anche nei confronti dei loro dipendenti.
Durante la procedura di conciliazione su questo tema, tuttavia, bisogna dire che ci siamo trovati davanti al muro eretto dal Consiglio, che ci ha reso impossibile compiere tutti i passi che davvero sarebbero stati necessari e utili. Il fatto è che la necessità di tenere conto, nel quadro dei controlli sui tempi di guida, anche degli altri periodi in cui il conducente lavora è di fatto ovvia e dovrebbe essere evidente a tutti. Se però vogliamo migliorare la situazione in generale, c’è un aspetto particolarmente importante, che si trova nella seconda parte del regolamento – mi riferisco a un controllo efficiente. Ora questo obbligo incombe agli Stati membri, che devono eseguire controlli più frequenti, in modo che gli scandali ai quali eravamo abituati nel settore dei trasporti e i gravi incidenti causati dalla stanchezza accumulata alla guida diventino finalmente un ricordo del passato.
Ciò che alla fine mi convince a sostenere la direttiva è la necessità di rafforzare questo controllo, perché si tratta di un fattore indispensabile. Sono convinta che abbiamo bisogno di queste regole se vogliamo conseguire certi miglioramenti, anche se non possiamo ancora contare sul necessario coordinamento con la direttiva sull’orario di lavoro. Altri punti criticabili riguardano, ad esempio, il fatto che alcune regole sono così complesse da risultare incomprensibili a chi non è iniziato ai loro misteri, o i tempi eccessivamente lunghi concessi per l’adeguamento dei controlli.
E’ stata comunque un’esperienza piuttosto spiacevole scoprire che, fino alla fine, il Consiglio non si è lasciato convincere dell’indispensabilità di misure mirate a rendere le nostre strade più sicure e ad affrontare la questione del dumping sociale. Comunque, siamo riusciti ad andare avanti, ma ora dobbiamo garantire che gli Stati membri attuino davvero i regolamenti e facciano qualcosa in questo campo.
Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, in passato gli Stati membri potevano regolamentare la sicurezza sulle strade e la sicurezza dei lavoratori nel settore dei trasporti su strada, ciascuno secondo le proprie modalità. Nella loro lotta per migliorare continuamente questa protezione, i gruppi di interesse bussavano alle porte dei legislatori nazionali. Oggi il traffico di merci a livello internazionale si è fortemente intensificato, coprendo centinaia e talvolta migliaia di miglia. Questo fatto rende problematiche in termini di concorrenza le differenze tra i regolamenti nazionali.
Le imprese che impongono ai loro dipendenti orari di lavoro prolungati sembrano essere in posizione di forza. In molti casi, non tengono conto del fatto che questo vantaggio è annullato da incidenti che causano la distruzione e la perdita di vite umane, veicoli e merci. In molti casi, le decisioni prese a livello centralizzato non favoriscono le organizzazioni che vogliono proteggere i posti di lavoro, l’ambiente e la sicurezza. Soprattutto, rafforzano la posizione di coloro che, nonostante l’opinione pubblica, considerano prioritari gli interessi delle imprese, la libertà imprenditoriale e una crescita economica sfrenata. E’ evidente anche in riferimento ai tempi di guida e di riposo.
I lavoratori possono essere costretti a lavorare oltre il limite massimo di ore di guida. Gli autocarri di minori dimensioni per servizi espressi sono esenti, il che significa che invece di un’interruzione di 12 ore i loro conducenti hanno diritto solamente a 11 ore. Il rispetto delle regole non è ancora controllato in modo adeguato. Già in quest’occasione avremmo potuto avere una legislazione migliore, invece, ancora una volta, dovrà essere messa in agenda per il prossimo futuro. Occorrerà inoltre prestare seria attenzione al nuovo problema delle imprese che in alcuni Stati membri non indennizzano il personale per i tempi di riposo obbligatori né rimborsano le spese essenziali sostenute per l’alloggio. A breve termine, questo compromesso rappresenta un piccolo miglioramento, specialmente perché si applicherà anche agli automezzi provenienti da paesi esterni all’Unione europea, e anche in considerazione del fatto che il tachigrafo digitale è più facile da controllare. Per questa ragione, nonostante le gravi obiezioni, il progetto merita un verdetto positivo.
Michael Henry Nattrass, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, l’Unione europea sta facendo pagare ai veicoli le strade che sono già state pagate con le tasse nazionali. L’Unione europea non si occuperà della manutenzione, perciò questa è una truffa. Camion e pullman pagheranno: truffa numero uno, un’imposta quotidiana di otto euro; più, truffa numero due, un’imposta annua fino a 1 400 euro; più, truffa numero tre, pedaggi basati sulle distanze percorse; più, truffa numero quattro, una maggiorazione urbana del 25 per cento in virtù dell’eurobollo; più, truffa numero cinque, 1 500 euro, secondo le stime, per installare il tachigrafo digitale; poi, truffa numero sei, patenti specifiche munite di fotografia – in poche parole, documenti d’identità; infine, truffa numero sette, non possiamo dimenticare i 3,5 miliardi di euro pagati dai cittadini dell’UE, giacché ogni veicolo sarà localizzato grazie a Galileo, la più grande cattedrale nel deserto mai esistita e destinata a crollare miseramente. Ma questo ridurrà la congestione e le emissioni? Gli autobus e pullman sono la prima categoria da prendere di mira? La risposta è no.
Cinquecento milioni di europei, molti dei quali anziani, hanno viaggiato in pullman nel 2005. Questa legislazione incoraggia i veicoli di minori dimensioni, che creano maggiori livelli di congestione, di emissioni e di spesa. Ma un’imposta sulle emissioni esiste già: si chiama tassa sui combustibili. E’ troppo semplice per l’Unione europea?
Tuttavia, il costo di tutto questo riguarda in realtà una fiscalità europea a favore di un’Europa centralizzata e il finanziamento di un satellite, non è così? Non ha niente a che fare con le strade.
Luca Romagnoli (NI). – Signor Presidente, onorevole colleghi, ringrazio l’onorevole Markov, perché ritengo abbia svolto un ottimo lavoro, anche in termini di mediazione. Io non sono d’accordo con il collega che mi ha preceduto, perché penso che l’armonizzazione delle garanzie sociali e della sicurezza su strada sia un compito importante di questo Parlamento e delle nostre istituzioni. Un compito che non sempre condivido anche se, a mio giudizio, quando si tratta di rafforzare la sicurezza nell’interesse dei cittadini europei occorre saper trovare un compromesso.
Vorrei solamente rilevare che, se da un lato l’equilibrio raggiunto dalla direttiva è ragionevolmente apprezzabile – un equilibrio che quindi in linea di massima condivido – dall’altro ci sono delle rigidità che, forse, potevano essere attenuate: mi riferisco in particolare a quelle che riguardano i tempi e le pause di lavoro, che seppur condivisibili, potevano essere maggiormente attenuate in termini di applicazione.
Mi sorge un’ulteriore perplessità – e qui mi rivolgo al Commissario Barrot – a proposito del tachigrafo digitale. So ad esempio che nel mio paese, l’Italia, si incontrano difficoltà nel reperire officine abilitate all’inizializzazione di tali strumenti. Mi chiedo se anche in altri paesi dell’Unione vi siano le stesse difficoltà. Il ministero italiano delle Attività produttive ha concesso in proposito una deroga agli autotrasportatori quanto alla certificazione dei tempi e delle velocità, proprio perché lo strumento non è ancora abilitato. Se il problema sussiste anche in altri paesi, mi chiedo come sia possibile intervenire per farvi fronte, altrimenti rischiamo di avviare un processo che alla fine non potrà essere attuato.
Georg Jarzembowski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, non sarà una sorpresa per l’onorevole Piecyk il fatto che considero falsa l’argomentazione con cui esorta a votare contro. Anche noi avremmo voluto un coordinamento con il controllo degli orari di lavoro, ma, se lei l’avesse avuta vinta la sera del 6 dicembre, non avremmo ottenuto nulla. Non avremmo avuto nessun risultato, dopo due anni spesi in negoziazioni, e questo a nostro giudizio sarebbe inaccettabile. In linea con il parere della maggioranza espresso questa mattina, sono del tutto favorevole ad aggiornare, modernizzare e semplificare i regolamenti in materia di sicurezza sociale a beneficio di tutti gli interessati, motivo per cui dobbiamo portare a buon fine questo progetto. Per questa ragione faccio appello a tutti i deputati al Parlamento affinché sostengano il compromesso nella votazione che si svolgerà oggi a mezzogiorno.
Tutto questo può essere riassunto in tre punti: migliore sicurezza stradale, migliori condizioni di lavoro per i conducenti e, soprattutto, un aiuto per le imprese di trasporti rispettose della legge a essere più competitive invece di rassegnarsi e guardare le imprese meno corrette che la fanno franca quando costringono i loro conducenti a orari di lavoro più lunghi rispetto al massimo consentito, semplicemente perché non sono controllate. Votiamo tutti, quindi, a favore del risultato che abbiamo ottenuto, che va a vantaggio di tutti – soprattutto di tutti coloro che usano le strade.
Signor Commissario, vorrei comunque soffermarmi su due punti. Per fortuna ora abbiamo risolto questo problema della data definitiva per l’introduzione del tachigrafo digitale. Facendo seguito a ciò che ha detto l’onorevole Romagnoli, la esorto a sollecitare seriamente gli Stati membri a garantire le infrastrutture statali e la disponibilità delle smart card per i conducenti, poiché la situazione attuale è inaccettabile; originariamente il tachigrafo digitale avrebbe dovuto essere introdotto nell’agosto 2004, ma abbiamo rinviato tale termine a maggio di quest’anno per il ragionevole motivo di renderlo più praticabile per il settore. Ora risulta invece che alcuni Stati membri non hanno ancora provveduto in tal senso, perciò forse si dovrebbe considerare l’opportunità di avviare nei loro confronti procedimenti legali.
Gary Titley (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto chiedere scusa all’Assemblea per l’imbarazzo causato dal mio connazionale, onorevole Nattrass, che chiaramente manca della capacità intellettuale necessaria per identificare il documento in discussione. Evidentemente pensava che si stesse parlando dell’eurobollo. E’ molto imbarazzante. Sappiamo che l’UKIP è in ritardo di 20 anni e risulta evidente anche in quest’Aula.
In primo luogo, la stanchezza uccide. Se analizziamo l’impegno imposto ai conducenti di questi tempi, con la congestione attuale e la cultura del just in time, ci rendiamo conto dello stress che subiscono questi lavoratori. Per questo motivo la misura in questione costituisce un passo avanti molto importante per la sicurezza stradale. Lo strumento essenziale è rappresentato dai tachigrafi digitali e la carta vincente è stata stabilire un termine molto più realistico dell’originale. In tal modo possiamo effettuare un controllo adeguato, e inoltre si tratta di un regolamento molto più semplice dei precedenti. Questa non mancherà di essere la chiave del successo.
Sono lieto che il Parlamento sia riuscito ad aumentare il numero di verifiche, ma tutto dipende dal controllo, dall’attuazione e dall’applicazione. Dobbiamo assicurarci che tutti gli Stati membri svolgano i controlli e occorre un coordinamento tra le autorità esecutive in tutti gli Stati membri. Spero che la Commissione sarà determinata nella verifica dei progressi compiuti in questo ambito.
Gli Stati membri potrebbero inoltre dare un contributo maggiore, oltre ad applicare le leggi. Le aree di riposo per i conducenti sono insufficienti; vi sono incentivi inadeguati per la formazione. Mi complimento per il lavoro fatto da Scania con il concorso “Conducente dell’anno” per promuovere la formazione. L’orario di lavoro è chiaramente parte integrante di questo processo e deve essere oggetto di controlli. Sono inorridito nell’apprendere che dieci Stati membri non hanno ancora attuato le relative disposizioni. Noi speriamo che la Commissione adotti azioni più efficaci. Dobbiamo sottolineare costantemente l’importanza di un’attuazione coerente. E’ compito della Commissione verificare che gli Stati membri stiano compiendo il loro dovere.
Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE). – (NL) Signor Presidente, abbiamo fatto molta strada. L’onorevole Jensen ha detto quello che c’era da dire. L’obiettivo era aggiornare, chiarire e, soprattutto, semplificare le regole esistenti nel campo dei tempi di guida e di riposo, anche al fine di garantire una concorrenza leale fra autotrasportatori, la sicurezza del traffico e gli interessi sociali dei lavoratori del settore dei trasporti su strada. I documenti precedenti hanno mancato completamente questo obiettivo.
Non veniva data sufficiente considerazione al fatto che l’aspetto davvero importante non era la normativa sui tempi di guida e di riposo quanto la sua applicazione e i modi diversi in cui veniva interpretata. Il merito va al relatore, onorevole Markov. Il suo impegno e il suo coinvolgimento sono stati straordinari e desidero ringraziarlo per questo. E’ una cosa che non mi si sentirà dire spesso, ma il fatto che l’accordo sul quale voteremo oggi possa essere considerato ragionevolmente accettabile, anche secondo gli standard liberali, è dovuto principalmente alla perseveranza del Consiglio durante i negoziati, perciò dissento con forza dall’onorevole Piecyk.
Infatti, lo scopo e la necessità di un certo numero di disposizioni contenute nel presente accordo possono ancora essere messi in discussione. Per esempio, il frazionamento del periodo di riposo quotidiano in tre ore più nove ore mi colpisce in quanto estremamente restrittivo. Analogamente, la regola del riposo di 45 ore nel fine settimana ogni due settimane non contribuisce certo alla flessibilità così disperatamente necessaria nel settore dei trasporti su strada. Mi sfugge completamente in che modo disposizioni così rigide possano contribuire alla sicurezza stradale o a migliorare le condizioni di lavoro. Il presente accordo quindi è forse lungi dall’essere perfetto, ma, ripeto, è accettabile. Almeno ora il settore sa quali sono le condizioni. Grazie a Dio, il periodo quotidiano di riposo è rimasto limitato a 11 ore. Il collegamento diretto con il controllo degli orari di lavoro è stato eliminato. I periodi settimanali più brevi di riposo possono ora essere rispettati anche a bordo del veicolo. Finalmente, cosa molto importante, ora c’è chiarezza su quando dovrà essere introdotto il tachigrafo digitale. In poche parole, la proposta non è perfetta, ma è accettabile, e io voterò a favore.
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, mi congratulo con l’eminente collega Helmuth Markov per l’impegno da lui profuso nell’elaborare questa relazione.
Detto questo, vorrei evidenziare due punti importanti: in primo luogo, il miglioramento delle condizioni di lavoro e dei diritti dei conducenti e, in secondo luogo, l’assunzione di responsabilità da parte degli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro sulla questione della sicurezza, cosicché sarà possibile migliorare ulteriormente le condizioni assicurative nel futuro immediato.
Comunque, va detto che, nonostante i positivi passi avanti, la situazione diffusa nel settore europeo dei trasporti non consente, purtroppo, di considerare assolutamente prioritario il valore della vita umana; in altre parole, non permette un controllo costante dell’applicazione di orari di lavoro umani per i conducenti né del rispetto delle regole di sicurezza alla fonte, alla radice della questione che stiamo discutendo, cioè nelle sedi centrali delle imprese.
Per questa ragione il Consiglio ha rifiutato anche la proposta che permetterebbe alle autorità di controllo degli Stati membri di eseguire ispezioni e di accertare in che misura i limiti stabiliti nella direttiva sull’orario di lavoro sono rispettati e di tenere conto dell’affaticamento dei conducenti conseguente alle operazioni di carico e scarico del veicolo e ad altri fattori.
Johannes Blokland (IND/DEM). – (NL) Signor Presidente, dopo più di 20 anni, la normativa in materia sociale nel settore dei trasporti su strada viene sottoposta a revisione. In questi 20 anni, tale normativa è stata presa, a pieno diritto, a fondamento dei programmi di trasporto delle imprese. Pertanto, in caso di modifiche occorre limitarne, ove possibile, gli effetti negativi. Durante i negoziati è rimasta incerta per molto tempo la possibilità di arrivare a un risultato positivo, ma l’accordo che ora abbiamo raggiunto è, a mio parere, sostenibile.
I principali elementi positivi sono costituiti, a mio giudizio, dal fatto che un certo numero di elementi è rimasto immutato. Mi riferisco in particolare alle 11 ore del tempo di riposo quotidiano e alla direttiva 2002/15/CE che è rimasta fuori dal pacchetto. Abbiamo anche ottenuto una data definitiva per l’introduzione del tachigrafo digitale. Ciò eliminerà gran parte dell’incertezza sull’uso di questo strumento e contribuirà auspicabilmente a introdurre misure di controllo più efficaci, e regole di controllo più severe concorreranno a migliorare l’efficacia del regolamento. Un’interpretazione e un’applicazione identiche delle regole in tutti i paesi sono essenziali per il buon funzionamento del mercato interno.
Lo status quo è stato migliorato, fra le altre cose, conferendo poteri adeguati agli ispettori e mediante accordi chiari sui criteri per le ispezioni e le notifiche. In generale, sarà introdotto un regime più severo; per definizione, ciò significa che nelle fasi di attuazione ne soffrirà la flessibilità. Comunque, sono convinto che gli accordi attuali contribuiranno in modo positivo a creare un settore sano e stabile; in fondo, tutte le parti coinvolte ne trarranno profitto. Per concludere, sono grato a tutti coloro che hanno partecipato al progetto, in particolare al relatore, per l’impegno e la perseveranza.
Ashley Mote (NI). – (EN) Signor Presidente, quando ho sentito per la prima volta che l’Unione europea voleva dirmi quante ore potessi lavorare ogni settimana, mi sono reso conto che il senno collettivo era andato perduto. E ora ci risiamo!
Queste restrizioni proposte per la gestione delle imprese di trasporto si basano su molti sostanziali presupposti del tutto ingiustificati. Si presume che i dirigenti non sappiano come organizzare al meglio le loro imprese e come equilibrare le esigenze dei clienti con le risorse di personale. Si presume che essi pensino che valga la pena rischiare – anche a livello penale – di far lavorare in modo eccessivo conducenti stanchi, nonché di rimetterci in termini di reputazione qualora fossero giudicati colpevoli. Si presume che gli autotrasportatori indipendenti non sappiano cosa è nel loro interesse.
Nell’ultimo mezzo secolo, un’ingegneria sociale di questo tipo ha dimostrato senza possibilità di dubbio di non funzionare. Quando capirete che il caos economico europeo è proprio causato da questo genere di interferenze? Questa proposta è come una mazza usata per rompere un noce e, proprio come per la direttiva sui servizi portuali, il suo posto è il bidone della spazzatura.
Dieter-Lebrecht Koch (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi chiedo quanto sia noto il regolamento europeo sui tempi di guida e di riposo ai cittadini della Turingia. Si tratta, senza dubbio, della legge più importante sulla base della quale devono operare i vettori e le compagnie di autobus d’Europa e ha avuto un’evoluzione durata una ventina d’anni. L’unico particolare è che è superata e burocratica; le apparecchiature di controllo vengono manipolate facilmente e i controlli non sono esenti da discriminazioni. Lisbona richiede globalmente migliori condizioni in termini di sicurezza stradale, di protezione sul lavoro, di opportunità per la concorrenza e di burocrazia ridotta ed è per questa ragione che accolgo con vivo favore il compromesso che, finalmente, è stato raggiunto.
Forse non tutti ne saranno soddisfatti, ma di certo non peggiora in alcun modo le condizioni esistenti nel sistema giuridico attuale. Siamo persino riusciti a concordare la frequenza dei controlli e una serie di sanzioni da imporre. Se, con il voto di oggi, adotteremo questo compromesso, confermeremo che l’Europa è davvero entrata nell’era digitale. Anche l’introduzione del tachigrafo digitale contribuisce a una maggiore chiarezza; a decorrere da maggio 2006, dovrà essere obbligatoriamente montato sui nuovi automezzi pesanti e sugli autobus, e i veicoli sprovvisti di tale strumento potranno essere sottoposti a fermo.
Gli Stati membri devono garantire un’agevole transizione dal sistema analogico a quello digitale. Riusciranno a realizzare questo ambizioso obiettivo? Se non lo faranno, emergeranno grandi complicazioni, ad esempio nel caso in cui un veicolo equipaggiato, secondo la normativa, con un tachigrafo digitale venga controllato in uno Stato membro in cui i funzionari non abbiano ancora a disposizione l’apparecchiatura di lettura corretta. Vi saranno problemi anche nei casi in cui non siano ancora stati conclusi accordi con gli Stati membri vicini.
Cosa faremo riguardo al conducente di un automezzo ucraino controllato a Bruxelles, ma che non ha mai sentito parlare di un tachigrafo digitale? E come possiamo aspettarci che siano controllati i conducenti europei in Turchia? Vi esorto a unirvi a me per chiedere che le normative AETR siano adeguate all’era digitale.
Gilles Savary (PSE). – (FR) Signor Presidente, la procedura è molto più rapida per i testi in materia di concorrenza che per quelli concernenti le disposizioni in materia sociale: a questo siamo abituati. Il testo che ci viene presentato oggi risale al 2001. Questo è quindi il risultato di un lungo iter legislativo che si è concluso con una procedura di conciliazione difficile e incerta, a causa della forte resistenza da parte degli Stati membri.
Voterò a favore di questo testo, che stabilisce norme minime, le quali, va detto, costituiscono un considerevole passo avanti, dato che in certi Stati membri i lavoratori del settore dei trasporti su strada guidavano fino a 70, 74 ore, mentre ora il tempo di guida sarà limitato a 56 ore; inoltre è un testo di convergenza sociale, che non impedisce di adottare misure migliori in ciascuno degli Stati membri, e che spero sia destinato a migliorare.
Comunque, mi dispiace molto per ciò che ha detto l’onorevole Jarzembowski a proposito dell’onorevole Piecyk. Ha voluto trattare la questione in modo ideologico e molto sgradevole. Mi dispiace perché l’onorevole Piecyk ha puntato il dito su un problema: l’assenza di controlli simultanei dei tempi di guida e dell’orario di lavoro. Così si potrà far circolare in continuo un automezzo pesante con tre conducenti sottopagati: uno alla guida, il secondo in pausa sul sedile accanto nella cabina e il terzo che usufruisce del tempo di riposo settimanale sul sedile posteriore, dietro l’autista. Questa è la realtà e credo che ci siamo lasciati sfuggire un grande testo sociale. Mi dispiace un poco, ma voterò comunque a favore.
Nathalie Griesbeck (ALDE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero subito associarmi ai ringraziamenti rivolti all’onorevole Markov per avere condotto a buon fine questa lunga e difficile epopea legislativa. Come la maggioranza dei colleghi, sono lieta che l’Unione europea si sia occupata della questione dell’armonizzazione delle disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, anche se resta ancora molto da fare.
Come sapete, sebbene l’Unione europea abbia timidamente – troppo timidamente – formulato politiche mirate a trasferire il trasporto di merci dalla rete stradale verso altri modi di trasporto, come auspicato anche dai cittadini, non si può che constatare che il trasporto su gomma è in costante aumento in tutto il territorio comunitario. In questo contesto, contrariamente a ciò che ha detto l’onorevole Mote, tutti i paesi europei di transito, segnatamente la Francia, sono particolarmente sensibili al miglioramento delle condizioni di lavoro degli autotrasportatori e della sicurezza stradale, ma anche all’eliminazione delle distorsioni di concorrenza e alla lotta contro il dumping sociale. Cito ad esempio le gravi difficoltà che incontra l’Alsazia per ridurre gli effetti catastrofici del traffico stradale in transito.
Per tornare all’argomento di oggi, è urgente – e su questo punto concordo con l’onorevole Savary – armonizzare le condizioni di lavoro dei vettori e le regole applicabili ai tempi di riposo e di guida. Lo scopo è quello di ridurre il numero di incidenti stradali dovuti all’affaticamento dei conducenti, anche se resta molto da fare, e di migliorare la sicurezza di tutti in Europa. Anche se, su questo punto, l’accordo concluso resta insufficiente, senza dubbio per il fatto che si tratta di un compromesso, le relazioni Markov prodotte dalle letture in Aula e dalle procedure di conciliazione costituiscono un progresso non trascurabile per la lotta contro il dumping sociale e nell’ottica di semplificare e chiarire la normativa destinata al settore dei trasporti su strada. Per tale ragione, alla fine, adotteremo questo testo.
In conclusione, spero che la Commissione europea svolga regolarmente studi di impatto per accertare che le misure che adotteremo oggi non solo siano sufficienti, ma anche e soprattutto che siano applicate e controllate, grazie, in particolare, all’utilizzo efficace dei tachigrafi digitali.
Jacky Henin (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, finalmente stiamo facendo un passo avanti, alla velocità di una lumaca, ma pur sempre un passo avanti.
Se c’è un settore in cui il dumping sociale e fiscale compie devastazioni e in cui è indispensabile l’intervento del legislatore, è proprio il settore dei trasporti su strada. Con i ritmi infernali imposti ai lavoratori di questo settore dal fenomeno del just in time, si può parlare a buon diritto di salario della paura. Un salario che è troppo spesso una paga oraria da fame, che spinge a calcolare le ore di guida in base alle distanze percorse, senza alcuna considerazione per la sicurezza e la salute propria e altrui. Penso anche ai piccoli imprenditori di questo settore che vivono nell’angoscia quotidiana del fallimento, vittime del dogma criminale della libera concorrenza priva di distorsioni, ben lontani oggi dagli ideali che li hanno portati a mettersi in proprio.
Esiste una sola legge, quella che impone di trasportare una merce da un punto a un altro nel modo più veloce ed economico possibile. Poco importano i rischi, tanto esistono le assicurazioni. Questa legge ha un nome: è la legge della giungla. Ora però è giunto il momento di agire affinché le nostre strade non somiglino più al far west. Mi dispiace che i testi finali, malgrado gli sforzi coraggiosi e tenaci dell’onorevole Markov, siano poco incisivi, ma costituiscono comunque un primo passo nella direzione giusta.
Alcuni dei nostri colleghi gridano al pericolo di una sorveglianza stile big brother quando si parla di utilizzare tecniche elettroniche per controllare il rispetto della regolamentazione. Parlano di minaccia alle libertà individuali, mentre qui si tratta di proteggere vite umane. Si direbbe che i vari terroristi sono i grandi padroni delle imprese europee, che violano le leggi sociali e incoraggiano il dumping fiscale e sociale tra le nostre nazioni, quei datori di lavoro che sono direttamente responsabili, ogni giorno, di decine di incidenti mortali sulle nostre strade. Allora, utilizziamo tutti i mezzi a nostra disposizione per garantire la sicurezza e permettere all’Unione europea di vivere tranquillamente.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, la tecnologia digitale è usata in un numero sempre più vasto di settori. Possiamo quindi sperare che anche il tachigrafo digitale farà ciò che promette. A mio parere il nuovo sistema va accolto con grande favore: in fondo, vuole essere, in combinazione con sistemi di informazione e di comunicazione, un semplice strumento di gestione della flotta, indispensabile per far rispettare i tempi di guida e di riposo dei conducenti professionali. L’obiettivo perseguito nel far ciò è quello di migliorare la sicurezza stradale e di impedire il dumping sociale.
Non dobbiamo illuderci, comunque: la conversione al digitale raggiungerà il suo obiettivo solo se ciò che è stato annunciato – controlli più frequenti, anche sull’efficienza del veicolo – verrà davvero messo in atto. Succede spesso che certi veicoli – ad esempio quelli provenienti dall’Europa orientale – non siano di fatto affidabili.
Se si considerano i numerosi e svariati modi in cui un apparecchio di controllo digitale può essere manipolato, la tecnologia digitale sembra apportare miglioramenti solo in una fase iniziale, ma credo che ben presto si troveranno nuove forme di manomissione. Certo, gli automezzi pesanti di nuova immatricolazione privi di tachigrafi funzionanti potranno essere tolti dalla circolazione dopo il maggio 2006, ma, in assenza di requisiti per l’adeguamento dei veicoli più vecchi, i vettori più furbi troveranno probabilmente un modo per avvantaggiarsene. Ci si domanda anche in quale misura si farà ricorso a veicoli autorizzati in altri paesi o si accorderà un trattamento preferenziale a imprese con sede in tali paesi. Speriamo che tutto questo non si riveli ancora una volta una buona idea che si trasforma in uno svantaggio competitivo per le imprese dell’Unione europea.
Corien Wortmann-Kool (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, consideriamo accettabile l’accordo sui tempi di guida e di riposo concluso dal Consiglio e dal Parlamento lo scorso dicembre, ma non è certo la soluzione ottimale. Il risultato della conciliazione era, in un primo tempo, inaccettabile per il relatore, ma personalmente l’ho considerato un miglioramento rispetto all’esito della votazione in seduta plenaria del Parlamento. Contiene una normativa prontamente applicabile sulle interruzioni – 11 ore di riposo invece di 12 – e permette ai conducenti di decidere dove dormire invece di far decidere il Parlamento al posto loro.
In generale, penso che la proposta sia accettabile, anche se contiene elementi di cui non sono soddisfatta. E’ troppo particolareggiata in certi punti e in particolare le opzioni per i viaggi di più giorni in pullman sono troppo restrittive. Vorrei chiedere al Commissario Barrot il suo parere al riguardo, perché questo causerà davvero problemi pratici.
Finalmente sappiamo con certezza quando saranno introdotti i tachigrafi digitali e sono lieta di constatare che il Commissario Barrot ha assunto nuovamente una linea molto ferma al riguardo. Signor Commissario, lei ha detto che non ci sarà un periodo di grazia dopo il maggio 2006 e noi la prendiamo in parola, poiché non accetteremo una situazione nella quale saranno controllati più severamente coloro che avranno debitamente montato il nuovo tachigrafo digitale rispetto agli automezzi privi di tale strumento. Spero quindi che passerà davvero all’azione.
Ewa Hedkvist Petersen (PSE). – (SV) Signor Presidente, ringrazio l’onorevole Markov per l’ottimo lavoro. In Europa abbiamo bisogno di strade più sicure e più adeguate. Attualmente, 43 000 persone muoiono ogni anno sulle nostre strade e sappiamo che, ogniqualvolta gli incidenti coinvolgono automezzi pesanti, le conseguenze sono disastrose. Dobbiamo fare tutto il possibile per ottenere strade prive di pericoli. La decisione che dobbiamo prendere riguarda di fatto una questione schiettamente europea. I vettori e i conducenti professionali operano spesso in vari paesi europei. Il loro lavoro quotidiano consiste nel trasportare merci e passeggeri in tutto il continente. La concorrenza è a livello europeo ed è quindi a livello europeo che dobbiamo creare condizioni simili di concorrenza e acquisire la capacità di controllare adeguatamente il rispetto della normativa.
Dobbiamo anche assicurare condizioni migliori per i conducenti professionali, condizioni che rendano la guida più sicura e meno rischiosa. Su questo oggi abbiamo l’occasione di decidere. Non otterremo tutto, ma faremo un piccolo passo avanti. Siamo anche preoccupati per l’introduzione dei tachigrafi digitali, una questione, a mio parere, molto importante. Attualmente, abbiamo tachigrafi che possono essere manipolati e che di fatto lo sono. E’ importante introdurre tachigrafi più sicuri, che contribuiscano a rendere la guida meno pericolosa per tutti noi, compresi coloro che della guida hanno fatto il loro mestiere. Propongo perciò di votare a favore di questa proposta di conciliazione.
Philip Bradbourn (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ho protestato in quest’Aula in ogni possibile occasione contro questo inutile atto legislativo. Ripeto ciò che ho già detto altre volte: queste proposte sono inattuabili, indifendibili ed è impossibile renderle esecutive. Dopo la lunga e lenta procedura di conciliazione, ci troviamo di fronte a un testo che continua a ignorare le realtà del settore dei trasporti di merci, della distribuzione e dei trasporti pubblici.
Ci viene detto che si tratta di una misura per la sicurezza stradale. Non è affatto così! I servizi di autobus nelle zone rurali – dove molte persone sono anziane e contano sul trasporto pubblico – saranno a rischio a causa della rigidità di questa proposta. In compenso, aumenteranno notevolmente i costi per i contribuenti locali, poiché le autorità pubbliche cercheranno di reperire fondi più consistenti, per non parlare del fatto che il settore interessato nel Regno Unito mi informa che ci vorranno almeno cinque anni prima che vi sia un numero sufficiente di conducenti addestrati per soddisfare i requisiti di questo regolamento.
Nel settore commerciale, i sistemi di consegna just in time – la spina dorsale del moderno approvvigionamento industriale – saranno messi in pericolo anche a causa della mancanza di conducenti. Non si tratta di illazioni, come indica un’indagine indipendente di oltre 500 imprese di trasporto nel mio collegio elettorale. Alcune imprese del settore stanno progettando di chiudere a causa dell’eccessiva regolamentazione dell’Unione europea. Posso garantire a ciascun deputato in quest’Aula che gli effetti negativi si rispecchieranno anche in altri Stati membri.
La Commissione dice continuamente che eliminerà la legislazione che impone una regolamentazione eccessiva e non porterà avanti altre proposte onerose. Questa è un’ulteriore occasione in cui la Commissione può dimostrarcelo. Abbiamo la possibilità di permettere alle imprese di gestirsi senza avere sempre la mano pesante di Bruxelles sulla spalla.
Vi esorto a respingere questa proposta per consentire alle imprese di autotrasporti o di trasporti pubblici di prosperare.
Inés Ayala Sender (PSE). – (ES) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Markov per il suo eccellente lavoro e mi compiaccio con tutti noi per aver raggiunto il migliore accordo possibile su una questione urgente e difficile, che implicava di migliorare la sicurezza stradale e le condizioni di lavoro dei conducenti, garantire la certezza giuridica e la concorrenza equa e dare finalmente il via al tachigrafo digitale.
A mio parere, è anche un accordo che ha realizzato la convergenza sociale di 25 Stati membri e questo è un ottimo segnale politico per eliminare gradualmente i rischi perturbatori del dumping sociale.
Capisco tuttavia la frustrazione dell’onorevole Markov, perché non è riuscito a utilizzare questa normativa come leva per compiere progressi sull’orario di lavoro. Ritengo comunque che sia una misura utile, e lo constateremo in futuro.
Come sempre in un buon accordo, quindi, sono stati in parte frustrati gli interessi particolari delle parti a vantaggio dell’interesse generale, ma la verità è che si sono compiuti progressi significativi in materia di interruzioni, di riposi giornalieri e settimanali e di orari settimanali, nonché nell’introduzione di controlli più frequenti e più severi e di sanzioni transnazionali. Inoltre, si obbligano gli Stati membri e si impegna la Commissione a internazionalizzare questi progressi nell’accordo AETR e, com’è ovvio, non ci sono scuse per ritardare l’introduzione del tachigrafo.
Siamo quindi riusciti a coniugare rigore e flessibilità, armonizzazione e sussidiarietà; in altri termini, è un miracolo – un miracolo laico, ovviamente.
Per concludere, appoggio le richieste dell’onorevole Markov alla Commissione affinché questa studi l’impatto degli autocarri di minori dimensioni sulla sicurezza stradale, promuova la cooperazione tra le autorità di controllo e svolga seminari con le parti sociali.
Infine, aggiungo una richiesta: vorrei che si studiasse l’impatto di questa normativa sulle condizioni dei conducenti e sulla garanzia di pari condizioni di concorrenza per i paesi periferici, come il mio.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, oggi abbiamo già sentito parlare molto degli obiettivi essenziali di questi due atti legislativi, sui quali voteremo tra poco: più sicurezza sulle principali arterie di traffico in Europa, rispetto delle regole sui periodi di lavoro e di riposo – con il conseguente miglioramento della tutela dei conducenti e dei loro diritti sociali – e concorrenza più leale in generale.
Essenzialmente, daremo una forma tangibile, nel quadro del diritto comunitario, agli obiettivi di entrambi questi documenti giuridici. Nei prossimi anni, la nostra principale preoccupazione dovrà essere la conformità a queste nuove norme e, in particolare, dovremo concentrarci su come controllare tale conformità. Anche se saranno primariamente gli Stati membri e le loro strutture amministrative a dover provvedere a questo, la Commissione dovrebbe riportare sulla retta via i trasgressori in taluni Stati membri – e ce ne saranno certamente – che trascurano tali doveri.
La direttiva prevede anche che la normativa abbia un altro scopo, che non è ancora stato propriamente menzionato oggi, ma che tuttavia dovremmo prendere in considerazione: la semplificazione delle nuove regole. Non so se sia servito a qualcosa aver puntato tanto su questo punto; sto già sentendo le solite lamentazioni riguardo alla mostruosità burocratica dell’Europa e so che riguardo ai benefici futuri di questa legislazione potremmo anche essere costretti a non dire niente o a dire troppo poco.
Dobbiamo quindi assicurare che le imprese di trasporto e i conducenti che lavorano per loro non considerino le regole e il relativo controllo una sorta di molestia burocratica e, invece di lasciare che le persone parlino solo dei mali dell’Europa, dobbiamo sempre spostare l’attenzione sul valore aggiunto che deriverà da una migliore sicurezza stradale.
Jan Andersson (PSE). – (SV) Signor Presidente, questa direttiva è in parte sulla salute e sulla sicurezza dei conducenti, in parte sulla sicurezza stradale e in parte sulla concorrenza leale. Sono stato il responsabile per il parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali e desidero ringraziare l’onorevole Markov per la sua costruttiva collaborazione. Ora penso che possiamo sentirci soddisfatti. Forse non abbiamo risolto ogni aspetto della questione, ma abbiamo una proposta valida sui tempi di guida e di riposo. L’introduzione del tachigrafo digitale è una buona proposta, che consentirà di migliorare il controllo.
Evidentemente esiste un problema rispetto alla direttiva sull’orario di lavoro, ma non possiamo dare la colpa a questa normativa. Il problema è che non è applicata abbastanza estesamente, e voglio dire alla Commissione e al Consiglio che anche il Consiglio deve accettare la proposta che abbiamo presentato in Parlamento riguardo a una nuova direttiva sull’orario di lavoro. Il problema è questo. Sarebbe quindi un errore votare contro la proposta. Dobbiamo invece considerarla un modo per esercitare pressione. In quest’Aula, ci siamo accordati su un regolamento costruttivo a tutela dei conducenti e ora è il momento di ottenere anche una direttiva sull’orario di lavoro che soddisfi le aspettative degli europei.
(Applausi)
Alejandro Cercas (PSE). – (ES) Continuo sullo stesso argomento del collega Andersen, perché come lui lavoro nella commissione per l’occupazione e voterò a favore, perché l’approvazione andrà a vantaggio anche di un altro fascicolo che ci preoccupa molto, vale a dire la direttiva generale sull’orario di lavoro, per la quale sono relatore.
E’ evidente che il lavoro svolto dall’onorevole Markov segna un progresso per quanto riguarda le condizioni sociali dei lavoratori del settore dei trasporti su strada e aumenta la sicurezza stradale, ma ha anche un legame molto importante con il dibattito generale in cui siamo impegnati contro chi vuole svuotare di ogni contenuto le leggi europee. Oggi voi e noi possiamo essere soddisfatti di un lavoro che stabilisce una legislazione per tutta Europa, una legislazione che non consente esclusioni né esenzioni o opting out; e approfitto della sua presenza, signor Commissario, per dirle che ora avrà sentito parlare gli euroscettici e l’estrema destra, ma attenzione, perché nell’altro fascicolo, quello dell’orario di lavoro, abbiamo nel Consiglio e nella Commissione persone che utilizzano gli stessi argomenti e parlano della libertà dei lavoratori di rimanere al di fuori delle leggi e della libertà degli Stati di escludersi dalle regole comuni che sono le regole della concorrenza leale.
Pertanto, io voterò a favore, perché questa normativa contribuirà notevolmente all’intero dibattito sulla legislazione europea in materia di orario di lavoro, che è essenziale per l’Europa del futuro.
Nikolaos Sifunakis (PSE). – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, l’esperienza ha dimostrato che la sicurezza nei trasporti su strada è di solito legata al fattore umano. Quante volte un tragico incidente sulle autostrade europee si è rivelato dovuto a un errore umano? E quante volte, in verità, l’errore è stato commesso da conducenti professionali di automezzi pesanti e di pullman costretti a lavorare in condizioni di affaticamento?
Di conseguenza, dobbiamo dare a queste persone la possibilità di guidare meno ore al giorno e alla settimana e di avere periodi di riposo più lunghi. Questo determinerà una riduzione degli incidenti stradali, specialmente quelli in cui sono coinvolti i pullman, che causano molte vittime. Nel mio paese, come altrove in Europa, si sono purtroppo registrati numerosi incidenti di questo tipo, specie di recente.
E’ quindi assai positiva un’armonizzazione di tali questioni a livello europeo, dato che, per definizione, il trasporto su strada oltrepassa i confini di uno Stato membro.
Abbiamo fatto uno sforzo enorme per convincere il Consiglio della correttezza delle nostre convinzioni. Purtroppo, non siamo riusciti a far passare tutte le nostre posizioni. Comunque, credo che dovremmo apprezzare i risultati dei nostri sforzi e, in futuro, approfondire ed esaminare tutte le questioni, come l’orario di lavoro complessivo dei conducenti professionali e, soprattutto, la conformità alle regole e il controllo della sicurezza.
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare il Parlamento per l’eccellente lavoro e rinnovare i miei ringraziamenti all’onorevole Markov.
Vorrei rispondere ad alcuni deputati, ricordando che il nostro obiettivo è l’adozione, nell’interesse dei conducenti e del settore, di norme sociali volte ad assicurare una maggiore sicurezza stradale. Gli automezzi pesanti, è vero, sono coinvolti solamente nel 6 per cento degli incidenti, ma il 16 per cento di questi incidenti è mortale. Infine, la normativa consentirà l’armonizzazione delle condizioni di concorrenza. Si tratta quindi di reali progressi.
Ho compreso pienamente certi oratori, in particolare l’onorevole Piecyk, che si sono rammaricati per l’assenza di un legame diretto con la direttiva sull’orario di lavoro. Ricordo che era quello che aveva proposto in origine la Commissione. Il Consiglio, purtroppo, ha respinto la proposta all’unanimità, e noi abbiamo reagito. Ho inviato dieci pareri motivati per inadempimento. E di fatto, signor Presidente, onorevoli deputati, controlleremo con molta cura l’applicazione di questi testi; provvederemo affinché vi sia un pieno coordinamento tra i vari strumenti. Preciso che, tra gli Stati membri che hanno ricevuto un parere motivato, l’Irlanda ha già regolarizzato la sua posizione. Se gli altri Stati membri non vi provvedono, la Commissione avrà ancora l’opzione di adire la Corte di giustizia.
Darò ora alcune risposte più precise. In risposta agli onorevoli Markov e Ayala, posso dire che lo studio sull’utilizzo degli automezzi di piccole dimensioni è in corso, che prevediamo di tenere quest’anno una riunione con tutte le parti interessate e, ancora una volta, che aumenteremo la sinergia tra questi testi e la direttiva sull’orario di lavoro dei conducenti.
L’onorevole Koch ha ricordato il problema dell’applicazione della legislazione al di fuori dei confini dell’Unione. Ci siamo impegnati a negoziare l’allineamento dell’AETR alla nostra legislazione. Intendiamo anche difendere l’Unione contro il dumping sociale e applicare il tachigrafo digitale anche ai conducenti AETR e a quelli provenienti dalla Russia, dalla Turchia e dai Balcani.
L’onorevole Griesbeck ha ricordato le deviazioni del traffico nella regione dell’Alsazia. La nuova direttiva eurobollo, adottata dal Parlamento e dal Consiglio, permetterà agli Stati membri di imporre pedaggi su questi tratti stradali alternativi.
PRESIDENZA DELL’ON. MOSCOVICI Vicepresidente
Presidente. – Invito i colleghi deputati a rispettare il silenzio entrando in Aula, in modo da poter ascoltare le interessanti risposte del Commissario Barrot. Vogliate quindi raggiungere i vostri posti in silenzio. (Applausi)
Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. – (FR) Le onorevoli Jensen e Wortmann-Kool hanno menzionato i problemi degli autobus. Il Parlamento era più aperto alle esigenze del settore, il Consiglio era di parere contrario, la Commissione era aperta alle due soluzioni, ma la conciliazione si è orientata nella direzione del Consiglio. Possiamo comunque riconoscere che la sicurezza ci guadagnerà.
Passo ora all’utilizzo del tachigrafo. Onorevoli deputati, sentirete parlare, a un certo momento, di questo strumento. La Commissione sta lavorando con i responsabili degli Stati membri per garantire un’introduzione coerente e armonizzata del tachigrafo digitale, sia sulle strade che nelle imprese. Onorevole Romagnoli, so che le officine italiane hanno accumulato ritardi, come in alcuni altri Stati membri. E’ una situazione spiacevole e abbiamo dato prova di comprensione. Ma il tachigrafo è un elemento essenziale per il rispetto della legislazione e per la sicurezza stradale, e se uno Stato membro non è pronto alla data che il Parlamento ha fissato, in accordo con il Consiglio, ebbene, glielo dico subito, non ci sarà un’ulteriore proroga. E’ una questione di coerenza e avvieremo quindi procedure di infrazione.
Onorevoli deputati, scusandomi di non poter rispondere a tutte le domande poste, vorrei ricordare i numerosi vantaggi del pacchetto legislativo.
(Il Presidente chiede ai deputati di fare silenzio)
Un limite chiaro ai tempi di guida settimanali, l’impossibilità di non rispettare le pause, un riposo quotidiano semplificato, riposi settimanali regolari, una politica di interpretazione e di applicazione uniforme del regolamento, un’extraterritorialità delle sanzioni e una maggiore responsabilità di tutta la catena del trasporto: ecco i principali progressi del regolamento. Quanto alla direttiva, essa permette di aumentare i controlli, sia sul terreno – a bordo strada, all’occorrenza – sia nelle sedi delle imprese, dove si concentreranno principalmente i controlli. Tutto ciò dovrebbe permettere di migliorare i controlli, di renderli efficaci e di assicurare una migliore cooperazione.
Spero che il brusio che ha accompagnato il mio intervento sia soltanto l’espressione di un’approvazione generale, anche se il Parlamento può nutrire un certo rammarico per non essere stato sostenuto totalmente dal Consiglio. Ringrazio, in ogni caso, il Parlamento per l’eccellente lavoro compiuto su questi due testi.
(Applausi)
Presidente. – Signor Commissario, grazie per il suo coraggio. Noto che gli applausi le sono giunti da tutti i banchi del Parlamento.
Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE). – (NL) Signor Presidente, non ho idea dell’articolo del Regolamento io possa appellarmi, ma è inaccettabile a mio parere che io non possa ascoltare la Commissione al termine di una discussione. Ho avuto molte difficoltà a sentire le osservazioni conclusive del Commissario. E’ stato chiesto più volte al Presidente di intervenire in proposito. Le chiedo nuovamente di garantire uno svolgimento e una conclusione normale della discussione prima di avviare la procedura di votazione.
Presidente. – Sono pienamente d’accordo con lei. Penso che questo abbia a che fare con l’autodisciplina dei parlamentari, che dovrebbero avere la cortesia e, aggiungo, soprattutto l’intelligenza di ascoltare fino alla fine le discussioni quando la Commissione si preoccupa di rispondere in dettaglio, come stava facendo poco fa il Commissario Barrot. Mi associo quindi al suo reclamo.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà alle 11.00.
5. Benvenuto
Presidente. – Vorrei dare il benvenuto, nella tribuna ufficiale, al signor Norbert Lammert, Presidente del Bundestag. Questa mattina il signor Lammert ha reso la sua prima visita al Parlamento europeo in seguito alle ultime elezioni del Bundestag. Gli porgo dunque, a nome di tutti noi, un cordiale benvenuto.
(Applausi)
6. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
7. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
8. Turno di votazioni
Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.
(Per i risultati dettagliati delle votazioni: cfr. Processo verbale)
8.1. Legislazione sociale nel settore dei trasporti su strada (votazione)
8.2. Armonizzazione delle disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (votazione)
8.3. Disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati (votazione)
– Prima della votazione
Jacques Toubon (PPE-DE), relatore. – (FR) Signor Presidente, vorrei solo dire che ritengo coerente la proposta della Commissione di mantenere, nell’interesse dei consumatori, gamme di imballaggio obbligatorie per alcuni prodotti di base, mentre non è coerente la posizione che consiste nell’accettare l’idea della Commissione di mantenere alcuni settori obbligatori, respingendo al contempo la proposta menzionata in precedenza.
Nell’interesse dei consumatori, e conformemente allo studio indipendente richiesto dal Parlamento europeo per la prima volta nella sua storia, raccomando pertanto di votare a favore di tutti gli emendamenti presentati dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che li ha adottati con 28 voti favorevoli e un’astensione.
8.4. Politica estera e di sicurezza comune – 2004 (votazione)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 6 sul paragrafo 9
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (EN) Signor Presidente, molto semplicemente, proponiamo che nella seconda frase si sostituisca “strategia” con “politiche”.
(L’emendamento orale è accolto)
– Prima della votazione sull’emendamento n. 4
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, esiste anche una versione scritta di questo emendamento e, con il consenso dell’autore, vorrei chiedere che, per motivi di chiarezza, vengano aggiunte solo le due parole “al fine”, in modo che il testo risulti il seguente: “al fine di creare le condizioni per una democrazia rappresentativa”.
(L’emendamento orale è accolto)
– Dopo la votazione sull’emendamento n. 4 sull’introduzione di un nuovo paragrafo 28 bis
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, l’autore della relazione in esame, onorevole Brok, che non ha potuto partecipare alla votazione odierna, mi ha chiesto di proporre di aggiungere un nuovo paragrafo, ossia il paragrafo 28, che ritengo sia stato concordato con gli altri gruppi politici. In ogni caso, signor Presidente, leggerò la versione inglese:
(EN) “acknowledges that the United Nations has asked the European Union to contribute to the security of the upcoming elections in the Democratic Republic of Congo by means of a military mission; asks the Council to carefully examine the existing possibilities;” (“riconosce che le Nazioni Unite hanno chiesto all’Unione europea di contribuire alla sicurezza delle prossime elezioni nella Repubblica democratica del Congo per mezzo di una missione militare; chiede al Consiglio di esaminare attentamente le possibilità esistenti;”).
(L’emendamento orale è accolto)
– Sul paragrafo 38
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, le informazioni che mi sono state comunicate riguardo all’emendamento precedente provenivano in effetti dall’onorevole Brok. In questo caso specifico, si tratta di un semplice adeguamento delle informazioni contenute nel paragrafo 38, con cui si eliminerebbe quanto segue:
(EN) “e di preparare le elezioni generali previste per il 15 dicembre 2005”, sostituendolo con “sulla scia delle elezioni generali tenutesi il 15 dicembre 2005”.
(ES) Si tratta di un semplice adeguamento, in quanto la relazione non era aggiornata.
(L’emendamento orale è accolto)
8.5. Lotta contro la violenza a danno delle donne (votazione)
– Sul paragrafo 4, lettera b)
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, vorrei fornire una spiegazione. Le vittime di atti di violenza, soprattutto quando si tratta di aggressioni sessuali, spesso subiscono danni che sono psicologici più che fisici. Per garantire che il personale interessato fornisca un’assistenza adeguata, propongo un emendamento che risponde a questa esigenza. Al paragrafo 4, lettera b) del testo si legge, cito in inglese,
(EN) “providing proper training, including a child’s perspective, to the staff of competent bodies dealing with men’s violence against women, such as police officers, judicial personnel, health personnel, educators, youth and social workers and prison staff;” (“prevedendo una formazione adeguata, anche per quanto riguarda l’infanzia, del personale in forza presso gli organi che si occupano di violenza degli uomini contro le donne, quali ufficiali delle forze dell’ordine, personale giudiziario, personale sanitario, educatori, animatori per la gioventù, assistenti sociali e personale penitenziario;”).
Propongo la seguente modifica: “providing proper training, specifically psychological, including a child’s perspective (...)” (“prevedendo una formazione adeguata, in particolare psicologica, anche per quanto riguarda l’infanzia (...)”). Il relatore si è detto d’accordo su tale formulazione.
(L’emendamento orale è accolto)
8.6. Parità tra le donne e gli uomini nell’Unione europea (votazione)
8.7. Applicazione della direttiva postale (votazione)
8.8. Risultati delle elezioni in Palestina e situazione in Medio Oriente, nonché decisione del Consiglio di non rendere pubblica la relazione su Gerusalemme Est (votazione)
– Prima della votazione
Alessandro Foglietta (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei semplicemente sottolineare la presenza di errori formali e sostanziali per quanto riguarda la traduzione del testo italiano. Ad esempio, al paragrafo 3, quarta riga, nel testo italiano si legge “riconoscere chiaramente lo Stato di Israele”, mentre il testo inglese fa riferimento al “diritto di esistere dello Stato di Israele”. Chiedo quindi che sia effettuata questa correzione che io ritengo indispensabile. Lo stesso dicasi al paragrafo 10, dove si parla di “raccomandazioni concrete e positive” mentre nel testo inglese figurano solamente “raccomandazioni concrete” e non positive.
Presidente. – La versione inglese è quella che fa fede. Verificheremo tutte le altre versioni e correggeremo eventuali errori.
– Prima della votazione sull’emendamento n. 1
Vytautas Landsbergis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei proporre un emendamento minimo, in quanto riguarda una sola parola, ma molto sostanziale. Nella terza riga si legge “l’esortazione ad Hamas di dare prova di coerenza”. Questo potrebbe essere frainteso e interpretato come un’esortazione a essere coerenti nella distruzione di Israele. Sarebbe molto meglio sostituire “coerenza” con il termine “cooperazione”. Dovremmo esortare Hamas a dare prova di “cooperazione”.
(L’emendamento orale è accolto)
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE). – (ES) Durante il negoziato tra i vari gruppi politici, è stato concordato che non sarebbero stati presentati emendamenti, mentre invece due gruppi politici lo hanno fatto.
Vorrei dire, signor Presidente, che, a mio avviso, l’emendamento orale su cui abbiamo votato, un emendamento molto sensato proposto dall’onorevole Landsbergis, non avrebbe dovuto essere posto in votazione prima che si votasse sull’emendamento del gruppo Verde.
Ritengo, signor Presidente, che si debba innanzi tutto votare sugli emendamenti così come sono stati presentati e quindi vedere se è opportuno un emendamento orale dell’onorevole Landsbergis.
Presidente. – Per quanto riguarda la votazione precedente, avevamo acconsentito alla presentazione dell’emendamento orale, che però è stato respinto.
8.9. Posizione dell’UE nei confronti del governo cubano (votazione)
– Prima della votazione
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, nella risoluzione comune, alla quale non sono stati presentati emendamenti, vi è un errore di cui gli altri gruppi politici sono a conoscenza, in quanto al paragrafo 3 si afferma che è stata modificata la posizione comune del Consiglio, mentre non è vero: sono state modificate le misure complementari sulla posizione comune del Consiglio.
Al paragrafo 3, anziché “obiettivo principale dei cambiamenti apportati dal Consiglio nel gennaio 2005”, si deve leggere “i cambiamenti apportati alle misure complementari sulla posizione comune del Consiglio”.
Presidente. – Si tratta di correzioni tecniche che saranno effettuate.
8.10. Dichiarazioni di gestione nazionale – Responsabilità degli Stati membri relativamente all’esecuzione del bilancio dell’Unione europea (votazione)
– Prima della votazione
Terence Wynn (PSE). – (EN) Signor Presidente, intervengo ai sensi dell’articolo 108 del Regolamento. Stiamo per votare su una risoluzione che è stata presentata in risposta a un’interrogazione orale rivolta al Consiglio ieri sera. E’ molto importante per il Parlamento cercare di garantire che il denaro dei contribuenti sia gestito e controllato in modo corretto negli Stati membri.
L’interrogazione orale conteneva sei domande specifiche, ed è stata rivolta verbalmente un’ulteriore domanda, ossia: il Consiglio ne discuterà con il Parlamento? La Presidenza ha parlato per dieci minuti, ma non ha risposto ad alcuna delle sette domande. Nel chiedere ai deputati di sostenere questo testo nella sua interezza, se mi è consentito vorrei invitare il Presidente a chiedere al Consiglio se possiamo ricevere le risposte per iscritto.
(Applausi)
Presidente. – Questo va da sé, onorevole Wynn. La Presidenza ha il compito di assicurare per quanto possibile che le decisioni del Parlamento siano eseguite e rispettate dal Consiglio. La richiesta sarà pertanto trasmessa al Consiglio.
8.11. Risorse della pesca nel Mediterraneo (votazione)
Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.
Gyula Hegyi (PSE). – (HU) Ho votato con grande piacere a favore dell’atto legislativo sulle condizioni di lavoro dei conducenti che operano nel settore dei trasporti su strada. Approvo l’introduzione, per i conducenti, di periodi di riposo minimo, e ritengo altrettanto importante verificare l’effettiva applicazione di tali norme. Tuttavia, va sottolineato che l’incremento dei trasporti su strada è in contraddizione con il principio fondamentale dello sviluppo sostenibile. Lo spreco energetico, il grave inquinamento atmosferico, il deterioramento delle strade e del territorio sono dirette conseguenze dell’aumento del traffico di autocarri. Per questo l’Unione europea dovrebbe cercare di sviluppare mezzi di trasporto alternativi. Oltre a migliorare le condizioni di lavoro dei conducenti, dovremmo anche occuparci della situazione di chi vive in città e paesi attraversati giorno e notte da camion in corsa.
David Martin (PSE), per iscritto. — (EN) Accolgo con favore questa nuova normativa, che si propone soprattutto di rafforzare e migliorare la legislazione in materia sociale nel settore dei trasporti su strada.
Vorrei richiamare quattro elementi principali. Il testo stabilisce che ogni nuovo veicolo deve essere equipaggiato di tachigrafo digitale e definisce “periodo di riposo giornaliero normale” ogni periodo di riposo della durata di almeno 11 ore consecutive, da dividere, in alternativa, in due periodi. Inoltre, si è trovato un accordo sulla nuova definizione di “tempo di guida”, così come sulle norme dell’Accordo europeo riguardo alle prestazioni lavorative degli equipaggi dei veicoli addetti ai trasporti internazionali, che verranno allineate con quelle della normativa. Infine, il progetto di risoluzione stabilisce che deve essere rispettato un orario massimo di lavoro settimanale di 60 ore.
Nel complesso, sono persuaso che questo atto legislativo potrà dare un significativo contributo all’incremento della sicurezza stradale in Europa.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione dell’onorevole Markov su cui il Parlamento ha votato oggi solleva molte questioni per i paesi europei geograficamente periferici, come Portogallo, Spagna e Grecia.
Sono consapevole degli sforzi compiuti durante tutto il periodo dei negoziati. Credo inoltre che la questione dovrebbe essere risolta non solo migliorando la sicurezza stradale sulle autostrade europee, ma anche assicurando, in tutti gli Stati membri, l’equità economica relativamente allo sviluppo e all’espansione del settore dei trasporti su strada.
La lettura di questi testi mi ha portato a concludere che, a dispetto degli sforzi compiuti dai negoziatori, le proposte sono state elaborate per gli autotrasportatori dell’Europa centrale, che percorrono tendenzialmente distanze più brevi.
In qualità di deputato eletto per il Portogallo, non posso quindi far altro che votare contro queste disposizioni, e devo rilevare che per giungere al completamento del mercato interno è necessario tener conto anche dei paesi in cui i trasporti avvengono su lunghe distanze, nonché rispecchiare gli interessi di tutti gli Stati membri, senza eccezioni.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per scritto. – (PT) Gli eurodeputati del partito comunista portoghese, insieme alle associazioni dei lavoratori impiegati nei trasporti autostradali e urbani, hanno condotto una lunga campagna a favore dei diritti lavorativi dei conducenti professionali, allo scopo di assicurare il rispetto degli orari di lavoro e dei periodi di riposo previsti per legge, ed evitare che il mostro sacro della concorrenza, con la sua insaziabile voracità, intacchi quei diritti.
Come hanno messo in rilievo i sindacati, sebbene il regolamento appena adottato possa migliorare in alcuni paesi le condizioni sociali dei lavoratori, non tiene conto delle disposizioni dei contratti collettivi di lavoro vigenti in Portogallo, riguardo all’organizzazione dell’orario di lavoro, la determinazione dei periodi di riposo minimi giornalieri e settimanali e al monitoraggio dell’applicazione di tali norme.
Tra i vari aspetti trattati, il regolamento insiste nel mantenere separati i due concetti di “tempo di guida” e “orario di lavoro”, penalizzando così i lavoratori. Per di più, il “nuovo” concetto di periodo di riposo ridotto rende più difficoltoso il compito di monitorare il rispetto dei periodi di riposo minimo, e aumenta la probabilità che le giornate e le settimane lavorative dei conducenti vengano oberate di lavoro. Ci auguriamo pertanto che l’adozione di questo regolamento non sia un (falso) pretesto per giustificare (indebitamente) nuovi attacchi ai diritti dei lavoratori.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Il regolamento relativo all’armonizzazione delle disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada si prefiggeva lo scopo di introdurre norme unitarie, da tempo necessarie, rispetto alle condizioni di lavoro e alla sicurezza del traffico stradale. Resta ancora da vedere se, grazie al presente accordo, la condizione sociale dei conducenti interessati migliorerà effettivamente. Nel settore dei trasporti su strada si è finalmente arrivati a stabilire periodi di guida e periodi di riposo unitari, tuttavia il documento definitivo non include alcuni aspetti a mio avviso importanti, tra cui riferimenti accurati alla direttiva sull’orario di lavoro.
Deploro profondamente che il regolamento oggi approvato non preveda divieti per la retribuzione dei conducenti in base alla distanza percorsa e alla quantità di carico: ho sostenuto vivamente l’importanza di tale misura, come mezzo fondamentale per migliorare le condizioni sociali dei conducenti di camion. Ciò che realmente tutela gli interessi di ogni lavoratore è la retribuzione fissa, e credo che vi abbia diritto anche il personale impiegato nel settore dei trasporti.
La decisione di introdurre norme sociali uniformi nei trasporti su strada europei è, in termini generali, condivisibile, ma se considero i miglioramenti che mi ero aspettato inizialmente per le condizioni dei conducenti, il risultato ci fa tornare con i piedi per terra. Per questo non posso fare altro che respingere entrambe le proposte.
Karin Scheele (PSE), per iscritto. – (DE) Nonostante l’armonizzazione delle norme sociali europee nel settore dei trasporti su strada sia in generale auspicabile, è anche necessario migliorare le condizioni sociali dei conducenti. Poiché in questo caso tale obiettivo non è stato raggiunto, ho votato contro entrambe le proposte.
Il regolamento relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada si prefiggeva lo scopo di introdurre norme unitarie, da tempo necessarie, rispetto alle condizioni di lavoro dei conducenti e alla sicurezza del traffico stradale. Nel settore dei trasporti su strada, si è finalmente arrivati a stabilire periodi di guida e periodi di riposo unitari; tuttavia il documento definitivo non include alcuni aspetti a mio avviso importanti, tra cui riferimenti accurati alla direttiva sull’orario di lavoro.
Purtroppo, il regolamento oggi approvato non prevede divieti per la retribuzione dei conducenti in base alla distanza percorsa e alla quantità di carico, nonostante la retribuzione fissa rappresenti la principale tutela degli interessi di ogni lavoratore e spetti naturalmente anche al personale impiegato nel settore dei trasporti.
James Hugh Allister (NI), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato contro una proposta della Commissione che mira ad armonizzare e ricondurre al sistema metrico decimale le unità di misura dei prodotti alimentari, compresi pane e latte. Tale direttiva avrebbe decretato la fine della misurazione britannica in pinte, per il latte in bottiglia, e modificato la misura standard del nostro pane.
Oltre a imporre un’uniformità priva di senso, entrambi i provvedimenti avrebbero comportato spese enormi, nel Regno Unito, per i panificatori e gli operatori dell’industria del latte, per il necessario rinnovo delle attrezzature. Avevo incontrato alcuni rappresentanti dell’industria del pane nell’Irlanda del Nord, e nutrivo forti dubbi circa l’intollerabile e costosa imposizione che si prospettava.
Per questo sono molto lieto che il Parlamento europeo abbia rifiutato questo punto dell’ultima folle proposta di Bruxelles.
Lena Ek e Cecilia Malmström (ALDE), per iscritto. – (SV) Se si vuole creare un mercato ben funzionante in Europa, bisogna anche salvaguardare gli interessi dei consumatori. Le correzioni apportate dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori alla proposta legislativa della Commissione recante disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati non sono tuttavia atte a creare tale situazione. Il relatore ha proposto alcune norme che regolamentano l’imballaggio, per esempio, di burro, latte, pasta e riso. Credo che i consumatori europei debbano poter scegliere tra vari prodotti, e non riconosco alcun valore intrinseco ad una legislazione che mette al bando le confezioni svedesi di latte attualmente in commercio, che contengono, per esempio, 300 ml di latte. Oggigiorno, i consumatori sono in grado di decidere da soli cosa acquistare comparando i prezzi. Dobbiamo promulgare leggi che migliorino le condizioni di base della concorrenza e garantiscano maggior protezione ai consumatori, ma occorre, come ambisce fare anche la Commissione, abolire le norme superflue. Per questo ho votato a favore di una legislazione europea più agile, che si focalizzi sugli aspetti realmente importanti, invece di introdurre norme superflue, che comportano costi superflui per l’industria alimentare.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) In generale, la proposta di direttiva su cui l’Assemblea ha votato oggi in prima lettura si inserisce nell’ambito del processo di semplificazione della legislazione in materia di mercato interno, sostenuta dalla Commissione. Obiettivo della proposta è raccogliere in un unico atto la legislazione esistente e abrogare (o deregolamentare) tutte le dimensioni d’imballaggio esistenti.
In alcuni settori specifici, tuttavia, verrà mantenuta la regolamentazione in vigore, che si basa sull’armonizzazione totale. Secondo la proposta, gamme obbligatorie potrebbero essere giustificate per settori molto specifici, in cui la normativa comunitaria ha già fissato dimensioni obbligatorie armonizzate: vale a dire vino, alcolici, caffè solubile, prodotti sotto forma di aerosol e zucchero bianco.
Il Parlamento ha anche specificato che la presente direttiva non si applicherà al pane preconfezionato, ai grassi spalmabili, né al tè, cui continueranno ad applicarsi le disposizioni nazionali sulle quantità nominali. In tutti gli altri settori si potranno confezionare e potranno essere acquistati prodotti in una gamma potenzialmente infinita di dimensioni.
Nella relazione si osserva inoltre che per alcuni altri prodotti alimentari di base, quali caffè, burro, sale, riso, pasta e latte alimentare, andrebbero mantenute le gamme obbligatorie in vigore, in deroga alla liberalizzazione.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La relazione presenta una proposta di deregolamentazione ma, al tempo stesso, di armonizzazione delle dimensioni consentite dei prodotti preconfezionati. Da un lato, relativamente al mercato interno, l’esistenza di dimensioni unitarie potrebbe costituire, in definitiva, un vantaggio per il consumatore. Dall’altro, però, la relazione contiene una proposta di regolamentazione comunitaria dettagliata e di vasta portata.
Uno degli emendamenti approvati dalla commissione parlamentare competente asserisce che taluni studi effettuati dalla Commissione dimostrano che i prezzi unitari non sono utilizzati né compresi dai consumatori in modo generalizzato. In una certa misura, tale affermazione dichiara i cittadini degli Stati membri incapaci di badare ai propri interessi, testimoniando così uno spiacevole atteggiamento nei confronti della popolazione.
Oggi ho votato contro la relazione, poiché implica la regolamentazione in un ambito rispetto al quale le decisioni non andrebbero prese a livello europeo, bensì dai singoli Stati membri.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Accolgo con piacere l’obiettivo di semplificazione della legislazione perseguito dalla Commissione. Uno dei più gravi ostacoli all’efficacia economica negli Stati membri dell’Unione europea è rappresentato dall’eccessiva legislazione e dalla regolamentazione esageratamente complessa − in altre parole, da quella che potremmo chiamare lentocrazia.
Sono favorevole alla proposta di semplificazione e liberalizzazione, che è stata in certa misura stemperata dalla natura cautelativa degli emendamenti proposti dal Parlamento. Nei casi in cui è apparso chiaro che la liberalizzazione non avrebbe giovato, o addirittura avrebbe agito contro l’interesse dei consumatori, sono state poste alcune limitazioni. Per questo ho votato a favore della direttiva.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Alcune delle proposte avanzate dalla Commissione avrebbero avuto conseguenze negative per numerose industrie dell’Unione europea, in particolare l’industria del whisky in Scozia; per questo sono lieto che la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori vi abbia apportato diversi cambiamenti, che sostengo con piacere. Il mercato interno ha costituito un enorme vantaggio per i produttori dell’Unione europea, e noi abbiamo l’obbligo di garantire che quei vantaggi restino in primo piano.
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, al momento sono in corso due gravi crisi che richiedono la nostra completa attenzione e disponibilità, e che non si possono allontanare con belle parole, come quelle pronunciate dall’attuale Presidenza austriaca del Consiglio.
In primo luogo, dobbiamo prendere atto della vittoria elettorale di Hamas in Palestina, che va evidentemente accettata come espressione democratica del volere della popolazione. D’altra parte, però, Hamas è un movimento che non ha ancora rinunciato all’uso della violenza e, al contempo, il popolo palestinese ha più che mai bisogno dell’aiuto europeo, anche di natura finanziaria. Nell’evenienza che Hamas formi il nuovo governo, si dovrà ovviamente esigere che rinunci alla violenza.
Passando alla questione iraniana, è auspicabile che non sia troppo tardi per tentare la soluzione che privilegiamo, ossia quella diplomatica, da concordarsi naturalmente con Russia e Cina. Dal momento che l’Iran sembra disposto ad avviare trattative con la Russia circa l’arricchimento dell’uranio, dovremmo percorrere in primo luogo questa strada; allo stesso tempo, però, è importante prendere posizione contro la cooperazione nucleare tra Stati Uniti e India, che sembra confermare il giudizio negativo di Teheran sugli Stati Uniti, definiti un’“autoproclamata polizia mondiale” la cui condotta è, per giunta, ipocrita.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò a favore della relazione dell’onorevole Brok relativa alla politica estera e di sicurezza comune. Abbiamo assistito allo sviluppo successivo, in Europa, dell’unione industriale, socioeconomica e monetaria. Oggi l’Unione europea è più grande degli Stati Uniti, con 451 milioni di abitanti, ed economicamente più forte. Eppure nel mondo non parliamo ancora a una sola voce.
Ciò di cui l’Europa ha bisogno, e che sarebbe in grado di darle quella voce, è una politica estera e di sicurezza comune. Con la relazione Brok ci muoviamo nella direzione giusta. Ci saranno molti scontri sui vari dettagli di una simile politica, ma ne abbiamo assoluto bisogno, e dobbiamo realizzarla.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Ancora una volta, figura all’ordine del giorno una relazione sulla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, o PESC. E’ ferma convinzione dei membri della Lista di giugno che i problemi relativi alla politica estera e di sicurezza non debbano essere affrontati dall’Unione europea, bensì dai singoli Stati membri.
La relazione prevede inoltre che il Parlamento europeo debba essere consultato all’inizio di ogni anno, nel momento in cui vengono definiti gli orientamenti comuni della politica estera e di sicurezza. In tal modo, il Parlamento cerca di arrogarsi maggior potere, manovra alla quale la Lista di giugno si oppone.
Per le ragioni summenzionate, oggi ho votato contro la relazione.
Richard Howitt (PSE), per iscritto. – (EN) Il gruppo socialista al Parlamento europeo non può che elogiare la relazione dell’onorevole Brok che, con l’impegno a favore di un’efficace PESC, pone l’accento sulla soluzione dei conflitti, la lotta contro la povertà e il rispetto dei diritti umani. Ringraziamo il relatore per le condoglianze espresse in merito agli attentati di Londra. Nondimeno vorrei che fosse messo a verbale anche il nostro sostegno alle norme commerciali e di assistenza a Cipro Nord, più che il contenuto dell’emendamento n. 1, oltre al dissenso che da anni manifestiamo rispetto alle spese militari che gravano sul bilancio generale della Comunità europea.
David Martin (PSE), per iscritto – (EN) Accolgo con favore la presente relazione, che stabilisce il diritto del Parlamento a essere consultato più seriamente e a svolgere un ruolo più attivo nella politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea e nella politica europea in materia di sicurezza e di difesa. La relazione della commissione per gli affari esteri stabilisce le priorità necessarie per prevenire i conflitti e sviluppare una cooperazione internazionale basata sul rispetto dei diritti umani e sul diritto internazionale.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della presente relazione perché mi riconosco nel suo contenuto generale, sia in relazione a quelli che sono − o dovrebbero essere − i principali motivi di preoccupazione a livello internazionale, sia rispetto alle indispensabili priorità dell’Unione europea al riguardo.
Sebbene non condivida del tutto alcune delle opinioni espresse nella relazione, soprattutto rispetto a questioni istituzionali, ritengo tuttavia che la concezione generale che ne emerge sia quella giusta. Credo inoltre che il ruolo internazionale dell’Unione europea dipenda più dall’azione pratica e dalla nostra capacità di individuare le preoccupazioni comuni che dalle discussioni sui modelli teorici da adottare. In politica estera la realtà è, di norma, più potente di qualsiasi riflessione teorica.
Infine, noto con piacere una maggior concordia tra i partner transatlantici, e credo che questo costituisca un passo avanti fondamentale sulla via della pace, della democrazia e del benessere mondiali.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il gruppo conservatore può appoggiare alcune disposizioni della relazione, come l’esortazione a mantenere l’embargo sulle vendite di armi alla Cina, a riprendere i negoziati tra Israele e Palestina e a far sì che i governi africani rispettino gli impegni assunti nei confronti della democrazia e dello Stato di diritto.
Tuttavia, la relazione contiene anche molte proposte alle quali il mio gruppo si oppone fermamente. In generale, cerca di estendere il campo d’azione della politica estera e di sicurezza comune a tutti gli ambiti della politica estera nazionale. Il paragrafo 4 elenca impudentemente le misure adottate “per anticipare l’applicazione di talune disposizioni del nuovo trattato costituzionale relative alla PESC/PESD”, malgrado i caldeggiati rifiuti che sono stati opposti alla Costituzione. Il paragrafo 10 considera erroneamente “la difesa interna come una componente fondamentale della strategia dell’Unione europea in materia di sicurezza”, mentre essa è dominio esclusivo dei governi nazionali. La NATO, che da oltre mezzo secolo costituisce il fondamento della difesa europea e l’organizzazione chiave per quanto riguarda la gestione delle crisi internazionali tramite l’intervento di forze armate, viene a malapena menzionata nella relazione, il cui paragrafo 12 fa ricadere in modo fuorviante il ruolo della NATO entro il “quadro della politica estera e di sicurezza europea”. Ci opponiamo anche all’idea di una missione militare dell’Unione europea nella Repubblica Democratica del Congo e alla creazione di un fondo comunitario per la difesa.
Per questo nella votazione finale ci siamo astenuti.
Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della relazione. Interpretiamo che, con il concetto di “reddito minimo”, che appare al paragrafo 4, lettera f), s’intenda un ragionevole standard di vita garantito, in quanto siamo ben disposti verso un ragionevole standard di vita garantito, ma contrari a stipendi minimi regolati dallo Stato.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) La delegazione dei conservatori svedesi oggi ha scelto l’astensione nella votazione sulla situazione attuale nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future. Non siamo stati in grado di sostenere la relazione perché tenta in misura eccessiva di assoggettare al processo decisionale comunitario aree di competenza nazionale. Siamo fermamente convinti che, sulle questioni riguardanti la parità tra uomini e donne e sulle politiche in materia di criminalità, le decisioni vadano prese dagli Stati membri, che occupano la posizione migliore per prendere decisioni in tali ambiti. I conservatori hanno aperto la strada a livello nazionale per quanto riguarda molte delle misure discusse nella relazione.
Riteniamo che lo Stato debba adempiere il suo compito primario, e cioè proteggere le persone dagli attacchi criminali, indipendentemente dal sesso della vittima e del perpetratore. Dovremmo porre l’accento sulla responsabilità del singolo autore di violenza anziché procedere sulla base di una visione della società che riduce la responsabilità dell’individuo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento deve esprimere la propria preoccupazione in merito alla violenza contro le donne. Si tratta di un fenomeno che riguarda donne di ogni età, livello d’istruzione e retroterra sociale, benché alcune forme di violenza siano fortemente legate alla povertà e all’esclusione sociale.
Sosteniamo la raccomandazione che gli Stati membri si orientino alla tolleranza zero per tutte le forme di violenza contro le donne, il che implica attuare metodi efficaci di prevenzione e punizione nonché misure volte a sensibilizzare al problema e a contrastarlo.
Non va dimenticato che la violenza degli uomini contro le donne è un fenomeno associato alla distribuzione iniqua del potere tra i sessi, il che rappresenta di per sé un ulteriore motivo per cui simili crimini non sono stati sufficientemente denunciati e condannati.
Accolgo con favore l’adozione – seppur solo parziale – di alcune delle proposte che abbiamo presentato, soprattutto il riconoscimento che la povertà e l’emarginazione sono cause che stanno alla base dell’aumento del traffico di donne e che la prostituzione non equivale a un lavoro.
Deploro tuttavia che sia stata respinta la proposta che mirava a fornire le risorse necessarie per sviluppare programmi efficaci per l’integrazione di donne implicate nella prostituzione, allo scopo di ridurre gradualmente e infine eliminare la prostituzione.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Condivido molte delle opinioni della relatrice al riguardo. E’ estremamente importante sensibilizzare il pubblico degli Stati membri su tali argomenti. Ho votato a favore della relazione perché non raccomanda espressamente una legislazione a livello comunitario. Numerose raccomandazioni vengono presentate sia alla Commissione che agli Stati membri allo scopo di combattere la violenza contro le donne. Credo che in definitiva siano i parlamenti nazionali a dover intraprendere ogni misura necessaria in merito alla questione.
Filip Andrzej Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La violenza contro le donne è un’esperienza traumatica, non solo per le donne stesse, ma anche per i loro figli, i parenti e persino per coloro che tentano di aiutare le vittime. Ne ho fatto esperienza personalmente. Una volta ho accompagnato in macchina all’ospedale e alla polizia una donna che era stata picchiata dal marito. In quell’occasione sono stato colto da un’emozione che probabilmente le donne provano spesso. Era rabbia impotente. Si prova questa stessa rabbia sentendo che la polizia ha riportato un ubriacone condannato per maltrattamenti alla famiglia a casa dell’ex moglie, giustificando il proprio operato con il pretesto che l’ultimo domicilio registrato dell’uomo era la casa dell’ex moglie.
Alcuni anni or sono nella mia città natale è accaduta una tragedia. Un uomo è uscito da uno dei centri in cui si portano gli alcolizzati a smaltire l’ubriacatura. Questi centri non sono prigioni. L’uomo è riuscito a camminare per un paio di chilometri, ha ucciso la moglie e ne ha buttato il corpo fuori dalla finestra. Non voglio che accada più nulla di simile.
La violenza non è una questione domestica. Non si può mai giustificare o percepire in termini relativi. L’intera società deve prendere posizione contro la violenza. Non possiamo permettere che il problema sia messo in secondo piano o sottovalutarne l’importanza per la società, né tanto meno possiamo sminuire la portata del fenomeno.
Mi sono espresso a favore della relazione Carlshamre perché siamo tenuti a fare tutto il possibile per eliminare la violenza contro le donne. Il principio di tolleranza zero non è sempre necessario, ma in quest’occasione è davvero indispensabile.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Io e i miei colleghi del partito conservatore britannico deploriamo ogni violenza contro le donne. In realtà, deploriamo la violenza contro l’altro sesso perpetrata da entrambi i sessi, o da chiunque contro chiunque altro. Crediamo inoltre che le donne debbano essere protette da atti di violenza e che i responsabili di tali atti debbano incontrare il pieno rigore della legge.
Ci siamo tuttavia astenuti dal voto sulla relazione, poiché si tratta di un’occasione sprecata per affrontare un grave problema. Il linguaggio aggressivo rappresenta un limite per l’importante messaggio che la relazione tenta di trasmettere.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la presente relazione, che riafferma che la violenza degli uomini contro le donne è una violazione dei diritti umani e che chi commette tale violenza deve essere perseguito con la stessa energia cui si ricorre nei casi di violenza ai danni degli uomini. Vi è una discrepanza tra il modo in cui i crimini violenti vengono trattati e puniti a seconda del sesso della vittima. Il fatto che la violenza sia commessa in un ambiente pubblico o privato non dovrebbe incidere sul modo di affrontarla in quanto reato penale.
Pur ammettendo che la dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1993 è stata un’importante pietra miliare per il riconoscimento del problema della violenza domestica contro le donne, questa relazione sottolinea giustamente che, in ambito comunitario, si può fare di più.
Sostengo in particolare l’invito a procedere a un’analisi approfondita delle dimensioni del problema in seguito agli studi condotti in tre paesi comunitari, che dimostrano che il 40-50 per cento delle donne nel corso della loro vita sono state oggetto di violenza da parte di un uomo. Nell’Unione europea abbiamo il dovere di riconoscere e assicurare i diritti delle donne alla vita e all’incolumità fisica nel rispetto dello Stato di diritto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Le questioni relative ai diritti delle donne si annoverano tra i problemi scaturiti dalla massiccia influenza di altre culture su cui, per decenni, si è chiuso un occhio a causa di un’idea sbagliata di tolleranza. Dai fatti, soprattutto dalla realtà che una donna su quattro nell’Unione europea subisce violenza da parte di un familiare maschio, che metà degli omicidi totali viene commessa all’interno della famiglia e che si compiono mutilazioni genitali su circa 500 000 donne, emerge con chiarezza che è tempo di iniziare a porre freno una volta per tutte a tali fenomeni.
Pertanto non si può che provare vergogna di fronte al fatto che in questa nostra Unione europea, a quanto pare, è possibile adottare regolamenti sulla curvatura dei cocomeri e delle banane, ma non si riescono definire norme uguali per tutti su come va punita la violenza contro le donne. Non è meno patetico quando pubblici funzionari chiudono un occhio su casi di poligamia o assumono persino un atteggiamento ad essa favorevole, incoraggiando ulteriormente la violazione dei diritti umani.
Per quanto sia lodevole per la Presidenza del Consiglio rispondere a questo stato di cose dichiarando l’intenzione di fare di più in difesa dei diritti delle donne, non basta far sì che dottori, insegnanti e poliziotti diano un briciolo di informazioni in più. Il problema fondamentale riguarda i modelli di ruolo presentati agli uomini; se quelli della nostra società occidentale sono di natura competitiva, il che non è assolutamente una situazione ideale, quelli dell’ideologia musulmana si spingono fino a rendere esemplare l’odio per le donne. Dobbiamo iniziare da questo punto.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Almeno un terzo delle donne nel corso della vita subiscono un’aggressione fisica o sessuale. E’ la cifra allarmante tratta dall’eccellente relazione della mia collega del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, onorevole Maria Carlshamre.
Di fronte all’escalation di violenza contro le donne e al fatto che sta diventando un fenomeno quotidiano, esiste una sola risposta, decisa e adeguata: tolleranza zero, che la violenza abbia luogo all’interno o al di fuori del matrimonio.
L’Europa ha inoltre affrontato le proprie responsabilità al fine di combattere questa forma di violenza che affligge le donne di ogni gruppo sociale. Nell’ambito del programma DAPHNE II, per il periodo 2004-2008 sono stati destinati 50 milioni di euro alla protezione di quelle donne che tra noi corrono maggiori rischi. Si tratta di una cifra simbolica, perché tutti sappiamo bene che, se si vuole che siano efficaci, le politiche di prevenzione e di sostegno alle vittime vanno condotte su base nazionale.
Pertanto è inquietante apprendere che, ogni anno, tra i cinque e i dieci milioni di bambini vedono e sentono accadere simili atti inumani.
Ritengo quindi essenziale che i 25 apparati legislativi penali d’ora in avanti considerino vittime sia i bambini che le loro madri.
La nostra società da troppo tempo sottovaluta la gravità degli atti di violenza contro le donne. Dobbiamo porre fine a tale codardia.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Ho numerose e profonde ragioni per sostenere questa relazione. Per la maggior parte delle persone nella società la violenza contro le donne è un abominio, ma sappiamo che esiste.
La violenza tra persone che si conoscono, ad esempio tra partner, va affrontata con estrema serietà da parte delle autorità. Sono favorevole alle azioni proposte per favorire i cambiamenti, soprattutto in materia di traffico e di violenza domestica.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’ottima relazione della collega, onorevole Edite Estrela, sulla parità tra uomini e donne nell’Unione europea, e sono lieto che sia stata adottata quasi all’unanimità dal Parlamento europeo.
La parità di opportunità fa parte dei grandi principi repubblicani della Francia e sostengo che debba essere rispettata a livello europeo conformemente, ad esempio, al Trattato di Roma che istituisce la Comunità europea e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Qualsiasi disuguaglianza fondata sul genere delle persone è fonte di ingiustizia, violenza sociale e incomprensione tra i nostri concittadini. L’Unione europea ha il dovere di garantire la parità di trattamento degli esseri umani, che è fonte di armonia, pace e progresso. In questo modo, l’Unione europea darà a tutto il mondo un chiaro esempio a favore dei valori umani che difendiamo e che insieme costituiscono uno dei pilastri dell’integrazione europea.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) La delegazione dei conservatori svedesi ha deciso oggi di astenersi nella votazione sulla parità tra uomini e donne nell’Unione europea. Noi conservatori vogliamo lottare contro la mancanza di libertà derivante dalle disuguaglianze e dai pregiudizi, tuttavia non spetta all’Unione europea definire quali misure devono essere adottate negli Stati membri o da altri attori della società. Non possiamo pertanto sostenere la relazione, che avanza numerose proposte che costituiscono un’ingerenza in settori di competenza degli Stati membri, come ad esempio le proposte relative alle strutture per la custodia dei bambini, a proposito delle quali esistono ampie differenze tra le tradizioni e le caratteristiche culturali distintive degli Stati membri.
La relazione sconfina inoltre in settori che neppure gli Stati membri dovrebbero regolamentare, ad esempio per quanto riguarda la valutazione da parte dei partiti politici di strategie per favorire l’inserimento di un maggior numero di donne nelle loro strutture. Nella relazione vengono tuttavia trattate altre importanti questioni, quale la necessità di raccogliere dati statistici comparabili in materia di retribuzioni di uomini e donne e di lotta contro le discriminazioni.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore della relazione in esame in quanto ne sosteniamo il contenuto, pur sapendo che si tratta solo di un’altra dichiarazione di intenti da parte del Parlamento europeo contro le politiche già esistenti, che, in alcuni casi, mettono in discussione la parità di diritti e aggravano le discriminazioni, ad esempio nel mercato del lavoro.
Accogliamo con favore l’adozione di una proposta che invita la Commissione a informare il Parlamento in merito ai progressi compiuti nei vari Stati membri, in particolare per quanto riguarda l’attuazione della piattaforma d’azione di Pechino, non da ultimo nel campo della salute riproduttiva e sessuale, e a pubblicare dati statistici su tutti gli Stati membri.
Auspichiamo inoltre che l’Istituto europeo per l’uguaglianza tra uomini e donne sia dotato delle risorse necessarie per fornire un contributo positivo alla promozione della parità di diritti e per garantire che le donne siano trattate con la dignità che meritano.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo la relazione d’iniziativa della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere sul futuro della strategia di Lisbona in merito alla prospettiva di genere. Concordo sul fatto che occorra adottare misure per promuovere l’occupazione femminile e per ridurre le ineguaglianze che permangono tuttora tra donne e uomini.
La relazione sottolinea le disparità ancora esistenti in ambiti fondamentali come l’occupazione, il divario salariale, l’istruzione e la formazione lungo tutto l’arco della vita. Inoltre stabilisce i modi in cui è possibile conciliare con successo la vita professionale con quella familiare e privata.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Occuparsi della parità fra uomini e donne significa innanzi tutto essere consapevoli di quanta strada è stata fatta nel corso di oltre un secolo dai tempi delle prime lotte per l’emancipazione femminile, ma significa anche considerare quanto si debba ancora fare perché la parità di genere diventi parte integrante della vita quotidiana.
Ecco perché questo pomeriggio sono lieta per l’adozione della relazione Estrela, che mette in evidenza varie forme di discriminazione di cui sono vittime le rappresentanti del sesso femminile e che pertanto costituiscono altrettante sfide da raccogliere. Per citarne solo un paio: un divario di retribuzione stimato al 16 per cento e un tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 24 anni che ristagna, malgrado in quella fascia d’età il livello d’istruzione delle donne sia più elevato.
Rimuovere gli ostacoli che si frappongono all’accesso delle donne nel mercato del lavoro vuol dire ovviamente realizzare un numero sufficiente di strutture pubbliche e private per bambini piccoli, e ciò almeno fino al raggiungimento dell’età della scuola dell’obbligo. Vuole anche dire mettere in pratica la parità dei diritti parentali. Per garantire tutti questi miglioramenti nella vita quotidiana della gente, l’Unione deve battersi per gli standard più elevati, puntare in alto e ambire al successo dei paesi scandinavi in materia di misure relative all’eguaglianza di genere.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il Partito comunista greco ha votato contro la relazione, perché si serve dei problemi sociali delle classi lavoratrici per accelerare ed estendere le ristrutturazioni capitaliste i cui effetti si ripercuotono su entrambi i sessi.
Per combattere la disoccupazione femminile si propone di estendere le “forme flessibili di occupazione”. In mancanza di strutture assistenziali pubbliche, viene proposto di trasferirne l’onere sulla famiglia, ma in modo paritario. In altre parole, anche gli uomini dovrebbero fare ricorso all’occupazione a tempo parziale per sopperire alla mancanza di assistenza statale nella procreazione e di assistenza agli anziani e ai disabili Ciò comporterebbe in definitiva, per le famiglie delle classi lavoratrici, l’impossibilità di fare fronte alle necessità fondamentali.
La cosiddetta abolizione della discriminazione tra i sessi sul posto di lavoro è stata usata come alibi per revocare diritti derivati dalle esigenze specifiche delle donne, esigenze che sono legate alla loro funzione riproduttiva.
Condanniamo, in quanto fuorviante, il dibattito sul cambiamento della composizione del potere in base al genere. Non è il genere a determinare la politica. Il potere della plutocrazia non cambierà se ci sono più donne nelle istituzioni che la servono.
I problemi delle donne hanno origine nel sistema capitalista che sfrutta donne e uomini, servendosi del genere e dell’età per estendere la politica capitalista a entrambi i sessi.
Le fondamenta per la parità si possono gettare solo nel quadro del potere dei gruppi di base, in cui la rispettiva ricchezza si ottiene attraverso la produzione e i beni prodotti.
Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) A proposito del voto sulla direttiva postale, ritengo sia particolarmente importante menzionare la necessità di mantenere la garanzia del servizio universale. Il completamento del mercato interno dei servizi postali deve tenere conto non solo dell’importanza economica del settore, ma anche della sua dimensione territoriale e sociale insostituibile.
I servizi locali prestati dalle poste in ogni Stato membro svolgono un ruolo sociale rilevante al quale non dobbiamo rinunciare. Dobbiamo quindi prestare particolare attenzione alla dimensione territoriale e sociale delle reti postali quando siamo chiamati a prendere decisioni sulle riforme del settore, ricordando l’impatto di vasta portata che tali decisioni possono avere quando i servizi postali sono completamente aperti alla concorrenza. Considero quindi fondamentale che lo studio previsto esamini se le disposizioni della direttiva postale sono sufficientemente chiare per quanto riguarda gli obblighi relativi al servizio universale e se stabilisce un quadro adeguato per gli Stati membri.
Non dobbiamo mettere in pericolo l’obiettivo fondamentale della direttiva di garantire a livello comunitario servizi postali territoriali e sociali minimi di qualità e a prezzi accessibili.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La liberalizzazione dei servizi postali rientra nella cosiddetta “strategia di Lisbona” e mira ad aprire il settore al capitale privato. L’obiettivo finale è la privatizzazione di questo servizio pubblico, cominciando dalle sezioni più proficue e “ovviamente” continuando a essere sostenuto dal finanziamento pubblico (si prenda ad esempio il modello applicato nella gestione degli ospedali).
La lotta dei lavoratori del settore e della popolazione – mi riferisco in particolare alle numerose manifestazioni contro la chiusura di uffici postali e per avere la garanzia della distribuzione postale – è riuscita a rinviare e in qualche caso a bloccare questo processo in alcuni dei suoi aspetti più gravosi.
La presente relazione del Parlamento europeo intende valutare le conseguenze della liberalizzazione attuata sinora negli Stati membri dell’UE, prima di nuove iniziative della Commissione mirate ad approfondirla.
La relazione non critica l’attuale processo di liberalizzazione, né ne evidenzia le conseguenze negative, come la chiusura di punti di accesso, la riduzione della distribuzione quotidiana a domicilio e la diminuzione dei livelli di occupazione; anzi, fa proprio il contrario. Non mette in discussione la liberalizzazione del settore nel 2009, ma difende invece l’apertura del settore e la supremazia della concorrenza.
Pertanto il nostro voto è contrario.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) L’anno 1997 segnò l’inizio del processo di liberalizzazione del mercato postale europeo, il cui obiettivo era creare un mercato aperto accessibile a ogni prestatore di servizi in quelli che ora sono 25 Stati membri.
I servizi postali nazionali risposero alla pressione derivante dal processo di liberalizzazione incominciando a modificare le proprie strutture e a riposizionarsi.
Nonostante tutti questi progressi, l’attuazione della direttiva a livello nazionale deve essere esaminata da vicino. Ad esempio, è inaccettabile che la legislazione postale austriaca imponga sanzioni sproporzionatamente alte a chi omette di installare nuove cassette postali alla propria abitazione. Non si può dare la colpa di questo alla direttiva postale europea del 2002, poiché quest’ultima non prevedeva tali sanzioni a livello nazionale. Un’attuazione di questo tipo delle direttive incoraggia l’atteggiamento di scetticismo dell’opinione pubblica nei confronti dell’Unione europea e la convinzione che la responsabilità per questo stato di cose è di Bruxelles e di nessun altro.
Chiedo alla Commissione di verificare l’attuazione della direttiva postale, con lo scopo in particolare di evitare l’imposizione a livello nazionale di sanzioni sproporzionate che mettono in pericolo il funzionamento del mercato postale. Dovrebbe essere considerata una priorità da esaminare nel quadro del prossimo studio.
Poiché questa relazione di iniziativa avanza tale richiesta, l’accolgo con favore.
– Proposta di risoluzione: Situazione nel Medio Oriente (RC-B6-0086/2006)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La situazione è estremamente complicata, ma i risultati delle elezioni non devono essere usati per minare il diritto inalienabile del popolo palestinese alla libertà, a uno Stato sovrano indipendente con Gerusalemme Est come capitale e alla resistenza contro l’occupazione. Né vanno usati per mettere in forse gli aiuti finanziari all’Autorità palestinese, aiuti che sopperiscono alle più basilari necessità di quel popolo, o per alimentare il crescente coinvolgimento militare degli Stati Uniti in tutta l’area del Medio Oriente. E’ d’importanza cruciale dimostrare solidarietà all’eroica lotta del popolo palestinese e del movimento nazionale palestinese.
Infine vorrei esprimere la mia delusione perché la maggioranza parlamentare ha respinto gli emendamenti presentati dal nostro gruppo che invitavano Israele a rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite e le raccomandazioni della Corte internazionale di giustizia, e cercavano di portare in cima all’elenco delle priorità l’esigenza di porre fine all’impasse nel processo di pace, all’occupazione militare, agli insediamenti, al muro, agli omicidi, alle detenzioni, al rifiuto di liberare i prigionieri, alla violenza cui il popolo palestinese è sottoposto e al drammatico degrado delle sue condizioni di vita.
(Dichiarazione di voto abbreviata conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sulla situazione in Palestina. Sebbene sia giusto invitare Hamas a riconoscere Israele e a porre fine al terrorismo, non dobbiamo mettere in discussione l’esito di elezioni democratiche libere e regolari. L’Unione deve continuare a fornire assistenza al popolo palestinese e mantenere il proprio impegno quale membro del Quartetto nella promozione della “roadmap per la pace”.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Quando la democrazia produce un risultato indesiderato, c’è la tentazione di condannare la possibilità che un simile esito possa verificarsi. Ciò è comprensibile, ma di scarsa rilevanza. Quello che la democrazia deve cercare di fare è agire con efficacia per impedire che la gente aderisca a tali movimenti.
E’ tutt’altro che sicuro che ci sia democrazia in Palestina, nonostante le regolari elezioni che si sono svolte, ed è di questo che dobbiamo preoccuparci. La democrazia e lo Stato di diritto, che comportano, inter alia, la coesistenza pacifica con altri paesi senza desiderare la distruzione dei propri vicini e, naturalmente, l’eliminazione del terrorismo, devono essere la pietra angolare della nostra politica relativa a questa parte del mondo.
A prescindere dall’attuale natura del movimento che ha vinto le elezioni palestinesi, l’importante ora è chiedere che il futuro governo dell’Autorità palestinese rispetti gli accordi internazionali e i principi richiesti per la coesistenza pacifica dei due paesi; altrimenti sarà impossibile aiutare i palestinesi. Benché questo risultato rifletta la volontà della gente, le conseguenze potenziali restano gravissime.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) La vittoria di Hamas è stata determinata dalla volontà democratica del popolo palestinese, e benché io abbia presentimenti inquietanti riguardo alle politiche di tale organizzazione, non c’è dubbio che Hamas rappresenti il governo legittimo. L’aiuto col quale l’Unione contribuisce al processo di pace può, anzi deve, essere subordinato al proseguimento delle iniziative per la pace. Se smettessimo di fornire assistenza adesso rischieremmo di inimicarci un’organizzazione con cui l’Unione deve restare impegnata. Credo che, continuando a esercitare pressioni, la Comunità contribuirà al raggiungimento di una soluzione a lungo termine. Non possiamo venire meno ai nostri impegni adesso a causa dell’avversione nei confronti di singoli partner con cui siamo obbligati a collaborare.
James Hugh Allister (NI), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato a favore della risoluzione congiunta su Cuba, anche se avrei preferito che questo documento dichiarasse espressamente il rammarico per il ritiro delle sanzioni avvenuto nel 2005.
Essendo una comunità fondata sull’imperativo dell’egemonia marxista, non sorprende che Cuba sia un bastione della repressione, dove si schiaccia il dissenso e si nega la libertà.
Il fatto che il Sinn Fein/IRA continui ad avere una rappresentanza a Cuba dà un’idea significativa della realtà totalitaria e marxista che si nasconde dietro la facciata democratica di questo paese. Questa realtà è stata smascherata nel 2001 quando, com’è noto, proprio il rappresentante del Sinn Fein/IRA, Niall Connolly, organizzò assieme ad altri l’ignominioso addestramento dei guerriglieri del FARC in Colombia.
Il ritiro delle sanzioni nel 2005 da parte dell’Unione si è rivelato un fallimento assoluto. Gli abusi contro i diritti umani sono aumentati, non diminuiti. Come sempre, gli estremisti marxisti, siano essi Castro o il Sinn Fein, si limitano a intascare le concessioni e ad andare avanti imperterriti. Penso che a questo punto abbiamo imparato la lezione e che sia ora di ridare nerbo alla nostra posizione contro questo regime odioso.
Bastiaan Belder (IND/DEM), per iscritto. – (NL) Cuba lascia molto a desiderare per quanto riguarda le libertà fondamentali, come risulta sia dall’interrogazione orale che da questa risoluzione, per il resto adeguata.
C’è un aspetto che vorrei sottolineare e si tratta della posizione delle chiese domestiche. Secondo la nuova normativa contenuta nella direttiva n. 43 e nella risoluzione n. 46, tutte le comunità domestiche operative devono registrarsi presso le autorità. E’ prassi regolare che le istanze di registrazione sfocino in trattative estremamente complicate con le autorità. Tali trattative implicano informazioni dettagliate sui membri della comunità e sui loro pastori. Questa nuova normativa ha già determinato la chiusura di molte chiese domestiche.
Nel 1992 le autorità cubane hanno modificato la costituzione, con l’effetto di trasformare il paese da Stato ateo in Stato laico. Si è trattato di un primo passo nella direzione giusta. Dalla nuova legislazione, tuttavia, sembra trasparire una tendenza verso nuove restrizioni. La costituzione cubana riconosce il diritto dei cittadini alla libertà di religione, ma de facto viene imposto un numero sempre maggiore di restrizioni. Perché le chiese cristiane, comprese quelle che sono registrate, sono sottoposte a verifiche così meticolose, controllate e persino infiltrate? Difficilmente si può parlare di vera libertà di credo a Cuba.
Chiederei al Consiglio e alla Commissione di affrontare tali questioni negli incontri con le autorità cubane.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ho votato contro la risoluzione perché ne disapprovo il contenuto, che non prende assolutamente in considerazione il contesto in cui Cuba è stata costretta a vivere per molti anni, in particolare l’embargo statunitense e tutti gli attacchi che questo paese ha subito.
La risoluzione omette inoltre qualsiasi riferimento all’esistenza della base statunitense di Guantánamo, dove l’Amministrazione Bush detiene prigionieri senza processo e calpesta i diritti umani e la Convenzione di Ginevra.
Inoltre non fa alcun riferimento ai cinque cittadini cubani ancora trattenuti negli Stati Uniti. Alcuni di loro non possono ricevere visite dai familiari, malgrado il tribunale di Atlanta abbia capovolto la sentenza che aveva comportato in un primo momento la loro detenzione.
La posizione assunta a questo riguardo dalla maggioranza del Parlamento è un caso lampante di doppiopesismo e si adegua alla linea degli USA, che consiste in una pressione continua su popoli e governi che non ne seguono gli orientamenti e resistono alla sottomissione.
E’ altrettanto deludente che non ci sia una parola sull’importante contributo che Cuba sta fornendo allo sviluppo sociale dei popoli dell’America latina e dell’Africa. I giovani di queste zone geografiche vanno a Cuba per ricevere formazione e istruzione, e Cuba invia migliaia di medici e altri professionisti in altri paesi.
(Dichiarazione di voto abbreviata conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò con riluttanza a favore della presente risoluzione. La situazione dei diritti a Cuba è tutt’altro che perfetta e in alcuni casi le autorità cubane sono state i peggiori nemici di se stesse, come quando hanno di recente negato alle rappresentanti dell’associazione Damas de Blanco il permesso di recarsi a Strasburgo per ricevere la propria parte del premio Sacharov. Per ora, a mio avviso, non c’è nessun clima di paura all’Avana come quello che invece ho visto nel Kashmir o, fino a poco tempo fa, ad Aceh.
E’ una questione di proporzionalità. E’ vero, Cuba viola i diritti umani, ma non quanto la Colombia con le sue squadre della morte o Haiti con l’anarchia delle bande criminali e la politica violenta che hanno causato più di 1 000 morti. E’ auspicabile che con le elezioni della prossima settimana si possa cominciare a porre termine a questo stato di cose. Dov’è la preoccupazione costante del Parlamento per questi e altri diritti umani in luoghi che non siano Cuba? Dove sono le nostre preoccupazioni per la Cuba “occupata” della Baia di Guantánamo, dove i rapporti indicano che la situazione è assai peggiore che nelle peggiori prigioni di Cuba?
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Ovviamente ritengo che Cuba debba essere una democrazia parlamentare. Tuttavia, penso anche che la politica estera sia una questione nazionale e che i canali multilaterali come le Nazioni Unite siano la sola alternativa accettabile per influenzare paesi che non si trovano nelle immediate vicinanze dell’Unione.
Per i motivi suesposti ho votato contro la risoluzione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Duecento parole non basteranno mai per sventare un’altra manovra che s’inquadra nella politica comunitaria d’isolamento e discriminazione nei confronti di Cuba, politica prona alle richieste degli Stati Uniti.
E’ la stessa Unione europea che, non dimentichiamolo, nella sua posizione comune del 1996 ha chiesto un cambiamento nel sistema politico di Cuba, interferendo così in una questione che è di esclusiva competenza del popolo cubano.
La maggioranza di questo stesso Parlamento ha cinicamente criticato l’embargo statunitense contro Cuba, ma ha anche chiesto che venissero mantenute le sanzioni imposte a Cuba dall’Unione. Inoltre non ha espresso una sola parola di solidarietà per i cinque patrioti cubani trattenuti negli Stati Uniti per avere difeso il proprio paese dal terrorismo.
Anche se dà fastidio alla maggioranza dell’Assemblea, Cuba significa speranza e fiducia in una vita decorosa per milioni di uomini e donne. E’ un paese che, ad onta dell’embargo, nel 2005 ha conseguito la crescita economica più elevata degli ultimi 45 anni, un paese destinato ad assumere la presidenza dei paesi non allineati e a ospitarne il vertice del 2006, nonché un paese che invia migliaia di medici, insegnanti e allenatori sportivi in altri paesi, anziché eserciti per occupare, sfruttare e opprimere.
(Dichiarazione di voto abbreviata conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Cuba rappresenta la prova del fatto che, nel mondo occidentale, non tutti i muri della vergogna sono caduti. Tra l’idealismo assurdo di certuni e il pragmatismo spudorato di altri, c’è chi sembra determinato a dimenticare che a Cuba non c’è democrazia, né diritti umani, né libertà, nulla di ciò che siamo abituati a considerare i mattoni fondamentali delle nostre società. Nessun romanticismo impenetrabile e nessun pragmatismo possono giustificare alcun cambiamento alla sostanza della posizione: condanna coerente di Cuba e invito alla democratizzazione, senza la quale non sarà possibile mantenere stretti legami con questo governo tirannico.
Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune su Cuba, ma in questo documento mancano molti fatti importanti relativamente al contesto politico.
Il problema principale della situazione cubana è causato dall’embargo statunitense e dalla minacciosa aggressività degli Stati Uniti nei confronti di Cuba.
Porre fine all’embargo e fermare le minacce aggressive degli Stati Uniti costituirebbe il passo più importante per instaurare un clima in cui ci sarebbero possibilità migliori per dar luogo a una vera democrazia a Cuba.
L’aggressiva politica statunitense, però, non costituisce l’unica ragione delle severe restrizioni che la libertà di espressione e la democrazia patiscono a Cuba. Anche il governo cubano deve assumersi le proprie responsabilità.
Ne è un esempio, tra gli altri, la decisione di non permettere alle vincitrici del Premio Sacharov, le Damas de Blanco, di uscire dal paese per ritirare il premio a Strasburgo.
Ho votato a favore della risoluzione, ma protesto contro il divieto imposto dal governo cubano alle Damas de Blanco di effettuare il viaggio.
Jonas Sjöstedt (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della proposta di risoluzione su Cuba, anche se in questo documento mancano molti fatti importanti relativamente al contesto politico.
Il problema principale della situazione cubana è causato dall’embargo statunitense e dalle minacce aggressive degli Stati Uniti ai danni di Cuba.
Porre fine all’embargo e fermare le minacce aggressive degli Stati Uniti costituirebbe il passo più importante per instaurare un clima in cui ci sarebbero possibilità migliori per dar luogo a una vera democrazia a Cuba.
L’aggressiva politica statunitense, però, non costituisce l’unica ragione delle severe restrizioni che la libertà di espressione e la democrazia patiscono a Cuba. Anche il governo cubano deve assumersi le proprie responsabilità.
Ne è un esempio, tra gli altri, la decisione di non permettere alle vincitrici del Premio Sacharov, le Damas de Blanco, di uscire dal paese per ritirare il premio a Strasburgo.
Voterò a favore della risoluzione, malgrado le sue imperfezioni, dal momento che intendo protestare contro il divieto imposto dal governo cubano alle Damas de Blanco di effettuare il viaggio.
Sahra Wagenknecht (GUE/NGL), per iscritto. – (DE) Respingo la risoluzione su Cuba, che è unilaterale e non rende assolutamente giustizia alla complessa realtà di tale paese. Se condanniamo Cuba,
– non teniamo in nessun conto gli sforzi compiuti da questo paese, a dispetto dell’ostilità che la circonda, per seguire una nuova via di sviluppo;
– ignoriamo i risultati esemplari che Cuba ha conseguito prodigandosi per il benessere del suo popolo e che continua a ottenere nonostante l’embargo americano e gravi problemi economici;
– non riconosciamo che l’esistenza duratura del sistema cubano offre un barlume di speranza a quelli del cosiddetto Terzo mondo che si trovano dalla parte dei vinti in un mondo globalizzato, dove i mercati e i profitti contano più di qualsiasi altra cosa.
La presente risoluzione si limita a una visione riduttiva del concetto di diritti umani, e il modo in cui se ne serve tradisce una doppiezza morale intollerabile. La risoluzione non mira a difendere i diritti umani, ma piuttosto a condannare il sistema cubano e contribuire alla sua caduta. Non voglio contribuire a tutto ciò.
– Proposta di risoluzione: Esecuzione del bilancio dell’Unione Europea (RC-B6-0074/2006)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’esecuzione del bilancio comunitario, il cui scopo è garantire l’effettiva attuazione delle decisioni politiche, è una questione molto importante.
Purtroppo la procedura di bilancio è sempre meno trasparente e più frammentata, rendendo difficile accertare la destinazione finale dei fondi.
I risparmi di bilancio imposti dal Patto di stabilità e di crescita e dai principali paesi contribuenti ha significato che, a seguito dell’adozione del bilancio comunitario annuale, molti settori prioritari sono sottofinanziati, e ciò ha comportato una politica di ridistribuzione, riduzioni tra le rubriche di bilancio e innumerevoli bilanci rettificativi. In altre parole, viene incoraggiata la non esecuzione in determinati settori per finanziarne altri, a prescindere dal bilancio approvato.
Esistono anche politiche e strumenti, come il Patto di stabilità e di crescita, che contribuiscono alla mancata esecuzione. A questo proposito, la Commissione e il Consiglio non possono sottrarsi alle loro responsabilità, tenuto conto della costante riduzione dei pagamenti rispetto alle autorizzazioni.
L’attuazione nazionale deve andare di pari passo con la definizione delle priorità nazionali in loco, soprattutto quando si tratta di Fondi strutturali. A prescindere dagli strumenti appena proposti, non riteniamo che i negoziati sulle nuove prospettive finanziarie debbano essere subordinati alle proposte che vengono adottate.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
– Proposta di risoluzione: Risorse della pesca (RC-B6-0076/2006)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di risoluzione su cui abbiamo appena votato sottolinea la necessità di adottare nuove misure di gestione per il Mediterraneo, tenendo sempre conto del principio secondo cui, per garantire che la pesca sia redditizia, che le flotte possano continuare a operare, che i posti di lavoro possano essere mantenuti e che le comunità dei pescatori possano svilupparsi, deve essere assicurata la sostenibilità delle risorse ittiche.
Riteniamo pertanto che il Consiglio debba adottare il regolamento in materia di gestione riguardo al quale il Parlamento ha ora espresso il suo parere.
Tenuto conto che la situazione attuale può creare discriminazioni tra i pescatori che operano in altre acque, riteniamo tuttavia indispensabile garantire un effettivo decentramento e la partecipazione delle principali parti interessate alle decisioni in materia di gestione, in particolare i pescatori e le loro organizzazioni rappresentative, poiché le misure concrete devono riflettere le realtà specifiche di ciascuna zona di pesca o regione.
Siamo anche del parere che il regolamento in materia di gestione debba essere accompagnato dalle misure necessarie per compensare con fondi comunitari le ripercussioni socioeconomiche dovute allo stesso regolamento. Tutte le misure devono essere basate su una ricerca scientifica nel campo della pesca.
Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ci sono molti casi in cui un’Unione europea di 25 Stati non ha senso e le decisioni uniformi non funzionano più – se mai hanno funzionato. Non c’è motivo per cui io, quale deputato della Scozia a questo Parlamento, dovrei avere voce in capitolo sul Mediterraneo, e di conseguenza mi sono astenuto dal voto. L’Unione deve escogitare nuovi modi di operare per garantire la legittimità delle nostre decisioni. Continuare a credere che tutti siano ugualmente interessati a tutto è insostenibile e scredita l’Unione stessa.
Presidente. – Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.
10. Correzioni di voto: vedasi processo verbale
11. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
12. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
13. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
14. Interruzione della sessione
Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.